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ARTE Corso 2019 - Riassunto Arte e architettura

Arte e architettura (Università degli Studi di Milano-Bicocca)

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ARTE

“L’orinatoio” 1917, no ubicazione, Duchamp

Un ready made: oggetto rinomato, isolato e decontestualizzato. Tramite “l’orinatoio” Duchamp si


rivolge al mondo comune, poiché utilizza un oggetto assolutamente di uso comune, quale è un
orinatoio. Egli lo capovolge e lo firma con il suo pseudonimo, ponendolo in uno spazio del tutto
espositivo. Si tratta dunque di una scelta, dell’acquisizione e della scelta di isolamento
dell’oggetto da uso comunque ad opera d’arte. Esso fa riferimento allo spostamento della vita che
scorre, che insieme all’arte, lo rendono un’opera. Quindi si può dedurre che tutto può essere arte.

MA COSA RENDE UN OGGETTO, UNA VERA OPERA D’ARTE?

Si può affermare che dalle opere di Duchamp avviene una rivoluzione vera dell’arte (come Pollok per la pittura)

Linguaggi dell’arte contemporanea

Un esempio è “Merda d’artista” 1961, di Piero Manzoni avanguardista, che era


solito vendere questo tipo di oggetti al valore dell’oro. In occasione di una mostra
alla Galleria Pescetto di Albisola Marina, Piero Manzoni presenta per la prima
volta in pubblico le scatolette di Merda d’artista. Sulle scatolette è presente la sua
firma ed un’etichetta che descrive il contenuto come un qualsiasi prodotto alimentare.
Dalle orme di Duchamp e Salvator Dalì, si cominciò a dare importanza artistica alle
“merde”. Manzoni collegò ciò alla nuova figura ed al nuovo ruolo dell’artista, di fronte all’opera d’arte. Il
corpo stesso dell’artista si offre al pubblico come un’opera d’arte vivente, e le vestigia del corpo divengono
reliquie. Sta al pubblico decidere come approcciarsi e come vederlo. Facente parte degli avanguardisti, ha
l’esigenza quindi che l’opera d’arte entri nello spazio fisico della vita, che l’opera esista veramente.

ALLORA TUTTO PUÒ ESSERE OPERA D’ARTE  l’arte, in generale, ma soprattutto quella contemporanea, è
qualcosa che viene inserito all’interno di un sistema.

I luoghi

- Istituzioni culturali
- Associazioni
- Gallerie
- Musei
- Manifestazioni biennali

Le persone

- Critici
- Artisti
- Curatori
- Mercanti
- Riviste che fanno/danno info  esistono anche dei portali che servono a vedere quanto dura e quale
mostra sia presente in una città

INSTALLAZIONI D’ARTE

Il visitatore si trova dentro l’opera che sta visitando e sta osservando, quindi ne fa parte. Cosa che non può avvenire con
la scultura, poiché in essa c’è solo esclusione. Quindi l’opera è quell’insieme di lavori che possono contribuire a
produrre emozioni e senso di inclusione con l’osservatore e il mondo. Le installazioni collegano e attivano molti
sensi.

“On space time foam”, 2012, Pirelli Hangar Bicocca Milano, Tomàs Saraceno

Si tratta di una struttura fluttuante, costituita da 3 livelli di pellicole trasparenti praticabile e


usufruibile dal pubblico ed ispirata dalla conformazione cubica dello spazio espositivo. L’opera

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accoglie i visitatori che si troveranno quindi a muoversi a mezz'aria tra il pavimento e il soffitto, terra e cielo, e li
costringerà a perdere le loro coordinate spaziali. Trasforma l'architettura in un organismo vivente, che respira grazie ai
movimenti di chi lo attraversa, visualizzando le infinite relazioni che ci legano allo spazio.

“Shalechet”, 2001 Berlino, Menashe Kadishman

All’interno del Jewish Museum. Entrando da sottoterra si comincia a sentire un tremendo


suono di catene. La forza dell’installazione risiede nel fatto di aver creato delle 10.000 facce
stilizzate di diverse dimensioni (senza volto specifico e senza nome). Sono dunque facce
solo simboliche, che testimoniano. La cosa più importante è che qui, l’installazione diventa
una vera opera, grazie alla presenza degli osservatori e dei visitatori, che camminando sopra queste facce, depositate
lungo il corridoio del museo, attivano suoni metallici che ricordano urla e mettono molta angoscia. Quindi non solo
producono instabilità fisica nel camminarci sopra, ma anche emotiva.

“The eyes of Gutete Emerita”, 1996, Alfredo Jaar

Spesso le installazioni ci portano e ci danno delle informazioni di carattere storico. Ad esempio,


questo tipo di installazione di Jaar si riferisce al genocidio del Rwanda, avvenuto negli anni ’90.
Per realizzarla, l’artista decise di andare direttamente e personalmente sul luogo e incontrare gli
autoctoni. Egli così incontrò Gutete Emerita, una donna che viveva nei campi profughi e che ha
visto morire i suoi figli sotto i propri occhi. Per poter osservare l’installazione, deve essere
attraversato un lungo e buio corridoio, portante una luminosa scritta che descrive quello che si starà per vedere nella
sala. L’osservatore si ritroverà davanti ad un tavolo colmo di fotografie degli occhi di Emerita. Un milione di copie
della stessa identica foto. Quindi l’artista decide di non far vedere cosa sia accaduto in Rwanda, ma ce lo fa capire
tramite gli occhi di chi lo ha vissuto per davvero. Questo sicuramente va a catturare l’attenzione della sfera emotiva, e
attrae talmente tanto che si continuerà a girare intorno al tavolo, consapevoli che la fotografia sarà sempre la stessa.

“Untitled (Newsweek)”, 1994, Alfredo Jaar

In quest’installazione, l’artista riporta 17 copertine che sono uscite dal primo giorno del
genocidio all’ultimo. Al di sotto di ogni copertina, l’osservatore può notare che viene descritto
cosa sia successo quel giorno in Rwanda.

“The weather project”, 2003, Tate Modern Museum, Olafur Eliasson

L’artista ha cercato un modo per poter portare il Sole all’interno, riproducendolo in scala, in uno
spazio chiuso, creando così un nuovo ambiente, perché sicuramente la presenza della luce (che
dovrebbe rappresentare il Sole vero) va a modificare le condizioni dello spazio. L’idea era quella
di instaurare un dialogo con lo spazio espositivo e con il pubblico. Le persone che vedono questa
installazione, posso entrarne direttamente in relazione. Alcuni vi si sdraiano sotto ad esempio, ed oltre a questa
interazione con il “Sole”, ce n’è una anche con lo spazio circostante, perché sdraiandosi, le persone possono riflettersi
nel soffitto specchiato.  doppia prospettiva. Il sole – che a Londra è un miraggio durante i mesi invernali – diventa
così oggetto di contemplazione e si fa paradigma del tempo; gli specchi non contribuiscono solo alla dilatazione
spaziale, ma divengono inoltre oggetto di divertimento per i visitatori

“Per l’eternità”, 2013, Biennale di Venezia del 201, padiglione Italia, Luca Vitone

L’artista vuole ricreare nello spazio il sapore/l’odore dell’eternit. Per ricreare l’essenza, utilizza il
rabarbaro, che sparge per tutte le sale espositive e che dunque associa all’eternit. Entrati nel
padiglione, dunque questo odore non è forse la prima cosa che si nota e cattura l’attenzione, ma
prima di arrivare davanti alla didascalia all’interno, ci si fa caso lentamente. Tramite l’uso del
rabarbaro, vuole esprimere un concetto, quello della negazione della vita, che l’eternit ha causato a
molta gente. Riesce ad esprimere ciò tramite l’installazione e l’essenza olfattiva. Un odore che racconta una storia.
Rabarbaro = Eternit, materiale tossico e cancerogeno, respirato da tanti lavoratori delle vecchie fabbriche, ma anche più
in generale dalla popolazione che vive a contatto con questo materiale, che è stato a lungo impiegato in edilizia per
produrre lastre, tegole ecc … La produzione è stata bloccata solo agli inizi degli anni Novanta, nonostante si sapesse già
da una trentina di anni dei danni che poteva arrecare. Luca Vitone investiga da vicino a Casale Monferrato
(Alessandria), dove una fabbrica è stata chiusa nel 1986.

“What else can we talk about?”, 2009, Biennale Venezia, padiglione Messico Teresa Margolles

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Si tratta di un’installazione performative. Consiste in un particolare lavoro di narrazione del


narcotraffico messicano. L’artista parla di morte e di uccisione. Nell’installazione, il visitatore può
notare l’uso di materiali umani, perché l’artista ha raccolto personalmente fluidi corporei dei cadaveri
e li riutilizza per “parlare” nelle sue opere. Il suo intento è quello di far provare ripugnanza, ribrezzo al
visitatore. Vuole cercare di far suscitare delle reazioni alle persone, ma non mediante l’oggetto, ma
mediante il materiale. Si trovava nella Biennale di Venezia, entrando, il visitatore può vedere alcune
persone (parenti delle vittime anche), che lavano i pavimenti usando acqua+sangue. Sicuramente il
visitatore è dentro l’ambiente. L’artista abbina morte e uccisione alle disuguaglianze sociali.

“Sobre la sangre”, 2017, Tenuta dello Scompiglio, Teresa Margolles

L’artista ha lavorato anche in Bolivia, dove l’’87% delle donne viene violentata. Lei fa un
lavoro proprio su questo tema, sulla violenza di genere, sull’odio. Per fare questa
installazione, usa teli bianchi, che precedentemente erano stati usati per avvolgere le donne
violentate. Prima di cucirli e ricamarli, decide di contattare donne esperte in questo lavoro.
All’inizio quelle donne avevano paura di lei, poi però capiscono il motivo e l’importanza del
lavoro di Teresa e decidono di aiutarla, ricamando i lenzuoli sporchi di sangue, per dare
l’aria più “allegra e di festa” al fine di coprire le tracce di sangue, almeno in parte. La lunga tela viene allestita su un
lungo tavolo, all’interno di un buio corridoio. L’oggetto crea così l’ambiente, ne fa da struttura. L’oggetto crea quindi un
contatto diretto con il visitatore, che vedendo le macchie di sangue può anche provare shock. Ricamo = festa = coprire
la verità. Pone il pubblico nella condizione di provare quel disagio che ogni donna prova in una società che non le
accetta, le nasconde. Nasconde la brutalità di ciò che ogni giorno sono costrette a subire, ritenute oggetti di e per il
desiderio altrui, di e per il piacere altrui. L’opera ci mette davanti al senso di colpa che si produce quando si fa avanti la
consapevolezza di poter far parte di un meccanismo che vuole insabbiare, nascondere, cancellare il femminicidio.

“Mesa y dos bancos”, (serie) 2005/2013, PAC (padiglione arte contemporanea), Milano, Teresa Margolles

Si tratta di installazioni che consistono nella costruzione di panche e tavoli, collocati in diversi spazi.
Queste tipologie di installazioni suscitano molti dibattiti e discussioni. Sono panche realizzate con
l’acqua con la quale sono state lavate le vittime dopo l’autopsia e cemento. Vuole porci a diretto
contatto e dialogo con il morto (Vita-morte). Ovviamente suscita una reazione poco mediata, se ci si
siede come una panchina normale per riposarsi e si dà poca attenzione alla scritta, poiché all’apparenza sembra arredi
normali e comuni. Mentre una molto forte, se subito si capisce il motivo dell’essenza.

VIDEO INSTALLAZIONI

“Unidisplay”, 2012, Hangar Bicocca, Carsten Nicolai

Artista, musicista e produttore, il suo intento era di produrre immagini astratte, tramite l’uso del
suono. All’interno dell’Hangar Bicocca, si trova una lunghissima parete, illuminata da display
luminosi e che termina con 2 specchi. Crea così uno spettacolo di luci e di immagini che è alquanto
ipnotico. Le sue opere coinvolgono specialmente la fisicità dello spettatore e lo spazio
architettonico per cui sono concepite e nel quale si trovano, mettendo in gioco i concetti di spazio e di tempo. L’opera in
descrizione possiede la capacità di rendere percepibile e concepibile il suono in modo ottico e visivo; tramite l’estetica
minimale che si traduce nell’uso monotonale del colore e delle sonorità; tramite la propensione verso l’astrazione e
l’infinito.  connessioni tra: visione, suono, architettura, scienza e tecnologia. È ipnotico.

VIDEOARTE

“Turbulent”, 1998, Shirin Neshat

L’artista in quest’opera, lavora sul concetto della condizione e della posizione


femminile nei paesi arabo-mussulmani. Nel video si notano due scene distinte,
caratterizzate dalla presenza di un uomo, dove alle sue spalle troviamo un ampio
pubblico tutto maschile e di una donna, che alle sue spalle si fa spazio il vuoto. Questo
video è una buona rappresentazione delle disuguaglianze e della disparità dei sessi. Il
tutto presentato attraverso uno spaccato di antica musica e poesia persiana con un
raffronto visivo e sonoro fra due cantanti. Lui quasi poetico, lei naturalmente con tono
sofferente.

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“A winter fable”, Villa Panza Varese, 2016, Bob Wilson

L’artista s’ispira a Calvino, quindi quest’opera s’ispira ad una narrazione. L’opera concerne
la relazione tra la volpe e il lupo. Tra i due animali, sarebbe nato un accordo/patto, che
riguardava il momento nel quale avrebbero trovato una preda e l’avrebbero condivisa. Ma
questo patto naturalmente saltò, perché il lupo quando trovò l’agnello, se lo mangiò.

L’ambiente in cui si trova la videoinstallazione crea un’atmosfera di nuovo ipnotica. La favola si traduce in un trittico di
videodisplay interconnessi: tre ritratti dei singoli animali legati a un unico paesaggio, onirico e surreale, come elemento
ancora una volta caratteristico e caratterizzante della sua poetica. Per Wilson le favole di Calvino trascrivono le
molteplici prospettive e le metamorfosi della vita.

“Rites of passage”, Bergamo, 2019, Nathalie Djurberg e Hans Berg

Al centro delle opere, troviamo elementi come il sesso, la violenza, sospensione. Nel suo pensiero viene quasi sempre
espressa un’opera con una narrazione che finisce male. l loro lavoro si presenta in grandi installazioni immersive, veri e
propri paesaggi dell’assurdo popolati da persone, animali e piante che interpretano pulsioni e contraddizioni dell’animo
umano.

In questo caso particolare, vediamo nel video un albergo molto particolare, poiché dagli aspetti, sembra
un hotel degli incubi, perché anche il video in sé, mette angoscia ed un po’ di inquietudine.

“The Innocent”, 2007, James Cohan Gallery, Bill Viola

L’artista in quest’opera, decide di ispirarsi all’iconografia del rinascimento (lui riproduce anche
iconografie tipicamente cristiane, come l’acqua e il colore viola). Lo si può eludere dall’utilizzo del
bianco, del nero e del colore, che servono tutti per trasmettere temi e concetti. Un altro elemento
che deriva dal rinascimento è la prospettiva da lontano e da vicino. Nella videoinstallazione di Bill,
possiamo vedere due ragazzi che molto lentamente si avvicinano camminando dal lato oscuro al
lato limpido, alla barriera d’acqua, per poter attraversarla ed avvicinarsi ad uno spazio che non esiste per loro. Quindi
c’è un forte richiamo alla relazione esiste-non esiste. L’artista indaga sulla presenza della morte nel mondo dei viventi.
La barriera d’acqua separato il mondo spirituale da quello fisico. Ma i due ragazzi, filmati separatamente, si accorgono
che la loro presenza nello spazio fisico è limitata, quindi tornano indietro.

“Felix in exile”, 1994, NY, William Kentridge

La sua serie in corso di cortometraggi animati Drawings for Projection (iniziata nel 1989)
presenta due personaggi principali, che fungono da alter ego dell'artista: Soho Eckstein, un avido
magnate minerario sudafricano in giacca e cravatta gessata, e Felix Teitlebaum, mostrato nudo e
vulnerabile agli atti devastanti dell'apartheid. In Felix in Exile, il quinto film della serie realizzata
tra settembre 1993 e febbraio 1994, Kentridge descrive il paesaggio sterile della East Rand come
testimone dello sfruttamento e della violenza contro risorse sia naturali che umane. Isolato in una
stanza d'albergo, Felix esamina le classifiche del sondaggio di Nandi, una giovane donna di colore che mappa la storia
del terreno. Figure e strutture sono incluse nel paesaggio o nel cielo notturno, allegorie su come la terra può sopportare
le cicatrici dei crimini contro l'umanità.  I film di Kentridge rivelano tracce della loro creazione, proprio come le
narrazioni invocano i ricordi di un tempo storico. Per ogni scena, Kentridge riprende un grande disegno a carboncino e
pastello, che in parte cancella e ridisegna, registrando ogni foglio fino a 500 volte. L'effetto cumulativo del suo processo
di pensiero viene mantenuto, lasciando residui dell'atto di produzione per riflettere le tensioni tra passato e presente.

PERFORMANCE

Alla fine degli anni ’60, la performance si dimostra una branca dell’arte, che si distacca da tutte le altre. Riguarda
soprattutto donne, perché si ha la presa di coscienza che esse non vogliono sottostare più all’uomo e fare solo faccende
domestiche a casa. Nelle performance, c’è interazione e una tela disegnata passa a diventare corpo fisico nella realtà.
Madre delle performance è Abramovic, insieme al suo compagno Ulaj. La performance d’artista è un genere di
espressione che considera l’arte non un oggetto immobile ma un evento che può coinvolgere diverse altre discipline,
intersecandosi con esse. Tempo, spazio, il corpo del performer o dell’artista stessa e la relazione tra quest’ultimo ed il
pubblico sono gli elementi essenziali. L’artista può essere presente o non esserlo, può parlare, stare immobile, suonare
uno strumento. La performance nasce, si sviluppa e muore nell’arco del tempo deciso dal suo creatore e qualora dovesse

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essere replicata non potrà mai essere esattamente uguale alla precedente. La performance fa dunque i conti con il
fruitore, cosa gli provoca.

