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Simona Maria Ferraioli

Rubens in Italia (1600 1608) La ritrattistica

eBook per l'arte


un'iniziativa

2011 eBook per l'Arte Simona Maria Ferraioli Prima Edizione 2011

Licenza Creative Commons 3.0 Attribuzione - Non commerciale No opere derivate http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/

In copertina Peter Paul Rubens, Ritratto equestre di Francisco Gomez de Sandoval y Royas, Duca di Lerma Madrid, Prado

I titoli di opere d'arte sottolineati e colorati in blu sono cliccabili: si aprir l'immagine dell'opera (necessaria connessione a internet).

Indice I. Gli anni italiani di Rubens: gli incontri, i viaggi, i committenti Alla scoperta del Bel Paese Alla corte dei Gonzaga Il primo soggiorno a Roma Mantova (aprile 1602 marzo 1603) Il viaggio diplomatico in Spagna Ritorno sulle rive del Mincio Lultimo soggiorno nellUrbe

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II. Catalogo critico dei ritratti (1600-1608)

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III. Bibliografia

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I. Gli anni italiani di Rubens:


gli incontri, i viaggi, i committenti

Alla scoperta del Bel Paese Ma quando corse voce che era bravo pressoch quanto il maestro, Peter Paul fu colto dal desiderio di visitare lItalia e vedere in prima persona le pi famose opere darte, antiche e moderne, e di formare la propria arte sullesempio di quei modelli: cos motiva la partenza per il Bel Paese il nipote di Rubens, Philip, nella vita in latino pubblicata per la prima volta nel 1837 dal Barone di Reiffenberg1. Il maestro in questione Otto Venius (Leida 1556 Bruxelles 1629), nome latinizzato di Otto van Veen, italianisant che aveva effettivamente trascorso cinque anni nella penisola, dove aveva conosciuto Federico Zuccari ed era rimasto particolarmente affascinato dallo studio del Correggio; fu il terzo e ultimo maestro di Rubens il primo era stato Tobias Verhaecht (Anversa 1561 1631), pittore di paesaggi, da cui aveva appreso i primi rudimenti del mestiere, come la tecnica a velature, per poi entrare successivamente nella bottega di Adam van Noort (Anversa 1561 1641), pittore di storie, che trasmise allallievo le nozioni basilari per la padronanza delle figure di grandi dimensioni2 - da cui il giovane apprendista deriv il senso della composizione, forse la bellezza dei colori e unammirazione per i maestri classici del Rinascimento che Venius stesso aveva ammirato in Italia, e in primo luogo Raffaello e Correggio3. Nel 1598 Rubens accolto come maestro nella gilda di San Luca, ma continuer a collaborare con Venius fino alla partenza. L8 maggio 1600 il giovane fiammingo ottiene dal Consiglio Municipale di Anversa un certificato di buona salute, che doveva fungere da salvacondotto per recarsi allestero, in cui si dichiarava che grazie alla benevolenza della Provvidenza di Dio, questa citt e i suoi sobborghi respirano unaria pura e salubre4, per cui Rubens era libero di muoversi senza sospetto di contagio. Parte da Anversa il giorno dopo,

Lind 1946, pp. 37-38 (trad. it. a cura dello scrivente); cfr. Piles 1667, pp. 125-140. Jaff 1977, ed. 1984, pp. 16-17; Pilo 1990, p. 30. 3 Bodart 1985, p. 11. 4 Schama 1999, p. 100.
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accompagnato da Dodat van der Mont o Delmonte, suo primo allievo, figlio di un argentiere, di soli cinque anni pi giovane5, che lo seguir per tutta la durata del soggiorno italiano; non si sono conservati documenti che possano chiarire litinerario seguito, ma probabilmente viaggiarono a cavallo passando per Parigi visitando anche Fontainebleau e avendo come destinazione Venezia, secondo quanto si legge nella suddetta biografia del nipote Philip6. Mentre Bellori, tra le fonti pi antiche, asserisce che il pittore si rec nella capitale della Repubblica di San Marco solo in un secondo momento, dopo la prima visita a Roma (1601 1602)7. La citt lagunare, meta preferita dai viaggiatori dOltralpe (basti citare il pi illustre predecessore di Rubens, Albrecht Drer, a Venezia per ben due volte, nel 1494 e nel 1505) gi nel secolo precedente, offriva un panorama artistico amplissimo, dominato dalle opere di Tiziano, Paolo Veronese e Tintoretto. Burckhardt, il pi appassionato studioso di Rubens del XIX secolo, ha lasciato unopportuna e accorta descrizione dellincontro tra Venezia e lartista, tuttora valida: Ma con Venezia e il suo fascino a lui congeniale dovette proprio venire ad un confronto decisivo. Certo egli trov qui, di fronte allaffresco che invadeva il resto dItalia, le grandi tele dipinte a olio, che coprivano pareti e soffitti con splendida libert di tecnica; e trov nei tipi e nel genere di vita prevalentemente rappresentato una sensibilit vicinissima alla sua8. Secondo la tradizione basata su quanto suggerisce la lettera9 del 13 dicembre 1601 scritta dal fratello del fiammingo, Philip, confermata dalla Vita dellomonimo nipote10, proprio presso la Serenissima che avvenne lincontro tra Rubens e Vincenzo I Gonzaga (1562 - 1612),

Schama 1999, p. 96; Jaff 1977, ed. 1984, p. 22. Lind 1946, p. 38; cfr. White 1987, p. 11; Jaff 1989, p. 68; Belkin 1998, p. 42; Oppenheimer 2002, p. 133; Jaff ritiene che i due viaggiatori abbiano fatto tappa a Verona e Padova prima di raggiungere Venezia (Jaff 1977, ed. 1984, pp. 8, 22). 7 Bellori 1672, ed. 1976, p. 241. 8 Burckhardt 1898, ed. 2006, p. 92. 9 CDR, I, p. 38; cfr. Pilo 1990, p. 30. 10 Lind 1946, p.38.
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Duca di Mantova e del Monferrato, al cui servizio il pittore rester fino al ritorno in patria nel 1608, abboccamento avveratosi fortuitamente grazie alla mediazione di un gentiluomo al seguito del principe11; Jaff ha avanzato lipotesi che possa trattarsi di Annibale Chieppio, Segretario di Stato del Duca, personaggio dal ruolo chiave nei futuri rapporti tra mecenate ed artista, e nellassegnazione di successivi importanti incarichi al giovane dOltralpe, nonch destinato a divenire suo buon amico12. Gli studi recenti13 suggeriscono invece che, con maggiore probabilit, Rubens potesse avere con s una lettera di raccomandazione, forse proprio dellArciduca dAustria Alberto VII dAsburgo (1559 1621), cugino di primo grado di Vincenzo Gonzaga, che aveva avuto modo di conoscere ed apprezzare il pittore in occasione del suo ingresso ufficiale ad Anversa nel 1599, occasione per cui lartista aveva collaborato con il maestro Venius alla realizzazione delle decorazioni per levento, eseguendo un arco di trionfo14. Baschet, ripreso da Bodart,15 si chiede se il ritrattista fiammingo conosciuto dal Duca di Mantova durante la sua visita al cugino nelle Fiandre soggiorn a Bruxelles e a Spa, dove erano rinomate le terme , nel 1599, non fosse proprio Rubens, il che porterebbe ad un significativo cambiamento di prospettiva sui motivi che condussero il pittore in Italia; tuttavia pi probabile che a Vincenzo fu presentato Frans Pourbus il Giovane

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White afferma che lincontro sia avvenuto grazie ad una fortunata coincidenza: Rubens si trov a godere dellospitalit del gentiluomo mantovano in questione, cfr. White 1987, p. 11; probabilmente lautore cos interpreta quanto riporta la Vita in latino, cfr. Lind 1946, p. 38. 12 Jaff 1977, ed. 1984, pp. 11, 81; lautore sostiene che Vincenzo I si trovasse a Venezia tra il 15 e il 22 giugno 1600, dato non riscontrato negli studi successivi che concordano unanimi nel collocare il soggiorno del Duca nel mese di Luglio (cfr. anche Jaff 1989, p. 106). Lo corregge probabilmente Bodart affermando che la presenza del Gonzaga si pone tra il 15 ed il 22 luglio: cfr. Bodart 1985, p. 13. 13 White 1987, p. 11; Belkin 1998, p. 42; Oppenheimer 2002, p. 135. 14 White 1987, p. 8. 15 Bodart 1985, p. 13.

(1569 1622), che giunger a Mantova nellautunno del 1600, tre mesi dopo larrivo del pi giovane compatriota16. Alla corte dei Gonzaga Pertanto Rubens segu il suo nuovo e potente mecenate nella citt sul Mincio nel luglio del 1600, ufficialmente assunto in veste di ritrattista di corte: i fiamminghi erano appunto ritenuti specialisti del genere, e Vincenzo I desiderava creare unautentica Galleria di Belt, ovvero una quadreria di ritratti di bellezze muliebri; non sorprenda tale aspirazione del Duca, che amava essere celebrato come patrono delle arti, ma che includeva tra i suoi numerosi interessi anche passioni pi terrene come i cavalli, il gioco dazzardo e le prostitute 17. Pu risultare interessante soffermarsi rapidamente sulla personalit del principe mantovano, caratterizzata da una certa grandeur; era stato protagonista di alcuni episodi moralmente discutibili, tra cui un omicidio in giovent, e a renderlo celebre presso tutte le grandi corti europee fu il processo nel 1584, quando, in seconde nozze, chiese in sposa Eleonora de Medici (1567 1611), per cui: fu chiamato a dimostrare la propria virilit su una fanciulla vergine appositamente scelta, davanti ad un comitato autorizzato dal papa, per risolvere con prova definitiva il contenzioso con gli ex-suoceri - ovvero Alessandro Farnese, Duca di Parma e Piacenza, e Maria dAviz - , i quali sostenevano che il matrimonio della figlia Margherita non era stato consumato per colpa dello sposo, non della sposa 18. Con un siffatto trascorso piuttosto gravoso, Vincenzo I era ancora pi motivato ad impegnarsi per rinnovare i fasti della Mantova del nonno Federico II (1500 1540) e della madre di questi, lavida collezionista di opere darte Isabella dEste (1474 1539); proprio grazie allintelligente po-

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Baschet, a sostegno della sua tesi, ha pubblicato un saggio in cui riporta alcune corrispondenze con F. Marino che scrive dalle Fiandre nel 1600 e parla di contatti avuti con un pittore, di cui per non fa mai il nome, Navarrini 1977, p. 58. 17 White 1987, p. 12. 18 Schama 1999, p. 98.

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litica culturale dei suddetti predecessori, il piccolo ducato era divenuto un polo dattrazione per intellettuali, artisti, uomini di lettere e di scienza. Quindi Rubens ebbe la possibilit di studiare una delle pinacoteche pi ricche della penisola italiana (di cui fu poi investito dellincarico di curatore) che comprendeva dipinti di Leonardo Da Vinci, Perugino, Raffaello, Tiziano, Correggio, ed inoltre i capolavori lasciati dal Mantegna nel Palazzo Ducale lartista di Anversa rimase molto colpito dal Trionfo di Cesare, come testimoniano alcuni suoi disegni -, nonch, ovviamente, tutta la vastissima opera decorativa di Giulio Romano, con le mirabilia di Palazzo Te19. Altrettanto rilevante era la collezione di arte antica dei Gonzaga, che annoverava vasi, medaglie, rilievi, cammei, e copie di statue classiche ed ellenistiche, tra cui un Apollo Belvedere e due Laocoonte20. Venivano coltivate anche la musica, il teatro, la poesia presso la corte di Vincenzo I: Claudio Monteverdi, con cui Rubens dovette intrattenere rapporti damicizia, era stato nominato maestro di cappella, impegnato nella creazione del primo melodramma nella storia della musica barocca, lOrfeo; Torquato Tasso, tratto in salvo dallOspedale di Sant'Anna dal Duca, venne ospitato a lungo presso il palazzo ducale; fu assunta una famosa troupe di attori che avevano recitato a Parigi per il diletto di Enrico IV21. Il pittore aveva appena iniziato ad immergersi nella vivace e stimolante atmosfera appena descritta, quando il principe lo condusse con s a Firenze in occasione del matrimonio per procura della nobile cognata, Maria de Medici (1575 1642), con Enrico IV di Francia, celebrato il 5 ottobre 1600, evento a cui lEuropa del tempo guard con grande speranza, auspicando lavvento di un periodo di pace e tolleranza religiosa22. Il Duca Vincenzo I giunse a destinazione con il suo seguito gi il 2 ottobre, e vi rimase fino al 13 dello stesso mese23; la

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Jaff 1977, p. 11. Oppenheimer 2002, p. 136. 21 White 1987, p. 12. 22 Oppenheimer 2002, pp. 140-141. 23 Jaff 1977, ed. 1984, p. 115, nota 3.
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presenza di Rubens documentata da una lettera 24 di Nicolas-Claude Fabri de Peiresc, grande studioso e collezionista di antichit ed arte, datata 20 ottobre 1622, in cui concorda con lamico, che aveva trovato nella regina di Francia uno dei suoi committenti pi prestigiosi, riguardo alla descrizione di alcuni dettagli del banchetto seguito alla cerimonia, ricordando la bellezza della voce di una donna travestita da Iris, la messaggera degli dei. In quei dieci giorni di simposi, concerti, danze e mascherate allegoriche che travolsero la capitale del Granducato di Toscana, il giovane artista trov il tempo di visitare Casa Buonarroti e la Cappella dei Medici in San Lorenzo, confrontandosi cos con uno delle maggiori personalit del Rinascimento, Michelangelo; copi la Battaglia dei Centauri e dei Lapiti, illuminando probabilmente il bassorilievo con una candela posta prima da un lato e poi dallaltro, a giudicare dal diverso chiaroscuro dei due disegni conservati a Parigi e a Rotterdam25. Dovette eseguire anche delle copie delle tombe dei Medici, di cui rimasto uno splendido esempio della Notte, anchesso a Parigi. Rubens si sofferm spesso sulla questione della superiorit della scultura rispetto alla pittura, teoria che proprio nel genio fiorentino aveva trovato il suo principale sostenitore; il pittore ha lasciato il frutto delle sue considerazioni ed esperienze nellunica parte sopravvissuta del suo taccuino26 di copie dallantico, destinato, nelle intenzioni dellartista, a divenire un trattato teorico dal titolo De imitatione statuarum, in cui si dice convinto della necessit dello studio approfondito della scultura per chi dipinge, sottolineando per la sostanziale differenza tra le due manifestazioni artistiche: ma si deve essere giudiziosi nelluso dello studio di quelle [le statue] e prima di tutto evitare leffetto pietra27, ovvero intendendo, come ha perfettamente colto Burckhardt, che il colore non pietra28.

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CDR, III, p. 57; cfr. Bodart 1985, p. 15. White 1987, p. 12; Oppenheimer 2002, pp. 144-147. 26 Bellori 1672, ed. 1976, p. 266. 27 Belkin 1998, p. 47; sul dibattito riguardante la superiorit della scultura sulla pittura dal punto di vista rubensiano cfr. Oppenheimer 2002, pp. 141-144. 28 Burckhardt 1898, ed. 2006, p. 61.

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Dal ritorno a Mantova fino alla partenza per Roma avvenuta nel giugno 1601 non abbiamo notizie su attivit ed eventuali spostamenti di Rubens, tuttavia Jaff ipotizza che il giovane fiammingo abbia tratto profitto da questi mesi facendo diverse escursioni in importanti centri a non pi di due giorni a cavallo dalla citt ducale: Bologna, citt natale dei Carracci e di Guido Reni, ma anche gli splendori del Cinquecento emiliano a Parma, Reggio e Modena; poteva visitare Brescia e Milano29 in Lombardia e nel Veneto citt come Treviso e Vicenza, () la stessa Venezia30; lipotesi sembra trovare riscontro nelle parole di Philip Rubens nella lettera 31 al fratello del 13 dicembre 1601, da Padova, in cui si legge: Sono ansioso di sapere le tue impressioni su questa e altre citt dItalia, molte delle quali tu hai gi visitato. Per comprendere la profondit del legame tra i due fratelli, si pu far riferimento allunico documento pervenutoci dal periodo preso in considerazione, che consiste appunto nella lettera32 scritta da Philip in data 21 maggio 1601 da Lovanio; Philip Rubens era pi grande di quattro anni di Peter Paul, a sedici anni part per Bruxelles per diventare segretario di Jean Richardot, uomo di notevole ricchezza e cultura e membro del Consiglio della Corona 33, per poi iscriversi alluniversit di Lovanio per seguire i corsi di Giusto Lipsio (1547 1606), filologo e filosofo fiammingo, curatore di importanti edizioni critiche di Tacito e Seneca, divenendone lallievo preferito. La cultura e la profonda influenza esercitata dallo stoicismo rivisitato di Lipsio si rivelano nelle raffinate citazioni e similitudini contenute nellepistola, nondimeno emergono tutto laffetto e la stima per il fratello minore: Ora che grande distanza ci separa, il mio desiderio di stare con te cresciuto. Non so quale miserabile vizio della nostra natura mor-

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Il desiderio di vedere il Cenacolo di Leonardo e lIncoronazione di spine di Tiziano in S. Maria delle Grazie a Milano pu essere stato il principale obiettivo di una delle prime escursioni da Mantova., cfr. Jaff 1989, p. 75. 30 Jaff 1977, ed. 1984, pp. 11-12. 31 CDR, I, p. 38. 32 Oppenheimer 2002, pp. 147-149; cfr. Schama 1999, p. 104. 33 Schama 1999, p. 83.

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tale ci spinge verso ci che ci negato e rende pi desiderabile ci che non possiamo avere. Oggi, in uno slancio di affetto, il mio cuore si precipita da te al di l delle barriere dei paesi e superando le pi alte cime dei monti sulle rapidissime ali del pensiero, viene a far visita nuovamente a colui che amo, con rinnovata tenerezza34; e, alla fine della lettera, annovera Peter Paul tra coloro che hanno raggiunto larmonia, regalandoci un assaggio della solarit che tanta parte avr nella capacit dattrazione dellaffascinante personalit dellartista. Il primo soggiorno a Roma Al Card. Montalto Lesibitore della presente sar Pietro Paolo fiamingo mio pittore, qual mando cost per copiare et far alcuni quadri di pittura , come pi diffusamente V.S. Ill.ma piacendoli intender dal medesimo. Confidato al solito nella molta amorevolezza di lei ho voluto accompagnarlo con la presente, con la quale prego V.S. Ill.ma strettamente a favorirlo con la molta auttorit sua in tutto quello che da esso lui verr ricercata per mio servitio, assicurandola che aggiunger questo novo favore a tantaltri da me ricevuti (). Questa sera son per incaminarmi alla volta di Gratz per trasferirmi poi di l alla guerra in Croazia, ove, et in ogni altro luogo che mi sia, reputer non poco a mia ventura di poter servire a V.S. Ill.ma. Di Mantova a 18 di luglio 160135. La missiva sopra trascritta fondamentale in quanto il primo documento che attesti certamente la presenza e il ruolo di Rubens presso la corte di Mantova; il mittente proprio il Duca, che in partenza per Gratz, appunto, per unirsi alla campagna contro i Turchi voluta da Rodolfo II dAsburgo e desidera che il suo ritrattista di corte riceva un patronato consono alla sua condizione anche a Roma: infatti il destinatario della lettera di presentazione Alessandro Peretti, il poten-

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Trad. it. a cura dello scrivente. Luzio 1913, p. 279.

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te Cardinale di Montalto, che era stato legato pontificio a Bologna36. La conferma dellarrivo dellartista nella citt eterna data proprio dalla lettera di risposta del Montalto, dal tono ossequioso, che ribadisce la totale disponibilit dellalto prelato nei confronti di Vincenzo I ed datata 15 agosto 160137; allo stesso tempo il Gonzaga d mandato al suo agente a Roma, Lelio Arrigoni, di assegnare le provvigioni eventualmente richieste dal pittore38, versate a partire dalla met di settembre. Rubens si dedic allo studio e alla copia non solo dellantico ci sono giunti disegni del Torso Belvedere e del Seneca morente ma trascorse molto tempo anche a riprodurre i capolavori di Michelangelo e Raffaello, nella Sistina e nelle Stanze Vaticane; soprattutto la sua insaziabile sete di conoscenza lo condusse ad indagare con altrettanto zelo le opere dei contemporanei, tra i quali ammir specialmente Annibale Carracci, di cui pot vedere la Galleria Farnese e che sent pi vicino alla sua sensibilit, condividendone linteresse per il movimento e lazione39, e Caravaggio, il cui naturalismo e la manipolazione totalmente innovativa della luce colpirono molto il giovane fiammingo, nonostante il suo temperamento fosse di gran lunga differente da quello del Merisi40. Nutrita era anche la colonia di artisti provenienti dal nord delle Alpi che si erano stabiliti nellUrbe, prevalentemente paesaggisti, che frequentavano le ricche dimore e le collezioni di nobili famiglie romane e di alti prelati, accolti e protetti generosamente si ricordi che in questo periodo la Chiesa Cattolica era impegnata nel diffondere i principi e i contenuti della Controriforma41 - tanto dagli uni che dagli altri, e tra di essi Rubens si leg di una profonda amicizia al pittore

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Jaff suggerisce che Rubens possa aver fatto un ritratto del Montalto, perduto, basandosi su un disegno preparatorio conservato al Kupferstichkabinett a Berlino. Certamente dipinse per il cardinale la Deposizione che entr poi a far parte della collezione Borghese. Cfr. Jaff 1977, ed. 1984, p. 68. 37 Navarrini 1977, pp. 58-59. 38 Schizzerotto 1979, p. 145. 39 Oppenheimer 2002, p. 157. 40 Belkin 1998, p. 59. 41 Belkin 1998, p. 63; Oppenheimer 2002, p. 107.

