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Previtali:
Analizza l’attività del conoscitore
- Parte dall’attualissima voce “Attribuzione” scritta nel 1971 da Giovanni
Previtali per il primo dei due volumi dell’Enciclopedia Feltrinelli Fischer.
Impresa curata dallo stesso Previtali, cui collaborò un gruppo di giovani
studiosi.
- Definizione: L’attribuzione è l’atto critico mediante il quale un prodotto
artistico viene riconosciuto come appartenente ad un medesimo gruppo di
altri prodotti analoghi, supposti opera dello stesso autore. L’attribuzione è
l’atto conclusivo dell’analisi stilistica, cioè di quello strumento analitico
specifico della storia dell’arte e delle altre discipline storiche.
- I principi validi per la storia dell’arte sono quelli della filologia classica e
della linguistica storica:
Loci comunes e la loro trasmissione
Lectio facilior
Lectio difficilior
Ritardo delle aree periferiche
Valgono come principi della critica storica per quanto riguarda l’ANALISI,
SELEZIONE E L’UTILIZZAZIONE DELLE FONTI E DOCUMENTI.
Lo storico d’arte:
- Si avvale di particolari documenti storici, ovvero le opere d’arte, volta alla
ricostruzione della specifica storia delle arti figurative.
Secondo Previtali il principio su cui si basa l’attribuzione è:
1- Capacità della mente di riconoscere ciò che già consce
2- Volontà dell’uomo (artista) di lasciare un’impronta su ciò che fa. Come
ribadiva lo stesso Luigi Lanzi, nel Settecento, “una mano avvezza a moversi in
una data maniera tien sempre quella: scrivendo in vecchiaia divien più lenta,
più trascurata, più pesante- così è in dipingere”.
Secondo Juan Augustin Céan Bermidez “qualche ciarlatano inesperto, si basa sulle
analogie, è solito battezzare le opere simili a quelle dei maestri Ribera, Murillo,
Monegro etc con i loro nomi. Si deduce come la generalizzazione sia un aspetto
insufficiente di questo metodo di ricerca; è giusto procedere i punti di analogia e
di somiglianza.
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L’analisi delle opere a confronto è il primo step da fare, perché si affronta la
“maniera degli studi”.
L’errore nell’indagine storica sta nell’induzione sulla base degli elementi raccolti.
La prima fase:
1- Osservazione (analisi)
LE SOMIGLIANZE:
Si notano una serie di somiglianze tra le opere A e B, può avere più significati:
- DERIVAZIONE STESSO MODELLO “C”
- STESSA CONDIZIONE AMBIENTALE “X”
- AMBEDUE RISPONDENTI ALLA MEDESIMA RICHIESTA DI UN
COMMITTENTE “Y”
Si citano le formelle del concorso bandito a Firenze nel 1401 per le porte del
Battistero- precedente storico della Porta di Andrea Pisano.
La chiarezza dell’atto di attribuzione:
- Rapporti con la società, convenzioni
- Identificazione dell’autore: nome compatibile con lo Stato delle
conoscenze
L’analisi formale delle opere d’arte rivela:
Complesso di fatti
L’opera sta mai da sola, è sempre in rapporto con alcune variabili.
Secondo Roberto Longhi, l’opera d’arte è un sistema in cui ogni elemento ha una
specifica funzione, che rimanda ad una serie storica. Riduzione allo strumento
classificatorio ai fini commerciali. L’attribuzione merita indifferenza.
L’ORIGINE STORICA: strumento specifico di analisi differenziale e di
classificazione che la storiografia artistica ha elaborato fino ad oggi. Fu Morelli a
sostenere che la base scientifica oggettiva delle attribuzioni andasse ricercata nei
dettagli secondari e meccanici in cui meno sensibile, è l’intervento cosciente
dell’autore e che essi potessero essere considerati oggettivamente uno per uno. I
segni caratteristici della maniera non hanno valore determinante se non si
considera il contesto:
- Il carattere distintivo
- Cogliere l’intervento del maestro
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- Riconoscere il falso deliberato
- Coordinate storiche del tempo e dello spazio
- Critica delle arti figurative e comunicazione
- Formazione del linguaggio tecnico preciso nella comunicazione dei risultati
dell’analisi formale.
