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Il neoclassicismo

L'arte neoclassica, discendente dalle idee illuministe, si rifà ancora una volta all'arte del
mondo classico. Intorno alla metà dell'XVIII secolo gli scavi che avevano riportato alla
luce intere città come Pompei ed Ercolano, rinnovarono l'interesse degli artisti verso lo
studio delle antichità greche e romane e Roma divenne il centro culturale per
eccellenza.
Il massimo teorico del neoclassicismo fu Johann Joachin Winckelmann il quale iniziò
un attento studio delle antichità classiche componendo una grandiosa opera: la Storia
dell'arte dell'antichità che fu pubblicata nel dicembre del 1763, e che studiava
l'antichità sia dal punto di vista cronologico che dal punto di vista estetico. Per
Winckelmann la vera arte era quella greca per cui "l'unica via per divenire grandi e, se
possibile, inimitabili, è l'imitazione degli antichi". Imitazione dell'antico voleva dire,
per l'artista neoclassico, una fonte a cui attingere, nella forma e nel contenuto, in
quanto modello estetico per la rappresentazione degli ideali e delle scene
contemporanee, e non era quindi come per gli artisti rinascimentali, che pure si
ispiravano all'antichità, un rapporto di sintonia spirituale con esso. Il neoclassicismo
nasce soprattutto come contrapposizione agli sfarzi del barocco, che era rifiutato dalla
nuova visione del mondo, e della religione proposta dal pensiero illuminista; in
particolare la religione aveva perso il ruolo centrale che giocava da secoli nella società e
questo inevitabilmente si ripercosse nell'arte che assume un significato sociale diverso,
acquistando un carattere pubblico. Inoltre gli artisti si liberarono dai canoni tematici
imposti dai committenti e scelsero liberamente i soggetti da rappresentare. In pittura
scompaiono quasi del tutto i motivi religiosi, mentre la mitologia fu sostituita dalla
rappresentazione storica e dalle vicende borghesi. I dipinti sono caratterizzati da un
realismo quasi fotografico, rappresentato con colori freddi, contorni duri, scarso
interesse per gli effetti di luce, tutto questo da un aspetto sobrio ai dipinti mantenendo
l'osservatore a distanza e non più
partecipe.

Avvenimenti storici
dell’antichità, la morte di
Socrate in questo caso.

Colori spenti ma non


troppo, simili alle fotografie

La morte di Socrate (1787) di Jacques-Louis David


La scultura neoclassica
La scultura fu la forma artistica che meglio si prestava all'applicazione delle teorie
neoclassiche. Infatti in questo periodo dove venne studiata la statuaria greca, la cui
conoscenza era piuttosto frammentaria, attraverso le copie romane. La scultura
neoclassica fu spesso considerata fredda e impersonale, in realtà queste caratteristiche
furono precisa scelta dei maggiori artisti del tempo intenti a svolgere una funzione
didascalica.
Grande importanza veniva attribuita ai bozzetti preparatori che ogni artista eseguiva
prima della realizzazione scultorea perché ben rappresentavano la personalità degli
artisti.
Il maggior artista del neoclassicismo italiano fu Antonio Canova.

Antonio Canova
1.Antonio Canova (1757 – 1822) è stato uno dei più importanti scultori italiani e massimo
esponente del Neoclassicismo, corrente artistica affermatasi in Europa tra il XVIII e il
XIX secolo. Canova fa il suo apprendistato a Venezia, a circa 80 km dal suo paese natale,
Possagno. È un talento precoce, già a diciotto anni si mette in proprio per aprire una
bottega tutta sua. A ventidue anni (1779) si trasferisce a Roma, capitale dell’arte e della
cultura italiana nel XVIII secolo, per studiare le opere dei grandi e confrontarsi con i
principali artisti di una corrente artistica che in quegli anni si stava affermando: il
Neoclassicismo.

2.È in questo periodo che realizza alcune delle sue opere più celebri come Amore e
Psiche, le Tre Grazie, Maddalena Penitente, Teseo sul Minotauro. In pochi anni diventa
una delle personalità di spicco dell’arte romana, tanto che acquista un palazzo nel cuore
della capitale (Palazzo Canova), che diventa presto meta di artisti e personaggi di spicco
dell’epoca. Le opere di Canova si contraddistinguono per l’eleganza delle forme, per la
bellezza e la semplicità delle sue figure. L’artista veneto infatti abbandona i drappeggi
eccessivi e lo sfarzo delle opere barocche, spoglia la figura umana di tutti gli orpelli per
restituirla in tutta la sua purezza al fine di ricavarne la sua essenza nel candore del
marmo.