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tedesco Adam Elsheimer (1578 1610), che si era trasferito a Roma nel 1600, dopo aver passato due anni a Venezia. La profonda stima professionale e laffetto sincero che il fiammingo nutriva per lamico sono ben evidenti nella lettera di risposta alla notizia della morte prematura di Elsheimer42, avvenuta l11 dicembre 1610: Certo che dovrebbe per una tale perdita vestirsi di lutto stretto tutta la nostra professione, la quale non ritrover facilmente un par suo che, al giudicio mio, in figurette et in paesi () non ebbe mai pari, oltra ch morto nel fiore delli suoi studij (). Io per me non stimo desser mai stato maggiormente trafitto al cuor di dolore che con questa nova n guardar giamai con occhi damico costoro che lhanno ridotto a s miserabil fine. 43. In questo iniziale soggiorno romano arriv anche la prima prestigiosa commissione pubblica, documentata anche dalle fonti pi antiche44: una pala per laltare della Cappella di Sant'Elena nella Chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, una delle sette mete di pellegrinaggio della citt, la cui fondazione veniva fatta risalire allImperatore Costantino nel IV secolo. Il committente dei pi influenti, lArciduca Alberto dAustria, che a soli diciassette anni era stato nominato cardinale proprio della basilica in questione, a cui recentemente aveva donato una reliquia preziosissima, un frammento della Vera Croce, evento che si era in seguito rivelato dannoso per la reputazione del principe; difatti era stata trafugata per poi essere scandalosamente ritrovata in vendita nelle strade di Roma, e, una volta ritornata alla sua legittima collocazione, si era diffusa la voce che lArciduca fosse ancora in debito con lorafo che aveva lavorato nella chiesa45. Probabilmente per fugare tali maldicenze, il reggente delle Fiandre aveva chiesto al suo ambasciatore a Roma dandogli carta bianca per la

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Il pittore era soggetto a frequenti crisi depressive, Belkin 1998, p. 62. 14 gennaio 1611, indirizzata a Jean Faber, in Lettere 1987, pp. 75-76. 44 Lind 1946, p. 38; Baglione 1649, ed. 1975, p. 362; Bellori 1672, ed. 1976, pp. 240241. 45 Jaff 1977, ed. 1984, p. 64; Schama 1999, p. 108; Oppenheimer 2002, p. 160.

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scelta, ma imponendo un tetto di spesa di 200 ducati 46 - di trovare un pittore che potesse realizzare la significativa commissione: tale delegato Jean Richardot, figlio dellomonimo consigliere della Corona di cui Philip Rubens era stato segretario, mentre ora questultimo era precettore del fratello minore dellambasciatore, Guillaume, con cui progettava un viaggio in Italia47. Richardot pens a Rubens, avendo avuto verosimilmente occasione di apprezzare il suo talento in precedenza e volendo onorare lamicizia con il fratello, e il soggetto scelto per la pala fu lEstasi di sant'Elena, ora allHpital de Petit-Paris a Grasse, opera ancora molto legata alla maniera di Venius e ispirata alla Santa Cecilia di Raffaello48; il lavoro fu terminato entro il mese di gennaio 1602. Lambasciatore di Bruxelles scrisse il 26 gennaio 1602 al Duca di Mantova pregandolo di prorogare il ritorno del pittore a corte, in quanto: Havendo ordine dal Archiduca Alberto mio Signore di restaurare una cappella di Santa Helena nella chiesa Santa Croce in Hierusalem () feci diligentia di ricercare un giovane pittore fiamengho Pietro Paulo, cha nome dessere valenthuomo nellarte sua49 per eseguire altre due pale per gli altari laterali della stessa cappella. In esse vennero raffigurate lIncoronazione di spine, anchessa a Grasse, e lErezione della Croce, il cui originale andato distrutto nel Settecento, entrambe molto vicine nello stile alla pala centrale; Rubens port a termine i dipinti agli inizi dellaprile del 1602, ripartendo per Mantova il 20 dello stesso mese.

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Come si legge nella lettera da parte dellArciduca datata 8 giugno 1601, Oppenheimer 2002, p. 160. 47 Bodart 1985, p. 16; Oppenheimer 2002, pp. 159-160. 48 Bodart 1985, p. 17; White 1987, p. 24. 49 CDR, I, p. 43.

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Mantova (aprile 1602 marzo 1603) Le notizie riguardanti i mesi successivi al ritorno presso i Gonzaga sono piuttosto scarse, sia Schama che Oppenheimer50 suppongono che il pittore fu impegnato in un ciclo di dipinti sul tema dellEneide virgiliana, attivit al cui riguardo Schizzerotto riferisce un interessante aneddoto che pu risultare utile per comprendere la versatile personalit dellartista: mentre dipingeva il duello tra Turno ed Enea opera per noi perduta - nel suo studio in Palazzo Ducale, declamava ad alta voce i versi con cui Virgilio introduce le truppe inviate in soccorso ad Enea e guidate da Ocno (). Per caso passava di quelle parti il duca, che entr, ed avendo udito lo squarcio rivolse la parola al Rubens in latino, pensando che il pittore non conoscesse la lingua antica. Ma quello replic al suo signore in un latino cos elegante che il duca rimase attonito ()51. Rubens dovette forse dedicarsi anche a qualche ritratto per il Camerino delle Dame del Duca. Levento principale di questo periodo fu lincontro con il fratello a Verona avvenuto ai primi di luglio; Philip era giunto in Italia alla fine dellanno precedente, come testimonia la lettera gi menzionata del 13 dicembre 1601, in cui manifestava tutta lansia di rivedere lartista: il mio primo desiderio era di vedere lItalia, il secondo di rincontrarti l: il primo stato esaudito, il secondo, spero, lo sar presto. Il giovane studioso accompagnava Guillaume Richardot per guidarlo nel completamento dei suoi studi con il viaggio distruzione in Italia, appunto, ed ambiva a conseguire egli stesso il titolo di Dottore in Legge a Roma, seguendo le orme del padre Jan. Presente alla riunione nella citt veneta fu pure Jan Woverius, allievo di Lipsio come Philip, comune amico dei fratelli Rubens; possibile che in questa occasione Peter Paul conobbe Peiresc, in cui Philip si doveva essere imbattuto a Padova e dal quale era rimasto evidentemente affascinato per via degli svariati meriti del giovane

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Schama 1999, pp. 111-112; Oppenheimer 2002, pp. 166-168. Schizzerotto 1979, pp. 139-140.

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aristocratico provenzale, bibliofilo e poliglotta, che gi possedeva una discreta collezione di curiosa, sicuramente ammirata dallo studioso di Anversa. Il legame intellettuale, oltre che affettivo, tra i due fratelli era molto profondo, cos da rendere verosimile il desiderio di Philip di condividere unamicizia cos stimolante. Il gruppo si divise poi seguendo strade diverse: lo studioso con gli amici si diresse a Bologna ed il pittore torn a Mantova il 15 luglio. opportuno ricordare che Bellori52 riteneva fosse da ascrivere a questo periodo il primo viaggio a Venezia di Rubens, e non improbabile che lindustrioso fiammingo si rec nuovamente nella Serenissima durante questo intermezzo mantovano. Il viaggio diplomatico in Spagna Il Ducato di Mantova e del Monferrato era un piccolo stato sulla carta geografica italiana del principio del XVII secolo, pertanto per sopravvivere occorreva ricorrere, da parte del suo signore, ad unaccorta politica di alleanze: cos Vincenzo I affid al suo giovane pittore di corte unimpegnativa missione diplomatica presso il potente Filippo III di Spagna. La scelta era ricaduta su Rubens probabilmente grazie al suggerimento del Segretario di Stato dei Gonzaga, Annibale Chieppio, che aveva compreso la raffinata educazione ricevuta dallartista, la sua acuta intelligenza e la conseguente abilit diplomatica. Lincarico consisteva nellaccompagnare una moltitudine di preziosi doni diretti al re spagnolo e ad alcuni importanti personaggi del suo seguito. La ragione politica dellambasceria non era di semplice omaggio a quella che, allora, era la potenza dominante in Italia, piuttosto il Duca ambiva, presumibilmente, ad ottenere la prestigiosa carica militare di ammiraglio della possente flotta iberica, come sembra indicare un passaggio della lettera di Iberti, residente mantovano alla corte di Filippo III, allindomani della presentazione dei doni al re:

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Bellori 1672, ed. 1976, p. 241.

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Dopo () parlai al Re con molta essaggerattione dellincessante desiderio che da tantanni in gi ha V. A. di servire S. M. in cariche di guerra53. Rubens part il 5 marzo 1603 - come attesta il lasciapassare per attraversare gli stati italiani firmato dal principe54 - a capo di un convoglio che trasportava un carico di grande valore 55, costituito da una carrozza dorata di pregevole fattura e sei cavalli bai provenienti dalle celebri scuderie ducali, undici archibugi intarsiati, un vaso di cristallo di rocca pieno di profumo, il tutto destinato al solo sovrano di Spagna, uomo amante dei piaceri mondani e della caccia; mentre al Duca di Lerma, potentissimo consigliere del re, vero reggente del governo spagnolo, era destinato un gran numero di dipinti, che comprendevano un San Girolamo di Quentin Metsys, un ritratto a grandezza naturale di Vincenzo I del Pourbus, alcune copie di Tiziano, sedici quadri realizzati da Pietro Facchetti56 a Roma, tratti dai capolavori raffaelleschi delle Logge Vaticane e della Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo, ancora vasi doro e dargento. Per il favorito del Lerma, Don Pedro Franqueza, Segretario di Stato, erano stati preparati due vasi di cristallo di rocca e stoffe damascate, infine, alla sorella del Duca, la Contessa di Lemos, avendo reputazione di donna molto pia, furono donati un crocifisso in cristallo di rocca e una coppia di splendidi candelabri. Nonostante la magnificenza di quanto trasportato, del cui imballaggio si era occupato personalmente il pittore57, il viaggio era stato

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CDR, I, p. 187; cfr. Tagliaferro 1977, p. 36. Schizzerotto 1979, p. 146. 55 Per le notizie a seguire sulla consistenza dei doni inviati in Spagna, cfr. Jaff 1977, ed. 1984, p. 74; Bodart 1985, pp. 18-19; Schama 1999, pp. 112-113; Oppenheimer 2002, pp. 170-171. 56 Per approfondire la vicenda delle copie fatte realizzare a Roma dal Facchetti, cfr. Luzio 1913, pp. 280-282. 57 Non doveva essere stata unimpresa da poco: i dipinti erano stati arrotolati e avvolti in un doppio strato di panno rivestito di cera, poi riposti in casse di legno rivestite di stagno; le cristallerie furono sistemate tra velluti ed imbottiture di lana, circondate di paglia. Cfr. Schama 1999, p. 114; Oppenheimer 2002, p. 177.
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male organizzato, prevedendo un itinerario insensatamente tortuoso e, soprattutto, un budget di spesa di gran lunga inferiore alle reali necessit, costringendo Rubens a ricorrere alle proprie finanze. Al pittore era stato imposto di imbarcarsi dal porto di Livorno, invece che da quello di Genova, pi grande e quindi munito di un maggior numero di collegamenti per la Spagna, solo per soddisfare la vanit di Vincenzo I, che desiderava mostrare la ricchezza e la sontuosit dei suoi doni passando per i principali centri italiani, sperando particolarmente di impressionare linsigne Granduca di Toscana; ci comport un cammino ancora pi lungo e complicato, che si svel pieno di ostacoli ed imprevisti: a Bologna Rubens fu costretto ad abbandonare il veicolo appositamente costruito per il trasporto della magnifica carrozza, cos ingombrante da essere inadeguato allattraversamento dellAppennino, fatto che aveva suscitato lo scherno e lilarit dei mulattieri ivi trovati si consideri anche lo speciale trattamento a cui, per ordine del Duca, dovevano essere quotidianamente sottoposti i cavalli bai, consistente in un bagno di vino - mentre il carico straordinario fu trasferito su un carro trainato da buoi58. Giunse a Firenze il 15 marzo e tre giorni dopo, bloccato nellattesa dellarrivo del carroccino per via del maltempo e delle piene59, diede inizio alla fitta corrispondenza con Annibale Chieppio, che sarebbe durata per tutto il viaggio: con grande diplomazia manifest le sue rimostranze per la superficiale pianificazione del tragitto e linsufficienza dei fondi atti al pagamento di dazi e spese di trasporto60. Inoltre espresse le sue perplessit riguardo alla possibilit di trovare una

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Lettere 1987, p. 36; Schama 1999, p. 114; Oppenheimer 2002, pp. 170-171. Lettere 1987, p. 38. 60 Scrive Rubens: mi risolvo pi tosto di travagliar V. Sig ia Illma () che non sprezer la cura di questa mia picciola navicella, molto male guidata sinhora per consiglio di non so chi puoco accorto, parlando sempre con rispetto, et non a fine dincolpar alcuno, n discusar me stesso, ma per chiarir a Su Altezza Ser ma come dellerrore daltrui, il danno redonda in lei e ancora: Non poco lesser essemto, che si non fosse importariano di pi le gabelle () che tutto il viaggio, che ancora sin adesso di gran longa excede gli termini limitati e prescritti nella scarsa idea del Sigr Maestro di casa et altri.; cfr. Lettere 1987, pp. 35-37.

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nave diretta in Spagna da Livorno, riferendo dei colloqui avuti con alcuni mercanti fiorentini, che quasi si segnarono per meraviglia di tanto errore, dicendo che dovevamo andar a Genova ad imbarquarsi61, ragione per cui si propone di raggiungere il porto ligure via mare una volta giunto a Livorno. La tappa successiva fu Pisa, da dove il 26 marzo 160362 lartista inform il segretario del Gonzaga di essersi recato da solo a Livorno ed aver trovato due imbarcazioni di Amburgo facenti rotta verso le coste iberiche, di cui una venne per requisita dal Granduca di Toscana, Ferdinando I deMedici (1549 1609) - conosciuto forse gi in occasione del matrimonio della nipote Maria nel 1600 - che aveva fatto richiesta al pittore di condurre con s in Spagna una chinea e un tavolo di marmo da consegnare al suo capitano Don Giovanni De Vich63. Tre giorni dopo il principe Medici lasci sconcertato Rubens, dimostrando tutta la solidit del suo potere, come si evince eloquentemente dalle stesse parole dellingenuo, ma non troppo, fiammingo: Il granducca me fece chamar hoggi dopo pranso, () et ricercando alquanto curiosamente del viaggio mio et altri mei particolari proprij, me fece quel principe stupire a scoprirsi talmente informato dogni minutezza de la quantit e qualit di presenti destinati a questo a quel altro; et de pi mi disse non senza gran mia ambitione qual io fus[se], qual patria, qual professione et il g[ra]do in quel[la]. Io me ne restai quasi imbalordito per sospetto di qualque spirito familiare overo deccellente corrispondenza de relatori per non dir spioni in casa del nostro principe istesso, che altremente non puole esser, non havendo io specificato le robbe n in douana n altrove. Forse la semplicit mi causa tal meraviglia di cose ordinarie nelle corti.64 Il 2 aprile 1603 la goletta nel porto di Livorno era in attesa di vento favorevole per far vela verso Alicante, avendo gi imbarcato lingente

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Ibidem. Lettere 1987, pp. 38-39. 63 Lettere 1987, p. 42. 64 Lettere 1987, p. 40.
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carico di bagagli ed uomini65; giunto a destinazione il 20 aprile circa66, il convoglio si rimise brevemente in marcia alla volta di Madrid, dove arriv una settimana pi tardi, accompagnato da piogge torrenziali67. Tuttavia le difficolt sembravano destinate a non esaurirsi e nuovamente Rubens fu costretto a constatare amaramente il prezzo della disorganizzazione della sua spedizione apprendendo, ormai troppo tardi, la notizia che i reali spagnoli avevano trasferito gi da qualche tempo la corte a Valladolid; lartefice di tale decisione era stato il Duca di Lerma, che poteva cos meglio controllare Filippo III, impegnando re e consorte nella caccia e nella supervisione delle decorazioni di un nuovo enorme palazzo, costruito su un terreno che aveva loro venduto e che era circondato da una zona completamente sotto il suo potere68. Tuttavia il pittore, non sapendo se avrebbe fatto ritorno nella residenza regia madrilena, non si lasci sfuggire loccasione di visitare le collezioni reali nellEscorial 69, eseguendo forse alcune copie da Tiziano. Doppo venti giornate de camino fastidioso per quotidiane piogge e venti impetuosissimi70 la carovana entr a Valladolid il 13 maggio, accolta dal residente mantovano Annibale Iberti, a sua detta ignaro della missione. I sovrani erano partiti la mattina stessa per una battuta di caccia alla lepre nei pressi di Burgos, ad Aranjuez, ma lennesima contrariet non scoraggi Rubens, che guard alla pausa come unopportunit per riprendersi dal lungo e faticoso viaggio e risolvere alcune questioni di carattere pratico: il pittore era rimasto senza un

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Lettere 1987, pp. 41-43; nella stessa missiva Rubens lament linsufficienza dei danari, a dispetto di quanto il Maestro di Casa Gonzaga aveva assicurato, avendogli infatti lasciato intendere di essere coperto anche da eventuali imprevisti e disgrazie. 66 Lettere 1987, p. 44. 67 Schama 1999, p. 116. 68 Jaff 1977, ed. 1984, p. 75. 69 Rubens ha scritto a tal proposito: () tante cose bellissime, del Titiano e Raphaello et altri che mi hanno fatto stupire in qualit e in quantit, in casa del re et in Escuriale et altrove; Lettere 1987, p. 49. 70 17 maggio 1603, Lettere 1987, p. 46.

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soldo exposto ad apparente speza di vestiti et altro71 e Iberti lo aveva aiutato presentandogli un amico mercante che gli fece credito. Proprio in questo frangente lo attendeva la prova pi difficile della spedizione, che il giovane fiammingo seppe volgere a proprio vantaggio: il 24 maggio, bench il resto del carico fosse arrivato in perfette condizioni invitando allottimismo, si scopr che i dipinti erano stati gravemente danneggiati dalle incessanti piogge dellultima parte del viaggio, tanto che le tele comparsero putrefatte e marzze di tal sorte che quasi dispero de poter ripararle72, come comunic a Chieppio un Rubens insolitamente abbattuto ed anche piuttosto risentito per lingrato compito assegnatogli di custode di opere altrui senza mescolargi una pennellata del mio73. In ogni caso il pittore non perse tempo e pass alla disamina dei quadri, riscontrando che solo due erano irrecuperabili, mentre gli altri necessitavano solo di essere asciugati e ripuliti, ed i colori ritoccati; Iberti sugger di avvalersi dellaiuto di pittori spagnoli per il restauro, e di eseguire alcuni paesaggi, considerati unici soggetti alla portata di un nordico, ma lartista, conscio del proprio talento, non accett il suggerimento, considerando lincredibil insufficienza e dapocagine di questi pittori74 e soprattutto riflett che, poich la vernice fresca avrebbe svelato il recente ritocco, in caso di successo avrebbe dovuto condividere il merito del lavoro con artisti di levatura certamente inferiore, compromettendo la propria reputazione75. Infine sostitu le due tele rovinate con unopera di sua mano, Eraclito e Democrito, ora a Valladolid, soggetto che dimostrava il gusto e lerudizione dellautore76.

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Rubens era ben consapevole dellimportanza delletichetta a corte, che prescriveva anche una certa ricercatezza nellabbigliamento a dimostrazione delle potenza e ricchezza del proprio signore; Lettere 1987, p. 47. 72 Lettere 1987, p. 48. 73 Ibidem. 74 Lettere 1987, p. 49. 75 et io restar svirginato intempestivamente in suggietto vile et indegno de la mia fama non sconosciuta qui., ibidem. 76 Schama 1999, pp. 117-119.

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Filippo III torn a Valladolid ai primi di luglio. I doni gli furono presentati una decina di giorni dopo in due momenti diversi; dalla prima cerimonia Iberti, forse preoccupato dal potenziale favore che andava conquistandosi, estromise arbitrariamente Rubens, nonostante le opposte istruzioni di Vincenzo Gonzaga, lasciandolo ad assistere in posizione defilata nella folla di spettatori, come non manc di far notare lo stesso pittore con il consueto savoir-faire nella lettera al Duca datata 17 luglio 1603: non posso mancar daccompagnar il suo bastante adviso con tre parole, () potendo testimoniar veramente in questo come parte del negocio, et o presente o partecipe dambeduoi le donationi, del carroccino vid, de le pitture e vasi feci. In quella mi piacquero gli indicij che dava il re in gesti, cenni, sorrisi, exteriormente considerati.77. Alla presentazione dei dipinti al Duca di Lerma il fiammingo riusc ad occupare il posto che gli spettava, per cui pot testimoniare a Chieppio lammirazione e la soddisfazione espresse dal ministro, ma anche dai reali e dal loro seguito, che accettarono i quadri come originali - tale lo straordinario effetto dellintervento di restauro di Rubens. Lerma, inoltre, riconobbe appieno le doti del giovane pittore, tanto da chiedergli di eseguire un suo ritratto. La commissione tenne impegnato il pittore dalla fine di luglio fino a novembre 1603, quando a Ventosilla, sede della residenza del Duca, complet lopera78; dallepistola del 15 settembre79 possiamo dedurre che Rubens aveva gi stabilito di raffigurare il potentissimo ministro a cavallo, e tale scelta si riveler di importanza fondamentale per la creazione di un modello di ritratto di potere a cui far riferimento sia lo stesso pittore nella sua produzione successiva sia i suoi successori. Vincenzo I aveva ordinato al suo pittore di corte, gi alla fine dellestate, di partire per la Francia una volta portato a termine lincarico presso la corte iberica, che prevedeva tra laltro una serie di ritratti di

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Lettere 1987, p. 51, cfr. lettera al Chieppio nella medesima data, pp. 52-53. Jaff 1977, ed. 1984, p. 76. 79 Lettere 1987, pp. 54-55.
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dame spagnole. proprio nellultima lettera relativa al periodo preso in considerazione che Rubens rende possibile, grazie alle sue parole, rilevare il profondo cambiamento avvenuto nella percezione di se stesso e delle sue capacit; pur scrivendo con il rispetto dovuto al proprio mecenate e argomentando sempre con consumata abilit diplomatica, protest con nuova dignit lordine ricevuto, adducendo come motivo principale del suo rifiuto a recarsi presso la corte francese ad eseguire ancora altri ritratti di belt la convinzione di perdere pi tempo, viaggij, spese, salarij () in opere vili a mio gusto et communi a tutti nel gusto del sigr ducca80. Il giovane fiammingo ha preso coscienza del suo talento durante la difficile missione diplomatica, e ha smesso di porsi come semplice dipendente del Gonzaga, rivendicando ormai il diritto al riconoscimento del suo rispettabile status di artista ormai affermato: Con tutto ci mi remetto totalmente come buon servitore nel arbitrio dogni minimo cenno del padrone, supplicando per volersi servire di me, in casa o fuori, de cose pi appropriate al genio mio ().81. Ritorno sulle rive del Mincio Memore dei disagi del viaggio di andata, e nella speranza di ottenere il rimborso delle spese sostenute personalmente durante il suo incarico diplomatico, al ritorno Rubens torn via Genova, dove approd verosimilmente nel febbraio 1604. Le fonti82 sono unanimi nellinformarci della presenza del pittore nella Repubblica, ma la principale difficolt resta nel determinare riferimenti temporali precisi. Lo stesso artista conferma la relazione con la citt nellepistola del 19 maggio 1628, ormai da Anversa, indirizzata allamico Pierre Dupuy (1582 1651), conservatore della Biblioteca Reale di Parigi: Ho disteso questo discorso alquanto perch sono stato pi volte a Genova

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Lettere 1987, p. 57. Ibidem. 82 Baglione 1649, ed. 1975, p. 363; Bellori 1672, ed. 1976, p. 242; Soprani in Huemer 1977, p. 43.

