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Critica d'arte Lezione del 09/03/2022

Corso sulla critica e metodologia d'arte, come una radiografia: quali sono i principi
della storia dell'arte? Dati certi e interpretazioni (critica) che viene poi tramandata.
Durante il corso tratteremo con un approccio contemporaneo.
• Quando nasce la critica d'arte?
• Che cos'è?
• Quali sono i metodi?

Baudelaire diceva “la critica è parziale”, ovvero formulata a partire da un giudizio


soggettivo / critico.
Anche la storia dell'arte è frutto di giudizi estetici, che hanno a che fare con la critica.
Dal 1900 l'arte è diventata molto più complessa, e di conseguenza la critica ha perso
quei canoni estetici con i quali agiva prima.

Achille Bonito Oliva “ultima tendenza teorizzata”, ha visto la sua contemporaneità e


ha individuato degli elementi caratteristici: RITORNO ALLA PITTURA
(transavanguardia).

• Differenza tra movimento e tendenza?


Il movimento è composto di solito da 4/5 artisti, mentre la tendenza è un atteggiamento,
un approccio.

L'arte prima si svolge: c'è un cambiamento (la critica sancisce questo cambiamento)
-Metà del '700 → nasce la critica d'arte → gli artisti avevano esigenza di far parlare
delle loro opere.

Cambio della figura dell'artista

1500 : gli artisti lavoravano su commissione da chiesa o nobili


1700: il ruolo sociale cambia insieme ai fatti storici:
• avvento della borghesia
• gli artisti non lavorano più alle dipendenze borghesi
• si apre il mercato → gli artisti presentano loro stessi alle Mostre
• la borghesia compra le opere d'arte
• artista = imprenditore di sé stesso

Nascono i Salon = luogo in cui si inizia a creare la critica d'arte

• Diderot (padre dell'enciclopedia e direttore delle cronache → recensioni/ testi


critici che Diderot scriveva a partire dalla mostra nel Salon) scrive di ciò che
osserva: visione autoptica = diretta
Le cronache servivano per spiegare le opere alla borghesia.
Primo principio della critica d'arte: scrivo di ciò che vedo qui e ora
- Winckelmann → parlava per astratto (no critico) e propone elle teorie applicate a
delle opere.

Arte ufficiale

L'arte rispetta i canoni accademici (colori, figure ecc), ma con Coubert (realismo) e
l'impressionismo si ha una rivoluzione: vengono rifiutati dai Salon e aprono i propri:
Salon dei rifiutati.
• Agli artisti interessa guardare al presente (no miti, no soggetti comuni) e si
ritrae la frenetica vita parigina: avevano bisogno di una critica che avallasse le
loro opere: intellettuali, poeti che vivevano la loro stessa energia.
• La critica d'arte nasce da esigenze concrete.
• In questo stesso momento nasce il sistema dell'arte (vendita delle opere)
• nascono anche le prime figure del mercante d'arte: Durand Ruel primo
gallerista/mercante crea la scuderia degli artisti

Differenza tra Museo e Galleria

Il museo: espone, conserva, propone


La galleria: gestita da privato, imprenditore, vende le opere della propria scuderia

° Durand Ruel:
• crea dei contratti per gli artisti
• ha delle esclusive con gli artisti
• organizza periodicamente delle mostre
• sarà la stessa borghesia a recarsi alle mostre e a comprare le opere

Ruel sa molto bene che è necessaria una comunicazione esterna alla mostra →
diventa editore (crea delle riviste dove si scrive degli artisti che lui rappresenta.)

PROBLEMA: Se vengo invitato a scrivere (vengo pagato) un testo critico →


quanto sono di parte e quanto no?
La critica è soggettiva, sottoposta a condizionamenti.

• Critica militante: una critica che agisce nel momento in cui l'artista lavora: si
forma insieme all'opera dell'artista
• non è una critica storica
• lavora a stretto contatto con l'artista vedendo l'evoluzione dell'opera
• è una critica contemporanea stretta (mesi, giorni)
• il testo è figlio del mio rapporto con l'opera e l'artista

• Manifesti: Statement
• Filippo T. Marinetti
• qual è la visione del mondo degli artisti
• il rapporto tra loro e il passato e il presente dell'arte
• come si esprime il loro lavoro
• lo scrive un membro del movimento
• autoaffermazione
• Il critico deve partire dal manifesto e se critica deve sottolineare le discrepanze
tra il manifesto e il lavoro effettivo dell'artista.