“Rhythm 0”, 1974, Galleria Morra Napoli, Marina Abramovic

Performance di 6 ore, nelle quali il lavoro coinvolse l’artista, che rimane immobile, mentre il
pubblico era invitato a farle tutto ciò che desideravano, usando uno dei 72 oggetti che aveva
messo su un tavolo, per poter interagire con lei e il suo corpo. Con questo lavoro, viene
dimostrata la sua forza e capacità fisica e mentale. Prima erano gli oggetti ad essere i
protagonisti della performance (belli e brutti), poi divennero protagoniste le reazioni del pubblico: perplessità,
imbarazzo, curiosità. Quindi mise a disposizione il suo corpo, per rendere attivo e partecipe il pubblico, testimoniando
gli istinti anche brutali dell’uomo

“Imponderabilia”, 1977, Galleria d’arte moderna a Bologna, Marina Abramovic e Ulaj

Entrambi sono in piedi, nudi, ai lati di una stretta porta che consente l'ingresso nella galleria. Chi
vuole entrare è costretto a passare in mezzo ai loro corpi, decidendo con imbarazzo se rivolgersi
verso il lato del nudo maschile o verso quello del nudo femminile. Dal momento che lo spazio è
strettissimo, i visitatori non hanno la possibilità di passare guardando dritti davanti a loro. La
maggior parte dei visitatori maschi decide di rivolgersi dalla parte di lei, perché si riteneva dalla parte del pubblico
probabilmente, che il corpo della donna nuda fosse meno offensivo e più rassicurante di quello dell’uomo.  Entrare o
non entrare? Dove mi giro se entro? Dal momento che lo spazio è strettissimo. I visitatori non hanno la possibilità di
passare guardando dritti davanti a loro. visitatori passano oltre in modo affrettato, la stragrande maggioranza neppure si
volta a guardare indietro. Nel mentre, i due artisti rimangono del tutto impassibili per l’intera durata della
performance. L’idea di è infatti proprio quella di focalizzarsi sul pubblico, sulla sua capacità decisionale, sulle sue
reazioni, e in questo processo la nudità diventa, di per sé, un aspetto che ci interessa poco, benché sia esso stesso il
fulcro della performance: la nudità causa imbarazzo. Il visitatore non immagina di essere attore principale dell’evento
fin dal momento dell’ingresso, e per di più di dover interagire con due corpi nudi. Per molti il dover operare una scelta,
resa difficile anche e soprattutto per via della nudità, diventa quindi un disagio. “Imponderabilia” è il titolo e vuol dire
che non si possono pesare gli elementi con cui il pubblico fa le sue scelte (elementi imponderabili).

“Rest energy”, NIMk – Netherlands Media Art Institute, 1980, Marina Abramovic e Ulaj

La performance in questione si occupa di temi come la fiducia nei confronti della persona a cui si vuol
bene e che si ama. Nella scena, lui punta per 4 minuti la freccia nella direzione precisa del cuore di lei.
La freccia tra l’altro era vera e non un giocattolo. Nella performance siccome può accadere di tutto, è
importante che al momento della realizzazione ci sia tensione  il rumore del battito cardiaco ad
esempio (perché hanno sulle costole entrambi 2 microfoni). È come se lei in quel momento stesse mettendo la sua vita
nelle mani di lui. Essi si incastrano l’un l’altra le pupille, si affidano al peso reciproco e indietro tendono, tendono
l’arco. La probabilità della freccia scoccata diventa letale all’eventuale tremare delle falangi. Per lei rappresentava la
dimostrazione più estrema di fiducia.

1989

Per coronare il loro amore, Abramovich e Ulaj decisero di percorrere autonomamente la


Muraglia Cinese, ognuno partendo dal lato opposto dell’altro, percorrendo 2500km per poi
rincontrarsi in un punto e ricongiungersi. La performance finì con la loro separazione dopo
12 anni di relazione personale e lavorativa, perché Marina scopre che Ulaj aveva messo
incinta la sua traduttrice cinese.

“The Artist is present, MoMa NY, 2010, M. Abramovic

30 anni dopo la loro separazione, lei decide di mettere in scena una performance
dove invitò le persone a sedersi di fronte a lei e a partecipare alla performance
incrociando gli sguardi e osservandosi a vicenda. Rimaneva lì seduta per tutta
l’orario di apertura del museo. Questa performance fu molto apprezzata, perché
si scoprì che le persone ebbero reazioni completamente diverse le une dalle altre,
molte piangono perché nell’osservare Marina, vedono un proprio riflesso e si
spaventano. Durante questa performance rincontra Ulaj, con il quale l’incrocio
degli sguardi la fanno piangere e provare molte emozioni. Diversamente da altre performance di Marina Abramovic, in
questa occasione, allo spettatore viene preclusa ogni possibilità di contatto fisico con l’artista (tranne con Ulaj che le

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tocca la mano), da sempre sostenitrice della forza espressiva del corpo e si fa qui arte totale attraverso la sua sola
presenza.

“Puede borrar las huellas?”, 2003, Guatemala, Regina Josè Galindo

Originaria del Guatemala, l’artista, utilizzando un linguaggio performativo e di body art, compie
una camminata lungo le strade di Città del Guatemala, davanti alla Corte costituzionale e palazzo
del paese. Ma la camminata non è una normale passeggiata, essa si accompagna con un catino
colmo di sangue, dove l’artista bagnai piedi e cammina lasciando le proprie orme. Questa
camminata è una forma di protesta e condanna alla violenza contro le donne, che avviene in quasi tutti i paesi del Sud
America. L’artista si sottopone così ad atti anche violenti alle volte e simbolici per raccontare e amplificare il malessere
delle donne, farlo notare al pubblico, che a sua volta deve essere capace di comprenderlo.

In Guatemala, per altro, ci fu una guerra civile che durò all’incirca 36 anni, che portò ad un’enorme carneficina. Con la
forza militare dalla sua parte, uno dei più grandi genocidi guatemaltesi, si candidò come presidente. Quindi l’artista non
solo denuncia la violenza contro le donne, ma anche tutto il sangue che questo genocida ha sparso nel Paese, duranti gli
anni.  l’artista cammina da sola e la sua camminata è come se parlasse e dicesse “tu puoi candidarti quante volte
vuoi per riparare i danni, ma ciò che è successso è successo e non si cancella”. Avendo realizzato la camminata in uno
spazio all’aperto e pubblico e non in un museo, la performance assume anche più forza e valore.

INSTALLAZIONE PERFORMATIVA

Essa consiste in un’installazione nella quale avvengono delle azioni. Una volta finita la mostra o l’evento nel quale
viene ospistata, o rimane, oppure viene smontata e rimontata altrove.

“El objectivo”, 2017, Kassel, Regina Josè Galindo

Ci troviamo in un museo di storia, dove l’artista realizza una sala concentrica dentro una sala pre-
esistente. Lei si blocca in una stanza dalle pareti bianche con quattro fori in ogni angolo, da dove
puntano quattro fucili mitragliatori G36. Resiste disarmata e statica al centro della stanza per un'ora
e può essere vista solo attraverso l'obiettivo di queste armi. Mentre continua a guardare un punto
fisso senza un millimetro del suo corpo in movimento, i visitatori sono pronti a prendere le armi, fissare l'obiettivo e le
domande più banali che il visitatore si fa: cosa succede se prendo il grilletto? Qualcosa uscirà da lui e farò del male
all'artista? C’è qualcosa che disturba e scuote quando si prende il fucile mitragliatore: l'atto di mirare con un'arma è
comunque forte e violento. Il visitatore è immerso nella situazione dal momento in cui deve prendere la decisione di
sparare al bersaglio o no. Allude al mercato delle armi, a chi li produce e li vende (come la Germania) ea chi li compra e
li usa (Medio Oriente, America Latina). Sebbene l'uso di armi sia proibito in Germania, ciò non impedisce loro di
guadagnare denaro per la loro produzione.

“The probable trust registry, the rules of the game”, Biennale Venezia 2013, Adrian Piper

L’ambiente che accoglie è i visitatori è molto serio, da ufficio. Si respira un’aria aziendale.
L'opera è composta da tre banchi di ricevimento dorati identici posti davanti alle pareti grigie del
soffitto nella sala storica del museo. Il pubblico quando entra nella sala, si può avvicinare alle
receptionist, le quali gli offrono un “contratto” da firmare. Sulla testata del contratto c’è la
firma/marchio dell’artista e una frase dichiarativa da firmare. Se si firma questo “contratto”, è
come se si avesse firmato con l’artista stesso e di conseguenza con sé stessi. Non è assolutamente obbligatorio, poiché
non si tratta di un contratto costituito legalmente e con la giustizia, ma implica una riflessione interna. Es  “Io che
sottoscrivo, certificherò sempre che sono troppo cara da comprare”. Nei contratti, ogni individuo si impegna
volontariamente ad allineare le proprie azioni future con principi etici come l'onestà e l'affidabilità. Le voci saranno poi
raccolte in un registro che tutti i partecipanti riceveranno alla fine della mostra. Formano una comunità di persone che
probabilmente saranno affidabili in futuro.

La costante indecisione su quale e cosa firmare, può cominciare a pervadere il pubblico. PORTA A FARE I CONTI
CON SÉ STESSI  così, l’arte che non è più installazione o manufatto, ma diventa filosofia e studio di pensiero.

“No fun”, 2010, 01.ORG

Portano azioni di sabotaggio tramite web. Tramite Chat Roulette, vengono fatti incontri virtuali
online, tramite webcam. Nel caso studio, dagli “artisti”, viene simulato un suicidio tramite una
performance online, reso reale dalla presenza di elementi che messi in una certa posizione,

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fanno pensare ad uno vero e in diretta. Impostando questo finto suicidio, studiano le reazioni delle persone
completamente diverse.

“Faust”, 2017, Biennale Venezia, Anne Imhof

La performance di studio, è stata messa in atto per 5 ore di fila L’artista in questa performance
ha l’intento di creare una costante situazione di tensione, con il pubblico presente, all’interno
del padiglione tedesco della Biennale, relazionandosi nello e con lo spazio architettonico
(gabbie, lastre di cristallo...). Il pubblico, ancora prima di entrare, all’ingresso incontra dei
cani da guarda, che dovrebbero rappresentare la ferocia e che vengono tenuti in gabbia. Sulle
recinzioni, sono presente anche dei performer seduti con le gambe in sospensione. I performer
tra l’altro sono molto giovani, molto bravi per di più, perché sono capace di mantenere la serietà del proprio ruolo e
portarlo avanti fino alla fine. Sono proprio le loro presenze a creare condizione di tensione nei confronti del pubblico,
come a significare che c’è sempre qualche cosa in agguato. Quindi loro possono essere visti o spuntare fuori da un
momento all’altro, senza essere attesi. Il pubblico è totalmente preso e dentro la performance, che però ti fa sentire a
disagio e quasi estranea rispetto al luogo in cui si trova il pubblico. I performer pertanto sono disinteressati al pubblico e
alla sua reazione. Viene messa in scena l’interpretazione di una realtà dura e alienante, nella quale l’individuo è
costretto da delimitazioni fisiche, sociali… Acciaio= Durezza dei luoghi dove si trovano potere e denaro. Cristallo=
modifica rapporto uomo spazio con inserimento di lastre trasparenti ad 1m dal pavimento. In questa perfomance, inoltre
c’è anche una critica verso la società del consumo, poiché i performer indossano magliette di marchi molto celebri.

N.B  LA PERFORMANCE LA SI VIVE AL MOMENTO IN CUI SI È PRESENTI E BASTA, TUTTO IL


RESTO È COSTITUITO DA DOCUMENTAZIONI

LA MOSTRA

Le mostre sono diventate dagli anni ’60 il motore trainante dei musei. I musei hanno quelle che possono essere
permanenti o quelle temporanee. Il pubblico delle mostre è diverso da quello dei musei classici. Nei musei soprattutto
comincia a diminuire l’attenzione del pubblico e le sue visite, alle mostre questi aumentano. Questo perché la mostra
solitamente è definita in tempi/periodi specifici e quindi ha un inizio e una fine. Con la nascita e soprattutto lo sviluppo
delle mostre, sorgono luoghi e spazi anche gestiti da privati come ad esempio Palazzo Grassi di Venezia.

Dagli anni ’90, le mostre diventano anche strumento trainante del marketing. Nascono per questo motivo sia
ovviamente società che producono e curano le mostre, che società che le pubblicizzano e le divulgano. Le case editrici
ad esempio si sono impegnate nella loro organizzazione e a produrne testi esplicativi.

Inizialmente nate da privati cittadini, che decisero di mettere in bella mostra le proprie esposizioni nei propri spazi
locali. Ad esempio, nel ‘500, il Cardinale Giuliano Cesarini volle esporre pezzi storici ed archeologici nel suo grande
giardino privato. Poi gli artisti stessi producono le proprie mostre e quelle altrui e partecipano a concorsi. Nascono
anche mostre gestite ed organizzate da mercanti, come ad esempio le aste, che incrementano la vendita delle opere e
quindi divulgano la commercializzazione dell’arte.

Nel 1857, nascono le mostre Blockbuster, la prima a Manchester. Si chiamano Blockbuster perché hanno un ampio e
straordinario pubblico. Possono essere individuate già nelle Esposizioni Universali dell’800. Oggi viste con occhio
critico (per sottrarre energie ai musei e per l’estraneità dal tessuto urbano e culturale, non condivise con il territorio).
Mentre i sostenitori, credono che siano strumento di crescita e rendano accessibili opere ad un pubblico esteso. Infatti, si
ha la presenza di circa un milione di persone, perché persiste proprio l’attenzione e l’interesse verso la comunicazione al
pubblico e verso lo stesso, sempre più largo (Ad esempio la durata dell’orario di apertura, fasce orarie, tariffe per età…)
Anche le infrastrutture fecero la loro parte, poiché i trasporti cominciano a commercializzare biglietti per famiglie con
figli a prezzo ridotto anche per i meno abbienti e per coloro che non avevano la possibilità di muoversi.

XIX= Nacquero le esposizioni universali. Ogni nazione allestì uno spazio specifico nel paese che ospitava
l’esposizione, con cose industriali e non.

A seguito ebbero luogo le biennali, come quella che si tenne a Monza, e successivamente le triennali, come quella di
Milano.

1855 Courbet= espose le sue opere al padiglione del Realismo, poiché erano state rifiutate dall’esposizione universale.

1863= nasce il salone dei rifiutati, dette anche contro esposizioni/contromostre

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1874= Nadar, amico degli impressionisti, prestò il proprio studio fotografico a loro per esporre le loro opere, che invece
erano state molto rifiutate all’esterno, perché viste come poco interessanti. La “mostra” nello studio di Nadar
presuppose le basi e le linee guida delle mostre. Si parlò anche di mostre degli avanguardisti.

Nel 1895 nacque Biennale Venezia Internazionale, su iniziativa di artisti e di intellettuali. Con questo termine si fa
riferimento ad una mostra ricorrente e di grandi dimensioni e si articola intorno a specifici temi. Rappresenta oltre che
strumento di lancio, anche uno strumento di richiamo turistico per la città. Altre biennali importanti sono quella di
Kassel, dal 1955 chiamata Documenta, e una itinerante che non è mai fissa in una città ed è Manifesta.

- Promozione arte locale


- Motivazione turistico-economico e di marketing

Insieme ai grandi eventi, l’arte contemporanea ha quindi l’occasione di diffondersi, anche grazie alle fiere e grandi
mostre. Le fiere sono considerate un elemento molto forte nel campo artistico. Solitamente attraggono l’unanimità dei
cittadini  ad esempio “Art Basel” a Basilea, in 5 giorni, attrae circa 70mila persone; “Arte Fiera” a Bologna;
“Artissima” a Torino; “MiArt” a Milano …

NUOVI SPAZI

Con la nozione “nuovi spazi”, s’intende spazi industriali, monumentali. Nella contemporaneità, nel dopoguerra,
questo è un fenomeno sociale, le mostre sono diventate un luogo sociale, non sono più elitarie, ma vengono esperite da
tutti.

Il museo da tempio, chiuso e aperto per pochi abbienti, diventa spazio aperto, una piazza, un luogo di discussione e
socializzazione. Quindi il museo diventa un posto molto accogliente e che fa sentire comunque a proprio agio il
pubblico.

Le città fanno le mostre per mettere in mostra i propri tesori, per un motivo di identificazione e per sottolineare che la
propria identità non è scomparsa, nonostante la guerra passata.  concetto di ricostruzione.

MoMA NY= Il museo di arte moderna di NY fa molte mostre sull’arte astratta, perché vuole proporre la sua intenzione
di promuovere l’America e valorizzarne la forza e la potenza.

Con gli anni ’60 l’arte astratta viene messa al centro del museo.

Szeemann, 1969= fu un curatore di mostre, la prima la fece in collaborazione economico-finanziaria con una
multinazionale (perché lui era un privato, mentre spesso le istituzioni come i musei non possono farlo, e questa cosa
viene effettuata da terzi)

‘60/’70= nasce l’arte per strada come performance o installazioni

Heiss Alan= artista, le cui opere rappresentano un esempio di opere realizzate appositamente per uno specifico spazio.