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et avuto intrinsichezza grandemente con alcuni personnagi eminenti di quella republica.83. Tra questi ultimi il primo con cui Rubens entr in contatto fu sicuramente Nicol Pallavicino, il banchiere che il Duca nel 1602 aveva insignito del titolo marchionale per il feudo monferrino di Mornese84, e che aveva indicato come responsabile del risarcimento tanto agognato dal giovane fiammingo; i rapporti tra il Gonzaga e il ricco genovese andavano oltre la mera richiesta di finanziamenti, difatti esisteva un fitto scambio di doni tra i due gentiluomini, che annoverava una variet di beni di lusso come cavalli e cani di razza, piante, frutti ed animali esotici, nonch Pallavicino si occupava di supervisionare la confezione e spedizione degli abiti del principe da Genova a Mantova85. Tale conoscenza procur al pittore la commissione pubblica che lo rese noto alle famiglie dellaristocrazia genovese, la pala della Circoncisione per laltare maggiore della Chiesa del Ges, voluta da Marcello Pallavicino, gesuita appunto, e sostenuta economicamente dal fratello Nicol86. Nel marzo successivo Rubens si trovava a Mantova, dove rivide il fratello Philip, che aveva portato a compimento gli studi in giurisprudenza a Roma, laureandosi nel giugno 1603, ed era in viaggio per tornare ad Anversa. Il maggiore dei fratelli aveva vissuto con grande apprensione la traversata invernale dalla Spagna di Peter Paul, tanto da dedicargli unelegia in latino in cui aveva cercato di esorcizzare in versi i suoi timori per i pericoli del mare87. Secondo Oppenheimer88 proprio tra marzo e aprile 1604 si verific un altro incontro significativo, quanto meno da un punto di vista storico: Galileo Galilei (1564 1642) fu invitato dal Duca Vincenzo - che coltivava tra i suoi interessi anche scienza e alchimia, e che era rimasto colpito dallultima invenzione del matematico, il compasso geometrico e militare - per discutere la proposta di diventare scienziato

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Lettere 1987, p. 323. Boccardo 2004, p. 5. 85 Tagliaferro 1977, pp. 34-35. 86 Tagliaferro 1977, p. 37; Boccardo 2004, p. 5. 87 Huemer 1977, p. 26; Oppenheimer 2002, pp. 190-191. 88 Oppenheimer 2002, pp. 191-192.
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di corte del Gonzaga; laccordo in merito al salario tra il principe e lastronomo non venne raggiunto, ma sembra avere un certo fascino lipotesi di uno scambio proficuo didee in merito allargomento del rapporto tra luce e colore avvenuto tra Rubens e Galilei, che era anche autore di un trattato sul colore dal titolo De visu et coloribus. Nella primavera del 1604 arriv anche la prima vera commissione di prestigio da parte del Duca: tre tele per la decorazione della cappella maggiore della Chiesa della Santissima Trinit a Mantova. La chiesa apparteneva alla Compagnia di Ges, il cui ingresso nella citt ducale alla fine del XVI secolo era stato piuttosto lento e difficoltoso a causa dellatteggiamento diffidente, se non ostile, del padre di Vincenzo I, il Duca Guglielmo Gonzaga (1538 1587), memore dei recenti contrasti con papa Pio V, che appoggiava le rivendicazioni indipendentiste locali dei Monferrini, e timoroso dellascendente che avrebbero potuto esercitare i religiosi sulla vita pubblica; la difesa e lintroduzione dei gesuiti fu invece la crociata della vita della moglie di questi, Eleonora dAustria (1534 1594), donna molto pia e desiderosa di offrire la possibilit di ricevere uneducazione anche ai ceti meno abbienti. Alla morte della madre, Vincenzo I prese la decisione di insediare la cappella funeraria dei Gonzaga nella Chiesa della Santissima Trinit, risoluzione che i gesuiti accettarono di buon grado avendo cos garantita la protezione del principe89. Rubens inizi probabilmente a lavorare alla pala centrale raffigurante la Famiglia Gonzaga in adorazione della Trinit e ai due dipinti laterali del Battesimo di Cristo e della Trasfigurazione nel mese di giugno; la scelta del soggetto centrale fu ovviamente determinata dallesigenza di rendere omaggio al principe di Mantova e di ribadire il legame tra la chiesa e la famiglia ducale, mentre le altre due tele presentano uniconografia pi tradizionale legata ai due momenti nella vita di Cristo in cui si manifesta la Trinit90. I tre dipinti hanno subito tragicamente le conseguenze delle invasioni napoleoniche, in-

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Bazzotti 1977, pp. 28-39; per approfondire la storia dellinsediamento dei gesuiti a Mantova cfr. Schizzerotto 1979, pp. 13-61. 90 Bodart 1985, p. 22.

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fatti nel 1797 la Trasfigurazione fu trafugata dai francesi e portata a Parigi, da dove fu poi trasferita al Muse des Beaux-Arts di Nancy, mentre il Battesimo, ora al Muse Royal de Beaux-Arts di Anversa, fu sottratto nottetempo da un graduato francese nel 1801; la pala centrale della Trinit mostra la vicenda pi sfortunata dal momento che sempre nel 1801 fu smembrata con la conseguente dispersione dei frammenti pi piccoli principalmente i ritratti dei giovani Gonzaga e la ricomposizione arbitraria del nucleo centrale come ora lo vediamo nel Museo di Palazzo Ducale di Mantova91. Il 25 maggio 1605 la Duchessa Eleonora de Medici scriveva al marito a Venezia: I quadri di Pietro Paolo sono finiti et li padri giesuiti desiderrerebano che si scoprissino il giorno della Santissima Trinit92; e i tre dipinti vennero scoperti al pubblico nella cappella maggiore proprio domenica 5 giugno 1605, giorno della Santissima Trinit93. Il pittore aveva ricevuto un compenso di milletrecento ducati per la propria opera94, a cui segu un lavoro piuttosto ordinario al confronto: Vincenzo I ordin di realizzare delle copie, per noi perdute, dalle Allegorie del vizio e della virt di Correggio, che il Gonzaga intendeva donare allimperatore Rodolfo II dAsburgo95 e che tennero impegnato Rubens fino allautunno, quando ottenne il permesso di recarsi nuovamente a Roma. Lultimo soggiorno nellUrbe Philip Rubens ritorn in Italia alla fine del 1605, raccomandato dal maestro Lipsio, per rivestire lincarico di bibliotecario presso il Cardinale Ascanio Colonna (1560 1608), che aveva raccolto un patrimonio di pi di 7.000 volumi nel palazzo di famiglia a Roma. Nel mese

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Schizzerotto 1979, pp. 81-97, 99-124; per i documenti relativi alla vicenda della dispersione dei dipinti cfr. Navarrini 1977, pp. 56-58. 92 Navarrini 1977, p. 55. 93 Navarrini 1977, p. 56. 94 Bazzotti 1977, p. 34. 95 Bodart 1985, p. 23.

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di dicembre i due fratelli andarono ad abitare insieme in una casa in via della Croce, nelle vicinanze di piazza di Spagna, assistiti da due servitori96. Ci diede loro lopportunit di approfondire lo studio del mondo classico, interesse comune ad entrambi, che si concret nella redazione di una miscellanea dal titolo Electorum libri duo, riguardante usi e costumi della societ romana antica; la ricerca sulle fonti letterarie fu condotta da Philip, mentre un vasto apparato iconografico di sculture, bassorilievi e sarcofagi venne curato da Peter Paul97. Si tratt di un periodo molto intenso per il pittore, contraddistinto da grande arricchimento culturale e vivaci stimoli intellettuali, grazie anche al circolo di artisti e letterati nordici che ebbe occasione di frequentare: si riunivano presso Johann Faber (1574 1629), tedesco, professore di botanica e anatomia al collegio La Sapienza, curatore dellorto botanico del Vaticano e membro dellAccademia dei Lincei98. Fu questultimo a curare il minore dei Rubens quando nellestate del 1606 si ammal gravemente di pleurite, e il pittore, una volta guarito, gli don in segno di riconoscenza il dipinto di un gallo, dedicandolo Al mio Esculapio, con riferimento al principale attributo del dio greco della medicina, Asclepio, gesto che sebbene faceto, dimostra la sua erudizione, come ebbe a dire lo stesso Faber 99. Tra gli amici la cui bona conversatione mi far venire talvolta martello di Roma100, come Rubens scrisse al medico tedesco nellaprile del 1609, conviene ricordare il pittore Paul Brill (1554 1626), compagno del giovane fiammingo nelle escursioni fuori porta nella campagna romana, e il filologo e libellista Caspar Schoppe (1576 1649), latinizzato in Gaspar Scioppius, divenuto prefetto della stampa vaticana dopo essersi convertito dal protestantesimo al cattolicesimo101. Fu probabilmente in questo frangente che il pittore dovette dare avvio alla sua

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Schama 1999, p. 130; cfr. anche Lettere 1987, p. 59. Schama 1999, p.132; Belkin 1998, p. 84; White 1987, pp. 33-34. 98 Schama 1999, p. 107. 99 White 1987, p. 33. 100 Lettere 1987, p. 73. 101 Oppenheimer 2002, p. 207; Belkin 1998, p. 83; Bodart 1985, pp. 32-33.

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attivit di collezionista di antichit, dal momento che al suo ritorno ad Anversa doveva aver gi acquistato almeno due sculture102. I versamenti mensili dovuti allartista da Mantova tardavano notevolmente, tanto che il 29 luglio 1606103 Rubens scrisse a Chieppio di non percepire lo stipendio da quattro mesi: lo stato di necessit economica, aggravato dalla recente malattia, e la profonda ambizione di giovane pittore di talento che lo animava, spinsero lartista a cogliere la pi bella et superba occasione di tutta Roma (). Quest laltar maggiore della chiesa nuova delli preti dellOratorio detta S. Maria in Vallicella, senza dubbio hoggid la pi celebrata et frequentata chiesa di Roma per esser situata giusto nel centro dessa et adornata a concorrenza di tutti li pi valenti pittori dItalia104. Effettivamente il fiammingo aveva ragione a considerare la chiesa affidata alle cure degli eredi spirituali di Filippo Neri come una delle pi importanti dellUrbe: si riteneva che nella medesima area papa san Gregorio Magno (540 604) avesse fondato la primitiva chiesa dedicata alla Vergine; inoltre lattuale basilica conservava le reliquie di ben cinque santi Domitilla, Mauro, Papia, Nereo ed Achilleo e vantava come parte della sua decorazione interna capolavori quali la Deposizione di Caravaggio (ora nella Pinacoteca Vaticana), la Crocifissione di Scipione Pulzone e due opere di Federico Barocci, la Visitazione e la Presentazione al Tempio. Il 25 settembre 1606 Rubens firm il contratto 105 con il rettore della chiesa, Padre Flaminio Ricci, e il rappresentante della Congregazione, Padre Prometeo Pellegrini, impegnandosi a consegnare il dipinto allo scadere dei successivi otto mesi; venne anche stabilito che lopera poteva essere rifiutata dai committenti in caso non risultasse di loro gradimento, e che a tal fine sarebbe stata stimata da dui gentiluomini o dui Cardinali da eleggersi uno per parte 106. I due prelati

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White 1987, p. 35. Lettere 1987, p. 58. 104 Lettera a Chieppio in data 2 dicembre 1606 in Lettere 1987, p. 59. 105 Per loccasione italianizza il proprio nome in Pietro Paolo Rubenio; cfr. il testo integrale del contratto in Roma 1990, pp. 53-54. 106 Ibidem.

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scelti furono, con ogni probabilit, il Cardinale Cesare Baronio (1538 1607), autore del primo Martirologio Romano riconosciuto ufficialmente dal Vaticano e dei primi volumi degli Annales ecclesiastici, e il Cardinale Scipione Borghese (1576 1633), celebre mecenate e collezionista107: tale scelta suggerisce il prestigio e limportanza della commissione. La preferenza accordata dagli Oratoriani a Rubens fu per merito della viva ammirazione nutrita nei confronti del giovane pittore dal Cardinale Giacomo Serra, futuro tesoriere generale della Chiesa e commissario generale delle truppe pontificie, che offr 300 dei 450 scudi necessari ai lavori nella Chiesa Nuova, a condizione che lesecuzione della pala per laltare maggiore fosse assegnata allartista fiammingo108; la famiglia genovese dei Serra era legata a quella dei Pallavicino per ragioni matrimoniali e daffari109, tuttavia non possibile stabilire se Rubens e il nuovo protettore si fossero gi conosciuti personalmente prima di questo incarico o lalto prelato avesse avuto modo di apprezzare solo le opere dellartista. Come soggetto del dipinto fu deciso di rappresentare san Gregorio Magno circondato dai santi martiri di cui venivano venerate le spoglie in Santa Maria della Vallicella, tutti in adorazione dellicona medievale della Vergine, ritenuta miracolosa, che doveva essere curiosamente inserita allinterno del dipinto. Alla fine di novembre 1606 il Duca Vincenzo I inizi a reclamare il ritorno del suo pittore di corte, ma Rubens scrisse a Chieppio il 2 dicembre chiedendo che gli venissero concessi tre mesi per completare il dipinto per la Chiesa Nuova: addusse abilmente come motivazione la maggior gloria guadagnata al suo signore con unopera cos notevole e rimarc la disponibilit di notabili illustri, tra cui il Cardinale Borghese, a intercedere presso il principe di Mantova per il prolun-

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Guarino 1990, p. 21; Jaff 1977, ed. 1984, p. 95. Oppenheimer 2002, p. 205; White 1987, p. 38; Jaff 1977, ed. 1984, pp. 95-96. 109 La moglie del citato Nicol Pallavicino, Maria Serra, era la sorella del Cardinale Giacomo, cfr. Tagliaferro 1977, p. 35.
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gamento del suo soggiorno nella citt pontificia 110. Dai documenti111 risulta che lartista si trovava ancora a Roma alla fine di aprile 1607, e nei primi mesi di quellanno il fiammingo si rese promotore di un importante acquisto per la Galleria Gonzaga: la Morte della Vergine di Caravaggio, rifiutata dai Carmelitani Scalzi della chiesa di Santa Maria della Scala per leccessivo realismo della rappresentazione della Madonna112. Convinto invece della qualit profondamente religiosa del dipinto, Rubens lo espose in pubblico per una settimana, dal 7 al 14 aprile 1607, iniziativa che riscosse grande successo nellUrbe. Il 9 giugno 1607 il pittore era in procinto di partire per Mantova per accompagnare il Duca in un viaggio nelle Fiandre, dove Vincenzo I aveva deciso di trascorrere lestate; nellepistola113 scritta nella stessa data si legge che la pala per la Vallicella era pronta, ma non era stato possibile scoprirla a causa dellassenza del Cardinale Serra, di cui lartista attendeva rispettosamente il ritorno da Venezia per laffettione chei mi porta, e che bisognava in ogni caso aspettare la met del settembre successivo per trasferire licona della Vergine dallingresso della chiesa allaltare. Il Duca modific i suoi programmi accettando lospitalit offerta da Giovanni Battista Grimaldi nella sua magnifica villa a Sampierdarena, presso Genova; Rubens ebbe cos occasione di rinsaldare i rapporti con le famiglie dellaristocrazia della Repubblica: oltre i Grimaldi ricordiamo gli Spinola, i Doria, i gi noti Serra e Pallavicino 114. Tra la visita nella citt ligure nel 1604 e lultima al seguito del Gonzaga si pu ipotizzare un ulteriore passaggio del pittore per Genova115: forse accompagn la sua Circoncisione per collocarla nella Chiesa del Ges fra dicembre 1605 e gennaio 1606 e allora diede inizio alla serie di ri-

110 111

Lettere 1987, pp. 59-60. Lettere 1987, p. 61. 112 Schama 1999, p. 143. 113 Lettere 1987, p. 62. 114 Tra le fonti Bellori conferma il soggiorno a Genova scrivendo: Di Roma egli si trasfer a Genova , e quivi fermossi pi che in altro luogo dItalia; cfr. Bellori 1672, ed. 1976, p. 242. 115 Bodart 1985, p. 25.

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tratti del patriziato locale di cui ci pervenuto un numero piuttosto esiguo di tele. A conferma di tale ipotesi conviene citare una lettera116 di Paolo Agostino Spinola, datata 26 settembre 1606, che chiedeva notizie dellartista a Roma esprimendo il desiderio di avere il suo ritratto e quello della moglie Ginevra Grillo proprio di mano del fiammingo. Rubens studi accuratamente e con grande entusiasmo anche larchitettura dei palazzi nobiliari di Genova; ci port alla pubblicazione ad Anversa nel 1622 di unantologia delle pi belle dimore della Repubblica, dal titolo Palazzi di Genova, poich, come spiegava egli stesso nellintroduzione, si come quella Republica propria de Gentilhuomini, cos le loro fabriche sono bellissime e comodissime, proportione pi tosto de famiglie bench numerose di Gentilhuomini particolari, che di una Corte dun Principe assoluto117. Il 4 agosto 1607 lArciduca Alberto, spinto dai familiari del pittore, scrisse a Vincenzo I chiedendo di concedere a Rubens la licenza di tornare in patria per risolvere alcune faccende che necessitavano della sua presenza; il Duca non solo non sembr comunicare la notizia allartista, ma anzi rispose allaugusto cugino che non aveva intenzione di accordare il permesso, e che inoltre il pittore desiderava restare in Italia118. Alla fine di agosto il principe fece ritorno a Mantova, mentre Rubens si diresse direttamente a Roma. Nella capitale il pittore si trov ad affrontare nuove difficolt: gi rattristato dallassenza del fratello Philip, partito per Anversa alla fine della precedente primavera dopo aver ricevuto la notizia che gli attacchi dasma della madre Maria, ormai settantenne, si erano intensificati119, dovette affrontare il rifiuto del suo dipinto per la Chiesa Nuova da parte degli Oratoriani; Rubens motiv laccaduto nella lettera120 al Chieppio del 2 febbraio 1608 sostenendo che: el mio quadro per laltar maggiore della Chiesa Nova, essendo riuscito buonissimo, i con

116 117

CDR, I, p. 393. Boccardo 2004, p. 7. 118 Navarrini 1977, p. 61. 119 Schama 1999, p. 139. 120 Lettere 1987, p. 65.

