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6- Il primato dell’invenzione andava a riscrivere l’equazione tra pittura e poesia e
apre la strada della facoltà di parola e di giudizio anche a chi non era un artista.
7- SLITTAMENTO UT PICTURA POESIS A FAVORE DELLA
LETTERATURA, giustificava l’elaborazione di un giudizio da chi non era di
competenza tecnica. ARTE E POESIA GIOCATE SUL CAMPO
DELL’INVENZIONE.
8- Il genio dell’antichità è insito nel presente. La modernità è fatta di restituzione
meditata dal vero e modelli del passato.
Agucchi (1570-1632)
- bolognese di nascita
- Romano per cariche di segretariato papale e di diplomazia pontificia
- recupera l’idea di Pino degli stili della retorica e della pittura nella sua opera
“Trattato della pittura”.
Testo che rimase manoscritto e venne in parte incorporato nel 1646 da
Giovanni Antonio Massani nella sua introduzione al libro “Diverse
figure, nel numero di Ottanta disegnate”; mentre Bellori lo riprenderà
nelle Vite nel 1672.
Era necessario scegliere lo STILE DI ELOQUENZA più adeguato alle
finalità di persuasione.
Agucchi nel parallelo con la retorica evidenzia la necessità di adottare
diversi registri linguistici anche nell’arte.
Mantiene le classificazioni aristoteliche e recupera il paragone pliniano
della Naturalis Historia tra forme e generi dell’oratoria e declinazioni
della pittura, individua nello stile per distinguere le maniere dei singoli
artefici che “imitano il verosimile e il più bello della natura”.
L’ARTE per AGUCCHI NON E’ NATA DA UN SOLO MA DA
MOLTI ED E’ POSSIBILE INDIVIDUARE DEI MAESTRI
ECCELLENTI.
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Il criterio dell’imitazione può arretrare fino all’antichità in una serie di
combinazioni tra natura, antico e modelli, che andranno a costituire
nuove e normative di giudizio.
Agucchi delinea LE SPECIFICITA’ PER SCUOLE:
1. SCUOLA ROMANA: i primi sono Raffaello e Michelangelo che
hanno perseguito la bellezza delle statue perché si sono avvicinati
all’artificio degli antichi.
2. SCUOLA VENEZIANA: il capo è Tiziano che ha saputo imitare la
bellezza della natura
3. SCUOLA LOMBARDA: capostipite Antonio da Correggio, il
maggiore imitatore della natura, capace di renderla in modo tenero e
nobile.
L’ultima scuola, ne parla diversamente:
4. Ultima scuola: è quella costituita dai pittori di valore nella
professione che hanno operato in modo “proprio” e senza seguire
qualcuno.
Agucchi riflette nell’idea di continuità e di compresenza tra antico e moderno e vede
in Annibale Carracci l’unico in grado di unire la finezza del disegno della Scuola
Romana con la vaghezza del colorito di quella lombarda. La capacità di Carracci di
unire l’antico e la natura, oltre che stili diversi. Lo schema dell’imitazione selettiva
formulato da Agucchi si inserisce nel progetto politico di Clemente VIII
Aldobrandini e del suo entourage , volto a creare la dimensione nazionale e culturale
italiana attraverso la commistione, nella lingua e nella cultura figurativa, dei diversi
linguaggi regionali.
Mancini
Erudito senese (1559-1630)
Medico di Urbano VIII Barberini
La sua opera “Considerazioni sulla pittura” riflette la vivacità del dibattito che
agli esordi del Seicento: si doveva affrontare il primato dell’invenzione, il
primo anello di collegamento tra la creazione della poetica e l’ideazione delle
opere d’arte.
Nel primo capitolo affronta la questione del diritto “di chi non è pittore a
giudicare un’opera di pittura”.
Mancini definisce “specie della natura nate dalla differenza delle cose
imitate”. Questo costituisce la struttura portante del trattato di Mancini che
traccia la gerarchia dei soggetti.
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Per Mancini il giudizio di merito è un’imitazione delle cose che si ritrova in
questo mondo.
Paola Barocchi
Mancini razionalizza le proprie conoscenze da erudito mercante e collezionista
e si rifà per antagonismo a Vasari, che ha erroneamente considerato Cimabue
colui che “ravvivò la pittura”, facendo lo stesso con Guido, Duccio e Simone
di Martini, Peruzzi e Sodoma. Mancini inseriva anche artisti toscani , lombardi,
bolognesi, veneti e stranieri in uno schema cronologico comparato, elimina le
monografie e le risolve in notizie sintetiche.