1996= Nicholas Borriaud decide di praticare l’arte relazionale, un’arte realizzata solo con la presenza dell’osservatore
(es: performance)

1980= Il Collettivo di artisti Colab decide illegalmente di occupare un palazzo in segno di protesta contro le condizioni
di vita di alcuni quartieri, ma anche a causa di altre tematiche. All’interno del palazzo vi inserirono le proprie opere

Le mostre si dividono in:

1. PERSONALI= di un artista (con 2/3 opere principali)


2. RETROSPETTIVE= di un artista, ma dove si fa un lavoro storico e cronologico sul percorso di artista
3. COLLETTIVE= diversi artisti
4. INTERDISCIPLINARI= non comprende solo opere d’arte, ma anche discipline di confini limitrofi
5. BIENNALI

Chi le organizza?

 PRIVATI= associazioni/fondazioni/gallerie/negozi
 PUBBLICI= musei, spazi espositivi pubblici/enti pubblici

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I CURATORI

 Definiscono il tema della mostra e il suo contesto


 Compiere la scelta di quale/i artista/i coinvolgere
 Il curatore può essere anche un manager, occuparsi di marketing ecc.…

I VISITATORI

 Alla Biennale di Venezia, i visitatori erano in crescita nel 2017, 100.000 in più rispetto al 2015 (615.152)

Damien Hirst= 360.000, Venezia, Arte Contemporanea 2017  Fu portato alla ribalta negli anni ’90. In
“Treasures from the wreck of the unbelievable” (presso Palazzo Grassi e Punta della Dogana) si narra di un tesoro
vecchio 2 mila anni, ritrovato in fondo all’oceano Indiano nel 2008. Appartenente a collezionista originario di
Antiochia, vissuto tra la metà del Primo e l’inizio del Secondo secolo dopo Cristo, Cif Amotan II, era destinato al
tempio dedicato al dio Sole, che aveva fatto costruire. Ma a causa del naufragio della nave che lo trasportava, l’Apistos
(“incredibile”) il tesoro andò perduto. Fino a ora.  Questo progetto richiama l’attenzione a forme ed immagini che
corrispondono anche a culture differenti.

 Compie un discorso critico anche sulla nostra cultura. Egli ha realizzato anche dei documentari.

“The cleaner”, mostra di Firenze Palazzo Strozzi, 2018/2019, Marina Abramovic

Prima donna a cui viene dedicata una retrospettiva. L’istituzione punta ai grandi numeri con una mostra blockbuster da
oltre cento opere, con la collaborazione attiva dell’artista. Si tratta di una mostra divulgativa, con un classico percorso
espositivo ordinato cronologicamente, che ripercorre tutta la carriera dagli esordi come pittrice figurativa a Belgrado
fino ai progetti più recenti, cercando di restituire al pubblico, attraverso una formula immersiva, l’avventura artistica per
certi versi eccezionale della più celebre performer contemporanea (dagli anni ‘60 al 2000).  ma lei non c’è= tassello
mancante di tutto (pubblico= opera d’arte). In questa mostra, l’artista non mostra segni di volontà attivista o femminista.

È stata una mostra particolare con un’affluenza di circa 180.000 persone, tra under 30 e numerose donne e persone
locali. 40% turisti, 80% escursionisti di giornata. La soddisfazione dei visitatori al 97%. Il merito di questo appeal va
dato anche ai social. La condivisione di foto, video/commenti su questi ultimi, ha fatto sì che anche l’opera “The artist
is present”, potesse conoscere e acquisire la sua fama in modo maggiore.

N.B: RIFLESSIONE SULLA FOTOGRAFIA  Negli anni ’70, con l’assenza dei social network, non ci si
ponevano problemi sulla sicurezza, sulla privacy, copyright ecc… Dal 2000, questo problema accompagna la
quotidianità, e il concetto di privacy soprattutto viene molto dibattuto nel settore artistico. Precedentemente alla nascita
di internet e dei social, non esisteva nei musei il divieto di fotografare un’opera. Oggi questo al contrario accade nella
maggior parte dei musei e spazi espositivi, cambiando completamente la relazione tra l’opera e il pubblico. È come se si
avvertisse un muro di fotocamere e smartphone di fronte alle opere, e non più lo sguardo un po’ più attivo ed attendo
dell’osservatore, soprattutto in opere performative. È dunque cambiata la modalità di fruizione, molto passiva e meno
“interessata” alle stesse opere, rispetto a 30/40 anni fa.  più attenzione a come vengono le fotografie/video

MOSTRE E TERRITRIO

In Italia nasce il museo diffuso (S.Settis), che comporta la diffusione di cultura e arte in qualunque parte dello spazio in
cui si trova o si gira. Si tratta dunque di un museo non più in uno spazio chiuso, ma esteso in una specifica area
geografica. Ad esempio, vengono realizzati percorsi tematici ed itinerari particolari, che vadano a collegare qualsiasi
testimonianza che abbia a che fare con l’arte e la cultura del luogo, oppure si propongono concorsi/iniziative per
specifici eventi o per promuovere quel territorio, precedentemente poco conosciuto. (popolazione attiva e partecipante)

Negli USA le catene alberghiere finanziano ed investono nelle mostre, perché le vedono come strumento ottimale per la
promozione del territorio a livello economico, locale e turistico. Tramite l’organizzazione di mostre ed eventi culturali
comunque il beneficio va a tutto il territorio. Anche se le mostre possono essere:

 collegate al territorio, avere un rapporto di identificazione e penetrante


 non collegate al territorio

CRITICA ALLE MOSTRE BLOCKBUSTER

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Nel 2008, sorsero numerose critiche verso le mostre blockbuster, poiché le loro dimensioni e la loro importanza hanno
fatto sì che queste sottrassero denaro ai musei e penalizzassero quelle mostre collegate al territorio.

 Richiamano nomi di grandi artisti


 Realizzate senza uno scopo promozionale o sociale per la località in cui si trovano, non c’è collegamento con il
territorio

Anche se coloro che sostengono e supportano le mostre blockbuster, considerano queste iniziative uno strumento di
motore e di avvicinamento dei turisti e visitatori esterni alla località. Il lato negativo di queste mostre però è che,
proprio per ambire ad un numeroso pubblico, sono molto affollate, quindi nonostante spesso ci sia flessibilità negli orari
di visita, presentano comunque code di attesa molto lunghe e quindi sono poco fruibili per viaggiatori di passaggio, che
magari fanno una piccola sosta lì.

MOSTRA vs MUSEO

- Museo: negli il museo ha subìto dei rallentamenti rispetto alla mostra, una riduzione del pubblico. Il museo ha
una collezione al suo interno che rimane permanentemente. Ma è anche un luogo dove fare ricerca e attività di
cura e salvaguardia verso le opere. Il museo è uguale a sé stesso, l’attenzione al contesto esigua. Contribuisce a
diffondere una conoscenza statica.  compito primario la conservazione
- Mostra: ha invece una durata limitata, effimera. Si può vedere come una specie di esperimento. Prevale la
distruzione materiale in modo più accurato, per stimolare meglio la sensibilità psicologica. Anni ’20-30= 40
mostre, anni ’40-50= 300 mostre (andando a crescere). Contribuisce ad una conoscenza più dinamica
- Dalla citazione di Helg: Il museo è un libero, la mostra è un giornale.

Esiste però un anello di congiunzione che è rappresentato dal museo d’arte contemporanea, che tratta solitamente di
artisti vivente o morti da poco tempo. Una forma di museo che opera con lavori differenti da quelli degli impressionisti.
Al suo interno dinamicità, spesso le sale sono suddivise per tematiche e non per periodi storici, come il museo
tradizionale.

In Italia: le mostre hanno una connotazione un po’ negativa, perché molte vengono preconfezionate dalle società e
perché si fa leva solo sul successo che hanno sul pubblico e non tanto per chi viene “mostrato”.

In USA: le opere che si trovano all’interno dei musei e che dopo un periodo di esposizione, non sono più aperte al
pubblico, vengono riposte nei depositi. Questo perché il museo può far ruotare le sue collezioni o perché magari
vengono affittate, per coprire alcuni costi museali. (tipo la ristrutturazione)

I MUSEI

“Las meninas”, 1656, Museo del Prado, Velàzquez

Ambientata nello studio a Madrid, è dipinta l'Infanta Margarita, la figlia maggiore della nuova
regina, circondata dalle sue dame di corte. Alla sua destra compare Doña Maria Augustina de
Sarmiento, ed alla sua sinistra Doña Isabel de Velasco, la sua nana ed il suo mastino, oltre che
da altri membri della corte spagnola. Velázquez si trova di fronte al suo cavalletto. È enorme
impatto raffigurativo.

L'artista è riuscito a creare una vera e propria illusione. Alcuni studiosi dell'opera, pensano che essa possa avere due
significati. Una parte ritiene che Velázquez volesse rendere protagonista l'osservatore, mentre l'altra parte che i due
coniugi stessero posando per il quadro e che sia solo un'illusione il fatto di essere protagonisti dell'opera. Tuttavia, in
entrambi i casi, ci si sente profondamente coinvolti nell'opera, soprattutto perché i personaggi sono dinamici (cioè in
movimento) e creano un'atmosfera viva e realistica.

HANGAR BICOCCA MILANO

Museo di particolare interesse soprattutto per l’operazione urbanistica coinvolgente l’area nel quale si situa. Il recupero
del quartiere iniziò nel ’85, con protocollo tra Gruppo Pirelli ed enti pubblici territoriali dando vita al Progetto Grande
Bicocca. Venne istituito un concorso vinto da Gregotti, per l’assetto del quartiere. L’opera che doveva comprendere un
polo per la ricerca, cultura e residenza ha fatto nascere aree di socializzazione e di crescita culturale. È formato da due
corpi di fabbrica che realizzava bobine per i motori elettrici dei treni. Precedentemente, era il Museo dell’Alfa Romeo,
chiuso dopo la crisi del 2001. Pirelli proprietaria dell’edificio, decise di farci uno spazio per l’arte contemporanea. Lo
inaugurò nel 2004 con I Sette palazzi celesti di Kiefer.

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Opere

“I sette palazzi celesti”, Anselm Kiefer, Hangar Bicocca, 2004

Insieme ad altri artisti, egli ha dato vita alla pittura tedesca come riflessione sulla storiale del
paese. I temi su cui lavora sono la storia, la memoria e la mitologia. La storia di cui si
documenta, non è solo legata all’arte che si porta dietro dagli espressionisti, ma anche quella
che ha a che fare con la guerra mondiale. L’assillo delle rovine della guerra è presente in
questa opera monumentale. Il palazzo più alto è di 18 metri, tutto il lavoro composto da
materiale industriale (cemento armato, container, piombo). Il lavoro è ispirato ad un antico libro ebraico, dove il
percorso per raggiungere Dio, l’uomo deve percorrere 7 palazzi. Quindi tali palazzi, non solo parlano di un passato
molto remoto e spirituale, ma potrebbero essere quelli lasciati dalla guerra, o ciò che rimarrà di ora nel futuro. Ogni
torre ha nomi diversi e diverse particolarità:

1. Serofith= 5 livelli
2. Melancholia= incisione di Durer
3. Arat= ha una nave da guerra di piombo, nome del monte dove si è incagliata l’arca di Noè
4. Linee di campo magnetico= la più alta, con foto di nuvole e rocce
5. JH&WH (dette le torri gemelle)  le 4 lettere sono il significato di Dio in ebraico
6. Quadri cadenti= base con ferro e vetro

Giorgio Andreotta Calò

Le sue opere comprendono sculture, installazioni ambientali di larga scala e interventi spaziali che trasformano
architetture o interi paesaggi e sono spesso concepite per essere incluse in un ricco sistema di rimandi e collegamenti tra
di loro, anche attraverso l’uso di elementi naturali densi di significati simbolici – come l’acqua, la luce e il fuoco. Parte
integrante della sua metodologia artistica è la costante rielaborazione e riconfigurazione delle sue opere in base al
contesto geografico e culturale in cui vengono esposte. Il percorso di mostra genera storie e visioni su diversi tempi e
luoghi, da Venezia a Milano, dalle profondità del mare a quelle del sottosuolo.

“Volver”, 2008

Originariamente utilizzata dall’artista per percorrere la laguna di Venezia, la barca è stata in seguito
trasformata in scultura per la sua prima mostra personale alla Galleria ZERO… di Milano nel 2008.
Prima di conferire la forma definitiva all’opera e di esporla sul tetto della galleria, l’artista ha
compiuto un gesto simbolico: un’azione fuori dall’ordinario che ha generato un’atmosfera onirica e
surreale, in cui i principi della realtà venivano sovvertiti. Giorgio Andreotta Calò ha sottratto la barca dal suo contesto
originario per compiere un “volo ideale” nel cielo di Milano, sopra i tetti del quartiere di Lambrate. Alla guida
dell’imbarcazione, sospesa mediante una gru, ha compiuto un viaggio circolare trasformandone metaforicamente la
funzione. L’installazione è stata ora riconfigurata: sottoposta a una nuova inversione fisica e simbolica, la barca assume
le sembianze di una grande conchiglia

“Senza titolo (Jona)”, 2009

Fin dall’apertura il percorso dichiara la propria poetica: un video in ingresso propone le


esplorazioni subacquee del relitto sommerso “Città di Milano”, durante un’operazione di messa in
posa di cavi Pirelli sottomarini. Descrive il ritrovamento del relitto della motonave posacavi
(Pirelli) “Città di Milano”, inabissatasi nel 2019 al largo di Filicudi, del cui naufragio ricorre
quest’anno il centenario e che ha fornito l’ispirazione per il titolo della mostra.

MAMBO BOLOGNA

Il MAMbo è il Museo d’Arte Moderna di Bologna, centro di produzione e laboratorio critico della cultura
contemporanea interdisciplinare. La Collezione Permanente del museo ripercorre la storia dell'arte italiana dal secondo
dopoguerra a oggi vista attraverso l'esperienza dell'ex Galleria d'Arte Moderna di Bologna. Attraverso un costante
incremento del patrimonio garantito da restauri, nuove acquisizioni, donazioni e prestiti in comodato, la Collezione
continua ad essere oggetto di ricerca e rinnovamento. l museo dedica a importanti artisti italiani e internazionali ampie
mostre monografiche, in una prospettiva aperta alla ricerca e alla dialettica tra le opere e il contesto espositivo. È
introduzione e didattica alle pratiche culturali più aggiornate: il Dipartimento educativo del museo ha l’obiettivo di
avvicinare i visitatori di ogni genere ed età alle forme espressive del nostro tempo, dando strumenti adeguati alla loro

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comprensione. Collabora con istituzioni culturali e accademiche al fine di promuovere occasioni di riflessione che
coinvolgono pubblico e studiosi, stimolando il dibattito sulla cultura del presente.

TEMI:

ARTE POVERA: Superamento dei limiti spazio-temporali e della forma compiuta dell'opera a favore di una maggiore
focalizzazione sui processi, sul valore intrinseco dei materiali, sulla natura e il sensorio come possibilità di vita e non di
rappresentazione ne sono i tratti distintivi.

ARTE E AZIONE: descrive il clima di una stagione spartiacque per l'Italia in generale e per Bologna in particolare. La
storia della città è infatti irreversibilmente segnata da un'inedita e proliferante creatività da un lato e da eventi
particolarmente drammatici dall'altro. L'arte scende nelle piazze, sui muri della città e sollecita istanze comportamentali
nei cosiddetti happening.

ARTE E NUOVE PROSPETTIVE: si caratterizza per un interesse verso le ricerche spaziali e ambientali

Opere

“Il funerale di Togliatti”, 1972, Guttuso Renato

Si tratta di un racconto senza tempo dove convivono tante personalità che hanno fatto grande il
movimento comunista, il sindacato, l’intellettualità e il Pci, a significare che le idee superano la
morte e che, insieme, si può lottare per una società migliore. Il dipinto, divenuto il manifesto del
Pci, racconta un’epoca e, con lirismo poetico, mostra, tutti insieme, i leader del Pci e il popolo
dalle bandiere rosse, uniti nell’ultimo saluto a Togliatti, l’uomo che fece del Partito comunista
un grande partito di massa, soggetto fondamentale della democrazia repubblicana. Ci sono donne e uomini, contadini e
operai, impiegati ed emigrati italiani, studenti e intellettuali, dirigenti di partito e rappresentanti delle istituzioni.
Guttuso è un abile cronista: con il pennello racconta i grandi eventi del suo tempo, dai fenomeni di massa alle realtà
sociali in trasformazione, non limitandosi a una descrizione asettica ma rappresentando i desideri e le speranze di una
parte della società, composta dal mondo popolare del lavoro e della cultura progressista.

Mika Rottenberg 2019

Si appropria degli imponenti volumi della Sala delle Ciminiere e del foyer del museo
per animare undici delle sue più recenti produzioni - oggetti scultorei e installazioni
video - celebri per il loro registro narrativo sarcastico e bizzarro .Utilizza i diversi
linguaggi del film, dell'installazione architettonica e della scultura per esplorare le idee
di classe, lavoro, genere e valore attraverso immaginifici dispositivi visivi che
illuminano le connessioni e i processi nascosti dietro economie globali
apparentemente non correlate fra loro. La sua ricerca mette in evidenza temi come le
disuguaglianze causate dall’attuale modello economico dominante e la fragilità del
corpo umano, utilizzando la lente dell'umorismo, dell'assurdo e della confusione.
Dalla produzione di perle coltivate (NoNoseKnows) ai milioni di vivaci colori
venduti in un ipermercato cinese (Cosmic Generator) alle salviettine umidificate ricavate dal sudore altrui
(Tropical Breeze), i mondi che l’artista evoca nelle sue creazioni visive sono popolati da personaggi fuori dal
comune. L’artista crea complesse allegorie sul sistema capitalistico che regola le condizioni umane e i processi
di produzione massiva delle merci.