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summa sodisfattione di quelli padri e (ci che rare volte accade) di tutti gli altri chel videro prima, ha per sortito cos sciagurata luce sopra quel altare, che a pena si ponno discernere le figure non che godere lesquisitezza del colorito, e delicatezza delle teste e panni cavati con gran studio del naturale i secondo il giudizio dognuno ottimamente riusciti. Schizzerotto121 riferisce tuttavia che la motivazione alla base del rigetto potrebbe essere altra: come modella per la santa Flavia Domitilla, Rubens si sarebbe servito di una prostituta la cui bellezza era nota in tutta lUrbe, forse la famosa Fillide che aveva tanto ispirato Caravaggio, il quale aveva ritratto la cortigiana in alcuni dipinti, come la Santa Caterina da Alessandria ora al Thyssen-Bornemisza di Madrid. Lipotesi sembra avvalorata dal fatto che nella seconda versione, quella definitiva, dellopera di Rubens per la Vallicella il volto della santa appartiene effettivamente ad una modella diversa dalla versione precedente. Quale che fosse la ragione del rifiuto, lartista fiammingo accett di produrre una seconda versione della pala per gli Oratoriani: per superare il problema della cattiva illuminazione scelse come supporto lastre di ardesia, che lo costrinsero a lavorare in loco; inoltre suddivise lopera in tre parti: un dipinto centrale con licona della Vergine adorata da serafini e cherubini e gli altri sei santi gi presenti distribuiti tra le due tavole laterali. Lopera fu terminata durante lestate122 del 1608. Intanto Rubens aveva cercato di vendere la pala rifiutata al Duca Vincenzo I, ricordando al suo mecenate che mancava ancora una sua opera alla galeria delle pitture123 dei Gonzaga; ma il principe rispose negativamente alla richiesta del pittore, attribuendone la causa alla carenza di fondi dovuta ai preparativi del matrimonio del figlio Francesco IV (1586 1612) con Margherita di Savoia (1589 1655), figlia di Carlo Emanuele I124. Lartista espose la sua opera al pubblico nella

121

Schizzerotto 1979, pp. 141-144. Guarino 1990, p. 29; White 1987, pp. 50-51. 123 Lettere 1987, p. 66. 124 Lettere 1987, p. 68.
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medesima chiesa per molti giorni i veduto con gran plauso di tutta Roma125, sperando di trovare un altro acquirente, tuttavia la ricerca non and a buon fine; linsuccesso fu reso pi amaro dallincombenza affidatagli dalla Duchessa Eleonora di valutare un quadro da lei commissionato a Cristoforo Roncalli, detto il Pomarancio, di cui poi la principessa ritard molto il pagamento, costringendo Rubens ad un imbarazzante sollecito nellepistola126 al Chieppio del 23 febbraio 1608. Grazie allintervento di Padre Ricci, originario di Fermo, il pittore ottenne la commissione per la pala daltare della chiesa degli Oratoriani della medesima citt, in cui raffigur lAdorazione dei pastori, ora nella Pinacoteca Civica di Fermo; lavor al dipinto nella primavera del 1608, completandolo nel mese di giugno127. Nellautunno successivo i tre dipinti per Santa Maria della Vallicella non erano stati ancora scoperti, pur essendo finiti, e Rubens ricevette il primo saldo del compenso che gli spettava per lopera il 25 ottobre 1608, ma il suo soggiorno in Italia stava per essere brutalmente interrotto. Il 28 ottobre lartista scriveva a Chieppio: mi sono laltrhieri venute malissime nove circa la persona di mia madre la quale sta di tal maniera indisposta che aggiunta al gravissimo male dun astma la grave et di settantadue anni non si possa sperarne altro fine che quel commune a tutti li huomini128; Rubens, salendo a cavallo129, chiedeva perdono per non potersi congedare personalmente dal Duca Vincenzo I per via dellestrema urgenza, promettendo di far ritorno direttamente a Mantova dopo il funesto viaggio in Fiandra. Il pittore giunse ad Anversa invano, poich la madre era morta il 19 ottobre, cos che allartista non rest che provvedere alla realizzazione di un elaborato altare per la cappella in cui riposavano le spoglie materne e a cui destin la pala tolta dalla Chiesa Nuova130.

125

Ibidem. Lettere 1987, pp. 68-69. 127 Jaff 1977, ed. 1984, pp. 100-104. 128 Lettere 1987, p. 70. 129 Ivi, p. 71. 130 Schama 1999, p. 145.
126

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Dopo otto anni trascorsi nel Bel Paese, Rubens non riusc pi a farvi ritorno successivamente, conservando il rimpianto di non aver potuto convenientemente accomiatarsi dalla sua patria delezione, come confess allamico Faber in una lettera della primavera del 1609: Anversa mi bastar colli suoi cittadini, quando potessi dir adio a Roma131.

131

Lettere 1987, p. 73.

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II. Catalogo critico dei ritratti


(1600-1608)

1. Ritratto di Eleonora Gonzaga allet di tre anni Vienna, Kunsthistorisches Museum, Schloss Ambras 1601 ca. Olio su tela, cm 76 x 49.5 Immagine Il dipinto proviene dalla collezione132 dellArciduca Leopoldo Guglielmo dAustria (1614 1662), nato dal primo matrimonio di Ferdinando II (1578 1637), che nel 1622 si un in seconde nozze con Eleonora Gonzaga (1598 1655), figlia di Vincenzo I: il ritratto era dunque un ricordo di famiglia condotto dalla giovane sposa presso la nuova corte che laveva accolta, o, come hanno recentemente sostenuto Morselli e Lapenta, fu acquistato dopo il 1631 dallArciduca, per ragioni affettive, in seguito alla dispersione della celebre Celeste Galeria dei Gonzaga negli anni della guerra di successione al Ducato di Mantova e del Monferrato. Si tratta di una delle prime opere realizzate da Rubens al servizio del Duca di Mantova: sulla base di quanto noto dei primi due anni del soggiorno del pittore sul Mincio e dal confronto stilistico con opere coeve, possibile ipotizzare che il ritratto si collochi tra la primavera del 1601 e il mese di marzo del 1603, quando lartista part per la Spagna. Eleonora Gonzaga viene raffigurata bambina, ciononostante riccamente abbigliata: indossa un abito verde profilato in oro e una zimarra rossa chiusa da alamari dorati; il colletto, ornato di merletto, e i polsini della camicia bianca sono finemente ricamati. La bimba sfoggia anche un filo di perle al collo, una lunga e preziosa catena doro, smaltata e composta da una serie di elementi che ricordano le spille utilizzate per impreziosire le vesti femminili, ed infine porta appuntata alla manica sinistra un monile a forma di scimmia, adornato di

132

Nellinventario della collezione stilato nel 1659 la tela viene definita Original von Peter Paul Rubbens, cfr. Mantova 2002, n 7, p. 174.

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perle e pietre preziose. Questultimo gioiello, a cui leffigiata doveva essere particolarmente affezionata e il cui significato simbolico - legato alla vanit e alla lussuria doveva essere verosimilmente inteso come monito alle tentazioni e al buon auspicio matrimoniale, lo si ritrova nel Ritratto di Eleonora Gonzaga eseguito da Frans Pourbus un paio di anni dopo, conservato presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze133. In entrambe le opere si pu riconoscere il medesimo pennino, un ornamento da testa di gran moda nella gioielleria dagli ultimi anni del secolo XVI fino alla prima met del XVII, costituito da un elemento verticale inserito nellacconciatura come una spilla (). Veniva generalmente foggiato come un ramo di foglie e fiori e spesso era accompagnato anche da altri elementi naturalistici quali piccoli animali134; nella tela di Rubens il rametto doro alle cui estremit germogliano delle perle posto sul lato sinistro della semplice acconciatura della principessa Gonzaga, formata da una treccia arrotolata e fermata da due nastrini rossi. Lintensa espressione del volto infantile, dalle guance piene e colorite da un lieve rossore, e dalle labbra atteggiate ad un quasi impercettibile broncio, nonch la delicatezza delle piccole mani, dal tenero incarnato, segnano la superiorit del ritratto di Rubens rispetto a quello di Pourbus nella capacit di penetrazione psicologica e nella resa coloristica epidermica, laddove il dipinto della Galleria Palatina appare pi ricco e nitido nel descrivere i dettagli minuti delle stoffe degli abiti e la preziosit dei monili, ma manifestamente freddo e privo di qualit emozionali. Bibliografia: Burchard 1933, p. 374; Mller Hofstede 1977, pp. 71-73; Bodart 1985, pp. 11, 15; Bodart 1990, n 2, pp. 38-39; Morselli 2001, pp. 6162; Mantova 2002, n 7, p. 174.

133 134

Firenze 2003, n 64, pp. 131-133. Firenze 2003, n 64, p. 133.

40

2. Ritratto di Maria deMedici Collezione privata 1600 - 1601 ca. Olio su tela, cm 80 x 60 Immagine Il dipinto faceva parte della collezione del barone Lazzaroni presso Nizza, e rappresenta Maria de Medici (1573 1642), figlia di Francesco I, che spos Enrico IV di Francia il 17 dicembre 1600, a Lione; tuttavia il primo atto dellimportante unione, il matrimonio per procura, venne celebrato a Firenze il 5 ottobre 1600, e Rubens fu presente in tale occasione in qualit di pittore di corte al seguito del Duca Vincenzo I Gonzaga, cognato della sposa, che soggiorn nella capitale del Granducato di Toscana per dieci giorni. Lidentificazione del personaggio, nonch lattribuzione allartista fiammingo, si devono a Mller Hofstede, che ha confrontato il ritratto con lo schizzo della testa di profilo della giovane Medici (British Museum, Londra), eseguito da Rubens, probabilmente dal vivo, proprio in quei primi giorni di ottobre a Firenze; si ritrovano lo stesso tipo di acconciatura alta, il caratteristico naso dalla curvatura appena accennata, il doppio mento alquanto prominente. La futura regina di Francia viene raffigurata a mezzo busto, in atteggiamento piuttosto sobrio e riservato mentre fissa direttamente lo spettatore con i vivaci occhi azzurri; indossa un abito nero adornato da un amplissimo collare di pizzo, orecchini dorati con pendente di perle e un particolare fermaglio a cerchio che sorregge la pettinatura. Escludendo per ragioni di tempo che possa essere stato realizzato durante la brevissima permanenza nella citt medicea, probabile che Rubens abbia eseguito il ritratto una volta rientrato a Mantova, basandosi sul disegno ad vivum di Londra, tra la fine di ottobre del 1600 e giugno del 1601, verosimilmente su commissione di un membro della famiglia Gonzaga.

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Si segnala una copia del dipinto in una miniatura135 conservata presso la Galleria degli Uffizi a Firenze, attribuita a Pourbus il Giovane, nella cui scheda relativa inserita nel catalogo della mostra tenutasi a Firenze nel 2005, dedicata proprio a Maria de Medici, stata messa in dubbio lidentificazione del personaggio effigiato nel dipinto qui considerato: Meloni Trkulja ha notato come la principessa fiorentina appaia di aspetto pi fresco e giovane nelle immagini coeve che la ritraggono, rispetto alla nobildonna del ritratto inglese, che per lassenza di gioielli e lausterit dellabbigliamento fa pensare ad una vedova. Inoltre hanno destato perplessit nella studiosa anche i riscontri fisionomici: la futura regina di Francia aveva gli occhi di colore castano e unarcata sopracciliare molto alta , ampia e ben disegnata, mentre nel dipinto oggetto di questa scheda gli occhi, le cui iridi sono azzurre, sono inseriti in piccole orbite. Bibliografia: Mantova 2002, n 17, p. 181.

135

Ritratto di dama, creduta Maria de Medici, olio su cartone, cm 9.2 x 6.6, n Inventario Palatina 826, n Cat. 00291768; cfr. Firenze 2005, n III.11, pp. 45-46.

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3. Ritratto di donna, detto la Dama delle licnidi Verona, Museo di Castelvecchio 1602 Olio su tela, cm 76 x 60 Immagine Il ritratto, che deve la sua denominazione ai fiori bianchi e rossi simbolo damore appuntati allalta acconciatura della donna rappresentata, apparteneva alla collezione Cesare Bernasconi di Verona. Lattuale formato del dipinto di dimensioni inferiori rispetto alloriginale, che doveva mostrare leffigiata a figura intera; in aggiunta alla riduzione, la tela ha subito gravi danni per via di un arrotolamento scorretto, cos da dover esser sottoposta nel 1982 ad un lungo restauro, che ha rivelato unimportante iscrizione in alto a destra: la data An. 1602. Lopera ha destato un vivace dibattito critico riguardo allattribuzione: la assegnano a Rubens Glck, Jaff, Avena e Bodart, oltre gli autori citati di seguito nel testo, mentre Huemer lo omette nel suo studio fondamentale sulla ritrattistica dellartista, e Perina rimane scettica, giudicando lopera minuta e freddamente obiettiva per i canoni rubensiani. Caterina Limentani Virdis osserva che il dipinto, dal punto di vista iconografico, pu essere considerato un precedente dei ritratti eseguiti dal pittore fiammingo dellInfanta di Spagna Isabella Clara Eugenia (1566 1633), reggente dei Paesi Bassi, soprattutto se confrontato con lincisione136 relativa a tale soggetto di Jan Mller, in cui identici sono il vestito e lacconciatura in cui sono appuntate delle licnidi. La Dama veste un prezioso abito di seta di colore azzurro, profilato in filo doro, e una zimarra di colore scuro, su cui risaltano lalta e ricca gorgiera di merletto e i polsini similmente trattati; indossa inoltre

136

Bodart 1990, n 86, p. 187.

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degli orecchini a pendente di perle e un braccialetto doro a forma di catena, a cui si aggiungeva forse un altro gioiello appeso al nastro che porta al collo. La rigidit della posa frontale su fondo neutro e scuro, lo sguardo intenso fisso sullo spettatore elementi formali legati alla tradizione ritrattistica spagnola, a cui si uniform anche laltro pittore di corte dei Gonzaga, compatriota di Rubens, Frans Pourbus, come nota Daz Padrn ricordano alcuni ritratti quali Eleonora Gonzaga allet di due anni137, Vincenzo II Gonzaga138, Margherita Gonzaga, Duchessa di Ferrara139, tuttavia stilisticamente successivi ad esso, confermando la data riscontrata sulla tela; verosimile ritenere che si tratti di una delle commissioni del Duca Vincenzo I per il suo Camerino delle Dame, come suggerito da Oldenbourg. La presenza delle licnidi potrebbe forse indicare che si tratti del ritratto di una promessa sposa; portatore di qualche significato riposto sembra pure il gesto compiuto dalla mano sinistra delleffigiata, che sembra giocare con il nastro appeso al collo. Il dipinto pu essere avvicinato ad un altro ritratto pressoch contemporaneo, Maria de Medici140, in collezione privata: le due effigiate presentano la medesima acconciatura, la capigliatura dello stesso colore ramato, ed entrambe mostrano vividi occhi azzurri e uno splendido incarnato rosato. Bibliografia: Oldenbourg 1921, p. 18; Glck 1935, ed. 1978, p. 141; Avena 1954, p. 27; Marani-Perina 1965, p. 443; Mantova 1977, n F20, p. 85; Jaff 1977, ed. 1984, p. 81; Marinelli 1982, pp. 76-78; Limentani Virdis 1985, pp. 93-99; Jaff 1989, n 22, p. 149; Bodart 1990, n 9, pp. 5253; Daz Padrn 1999, n 10, pp. 88-89.

137

Cfr. n. 1 Cfr. n. 6 139 Cfr. n. 8 140 Cfr. n. 2


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4. Ritratto equestre di Francisco Gomez de Sandoval y Royas, Duca di Lerma Madrid, Prado 1603 Olio su tela, cm 289 x 205 Immagine Firmato e datato P. P. Ruebens fecit 1603, il ritratto migrato attraverso le collezioni di numerose famiglie aristocratiche spagnole a partire dal XVII secolo: stato parte della Galleria del Palazzo Reale di Valladolid durante le reggenze di Filippo III e di Filippo IV, che nel 1635 lo restitu ai Lerma; agli inizi dellOttocento pass al Marchese di Denia, a Madrid, poi al Duca di Medinaceli (1878) e al Conte di Gavia e Valdelagrana (1909), i cui eredi nel 1949 lo donarono al convento madrileno dei Cappuccini. Sothebys lo mise allasta 141 il 4 maggio 1962, ma il governo spagnolo viet la vendita e acquis il dipinto per il Prado nel mese di gennaio del 1969. Il Duca di Lerma (1553 1625) era il primo ministro di Filippo III di Spagna (1578 1621), la cui natura debole e dedita ai piaceri mondani consegn il governo del regno interamente nelle mani del sottoposto; costui accumul un cospicuo patrimonio, sottraendo illecitamente ricchezze alle gi provate finanze della corona, tanto che gi nel periodo del soggiorno a corte di Rubens (maggio - dicembre 1603) erano apparsi pamphlet contro il favorito del re. Dalla fitta corrispondenza tenuta dal pittore con Mantova durante la missione in Spagna apprendiamo che il 17 luglio 1603 il Lerma aveva gi chiesto al legato dei Gonzaga in Spagna, Annibale Iberti, di impiegare al suo servizio lartista fiammingo142, e che il 15 settembre successivo Rubens lavorava ormai al ritratto grande a cavallo del

141 142

Tenutasi a Madrid. Cfr. la lettera di Rubens pubblicata in Lettere 1987, pp. 52-53.

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Duca143. Quindi possiamo ipotizzare che il pittore inizi a dipingere lopera alla fine di luglio 1603 a Valladolid, servendosi probabilmente di un modello144, per completarla entro il 23 novembre145 dello stesso anno a Ventosilla, presso la residenza del potente ministro. Il Duca di Lerma viene raffigurato nellatto di avanzare in sella ad un possente cavallo bianco, magnificamente plastico, il cui sguardo intenso rende lanimale quasi umano, mentre emerge dalloscurit creata dalla vegetazione alle sue spalle e dal cielo plumbeo: indossa una preziosa corazza cesellata in oro, sulla quale spiccano la stretta gorgiera bianca e un medaglione legato al collo da una catena doro. Il cavaliere siede eretto e sicuro, fissando lo spettatore con sguardo freddo, e sul volto incorniciato dal grigio argento della corta capigliatura si scorge unespressione apparentemente mesta, che stata spiegata da diversi studiosi con il lutto per la morte recente della moglie. Rubens scelse il ritratto equestre come tipo di rappresentazione al fine di costruire limmagine di nobile prestigio che al Duca di Lerma, effettivo reggente di Spagna, formalmente mancava; lispirazione dovette provenire, almeno in parte, dallaver visto presso lEscorial il Carlo V a Mhlberg di Tiziano, di cui lartista aveva eseguito una copia a mezzo busto146: il maestro veneto aveva creato un modello fondamentale di riferimento unendo alla formula classica del Marco Aurelio in Campidoglio - in cui la padronanza del cavallo si traduceva nella capacit di buon governo, di equilibrio tra potere e saggezza il concetto di miles christianus, il cavaliere di Cristo pronto a combattere contro pagani, eretici e turchi. La potenza evocativa del dipinto, che ne fa il prototipo del ritratto equestre barocco, tutta concentrata nel potente gesto del braccio destro delleffigiato, teso in avanti a reggere il bastone del comando, sottolineato dal robusto tronco della palma che si leva accanto il ca-

143

Cfr. Lettere 1987, pp. 54-55. Sono pervenuti due disegni preparatori del dipinto, di cui il primo conservato presso il Louvre a Parigi e il secondo risulta disperso: da essi si deduce che limpostazione del ritratto non sub grandi evoluzioni nei mesi di realizzazione. 145 Cfr. CDR, I, p. 222. 146 Cfr. n. 29
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valiere, e nella visione scorciata del cavallo, le cui criniera e coda, lunghe e folte, sono agitate dal vento, rafforzando limpressione di movimento; la scelta di un angolazione che potesse enfatizzare lazione in fieri derivava forse dal San Martino e il povero di Pordenone, come ha suggerito Pilo, opera vista da Rubens nella chiesa di San Rocco a Venezia, e dal dipinto con lo stesso soggetto di El Greco, ora alla National Gallery of Art di Washington. Linfluenza di questultimo artista sembra riscontrabile nel trattamento del cielo cangiante dal blu al grigio e nella distribuzione delle nubi, che fungono da cornice al protagonista e alla sua cavalcatura, illuminati da una luce dorata; delimitano infine la scena una palma sulla sinistra del dipinto, e un ulivo sulla destra, simboli rispettivamente di vittoria e di pace, le cui fronde paiono incoronare il Lerma, proprio allora nominato Capitano Generale della Cavalleria di Spagna, che appare in file serrate sullo sfondo, avvolta da una nuvola di polvere. Bibliografia: Warnke 1965, pp. 11-17; Huemer 1977, pp. 21-25, n 20, pp. 132138; Jaff 1977, ed. 1984, pp. 75-76; Bodart 1985, p. 16; White 1987, p. 30; Jaff 1989, pp. 41-42, n 36, p. 152; Pilo 1990, p. 46; Belkin 1998, p. 73; Schama 1999, pp. 121-123; Oppenheimer 2002, p. 186190.

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5. Ritratto di Nicol Pallavicino Gran Bretagna, collezione privata 1604 Olio su tela, cm 105 x 92 Immagine Lidentificazione del personaggio ritratto con Nicol Pallavicino, il principale banchiere di Vincenzo I Gonzaga, si deve a Jaff, che nel 1989 riconobbe nello stemma posto in alto a destra le insegne delle famiglie genovesi dei Pallavicino e dei Serra, giungendo alla conclusione che si trattasse di Nicol, figlio di Agostino Pallavicino, che aveva sposato Maria Serra; questultima era la sorella di Giacomo Serra, il cardinale che fece ottenere a Rubens limportante commissione per Santa Maria della Vallicella a Roma. Il primo incontro tra il pittore e il ricco genovese avvenne nel gennaio 1604, quando Rubens si ferm nella Repubblica al ritorno dalla missione diplomatica in Spagna per ottenere il risarcimento delle spese sostenute durante il viaggio proprio da Nicol Pallavicino, da cui lo aveva indirizzato il Duca; ne nacque una profonda amicizia destinata a durare oltre il ritorno dellartista ad Anversa: difatti nel 1618 Pallavicino fu padrino di battesimo del secondogenito di Rubens, Nicolaas, nome scelto in suo onore. Jaff ritenne quindi di collocare la data di realizzazione del dipinto nei primi tre mesi del 1604. Leffigiato indossa il severo abito nero di senatore, fissando con sguardo acuto ed intelligente lo spettatore; magnifica la resa coloristica e plastica delle mani, cos come nel trattamento del volto Rubens conferma la sua straordinaria capacit di penetrazione psicologica, rafforzata dalla scelta di rappresentare il banchiere a mezzo busto, taglio che crea una maggiore intimit con il riguardante, ispirato a modelli tizianeschi. Nel 2004 Boccardo ha messo in dubbio lidentificazione proposta da Jaff, osservando che laccostamento tra le insegne Pallavicino e Serra sarebbe stato improbabile in un ritratto virile, e dunque uno stemma cos composto sarebbe parso pi corretto nel caso di un figlio 48

di Nicol Pallavicino e Maria Serra, posticipando il dipinto al 1630 circa; tuttavia tale data di esecuzione sembra troppo avanzata dal punto di vista stilistico, soprattutto se si confronta il ritratto con quello di Giulio Pallavicino147, eseguito dal pittore nel 1607 ca. Al fine di motivare la compresenza delle armi araldiche, si potrebbe considerare lipotesi che al dipinto in questione fosse legato un pendant con leffigie della moglie, Maria Serra, di cui possiamo ammirare il ritratto successivo eseguito da Rubens, conservato a Kingston Lacy 148, che mostra in alto a sinistra il riferimento araldico ad entrambe le casate, offrendo forse cos una argomento a favore della tesi suggerita. Bibliografia: Jaff 1989, n 37, p. 153; Genova 1997, n 17, p. 188; Boccardo, Orlando 2004, n I15, p. 31.