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Anche la realizzazione dei polittici era guidata da precise regole da seguire specie
sulla scelta dei protagonisti dell’immaginario religioso.
Al centro di un polittico ci stanno di solito la Madonna o il Cristo, ma può capitare
che al centro ci sia un santo. È il titolare della chiesa o dell’altare di provenienza a
scegliere le figure.
La madonna può stare su qualsiasi altare e complica il gioco degli indizi sulla
provenienza originaria della pala a più caselle. Ad esempio, tutti sanno che San Pietro
è rappresentato con le chiavi, ma per identificare un altro santo ad esempio San
Giovanni Nepomuceno, santo caro al nostro Settecento, rappresentato con la corona
di stelle.
E’ chiaro che in una chiesa francescana o domenicana troveremo rispettivamente san
Francesco e San Domenico- ad esempio in un polittico dominato dai santi francescani
e San Luigi di Francia in posizione principale, firmato da Simone Martini. La
competenza sulla storia della devozione per immagini e sui suoi protagonisti storici,
come la storia della liturgia e dei suoi oggetti significativi.
La storia dei falsi è una storia sotterranea: il falsario rimane nascosto e se viene
smascherato e corre a mettersi un’altra maschera.
Chi si occupa di falsificazioni, cosa deve fare?
- Attraversare i rigogliosi terreni della copia e plagio in tutte le sue sfumature
- Considerare il restauro e il revival delle opere
- Attenzionare le integrazioni necessarie ad un insieme decorativo o
collezionistico
La falsificazione è un fenomeno più ricorrente nella storia dell’arte; anche se in
letteratura si presenta, ma si parla più di plagio.
Per la storia dell’arte, le falsificazioni s’identificano con un “corpo fisico”:
- L’accertamento per l’inferenza della paternità di un’opera non è solo
competenza dello storico dell’arte.
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Ci sono settori della scultura del Quattrocento dove la percentuale di cose di
sospetta autenticità è rilevante per:
1- Quantità
C’è chi nega l’autenticità di veri capolavori.
Si mette in evidenza l’aspetto della morale dei due secoli: Quattrocento e
Ottocento. Riguardo le opere d’arte contemporanea al fianco dei pittori Rosai e
Pisis lavoravano vari falsari. Questa questione affasciava Ferretti, che riportò le
parole di Arcangeli “per riconoscere i Pisis spuri bisogna imparare a
distinguere le diverse mani degli imitatori”.
Il problema della falsificazione riguarda tutti i prodotti dell’uomo che trovino
posto e valore nella memoria culturale che si estende all’intero raggio delle
scienze umane. Il “problema” è prettamente nostro anche se la contraffazione
dei testi scritti ha una lunga storia, si pensi all’età alessandrina; per cui falsari e
filologi si muovono alla pari nell’affinamento dei loro strumenti.
La FALSIFICAZIONE artistica ha acquisito un posto di ribalto soltanto in
tempi recenti e che la sua fioritura è tardiva. Ci vorrà tempo prima che un
falsario di cose d’arte si possa fare un ritratto come la Donatio Constantini e ci
vorrà ancor più tempo fin quando Lorenzo Valla compirà per la prima volta
un’analisi critica dell’opera, alla stregua di quella che si farebbe con un’opera
d’arte.
ALCUNE PRECISAZIONI:
- I Falsi realizzati nel Quattrocento e Seicento non sono paragonabili a quelli
degli ultimi due secoli.
- Ad essere imitate, dapprima furono le cose del mondo antico, poi anche i
grandi pittori del Cinquecento: rappresentava quindi un riferimento normativo
alle persone di cultura e sia di chi avesse pratica dell’arte.
1- Quando i fatti figurativi riguardano la tradizione letteraria, continua a valere la
regola “concepita come altrui soltanto se era avversa” e pertanto il consenso
cancellava il confine e la distanza di ciò che è altrui e ciò che è proprio.