MUSEO PER LA MEMORIA DI USTICA, BOLOGNA

Il Museo per la Memoria di Ustica di Bologna, facente parte della Galleria d'Arte Moderna di Bologna, nasce per
commemorare le vittime della strage di Ustica. Realizzato grazie alla determinazione dell'Associazione dei Parenti delle
Vittime della Strage di Ustica, è stato inaugurato il 27 giugno 2007, in occasione del ventisettesimo anniversario della
strage, in presenza del sindaco. Il museo ospita i resti del DC-9 ricostruiti all'interno degli ampi spazi dell'Ex
Magazzino ATC. Attorno al relitto è stata allestita un'installazione, opera di Christian Boltanski, composta da 81 luci
(che si accendono e si spengono a ritmo del respiro) e 81 specchi in memoria delle 81 vittime della strage. Alcune casse
contengono, nascosti alla vista dei visitatori, gli oggetti personali appartenuti alle vittime. Da sempre l’opera di
Christian Boltanski analizza il concetto di tempo, l’aspetto reliquiale della testimonianza e la sua esposizione attraverso
forme installative rigorose e suggestive. Per Boltanski la dimensione evocativa del ricordo impone visioni molteplici e
soggettive, ogni narrazione viene abbandonata per divenire solitudine del pensiero individuale, per rimandare all’azione
e alla ridefinizione di una realtà che ci vede sempre e costantemente protagonisti e complici. Christian

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Le città che non sono viste come città d’arte, hanno cercato la propria valorizzazione attraverso mostre, avvenute nel
dopoguerra. Le 2 città principali:

1. Venezia, con la Biennale


2. Milano, con Palazzo Reale

LE BIENNALI

 Ce ne sono circa 450


 Sono mostre periodiche, ogni 2/3/5/10 anni
 Il termine è andato con il tempo a descrivere non solo la periodicità, ma in generale tutte quelle mostre con
frequenza periodica
 Il loro curatore sceglie gli artisti e le loro opere, da diversi paesi del mondo, che però corrispondo al tema della
mostra stessa

VENEZIA

“Was du liebst, bringt dich auch zum Weinen”, Biennale Venezia, 2009, Tobias Rehberger

È un’installazione con valore funzionale, di cui si può usufruire, è un progetto fisico. Per
realizzare quest’opera, l’artista si è ispirato allo stile camuflage delle navi da guerra inglesi della 1
G.M., dipinte per scomparire tra le onde. Aveva bisogno di un posto reale per mettere in pratica la
sua idea, non avrebbe potuto farlo con un dipinto o una scultura, serviva un ambiente.
Così ha progettato il bar della Biennale con un disegno a righe bianche, nere, rosse e gialle che
avvolge l’intero spazio e tutto ciò che c’è dentro, confondendo oggetti e architettura, sfuocando i contorni delle cose.

“Germania”, Biennale Venezia, 1993, Hans Haacke

L’artista è stato chiamato nel ’93 a rappresentare la Germania nell’apposito padiglione della
Biennale veneziana. Cosa fa? Decide di entrare nel padiglione e di distruggerne il pavimento.
Segno questo di protesta contro la guerra che ha portato alla distruzione del Paese e della sua
popolazione e di quella mondiale. Entrando nel padiglione ovviamente scaturiscono molto reazioni
emotive e psicologiche  la guerra ha portato l’uomo a camminare sopra le macerie (l’artista cerca di far rivivere
quella situazione) Questo lavoro doveva essere una provocazione per la sua stessa nazione, poiché evocava la visita di
Hitler proprio in quel luogo nel ‘34, venuto in Italia ad incontrare Mussolini dopo l'ascesa al potere e la trasformazione
architettonica da lui voluta dello stesso nel ‘37. All'ingresso affisso una fotografia di Hitler e il marco tedesco al posto
della svastica. Evidente intento di Haacke di portare l'arte attivamente nella società, immergendosi nelle istanze
politiche e i sociali che la attraversano.

“The key in the hand, Padiglione Giappone, Biennale Venezia 2015, Chiharu Shiota

In quest’opera, utilizzando due barche, fili rossi, una rete metallica intrecciata e 50mila chiavi,
porta i visitatori a riflettere sull’importanza dei ricordi e dell’ignoto. Infatti, i temi principali sono
le memorie, le storie da poter conservare e custodire. Qui, emerge molto la tendenza elegante e
fine del Giappone. “The key” è la chiave che serve a custodire qualcosa di importante, un
elemento che in tutto gli uomini è presente. Un elemento che apre e chiude porte a nuovi mondi.
È dunque un’installazione molto interessante, coinvolgente e che trasmette comprensione verso gli altri.

DOCUMENTA  a Kassel, dal ‘55

 Cadenza quinquennale
 100 giorni
 Come la biennale, è importante poiché anche questa nasce in un periodo preciso in Italia
 Nacque su richiesta degli artisti, per ricostruire l’identità del proprio Paese e non con l’intento di marketing
 È autorevole, richiama il turismo
 Coinvolge molti artisti che ora sono tanto importanti nel mondo artistico moderno e contemporaneo
 Quasi alla pari della Biennale di Venezia e di Manifesta

“Parthenon of books, 2017, Kassel, Marta Minujin

L’installazione rappresenta le colonne del Partenone greco, costruite con 100.000 libri incellofanati.
Il pubblico aveva la possibilità e lo spazio per poter lasciare il suo libro attaccato agli altri, nello

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spazio architettonico. L’intento dell’artista era quello di fare una critica a tutti i libri che sono stati bruciati dai nazisti in
piazza, perché visti come minaccia contro il nazismo. È assolutamente un’opera d’arte partecipativa, con pubblico
attivo, perché fa parte della sua realizzazione. Simbolo di democrazia e libertà di parola e un richiamo al fatto che la
censura letteraria esiste ancora oggi, l'installazione è stata costruita sul sito delle bruciature dei libri nazisti degli anni
'30.

MANIFESTA  itinerante per l’Europa, dal ‘96

È una biennale nomade, vagante in tutto Europa. Viene organizzata sempre in una diversa città europea. Al centro, una
domanda rivolta al presente (cosa accade a livello politico, sociale, economico e culturale?). Nata negli anni ’90, dopo
la guerra fredda. Le città non vengono scelte a caso, ma vengono prese quelle che presentano più problemi sotto gli
aspetti citati. L’ultima è stata fatta a Palermo nel 2018, dodicesima edizione. In quella di Palermo, si è assistito ad un
incontro tra differenti culture (Capitale della cultura) e di conseguenza differenti problematiche.

Durante le biennali, ci sono parallelamente dibattiti, elezioni, laboratori, concerti ecc.…Quindi automaticamente le
biennali, diventano progetti a 360°:

1. 71 Collateral Events e 5x5x5  sono eventi che vengono organizzati dalla biennale come progetti paralleli alla
stessa
2. Collateral Event  mostre, installazioni, interventi in spazi pubblici
3. (15) 5x5x5  con professionisti italiani e non, sulla strada, in quartieri, nelle scuole, nei palazzi (5x5x5 è la
novità del programma di eventi collaterali della biennale, concepito per favorire lo scambio autentico di
conoscenze professionali tra le comunità artistiche e culturali della città ospitante e il network di artisti,
produttori culturali, accademici e istituti educativi, intellettuali e stakeholders influent)

In quella di Palermo, gli abitanti erano al centro e i turisti sono cresciuti molto dopo la biennale, nonostante questi
fosse già molto presenti in terra sicula (Palermo-Messina). Il cuore della biennale era il Teatro Garibaldi e l’orto
botanico “Coltivare la co-esistenza”.

“Tutto”, Matilde Cassani

È stata una delle performance più apprezzate di Manifesta. Realizzata a mo’ di parata per le vie della
città, dove ogni gruppo/scuola ballavano spezzoni di coreografie e le persone sfilavano con stendardi
colmi di scritte a loro scelta. Estremamente coinvolgente e rivolta soprattutto alla città. Rielabora le
tradizioni del barocco siciliano per rivelare la complessità delle influenze culturali che convivono
oggi nel capoluogo siciliano. Il progetto sottolinea come l’idea della celebrazione sia uno strumento
per descrivere un complesso sistema di realtà politiche, sociali e culturali.

“Call-A-Spy” , dal 2016, The Peng! Collective

Quest’opera consiste nell’utilizzare una cabina telefonica, dove all’interno vengono date chiare
indicazioni per chiamare spie e servizi segreti. Risulta essere un oggetto apparentemente semplice,
ma che ci permette di fare qualche cosa di strano.

CITTÀ ATTRAENTE, PARTE TERZA

ARTE CONTEMPORANEA FUORI DAL MUSEO

Temi: convivenza e condivisione

L’arte contemporanea è un elemento di tutta attrattività della città. Un esempio corrisponde alle biennali, nuovi centri
espositivi, fiere e grandi mostre. Non esiste quindi più solo la scultura, i murali o i dipinti nei musei ad hoc o piazze, ma
ci sono anche opere e progetti partecipativi, nello spazio urbano. Si parla quindi dell’arte avente funzioni nello spazio
urbano, che è sempre più al centro dell’attenzione di artisti, dove essi collocano le loro opere, per avere un rapporto con
il pubblico. Sculture, installazioni, performance, proiezioni ecc … sono forme di arte con le quali il passante convive.
Molteplici sono i committenti (istituzioni pubbliche, associazioni, fondazioni, real estate e gruppi finanziari) che
chiamano ed invitano artisti per realizzare/installare/celebrare qualche cosa, da inserire all’interno della città. Ma queste
installazioni vengono richieste con specifici requisiti, poiché devono soddisfare differenti funzioni, come:

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 Riqualificare l’area
 Valorizzare il territorio grazie al turismo
 Dare valore economico
 Creare nuove forme di relazione sociale
 Celebrare il proprio sistema di valori di riferimento
 Incentivare l’immaginazione
 Creare progetti partecipati/vi  Rispondere ad esigenze della comunità
 Compiere azioni di opposizione a dinamiche di pianificazione dall’alto

Le città  come luoghi dell’innovazione, hanno dunque due funzioni:

1. Accolgono i produttori di cultura


2. Organizzano la loro produzione, la promozione, la fruizione

Quindi:

MONUMENTO: le norme d’uso del “monumento” oggigiorno le conosciamo bene tutti, poiché sappiamo come
osservarlo, rispettarlo, come intrattenerci. Si creano esperienze tranquillizzate, perché noi sappiamo che colui/’oggetto
rappresentati è per tutti significativa ed importante, soprattutto celebrativa. Conoscendo ognuno di noi, ciò che viene
rappresentato, non ci poniamo domande, e osservarlo non ci mette in crisi.  monotonia

ARTE URBANA E CONTEMPORANEA: necessita di approcci diversi di volta in volta, perché non è più inserita nella
cornice del museo, ma può mutare con le condizioni socio-eco-politiche della comunità. Cambiano le regole in gioco,
non valgono più quelle del monumento. Non c’è un modello da chiamare in causa per individuare che tipo di
installazione sia. Si instaura sempre una nuova relazione con l’opera  disagio e dinamicità

La scultura celebrativa entra così in crisi  entrano in gioco gli avanguardisti nel ‘900, che puntavano la loro
attenzione sul rapporto arte-vita fuori dai luoghi comuni dell’arte.

Negli USA l’utilizzo nell’arte negli spazi urbani comincia ad essere indagato a partire dagli anni ’60.

1. Sculture minimal: si relazionano con lo spazio adattandosi

2. Land Art: materiale del lavoro è il sito stesso, quindi le opere sono costruite fuori dal museo, diventano parte
integrante del territorio circostante

Negli anni ’60, si crea un dibattito interno ai programmi di arte pubblica sul funzionamento dell’arte nei luoghi urbani,
oltre il monumento celebrativo che dà accessibilità a tutti di essere compreso.

PUBLIC ART PROGRAMS  FASE 1: le opere sono separate dall’ambiente esterno nel quale sono messe
 FASE 2: fase dello site specific, opere costruite ad hoc per lo spazio pubblico (design, arredo …)

 FASE 3: temi delle opere hanno fini politici, sociali (relazione con comunità) e di
coinvolgimento, attraverso processi e collaborazione

Si parla di un prima e un dopo:

 PRIMA: dinamiche bottom-up


 DOPO: dinamiche top-down (persone interessate alla realizzazione dell’opera)

L’opera non vede più la sua importanza celebrativa nell’oggetto rappresentato, ma nella sua realizzazione  oggetto-
opera. L’esperienza e il progetto diventano l’interesse dell’opera.

PARLARE DI MONUMENTO = parlare dei nostri valori. Il monumento tradizionale però subisce gli effetti della
crisi e del mondo in continuo cambiamento. La caratteristica dei monumenti scultorei è il materiale con il quale sono
fatti, come il marmo e il bronzo, poiché sono materiale molto duraturi e perché devono tramandare la memoria e i valori
possibilmente per sempre.  anche se dopo la crisi, molte ideologie e valori stessi delle persone sono cambiati molto e
quindi sono più difficili da condividere.

Spesso però, l’arte utilizzata nello spazio urbano per rilanciare o riqualificare, non è sempre vista di buon occhio e si
considera invadente se non dialoghi con tutto. Infatti, le committenze spesso si sono dovute confrontare con gruppi di
proteste cittadine. (dinamiche top down, dove i cittadini sono interessati alla realizzazione dell’opera, ma spesso le
amministrazioni la gestiscono in modo passivo e senza coinvolgimento.)

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“Conversazioni, omaggio a Papa Paolo II”, Roma, 2011, Oliviero Rainaldi

Questo ne è un esempio. Alta circa 7 metri di altezza e fusa in bronzo con una patina argentea sfumata sul
color verde. La statua è stata donata alla città da parte della Fondazione Silvana Paolini Angelucci Onlus. Il
Pontefice viene rappresentato con pochissime notazioni del volto e il mantello aperto, per simboleggiare
l’eredità spirituale lasciata alla città e al mondo. A tutti gli effetti enorme ed inquietante, alla comunità non
è piaciuta all’inizio. Quindi venne chiamata una commissione che ordinò di sistemarla e in qualche modo
di migliorarla.

L’interesse deve essere posto su come un monumento celebrativo rappresenta o no la comunità, perché quest’ultima
potrebbe trovarlo brutto e non rappresentativo.

CONCEZIONE ANTIMONUMENTALE

“Piano d’uso collettivo”, Sardegna, 1977, Giò Pomodoro

Opera dedicata ad Antonio Gramsci. Una grande scultura ambientale. Il monumento


rappresentativo è la piazza stessa. Da asse ad asse, orizzontalmente noi siamo sopra il
monumento. La piazza è dunque un luogo di relazione, di socializzazione e movimento. Non
celebra più una persona/lità. Ma è rivolta direttamente al pubblico l’opera. Gli elementi della
piazza e le scritte incise, si avvicinano al popolo sardo e alla loro tradizione pastorale.

“Dietrofront”, 1981-1984, Firenze, Michelangelo Pistoletto

Questa statua fa parte di un gruppo scultoreo in marmo, nella piazza-incrocio di Porta


Romana a Firenze. Caratterizzata da una statua in piedi e una sdraiata sulla testa della
prima. Essa rappresenta una relazione tra Roma e Firenze. La donna verticale è protesa
verso sud (Roma) e l’altra verso il centro di Firenze. Rappresenta il contrasto e circolarità
tra passato e futuro, antico e contemporaneo. Il presente che guarda al passato e al futuro,
che a sua volta torna nel passato. L’artista quindi non rifiuta la grandiosità dei monumenti
del passato, ma riflette su quella nuova, in condizioni precarie.

Sempre per cercare di relazionarsi sempre più con i passanti e con il pubblico in generale, ad esempio sussistono
installazioni, nelle quali viene messo a cielo aperto l’ambiente quotidiano che ricorda un salotto di casa, con:

 Tappeti
 Tavole apparecchiate ecc. …

Nelle strade vengono realizzati veri e propri salotti aperti a tutti.

A Stefano Boccalini, negli anni ’90, gli viene chiesto di creare un’opera per la Piazza di
Castelfiorentino, nonostante non l’avesse mai vista. Proprio per questo doveva capire come
soddisfare la richiesta offertagli di creare l’idea di un luogo di relazione. Quindi egli doveva capire di
cosa avessero bisogno gli abitanti del paese. Osservandoli, creò un soggiorno urbano, nel quale
l’artista stesso si sedette e discusse e chiacchierò con gli abitanti, che si fermavano ad interagire, raccogliendo così tutto
ciò che gli serviva. Ma dopo questi attivi confronti, stese un progetto che consisteva in un’opera permanente, che non fu
mai realizzata perché cambiò l’amministrazione comunale.

“Family Monument”, Trento, 2007, Gillian Wearing

Quali caratteristiche ha la famiglia dei nostri giorni? Da quanti componenti è formata? Come vive?
Che aspirazioni ha e come si prepara al futuro? … Ultimo lavoro dell’artista, questa è scultura
strutturalmente classica, formata da un piedistallo (con basamenti e iscrizione). Il materiale è il
bronzo e il marmo. Elementi tipici di un monumento tradizionale e infatti si presenta come vera opera
fin dal passato. La scultura rappresenta una famiglia tipico, l’elemento che rompe con la tradizione,
poiché non c’è un personaggio specifico. L’artista rappresenta una famiglia, perché a Trento, era stato fatto un
censimento si quale tipologia di famiglia fosse prevalente, facendole partecipare a dei concorsi. Lui prese i dati
scientifici e ne fece una trasposizione artistici (le famiglie poco visibili, non hanno influito sui risultati). Nonostante il
progetto dovesse rappresentare la famiglia prevalente di Trento, ebbe anche lo scopo di parlare delle famiglie invisibili.
Pensato per durare in eterno, rivela l'ironia, e allo stesso tempo la malinconia di fondo su cui poggia l'intero progetto,
mentre la carica simbolica che normalmente investe il soggetto rappresentato sfuma dietro l'estrema difficoltà di dare
forma a un'entità tanto dinamica e complessa quanto la famiglia contemporanea. Nasce da un percorso partecipativo e
studio pragmatico, che è parte dell’opera.