147 148

Cfr. n. 27 Cfr. n. 23

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6. Ritratto del principe Vincenzo II Gonzaga Devon, Saltram House, The National Trust 1604 ca. Olio su tela, cm 67.3 x 57.2 Immagine Il ritratto raffigura Vincenzo II Gonzaga (1594 1627) , il minore dei figli del Duca Vincenzo I, e fu acquistato il 27 marzo 1625 dal futuro re dInghilterra Carlo I Stuart per la sua collezione; il dipinto risulta catalogato nel 1639 da Adam van der Doort, curatore delle raccolte reali inglesi, come the picture of the deceased young duke of Mantuas brother done in armoure to the Shouldrs by Sr Peeter Paule Rubins when he was in Italie in a carved guilded wooden frame149. Fu venduto dal Commonwealth a Mr. Bass il 19 dicembre 1651 per 30 sterline. Compare a Saltram intorno al 1819 nella collezione di Lord Morley, come il ritratto di uno sconosciuto duca di Mantova. Rubens rappresenta il principe a mezzo busto, rivolto allo spettatore in una posa di tre quarti e rivestito completamente dallarmatura su cui risaltano diagonalmente la fascia da ufficiale, originariamente di colore rosso150, ed il colletto bianco. Notevole il trattamento della luce riflessa dal metallo brunito della corazza, cos come dalla riccia capigliatura dorata, che incornicia il volto luminoso, ancora infantile, dallo sguardo fisso sul riguardante. Il fanciullo mostra circa dieci anni det, collocando cos il dipinto intorno al 1604, anche se stilisticamente sembra pi opportuno ascriverlo al periodo precedente il viaggio diplomatico in Spagna (marzo 1603); stato identificato da Jaff grazie al confronto con il frammento dalla pala della Famiglia Gonzaga in adorazione della Trinit (1605), ora a Vienna, che ritrae appunto Vincenzo II151. Conviene ri-

Bodleian Library MS. Ashmole 1514, f. 52, in Millar 1960, p. 39. Jaff 1961, p. 374. 151 Cfr. n. 12
149 150

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cordare che lo stesso studioso aveva attribuito in un primo momento lidentit delleffigiato al fratello primogenito Francesco IV152, errore generatosi dalla non corretta identificazione del personaggio ritratto nel dipinto del Kunsthistorische Museum di Vienna e che lo aveva condotto a proporre una data di realizzazione anteriore, tra lautunno del 1600 e il mese di marzo del 1603. Bibliografia: Millar 1960, p. 39; Jaff 1961, pp. 374-378; Anversa 1977, n 13, p. 49; Mller Hofstede 1977, p. 302; Jaff 1977, ed. 1984, p. 81; Huemer 1977, n 15, pp. 127-128; Jaff 1989, n 38, p. 153.

152

Jaff 1977, ed. 1984, p. 81.

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7. Ritratto di Annibale Chieppio Mantova, Fondazione DArco 1602 - 1604 ca. Olio su tela, cm 65 x 53 Immagine Il dipinto ritrae Annibale Chieppio (1563 1623), segretario di Stato di Vincenzo I Gonzaga, che nel 1602 acquist dallo stesso Duca un palazzo posto tra la chiesa di San Francesco e il complesso monastico di San Giovanni delle Carrette, corrispondente almeno in parte allattuale Palazzo dArco a Mantova. Infatti lultima discendente di Annibale, Teresa Chieppio, aveva sposato nel 1740 il conte Francesco Alberto dArco, che eredit i beni della moglie. Nellinventario dei beni di propriet del segretario del principe Gonzaga, stilato nellanno della sua morte e che rivela una ricca collezione di opere darte, risulta presente un quadro con leffige del Conte Annibale su tela153, che probabilmente corrisponde al ritratto qui preso in considerazione. Lattribuzione a Rubens viene sostenuta per la prima volta da Donatella Mattioli nel 1977, in occasione della mostra Rubens a Mantova, ma la tela non ha ottenuto la dovuta attenzione da parte della critica successiva; solo Rebecchini avvicina lopera alla maniera di Frans Pourbus, che aveva dipinto anche il ritratto della moglie di Chieppio, Lavinia Rovelli (Mantova, Palazzo dArco). Lalto funzionario viene raffigurato a mezzo busto, vestito di un abito nero dallampio colletto bianco, mentre fissa lo spettatore con unespressione tra larguto e il bonario154, colta sottilmente dal pittore nella qualit penetrante dello sguardo del personaggio e nellindecifrabile atteggiarsi delle labbra di questi.

153

29 Aprilis 1623. Public. O Inventarii a tutrice ab herede et ab usufructuaria honorum hereditatis q. Ill. mi D. Comitis Annibalis Chieppii, Archivio Chieppio, Fondazione DArco, Mantova. 154 Mantova 1977, p. 85.

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Considerate la maggiore sicurezza nellesecuzione e la morbida resa coloristica del volto delleffigiato, si pu concordare con losservazione della Mattioli, che ha avvicinato la tela allAutoritratto con amici a Mantova155, collocando cos il ritratto tra il 1602 e il 1604, nei periodi in cui Rubens ha soggiornato pi a lungo nella citt ducale. Bibliografia: Mantova 1977, n F19, p. 85; Mantova 2002, n 209, p. 303.

155

Cfr. n. 9

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8. Ritratto di Margherita Gonzaga, Duchessa di Ferrara Zurigo, collezione Dr. J. Bruppacher 1604 ca. Olio su tela, cm 89 x 74 Immagine Il ritratto ha subito diversi passaggi di propriet nel corso del XX secolo: si trovava nella collezione di Sir Oliver HartDyke presso Lullingstone Castle, Kent, prima del 1928, in seguito fu acquistato da un collezionista francese che ne conserv il possesso fino al 1948. Fu venduto a Londra nel 1950 allattuale proprietario Bruppacher dallantiquario Fritz Rothmann. Il personaggio rappresentato Margherita Gonzaga (1564 1618), sorella minore del Duca Vincenzo I, che nel 1579 aveva sposato lultimo Duca di Ferrara, Alfonso II dEste (1533 1597) e alla morte del consorte aveva fatto ritorno nella citt natale, dove si ritir definitivamente nel 1603 per vestire labito monacale nel convento di Sant'Orsola, da lei fondato nel 1599. Lidentificazione del personaggio merito di Mller Hofstede, che nel 1965 ha confrontato lopera con un ritratto apparso da Christies allasta del 13 luglio 1945, nel quale leffigiata regge in mano una lettera con liscrizione: alla Serma mia Colma Madama Duchessa di Ferrara; Huemer suggerisce che, per il grado di somiglianza, il secondo potrebbe essere una copia del dipinto trattato in questa sede. Lo studioso tedesco ha inoltre rivelato, grazie allesame radiografico, la stesura iniziale di un secondo ritratto dello stesso personaggio sulla tela del bozzetto del Martirio di sant'Orsola (1604 1605), conservato presso il Museo di Palazzo Ducale a Mantova, e commissionato proprio da Margherita Gonzaga156. La Duchessa di Ferrara viene raffigurata a mezzo busto, con il volto incorniciato da unalta gorgiera di merletto bianca, che risalta sulla

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Mller Hofstede 2005, p. 82.

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zimarra di colore scuro, impreziosita da numerose spille da abito dorate ed ornate di perle; le stesse pietre, ma dalla forma a goccia, si ritrovano ad adornare il pennino fissato nellacconciatura, dove sono appuntate anche delle piccole margherite - richiamo al nome delleffigiata - ed ancora scendono in quattro magnifici fili al collo della nobildonna. Burchard fu il primo ad attribuire il ritratto a Rubens, proponendo come data di esecuzione il 1602 1603, prima che il pittore partisse per il viaggio diplomatico in Spagna (marzo 1603), mentre Mller Hofstede lo ha assegnato ad una data leggermente pi tarda, il 1604 ca., in considerazione del fatto che il Duca di Lerma, rimasto vedovo nel giugno 1603, aveva intenzione di risposarsi e poteva aver chiesto allartista di eseguire un ritratto della vedova dEste, possibile candidata alle seconde nozze; tuttavia tale ipotesi si rivela inverosimile se si riflette sulla circostanza del ritiro definitivo in convento di Margherita Gonzaga proprio nel 1603. Piuttosto dal confronto stilistico del dipinto con i ritratti smembrati appartenenti alla Famiglia Gonzaga in adorazione della Trinit (1605) che ci sembra di poter concordare con la seconda datazione proposta. Bibliografia: Mller Hofstede 1965, pp. 132-138, 153, 156; Huemer 1977, n 16, pp. 128-129; Jaff 1977, ed. 1984, p. 81; Jaff 1989, n 23, pp. 149150; Mller Hofstede 2005, p. 82.

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9. Autoritratto con amici a Mantova Colonia, Wallraf-Richartz Museum & Fondation Corboud 1604? Olio su tela, cm 77.5 x 101 Immagine Il dipinto circolato a lungo tra numerose collezioni europee: appartenne fino al 1772 a Lord Byron, che lo cedette a G. T. Biddulph di Petersham; fu acquistato a Londra da Vitale Bloch, che lo condusse con s a Berlino, e rest di propriet di Eugen Abresch, presso Neustadt in Holstein, sino al 1931. Pass poi ad Heinrich Scheufelen a Oberlenningen, e nel 1934 fu comprato da Adolf Hitler per il museo di Linz; nel 1961 il governo della Repubblica Federale Tedesca lo assegn allattuale sede. Le sei figure maschili, rappresentate di profilo e a mezzo busto, sono distribuite simmetricamente in due gruppi che si affrontano sullo sfondo del ponte di San Giorgio a Mantova, che divide il Lago di Mezzo dal Lago Inferiore, illuminato dalla luce del tramonto inoltrato; la vista che si godeva dalla camera dellartista fiammingo nel suo appartamento a Palazzo Ducale, di cui si staglia in controluce il profilo della finestra, ed evoca la veduta gi presente nella Morte della Vergine di Mantegna, suo illustre predecessore, opera attualmente al Prado. Con questo ritratto plurimo Rubens aderisce decisamente alla tradizione veneta: come ha giustamente notato Jaff, sia la qualit della pennellata che la resa coloristica rimandano soprattutto a Tintoretto. Mentre la scelta di rappresentare le figure di profilo, sovrapponendole e contrapponendole, deriva dalla glittica classica: si osservi quanto il gruppo dei tre personaggi al centro del dipinto sia simile alle composizioni dei cammei antichi. Lidentificazione dei personaggi raffigurati e la datazione sono state molto dibattute dagli studiosi; lunico dato sui cui sembrano concordare tutti unanimemente lidentit delluomo in primo piano, il

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solo che dirige lo sguardo verso lo spettatore: si tratta proprio di Rubens, ed lautoritratto pi antico del pittore che ci sia pervenuto. Sono tre le ipotesi interpretative maggiori: nel 1965 Warnke propose che il dipinto fosse un omaggio in memoria di Giusto Lipsio (1547 1606), il filosofo neo-stoico di cui Philip Rubens (1574 1611), il fratello maggiore dellartista, era stato lallievo prediletto: lo studioso riconosceva nel personaggio allestrema destra, il professore di Lovanio, nella figura immediatamente giustapposta al pittore, Philip, mentre in quella posta di fronte, Frans Pourbus il Giovane (1569 1622), alle cui spalle si sarebbero trovati una figura non riconoscibile ed Erycius Puteanus (1574 1646), umanista e filologo, seguace di Lipsio. Warnke interpret i gesti delle mani delle due figure in primo piano come segni di lutto e consolatio, rafforzati dal cielo cupo sullo sfondo e dalla presenza sul lago di un traghettatore in barca, metafora del viaggio dellanima verso la morte; quindi pose come terminus post quem il 23 marzo 1606, data della morte del filosofo, ritenendo che il dipinto fosse stato realizzato a Roma. Tuttavia tale ipotesi presenta diverse aporie: tralascia una spiegazione per lambientazione mantovana del ritratto e per la scelta di Pourbus, leffigie di Puteanus non sembra corrispondere alle altre immagini di lui tramandate157, ed inoltre non tiene conto del fatto che nel 1606 Rubens aveva ventinove anni, mentre nel dipinto appare pi giovane. Nel 1965 Mller Hofstede mise in relazione la tela di Colonia con lincontro tra i fratelli Rubens avvenuto nel 1602, per motivare la collocazione a Mantova delle sei figure ritratte; inoltre individu nei personaggi ritratti, rispettivamente da sinistra verso destra, Gaspar Scioppius (1576 1649), filologo e libellista, Guillaume Richardot, allievo di Philip, Pourbus, Philip Rubens, Rubens e Lipsio. Effettivamente nella riunione del 1602 Philip era accompagnato dal giovane discepolo Richardot, di cui per non dato conoscere la fisionomia da altre fonti iconografiche; riguardo a Scioppius, confrontando il di-

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Huemer ricorda un ritratto del personaggio in questione eseguito da Van Dyck, Huemer 1977, p. 165.

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pinto con il ritratto158 successivo dello stesso ad opera del pittore, non sembra ci sia corrispondenza tra i due volti, come not Burchard nel 1933159. Mller Hofstede fu anche il primo a considerare lAutoritratto come una prefigurazione de I quattro filosofi, opera dello stesso Rubens eseguita nel 1611, ora alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti, Firenze, dove i fratelli Rubens sono rappresentati con Lipsio e Jan Woverius. La terza ipotesi stata avanzata da Frances Huemer nel 1983, che ritenne non corrette le identificazioni elaborate da Mller Hofstede con Pourbus e Scioppius: la presenza di Pourbus in un circolo umanistico non parve giustificabile alla studiosa, cos come non documentata una possibile amicizia tra i due pittori di corte; soprattutto i lineamenti del fiammingo non sembrano trovare riscontro nelle incisioni coeve che lo ritraggono. Per Scioppius Huemer si serv dello stesso argomento di Burchard, aggiungendo che lespressione calda e mite della figura nel dipinto pareva non conforme alla personalit del bellicoso libellista. La ricercatrice americana ha dunque proposto che lAutoritratto celebri lincontro, avvenuto a Mantova nel 1604, tra Rubens ed il fratello, che si trovava in viaggio per Anversa da Roma, accompagnato da Guillaume Richardot e da Jean Baptiste Perez de Baron, nipote del borgomastro di Anversa, Nicolas Rockox; una lettera di Lipsio del gennaio 1604 attesta che i tre viaggiavano insieme, dal momento che il maestro scriveva di attendere con ansia il ritorno a Lovanio degli allievi160 gi partiti dalla capitale pontificia. Dunque ai due uomini raffigurati partendo da sinistra sarebbero da attribuire rispettivamente le identit di Perez de Baron e Richardot.

158 159

Cfr. n. 17 Nella stessa sede Burchard propose come possibili identificazioni per il personaggio allestrema sinistra e allestrema destra i nomi di Annibale Chieppio e Claudio Monteverdi, senza tuttavia fondare la sua ipotesi con alcun argomento. Inoltre lo studioso riteneva che il legame tra le sei figure fosse rintracciabile nella passione comune per gli studi classici. 160 Huemer 1983, p. 94.

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Huemer suggerisce poi che, nello stesso anno, un altro personaggio molto importante visit Mantova: il matematico ed astronomo Galileo Galilei (1564 1642), che allora aveva appena terminato un trattato sul rapporto tra luce e colore e che nutriva interesse per la pittura, tanto da essersi iscritto allAccademia di Firenze; quindi probabile che il pittore di corte e lo studioso si siano incontrati e abbiano discusso dei loro interessi comuni. La figura vestita sobriamente di nero che nel ritratto poggia la mano sul braccio di Rubens, in un gesto che sembra essere di solidariet, potrebbe dunque essere lo scienziato pisano; lipotesi suffragata dal confronto con i ritratti di Galilei a noi pervenuti, di cui il pi noto quello di Sustermans attualmente presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti: sebbene questultimo dipinto lo mostri in et avanzata, i tratti del volto sembrano coincidere. In questa sede ci sembra di poter concordare con quanto sostenuto dalla Huemer, ritenendo convincenti gli argomenti addotti per lidentificazione dei personaggi; il 1604 sembra la datazione pi corretta anche dal punto di vista stilistico, nonch coerente con let apparente del pittore, che nella primavera di quellanno doveva ancora compiere ventisette anni. Bibliografia: Burchard 1933, pp. 392-393; Warnke 1965, pp. 22-24; Mller Hofstede 1965, pp. 100, 129; Anversa 1977, n 9, p. 39; Jaff 1977, ed. 1984, p. 82; Huemer 1977, n 37, pp. 163-166; Huemer 1983, pp. 94101; Bodart 1985, pp. 17, 22; White 1987, p. 26; Jaff 1989, n 24, p. 150; Pilo 1990, p. 64; Belkin 1998, pp. 69-70; Schama 1999, pp. 105106; Oppenheimer 2002, p. 192; Lille 2004, n 9, p. 36.

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10. Ritratto di Ferdinando Gonzaga Australia, collezione privata 1604 ca. Olio su tela, cm 79 x 55 Immagine Ferdinando Gonzaga (1587 1626), secondogenito del Duca Vincenzo I, cultore delle arti e delle scienze, era stato destinato sin dalla nascita alla carriera ecclesiastica: nel 1607 venne infatti nominato cardinale da papa Paolo V e si trasfer a Roma. Alla morte del fratello maggiore Francesco, nel 1612, smise la porpora cardinalizia per tornare a Mantova a ricoprire la carica di Duca. Nel ritratto Rubens lo raffigura seduto ad un tavolo, mentre solleva lo sguardo dal libro che regge tra le mani verso lo spettatore: la lettura in cui era assorto stata solo momentaneamente interrotta, dal momento che il principe mostra di tenere il segno con lindice della mano destra tra le pagine. Sul volto, messo in risalto dallo sfondo costituito dal drappo rosso scuro alle spalle del Gonzaga, il pittore ha colto unintensa espressione di profonda serenit e calma concentrazione, che trapelano dallo sguardo limpido e diretto e dal sorriso appena accennato. Il giovane indossa un severissimo abito nero con una grande croce di Malta ricamata sul petto, e si ritrova ugualmente abbigliato nel frammento161 della Famiglia Gonzaga in adorazione della Trinit, conservato presso la Fondazione Magnani Rocca a Parma, essendo stato nominato cavaliere gerosolimitano a soli cinque anni, nel 1592. Laffinit stilistica con questultimo dipinto, con cui condivide la padronanza solida del disegno e la ricchezza corposa del colore, conquistate anche grazie allo studio diretto di Tiziano, cos incisiva da suggerire il 1604 come data desecuzione del ritratto preso in consi-

161

Cfr. n. 13

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derazione; tuttavia Lapenta nel catalogo del 2002 lo data ai pochi mesi precedenti la partenza per la Spagna nel 1603. Bibliografia: Morselli 2001, pp. 59-67; Mantova 2002, n 6, pp. 173-174.

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11. La famiglia Gonzaga in adorazione della Trinit Mantova, Museo di Palazzo Ducale 1604 1605 Olio su tela, cm 381 x 477 (misure complessive dei due frammenti) Immagine Nel 1711 il gesuita Giuseppe Gorzoni, autore dellIstoria del collegio di Mantova della Compagnia di Ges, definisce il trittico nella cappella maggiore della chiesa della Santissima Trinit a Mantova come: opera hoggid famosa per tutto il mondo, per cui vedere fanno istanza tutti li forestieri pi intendenti dellarte, e ne restano soprafatti162. Il trittico era composto da: La famiglia Gonzaga in adorazione della Trinit, collocato sopra laltare centrale, il Battesimo di Cristo e la Trasfigurazione, rispettivamente sulle pareti laterali sinistra e destra, ora al Muse Royal de Beaux-Arts di Anversa e al Muse des Beaux-Arts di Nancy. Il dipinto qui considerato presenta una vicenda complessa e sfortunata: durante loccupazione francese, iniziata nel 1797, la chiesa fu adibita a deposito di foraggio e la tela, rovinata dal fieno ammassato, fu affidata nel luglio del 1801 al pittore Felice Campi, che ritenne di preservare lopera ritagliando i ritratti dei componenti delle tre generazioni Gonzaga rappresentate; pochi anni dopo fu un altro pittore mantovano, Giuseppe Pellizza, ad avere il compito di recuperare i frammenti rimasti e assemblarli nella versione attuale. Lultimo restauro, che ha eliminato le ridipinture eseguite da Pellizza per coprire le linee di sutura, stato effettuato da Ozzola nel 1951. La cappella maggiore della chiesa della Santissima Trinit era stata destinata dal Duca Vincenzo I (1562 1612) a divenire il mausoleo della famiglia Gonzaga, accogliendo per prime le spoglie della madre, Eleonora dAustria (1534 1594), donna molto pia e fervida sostenitrice dei gesuiti a Mantova; Rubens inizi a realizzare le tre pale com-

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Schizzerotto 1979, p. 82.