2- La capacità di fingere la maniera tipica di un grande artista moderno consacra,
le regole d’arte e la suprema libertà individuale con cui si giunge a quegli
esempi (secondo Focillon “è un esercizio che presuppone una condizione di
libertà nei confronti del modello”)
Entra in gioco il collezionismo e il mercato, la grande esplosione falsaria
dell’Ottocento, sta dunque ad indicare la vastità dei valori figurativi.
Il MOMENTO CLASSICO della FALSIFICAZIONE corrisponde al consolidarsi dei
presupposti indispensabili alla nascita della storia dell’arte come disciplina storica.
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Si sa:
L’80%-90% dei diplomi merovingi erano falsi
Il più straordinario ritrovamento degli ultimi 70 anni
Il caso studio delle pitture murali di Castelseprio:
- Datazione: ha dato luogo ad opinioni molto diverse sull’ambiguità, ancora più
che dai ritmi di trasmissione o persistenza dei modelli classici, nasce dalla
rarefazione estrema dei confronti possibili.
IL FALSO è una forma di cosciente distanza rispetto ai valori figurativi canonizzati o
in via di canonizzazione. È uno sdoppiamento della doppia testimonianza storica.
Nel Medioevo così fecondo di falsi documentari, non sembra rientrare nella nozione
di falso artistico. Zeri parlava dei rifacimenti che in età tardo-antica dovevano essere
stati fatti nei monumenti di età classica come di un problema trascurato. Questioni del
genere si sono aperte attorno a qualche elemento architettonico realizzato in età
bassomedievale.
La DIFFERENZA tra:
- L’integrazione di una serie
- Falso mirato
Oppure:
- Derivazione da un modello classico
- La rilavorazione di un marmo effettivamente antico
Situazione diversa nella Roma classica, dove esisteva il collezionismo,
un’organizzazione di mercato, dove c’erano i conoscitori: si tratta di un contesto
favorevole alla falsificazione artistica.
Circolazione di falsi di opere di:
- Prassitele
- Mirone
- Zeusi ricordata da Fedro, nell’introduzione al quinto libro
Gli storici dell’arte antica ci insegnano che le copie romane non vanno guardate
come semplice riflesso dei perduti archetipi greci, ma anche per le loro riconoscibili
qualità espressive.
L’ASPETTO “BUONO” DEL FALSO: far attenzione alla realtà materiale delle
opere d’arte, ma in un contesto documentario stratificato ed eterogeneo.
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Si precisa che la maggior incidenza di falsi si verifica nelle opere d’arte; si
considerano i processi di alterazione che sono la componente essenziale delle
tradizionali nazionali ottocentesche o delle strategie di propaganda politica di massa.
Il DISVELAMENTO di un’opera d’arte FALSA mette in gioco una circoscritta verità
fattuale e l’autenticità delle nostre percezioni.
Il falso svelato si contrappone all’opera “genuina”, come l’idolo pagano all’immagine
di culto cristiana.
LO STATUTO DELL’AUTENTICITA’ delle opere d’arte:
- Fra Settecento e Ottocento, sia sul versante neoclassico che romantico, è
cambiato lo statuto di autenticità dell’opera d’arte. La storia del falso va letta
nella sua controriforma, si è svolta la nozione di autenticità. C’è da dire che
l’idea di autenticità è relativa, ma in questo periodo storico si cominciò a
ritenere che le opere d’arte hanno acquisito un decisivo e più ampio senso di
verità storica, fosse anche quella irripetibile della creatività individuale.
- L’ACCREDITAMENTO DEL FALSO fa spesso leva sulla geografia culturale.
- La storia del falso diventa un punto di osservazione privilegiato per individuare
a distanza certe concrezioni stereotipe- la contraffazione di oggetti non è un
fenomeno recente, si pensi alle porcellane cinesi ad essere contraffate in
Europa.
LA STORIA DEL FALSO È UN OSSERVATORIO, di secondo grado, da cui si
possono considerare alcuni aspetti della geografia dell’arte.
Si andava delineando l’orizzonte storicista che fece del Neoclassicismo un fenomeno
del tutto nuovo rispetto a qualsiasi precedente idealizzazione del mondo classico.