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“Momentary monument”, 2009, Trent, Lara Favaretto

Un monumento momentaneo. Simbolo della comunità trentina, sentito e allo stesso


tempo ignorato. Lara cercò di mascherare e di coprire il monumento di Dante, al quale,
con un’impalcatura avrebbe addossato dei sacchi (come in trincea). Il mascheramento del
monumento fu però scoperto e dibattuto in pubblico. Una notte, quella struttura collassò,
l’opera finì lì e non venne portata a termine, perché il pubblico ha posto l’attenzione già
sulla stessa opera mascherata, che precedentemente era stata dimenticata.

“L.O.V.E”, 2010, Piazza Affari, Maurizio Cattelan  Libertà Odio Vendetta Eternità

Si tratta di un basamento con la struttura in marmo bianca di Carrara. Il basamento e la struttura


sono imponenti e si trovano al centro della piazza, come un’opera tradizionale, davanti alla Sede
della Borsa, con la facciata che raffigura i 4 elementi allegorici della ricchezza economica. La
statua rappresenta il gestaccio con dito medio, davanti al palazzo della borsa (di struttura fascista).
Quando è stata realizzata, a Palazzo Reale c’era la sua mostra. Quando il sindaco la vide, ci
furono subito dibattiti, solo nel 2012 il Comune l’accettò. Si può dire che questa statua sia un site
specific, poiché è giusto che sia lì (in piena recessione, quando la protesta verso quelle istanze era
ai suoi massimi). Non si può dunque spostare, perché si confronta con il palazzo della borsa, visto
l’anno. In realtà l’opera sarebbe la mano intera, alla quale sono state tagliate le altre dita (come se
fossero state erose con il tempo) per ricreare il ditaccio, ma non è solo questo perché la mano
rappresenterebbe il saluto fascista. Tra l’altro è il palazzo a fare il gesto contro di noi. Il soggetto è dunque il palazzo e
noi subiamo  la finanza controlla e fa tutto (vista come metafora del nuovo fascismo)

“Un edificio qualunque”, 2006, Viterbo, Eva e Franco Mattes

Si tratta di un’iscrizione (di tipo informativo, che solitamente si utilizza per descrivere un luogo di
interesse turistico, è qui usata per dare indicazioni su un posto “inesistente” agli occhi pubblici) su
un palazzo marmoreo, quindi di un palazzo con valore storico-artistico, ma che non è famoso per
qualche cosa. Attenzione posta alle nostre case e a noi. Dal dare attenzione a personalità celebri, a
darla a cittadini semplici, messi qui su un “piedistallo”. L’opera è un dispositivo di pensiero, invita
a riflettere sul testo.  capacità di dare notizia e attrarre

“Monument against Fascism”, 1986-1993, Amburgo, Coniugi Gerz

Si tratta di una colonna tutta nera, che presentava un pannello dove poter firmare. Un testo in 7 lingue
invitava i passanti a fermarsi a firmare. La firma serve a sottolineare che si era presente a protestare
contro il fascismo. Nel tempo questa colonna si abbassava nel sottosuolo, per dare spazio a tutti di
firmare, fino ad appiattirsi al suolo. L’azione della firma era semplice, ma non tanto il pensiero che
rimarrà per sempre. Un oggetto di protesta che è anche un elemento relazionale. L’opera mette al
centro noi e la nostra coscienza e non più l’immagine di qualcuno. Non c’è più solo l’atto di guardare,
ma fa riflettere con domande sul passato.

“Grande Cretto”, 1984-1989, Gibellina, Alberto Burri

Opera di LandArt celebrativa. Dopo essere stata rasa al suolo da un terribile


terremoto del ‘68, Alberto decise di lavorare su Gibellina vecchia, dopo essere
stata ricostruita. Su Gibellina vecchia, creò un memoriale, che non fu classico.
Propose che le macerie rimanessero lì e che fossero proprio quelle a fare da
memoriale. Per compattarle, ci sparò una celata di cemento, e per realizzare le strade al suo interno, osservò la vecchia
cartina.  percorso della memoria, ci si può passeggiare. Arte non è fine a sé stessa ma ha la funzione di ricordare a
cielo aperto.

“Memoriale olocausto”, 2005, Berlino, Peter Eisenmann

Installazione memorativa neo-monumentale ambientale, attenzione al discorso della memoria di


una tragedia umana. Si trova a Berlino, per altro vicino alla sede amministrativa di Hitler. 2711
stele (bare) in calcestruzzo, tutte di forme diverse, portano disorientamento e senso di perdita,
perché è come se si creasse una specie di labirinto. Il monumento che commemora gli ebrei vittime

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del genocidio nazista si trova nel quartiere di Mitte, lungo una sezione di quella che un tempo era la terra di nessuno tra
i due lati del Muro, poco lontano dalla Porta di Brandeburgo.

“Ai nati oggi”, 1998-2012, Bergamo Piazza Dante, Garutti

Si tratta di un’installazione site specific non invasiva. Il lampione ha ovviamente a che fare con il tema
delle nascite e della natività. È presente un’iscrizione legata ai lampioni della piazza  “Quando la
luce pulserà, nasce un bambino”. Il lampione è collegato all’ospedale, al reparto maternità. Luce
simbolo di vita, installazione molto dolce e poetica, qualcosa di molto coinvolgente anche se semplice.
Un tentativo di riavvicinare l’arte alla realtà della vita: l’opera si radica nel territorio dell’intervento e chiama a sé le
persone che lo abitano attraverso la volontà di suscitare in loro un’emozione “sincera”, che seppur indirettamente le
coinvolge in quanto comunità.

“Piazza dei Conti Guidi”, 2006, Vinci, Mimmo Paladino

Paladino ha riconfigurato la piazza mettendo in gioco e citando gli studi di Leonardo. La


necessità di rifare la piazza del paese nacque da quella di ampliare il museo Leonardiano.
Crea un’esperienza diretta, realizzando un’atmosfera cosmica accentuata di sera con le
illuminazioni. Ha riconfigurato la piazza (dialogando con il museo e con il paese) con un
reticolo di geometrie, con scomposizioni e ricomposizioni di piani in lastre sui quali
incide, con tasselli di vetro o lama d’argento, motivi che ripropongono il suo ben noto
universo iconico. Si tratta di piani inclinati percorribili, solidi geometrici e forme simili a poliedri (simbolo del
Rinascimento) e illuminazioni led  piazza scenografica da calpestare, pezzo di città e opera d’arte.

“Grande disco”, Roma, 1972, Arnaldo Pomodoro

Il disco rappresentato da Arnaldo è il mondo, rappresenta gli italiani nel mondo, per questo è
davanti la Farnesina. Si tratta di un doppio cerchio di bronzo dorato, posto su una struttura
girevole. Una scultura che racchiude, nelle sue forme astratte, le proporzioni dell’uomo
di Leonardo inscritto nel cerchio. Partendo dal punto centrale rappresentante la testa
dell’immaginaria figura antropomorfa, Pomodoro costruisce una scultura fortemente dinamica,
con braccia e gambe aperte con l’intento di creare un effetto di dilatazione e torsione.

"The Pietrarubbia Group", Bicocca, 2015, Arnaldo Pomodoro

In occasione dell'antologica con la quale Milano ha celebrato i 90 anni del Maestro, è


ora collocato alla Bicocca. L'operazione - spiega l'ateneo - nasce dalla collaborazione tra
l'Università Milano-Bicocca e la Fondazione Arnaldo Pomodoro, che ha concesso
l'opera in comodato d'uso gratuito per cinque anni. Un’opera ambientale composta da
sei elementi, frutto di una lunga ricerca dello scultore come omaggio ideale all’antico
borgo di Pietrarubbia nel Montefeltro, sua terra di origine.

“Tilted Arc”, 1981, New York, Richard Serra

Quest’opera ha messo in crisi lo site specific. Costruita per la Federal Plaza di NY. Si tratta di
un arco che divide la piazza in 2. Questo elemento mette in crisi i valori dominanti di una
piazza (socializzare, relazionarsi), preclude la vista, blocca la strada, dà fastidio. Provocò
dibattiti tra le commissioni pubbliche e private. Quest’installazione s’interroga sullo spazio
d’uso della società, è dunque un’opera che mettendo in crisi è molto provocatoria, perché
cambia le funzioni della piazza. A seguito di un aspro dibattito pubblico, la scultura fu rimossa
nel 1989 come risultato di una causa federale e non è mai stata esposta pubblicamente da allora, in ossequio ai desideri
dell'artista. Lo spettatore diventa consapevole di sé stesso e del suo movimento attraverso la piazza, mentre si muove, la
scultura cambia, la contrazione e l'espansione della scultura risultano dal movimento dello spettatore, passo dopo passo,
la percezione non solo la scultura ma l'intero ambiente cambia. Per Serra, una parte importante del significato del lavoro
era che avrebbe interagito con il pendolare che passava attraverso la piazza, un luogo solitamente attraversato
rapidamente sulla strada per altrove.

ARTE E LUOGHI DELLA MOBILITÀ

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Si tratta di interventi che vengono collocati in spazi della città definiti come non-luoghi (che non hanno un’identità),
anni ’90. Si tratta però anche di opere che si trovano non solo nei non-luoghi, ma si occupano di interrogarli, tramite
posizione dialettica, per riuscire a trasformarli da spazi negativi a spazi positivi, con grandi risultati e miglioramenti.
L’artista agisce collaborando con ingegneri, architetti, antropologi ecc.…

“City lounge”, 2004-2011, San Gallo (Svizzera), Pipilotti Rist e Carlos Martinez

Si tratta del più grande soggiorno arredato in uno spazio urbano del Paese. I collaboratori
riconfigurano una grande area centrale cittadina da rendere identitaria. La piazza del quartiere
viene ricoperta interamente di gomma rossa piacevole al tatto, allo scopo di “obbligare” le
persone a fermarsi per potersi relazionare e creare degli incontri (prima che fosse luogo anonimo).
 diventa un luogo dell’abitare collettivo. Con la sua tattilità materica morbida e piacevole, le
sagome amorfe dei mobili presentano un deliberato contrasto con i rigidi e irregolarmente connessi spazi dell'ambiente
circostante, rallentando i movimenti dei pedoni.

Bilbao anni ’80 = la dismissione delle industrie, portò la città a ricevere e ad acquisire una vocazione più artistica. Con
l’arte di qualità, venne incentivata la riqualificazione di quelle aree ex industriali. Ad esempio, ci furono interventi nella
stazione metropolitana, che introdussero gli ingressi controllati, oppure la costruzione di ponti per attraversare da una
parte all’altra la città  spesso gli artisti/architetti si scambiano il loro ruolo. Bilbao ha affrontato una crisi economica e
sociale che l’amministrazione ha deciso di affrontare con l’opera di Frank Gehry: il Guggenheim Museum.

La metropolitana= per eccellenza il non-luogo. Anche per le prime che vennero costruite (in stile liberty), furono
chiamati artisti con lo scopo di progettare opere e sculture per le stazioni. L’intervento di artisti e scultori serve a dare
riconoscibilità e unicità a questi luoghi, che prima erano visti come spazi angusti e bui. La città che ha fatto da madre a
ciò è Parigi.

 NY= MTA Arts for Transit, è un organismo che comprende un programma artistico commissionato
dalla Metropolitan Transportation Authority per i sistemi di trasporto che servono New York City e
la regione circostante, in termini di realizzazione di opere e promozione di spazi e iniziative culturali. L'arte
viene pensata per essere specifica del sito e per migliorare il viaggio sia per i newyorkesi che per i visitatori,
( si parla di arte grafica, installazioni fotografiche, arte digitale, musica sotto New York , poesia in movimento
ed eventi speciali.). Le stazioni diventano così da luogo anonimo a luogo della comunicazione e
dell’esperienza. METRO= RENDERE IL VIAGGIO COME ESPERIENZA E NON SOLO UNO
SPOSTAMENTO
 BERLINO= Con il muro che stava a dividere la città, anche la metro era stata divisa. Dopo il crollo del muro,
ci fu la ricomposizione dell’identità della città (3 Ottobre 1990), quindi anche la riunificazione della rete
metropolitana, che fu completata in pochi anni, attribuendole valore simbolico con gli interventi su Potsdamer
Platz specialmente. METRO=RICOSTRUZIONE IDENTITÀ
 ATENE= stazioni implementate nell’anno delle Olimpiadi del 2004. La particolarità della metro di Atene è lo
spazio dato ai reperti archeologici: alcune delle stazioni infatti si presentano come una sorta di piccoli musei,
con reperti esposti in teche di vetro o vere e propri scavi in bella vista. la metropolitana ricorda quindi un
museo sotterraneo. METRO=SPAZIO ESPOSITIVO
 NAPOLI= negli anni ’90, prime due stazioni aperte. Poi nel 2001 l’obiettivo era quello di dare qualità estetica
alla città, alla quale non si pensò quando fu costruita la metropolitana. Si realizzò una vera e propria galleria
d’arte sotterranea.  1. Incontro dell’arte con tutti coloro che usufruiscono e frequentano la metropolitana tutti
i giorni 2. Rinnovo aree urbane. Achille Bonito Oliva è l’artista che si occupò di coordinare gli spazi interni
delle stazioni metropolitane.  vinse anche un premio per le migliori opere pubbliche sotterranee. METRO=
STRUMENTO DI ESTETICA. Ci sono circa 200 opere. La metropolitana stessa si può considerare di per sé
un’installazione, dove la gente è obbligata a guardare e ad osservare. Si tratta quasi di un museo sotterraneo
che viaggia insieme alle persone.  un museo obbligatorio, perché la metropolitana si usa per spostarsi. Non
ci si trova lì per un’immagine sappiamo essere posta in quel luogo, ma quest’ultima attrarrà comunque la
nostra attenzione, ci “cerca”. Siamo in un museo, ma fuori da esso. Vengono organizzate anche delle visite

guidate.  da non-luogo a luogo

“Ago, filo e nodo”, 2000, Piazzale Cadorna, Milano, Oldenburg e Van Bruggen

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Il piazzale e la stazione nei quali è stata inserita questa installazione, sono stati
riqualificati da Gae Aulenti. Per dare bellezza estetica alla piazza, Gae Aulenti chiama
due artisti. L’opera rappresenta diverse simbologie del luogo in cui è inserita. È un luogo
di viabilità, di interscambio (diverse direttive).
Si vede un ago che s’infila nel terreno, scende e:
1. Esce dall’altra parte della piazza= tutto è collegato insieme. Il filo nella realtà
non lo si vede sottoterra. Idea di unione di messi sotterranei e superficiali
2. Simboleggia l’operosità di Milano
3. Si tratta di un discorso legato alla moda, stemma di Milano il Biscione,
richiamato da filo

“La soglia magica”, 2011, Malpensa, architetto Nicolin

Nel 2009 SEA ha lanciato il concorso denominato “La Porta di Milano” perché
Malpensa è oggi la nuova porta di Milano verso il mondo, collega, infatti, il capoluogo
lombardo con 168 destinazioni. Gli artisti/l’artista che avrebbero/e vinto il concorso,
avrebbero/e dovuto realizzare un progetto denominato “La soglia magica”, una soglia
per chi arriva o per chi parte, come se porgesse un saluto o un arrivederci. Posta all’interno di uno spazio buio,
viene creato uno spazio simbolico, non funzionale. L’opera che è qui analizzata, ricorda la pista area notturna.
L’aeroporto si arricchisce di una nuova struttura architettonica che celebra il concetto di “soglia” attraverso
un’atmosfera impalpabile, resa da una lama di luce che si materializza grazie alla nebbia, illuminando l’ampio
spazio dove il passeggero accede per recarsi in aeroporto o per uscirne.

“Didascalia/caption”, 2010, Stazione di Cadorna banchina Malpensa Express e a Malpensa, Alberto Garutti

Un’opera plurale, calpestata e letta da centinaia di persone ogni giorno, ma capace al


contempo di aprire un dialogo intimo con il singolo pendolare, muovendolo a riflettere,
anche se solo per un attimo, sulle proprie scelte di vita. Anche questa è un’installazione
simbolica, che fa riflettere sul viaggio vitale e fisico e sull’esistenza, ma non è funzionale.

ARTECITTÀ Torino

“Fontana Igloo”, 2002, Torino, Mauro Merz

Un grande igloo ricoperto da lastre di granito e scritte al neon che indicano i punti
cardinali è immerso in una vasca d’acqua. Ciascuna scritta al neon è coperta da una
lastra di vetro triangolare, il cui vertice punta verso il punto cardinale indicato. Delle
canne poste nella vasca gettano acqua. Lo scopo della fontana è anche quello di donare
orizzontalità ad un ambiente fortemente dominato dagli elementi verticali dei pali
bianchi posti a sostegno dell’illuminazione pubblica, caratteristici della Spina Centrale.
L’igloo è un’allegoria dell’abitare, contiene spazio interno ed esterno, e si dilata verso
l’ambiente circostante. L’igloo ricorda quindi una cellula primordiale dell’abitare, associato ad elementi più moderni e
naturali (neon, pietre...).