Dei Carracci e dei Carracceschi dice “ha proprio l’intelligenza dell’arte con la
grazia e espressione di affetto, proprietà e composizione d’historia, avevano
congiunto la maniera di Raffaello con quella lombarda, giungendo ad un
naturalismo del colore e delle ombre”.
La metodologia manciniana :
1. Reperiva e classificava i dati storici
2. Fissava i criteri con cui l’uomo di gusto potesse valutare degnamente dove
collocare le opere d’arte.
Mancini si riferisce all’uomo di gusto, al collezionista delle opere d’arte.
La distinzione delle copie dagli originali viene presentato così:
1. Differenza del modo di unire i colori: negli originali sono più
compatti
2. La fierezza e risoluzione della maniera con il saper dell’inventore la
copia.
I criteri di valutazione della pittura:
1. La pittura non è necessaria, ma di diletto e non può avere un prezzo
determinato.
2. Si considera la qualità del padrone che la detiene e l’artefice che la realizza
3. Si tiene conto della fama e reputazione del pittore
4. Si prende in considerazione la modalità con la quale viene ceduta:
- regalo
- d’osservanza
5. La determinazione del prezzo non avviene nella stessa modalità con la
quale avviene nelle stampe, disegni a mano coloriti, mosaici e altro.
6. Bisogna considerare se l’artefice è vivo o morto: se vivo si fa un lavoro di
comparazione con le altre opere e con quelle di altri.
Anche i libri di disegni vengono sottoposti a particolare classificazione:
- al foglio
-nazioni
- modo di disegno
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- a penna, lapis, carbone, acquerello, chiaro-scuro, tinta ad olio.
Si esprime anche riguardo le cornici che devono rispettare determinate
gradazioni.
Esse :
1. Sono poste a difesa delle pitture
2. Le fanno vedere le pitture come viste da una finestra
L’ornamento può essere dorato o non dorato e che non hanno molto rilievo.
Esprime la sua idea, dicendo che le preferisce in nero perché non farebbe
abbagliar la vista e non impedirebbe la visione della pittura. Le cornici nel
Barocco diventano dorate in contrapposizione allo scuro predominante dei
quadri. Le cornici delle pitture dei sommi pontefici venivano realizzate in
ebano.
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Le posizioni più alte sono riservate alla PITTURA DI STORIA:
dove il pittore forma in pittura quello che ha nella fantasia come
in storie compite.
L’unione di modelli e natura definisce il modo di dipingere di
maniera. È l’apice che accomuna: Il Caravaggio, Carracci e
Guido Reni.
Giustiniani riporta per voce del Merisi che uno dei gradini più bassi della sua scala di
merito della pittura “ ed il Caravaggio disse che tanta manifattura gli era a fare un
quadro buono di fiori, come di figure”. Viene intesa come un’estrema difesa della
praxis rispetto al primato dell’invenzione. Si rifà al fatto che tutti i generi necessitano
della pratica, del saper fare.
Giustiniani era riluttante nei confronti di coloro i quali si
lasciavano andare alle troppe giustificazioni. Quello
dell’invenzione si rileverà il partito vincente anche dal pdv
figurativo.
La contesa si concentrava attorno alla dignità della natura
morta, un genere che agli esordi del secolo conosce una nuova
autonomia, anche sul versante del collezionismo colto come il
cardinale Federico Borromeo che devolverà la sua Canestra di
Frutta del Merisi ai giovani artisti dell’Accademia Ambrosiana.
Equiparare la riproduzione del reale alla nobiltà della pittura di
storia avviene passando con eguale disinvoltura e dedizione
tecnica da un genere all’altro, praticando le contaminazioni tra
generi.
L’INGANNO DELLA PITTURA: l’antidoto per scongiurare la
malizia consiste nell’IMITARE IL NATURALE
PERFETTAMENTE, SENZA CERCARE NULLA PIU’.
Al genere della caricatura, pittura ridicola che richiedeva nulla più che l’impegno di
due linee, si riferisce anche a Mancini, confermandone anche la pratica da parte di
Annibale, Domenichino e Guercino.