• Critica istituzionale: è un'attitudine


• movimento artistico, una tendenza di artisti che criticano il sistema dell'arte e i
suoi meccanismi economici.

• Estetica: disciplina filosofica, si sviluppa nel 1700 con Baumgarten→ ne


parla come una scienza dell'esperienza sensibile.

Durante il corso analizzeremo il passaggio tra Modernismo e Postmodernismo,


facendo nomi e cognomi di critici d'arte:
• Peter Grimberg
• Rosalind Krauss, postmodernità, la rivoluzione del medium
• The white cube
• opere site specific
• estetica relazionale
• Claire Bishop, inferni artificiali
Capiremo quali sono i momenti globali dell'arte contemporanea: Biennale,
Documenta...

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Lezione del 10/03/2022


Nell'800 'idealismo di Hegel
Hegel riteneva che la conoscenza sensibile (terrena) fosse in grado di spiegare idee
universali (ragionamento induttivo), l'idealismo sostiene che l'estetica è in grado di
arrivare all'ideale assoluto – differenza con Kant (il giudizio estetico è una
conoscenza soggettiva e NON diventa oggettiva)

Nel corso dell'800 l'estetica diventa materia di dibattito e contemporaneamente si


assiste al processo di definizione di storia dell'arte: la storia dell'arte diventa una
disciplina con un metodo autonomo, non più una costola alla vita degli artisti.

• Quando la storia dell'arte incontra l'estetica?


Quando si passa da storia dell'arte come mero racconto di cose (vita dell'artista) a
quando diventa necessario per l'arte avere altri ingredienti per interpretare le opere e
gli artisti. Necessario è basarsi anche su una conoscenza sensibile, mettere in campo
altri modelli per interpretare la storia dell'arte.
Si introducono quindi le sensazioni, introspezioni, interpretazioni delle opere da parte
dello storico dell'arte.

• Qual è il compito dell'estetica?


Darci una chiave di giudizio per comprendere cosa è arte (per astrazione ci definisce
l'idea di arte), ovviamente il concetto di arte è soggettivo (non è un'idea monolitica,
assoluta, ma è in continuo movimento)

Durante l'800 si comincia a ragionare sul concetto di creatività: si ricercano i motivi


interni dell'artista del perché ha fatto quell'opera (immaginazione)

• Nuova lettura dell'arte:


• introspezione
• immaginazione → tipica del processo artistico: strumento per sublimare
l'esperienza sensibile (sintesi); arriva anche alla definizione della forma → la
forma che l'artista dà alla sua opera è figlia dell'immaginazione e del gusto
(altra categoria molto importante).

Come si forma il gusto?

È figlio delle nostre conoscenze, sensibilità, cambia col tempo, influenze,


formazione, esperienza, confronti, contesti. Il gusto parte della soggettività e arriva
allo studio (si affina).

La FORMA → contiene il processo di immaginazione e di gusto

Leonello Venturi sull'immaginazione: “è concreta perché parte da un'esperienza


sensibile ma diventa astratta per il processo mentale che modifica quest'esperienza.”

Il gusto → appartiene all'artista e al critico che lo usa per esprimere un giudizio


può essere un gusto tradizionale (asseconda il tempo in cui vive) e un
gusto di rottura (avanguardia)
• L'esperienza sensibile porta ad un'analisi dell'opera che non sarà mai assoluta e
oggettiva in ordine universale ma oggettiva e relativa a quel tipo di estetica che
si vive.

Qual è la differenza tra artista e creativo?

Tendenzialmente:

• creativo: si riesce a fare qualcosa in ambito pratico qui ed ora


• artista: temporaneità più lunga, sviscero dei temi in maniera teorica e poi
pratica, concetto più profondo, ricerca teorica e sperimentale

La storia dell'arte necessita dell'estetica e viceversa → solo nella loro unione


possiamo dare conto a un racconto che considera l'immaginazione e introspezione
dell'artista.

Esempi di categorie estetiche:


• imitazione della natura (si è evoluto nel tempo, sia oggettivo che analitico,
sia la mia interpretazione della natura)
• bellezza (può essere filtrato dall'immaginazione dell'artista)
• sublime
• grottesco

Rapporto tra critica d'arte e storia dell'arte

Benedetto Croce: “l'una ha bisogno dell'altra, non possono essere nemiche”

• critica d'arte: esprime dei giudizi di valore su un'opera, il giudizio è


soggettivo MA per essere considerato valido deve ancorarsi alla storia dell'arte.