“Albero giardino”, 2002, Giuseppe Penone

Si tratta di un’opera multisensoriale. Quest’installazione vive con il tempo che passa,


i suoi effetti cambiano con il cambiare delle stagioni. Una specie di giardino d’artista.
Il lavoro di Penone è realizzato esclusivamente con vegetazione ed ambienti naturali.
Il passante che percorre la galleria si trova per un attimo in un ambiente tutto nuovo, è
immerso nella fluidità tipica di chi è cosciente di essere in città, ma al contempo non
lo è, in quanto circondato dal verde. Si ritrova in un ambiente più a misura d’uomo,
allontanandosi dal traffico circostante. Con il passare delle stagioni l’albero giardino ha assunto un aspetto sempre più
nuovo.

“Murinsel”, 2003 Graz Austria, Vitto Acconci

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Piattaforma artificiale a forma di conchiglia costruita nel fiume Mura a Graz, in Austria.
L'isola fu creata in occasione dell'anno di Graz capitale europea della cultura. Somiglia ad
una conchiglia che galleggia sul fiume sul quale è costruita. Al suo interno ci sono ristoranti e
diversi servizi. Ponte  diventa un’infrastruttura funzionale, un luogo di appartenenza (viene
rappresentato anche sulle cartoline)

SPAZIO URBANO

LUCI D’ARTE= non si tratta dei classici dipinti che rappresentano candele, ma si tratta di come gli artisti usano la luce
vera come vera forma di espressione.  sono vere installazioni. La luce viene sfruttata da ingegneri, da architetti e da
artisti. Si parla proprio di opere d’arte con fine estetico e funzionale. La luce elettrica in questo senso ha rafforzato
molto il concetto. Bisogna quindi introdurre il concetto di futuristi che comunque fanno l’inno all’elettricità.

MANIFESTO CONTRO VENEZIA PASSATISTA= 1910, inno contro Venezia vista come una “cloaca”, come
centro del passato, dell’arretratezza. Inno che celebra la luce, la luminosità, la velocità e soprattutto la modernità. Nei
futuristi troviamo proprio questi temi. La luce elettrica è al centro.

“Ambiente spaziale a luce nera”, 1949, Galleria del Naviglio, Lucio Fontana

Si tratta di un’installazione che prevede la presenza della lampada di Wood, con luce fluo.
L’installazione stessa crea già un ambiente diverso dal normale (per l’atmosfera, per i colori, per
l’intensità della luce …) Si tratta di uno spazio oscurato in cui appaiono, appese al soffitto, forme
tridimensionali illuminate dalla luce violacea di Wood che forniscono un senso di sospensione e
fluttuazione degli oggetti nello spazio.  ambiente spaziale (accoglie diverse reazioni e stati
emotivi). Nello spazio vuoto, libero dai piedistalli e sculture, il visitatore si immerge nella luce
della lampada di Wood, una luce fioca e livida che modifica e rende irreale la percezione stessa dello spazio e del
movimento

“Struttura al neon”, 1951, Milano, Lucio Fontana

In questa installazione vengono appesi tanti tubi al neon a forma di spirale, ora si trova
all’arengario. Precedentemente era stato costruito per lo scalone alla triennale di Milano. È
stato rifatto come l’originale, lo si può vedere dall’esterno e dall’interno. Girandoci intorno,
si può vedere che la struttura al neon, dall’interno, circonda il Duomo, cosi l’arte si fonde
con la città.

1963, Villa Panza, Varese, Dan Flavin

Dal ’63 usa il neon come materiale esclusiva delle sue opere. Uno tra i primi ad utilizzare la
luce come mezzo espressivo, aiutandosi con tubi al neon di diverse dimensioni e colori. Usa il
neon classico e non industriale. Usa il neon articolato in modo diverso, esso possiede
un’estetica molto forte, nonostante lo spazio circostante sia vuoto. Si crea l’ambiente. Flavin
cerca di esprimere i sentimenti del subconscio attraverso un'arte di influenza minimalista. La
percezione dello spazio, di stanze e corridoi è alterata dalla luce mistica dei neon. Sono opere quindi di sola luce.

“Verticale di Piazza del Duomo”, Milano, 1962

Su commissione artistica per la Parata Luci di Milano, erano stati invitati molti artisti, architetti e
designer per fare delle installazioni luminose per i luoghi centrali della città, sostituendo le tradizionali
luminarie. Si tratta di una struttura metallica a base quadrata, sfavillante di suoni e luci. La città avrebbe
così celebrato le festività con un nuovo linguaggio. Ci fu la collaborazione di tanti e diversi profili
professionali ad hoc.

“Tribute in Light”, 2002, New York, Paul Myoda e Julian LaVerdiere

Un'installazione artistica vicino al Word Trade Center di luci lampeggianti (ogni 11


Settembre) che brillano per 4 miglia nel cielo e nella stessa posizione degli edifici
perduti l’11 Settembre. Serve a rappresentare la memoria per le vittime della tragedia
delle torri gemelle. Luce= speranza e ricordi, fortemente educativa.

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“Ground Zero”, WTC (world trade center), New York

Si tratta di fontane scavate per 4 m di profondità con iscritti i nomi delle vittime
dell’attentato dell’11 Settembre. Si tratta dunque di un classico memoriale.

ARCHITETTURE RELAZIONALI

Si tratta di installazioni realizzate con luce e aria, e tramite le percezioni, creano relazioni con lo spazio e con le
persone. L’opera diventa interattiva, quindi la presenza delle persone influenza l’opera stessa.

“Vectorial elevation”, 1999, Hemmer, Messico

Un progetto artistico interattivo creato per trasformare la Piazza di Zocalo a Mexico


City. Si tratta di fasci di luce alti 1 km e visibili da 15. Dove l’uomo interagisce con essi,
spostando a proprio piacere i 18 proiettori robotici delle luci tramite l’utilizzo
dell’interfaccia tridimensionale del sito web creato appositamente per loro. Una pagina
Web è stata creata per ogni partecipante con le foto del loro design da quattro telecamere
situate in giro per la città.

“Body movies”, 2001, Hemmer

Si tratta di un’opera che trasforma uno spazio pubblico con proiezioni luminose ed interattive
sulla facciata di un museo. Il materiale che viene proiettato (immagini e foto di persone), venne
raccolto precedentemente, girando per la città. Si crea così un’installazione relazionale, poiché
si tratta di un gioco di corpi, dove le persone passando attraverso le proiezioni imitano le figure
o si comportano in maniera del tutto naturale, creando ombre e figure. Tuttavia, i ritratti
fotografati sono completamente sbiaditi da potenti sorgenti luminose allo xeno poste a livello
del suolo. Quando le persone attraversano il quadrato, le loro ombre appaiono sullo schermo e i ritratti sono rivelati al
loro interno. Le ombre e i ritratti generano un gioco di burattini inversi e rappresentazione incarnata.  Diventa luogo
di relazione e di interazione. Un sistema di localizzazione basato su telecamera monitora le ombre in tempo reale.
Quando le ombre hanno rivelato tutti i ritratti in una determinata scena, viene emesso un comando automatico per
cambiare la scena alla successiva serie di ritratti. In questo modo le persone sulla piazza sono invitate ad abbinare
diverse narrative.

“Specie di spazi di luce”, dal 1996, Carlo Bernardini

Egli usa il led e i tubi di metallo, creando delle strutture che si può vedere di giorno e di
notte. Di giorno si vede la struttura metallica, di notte quella di luci. La posizione dei tubi dà
l’idea di configurazioni geometriche che escono ed entrano dagli edifici, sono semplici ma
molto forti per creare l’idea di un nuovo ambiente. Le installazioni ambientali, realizzate con
fibre ottiche e superfici elettro-luminescenti creano uno spazio di luce architettonico mentale,
incorporeo ma visibile, che cambia totalmente la funzione e la struttura dell’ambiente reale. La luce crea un disegno
nello spazio, un disegno che cambia secondo i punti di vista e secondo gli spostamenti dello spettatore, che si trova a
vivere dentro l’opera.

FESTIVAL DELLA LUCE=Fete des lumières. Il più noto è quello di Lione, che nasce da una tradizione storico-
popolare l’8 Dicembre del 1852, quando sul campanile della chiesa della collina di Fourvière venne eretta una statua
dedicata alla vergine. In quell’occasione i cittadini illuminarono le facciate delle loro case, cosa ripetuta di anno in
anno. A ciò, si sono aggiunte tutte le installazioni luminose. Oggi il festival dura 4 giorni, ci sono opere fisiche e
spettacoli circensi con il tema principale la luce.

LUCI D’ARTISTA= si svolge a Torino, coinvolge vie e piazze del centro e della periferia in un’interazione tra arte e
paesaggio notturno. Non nasce per tradizione popolare. Nasce perché i commercianti, nel ‘98, vollero accanto alle solite
e tradizionali luminarie, vere e proprie opere d’arte/ installazioni di luci realizzate da artisti nazionali e non, di alto
impatto scenografico. Si è così venuto a creare un museo a cielo aperto, sotto il periodo natalizio. Vengono installate
opere di luci in alcuni punti specifici della città, tutte diverse l’una dall’altra.

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- “Tappeto volante”, 1999, Daniel Buren


Una fitta rete di cavi d’acciaio ai quali sono appesi tanti cubetti rossi e bianchi, o blu e bianchi,
di notte, accesa, ci appare come un Tappeto volante, sospeso a mezz’aria. Visibile a qualsiasi
ora del giorno, l’installazione è basata sui colori primari tra i quali, nelle prime edizioni, il
bianco, il rosso e il blu, che per altro sono anche i colori della bandiera francese. L’opera ci dà
una idea della ricerca di Buren: la geometria e l’astrattismo possono rappresentare elementi di riqualificazione dello
spazio

- “Il volo dei numeri”, 2004, Mario Merz


Sulla superficie della cupola della Mole, si tratta di una sequenza numerica di Fibonacci
fatta con numeri di luce rossa al neon, che serve a descrivere il processo di crescita e di
proliferazione delle forme in natura.

- “Amare le differenze”, 2005, Michelangelo Pistoletto

Lui, invitato tra i protagonisti della “Stazione Utopia” di Luci d’artista, ultima sezione
di un’edizione molto orientata sul rapporto tra arte e socialità. Si tratta di scritte tutte
colorate al neon, in diverse lingue “amare le differenze”, come messaggio di pace, sulla
facciata del palazzo del mercato, luogo nel quale s’incontrano le diverse culture

- “Piccoli spiriti blu”, 1999, Rebecca Horn


Si tratta di un’installazione che crea una situazione “effetto ufo”. Gli spiriti blu,
circolari come aureole, sono oggetti fantastici, creati con tante lampade al neon di
diverse dimensioni. Vanno costruire un’immagine onirica e fiabesca, in dialogo con
l’architettura della chiesa e con la luce proveniente dall’interno. Le nebbie e i vapori
del Po arricchiscono l’effetto luminoso diffondendo l’atmosfera del blu cobalto.

- “Doppio passaggio”, Torino, 2001, Joseph Kosuth


Sui bastioni lungo il Po, una frase di Italo Calvino e una di Friedrich Nietzsche sono
appese in sequenza, come in un immaginario dialogo, dove le voci si alternano. Le
separa un ponte, come farebbe una virgola, che permette di riprendere fiato tra un
discorso e l’altro, di comprendere e di riflettere. del discorso? Il ponte, metafora
dell’incontro. Si tratta di un’installazione luminosa dove si incontrano due citazioni di
Calvino e Nietsche sul Po. Poiché il Po è il luogo di incontro (di fiumi anche).

Luci d’Artista di Salerno  non può essere equiparata a quello di Torino, perché le installazioni sono
prevalentemente luminarie e non opere artistiche.

- “Mosaico”, 2006, Enrica Borghi

L’artista rimasta affascinata dall’architettura della città, ha creato per essa


un’installazione di mosaici fatti con plastica e materiale di riciclo a Salerno. L'opera è
un omaggio agli antichi decori realizzati all'interno del Duomo campano e sintetizza la
bellezza del mediterraneo centro storico cittadino. La tecnica musiva usata all'interno
della chiesa ha suggerito alla Borghi l'idea di creare 150 pannelli costituiti da una
struttura in alluminio ai cui lati sono posizionati fondi di bottiglia di plastica colorati, forati ed uniti tra loro da
fascette autobloccanti.

Tutte queste installazioni hanno sempre un richiamo turistico. Sopratutti il Luci d’artista di Torino, ha dato la possibilità
alla città di acquisire nuove collezioni e diventare proprio patrimonio della città. Aumentano così le opere che possono
essere prestate in altri eventi/festival. Diventano un museo obbligatorio, l’arte viene da noi e si mostra ai nostri occhi.
Queste manifestazioni sono ovviamente temporanee, ma nel momento nel quale vengono allestite, stanno creando un
pezzo di storia.

PARCHI E GIARDINI D’ARTE

Non si tratta solo di spazi urbani dell’arte, ma anche di paesaggi rurali.

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ARTE=NATURA= si tratta di arte nei giardini, nei boschi, nelle foreste. L’artista che lavora in natura # in città, può
utilizzare o meno i materiali direttamente trovati in loco, o di altre realtà. Alcune opere sono solo sonore magari, il che
non richiede la collaborazione con gli elementi del paesaggio ricco. L’uomo non gareggia con la natura.

Italia= negli anni ’50 si chiamano a collaborare gli artisti nei contesti rurali. Vengono creati parchi, che diventano mete
di flussi turistici, a volte però difficili da raggiungere. Vengono fatti abbellimenti e delle riqualificazioni delle aree, che
non avevano precedentemente valore.

LAND ART= le prime sperimentazioni hanno origine da questo movimento, d’altronde anche molto imitato. Il
movimento segnò l’uscita delle opere d’arte dagli spazi appositi alla natura. L’opera non come oggetto commerciale, e
insisteva sull’importanza dell’esperienza e del messaggio. L’artista non lavora nel corridoio di una galleria o di un
museo, ma realizza l’opera direttamente sul posto (laghi, parchi, deserti ecc. …)  vengono fatti interventi nei luoghi
con materiali anche locali

EARTH WORKS= l’artista non crea una forma stabile, ma ha una concezione dell’arte che viene modificata dalla
natura stessa nel corso del tempo.

PRIMA GENERAZIONE LAND ART

1968, NY Dwan Gallery= è una mostra nella quale vengono esposte solo fotografie delle opere, quindi la loro
documentazione (perché le opere sono sul posto). Il grande problema delle Land Arts è che le opere sono fruibili
prevalentemente tramite fotografie, per ovvi motivi.

- “Spiral jetty”, 1970, Robert Smithson

Si tratta di una spirale di grandi dimensioni fatta con blocchi di basalto e fango sul Great Salt
Lake, nello Utah. Opera che si ispira ed è legata alla vita, che ha un tempo finito. La spirale
cambia forma e aspetto in base all’alta/bassa marea. Si sono susseguiti 3 approcci di visione
nel tempo

1. out: visto dall'aereo l'opera può essere apprezzata nella sua interezza, insieme all'ambiente nella quale è
inserita;

2. at: visto dal livello del terreno, l'opera si percepisce ad una scala maggiore ed isolata dal contesto generale;
3. in: osservata dall'interno l'opera appare gigantesca ed avvolge l'osservatore che non può percepirla interamente
con un unico sguardo, si possono vedere però dettagliatamente le rocce che la compongono, l'acqua ed i
cristalli di sale.
“The lighting field”, 1977, New Mexico, Walter de Maria (landart)

Si tratta di un’opera nel quale l’ambiente è totalmente coinvolto. 400 pali di acciaio inossidabile
disposti a griglia. Quando ci sono i temporali, i fulmini colpiscono i pali e vengono utilizzati
come mezzo espressivo per fare disegni e forme nel cielo. La relazione è dunque mediata.

La Land art spesso modifica il paesaggio e non lo migliora, anzi lo distrugge. Bisogna dunque considerare molte
variabili, come:

 elementi costruttivi
 le dimensioni
 la luce
 lo spazio fisico

“Running fence”, California, 1972-1976, Christo e Jeanne-Claude

Si tratta di una barriera (recinzione velata che tagliava le contee della Sonoma e Marin della
California del Nord), che fa parte di uno studio ambientale dello spazio. È un’opera d’arte
usata come strumento di studio. Era una recinzione che non divideva le persone, ma le
riuniva. Volevano collegare insieme le culture suburbane, urbane e autostradali in California
piuttosto che separarle. Inoltre, quel nome era vago. Preferiamo titoli molto descrittivi,
"Running Fence". Al mattino, la nebbia rotola in avanti dall'oceano e il recinto diventa
invisibile, parte della nebbia. Quindi la nebbia rotola indietro. Quindi durante il giorno il recinto appare e scompare

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costantemente.

SECONDA GENERAZIONE DI LAND ARTIST

 FASE 1: ecologista, criticata per sovrastare la natura, per opere di dimensioni colossali
 FASE 2: attenzione al paesaggio, atteggiamento etico, per dire qualcosa di importante (ecologia, perdita del
verde e delle vegetazioni delle città per la cementificazione)

“Time landscape”, 1969-oggi, NY, Alan Sonfist

Opera costituita da piante originarie dell'area di New York City in epoca precoloniale. L’artista ha
deciso di seminare della flora precoloniale, che ora ovviamente non si trova più. Time Landscape è
una creazione di una foresta precoloniale che mostra come la città guardava prima
dell'urbanizzazione. Da un lato quindi l’artista cerca di rinfoltire di verde la città cementificata e
che lo ha perso e allo stesso tempo richiama alla memoria la storia coloniale della città stessa.