Definizione di falso documentario contigua a quella di natura giuridica- il punto
risolutivo fu l’incontro, entro l’orizzonte collezionistico, fra il metodo dell’antiquaria
ormai divenuta quasi un fenomeno di costume, e la tradizione artistica degli ultimi
due secoli.
Massimo Ferretti si rifà a Carlo Goldoni, a 3 sue commedie scritte negli anni 50, il
decennio che vede maturare non solo mezzi artistici, ma anche i suoi giudizi sulla
società veneziana contemporanea.
La prima commedia viene dalla Famiglia dell’antiquario: sulla battuta finale di
Anselmo, sembra ovvio che “non era necessario dipingere per giudicare la pittura”,
ma non era l’opinione assestata al tempo di Goldoni. Da qui si citano:
1- Luigi Lanzi “i giudizi che io più ne rispetto son quegli che immediatamente
vengon da’professori”.
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2- Da Vasari a Crespi “avean un diritto più speciale d’insegnarci, perché erano
del mestiere”.
3- Pietro Giordani recensiva La Storia della scultura ricordando l’importanza di
“Pietro Giordani essendo l’artista”.
Con il secondo prestito di Goldoni si sposta lungo l’asse del collezionismo: dialogo
tra Don Eraclio e Dottor Melanzana – due quadri di Raffaello (falsamente attribuiti d
a Veronese e Cappalunga risponde che si tratta di Raffaello da Urbino) e Don Eraclio
replica “volete insegnare a me a conoscer le copie dagli originali?”.
La raffigurazione è caricaturale ma serve per evocare la fiducia nella diversa capacità
remunerativa di altri centri di commercio artistico (Roma).
Come distinguere un’opera originale o una copia?
Il punto decisivo della competenza artistica fosse quello di distinguere le copie: nel
capolavoro di Goldoni intitolato “Gl’innamorati” commedia che fu scritta a ritorno
da Roma. Dialogo tra Fabrizio e Roberto (il primo dice che il signor Conte si diletterà
di pitture e il secondo risponde che gli uomini grandi e sublimi non possono
intendersi di ogni cosa- di Tiziano gli hanno offerto duemila doppie e l’ho avuto per
100 zecchini) Fabrizio esorta il suo amico a far vedere i quattro pezzi stupendi dl
Wandich, cene insigni del Veronese, Guercino e dell’aurora inimitabile di
Michelangelo Buonarroti.
Cosa vuol dire qualità?
La qualità è qualcosa che si identifica strettamente con la fattura, il tocco, l’abilità
della mano. Siamo abituati a pensare che la qualità, il contenuto di autenticità
dell’opera, non stia nella pura pittura. Per chiarire il concetto occorre fare un passo
indietro: cosa conseguì l’artista del Quattrocento rispetto ai materiali?
Secondo Baxandall è un assioma: è ovvio che dalla figura dell’artista scoperta nel
Rinascimento siano nati anche i moderni falsari. Occorre tornare alla combinazione
fra:
1- Suprema maestria
2- Esperienza dei modelli storici CHE SPIEGA IL TIPO DI FALSO TIPICO
DELL’ETA’ BAROCCA: il dipinto “à la manière de”.
La rivelazione che sotto il nome di un maestro famoso si nasconde l’opera propria è
sempre stato un “topos” della consacrazione artistica. In età barocca quel topos ebbe
una rilevanza particolare, NON SI SPIEGA FUORI DALLO SPAZIO DEL
COLLEZIONISMO, ma anche del dilettantismo gentilizio.
Il CASO DELLE INCISIONI:
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- Repliche dureriane di Marcantonio Raimondi, che comunque rientrano in pieno
nelle pratiche riproduttive della stampa, ma anche ai travestimenti stilistici di
Goltzius incisore.
Pensando alla fama di falsario che ebbe Angelo Caroselli, sembra improbabile che
siano scomparse chissà quali sue opere o che altre si nascondano ancora sotto i nomi
più antichi e prestigiosi.