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missionate nel mese di giugno del 1604 e complet lopera alla fine di maggio 1605: difatti i dipinti vennero scoperti al pubblico il 5 giugno successivo, giorno della Santissima Trinit. I Gonzaga sono rappresentati su una terrazza delimitata da una balaustra, al centro di unimponente architettura costituita da due colonnati paralleli, a doppio ordine di colonne, di cui le inferiori sono tortili, divise in quattro rocchi alternativamente strigilati e decorati da putti e motivi vegetali; quelle superiori, poggianti su alto zoccolo e su una trabeazione di ordine dorico, sono lisce. La presenza delle colonne tortili stata messa in relazione con la pergula sulla tomba di san Pietro a Roma, sostenuta da colonne simili, tuttavia pi probabile che Rubens abbia cos voluto rendere omaggio al mondo classico, scegliendo di introdurre un simbolo dellarte antica allinterno di un impianto scenografico di gusto ormai barocco. Ripartiti simmetricamente in due gruppi, si osservano sul lato sinistro della tela, posto in primo piano, il Duca Vincenzo I, avvolto da un ricco mantello di seta, profilato di ermellino, e accanto il padre di questultimo, Guglielmo (1538 1587), colto mentre porta la mano destra al petto per lo stupore estatico di fronte alla sacra visione; nella met destra si trovano la Duchessa Eleonora de Medici (1567 1611), che indossa un mantello di foggia simile a quello del marito, sul quale risalta unampia gorgiera bianca, e in secondo piano Eleonora dAustria, madre di Vincenzo I, con la fronte velata e austeramente vestita di nero. Genuflessi su due inginocchiatoi coperti da broccato rosso, tutti i personaggi hanno il volto levato devotamente verso lalto, in adorazione della Trinit raffigurata su un enorme arazzo dipinto su foglia doro indice della prodigalit del committente e dellimportanza della commissione - , sorretto nel cielo da cinque angeli, che si librano in scorci audaci, con i loro corpi tanto umani che lultimo cherubino a destra inarca repentinamente la schiena per non essere punto dallalabarda della guardia svizzera sottostante; linvenzione del drappo retto da angeli in volo sembra derivare dalla pala di Lorenzo Lotto in San Bernardino a Bergamo, particolarmente nella figura angelica vista da tergo, in alto a sinistra, come hanno notato Bazzotti e

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Gregori163. Lattenzione dello spettatore indirizzata dal putto dipinto sul drappo, che scopre la spalla destra del Cristo, sul gesto della mano del Redentore che indica allEterno il Duca di Mantova, in un esplicito gesto di benevolenza. Il Concilio di Trento aveva stabilito regole precise per la raffigurazione di visioni celesti e per la simultanea presenza di figure terrene e divine allinterno dello spazio pittorico: la visione della Trinit era concessa unicamente a santi ed apostoli. Rubens dovette cos ricorrere al brillante espediente dellarazzo per esaudire il desiderio del Gonzaga di apparire in adorazione della Trinit, senza per incorrere nella censura ecclesiastica. Originariamente il dipinto comprendeva anche i figli del Duca Vincenzo I: i tre maschi erano disposti alle spalle del padre, seguiti da due alabardieri di cui si conserva il frammento della testa di quello stante allestrema sinistra nel Museo di Palazzo Ducale, a Mantova e le due figlie collocate dietro la madre, scortate da altre due o tre guardie svizzere, in una delle quali le fonti 164 indicavano il pittore autoritrattosi, notizia da noi non verificabile non essendoci pervenuta alcuna parte relativa della tela. La minore delle principesse, Eleonora (1598 1655), doveva essere stata raffigurata in ginocchio, mentre con una mano giocava con il suo cagnolino; infatti lunico brano sopravvissuto di questa figura mostra il vivace maltese abbarbicato alla mano sinistra della bambina, di cui scorgiamo il braccio fino al gomito e parte dellabito indossato. Per la composizione della pala principale della Trinit Rubens si ispir al complesso bronzeo degli Asburgo in preghiera, eseguito da Pompeo Leoni (1533 1608), che il pittore aveva avuto occasione di ammirare nellEscorial a Madrid, e tenne presenti come modelli di riferimento per il ritratto di gruppo la Famiglia Vendramin, ora alla National Gallery di Londra, e la Pala Pesaro in Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, entrambe opere di Tiziano; mentre limpianto scenografico della rappresentazione segnatamente uneredit di

163 164

Bazzotti 1977, pp. 35-39; Gregori 1983, p. 52. Cfr. Schizzerotto 1979, pp. 81-97.

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Paolo Veronese, in particolare se lo confrontiamo con larchitettura dellApoteosi di Venezia in Palazzo Ducale a Venezia, cos il senso drammatico dellilluminazione deriva dallarte di Tintoretto. Certamente non dovette sfuggirgli lillustre precedente mantovano della sua opera, i magnifici affreschi della Camera degli Sposi di Mantegna, da cui trasse probabilmente ispirazione per il realismo dei ritratti dei componenti della famiglia Gonzaga. La pi importante e valida ipotesi di ricostruzione de La Famiglia Gonzaga stata proposta da Bazzotti per la prima volta nel 1977, riveduta e corretta dallo stesso autore nel 1990, e ad essa si fa riferimento in questo studio per i ritratti provenienti dal dipinto. Bibliografia: Norris 1975, pp. 73-79; Anversa 1977, p. 41; Bazzotti 1977, pp. 2853; Jaff 1977, ed. 1984, p. 79-80; Huemer 1977, pp. 26-33; Schizzerotto 1979, pp. 81-124; Bodart 1985, pp. 22-23; White 1987, p. 31-32; Jaff 1989, n 41, 41AB, p. 154; Bazzotti 1990, pp. 39-48; Pilo 1990, p. 61-64; Belkin 1998, pp. 79-82; Schama 1999, pp. 109-111; Oppenheimer 2002, p. 199-200.

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12. Ritratto di Vincenzo II Gonzaga Vienna, Kunsthistorisches Museum 1604 1605 Olio su tela, cm 67 x 51.5 (frammento della pala della Trinit di Mantova) Immagine Il ritratto un frammento della pala raffigurante La famiglia Gonzaga in adorazione della Trinit165, da cui stato asportato nel 1801 dal pittore Felice Campi per ordine del commissario di guerra francese Etienne-Marie Siauve; nel 1908 fu acquistato sul mercato antiquario viennese per la sede attuale, su suggerimento di Glck, che per primo ne riconobbe la provenienza. Il principe Vincenzo II (1594 1627), terzogenito del Duca di Mantova, occupava la posizione pi esterna rispetto ai due fratelli Francesco IV e Ferdinando, posti nella met sinistra della pala della Trinit: tale collocazione rispecchia lordine gerarchico familiare, consuetudine gi osservabile in dipinti di soggetto simile della tradizione veneta del XVI secolo, come ad esempio la Pala Pesaro di Tiziano, in Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia. Il giovane Gonzaga viene raffigurato, probabilmente inginocchiato, sullo sfondo di parte di una colonna tortile e di parte della tunica nera su cui spiccano due punte della croce bianca di Malta del fratello Ferdinando, nominato cavaliere gerosolimitano in tenera et; indossa un ricco abito di seta dorato e bianco, che Rubens ha dipinto a piccoli tocchi di colore giustapposti per consentire la ricostruzione ottica a distanza, e unalta gorgiera, che mette in risalto lincarnato roseo e le labbra vermiglie delleffigiato. Lesame radiografico della tela nel 1976 ha rivelato lesistenza di una prima versione che riproduceva i tratti di Francesco IV Gonzaga; prima del ritrovamento del frammento con il ritratto del primogenito

165

Cfr. n. 11

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sul mercato antiquario londinese nel 1985, vi era stato un vivace dibattito critico sullidentit del personaggio raffigurato nel dipinto viennese, oscillante appunto tra Francesco e Vincenzo, che aveva coinvolto sia il disegno eseguito qualche anno prima da Rubens - forse come promemoria per i successivi ritratti - , ora al Nationalmuseum di Stoccolma, dove erano effigiate le teste di Francesco IV e del secondogenito Ferdinando, sia il ritratto di Saltram House (Devon)166. Sulla base della descrizione settecentesca del gesuita Bettinelli, in cui si legge della presenza nella pala di cani, usato al plurale, Bodart ha proposto che accanto al principe Vincenzo dovesse trovarsi un cane di grossa taglia, pendant del cagnolino della sorella Eleonora presente nella parte destra del dipinto, ipotesi su cui tuttavia non concorda Bazzotti. Bibliografia: Oldenbourg 1921, p. 16; Jaff 1961, pp. 374-378; Mller Hofstede 1965, pp. 109-111; Norris 1975, pp. 73-79; Mller Hofstede 1977, pp. 318-319; Huemer 1977, pp. 26-33; Bazzotti 1977, p. 42-46; Jaff 1989, n 41C, p. 154; Bodart 1990, n 13, p. 60; Bazzotti 1990, pp. 39-48; Mantova 2002, n 14, pp. 178-179.

166

Cfr. n. 6

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13. Ritratto di Ferdinando Gonzaga Parma, Fondazione Magnani-Rocca 1604 1605 Olio su tela, cm 48 x 38.2 (frammento della pala della Trinit di Mantova) Immagine Il dipinto condivide la stessa vicenda occorsa al ritratto di Vincenzo II Gonzaga167 fino al 1801; nel 1950 circa Christopher Norris lo acquist sul mercato antiquario inglese, proveniente da una collezione privata. Nel 1975 pass sul mercato antiquario olandese per giungere alla sede attuale nel 1980. Ferdinando Gonzaga (1587 1626), secondogenito del Duca Vincenzo I, che verr nominato cardinale nel 1607, viene raffigurato in piedi, tra il fratello maggiore Francesco IV, pi prossimo al padre, ed il minore Vincenzo II, genuflesso, mentre tiene lo sguardo abbassato su un messale che regge tra le mani alzate, il bordo delle cui pagine stato dorato a foglia; la ricostruzione del gesto in cui Rubens ha colto il principe possibile grazie allosservazione dei due frammenti con i ritratti degli altri fratelli: in quello di Francesco IV si nota come la mano sinistra tenga elegantemente tra il mignolo e lanulare due nastrini rossi segnalibro. Il giovane Gonzaga indossa una tunica nera con sopra ricamata la croce bianca di Malta, come gi osservato nel ritratto dello stesso personaggio in collezione privata in Australia168, dove ugualmente Ferdinando era impegnato nella lettura di un libro. Lespressione intensamente assorta del principe Gonzaga sembra essere la medesima del disegno del Nationalmuseum di Stoccolma, avvalorando lipotesi che si tratti di un bozzetto preparatorio per la pala della Trinit.

167 168

Cfr. n. 12 Cfr. n. 10

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Sullo sfondo del dipinto possibile riconoscere parte della panziera di lucente metallo e del mantello rosso e oro di un alabardiere stante alle spalle dei due fratelli maggiori. Bibliografia: Mller Hofstede 1965, pp. 109-111; Norris 1975, pp. 73-79; Anversa 1977, n 10, p. 43; Huemer 1977, p. 26-33; Bazzotti 1977, p. 42-46; Jaff 1989, n 41D, p. 154-155; Bazzotti 1990, pp. 39-48.

69

14. Ritratto di Francesco IV Gonzaga Curtatone, Mantova, collezione Romano Freddi 1604 1605 Olio su tela, cm 52.8 x 39.5 (frammento della pala della Trinit di Mantova) Immagine Il ritratto condivide le stesse vicende degli altri frammenti della pala della Trinit fino al 1801; in seguito migrato attraverso diverse collezioni private tra Bucarest, Zurigo e Londra, dove nel 1993 stato acquistato dallattuale proprietario, Romano Freddi. Francesco IV Gonzaga (1586 1612), primogenito di Vincenzo I, occupa la posizione pi vicina al padre nella pala della Trinit: doveva infatti essere raffigurato in ginocchio immediatamente alle spalle del Duca, come conveniva al futuro erede del Ducato di Mantova e del Monferrato. Tale collocazione confermata dalla corrispondenza tra il girale vegetale scolpito sulla colonna che compare sullo sfondo del frammento considerato e la sua continuazione sul frammento principale della Famiglia Gonzaga in adorazione della Trinit169; la parte di panziera e la mano visibili sul lato sinistro del ritratto appartengono rispettivamente ad un alabardiere e al secondogenito Ferdinando. Il giovane principe indossa un abito impreziosito da ricami dorati e un colletto ornato di merletto; Rubens ha scelto di raffigurare il volto, dai grandi occhi azzurri, in profil perdu, probabilmente per evidenziare latteggiamento differente rispetto agli altri due fratelli: Francesco IV volge lo sguardo verso lalto, assorto nella contemplazione della sacra rappresentazione, come i rappresentanti delle due precedenti generazioni dei Gonzaga.

169

Cfr. n. 11

70

Bibliografia: Mller Hofstede 1965, pp. 109-111; Norris 1975, pp. 73-79; Bazzotti 1977, pp. 42-46; Huemer 1977, pp. 26-33; Jaff 1989, n 41E, p. 155; Bazzotti 1990, pp. 39-48; Lille 2004, n 13, p. 40.

71

15. Ritratto di Margherita Gonzaga New York, in vendita presso Adam Williams Fine Art LTD 1604 1605 Olio su tela, cm 65.4 x 51.7 (frammento della pala della Trinit di Mantova) Immagine Il ritratto condivide le stesse vicende degli altri frammenti della pala della Trinit fino al 1801; stato probabilmente parte della collezione di Alessandro Nievo170, trasmessa al figlio Antonio, fino al 1870, per poi passare da Mantova al mercato antiquario milanese. Successivamente fu a Firenze, come sembra indicare il sigillo in ceralacca impresso sul telaio con liscrizione: Collezione () delle RR Gallerie di Firenze; sul retro della cornice presente una dicitura ottocentesca: Margherita Gonzaga ... Ritaglio del famoso quadro della SMA Trinita in Mantova di Pietro Paolo Rubens. Proveniente dalla collezione di Graf von Blome di Emkendorff, Holstein, fu acquistato a Berlino nel 1931 da Ludwig Burchard; attualmente si trova in vendita presso la Adam Williams Fine Art LTD, a New York. Il dipinto mostra Margherita Gonzaga (1591 1632), la figlia maggiore del Duca Vincenzo I Gonzaga, mentre, verosimilmente stante alle spalle della madre Eleonora deMedici, fissa lo sguardo intenso sullo spettatore; indossa un abito di colore bruno oro, riccamente ornato da pietre preziose e un numero cospicuo di perle, chiaro riferimento al nome delleffigiata (in greco, margart), che adornano come pendenti anche lampio collare di fine merletto della principessa, incorniciando il volto dallincarnato luminosamente delicato.

170

Nellinventario dei beni di Alessandro Nevio, stilato nel 1843, si legge alla Rubrica IXa, n 18: Altra testa di Rubens della grandezza una volta e mezzo il vero, ritaglio del quadro ora esistente nellI. R. Biblioteca in Mantova con cornice in nero, e foglietta indorata allintorno, dallaltezza di Cri 66 per Cri 50, stimato Zecchini 20; nello stesso inventario citata la testa di alabardiere proveniente dalla pala della Trinit, ora nel Museo di Palazzo Ducale a Mantova.

72

Nellalta acconciatura, di moda allinizio del Seicento, la giovane Gonzaga porta un pennino doro, pure decorato da perle a goccia, come gli orecchini, ed infine sulla spalla sinistra appuntato un gioiello dalla forma a mezza luna, in cui sono incastonate pietre preziose e da cui pendono altre tre perle, scaramazze. Bibliografia: Burchard 1933, p. 372, nota H; Norris 1975, p. 78, nota 28; Bazzotti 1977, p. 46; Mller Hofstede 1977, n 89, p. 319; Huemer 1977, pp. 26-33; Jaff 1989, n 41F, p. 155; Bazzotti 1990, pp. 39-48.

73

16. Studio per un autoritratto Collezione privata francese 1606 1607 Olio su carta applicata su tela, cm 31.4 x 24.4 Il dipinto ebbe probabilmente come primo proprietario il pittore Abraham Matthys, dal momento che sembra corrispondere alla descrizione della tela n 84 dellinventario postumo dellartista, stilato il 2 settembre 1649; dal 1788 al 1946 fece parte della collezione Harvey di Langley Park, Slough, Bucks. Fu acquistato ad unasta di Christies nel 1976 per la sede odierna. Il supporto cartaceo stato incollato su tela prima della fine del Seicento, e su tutti e quattro i lati furono aggiunte delle strisce di carta, che vennero poi dipinte per allargare il bozzetto e farlo apparire come pi rifinito. Come ha osservato Jaff, Rubens si servito di uno specchio leggermente convesso per ritrarsi: il primo piano ravvicinato scelto dal pittore mostra un volto emaciato, dalle guance scavate, dai capelli e dalle sopracciglia diradate, mentre gli occhi fissano lo spettatore con uno sguardo febbrile, sottolineato dalle profonde occhiaie. Il ritratto stato eseguito nei mesi di convalescenza successivi allestate del 1606, quando a Roma lartista si ammal gravemente di pleurite e fu guarito dallamico Johann Faber, tedesco, botanico e medico di papa Paolo V. Tale collocazione temporale risulta confermata se si confronta il dipinto, dal punto di vista stilistico, con lAutoritratto con amici a Mantova171, di poco precedente, e con I quattro filosofi (1611 - 1612), ora a Palazzo Pitti a Firenze. Bibliografia: Jaff 1989, pp. 51, 160 (n 65).

171

Cfr. n. 9

74

17. Ritratto di Caspar Schoppe Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti, Inv. Palatina n 198 1606 ca. Olio su tela, cm 116 x 88 Immagine La provenienza del ritratto ignota, comparendo nei documenti solo a partire dagli inizi del XIX secolo; sul retro della tela sono inscritti antichi numeri dinventario (7683, 4475, 7689) e lannotazione: N 2. Villa di Castello, N. 485 dellInventario. Caspar Schoppe (1576 1649), latinizzato in Gaspar Scioppius, filologo e libellista severissimo, tanto da meritarsi lepiteto di Canis Grammaticus, era originario del Palatinato e si trasfer nel 1597 a Roma, dove si convert dal protestantesimo al cattolicesimo, scrivendo un panegirico del papa Clemente VIII; da allora divenne prefetto della stampa vaticana, e fu successivamente nominato Cavaliere di San Pietro. Il polemista tedesco entr a far parte del circolo neo stoico del filosofo Giusto Lipsio, di cui era allievo anche il fratello maggiore di Rubens, Philip, che dovette presentargli il pittore; nella sua opera Scaliger Hyperbolimaeus, pubblicata nel 1607, Scioppius diede testimonianza di profonda stima per lamico artista, tessendone le lodi in un lungo e appassionato elogio delle sue numerose virt172. Il personaggio viene raffigurato a tre quarti di figura su uno sfondo neutro: tiene il braccio destro piegato sul fianco, e la mano sinistra, dalla forma lievemente allungata, riposa sullelsa della spada, cinta sul lato sinistro. Nel dipinto la luce proviene da sinistra, creando splendidi giochi cromatici nei riflessi della seta dellabito di colore malva, e del mantello nero, disinvoltamente appeso alla spalla sinistra e ricadente intorno la parte inferiore del busto; completano labbigliamento delleffigiato, messi in risalto dal contrasto, un farsetto di un tono violaceo pi scuro, profilato di nero, e il colletto bianco fine-

172

Cfr. Huemer 1977, nota n 3, p. 167.

75

mente ricamato di merletto, come i polsini ugualmente trattati. Lincarnato vivace, lo sguardo fisso sullo spettatore, la piega decisa delle labbra, insieme al trattamento libero di barba e baffi, e dei capelli, che appaiono piuttosto scarmigliati, suggeriscono la sicurezza, se non la tracotanza, del carattere di Scioppius, colta abilmente dal pennello di Rubens. La scelta del taglio e della posa del personaggio rimandano chiaramente a modelli tizianeschi. Il ritratto, inizialmente considerato di mano di Velzquez, venne attribuito da Venturi alla scuola bolognese: fu Burchard a riconoscerlo correttamente come opera del pittore di Anversa, ipotesi condivisa dagli studi successivi, bench nel catalogo fiorentino del 1977 stata proposta lattribuzione a Pourbus il Giovane. Lidentificazione delleffigiato, anchessa compiuta da Burchard, basata sul confronto con lincisione dello stesso soggetto eseguita da Adriaen Claesz de Grebber nel 1602; lo stesso studioso assegn il dipinto al periodo di attivit pittorica di Rubens intorno al 1606, datazione che il dato stilistico sembra confermare. Bibliografia: Bodart 1977, n 82, p. 198; Huemer 1977, n 38, p. 166-167; Jaff 1977, ed. 1984, p. 82; Jaff 1989, n 28, p. 151; Bodart 1990, n 12, p. 58; Galleria Palatina 2003, n 286, p. 317; Lille 2004, n 16, p. 46.

76

18. Ritratto di una nobildonna San Gallo, Svizzera, collezione E. Dreyfuss-Wurmser 1606 ca. Olio su tela, cm 62.2 x 53 Immagine Il ritratto fu pubblicato da Mller Hofstede nel 1965 come Ritratto di una giovane vedova, ed stato inserito da Jaff nel catalogo completo delle opere di Rubens nel 1989. La nobildonna viene effigiata a mezzo busto, vestita di un abito nero, sul quale risalta unaltissima gorgiera bianca, coperta lateralmente forse dal cappuccio nero di un mantello. Lespressione del volto intensa e serena, come suggeriscono lo sguardo diretto verso il riguardante e il lieve sorriso che segna la pelle tra gli angoli della bocca e le guance con due quasi impercettibili rughe. Stilisticamente il ritratto da mettere in relazione con la pi nota Brigida Spinola Doria173, di cui ricorda sia la posa che lacconciatura e il modo di raffigurare lespressivit del viso; ci porta a datare la tela al 1606 circa. Bibliografia: Mller Hofstede 1965, p. 127; Jaff 1989, n 52, p. 157.