3.Napoleone, inoltre, all’apice del successo, chiese a Canova di diventare suo ritrattista
ufficiale. Lo scultore italiano rifiutò, realizzando però bellissime opere per il sovrano e
alcuni dei suoi familiari come il Ritratto di Paolina Bonaparte ispirato alla Venere
vincitrice, quello di Maria Luigia nelle vesti di Concordia o quello di Napoleone
Bonaparte nei panni di Marte il Pacificatore.

4.Canova muore nel 1822. Il suo corpo è conservato a Possagno nel Tempio Canoviano,
una chiesa in stile neoclassico progettata dallo stesso Canova. Il cuore è custodito nella
chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, mentre la sua mano destra, un tempo
custodita dall’Accademia di Belle Arti di Venezia, si trova oggi a Possagno, insieme al
resto del corpo.

Amore e Psiche
Il mito
Nel corso della sua carriera, Canova affrontò più volte il tema dell’amore,
trasfigurandolo nel mito. In particolare, amò la vicenda di Amore e Psiche, alla quale
dedicò alcuni gruppi scultorei. Il più celebre, risalente agli anni 1787-93, presenta le
figure dei due amanti giacenti e oggi si trova al Louvre. Il soggetto è tratto da una favola
dello scrittore latino Lucio Apuleio (125-170 d.C. circa), che nelle sue Metamorfosi
raccontò di come Amore (altro nome con cui è conosciuto Cupido, Eros per i Greci) si
fosse perdutamente innamorato della mortale Psiche, una principessa talmente bella da
suscitare l’invidia e la gelosia della stessa Venere.
Sebbene a sua volta legata ad Amore da un appassionato sentimento, Psiche aveva
l’ordine di non guardare mai in volto il giovane dio, che incontrava soltanto al buio. Ma
la donna, spinta dalla sua curiosità, volle invece contemplare l’amato alla luce di una
lanterna: per questo fu condannata da Venere a superare alcune prove, tra le quali far
visita a Proserpina negli Inferi, dove cadde in un sonno profondo. Amore, non
resistendo al desiderio di riunirsi alla sua amata, la svegliò pungendola con una delle
sue saette.
Alla fine, Zeus, mosso a compassione, donò a Psiche l’immortalità, concedendole di
vivere per sempre accanto ad Amore che la fece sua sposa. Dalla loro unione nacque
una figlia, Voluptas, dea del piacere fisico e sensuale.

La scultura
1.Il capolavoro di Canova illustra uno dei
momenti più lirici del mito. Amore si
china a baciare la sua adorata Psiche,
dopo averla risvegliata dal sonno
mortale in cui questa era caduta; la
donna alza le braccia, in un gesto
elegante e leggero, sfiorando con le dita
delle mani i capelli del suo amato.

2.Le loro labbra si avvicinano ma non si


uniscono. I corpi adolescenziali, dalle
forme perfette (secondo un principio di
bellezza spirituale e assoluta), si
accostano ma non si stringono. Il
desiderio, testimoniato dalla mano di
Amore che sfiora il seno di Psiche, è
palpabile ma non espresso.
3.Anche la composizione del
gruppo è controllatissima: le figure,
disposte diagonalmente e
divergenti fra loro, si intersecano
formando una X, mentre i due volti,
quasi congiunti, sono incorniciati
dal tondo formato dalle braccia di
Psiche.

Canova ha saputo fermare l’azione


dei due amanti in un attimo eternamente sospeso. I due giovani rimangono
rapiti uno nella bellezza dell’altra. Tutta la scena si pervade, in tal modo, di
un sottilissimo e raffinato erotismo, che sicuramente contraddice l’idea,
assai diffusa, che la scultura neoclassica sia incapace di rappresentare i
sentimenti.
Che Amore e Psiche si amino e si desiderino è invece qui mostrato in modo
chiarissimo: soltanto che Canova non è interessato a rappresentare la passione
incontenibile, l’impeto incontrollabile.
Non è questo il compito dell’arte neoclassica che mira ad altro scopo; sicché, il
travolgimento dei sensi viene sciolto nella tenerezza, lo slancio amoroso viene
sfumato nel perenne incanto della contemplazione. L’opera, insomma, rispetta
pienamente i canoni dell’estetica neoclassica e celebra prima di tutto il tema della
bellezza ideale.

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