Lo schema narrativo dell’opera creduta di un artista famoso fin quando non ne viene
svelato, l’autore ribadisce:
1- la superiorità della conoscenza prammatica del pittore
2- Descrive la forma di libertà individuale in una società coercitiva
3- Registra un’assimilazione dei modelli così piena e viva da trarre in inganno i
competenti, non solo quelli di allora
C’è una ragione per tornare su un tipo di “falso”, si riportano alcune citazioni:
1- La maniera di Bastiano del Piombo per sua scusa non avea visto che era in tela
(l’opera). Qui l’accento batte sull’abilità di mano che si mimetizza in un altro e
NON SULL’ASPETTO MATERIALE DELLA COSA IMITATA. C’è da dire
che neppure l’autore considerava con particolare cura gli aspetti fisici
dell’imitazione. A rafforzare questa attenzione saranno l’allargamento di
orizzonte verso le opere di età medievale, ma prima ancora la pratica
antiquaria. Nelle opere d’età medievale erano all’origine delle firme di pittori
primitivi aggiunte su dipinti più o meno della stessa epoca. Si costruivano
genealogie senza fondamento.
Il nuovo significato del falso in età romantica facendo riferimento all’ inversione di
segno cui venne riproposto il topos “l’ho fatto io”. La migliore prova di inversione
s’incontra in un racconto di Balzac “Pierre Grassaou”- il protagonista era un pittore
senza genio- a cui fanno capire che è destinato a rimanere al livello degli artisti di
secondo ordine. Il protagonista si rese conto “che inventare ad ogni costo significava
morire a fuoco lento- mentre copiare significava vivere”. Si tratta di una copia, non
letteralmente beninteso, non al modo degli studenti dell’accademia o degli artigiani
specializzati.
IL CAPOVOLGIMENTO DEL TOPOS
Il capovolgimento del topos del riconoscimento del vero autore emerge quando la
scienza antiquaria aveva svolto una parte decisiva nell’intero sistema storiografico
dell’arte. Il sistema aveva indotto a ritenere:
- Ogni opera d’arte come qualcosa di materialmente complesso, specie per i
segni lasciati dal tempo e dai suoi diversi modi d’impiego.
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- Il falsario d’età romantica, storicista, erudita tiene conto dell’uno e dell’altra
cosa- sta nella stessa cultura figurativa di chi riesce ad abbindolare.
Il confronto tra falsario e filologo:
- Si tratta di un confronto fra effettivi livelli di competenza – il falsario e le sue
competenze fattuali diventerà rischioso davanti a certi restauri “amatoriali” di
dipinti primitivi realizzati fra Otto e Novecento.
C’è chi falsifica e chi è ingannato dal falsario:
- Il falso non esiste- il falso non ha esistenza autonoma, non consiste
nell’oggetto in sé, rinvia sempre a qualcos’altro. Ciò significa che la
condizione di falsità non è materialmente propria di un oggetto, anche se è
stato pensato con l’intento di ingannare.
Nella produzione artistica si possono fare “figli” illegittimi, adulterini, ma non si
possono fare i figli altrui.
IL FALSO CLASSICO:
1. È realizzato con l’intento di attirare nell’equivoco
2. Può accadere che diventi falso quando non era nato per esserlo
Nel primo caso la conversione in falso è quasi istantanea.
Nel secondo avviene lentamente, talvolta senza essere prevista in partenza.
LE FALSITA’ delle scritture rade volte si fabbricano da principio: ma di poi, in
progresso di tempo, secondo che conducono le occasioni o le necessità.
IL FALSO ARTISTICO COME FORMA DI CONOSCENZA STORICA: può
avere la formula di Morrou:
h= P\p dove la conoscenza storica esprime il rapporto tra PASSATO E
PRESENTE- ovvero il rapporto posto in essere dallo storico tra i due piani di
umanità: il passato vissuto dagli uomini di un tempo e il presente in cui si
sviluppa tutto uno sforzo inteso a rievocare quel passato.
Questa formula potrebbe sembrare un controsenso, perché nella falsificazione il
passato assume il valore massimo, mentre si crede di annullare il presente.