173

Cfr. n. 20

77

19. Ritratto di dama anziana con una bambina Stoccarda, Staatsgalerie, inv. 2710 1605 1606 Olio su tela, cm 207 x 133 Immagine Il dipinto apparteneva alla collezione del marchese Paolo Coccapani Imperiale Lercari da Modena prima del 1890; fu poi acquistato da W. Von Bode per conto di K. von der Heydt di Berlino, per passare nel 1935 nella collezione di Conrad Bareiss a Salach (Stoccarda), che lo alien nel 1965, quando pervenne alla sede attuale. Lattribuzione a Rubens si deve a Burchard, che nel 1929 identific i personaggi ritratti, considerata la provenienza Imperiale Lercari, con una madre e una figlia di tale casata; successivamente Mller Hofstede riconobbe nella figura anziana seduta su unalta sedia, Bianca Spinola Doria, moglie di Giovanni Giacomo Imperiale e madre dellappassionato collezionista Giovanni Vincenzo Imperiale, e nella bambina, in piedi accanto a lei, la nipote Maddalena Imperiale, figlia del fratello del marito, Giovanni Battista Imperiale. Tuttavia nel 2004 Boccardo ha notato come nessun dipinto corrispondente alla descrizione di quello considerato in questa sede compaia nella collezione di Gio. Vincenzo Imperiale, dove legittimamente sarebbe dovuto giungere per eredit; inoltre lo studioso ha rilevato che il ramo della famiglia Imperiale cui Gio. Vincenzo avo non coincide con quello che si estingue negli Imperiale Lercari Coccapani, concludendo cos che nessuna ragione porta a ritenere che si tratti di due sue congiunte. Il ritratto presenta la nobildonna anziana assisa su una sedia, vestita di un abito nero completato da un corpetto di seta verde cangiante, che copre anteriormente il busto, su cui spiccano la gorgiera bianca e il velo che copre il capo; la dama tiene, in un gesto tenero ed autoritario insieme, la mano destra poggiata sulla manina sinistra della bambina, stante al lato della sedia. La bimba indossa un elegante abito di foggia spagnola, di seta blu scuro, che diventa viola nel ri78

svolto delle lunghe maniche della zimarra; i polsini e lalto collare sono di merletto. Fanno da quinta alle effigiate un ampio drappo cremisi, dietro cui spunta una colonna che si staglia su una ridotta porzione di cielo. Limpostazione del dipinto ancora legata alla tradizione precedente si ricordi il ritratto di Carlo V di Tiziano della Alte Pinakothek di Monaco - e il rilievo inferiore dato allo sfondo architettonico rispetto ai ritratti genovesi successivi come la Brigida Spinola Doria174 hanno spinto la critica a collocare lopera tra la fine del 1605 e gli inizi del 1606. Conviene infine osservare che Van Dyck terr presente proprio la Dama anziana con una bambina di Rubens quando, nel 1628, eseguir Porzia Imperiale con la figlia Maria Francesca al cembalo, attualmente al Muses Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles. Bibliografia: Mller Hofstede 1965, pp. 89-92, 139-141; Biavati 1977, pp. 153154; Huemer 1977, n 45, pp. 174-175; Bodart 1985, p. 22; Jaff 1989, n 55, p. 158; Boccardo, Orlando 2004, n I.12, p. 30.

174

Cfr. n. 20

79

20. Ritratto di Brigida Spinola Doria Washington, DC, National Gallery of Art, Samuel H. Kress Collection (1961. 9. 60) 1606 Olio su tela, cm 152.5 x 99 Immagine Nel 1615 il ritratto fu ereditato da Gio. Carlo Doria, in quanto fratello di Giacomo, marito delleffigiata e committente del dipinto, per passare nel 1625 alla legittima proprietaria, che si era unita in seconde nozze con Gio. Vincenzo Imperiale. Dal 1648 la tela rimase propriet della famiglia Imperiale fino alla fine del Settecento, quando entr a far parte della collezione Rati Opizzone di Torino; da questultima famiglia fu venduta al generale Sir John Murray del Clermont (Fifeshire) prima del 1827. Nel corso del XIX secolo e della prima met del XX il ritratto subisce una lunga serie di passaggi in collezioni private, principalmente tra Londra e Parigi175, per approdare nel 1946 a New York, acquistato da Goldschmidt Duveen Brothers Inc. Nel 1957 lo compr Samuel H. Kress, che lo don alla sede attuale nel 1961. Il dipinto firmato e datato BRIGIDA. SPINOLA. DORIA/ANN: SAL : 1606/ AET. SUAE 22/P.P. RUBENS FT: la didascalia stata trascritta sul retro della tela dai restauratori dopo il 1871, mentre originariamente liscrizione autografa di Rubens doveva trovarsi sul recto, ai piedi della composizione. Infatti il ritratto stata ridotto di circa 75 cm per lato rispetto alle misure originali, come dimostra il confronto con lincisione di P. F. Lehnert presso la Pierpont Morgan Library di New York e lo studio autografo (Fig. 27) conservato allcole Nationale Suprieure des Beaux-Arts di Parigi: entrambi mostrano leffigiata a figura intera, mentre si notano sullo sfondo, a sinistra,

175

Per approfondire in dettaglio i passaggi di propriet del dipinto, cfr. Boccardo, Orlando 2004, n I.6, p. 28.

80

una balaustra sulla quale svetta la cima di un albero del giardino sottostante, e un arcobaleno che attraversa il cielo striato di nubi. Brigida Spinola Doria (1583 1648), che spos il cugino Giacomo Doria nel luglio del 1605, viene raffigurata circa un anno dopo le nozze, vestita di un magnifico abito bianco di seta, probabilmente quello nuziale, ricamato in oro e dal corpetto a falda rigida, come voleva la moda spagnola imperante allinizio del Seicento; i polsini del vestito sono di finissimo merletto, come anche lamplissimo collare, che incornicia lo splendido volto sorridente della giovane, che fissa lo spettatore con grandi ed intensi occhi scuri. Lo sguardo del pittore ha sorpreso listante in cui la nobildonna si appena soffermata sulla soglia dingresso del terrazzo dove sta elegantemente dirigendosi: tra i capelli biondi raccolti in alto sono appuntati alcuni pennini a forma di fiori, adornati di perle, e le stesse pietre risplendono nei semplici orecchini a pendente; labito, di cui Rubens ha saputo restituire tutta la lucentezza della stoffa e la plasticit del panneggio grazie ad un sapiente uso di lumeggiature bianche, impreziosito da innumerevoli spille da abito dalla forma serpentinata, doro e pietre preziose, che richiamano la lunga collana che Brigida porta al collo, annodata sul petto. La scelta di rappresentare la fanciulla illuminata dalla calda luce diurna, sullo sfondo architettonico della facciata di un edificio, probabilmente su di un terrazzo elemento caratteristico dei palazzi dellaristocrazia genovese, tanto ammirati dallartista - , del tutto innovativa rispetto ai canoni formali stabiliti dalla tradizione ritrattistica dei maestri della fine del Cinquecento. Luso di toni brillanti di colore e la pennellata corposa donano al dipinto grande vitalit, come alcuni dettagli della composizione, quali il tendaggio cremisi, che disegna i contorni dello stipite e della colonna su cui sospinto dalla corrente, accompagnando il movimento progressivo della giovane donna, o la mano destra sospesa a mezzaria, con il ventaglio semi-aperto. Brigida Spinola Doria diventer un modello per la ritrattistica barocca successiva, in particolare per lallievo pi dotato di Rubens, Antoon Van Dyck: il ritratto di Elena Grimaldi Cattaneo, attualmente alla National Gallery di Washington, chiaramente una derivazione

81

dallarchetipo rubensiano176; a ragione, dunque, Baglione scriveva nel 1649: per alcuni Gentilhuomini Genovesi form egli in quadri grandi diversi ritratti, () alti quanto il vivo, con amore condotti, e similissimi; & in quel genio hebbe egli pochi pari177. Bibliografia: Huemer 1977, pp. 33-43, n 41, 41a, pp. 169-171; Jaff 1977, ed. 1984, p. 85; Mller Hofstede 1977, n 91, pp. 324-325; Bodart 1985, pp. 22, 25-26; Jaff 1989, n 56, p. 158; Bodart 1990, n 23, p. 84; Pilo 1990, p. 69; Genova 1997, n 19, p. 192; Belkin 1998, pp. 75-79; Boccardo, Orlando 2004, n I.6, p. 28; Genova 2004, n 29, p. 208; Londra 2005, n 22, p. 86.

176

Il pittore esegu numerosi ritratti per le famiglie aristocratiche della Repubblica tra il 1606 e il 1608, di cui molti sono andati perduti: questo il caso di Paolo Agostino Spinola, che aveva commissionato a Rubens il suo ritratto e quello della consorte Ginevra Grillo, come si evince da una lettera dello stesso marchese, datata 26 settembre 1606. Cfr. Boccardo 2004, pp. 8-9. 177 Baglione 1649, ed. 1975, p. 363.

82

21. Ritratto di Giovanna Spinola Pavese Collezione privata 1606 Olio su tela, cm 223 x 136.5 Immagine Nellinventario di Giovanni Filippo Spinola, stilato nel 1660, si legge: un quadro di detto Rubens ritratto di Donna Giovanna Pavese di misura in tutto come sopra [palmi 10 e 6] con una fontana appresso, e fiori sopra la testa a modo darco; tale descrizione aveva portato ad identificare nel ritratto conservato presso il museo di Bucarest178 la Giovanna Spinola Pavese ivi citata, moglie di Lelio Pavese, membro di una famiglia di Savona ascritta alla nobilt della Repubblica di Genova, conclusione rafforzata soprattutto dalla corrispondenza delle dimensioni della tela. La comparsa nel 2004 del ritratto trattato in questa sede ha messo fortemente in dubbio lidentificazione del personaggio effigiato nel dipinto di Bucarest, in quanto i due dipinti appaiono molto simili tra loro: in entrambi vi raffigurata una nobildonna stante presso una fontana e incorniciata da un arco di rose; inoltre, sebbene le dimensioni della tela proveniente da collezione privata siano inferiori a quanto indicato nellinventario, ci probabilmente dovuto al fatto che il ritratto stato ridotto nei margini superiore e sinistro. Entrambi i dipinti si trovano in uno stato di conservazione non ottimale. In questa situazione non pi possibile riferire alluna o allaltra tela la suddetta citazione inventariale, e di conseguenza anche il successivo passaggio agli eredi di Gio. Filippo Spinola, gli Spinola duchi di San Pietro, presso i quali il dipinto rest fino al 1735 circa, per poi passare alla famiglia Balbi nel corso del XIX secolo, e per eredit agli attuali proprietari.

178

Giovanna Spinola Pavese ? , olio su tela, cm 247 x 147, Bucarest, Museul National de Arta al Romaniei; cfr. Genova 1997, n 22, p. 198.

83

Boccardo, insieme ad Orlando, ha gi rilevato che non si tratta di due versioni dello stesso ritratto, ma del ritratto di due diverse persone: la dama di Bucarest pi giovane dellaltra; entrambe indossano un abito nero, con maniche di seta bianca intessuta doro, su cui risaltano lamplissima gorgiera di merletto e una lunga collana di perle annodata sul petto; le stesse pietre adornano la medesima acconciatura di entrambe le nobili teste bionde. Tuttavia le spille da abito a forma di fiore impreziosiscono in fila doppia, rispetto allaltra, la gonna delleffigiata pi anziana. Molte sono le differenze per ci che concerne lo sfondo, che risulta nel ritratto oggetto di questa scheda di gran lunga pi ricco: sul lato destro si scorge chiaramente un loggiato su un basamento a gradini, mentre sullaltro si osservi come i profili della coppia di telamoni che reggono larco siano pi definiti ed espressivi, come pure il tritone su cui poggia la vasca a forma di conchiglia e la protome del delfino che avvolge la coda a una di quelle del tritone; infine tuttaltre freschezza e vitalit dimostrano le rose in alto, dipinte delicatamente a tocchi di colore sovrapposti, e gli zampilli dacqua lumeggiati in bianco. Tali osservazioni hanno condotto Boccardo a sostenere che sia il dipinto di Bucarest a derivare da quello trattato in questa sede, e non viceversa. opportuno ricordare che limpostazione del ritratto considerato ebbe grande fortuna nella ritrattistica di committenza genovese successiva, come dimostrano la Caterina Balbi Durazzo di Van Dyck del Museo di Palazzo Reale e la nota Dama di Carbone della Galleria di Palazzo Bianco, ambedue a Genova. Il ritratto stilisticamente molto vicino alla Dama con un nano179 di Kingston Lacy, cos che sembra corretto datarlo al 1606. Bibliografia: Biavati 1977, p. 153; Huemer 1977, nota n 47, p. 41; Boccardo, Orlando 2004, n I4, p. 27; Genova 2004, n 120, p. 466.

179

Cfr. n. 22

84

22. Ritratto di dama con un nano Kingston Lacy, Dorset, The National Trust 1606 ca. Olio su tela, cm 241 x 140 Immagine Il dipinto apparteneva alla collezione di Agostino Centurione nel 1735; fu poi ammirato da Ratti nel 1780 nel palazzo genovese di Giovanni Francesco Centurione, al primo piano abitato da Giovanni Battista Grimaldi della Pietra. Venne acquistato nel 1840 da William John Bankes e giunse cos in eredit a Ralph Bankes, i cui esecutori testamentari lo lasciarono alla sede attuale. La nobildonna effigiata viene raffigurata seduta allinterno di una loggia affacciata su un giardino e illuminata dai raggi solari che provengono dal cielo appena velato di nubi, visibile oltre la colonna in primo piano a sinistra; la dama indossa uno splendido abito nero dai ricami in oro e dalle maniche intessute dargento, su cui risalta un altissimo collare di merletto bianco, che incornicia il volto fine e delicato della donna. Il sontuoso vestito, cos come il ventaglio dorato che regge nella mano destra, sono attributi ricorrenti delle aristocratiche genovesi ritratte da Rubens, tuttavia difficile fornire la corretta identificazione del personaggio; stato proposto da Burchard per primo, nel 1929, il nome di Maria Grimaldi, prima moglie di Gio. Vincenzo Imperiale, ipotesi originata dalla provenienza della tela, e successivamente, come ricorda Huemer, ritrattata dalla stesso studioso in favore di unidentificazione con la seconda moglie del suddetto Imperiale, Caterina Grimaldi. La prima ipotesi trovava vagamente riscontro nella presenza delle iniziali M ed A sul collare del cagnolino abbarbicato alla gonna delleffigiata. Un indizio sullidentit della dama doveva forse suggerirlo il bassorilievo classico posto al fondo del loggiato, in alto: rappresenta la lotta tra due uomini armati al cospetto di un re assiso sul trono, accanto a cui si scorge una figura femminile seduta; la scena interpretabile, secondo Mller Hofstede, come un accenno 85

alla raggiunta maturit della giovane nobildonna per le nozze. Nel 2004 Boccardo ha avanzato lipotesi che leffigiata fosse Battina Centurione Grimaldi, moglie di Carlo Grimaldi che, secondo lo studioso, ospit il Duca di Mantova a Sanpierdarena nellestate del 1607. La bizzarra presenza di un nano sul lato sinistro del dipinto, colto nellatto di scostare un tendaggio rosso per appuntare lattenzione dello spettatore sulla dama, esalta, e ammonisce simbolicamente, il contrasto tra bellezza e deformit; tuttavia sembra opportuno rilevare in questa sede che tale figura appare qualitativamente inferiore sia per la resa coloristica che formale, suggerendo lipotesi che possa trattarsi di una aggiunta postuma. Il ritratto datato dalla critica al 1606 sulla base della data della Maria Serra Pallavicino180, con cui condivide le vicende di provenienza. Bibliografia: Huemer 1977, pp. 33-43, n 19 (Caterina Grimaldi), pp. 131-132; Jaff 1989, n 58 (Maria Grimaldi), p. 158; Genova 1997, n 21, p. 196; Boccardo, Orlando 2004, n I.3, p. 27; Lille 2004, n 15, p. 46.

180

Cfr. n. 23

86

23. Ritratto di Maria Serra Pallavicino Kingston Lacy, Dorset, The National Trust 1606 Olio su tela, cm 241 x 140 Immagine Il ritratto presenta le stesse vicende di provenienza della Dama con un nano181, anchessa a Kingston Lacy: gi nel 1766 Ratti aveva scritto di due ritratti di dame a sedere in grandi tele, che sono i pi belli, che del Rubens avrete fino a ora in questa citt veduto, ammirati nel palazzo di Giovanni Francesco Centurione a Genova, collocazione che trova riscontro nella comune storia dei due dipinti. La tela firmata e datata PETER PAULUS RVBNS / PINXIT ATQUE SINGVLARI DEVOTIOE / M. DC. VI182. Diverse sono state le identit attribuite dagli studiosi al personaggio femminile rappresentato: nel 1929 Burchard vi riconobbe Brigida Spinola Doria, seguito da Huemer nel 1977, per ragioni di somiglianza con il dipinto pi noto di Washington183, mentre Mller Hofstede, sempre nel 1977, ipotizz che si trattasse della sorella di Brigida, Veronica Spinola Doria, trovando dapprima concorde Jaff, che nel 1989 propose invece, ritenendo il vestito bianco delleffigiata un abito nuziale, il nome di Caterina Grimaldi, confondendola erroneamente con Maria Grimaldi, che spos Giovanni Vincenzo Imperiale proprio nel 1606. Nel 1997 Boccardo ha identificato la dama in bianco con Maria Serra Pallavicino, moglie di Nicol Pallavicino, il principale banchiere di Vincenzo I Gonzaga, e sorella del cardinale Giacomo, che nello stesso 1606 procur a Rubens la commissione per le tre pale della Chiesa Nuova a Roma184. Lo studioso ha condotto una lettura puntuale e rigorosa dei

181

Cfr. n. 22 Liscrizione era in parte abrasa e fu rifatta dai restauratori di inizio Ottocento. 183 Cfr. n. 20 184 I legami parentale e matrimoniale di Maria Serra Pallavicino spiegherebbero cos anche la particolare devozione espressa da Rubens nelliscrizione sulla tela.
182

87

blasoni presenti nel ritratto, sostenuta da un preciso riferimento documentario: nellinventario dei beni di Giovanni Filippo Spinola, stilato nel 1660, si legge di un quadro ritratto di M[aria] Pallavicina figura intera alto palmi 10 e largo 6 [= cm 250 x 150] senza cornice, misure che corrispondono al dipinto considerato; Boccardo ha poi riscontrato sul tendaggio cremisi in alto, a sinistra, la presenza della fascia contro doppio addentellata e scorciata di nero propria dei Pallavicino, che accompagna le due fasce a scacchi rosso e argento dei Serra. Ulteriore indizio a favore di questa identificazione il pappagallo appollaiato sullo schienale cui appoggiata la nobildonna, dipinto a colori vivaci e colto nellatto di beccare langolo superiore sinistro della sedia: lanimale, considerato simbolo mariano185, si riferisce probabilmente al nome delleffigiata. Rubens scelse di immortalare le nobildonne dellaristocrazia genovese secondo canoni formali fino ad allora riservati alle sovrane regnanti, riconoscendo, non senza ammirazione, lascesa ormai consolidata dellalta borghesia della Repubblica; lo spirito innovativo del pittore infuse per a tali ritratti, grazie al ricorso a colori brillanti stesi con pennellate dense, una vitalit sconosciuta alla ritrattistica aulica. Maria Serra Pallavacino viene qui raffigurata a figura intera, seduta sullo sfondo di una nicchia architettonica classicheggiante, mentre fissa lo spettatore con espressione serena, quasi regale, sul volto dai tratti delicati, incorniciato dallalta gorgiera bianca di merletto e dalla complicata acconciatura, dove sono appuntati un pennino adorno di perle, dei fiori rossi, forse garofani, e una aigrette. La giovane donna indossa un magnifico abito di seta bianco, dai riflessi dorati e dal lungo strascico, e doro sono gli elaboratissimi ricami che lo ornano, come pure linterno delle ampie maniche e la preziosa collana che porta al collo. Leleganza dellabbigliamento accentuata dalla posa ferma, anche se un po rigida, del busto minuto della giovane donna, e dal gesto della mano destra, splendidamente scorciata, che regge il ventaglio.

185

Cfr. Levi DAncona 2001, n 119, pp. 170-171.

88

Bibliografia: Biavati 1977, p. 150-151; Jaff 1977, ed. 1984, p. 85 (Veronica Spinola Doria); Jaff 1989, n 57 (Caterina Grimaldi), p. 158; Huemer 1977, pp. 33-43, n 42 (Brigida Spinola Doria), pp. 171-172; Genova 1997, n 20, p. 194; Boccardo, Orlando 2004, n I.7, p. 28; Lille 2004, n 14, p. 43.

89

24. Ritratto di Maddalena Serra Karlsruhe, Staatliche Kunsthalle, inv. 2505 1607 ca. Olio su tela, cm 225.5 x 138.5 Immagine Proveniente dalla collezione del defunto re di Polonia, fu messo in vendita da Phillips, a Londra, il 9 giugno 1827; si ritrova in numerose aste tra la stessa Londra, Parigi e Berlino nellarco temporale compreso tra il 1860 e il 1935, variamente attribuito a Van Dyck o a Simon de Vos186. Fu venduto nel 1964 da un collezionista privato del sud della Germania al museo dove attualmente collocato. Su unantica etichetta sul retro della tela si legge: N 18 / Ritratto di donna seduta vestita / alla spagnola, opera di Rubenze / si puol valutare di () 1000. La nobildonna ritratta fu identificata da Burchard nel 1929 con Brigida Spinola Doria, sulla base di una presunta somiglianza con il dipinto di Washington187, mentre nel 1965 Mller Hofstede ritenne di riconoscervi Veronica Spinola Doria188, la sorella di Brigida, attribuendo erroneamente lemblema a quadri rosso e argento, presente sul drappo cremisi in alto, a sinistra, alla famiglia Spinola, ipotesi condivisa da Jaff e Huemer nel 1977. Nel 2004 Boccardo ha corretto la lettura dellarma araldica restituendola alla famiglia Serra; lo studioso ha quindi proposto lidentificazione delleffigiata con Maddalena Serra, moglie di Giovanni Battista Serra - il fratello di Giacomo e di Maria, la moglie di Nicol Pallavicino - che nasceva anchessa da

186

Per approfondire i passaggi di vendita del dipinto nelle diverse aste europee, cfr. Boccardo, Orlando 2004, n I.8, p. 28. 187 Cfr. n. 20 188 Veronica Spinola Doria, inoltre, era nata e cresciuta in Spagna e si era trasferita a Genova in occasione del suo matrimonio con Giovanni Carlo Doria, celebrato il 19 aprile 1608; cfr. Genova 1997, n 5, p. 64.