• Storia dell'arte: fornisce alla critica la base per elevare un giudizio collettivo.

Per il critico:
• conoscere la storia dell'arte
• trovare dei riferimenti come altri artisti, opere
• contestualizzare l'opera/artista
• formulare il suo giudizio partendo dal gusto e dai suoi ideali estetici

La storia dell'arte ha bisogno della critica per mantenersi viva, ragionare su sé stessa e
continuare ad essere figlia di quell'analisi introspettiva.

Critica d’arte del secondo 900. 16 Marzo


• Evoluzione del rapporto tra la storia dell’arte e la critica d’arte; questi due
ambiti disciplinari sono strettamente correlati tra di loro, poiché l’una ha
bisogno dell’altra. Il 700 è il secolo durante il quale H Garthen, definisce il
concetto di estetica come conoscenza data dall’esperienza sensibile. I concetti
stessi dell’estetica definiscono l’idea stessa di arte.
• Che cosa è arte, viene definita a partire da dei modelli della filosofia estetica,
ai quali con il corso della storia i vari filosofi si sono poi adeguati, sposando
quei concetti e arrivando poi ad intendere l’arte come loro teoria.
- il 700 è il secolo in cui per la prima volta assistiamo ad una definizione della
disciplina della storia dell’arte, che non è più la costola della letteratura o della storia
ma è a tutti gli effetti una disciplina e come tale va studiata e va applicato un metodo
d’indagine.
• nasce il neoclassicismo con le figure di Mengs (pittore e artista) e
Winckelmann (archeologo), nell’ambito del Grand Tour in cui gli artisti,
intellettuali e i giovani nella borghesia europea, realizzano un giro per le grandi
capitali europee, anche in Italia in città tipo: Venezia, Firenze, Napoli, Roma.
Così che i giovani intellettuali del tempo avevano modo di formarsi anche
attraverso la visione dei grandi monumenti che andavano definendo la storia
dell’arte.
• in Italia vedono le rovine di Pompei e Ercolano che in quegli anni vengono
riportate alla luce, hanno modo di visitare Roma e di studiare e di riflettere
sulla storia dell’arte del loro passato.
• Mengs e Winckelmann nell’ambito di una storia dell’arte che inizia a definirsi
come scienza, in quanto tale, definiscono il concetto di neoclassico → un'arte a
loro contemporanea e che doveva rispondere a dei canoni dell’arte antica
(greca ed ellenistica, quella che vedevano nelle colonie del sud Italia)
• ad oggi leggiamo molte incongruenze nell’estetica, primo il grande equivoco
che Mengs e Winckelmann nell’elaborare il loro pensiero teorico fecero
riferimento parlando della statuaria greca ma che all’atto pratico durante il loro
viaggio in Italia osservarono le copie romane. Errore nato dal fatto che le copie
romane erano in marmo, che rimaneva nella sua forma bianca, mentre le
originali greche erano colorate.
Il neoclassicismo si basava sulla purezza della forma, assolutezza, la perfezione, in
realtà veniva studiato da delle copie e non dagli originali.
Il superamento del neoclassicismo lo avremmo con l’estetica dell’idealismo, che oltre
a fornire dei nuovi ideali del concetto di arte, ci fornisce altri elementi.