Lo stile si lega alla geografia per delineare un diverso modello storiografico
che portò Lanzi a designare Agucchi, come il primo a compartire la pittura
italiana in lombarda, veneta, toscana e romana.
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Ferdinando Bologna
Nei primi anni del Seicento non si registrò alcuna forma di progresso, bensì il ritorno
all’età dell’oro e a fare da sfondo alle vicende storico-artistiche è il tradizionalismo,
intriso di novità di cui Caravaggio e i Carracci si fecero promotori. La soluzione
barocca si esaurisce in Caravaggio; Annibale è il maggior esponente del classicismo.
Bologna mette in evidenzia l’eclettismo di Rubens, iniziatore della nuova visione.
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Pinelli:
Bellori: scrittore, antiquario e storico dell’arte romano, si distinse nel
panorama storiografico del Barocco italiano. Considerato insieme a Filippo
Baldinucci, l’equivalente in epoca barocca di Vasari.
- Scrisse le “Vite de’più eccellenti pittori, scultori e architetti moderni” nel
1672. Si tratta di una raccolta di biografie, dove l’ecfrasis si consolida come
metro di valutazione dell’invenzione. La descrizione diventa parte integrante
del sistema teorico predisposto per giustificare la selezione delle biografie.
- È evidente in Bellori l’influsso della formazione antiquaria e la sua
cultura artistica.
- Il discorso sull’Idea del pittore, dello scultore e dell’architetto scelta dalle
bellezze naturali superiore alla Natura, pronunciato nel maggio del 1664
nell’Accademia di San Luca, è di fondamentale importanza per comprendere il
ruolo nella mente dell’artista. Prende le distanze dalla linea di discendenza
dell’Idea di Federico Zuccari, per fornire un messaggio contemporaneo di
selezione degli artisti moderni.
Bellori difende la scuola romana concepita attorno al vertice di Annibale e
della Galleria Farnese. Una scuola che era il risultato di più componenti, che
sapeva guardare alla natura, emendandone il brutto, attraverso la lezione degli
antichi e dei classici del Rinascimento, mossa dallo spirito unificatore di
Raffaello.
Bellori riesce a rendere superfluo nelle Vite il topos retorico dell’equanimità.
Frutto di una stratificazione maturata nell’arco di redazione del testo e di
raccolta dei materiali, la compagine della personalità selezionate da Bellori
sono 12 e sono:
1. Annibale Carracci
2. Agostino Carracci
3. Domenico Fontana
4. Federico Barrocci
5. Michelangelo da Caravaggio
6. Rubens
7. Van Dyck
8. Duquesnoy
9. Domenichino
10.Lanfranco
11.Algardi
12.Poussin
Il ruolo predominante e circolare del profilo di Annibale, restauratore
della pittura si sovrapponeva a un’idea di progresso, del tempo e delle
arti.
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Alludeva all’impianto evoluzionistico di Vasari e al tempo stesso
rifletteva la compresenza tra antichi e moderni, scongiurando la
decadenza della produzione artistica. Annibale rappresenta l’apice e il
progresso in virtù della valenza moderna e rigenerativa del suo
linguaggio di sintesi, che in quanto perfetta operazione di imitazione
selettiva. Le altre vite si articolano attorno al primato di Annibale e
incarnano le combinazioni delle diverse componenti delle arti visive.
Bellori rafforza il primato dell’invenzione e declassa il colore,
subordinato alle luci e alle ombre.
Rubens colorì dal naturale, radiò il lume con la contrarietà dei corpi
ombrosi e le opposizioni delle ombre e dei lumi. È incentrato sul
concetto di equilibrio, Il colore è parte integrante della mediazione
selettiva imprescindibile per gli artisti, mai libero e incontrollato
artificio. E’ una combinazione frutto dell’ingegno dell’artista che
consente a Bellori di affermare che il giudice del colore è l’intelletto e
non l’occhio.
Il Poussin di Bellori è romano
L’imitazione selettiva trova la sua sistematizzazione storiografica e
letteraria che si proponeva di confondere le cose umili con le più degne e
di non menzionare l’autorità degli antichi scrittori delle vite degli uomini
illustri e quelli che non meritano di essere commendati.
Profonda attenzione di Bellori per le antichità e il patrimonio artistico
dello stato pontificio.
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