“A line made by walking”, Bristol, 1967, Richard Long

Nel ’67 l’artista traccia una linea su un tratto di prato verde, camminando. Camminò avanti e
indietro fino a quando l'erba appiattita catturò la luce del sole e divenne visibile come una
linea. Ha fotografato questo lavoro e registrato i suoi interventi fisici all'interno del
paesaggio. Questa linea viene disegnata attraverso il suo movimento e passaggio. È una linea
che può durare poco, per il passaggio delle persone e per le condizioni atmosferiche. È stato
un intervento di critica, perché “chi siamo noi per imporci e per imprimere una nostra azione
sul paesaggio?”.

“Le 7000 querce”, 1982, Kassel, Joseph Beuys

A Kassel, l’artista realizza un intervento che consiste nel porre davanti al Museo Federciano
enormi blocchi di basalto (7000), per poter piantare 7000 querce. Le persone potevano
decidere di adottare una delle pietre ed essere poi responsabili della sua piantificazione e
crescita. Il denaro ricavato serviva a comprare e piantare queste querce. Si tratta di una
modalità di rimboscamento nella città. Si tratta di un lavoro che si sviluppa nel tempo (è
ancora viva e si modifica giornalmente). Rende imprescindibile il legame uomo-natura.
Ristabilire il legame spezzato dall’industrializzazione, dall’energia elettrica, che hanno
folgorato il tempo naturale dell’avvenimento cardine della vita, la semina.

Spesso, opere di questo genere, diventano il riflesso di come le immaginava l’artista prima di mettersi all’opera, ma
dopo che egli muore (per Beuys il 1987). Non è l’oggetto la cosa più importante da considerare, ma tutto il processo di
realizzazione. È ovviamente un progetto artistico che chiama in causa tutti i cittadini, una coscienza collettiva. L’artista
ha dunque un doppio ruolo, è sia l’ideatore dell’opera, ma egli ha anche un ruolo etico, portante di valori importanti.

“Yorkshire sculpture park”, 1983, Andy Goldsworthy

Questo artista (scultore e fotografo) ha a che fare con interventi del tutto poetici e
decorativi, site-specific che interagiscono con l’ambiente. Egli realizza un lavoro
che però scompare nel giro di poco tempo, perché la natura si riappropria
velocemente dell’opera fatta. Per fare le sue opere, l’artista raccoglie materiali in
loco.

ART IN NATURE IN ITALIA contro la Land Art, anni ’80

ARTE SELLA= collegata alla natura, nata nel 1986. È una manifestazione internazionale di arte contemporanea nata
nel 1986, che si svolge all'aperto nei prati e nei boschi della Val di Sella. Il progetto artistico vuole essere non solo
un'esposizione qualificata di opere d'arte, ma anche e soprattutto un processo creativo: l'opera è seguita giorno per
giorno nel suo crescere e l'intervento dell'artista deve esprimere il rapporto con la natura basato sul rispetto, traendo da
essa ispirazione e stimolo. Principi fondamentali della manifestazione sono:

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 L'artista non è il protagonista assoluto come nella corrente artistica della Land Art
 La natura= la memoria dell'individuo e per questo deve essere difesa
 Il rapporto con l'ecologia si modifica= la natura va interpretata nella sua essenza ed è una fonte di sapere e di
esperienza
 Le opere fanno parte e fanno riferimento al luogo ed al tempo definiti= privilegiano l'uso di materiali organici,
non artificiali e interagiscono con il paesaggio diventandone parte integrante
Il coinvolgimento degli artisti con il pubblico e con la natura, porta 60.000 visitatori l’anno.

Ci sono due percorsi:

1. ARTENATURA
2. Verso Malga Costa e Val di Sella.

I critici hanno definito ciò art in nature (basata sul rispetto della natura e dei suoi elementi). Rispetto alla land art, c’è
differenza in termini di territorio  Italia (più antropizzato con forte coscienza del paesaggio, senza puntare al
gigantismo) # USA

“Cattedrale vegetale”, percorso Artenatura, 2001, Giuliano Mauri

L’artista decide di costruire una cattedrale gotica attraverso l’uso degli alberi in loco, con 3
navate formate da 80 colonne di rami intrecciati. Ogni colonna ha un una pianta di carpino,
che crescendo, spezzerà i rami intrecciati e che permetterà la nascita degli alberi,
sostituendo la struttura attuale che andrà marcendo. Egli non ha potuto vedere come sarebbe
stata a progetto completato. Il dialogo di fatto c’è stato, poiché ha accompagnato la natura a
crescere e l’opera è composta da quest’ultima. Ha attirato molti visitatori.

“PAV, Parco Arte Vivente”, 2008, Torino, Piero Gilardi

Si tratta di un territorio di sperimentazione della relazione arte-natura. Collocato nel centro città, in un ex area
industriale. Ci sono installazioni interattive (in un’area precedentemente occupata da installazioni industriali) che
vengono messe in funzione grazie alla presenza dei visitatori e un sito espositivo. Ad esempio, l’edificio ottagonale
BIOMA interagisce con l’esterno e al suo interno si snoda in un percorso di ambienti dedicati a diversi elementi
naturali, dove il pubblico può fare esperienza. Esso stesso è l’opera  è un edificio museo

Tipologie:

 Parchi d’arte
 Parchi museo
 Giardini d’artista
 Collezioni private

Bioarchitettura= è smontabile e quindi riciclabile, per poter lasciare alla natura la possibilità di occupare il suo spazio
(ad es: il quadrifoglio del parco)  Bioarte, Biotech Art, Arte transgenica e arte ecologica

“Jardin Mandala”, 2010, PAV, Gilles Clément

Studiato ad hoc per la superficie verde del tetto pensile del centro d’arte. È un giardino
percorribile, che riprendendo la struttura di un Mandala (il diagramma buddhista e
induista), fonde nel suo impianto vegetale, di sedum e graminacee, la perfezione e la
caducità della bellezza. Si sviluppa sulla collina che contiene Bioma. Clément coglie
la sfida, e impianta specie vegetali che si radicano in terreni anche molto aridi e che
sopravvivono senza cure. Jardin Mandala – secondo l’autore – “può rappresentare sia
il contenitore che il contenuto”, vale a dire l’insieme delle biodiversità vegetali nel loro costante divenire.

“Collezioni Gori, Fattoria di Celle”, Santomato (Pistoia), 1982

Grande Ferro Celle,1986, Alberto Burri

Struttura situata nel punto di accesso della fattoria una struttura astratta, che incornicia porzioni
di paesaggio per offrire diversi punti di osservazione e spoilera le installazioni del parco. Due
triangoli identici sono collegati fra loro da fasce curve (quattro per lato) che a loro volta si

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incontrano ai tre angoli; le ogive che risultano permettono differenti inquadrature e punti d'osservazione del paesaggio,
disegnano e definiscono lo spazio circostante pur mantenendo una completa trasparenza.

“Labirinto”, 1982, Celle, Robert Morris

Questa tipologia di installazione riprende la tradizione toscana, con la costruzione di chiese


bianche e verdi. Il labirinto, a forma di triangolo equilatero, segue l’andamento del terreno,
che obiettivamente non è piano. Entrandoci, mette in discussione la nostra stabilità. ll tema
di quest'installazione è il viaggio, si può intendere sia in senso fisico, andare a conoscere il
mondo, sia in senso psicologico, partire alla ricerca di sé stessi. In entrambi i casi durante la
ricerca si affrontano momenti critici (spigoli aguzzi), in alcuni momenti il viaggiò è facile
come “andando in discesa”, mentre in altri si fa più fatica a continuare, suggerendo una lettura metafisica della
condizione dell'esistenza umana. L'artista ha voluto eliminare dal percorso le possibili varianti che si possono avere in
un labirinto, probabilmente perché al di là delle scelte che facciamo, il percorso vitale alla fine è unico.

“La cabane éclatée aux 4 salles”, 2005, Celle, Daniel Buren

Quest’installazione sembra somigliare ad una casa, che porte colorate. Le porte vengono
intagliate sulle pareti, portandole fuori dal perimento. La “casa” è tutta specchiata  e questo
porta ad un totale spaesamento. Porta il visitatore ad essere a contatto con l’ambiente
circostante in modo inedito. Lo specchio ha l’effetto di far sparire il considerevole volume della
costruzione.

“Giardino dei tarocchi”, 1979-1996, Capalbio (Grosseto), Niki de Saint Phalle

Ovviamente ispirata da Gaudì, l’artista colloca le figure più importanti dei tarocchi in un
parco artistico. Si snoda tra ulivi, querce e arbusti dove sono state installate 22 sculture in
acciaio e cemento, ricoperte di vetri, specchi, ceramiche colorate. Sono figure che
richiamano il surrealismo. Alcune delle strutture costruite sono abitabili, come ad
esempio la sua. L’arte può avere diverse funzioni, in questo caso anche ludica. Ad
esempio ci sono:

 “La forza”
 “La papessa”
 “L’imperatrice” (casa dell’artista)

Non si eseguono visite guidate, per volontà dell’artista di lasciare libera interpretazione ai visitatori. Visitare il Giardino
dei Tarocchi significa entrare in un mondo magico, una dimensione sospesa tra sogno e realtà, un caleidoscopio di
colori sgargianti, pattern geometrici e forme sinuose che stordiscono.

LA MARRANA, 1996, La spezia

Ha alcuni elementi caratterizzanti:

 mostre dedicate a grandi protagonisti dell'arte contemporanea o a figure emergenti ma già con una consolidata
serie di esperienze internazionali, con opere che utilizzano linguaggi diversi e in sintonia con lo spirito in loco
 particolare attenzione al rapporto che si crea tra opera ed ambiente

l fatto di essere posizionati nel Parco Naturale di Montemarcello e della Magra ha costituito il fattore distintivo facendo
concentrare l'attività espositiva dell'Associazione Culturale La Marrana su interventi di arte ambientale.

Nel parco: “Vedovamazzei”, del 2001

Ripresa dal 155 A.C, si tratta di una panca su cui i visitatori possono sedersi e ascoltare una storia. Si
tratta dunque di un’installazione audio che ci fa percepire il rumore di un esercito che cammina durante
la battaglia che dato il nome al luogo. (bisogna dunque usare un po’ di immaginazione, perché non si
vede nulla, si sentono solo dei suoni.)

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ROSSINI ART SITE: fondazione in Brianza. Si configura come percorso museale immerso nella natura e dedicato alle
diverse tipologie che la scultura astratta ha assunto. Per volontà della famiglia Rossini di integrare arte-ambiente-
architettura, essa si è affidata allo studio Site e all’architetto Wines per il padiglione d’ingresso, un luogo che dialoga
con il territorio e ne diventa parte integrante. Il tetto è verde, per essere conquistato dalla vegetazione; i materiali sono
locali e le vetrate fanno di questa struttura un cannocchiale sulle colline e montagne.

“Tulipani”, 2000, Rossini Art Site, Franz Staehler

Si tratta di un’opera simbolo del parco. Costruisce 8 pali in acciaio che rappresentano dei
tulipani, le cui corolle puntano verso il cielo= come l’uomo che nasce sulla terra e guarda verso
il cielo. Realizzata con l'ausilio di mezzi tecnologici. Se da un lato dunque, essi costituirono per
l'artista sicuramente una sfida, dall'altro lato l'uso di materiali non naturali, coincise con uno
snaturamento della sua stessa poetica.

LUICCIANA (Prato)= progetto di sviluppo per opere d’arte a cielo aperto, al quale si affianca il Circuito Arte Pubblica
e Parco Arte Ambientale. Un’esposizione permanente con interventi d’arte legati al territorio e alla cultura, con funzioni
turistiche e sociali.

“Chi mi parla?” 2007, Vittorio Corsini

Si tratta di una audio-installazione davanti alla chiesa del paese, c’è un lampione che illumina il sagrato e
una sedia, dalla quale ammirare il panorama e ascoltare la registrazione di aneddoti raccontati dagli
abitanti che ricordano come la cultura popolare continui a vivere con il tempo.

FIUMARA D’ARTE (Sicilia)= l'idea di nasce nel 1983 quando, gravato di responsabilità e scosso dalla perdita del
padre, Antonio Presti, che già colleziona arte contemporanea, pensa di dedicare un monumento alla memoria del padre e
si rivolge allo scultore Pietro Consagra. Immagina fin da subito di non farne un semplice fatto privato, una stele del
proprio giardino, ma di donare la scultura alla collettività, e pensa di collocarla alla foce della fiumara. Il progetto muta
presto di segno e diventa più ampio. Antonio Presti già immagina di dar vita a un parco di sculture che coniughi il
linguaggio contemporaneo all'aspra bellezza dei luoghi.

Collezione di cultura all’aperto, che ha però avuto molti dibattiti, perché per mettere opere in uno spazio pubblico,
bisogna averne il permesso. Nel 2006, è stato riconosciuto con valore culturale

“La Piramide al 38° parallelo”, Messina, 2010, Mauro Staccioli

Collocata su un'altura, vicino ai resti dell’antica città di Halaesa. Piramide che tende verso il
cielo. Le coordinate geografiche centrano esattamente la consistenza matematica del
trentottesimo parallelo. Nominando la propria opera, l’artista traduce l’astrazione della misura
terrestre in percezione metafisica e suggella l’intrinseco legame dell’opera alla geografia del
luogo. Cattura la luce solare attraverso la fessura, registrando nel proprio ventre geometrico i
riverberi luminosi dallo zenit (il punto immaginario situato sopra la testa dell'osservatore) al tramonto. Al concetto di
immortalità correlato alla piramide faraonica, subentra il concetto più di transitorietà, attraverso il quale l’artista celebra
la vita nel suo incessante soffio vitale all’eterno.

FONDAZIONE ZEGNA = nata a Trivero (BI) nel 2000, porta avanti un’idea di salvaguardia per lo sviluppo
sostenibile sul territorio. Progetto per installazioni e opere all’aperto. Mira a coesistere in armonia con la natura e a
proteggere il benessere sociale e lo sviluppo culturale della comunità locale.

“All’aperto” = progetto che nasce con l'intento di rendere più fruibile l'accesso all'arte contemporanea e ai suoi valori.
Dal 2008 sviluppa nell’area attorno a Trivero una serie di opere permanenti realizzate “su misura”, rivolte sia alla
collettività locale, che a tutti i visitatori.

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“Catalogo”, 2009 Trivero, Alberto Garutti

Ciò gli ha consentito di entrare in contatto con i ragazzi, i loro famigliari e i possessori degli animali,
incontrandoli, fotografandoli e coinvolgendoli nella realizzazione del progetto. Il risultato è un'opera
pubblica che può essere utilizzata (e "adottata") da tutti: una serie di panchine in cemento sulle quali
siedono uno o più ritratti dal vero dei cani, con incisa la seguente didascalia: Il cane qui ritratto
appartiene a una delle famiglie di Trivero. Quest'opera è dedicata a loro e alle persone che sedendosi qui ne
parleranno. Diventa una specie di monumento per il cane. Ha interpretato qualcosa che succede per davvero, nel luogo
in cui è collocato. Dinamica panca-paesaggio  dispositivo di relazione tra me e te, me e l’ambiente. Il cane è l’esca; il
lavoro sono le storie che nasceranno intorno all’opera, il “gossip positivo”, le chiacchiere delle persone che su quelle
panchine si siederanno, ricordando l’esperienza condivisa. Il fine sono i cittadini, parte centrale del processo creativo
dell’opera, affinché “diventino veicolo di narrazioni potenzialmente infinite”.

“Horloge”, 2002, Trivero, Roman Signer

Ogni 15 minuti esce dell’aria dall’orologio per far vedere che il tempo è effimero e passa
velocemente. È un oggetto surreale, senza lancette e quindi senza tempo: con uno sbuffo di
vapore, ogni volta diverso, ci ricorda che non esiste un momento identico a quello precedente.
Durante la sua visita alla fabbrica, Signer venne colpito dall’inarrestabile scia di vapore
proveniente dalla ciminiera; forse proprio a quella visione si deve la concezione di Horloge.
L’opera, capace di sorprendere e divertire i passanti, è forse un omaggio al lanificio stesso, la cui attività scandisce, in
qualche modo, le giornate di Trivero. Una scultura come possibilità dinamica, come dialogo con l’ambiente, come
immagine di un tempo non ansiogeno, risolto nel gioco di una nube leggera

PARCO NAZIONALE DEL POLLINO= tra Basilicata e Calabria, valorizza il territorio in chiave turistica e
favorisce la crescita culturale del territorio tramite l’arte contemporanea, nel quale sono stati inseriti lavori di site-
specifìc di artisti internazionali. Uno è Carsten Hoeller.  ARTEPOLLINO

La più famosa opera è “Upside Down Mashroom Room”, alla Fondazione Prada (MI). Prendendo spunto dalla specie
velenosa di funghi Amanita Muscaria, scn la sua opera, mette in crisi la nostra stabilità psicofisica nello spazio,
sollecitando reazioni insolite. Sovvertire la sensibilità individuale attraverso l’estraniamento dal reale e la perdita della dimensione
naturale è una delle strategie che l’artista utilizza per testare i soggetti, infondendo uno stato di spaesamento fisico e psicologico. Fa

uno studio sulle piante, sugli insetti e su tutti i loro effetti sugli uomini. 