• Nel Neoclassicismo (Mengs e Winckelmann) mantengono un approccio teorico


e non entrano nell’analisi specifica di un’opera o di un autore, ma elaborano
una teoria astratta secondo la quale l’arte deve corrispondere a quell’idea
classica, della storia dell’arte che secondo loro andava verso la
rappresentazione formale degli ideali classici.
L’idealismo continua a mantenersi nei suoi aspetti teorici, anche Kant ed Hegel nelle
lorò filosofie e approcci alla filosofia estetica definiscono a loro volta degli ideali,
non facendo un’analisi critica su uno specifico autore o un’opera d’arte, teorizzano
quello che è l’idealismo:
• La differenza però risiede che se il neoclassicismo si basava su forme e
concetti a priori, e in quanto tali assoluti, l’idealismo introduce nuovi
metodi d’interpretazione di un’opera d’arte e nuovi metodi che devono
appartenere alla critica d’arte e all’analisi dell’opera d’arte.
Nello specifico si introducono i concetti di gusto, interpretazione; e questi apriranno a
concetti successivi quali: interpretazione del sentimento, interpretazione psicologica,
il rapporto tra opera e società (nella quale l’opera è stata concepita).
Grazie a questo nuovo sistema estetico:
• nel discorso storico e critico si introducono altri elementi che non possono
essere più oggettivi e universali, ma devono riferirsi alle intenzioni dell’artista
e al suo sentimento. Un’opera d’arte deve essere calata in un contesto, ed il
primo contesto di riferimento è l’artista. (idealismo resta una
concettualizzazione teorica ed estetica)
• Il discorso sull’interpretazione dell’arte e sul ruolo dell’artista all’interno
della società che serve a spiegare perché ha prodotto quell’opera, si sposa nel
corso del 700 con un’altra esigenza relativa all’assegnazione di un’opera d’arte
ad un determinato artista. Il ruolo svolto dai conoscitori, figura molto
importante che racchiude in sé la figura dello storico e del critico, ed è
fondamentale nel corso del 700 e del 800 perché sono i secoli in cui si sviluppa
il collezionismo pubblico e privato. Il conoscitore doveva certificare con la sua
conoscenza e competenza, accertarsi che quell’opera fosse attribuibile a
quell’artista, per evitare l’acquisizione di falsi. La nascita di questa figura è un
momento importante per la critica d’arte, perché il conoscitore deve fare
un’analisi filologica dell’opera e deve avere una conoscenza ampia.
• La figura del conoscitore giunge fino ai giorni nostri, attraverso quell’analisi
che porta il nome Expertise, momento in cui chiedo ad un esperto, storico
dell’arte di certificare se quell’opera è attribuibile a quell’artista che penso sia.

Cos'è un'analisi filologica?


è un’analisi che il conoscitore deve fare dal punto di vista tecnico:
• analizzando la tecnica, la stesura e il modo di utilizzo del colore, e deve
conoscere perfettamente la produzione artistica degli artisti durante l’arco della
vita, a partire dalla conoscenza di come si sia evoluto lo stile dell’artista.
• Non basta essere teorico, deve essere proprio un tecnico. Questa figura diventa
fondamentale dal momento che nascono le grandi collezioni dei musei, si sono
basate proprio sull’interpretazione che hanno fatto i conoscitori (ciò non toglie
che possono sbagliare e cadere nel tranello del falso).
Ancora oggi sono delle figure fondamentali anche per quanto riguarda le aste
(secondo mercato, è uno dei canali di rivendita delle opere di collezionisti che si
affidano alle case d’ aste. Le case d’ aste per certificare l’autenticità dell’opera si
affidano al conoscitore per ottenere un expertise, anche il secondo mercato si tutela).
Nell’ 800 altre teorie critiche si sviluppano e sono quelle che definiamo:
• (1) della pura visibilità, che si intrecciano alle teorie legate al formalismo.
il maggiore teorico della teoria pura visibilità → Wolfflin
Il concetto di pura visibilità e molto vicino al formalismo, perché identifica una serie
di categorie visive, lo stesso Wolfflin fa una sorta di grammatica formata dalle
categorie visive di tipo formale (la forma dell’opera), che vengono categorizzate e
diventano la griglia all’interno della quale è possibile interpretare i processi di
sviluppo degli artisti, delle tendenze artistiche. Alcune di queste categorie sono linea,
disegno e pittura; oppure il concetto di forma chiusa, volume e scultura (è una sorta
di grammatica per definire le forme). Queste forme categorizzate secondo questa
grammatica diventano universali, possono essere applicate a vari artisti e vari
momenti. Il concetto di pura visibilità è l'interpretazione della storia dell’arte a
partire dalla storia delle forme, di ciò che è visibile perché ciò che vedo è la
forma dell’opera

Un’interpretazione diversa dal formalismo, ci viene offerta da un altro teorico della


