Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Non c'è che dire, in fondo Courbet con il suo realismo aveva avvertito e
presagito quelli che sarebbero stati gli sviluppi, imminenti da lì a venire, della
pittura antiaccademica, sociale da un lato e naturalistica dall'altro. Ne sono
testimonianza i suoi dipinti e il suo impegno politico. Amico di Proudhon- tra
l'altro immortalato con Baudelaire nel suo Atelier dell'artista - il pittore aveva
conosciuto il carcere nei disordini di Parigi, ma, da quel brav'uomo di mondo qual
era, s'era tenuto ben lontano dall'essersi troppo mischiato coi rivoluzionari. La
sua storia personale di artista, tuttavia, la dice lunga sulla tipologia della sua
attività e sull'ispirazione che la sostiene. Si fa precursore ante litteram della
pittura moderna con la sua opposizione, per esempio, alla gerarchia dei generi
stabilita fin dal 1667 dall'Accademia delle Belle Arti e ne fa strame. Con un
puntiglio tipico di chi vuole lasciare traccia di sé, dipinge una scena di genere, il
Funerale ad Ornans, nei canoni della scena epica, sovvertendo in questo modo
sia l'ordine che la logica gerarchica della composizione accademica. Il resto della
sua pittura, lontana dai grandi personaggi storici e dai canoni dell'Accademia, lo
si legge e ammira, tra l'altro, nei suoi Il disperato, L'uomo ferito, Gli spaccapietre,
La filatrice… così come, in omaggio allo spirito del tempo impregnato di
positivismo, con tutto il suo carico impositivo di ricorso all'esperienza e alla
realtà, lo si può intravvedere ne L'origine del mondo: dipinto scandalosissimo,
mai nessuno aveva osato tanto, un tuono che fa vibrare tutti i vetri
dell'Accademia e dei Salons di Parigi. Ne viene il merito, tuttavia, misurato nei
termini della sua popolarità, di aver chiamato a condividere un sentimento più
sicuro e maggiormente attento alla realtà.
Così mentre Courbet apre la strada alla pittura a sfondo sociale e all'aria
nuova che spira in Europa in tema di democrazia e socialismo, Claude Monet, dal
suo canto, ne apre un'altra; ma sul fronte del naturalismo, un percorso lontano
dalle implicazioni sociali, tracciato sulla carta puramente pittorica della
figurazione paesaggistica.
Monet conosce Courbet, Delacroix, nonché Baudelaire, a diciassette
anni (1857) mentre frequenta l'Académie Suisse a Parigi: entra, pertanto,
giovanissimo, a far parte di quella cerchia di artisti e intellettuali che faranno
grande la Francia nel XIX secolo nel campo dell'arte e non solo. Vi conosce anche
Manet e alcuni pittori della scuola di Barbizon, ma resta ammaliato
dall'insegnamento del suo maestro Eugène Boudin, che gli apre una prospettiva
pressoché sentimentale sulla pittura en plein air : « Sono così belli il mare e il
cielo, gli animali, la gente e gli alberi, così come la natura li ha fatti, con il loro
carattere, il loro modo di essere, nella luce, nell'aria, proprio così come sono»1).
Si avvicina quindi a Daubigny, assertore questi stesso dei paesaggi dal vero.