90

un ramo diverso della stessa illustre famiglia: ci spiegherebbe la presenza di una sola arma invece di due. La giovane donna viene raffigurata seduta su una sedia tappezzata di velluto rosso, sullo sfondo di una nicchia architettonica, in modo pressoch identico al ritratto di Maria Serra Pallavicino189: si ritrovano ugualmente nei due dipinti il pappagallo variopinto che becca un angolo dello schienale, la posa lievemente rigida del busto minuto delleffigiata, che regge il ventaglio nella mano destra, lacconciatura ornata da due garofani rosso e bianco, probabile riferimento al casato di appartenenza, e lamplissima gorgiera bianca di merletto. Tuttavia la fisionomia delicata di Maddalena Serra appartiene ad un persona diversa dallaltra nobildonna, che sembra pi matura, sebbene le somigli molto; anche labbigliamento differisce: nel ritratto considerato la dama indossa un elegante abito di velluto nero, adornato da preziose spille dorate, come dorato il risvolto delle ricche maniche, e sul quale spicca una lunga collana di perle annodata sul petto. Stilisticamente il dipinto sembra derivare dalla Maria Serra Pallavicino, cos sembra corretto proporre come data desecuzione il 1607 ca. Bibliografia: Biavati 1977, p. 151-152; Jaff 1989, n 66 (Veronica Spinola Doria), p. 160; Huemer 1977, pp. 33-43, n 43 (Veronica Spinola Doria), pp. 172-173; Boccardo, Orlando 2004, n I.8, p. 28.

189

Cfr. n. 23

91

25. Ritratto di Maddalena Serra Buscot Park, Berkshire, The Faringdon Trust 1607 ca. Olio su tela, cm 150 x 105 Immagine Non si possiedono notizie storiche sulla provenienza del ritratto fino al suo arrivo in Inghilterra, presumibilmente nel corso del XIX secolo; stato battuto da Christies a Londra in diverse aste dal 1899 al 1937, quando fu acquistato da Lord Faringdon per la sede attuale190. Lidentificazione della nobildonna ritratta segue le stesse vicende del dipinto di Karlsruhe191, dal momento che, probabilmente a causa delle decurtazioni subite dalla tela la cui superficie piuttosto danneggiata, ed abrasa in alcuni punti, come sul collare - , non vi si riscontra alcun indizio araldico o simbolico che fornisca lappartenenza delleffigiata ad un determinato casato, n stato possibile risalire alla sua provenienza; cos la ricostruzione di una possibile identit si dovuta basare solo sullevidente somiglianza con il ritratto citato. Le fisionomie delle due dame coincidono perfettamente, ed identica in entrambi i casi la posa da sedute, come pure il ventaglio nella mano destra, la collana di perle annodata sul petto, la nicchia che fa da sfondo e il pappagallo abbarbicato sullo schienale della sedia, anche se, nel ritratto inglese, il piumaggio di questultimo raffigurato in modo meno vivace, forse addirittura sommario. Le differenze sono minime: la prima risiede nellacconciatura, laddove la giovane donna qui rappresentata porta i fiori appuntati sul lato sinistro del capo, accompagnati da una aigrette, mentre la dama di Karlsruhe ha due garofani sul lato destro della testa, senza altri ornamenti; la seconda variazione nellabbigliamento, infatti nel dipinto considerato leffigia-

190

Per approfondire i passaggi di propriet del dipinto, cfr. Boccardo, Orlando 2004, n I.9, p. 29. 191 Cfr. n. 24

92

ta indossa un abito di raso bianco, ricamato in oro, laltra invece un abito di velluto nero, ornato di preziose spille doro. La veste chiara e la piuma presente nellacconciatura ricordano il ritratto di unaltra dama genovese, Maria Serra Pallavicino192; la stretta relazione tra i tre dipinti rafforza lipotesi, largamente condivisa dagli studiosi, che Rubens abbia eseguito la maggior parte dei ritratti genovesi a Roma, con lausilio di disegni eseguiti ad vivum. Proprio per la stretta dipendenza dalla tela posseduta dal museo tedesco, rispetto alla quale, verosimilmente per il cattivo stato di conservazione, appare in qualche modo inferiore, il ritratto oggetto di questa scheda databile al 1607 circa. Bibliografia: Biavati 1977, p. 151-152; Jaff 1989, n 67 (Veronica Spinola Doria), p. 160; Huemer 1977, pp. 33-43, n 44 (Veronica Spinola Doria), pp. 173-174; Boccardo, Orlando 2004, n I.9, p. 29; Genova 2004, n 5, p. 64.

192

Cfr. n. 23

93

26. Ritratto equestre di Gio. Carlo Doria Genova, Galleria Nazionale della Liguria a Palazzo Spinola 1606 Olio su tela, cm 265 x 188 Immagine Dai documenti193 risulta che il dipinto rest propriet della famiglia Doria di Genova fino al 1838; lanno successivo fu trasferito a Napoli nel palazzo Doria dAngri allo Spirito Santo, dove rimase per un secolo. Nel 1940 fu acquistato da Maria Termini. Su imposizione di Benito Mussolini nel 1941 venne ceduto ad Adolf Hitler per il museo di Linz; restituito alla Stato italiano nel 1948, fu destinato a Palazzo Vecchio a Firenze, dove rest fino al 1985. Dallo stesso 1985 assegnato al Museo di Capodimonte a Napoli, per giungere infine alla sede attuale nel 1988. Roberto Longhi pubblic per primo il ritratto nel 1939, riconoscendo erroneamente nelleffigiato Giacomo Massimiliano Doria sulla base della presenza, sul petto del cavaliere, della rossa insegna dellOrdine di San Giacomo, interpretata come richiamo onomastico. La corretta identificazione del personaggio ritratto con Gio. Carlo Doria (1577 1629) stata possibile grazie al riscontro con un passo del testamento del fratello di questi, Marcantonio Doria, dove si legge: Lascio al secondogenito Gio. Francesco oltre ad altri dipinti, il seguente ritratto del quondnam Gian Carlo Doria a cavallo del Rubens. Lidentit stata ulteriormente accertata tramite il confronto con un ritratto dello stesso Gio. Carlo Doria di Simon Vouet 194, del 1621, ora al Louvre a Parigi, e confermata dagli inventari della collezione del nobile genovese, rintracciati da Boccardo. Infatti il terzogenito del gi doge Agostino Doria fu mecenate generoso e figura di riferimento per il mondo artistico nel primo quarto del Seicento a Genova.

193

Per approfondire i passaggi di propriet del dipinto, cfr. Genova 2004, n 30, p. 210. 194 Cfr. Genova 1997, n 32, p. 218.

94

Il dipinto venne commissionato per celebrare la decisione di Filippo III di Spagna di conferire a Gio. Carlo Doria lOrdine di San Giacomo, evento verificatosi nel luglio del 1606: Rubens inizi probabilmente a lavorare al ritratto nellautunno successivo. Inizialmente tale data desecuzione stata messa in dubbio dalla critica, dal momento che leffettivo ingresso del gentiluomo della Repubblica nellillustre congregazione avvenne solo nel 1610, ed il relativo giuramento addirittura nel 1612; tuttavia la scelta del pittore di inserire la prestigiosa insegna nel ritratto equestre va spiegata con il fatto che la croce rossa di San Giacomo attributo proprio dei cavalieri. Gio. Carlo Doria viene raffigurato in sella ad un magnifico cavallo bianco, plasticamente definito, mentre regge le redini del suo destriero quasi con la punta delle dita, indizio delle sue fermezza danimo e sicurezza, suggerite anche dal portamento eretto e dallatteggiamento calmo del volto, su cui peraltro sono stati riscontrati numerosi ripensamenti dellartista, che hanno sottratto la primitiva maggiore immediatezza allespressione del cavaliere. Lo slancio diagonale dellanimale, che sembra voler travolgere lo spettatore con il suo galoppo, rafforzato dalla presenza sottostante del cane, che ne ripete la posizione trasversale; il suo dinamismo, espresso anche attraverso il movimento aereo e fluido della coda e della criniera, ripetuto dalla sciarpa cremisi legata al braccio sinistro delleffigiato, contrasta volutamente con la staticit del cavaliere, valorizzando la natura razionale della sua capacit di controllo sulla bestia, dominata invece dallimpulso della corsa, che ne accende vivacemente lo sguardo e gli fa mordere il freno. Molti sono i riferimenti allegorici inseriti sottilmente da Rubens sulla tela: laquila, simbolo araldico dei Doria, nascosta tra le fronde di una quercia, ai cui rami si intrecciano quelli di un ulivo e di una pianta di edera, emblemi rispettivamente di coraggio, nobilt danimo e fedelt questultima rappresentata anche dalla figura del cane e da riferirsi alla lealt nei confronti della corona spagnola - , tutte virt attribuite al cavaliere. Sullo sfondo il tempestoso paesaggio marino illuminato dai raggi solari, che fendono le nubi da sinistra, creando straordinari giochi di riflessi sul manto del cavallo e sullarmatura delleffigiato, il cui braccio sinistro riflette la sciarpa svento95

lante con bagliori rossi; nel cielo in alto, a destra, si scorgono delle cicogne in volo, simbolo della gratitudine per il privilegio concesso da Filippo III. La risoluzione di eseguire un ritratto equestre, genere nato per celebrare gli imperatori romani e fino ad allora riservato ai sovrani, assolutamente innovativa ed dettata appunto dal desiderio di creare unimmagine nobilitante del Doria, sebbene Rubens avesse gi compiuto tale scelta rinnovatrice nel 1603, con il ritratto equestre del Duca di Lerma195, con cui il dipinto considerato condivide probabilmente il principale modello di riferimento: il Carlo V a Mhlberg di Tiziano196, ora al Prado, a Madrid; il pittore potrebbe aver tratto ispirazione anche dalla celebre stampa dellEnrico IV di Francia (1593) di Antonio Tempesta e, come suggerisce Pilo, dallaffresco veneziano, ora perduto, di Marco Curzio, opera del Pordenone. Conviene osservare che il ritratto genovese esercit comunque unampia influenza sugli artisti contemporanei e successivi, come testimonia ad esempio lAnton Giulio Brignole-Sale di Van Dyck, ora presso la Galleria di Palazzo Rosso a Genova. Bibliografia: Firenze 1977, n 87, p. 210; Genova 1977, n 2, pp. 206-214; Huemer 1977, pp. 33-43, n 10, pp. 116-118; Jaff 1977, ed. 1984, p. 86; Jaff 1989, n 68, p. 160; Bodart 1990, n 22, p. 82; Pilo 1990, pp. 4651; Genova 1992, n 150, pp. 253-254; Genova 1997, n 24, p. 202; Boccardo, Orlando 2004, n I.2, p. 26; Genova 2004, n 30, p. 210.

195 196

Cfr. n. 4 Cfr. n. 29

96

27. Ritratto di Giulio Pallavicino Collezione privata 1607 Olio su tela, cm 131 x 145 Immagine La provenienza del dipinto, pubblicato per la prima volta nel 2004, ignota a causa del mancato ritrovamento di documenti ad esso relativi, circostanza complicata dal fatto che leffigiato non ebbe una discendenza diretta. Lattuale proprietario lha acquistato da un antiquario romano nel 2001. Giulio Pallavicino (1559 1635), la cui identit dimostrata dal cartiglio e dal grande emblema araldico che campeggia sulla tenda alle sue spalle, era il fratello maggiore di Nicol 197, il principale banchiere del Duca Vincenzo I Gonzaga, e di Marcello, il gesuita che nel 1605 commission a Rubens la pala della Circoncisione per la chiesa genovese dellordine; il gentiluomo della Repubblica viene qui raffigurato vestito con il tipico abito nero che contraddistingue chi ricopre la carica di senatore, mentre, seduto su una sedia di velluto cremisi, guarda lo spettatore con unespressione seria sul volto lievemente corrucciato. La scelta di rappresentare il personaggio di tre quarti, in modo ravvicinato, ricorda il ritratto del fratello Nicol, eseguito dallo stesso pittore verosimilmente nel 1604, ed entrambi i dipinti sono debitori dei grandi maestri della tradizione ritrattistica veneta, Tiziano e Tintoretto; tuttavia labilit inventiva di Rubens rivitalizza il modello ponendo sullo sfondo il drappo rosso e oro agitato dal vento, che conquista al ritratto una maggiore carica espressiva e pi ampio respiro dal punto di vista spaziale, a cui contribuisce lo scorcio del balcone che si intravede sulla destra, con le colonne che si stagliano controluce sul brano visibile di cielo.

197

Cfr. n. 5

97

Lormai sicura padronanza tecnica del colore fa ritenere lopera databile al 1607: probabilmente venne eseguita a Genova durante il soggiorno estivo del pittore a seguito del Gonzaga. La formula elaborata per questo ritratto fu in seguito ripetuta da Rubens al suo ritorno ad Anversa, e di essa dovette ricordarsi Van Dyck quando esegu leffige di Alessandro Giustiniani in veste di senatore, ora allo Staatliche Museum di Berlino. Bibliografia: Genova 2004, n 4, p. 62.

98

28. Ritratto di Giannettino Doria Gran Bretagna, collezione privata 1608 ca. Olio su tela, cm 135 x 114 Immagine Non sono note le vicende di provenienza del ritratto; nel 1987 fu venduto come opera di Reni da una famiglia tedesca agli attuali proprietari. La tela, fabbricata in Italia, stata ridotta su tutti e quattro i lati. Il personaggio ritratto stato identificato da Jaff (1988) con Giannettino Doria (1554 1642), nipote dellammiraglio Andrea Doria, sulla base del confronto con una xilografia del 1628, proveniente dalla Stamperia Vaticana di Andrea Brogiotti. Il cardinale viene raffigurato seduto, mentre fissa lo spettatore con unespressione seria sul volto, sullo sfondo di un drappo cremisi che, sollevato, lascia emergere una colonna, il cui imponente profilo si staglia in controluce. La sinfonia dei diversi rossi, () la luce e la vivacit dei panneggi hanno condotto Jaff ad attribuire lautografia del ritratto a Rubens, datandolo allultimo periodo del suo soggiorno italiano, intorno al 1608. Il taglio ravvicinato del dipinto, a tre quarti di figura, cos come la posa delleffigiato, in particolar modo il trattamento delle mani, avvicina molto il ritratto a quello di Giulio Pallavicino198, dello stesso pittore, nonch sembra riscontrabile nellimpostazione formale del dipinto linfluenza di uno dei capolavori di Raffaello, leffige di Giulio II (Londra, National Gallery). Bibliografia: Jaff 1989, n 81, p. 163; Boccardo, Orlando 2004, n I.13, p. 30.

198

Cfr. n. 27

99

29. Ritratto di Carlo V a Mhlberg (da Tiziano) Londra, Courtauld Institute of Art, Princes Gate Collection 1603 Olio su tela, cm 75 x 55.5 Immagine Il dipinto apparteneva alla collezione particolare di Rubens, che il pittore aveva allestito nella sua casa di Anversa e che comprendeva sia pezzi di arte antica sia copie dai maestri a lui pi cari, da cui tanto aveva appreso in Italia. Pass poi probabilmente nella collezione di Antoine van Leyen (1628 1686), sempre ad Anversa; successivamente fu parte della raccolta di opere darte del principe Belosselsky, in Russia, e nel 1936 fu acquistato sul mercato antiquario londinese dal conte Seilern, che lo lasci in eredit alla sede odierna. Si tratta della copia parziale del ritratto equestre di Carlo V a Mhlberg, capolavoro di Tiziano del 1548, ora al Prado di Madrid, che Rubens ebbe occasione di ammirare allEscorial durante la missione diplomatica in Spagna199 nel 1603; la copia del pittore fiammingo denota una vivacit aliena alloriginale, ottenuta grazie alla maggiore saturazione dei colori e ad una resa pi plastica della figura. Il dipinto serv probabilmente da modello per lincisione di Theodor van Kessel, che lavor spesso per Rubens: il confronto con essa fa pensare che la copia del pittore sia stata considerevolmente tagliata sul lato destro, e in misura minore anche sul sinistro. Bibliografia: Jaff 1989, n 31, p. 152.

199

Durante il soggiorno in Spagna Rubens esegu altre due copie da Tiziano, il Ritratto del principe Filippo di Spagna, ora a Chatsworth, e il Ritratto dellimperatore Carlo V con la spada sguainata, in collezione privata inglese, a cui si deve aggiungere una copia da Sofonisba Anguissola, il Ritratto di Isabella di Valois, ora al Castle Museum di Nottingham; tali dipinti non sono stati inseriti in questo catalogo in quanto non stato possibile reperire immagini adeguate. Cfr. Jaff 1989, n 33, 34, 35, p. 152.

100

30. Ritratto di Isabella dEste (da Tiziano) Vienna, Kunsthistorisches Museum 1605 ca. Olio su tela, cm 101.8 x 81 Immagine Nellinventario dei beni di Rubens, stilato nel 1640, si legge: Un pourtrait dIsabel dEste, Duchesse de Mantue; il riferimento documentario attesta dunque la presenza dellopera nella raccolta personale del pittore200. Il dipinto, acquistato dallArciduca Leopoldo Guglielmo, pass nelle collezioni imperiali austriache, che confluirono poi nel museo viennese. Il ritratto la copia di un perduto originale di Tiziano, realizzato per la marchesa di Mantova intorno al 1530 e noto oggi solo attraverso una copia antica custodita presso la contessa Vogu a Parigi; loriginale faceva parte dei dipinti che Carlo I dInghilterra acquist dai Gonzaga nel 1627. Luzio nel 1913 ritenne la copia rubensiana di pessima qualit, trovando inaccettabile la grande libert di esecuzione con cui il pittore fiammingo aveva affrontato il capolavoro del Vecellio; il ritratto viennese, particolarmente nel magnifico trattamento dellabito di velluto rosso delleffigiata, dimostra invece lalto grado di elaborazione del colorismo veneto maturato da Rubens nei suoi anni italiani, nonch la straordinaria padronanza tecnica raggiunta. La critica ha concordemente assegnato la copia al periodo che vide il pittore al lavoro per limportante commissione mantovana della Pala della Trinit, intorno al 1605, quando Vincenzo I Gonzaga chiese a Rubens di riallestire la Galleria della Mostra, lo spazio del Palazzo Ducale in cui intendeva concentrare i capolavori della sua collezione.

200

Cfr. n. 29

101

Bibliografia: Luzio 1913, pp. 219-224; Jaff 1989, n 44, p. 156; Mantova 2002, n 13, p. 178.

102

III. Bibliografia

Anversa 1977 P. P. Rubens. Paintings - Oil sketches - Drawings. 29th June 30th September 1977, Antwerp, Royal Museum of Fine Arts, 1977. Avena 1954 Antonio AVENA, Il Museo di Castelvecchio a Verona, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, Libreria, 1954. Baglione 1649, ed. 1975 Giovanni BAGLIONE, Le vite de pittori, scultori et architetti. Dal pontificato di Gregorio XIII fino a tutto quello dUrbano VIII, rist. anastatica delled. del 1649, Bologna, Arnaldo Forni Editore, 1975. Bazzotti 1977 Ugo BAZZOTTI, La Pala della Trinit, in Rubens a Mantova. Mantova, Palazzo Ducale, 25 settembre 20 novembre 1977, Milano, Electa, 1977, pp. 28-53. Bazzotti 1990 Ugo BAZZOTTI, Precisazioni sulla Pala della Trinit di Mantova, in Rubens. Dall'Italia all'Europa. Atti del convegno internazionale di studi, Padova, 24 - 27 maggio 1990, a cura di Caterina Limentani Virdis e Francesca Bottacin, Vicenza, Neri Pozza, 1992, pp. 39-48. Belkin 1998 Kristin Lohse BELKIN, Rubens, London, Phaidon, 1998. Bellori 1672, ed. 1976 Giovan Pietro BELLORI, Le vite depittori, scultori e architetti moderni, a cura di Evelina Borea, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1976. Biavati 1977 Giuliana BIAVATI, Il recupero conoscitivo dei Rubens genovesi, in Rubens e Genova. Genova, Palazzo Ducale, 18 dicembre 1977 12

104

febbraio 1978, a cura di Giuliana Biavati, Genova, La Stampa, 1977, pp. 149-181. Boccardo 2004 Piero BOCCARDO, Genova e Rubens. Un pittore fiammingo tra i committenti e i collezionisti di una Repubblica, in LEt di Rubens. Dimore, committenti e collezionisti genovesi, Milano, Skira Editore, 2004, pp. 5-11. Boccardo, Orlando 2004 Piero BOCCARDO, Anna ORLANDO, Dipinti di Rubens a Genova e per Genova, in LEt di Rubens. Dimore, committenti e collezionisti genovesi, Milano, Skira Editore, 2004, pp. 23-47. Bodart 1977 Rubens e la pittura fiamminga del Seicento nelle collezioni pubbliche fiorentine. Firenze, Palazzo Pitti, 22/7 - 9/10 1977, a cura di Didier Bodart, Firenze, Centro Di, 1977. Bodart 1985 Didier BODART, Rubens, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1985. Bodart 1990 Pietro Paolo Rubens (1577 1640), catalogo a cura di Didier Bodart, Roma, De Luca Edizioni dArte, 1990. Burchard 1933 Ludwig BURCHARD, Nachtrage, in Rubens, Van Dyck und ihr Kreis, Wien, A. Schroll & Co., 1933, pp. 390-397. Burckhardt 1898, ed. 2006 Jacob BURCKHARDT, Rubens, a cura di Anna Bovero, con uno scritto di Emil Maurer, Milano, Abscondita, 2006.

105

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106

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