LO STORICO DELL’ARTE E’ MOLTO ATTENTO AI PROCESSI
MATERIALI ED ESPRESSIVI:
Non ci può essere falsificazione senza attribuzione di valore: simbolico o
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Non c’è produzione di falsi d’arte, se non c’è collezionismo, se non c’è un
sistema di attese, di preferenze.
Ogni falsificazione svelata diventa una testimonianza del momento in cui la
falsificazione è stata prodotta e accolta per buona.
LA TRASFORMAZIONE nella cultura artistica di Otto-Novecento:
1- Non tutto può essere falsificato
2- Non tutto può entrare allo stesso titolo nell’orizzonte delle nostre preferenze
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dei loro autori. S’intende che i contesti culturali in cui si svilupparono immagini
dell’artista diverse dalla nostra sono ormai inseparabili, anche se in misura minima,
dalle sue opere. Non si tratta di mantenere unite storia dell’arte e letteratura artistica,
ma di prendere atto che quella storia postuma è affidata anche alle testimonianze
materiali, si riflette in manifestazioni prammatiche quali sono le falsificazioni o i
restauri.
La storia dell’arte non può mai fare l’intera storia dei suoi oggetti, nelle condizioni in
cui essi vennero prodotti, perché troppo larga e significativa, ma a volte anche
insufficiente, è la storia delle loro vicende collezionistiche e significative.
L’autore analizza sei opere, osservate nelle mostre precedenti, aperte nel 2006:
- La seconda opera presenta uno stato incerto di conservazione e di restauro-
storia dell’arte come storia fatta di testimonianze materiali.
Non si capisce se lo storico dell’arte sia disposto a riconoscere il “probabile
bozzetto” già da lui creduto originale. Attorno ai falsi c’è sempre troppo clamore e
poca voglia di sfruttare l’occasione per imparare a guardare meglio.
Riporta le postille:
1- Prima postilla: un esempio di scultura 400entesca che lascia incerti
sull’autenticità- nel catalogo della mostra di Matteo Cividali- busto di
giovinetta in terracotta, riferendolo con certezza ad Andrew Butterfield.
Caglioti, miglior conoscitore, cita i due esami di termoluminescenza sono stati
sfavorevoli all’autenticità dell’opera. In linea di principio è bene non fidarsi di
queste analisi
L’ipotesi di Caglioti: la terracotta sarebbe stata desunta da un originale Mino
rimasto sconosciuto; ma l’ipotesi è accantonata non appena viene fatto notare che
L’IMPASTO APPARE MODELLATO ANCHE DALL’INTERNO E NON
PREMUTO IN UNO STAMPO. In effetti, la corrispondenza con la struttura dei
busti e con le più tipiche formulazioni stilistiche di Mino è piena. Resto però
convinto che sia l’opera ottocentesca per:
- Modo troppo naturalistico
- Sensuale di chiudere le labbra
Ma il rapporto con la figurazione cambia perché esso dipenda dal luogo nel quale
l’opera è collocata: quella in questione, dal vero si rivela inspiegabilmente fuori
scala, come se la sua forma naturalistica non calzasse nelle misure ridotte.
- Seconda postilla: un esempio di dipinto “à la manière de” con firma: alla
mostra del Romanino aperta al Castello del Buonconsiglio nell’estate del 2006,
si è potuta studiare l’Adorazione dei pastori, conservata ad Edinburgo. Dalla
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scheda di Buganza si evince la ricostruzione della storia collezionistica e
critica. Sulla cronologia del pittore bresciano sembra essere l’oggetto di
attenzione e non la paternità dell’opera- considerando la firma GIORGIUS
BARBARELLI tracciata sul muro della capanna. Le caratteristiche:
1. Accensione di azzurro, bianco, verdi che inquadra da due lati la casa
cadenti, che ritaglia la trave e l’avanzo del tetto con lucentezza naturalistica
ha già uno stacco barocco
2. Le “bave” di luce sui visi di Giuseppe e del pastore anziano
3. Testa ritorta di Maria fa pensare al Romanino.
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