storia dell’arte tedesco, Riegl che parla del concetto della Kunstwollen:
• (2) tradotto significa volontà dell’artista, esprime proprio l’intenzionalità
espressiva. La storia dell’arte non è solo figlia di una pura visibilità e non
si può basare solo su un’analisi delle forme, ma si deve anche basare
sull’intenzionalità dell’artista. Questo concetto diventa caratterizzante
rispetto alle varie epoche storiche, questi esempi sopra citati sono tutti
tentativi e processi storici che si pongono come obbiettivo quello di definire il
metodo della storia dell’arte.
• (3) il metodo iconologico, teorizzato all’inizio del 900 da Abby Warburg
Nell’ambito dei suoi studi, non era uno storico d’arte ma era un intellettuale a
tutto tondo e si interessava di astronomia arte rinascimentale, scienza,
psicologia. Con la definizione del metodo iconologico, crea una nuova
tendenza critica grazie alla quale vengono studiati i fenomeni storico-
artistici, sotto l’aspetto dei loro contenuti e dei significati iconografici. Il
metodo iconologico si basa sull’identificazione dei significati simbolici e
contestuali di un’opera d’arte, e per arrivare alla loro identificazione è
necessario analizzare le relazioni tra l’opera e la cultura in senso
interdisciplinare, che ha portato alla sua realizzazione.
All’interno dell’istituto d’Amburgo, Warburg fonda una biblioteca dove alla base vi è
il concetto della Mnemosine, ovvero della memoria. Questo concetto della memoria
rispecchiava, secondo Warburg, l’idea di una concatenazione unitaria tra discipline,
lo studio della storia dell’arte non può essere autonomo ma deve essere fuso con altre
discipline. La memoria è dell’uomo, conoscenza collettiva, è il luogo dove si può
attivare questa interdisciplinarità.

La biblioteca dell’istituto d’Amburgo, dopo la sua fondazione diventa un centro


culturale importante per l’Europa, perché era fondata sul rapporto di buon vicinato
ciò sta a significare che i libri non erano ordinati per discipline, ma erano associati
secondo l’idea che un libro, ad esempio, di arte potesse aprire alla lettura di un libro
di scienze (sempre per la logica della interdisciplinarità).

secondo Warburg → la storia dell'arte doveva basarsi sull’analisi dei simboli e dei
contenuti, che possono essere interpretati soltanto a partire dalla cultura generale
che ha prodotto quell’opera. Con Warburg assistiamo alla rottura delle barriere tra
discipline.
• L' Illuminismo ha categorizzato lo scibile
• il passaggio successivo è quello che fa Warburg:
creare un’interdipendenza tra discipline, non c’era bisogno di sistematizzare ma
anche il bisogno di rompere le barriere.
Warburg pur non essendo uno storico d’arte puro, è uno studioso del rinascimento,
nello specifico di quello fiorentino, e secondo questo processo che porta al metodo
iconologico, l’analisi dell’opera d’arte deve compiersi attraverso tre fasi.
• Individuazione delle fonti letterarie, che hanno ispirato
quell’iconografia. (i libri sacri)
• Interpretazione dell’iconografia. Una volta identificata la fonte letteraria
avremo delle iconografie, (uomo trafitto da frecce sappiamo che è S.
Sebastiano)
Una volta riconosciuta l’iconografia
• trovare dei modelli figurativi. Questi modelli vengono recuperati dal
conoscitore dal passato, ma possono evolversi nel tempo e quindi di
conseguenza bisogna riconoscerlo dal passato e se possibile
riconoscerne l’evoluzione nel presente.
• Lo studio della committenza e della funzione dell’opera, fondamentale per
capire i simboli e contenuti dell’opera.
Così rielaborato questo metodo ci fa capire come i significati dell’opera, siano
stratificati e complessi, come se un’opera d’arte fosse testimone di una memoria
sociale, perché figli di un processo complesso.

La storia dell’arte può essere definita come una storia culturale per immagini, la
cultura è strutturata da tantissime discipline, è complessa e va studiata a partire da
un’interdisciplinarità.
Un altro progetto di Warburg è l’atlante della memoria:
• rappresenta una serie di album nei quali associa una serie di immagini variate,
le immagini stanno vicine poiché cerano delle concordanze di simboli. È uno
dei temi che nella ricerca degli artisti contemporanei è star menzionato, tanti
artisti si ispirano al processo teorizzato nell’atlante della memoria. Il concetto
di memoria sta a cuore, poiché tra le materie che studia c’è la psicologia, in
particolare Jung che ispirerà quest’opera.

° Il significato del simbolo non può essere basato solamente su ragioni razionali,
oggettive o storiche, ma il simbolo è frutto della memoria collettiva e degli aspetti
psicologici, che non sono del singolo ma è una mente collettiva. L’interpretazione
del simbolo è figlia di processi memoriali e mentali, che si evolvono nel tempo e si
strutturano in una società. È la memoria sociale che ci fa interpretare quel simbolo il
quel modo.

