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Introduzione alla Storia dell'Architettura Contemporanea - ARCHCONT101
alcuni eccezionali capolavori conservati nella casa madre ruoteranno con inediti
accostamenti, rispettando l'ordine cronologico segnato dalle date impresse in leggero
rilievo. Su una delle pareti metalliche laterali. La galleria è libera da pilastri ed è
illuminata solo dall’alto da un doppio soffitto che diffonde la luce naturale e artificiale
nello spazio espositivo, attraverso il ritmo e l’elegante disegno delle travi. Gli autori del
progetto di questo museo, vincitori di un concorso pubblico, sono gli architetti Kazuo
Sejima e Ryue Nishizawa, insieme a Tim Culbert e alla paesaggista Catherine Mosbach. E
la qualità principale di questo spazio non risiede nei suoi, quasi invisibili, elementi
“materiali”, bensì è da ricercare nella “atmosfera” magicamente creata dalla luce, che
sospende letteralmente le opere d’arte e ne riflette le impalpabili ombre sulle pareti
metalliche. Terminata la visita alla “Grande Galerie”, da un Raffaello fino a un Delacroix,
entriamo nel Pavillon de verre: uno spazio più piccolo, completamente trasparente ai lati
e opaco in alto, dedicato ad esposizioni tematiche, dove i quadri trovano posto all’interno
di due grandi cilindri bianchi, mentre le sculture, accostate alle pareti vetrate a
tutt’altezza, sembrano proiettarsi nel parco. Il museo è organizzato in una serie di
parallelepipedi accostati tra loro alle punte, secondo allineamenti definiti da leggere
inclinazioni. Al centro troviamo una Hall d’ingresso trasparente, con una pianta di circa
70 x 60 metri, segnata da esili pilastri bianchi, in cui fanno mostra le “bolle” vetrate che
ospitano la libreria, la caffetteria e altri spazi di servizio al museo. Mentre completano
l’edificio, dalla parte opposta della “Grande Galerie”, altri due ambienti: una galleria di
80 metri di lunghezza per le esposizioni temporanee e un volume più piccolo dove è
sistemato un auditorium per 300 persone. E non vanno dimenticati i sotterranei, perché
nel piano destinato ai servizi igienici, “tallone d’Achille” di molte architetture museali
vecchie e nuove, il visitatore attraversa una spettacolare balconata affacciata sui depositi
delle opere d'arte. Infine, a tutto ciò va aggiunto il disegno del parco, impostato su un
percorso pedonale di 5 km, che parte idealmente dalla stazione ferroviaria di Lens e
sembra porgere su un leggero rilievo il basso profilo del museo le cui pareti di pannelli di
lluminio quasi si confondono col cielo. Tutt’attorno, un tappeto verde si alterna alle
piattaforme in cemento, segnate da una serie di tagli e motivi curvilinei dai quali il prato
affiora, formando anche sorprendenti cunette, in un doppio dialogo intrecciato con la
contemporaneità degli spazi interni del museo e con le dune di carbone che, poco lontano,
rappresentano la memoria di questo territorio. Torniamo all'interno del Museo, di fronte
al ritratto di Baldasarre Castiglione, che continua a parlare. Ora sta citando un passo del
suo famoso libro, Il Cortegiano, dialogo filosofico sul modello ideale di vita in una corte
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rinascimentale,pubblicato nei primi anni del Cinquecento Nel descrivere un
comportamento perfetto, così egli si raccomanda: “fuggir quanto piú si po, e come un
asperissimo e pericoloso scoglio, la affettazione; e, per dir forse una nova parola, usar in
ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l’arte e dimostri ciò che si fa e dice venir
fatto senza fatica e quasi senza pensarvi. Da questo credo io che derivi assai la grazia;
perché delle cose rare e ben fatte ognun sa la difficultà, onde in esse la facilità genera
grandissima maraviglia; e per lo contrario il sforzare e, come si dice, tirar per i capegli dà
somma disgrazia e fa estimar poco ogni cosa, per grande ch’ella sia”. Sarà pur lontano
dalla sua terra, ma il nostro “Cortegiano” ci sembra più che felice, perché lo spazio che
oggi conserva il suo magnifico ritratto evidenzia proprio quella “sprezzatura” che lui
stesso ha definito. Una virtù che non solo appartiene al progetto dell’architettura e del
paesaggio, ma che è contenuta nella storia stessa di questa impresa culturale, destinata
a sviluppare l’economia di un territorio abbandonato dall’industria: un grande museo
decide di aprire una sede distaccata, indice un concorso, sceglie il vincitore, costruisce il
progetto, porta al suo interno una serie di opere d’arte di pregio e alla fine, dopo quasi
tre anni, anche il bilancio economico risulta positivo. Dunque, una lezione di architettura
contemporanea che dedichiamo anche a quanti si occupano di valorizzazione dei beni
culturali e di economia dell'arte, con un pensiero rivolto ai musei italiani, relitti prossimi
al naufragio... Con le stive colme di preziosi.
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