Sempre Hoeller costruisce nel parco del Pollino una giostra, “RB Ride” del 2009, una delle poche attrazioni del parco.
L’effetto della suddetta giostra sparisce, poiché alla lentezza quasi esasperante con la quale essa si muove, 4 giri in
un’ora, permette ai visitatori che vi salgono sopra di fermarsi a riflettere e percepire la realtà che gli sta intorno. L’artista
dunque priva la giostra del suo essere, la sabota. L’artista va così a sottolineare il paesaggio da godere e da osservare. È

un altro ed ulteriore modo di relazionarsi con lo spazio 

ARTE VERDE

Nasce nel 1994 dall’impulso di diffondere l’amore per la natura e per il bello, che essa esprime attraverso le geometrie
spontanee e le forme educate dall’uomo, nell’intento di esplorare il concetto di verde in tutte le sue possibilità. Vengono
a crearsi tematiche del vivere e della pratica sociale. Spesso queste pratiche artistiche avvengono tramite la
partecipazione dell’intera comunità locale. Non si parla di un contesto in fatto di estetica e di bellezza, ma di un luogo
in cui il degrado regna, dove quindi l’artista può intervenire e abbellirlo esteticamente e socialmente. L’obiettivo è
quello di rendere più sinergico il rapporto tra individuo e natura, tra tradizione e innovazione, nell’ottica di rendere più
fruibile lo spazio aperto.

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ISOLA ART CENTER

Il quartiere ha ricevuto delle critiche a causa della gentrification (di edifici e grattacieli). Pertanto,
alcuni abitanti si sono schierati contro il comune per la riqualificazione dell’area. Nel 2001, l’Isola Art Project,
consisteva in una zona di molto poco verde, perché era un’area creatasi dopo lo smantellamento di edifici industriali, in
attesa di riqualificazione. Stefano Boccalini si fa capo di due progetti: 1. Sleepy Island 2001 (il sonno è una figura
tipica dell’io borghese isolato, rappresenta una forma dell’autoalienazione. Ha scelto quella parte del parco che non si
proietta sullo skyline di Milano, ma che attraverso le piante, l’ombra, il prato, rimanda ad un luogo solitario, non meglio
identificato. Negli spazi urbani e nei parchi sono sempre predisposte delle sedute. Il sonno al contrario è lasciato ai
senzatetto. Proporre anche questa condizione sia una sorta d’integrazione degli altri e allo stesso tempo di una nostra
liberazione) 2. Wild Island 2002 (Mi interessava innescare un processo operativo che, da una parte mi permettesse di
informare il quartiere sulla trasformazione urbanistica in atto, e dall’altra avesse la capacità di sviluppare tra gli
abitanti un senso di appartenenza al territorio che abitano. Ho chiesto alle persone se volessero donare una pianta per la
costruzione dell’orto-giardino, avute le adesioni gli ho dato appuntamento al successivo mercato biologico per
piantumare insieme l’area prescelta. Volevo che” Wild Island” crescesse come cresce la città contemporanea, dove la
coabitazione tra culture diverse si sviluppa in maniera esponenziale). Ognuno degli abitanti ha portato dei semi che

sarebbero stati piantati in questo giardino.  l’opera è il processo, che attiva la comunità.

VERDE CURATO= nel 1995

Progetto di Ettore Favini, che consiste in un distributore di palline appositamente messe contenenti
semi, che tutte le persone potevano prendere per creare un proprio giardino. Attraverso i semi scelti,
viene ridato il verde alla città, che torna ad essere invasa dalle farfalle, perché i semi contenevano il
cibo per le farfalle. L’artista dichiara dunque un coinvolgimento del pubblico, la richiesta di una sua
partecipazione attiva. È il primo passo di un’azione responsabile del visitatore.

PARK FICTION= ’94, St. Pauli's Park Fiction è un progetto artistico a forma di
parco. Vicino alla passeggiata sul lungomare con il suo affollato mercato del pesce, il parco è diventato un simbolo di
resistenza contro i piani di sviluppo della città e l'epitome della co-determinazione locale. Ad Amburgo, è un gruppo
costituito grazie a Christopher Schafer. Tratta di uno spazio che è stato riqualificato, nello stesso spazio verde nel quale
dovevano essere inseriti dei grattacieli. Gli abitanti non erano d’accordo e spesso insieme agli artisti hanno cercato di
dimostrare che lo spazio non doveva essere compromesso, perché era loro e l’ultimo verde della città. I creatori del
progetto avevano l'intenzione di abbracciare lo spazio urbano come mezzo per modellare attivamente la società e
influenzare le strutture sociali per il miglioramento della comunità. Al giorno d'oggi, Park Fiction è un popolare punto
d'incontro. Il prato è a forma di tappeto magico e le palme di plastica restano verdi tutto l'anno. Puoi portare un drink,
trovare un posto accogliente e guardare il tramonto sul porto.

“The floating piers”, Lago d’Iseo, 18 giugno - 3 luglio 2016, Christo

È stata un'installazione artistica temporanea dell'artista Christo, consistente in una rete di pontili
galleggianti, ricoperti di tessuto vellutato che permettevano di camminare sulla superficie
lacustre, aperta al libero transito pedonale pubblico, sviluppata sul lago
d'Iseo tra Sulzano, Montisola e l'Isola di San Paolo. La particolarità di questo tessuto, di tonalità
oro rosso, è che cambia sfumatura di colore a seconda che sia asciutto, umido, in ombra o al
sole. Il progetto, che ha avuto un grande impatto economico, iniziò ancora nel ’69. Era stato presentato a Buenos Aires,
ma poi non fu realizzato, come anche in altre città, perché difficilmente possibile ottenere i permessi. L’artista non
chiedeva investimenti da parte dei comuni, ma lui stesso investì nel lavoro promettendo di vendere disegni e schizzi.

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Come sponsor ricevette l’approvazione di Beretta (proprietaria dell’isola di San Paolo). I materiali di cui è stata
composta l'opera sono stati riciclati e smaltiti in diversi siti europei. Il totale dei visitatori è stato di circa 1,5 milioni di
persone. Le conseguenze a lungo termine furono:

 Una migliore reputazione del luogo 86/100


 Boom di affluenze turistiche
 +30% di navigazione
 + appartamenti per le vacanze
 Modifica delle tipologie di turisti

L’ARTE CRITICA

Gli artisti parlano di:

a) Riappropriazione dello spazio urbano (destinato all’inutilizzo)


b) Multiculturalità (perché ci sono spazi coabitati e condivisi)
c) Inclusione sociale
d) Relazione soggetti tra privati e istituti

L’obiettivo è quello di creare consapevolezza nelle persone, dei problemi che ci accompagnano durante la nostra vita,
per uno sviluppo sociale più responsabile e sostenibile.

STREET ART

Banksy= è un artista che fa soprattutto opere di denuncia contro i problemi sociali. Ad esempio, sui muri di Gaza,
dipinge scene di vita, che per noi sono comuni, ma su quel muro hanno un valore di protesta. Come viene rappresentato
sul muro, alle popolazioni di Gaza è privata la liberà d’azione.

 “Balloon Girl” 2002


 “Il lanciatore di fiori” 2003, fiori/guerra, Gerusalemme ecc
 “Napalm” 2004-5, con Mc Donalds

È stato dipinto dopo il bombardamento. Ha deciso di dipingere un gatto, perché una volta
fotografato e condiviso sui social potrebbe catturare di più l’attenzione delle persone, che
comunque la danno a cose molto banali o ad animali molto belli. Quindi fa questo gattino per
portare l’attenzione sulla guerra.

Spazio (nello spazio l’artista ha un ruolo pubblico) – contesto (contex-specific) = non sono tangibili, ma sono elementi
immateriali dello spazio. Non si tratta solo delle sue caratteristiche fisiche dunque. L’artista (nel suo ruolo pubblico)
lavora e si relaziona con la comunità.

“Multiplayer”, 2004-8, Torino, Stefano Arienti

Si tratta di un campo da calcio multifunzionale. Emerso dalla richiesta dei giovani di uno
spazio protetto utilizzabile, aperto e accessibile a tutti, dove poter giocare senza essere un
fastidio per gli altri abitanti. Concepito e costruito come un luogo originale, ma non troppo
evidente, nel nuovo parco urbano realizzato al posto di un ex parcheggio vicino al complesso
residenziale. Il progetto combina il naturale con l'artificiale, il passato remoto con il futuro, il "alto" e il "basso" dello
spettro dell'edificio. La pavimentazione è stata progettata per integrarsi con l'ambiente naturale circostante e contrastare
con le linee geometriche del parco giochi. Le "radici" di un certo numero di liane e una processione di dinosauri fatti di
tubi da giardino in gomma multicolore si estendono verso l'esterno da qui. La pavimentazione è stata progettata per
integrarsi con l'ambiente naturale circostante e contrastare con le linee geometriche del parco giochi. Le "radici" di un
certo numero di liane e una processione di dinosauri fatti di tubi da giardino in gomma multicolore si estendono verso
l'esterno da qui.

“Ricordami per sempre”, 2011, Mufoco Cinisello, Marco Signorini

Fotoromanzo. Il fotoromanzo è ambientato nell’area Nord di Milano nei dintorni di ex


fabbriche dismesse, al centro delle sequenze fotografiche c’è la storia di Lorenzo, ex operaio
Falck di Sesto San Giovanni. Lorenzo, dopo aver vissuto molti anni al Sud, torna a Milano
sperando di incontrare una donna, Tamara, che aveva conosciuto anni prima nel capoluogo
lombardo e che compariva nei fotoromanzi dell’epoca. La storia, “travestita” da storia d’amore

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tra Lorenzo e Tamara, è in realtà un documentario a raccontare la trasformazione, sociale e architettonica, del territorio
attraverso i volti degli attori e le fotografie al paesaggio.

Alberto Garutti, Pisa, 1995-97

Capisce che per gli abitanti di Pisa, il loro teatro “Teatro di fabbrica” era molto importante
(perché si erano incontrati, si erano innamorato, ci avevano vissuto). Dunque, decide di
destinare il suo budget per la ristrutturazione del teatro. Ci fu dietro al suo lavoro un
processo di conoscenza per capire cosa relaziona gli abitanti e il territorio. L’intervento, che
costituisce la prima committenza pubblica ricevuta dall’artista, è seminale del metodo che
connoterà tutte le sue successive opere nello spazio della città: l’incontro con i cittadini, i
destinatari dell’opera, ma indirettamente anche i suoi committenti, inteso come un
grimaldello per stimolare un aggiornamento linguistico dell’opera; l’indagine nel territorio, di cui l’opera non intacca la
memoria storica, ma anzi ne fa il suo tema.

“In cosa posso esserti utile?”, 1994, Roma, Cesare Pietroiusti

È il titolo di una mostra personale realizzata presso la Galleria Primo Piano di Roma nel ’94. Il soggetto aveva svolto
differenti tipologie di lavori. Si tratta di una ricerca che riflette sul tema dello scambio e sui paradossi visibili e invisibili
dell'economia, ricorrendo alla creazione di performance in cui ingerisce e/o manomette banconote, vende denaro in
cambio di altre “cose”, regala disegni autografi che non possono essere rivenduti, aliena opere in cambio di idee. Tutto
il lavoro basa sulla concezione dell'artista come figura che può garantire spazi di libertà rispetto a ruoli e regole; l'artista
non come antagonista, ma come colui che, conoscendo e accettando le regole esistenti, mette in atto modalità di
ricombinazione e trasformazione delle stesse. Un “gioco sociale” in cui i tre fattori: denaro, merce, scambio vengono
ricombinati. È dunque importante la partecipazione. Non è esiste quindi più l’oggetto. Il visitatore della mostra entra in
contatto subito con l’artista, che si mette a sua disposizione per assecondare le sue esigenze.

NEW GENRE PUBLIC ART

Si tratta di una forma di arte pubblica che interessa specialmente la comunità. Gli elementi principali:

 È sociale
 Natura=luogo pubblico
 Dimensione partecipativa
 Comunità specifica

ESTETICA RELAZIONALE

Simile alla precedente, partecipativa e pubblica, completa l’opera. Con Bourriaud, l’arte relazionale comprende i
percorsi artistici che hanno principio nell’intersoggettività, nella relazionalità e nel coinvolgimento del pubblico che
diventa non solo spettatore ma esso stesso artefice dell’opera.

“Totipotent architecture”, Torino, 2003-2007, Lucy Orta

Si tratta di una scultura di cemento e metallo. È una struttura aperta a forma di cellula
staminale, che sembra ricreare l’idea della moltiplicazione. Nata per essere un luogo
d'incontro diverso da quelli già esistenti, un desiderio espresso da un gruppo di studenti di
due scuole del quartiere. Sopra troviamo dei calchi e le impronte (=una forma di firma,
sempre in trasformazione) di chi ha desiderato uno spazio del genere, dove socializzare,
incontrare persone. È un organismo sociale vivente: a partire dal disegno di una cellula
staminale, che presiede alla costruzione di un intero organismo, ha creato uno spazio d'interazione sociale. Definito
anche "atollo" è una struttura ospitale non chiusa, trasparente, luminosa e protettiva per la trama di filamenti in acciaio.

ISOLA DEI MUSEI – BERLINO

1830-1930: la città voleva mettersi in pari con la Francia, l’Inghilterra e l’Italia. Essa voleva costruire dei musei, perché
si pensava che fossero lo specchio diretto del Paese e della cultura. Essi avrebbero potuto essere uno strumento per
affermare la propria potenza economica e non solo. Infatti, ci furono (tra i paesi che potevano permetterselo) diverse
spedizioni archeologiche in luoghi anche molto distanti. Il museo diventò strumento di imperialismo.

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A Berlino venne così realizzata un’intera area circondata dal fiume, nella quale sorgono 5 edifici museali nel giro di un
secolo.  MUSEUMINSEL

“Altes Museum”, 1824-1830, Schinkel

Stile architettonico: Architettura neoclassica

Architetto molto importante, perché conosciuto soprattutto per le sue architetture museali. La
struttura in stile neoclassico dell’Altes ricorda la forma di un tempio greco, molto spesso tra
‘700-‘800 venivano fatti riferimenti diretti all’arte antica. È presente una scalinata d’ingresso (che simboleggia la
posizione del museo che s’innalza, rispetto al terreno), viene dunque sancita la differenza tra vita quotidiana e quella
della storia. C’è poi un colonnato, sostenuto e caratterizzato da colonne molto possenti; una rotonda (che sarebbe lo
spazio principale del museo e che si ispira al Pantheon). L’unica differenza rispetto al classico tempio greco sussiste
nelle dimensioni. Il museo, rispetto al tempio, si mostra molto più grande ed imponente.

“Neues Museum”, 1841-1859, Stuler

Stuler era un allievo architetto di Schinkel. Nel suo edificio (restaurato poi da Chipperfield),
egli posto un richiamo ai volumi originali del museo (poiché successivamente era stato
bombardato durante la Seconda guerra mondiale), quindi non ha creato una copia falsa. Anche
qui, si possono notare il porticato, il colonnato, con forme piuttosto semplici e lineari.

“Alte Nationalgalerie”, 1876, Schinkel, Stuler, Strack, Busse

Stili architettonici: architettura greca classica, architettura neorinascimentale

Anch’esso sembra un tempio. La differenza dal primo, è che la scalinata è diventata ancora più
grande e più alta. L’azione di arrivare all’interno del museo è ancora più complessa, poiché esso si
erge come su di un piedistallo. Al suo interno troviamo collezioni artistiche tedesche e francesi. Il
curatore del museo, oltre a collezionare opere d’arte contemporanea tedesca soprattutto, colleziona anche lavori della
scuola impressionista e ciò aveva creato dei dibattiti.

“Bode Museum”, 1867-1904, Ernst von Ihne

In origine fu chiamato Kaiser-Friedrich-Museum dall'imperatore Federico III di Germania. Nel


1956 fu rinominato Bode-Museum in onore del suo fondatore e primo direttore, Wilhelm von
Bode. Venne edificato una struttura, che aveva delle caratteristiche completamente diverse dai
musei precedenti. Esso ricorda molte delle chiese romane del periodo barocco. Al suo interno
vengono allestite sale in stile neorinascimentale, ma già dall’esterno il museo comunica al pubblico cosa esso contiene,
ossia arte italiana. Quindi ci sono ambienti proprio ad hoc per ospitare determinati lavori.

“Pergamon Museum”, 1930, Messel, Hoffmann

Questo museo, nella sua struttura, assume le sembianze orientali dei templi assiro-babilonesi. Al
suo interno troviamo l’Altare di Zeus, che proviene direttamente da Pergamo e la Porta di
Babilonia. Oltre ad avere molti elementi che richiamano l’arte orientale, al suo interno sono
presenti anche elementi che richiamano il medioevo tedesco. Il museo  strumento di
propaganda

BENI CULTURALI

Essi sono parte di una definizione data di recente in Italia. I beni culturali sono quegli elementi che vengono solitamente
conservati nei musei, perché non devono essere rovinati e alterati. Una cosa molto importante è proprio il fatto di
tutelare il patrimonio culturale di un paese. Nel 2004 nacque il primo Codice dei beni culturali. Ma come riconoscere i
beni culturali/paesaggistici? Tutto può esserlo, ad esempio anche la dieta mediterranea. Sono beni che devono avere un
valore ed essere riconosciuti, non possono essere venduti né ceduti ad altri paesi. Sono inalienabili. L’Italia si
caratterizza per un patrimonio diffuso nei musei, nei borghi, nelle città, nel paesaggio in generale, nei centri storici ecc.
L’Italia ha il più alto numero di siti Patrimonio Unesco.

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Definizione ICOM sul “museo”: non deve mirare al profitto, ma deve essere al servizio di tutti.

Anche la definizione utilizzata dal Codice dei beni culturali e del paesaggio usato la definizione analoga a quella
dell’ICOM, ma senza la parola “diletto”.

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