La tassonomia del segno secondo Pierce


il segno si divide in INDICE, ICONA e SIMBOLO (ha a che fare con significato e
significante).
• SIMBOLO → il significato e il significante non corrispondono, ma riconosciamo
il significato per convenzione (segnale del divieto d’accesso)
• ICONA → il significato e il significante coincide (madonna con il bambino, io
attribuisco quel significato a ciò che vedo)
• INDICE → il significato e il significante coincidono per fattori naturali (se vedo
del fumo in lontananza è indice di un incendio)
Introdotto Pierce, per il discorso di Warburg sul suo atlante della memoria e
dell’interpretazione dell’opera d’arte dei suoi significati simbolici e contenutistici.
• Warburg apre al metodo iconologico, e ad un nuovo modo di studiare e
interpretare la storia dell’arte, che ad oggi ancora utilizziamo.
• Panofsky viene ricordato per la sua interpretazione del metodo iconologico,
viene studiato per il suo libro La prospettiva come forma simbolica.
- negli anni 20/30 è stato uno stretto collaboratore di Warburg all’intero dell’istituto
di Amburgo, una volta terminato il percorso, migra negli Stati Unti dove la sua
presenza come docente universitario sarà fondamentale per instaurare nel nuovo
continente i processi di conoscenza e storia dell’arte, così come erano stati sviluppati
in Germania.
• Uno dei suoi saggi che chiama Il problema dello stile, parte proprio dal
concetto della visione, per dire che la visione o osservazione è un’attività
fisiologica ed è immutabile (la facoltà della visione è un fatto fisiologico,
appartiene alle funzioni del corpo umano che è immutabile), ciò che cambia è
l’interpretazione di ciò che si osserva (se la visione è immutabile e
l’interpretazione è mutevole).
• Panofsky afferma che le opere d’arte sono figlie dell’interpretazione, poiché
l’artista agisce a partire dall’interpretazione di ciò che osserva, l’opera
d’arte si carica di significati espressivi. Lo stile di un’opera d’arte e che
l’artista utilizza per la creazione di un’opera d’arte è figlio dell’interpretazione
della visione. L’analisi dello stile deve tener conto dell’interpretazione della
visione dello stile che è fatta dall’artista. Questo processo della visione
oggettiva, dall’interpretazione della visione che dunque crea le forme
dell’opera, non è molto diverso dal ragionamento sull’immaginazione, che è
un’attività della mente che serve a trascendere un dato reale, se il dato reale è
la visione fisiologica l’interpretazione è il processo di immaginazione.
L’arte nel suo studio non si fonda sull’osservazione del reale, ma si fonda sulla sua
interpretazione; che è molto simile al concetto di immaginazione, poiché l’artista
immagina ma allo stesso tempo interpreta. Così come l’immaginazione da forma
all’opera, ma allo stesso tempo l’interpretazione del visibile dà forma all’opera.
Di fatto definisce lo stile, che interpreto a partire dall’analisi delle forme che vedo ed
elaboro un concetto su un’analisi formale e non contenutistica.
• L’analisi formale si ha a partire dall’interpretazione delle forme, incontro tra
storia dell’arte e il processo artistico sono figli dell’interpretazione delle forme
e dello stile; in quanto tale l’interpretazione di questo stile dà origine a
significati e contenuti.
Panofsky afferma che nel corso della storia, analisi sulle problematiche dello stile,
afferma che è un processo storico per cui ha subito un’evoluzione, questa evoluzione
delle forme e dello stile non sono solo dovute a fenomeni di evoluzione scientifica o
di ammodernamento tecnico-scientifico; idea dell’evoluzione viene espressa meglio
nel saggio La prospettiva come forma simbolica:
• Nel quale afferma che la prospettiva (e la sua evoluzione da quella intuitiva a
quella scientifica) non è solo figlia di un processo di miglioramento tecnico,
perché l’uomo è arrivato per gradi alla prospettiva rinascimentale, ma ogni
epoca ha avuto il suo tipo di prospettiva perché simbolicamente aveva in quel
periodo un significato, non è solo una questione evoluzionistica ma è anche
simbolica.
• La prospettiva sia essa scientifica o intuitiva, le avanguardie storiche;
compiono questi passaggi necessari, poiché sono necessari all’interpretazione
di quei significati; che sono relativi agli andamenti storici, alla cultura,
all’artista che vive quel momento e utilizza quel tipo di prospettiva per portare
avanti quel significato. Non è solo un processo di miglioramento o progresso
tecnico-scientifico ma di significato simbolico. Panofsky rilegge la prospettiva
da un punto di vista simbolico.
- Panofsky è uno dei primi che definisce in maniera specifica la differenza tra
iconografia e iconologia, dove ICONOGRAFIA è la descrizione e classificazione
delle immagini, mentre ICONOLOGIA è l’interpretazione del significato
dell’immagine.
Per arrivare all’interpretazione del significato iconologia, Panofsky identifica tre
livelli:
1. Processo iconografico o pre -iconologico; che è l’analisi e la descrizione
dell’oggetto primario.
2. Identificazione del soggetto secondario o convenzionale; identificazione del
tema (iconografia sacre, scena di genere, …). analisi iconografica
3. Studio dei significati intrinseci o dei contenuti
L’obbiettivo dell’analisi iconologica è quello di arrivare ai contenuti profondi
dell’opera e al suo significato profondo. Il processo iconologico, che deriva dallo
studio dell’iconologia, conduce a dei TIPI VISIVI: che sono delle forme visive alle
quali per convenzione attribuiamo uno specifico significato, sono dei simboli.

Articolo su FLASH ART di Luigi Fassi su C. Greenberg.


In questo saggio analizza il critico d’arte Greenberg, temporalmente non molto distante da
Warburg e Panofsky circa 20/30 anni di distacco. Quando Greenberg da critico militante
analizza in maniera lucida e puntuale, parla del modernismo guardando alle avanguardie
storiche di inizio 900 e ritrovando un filo conduttore che possa essere utile ad analizzare
l’arte del suo tempo, che era l’espressionismo astratto americano (con i massimi esponenti
quali Pollock, Rothko…).

17 Marzo
Negli anni 40 e 50, assistiamo all’arrivo sulla scena artistica di figure di storici e
critici d’arte, che definiamo inizialmente militanti ovvero dei critici che scrivono
dei testi, argomentano le loro riflessioni e pubblicano volumi a partire dallo
studio di artisti a loro contemporanei.

Le figure fino ad ora analizzate sono collocate in Europa → prima durante e dopo la
Seconda guerra mondiale il centro dell’arte si sposta dall’Europa agli stati uniti,
questo spostamento avviene per ragioni pratiche perché questo paese non aveva
vissuto la guerra e ne era uscito vincitore.

Nel periodo del secondo conflitto mondiale, molti intellettuali scapparono per
sfuggire alle persecuzioni fasciste e naziste per rifugiarsi in America. Mentre
l’Europa era devastata dalla guerra si svuotava dei contenuti artistici che andando in
America favoriranno la nascita delle avanguardie americane.
Non avevano quella memoria che invece aveva l’Europa, veniva vista come la terra
delle infinite possibilità libera e democratica; la nuova generazione di artisti non
aveva il peso di secoli di arte e patrimonio culturale.

In America durante la guerra arrivano gli artisti che avevano creato le avanguardie
storiche europee; dall’altra parte in America negli anni 40 c’è una nuova generazione
di artisti (si crea un connubio perfetto poiché i giovani artisti americani entrano in
contatto con la storia dell’arte europea). Motivo per il quale le Avanguardie storiche
le collochiamo in Europa, mentre le Neoavanguardie del secondo 900 le troviamo in
America (pop art, new dada, arte concettuale); il centro si sposta da Parigi a New
York. Terreno fertile per la critica d’arte, gli artisti iniziano ad essere sostenuti da
collezionisti privati e grandi mecenati dell’arte (Peggy Guggenheim).
Peggy Guggenheim:
• è figlia di banchieri ebrei; sin giovane dedica la propria vita all’arte del proprio
tempo, motivo per cui si sposta dall’America e va in Europa prima della guerra
e conosce gli artisti delle avanguardie storiche di cui acquisterà le opere e
alcuni li porterà negli stati uniti.
• fonderà Art of this century e sarà la prima a realizzare la mostra degli artisti
surrealisti, portando l’arte europea in America.
• Sarà anche la prima a investire e sostenere la giovane arte americana del suo
tempo, l’espressionismo astratto.
Rockfeller uno dei banchieri più importanti d’America, la sua collezione è il nucleo
iniziale del Moma di New Yorke oltre ad investire per la nascita del museo.

Una figura dalla quale è possibile partire, per la critica d’arte, è Clement
Greenberg (figura di passaggio per parlare del modernismo per arrivare al
postmoderno che evidenzia i punti deboli del modernismo).

Greenberg:
• non è uno storico né un critico, però si avvicina al mondo dell’arte da
autodidatta.
• È una figura che nella storia della critica d’arte è controversa: alcuni lo hanno
osannato e sin da subito compreso l’importanza del suo pensiero, altri hanno
giudicato come passatista come qualcuno che non sia stato in grado di leggere
l’arte del suo tempo (in particolare l’arte degli anni 60).

Tra i primi argomenti trattati da Greenberg e che poi confluiranno nel suo saggio
AVANGUARDIA E KITSCH:
• secondo il critico, la cultura a lui contemporanea era divisa in due filoni
• il primo era l’avanguardia
• il secondo il kitsch (sarà anche il primo ad utilizzare questo termine).

Avanguardia:
Il primo filone riguardava le avanguardie storiche del 900, in particolare a figure
come Picasso e Braque, ma anche a scrittori come James Joice; era una cultura alta e
che affondava le proprie radici in tempi lontani.
Kitsch
Il kitsch invece era la cultura bassa, quella che era non solo popolare ma anche
borghese che non aveva substrato culturale e che riteneva essere cultura il cinema
Hollywoodiano, le soap opera; una cultura NON cultura che stava infettando la massa
ma anche il modo di fare arte degli artisti. Tanto che Greenberg ritiene che il kitsch
siano artisti come Jasper Johns, Rauschenberg e gli artisti della Pop art; che fanno del
concetto di simulacro la base della loro ricerca.

→ Per il critico era inaccettabile che l’arte potesse svolgersi attraverso azioni di
Redi-made, decontestualizzando l’oggetto e proclamarlo opera d’arte; impensabile
era che l’arte potesse avere come soggetto e oggetto il mondo della pubblicità, dello
spettacolo come fatto dalla Pop Art. Ciò che colpisce è che considera l’arte
accademica come kitsch.

→ nel concetto di avanguardie inserisce il concetto di modernismo:


• L’avanguardia per Greenberg è l’espressione artistica più alta realizzata
dall’uomo occidentale. Non si può definire il modernismo come un movimento
o un manifesto, Greenberg traccia delle linee per definire la tendenza del
modernismo:
• Analisi che indaga in maniera autocritica, arrivando ad esiti positivi proprio
sulla natura dell’arte d’avanguardia; idea dell’autocritica fa riferimento al
metodo che utilizza Kant nella Critica della ragion pura. Il modernismo ha un
fondamento di tipo storico-artistico; il termine modernismo è spesso associato
all’architettura dei primi 900, i padri teorizzano delle forme moderne fondate
sulla regolarità, sulla geometria che ad oggi rappresentano le forme
dell’architettura moderna (alla quale Greenberg fa riferimento).

→ Secondo il critico l’avanguardia non è una tendenza di rottura con il passato, c’è
un atteggiamento storicistico e significa che ogni avanguardia è l’evoluzione
naturale della precedente (surrealismo è l’evoluzione del dadaismo).
Nell’affermare ciò dirà che l’espressionismo americano la neoavanguardia del
secondo dopoguerra, è parte integrante dell’evoluzione.

→ si concentra soprattutto sull’analisi della pittura, arte modernista deve


salvaguardare la piattezza della superficie pittorica “Flatness”.
• Il modernismo deve basarsi sul concetto di specificità mediale, ogni medium
ha delle caratteristiche specifiche dalle quali l’artista non può sfuggire, e sulle
quali deve lavorare; la piattezza è una specificità mediale della pittura, la
bidimensionalità. Essendo una caratteristica specifica, per la pittura la
piattezza, Greenberg ritiene che l’astrazione sia l’ultimo atto della piattezza,
perché sostiene che i pittori non devo affannarsi a rappresentare la
tridimensionalità ma devono rispettare la piattezza.

Un artista che opera con Redi-made, assemblaggi, combine paintings o le Brillo


box è kitsch secondo il metodo modernista descritto da Greenberg

• Il formalismo -- oltre al fatto che l’arte debba essere interpretata a partire dal
risultato (forma), nel momento in cui affermiamo che l’arte vada analizzata e
interpretata dalla forma che è il risultato delle scelte dell’arista (come
l’interpretazione il gusto, la sensibilità), affermiamo anche che quella forma
esprime un contenuto. Ciò significa che nel modernismo, ad ogni forma
corrisponde un contenuto; questo metterà in crisi tendenze artistiche che hanno
creato un corto circuito tra forma e contenuto:
• Duchamp nel redi-made
• Fontana la forma non corrisponde con il contenuto che è di tipo concettuale e
assume altri significati.
La teorizzazione del modernismo serve per suffragare l’espressionismo americano,
artisti che avevano bisogno di essere riconosciuti e di una critica che li sostenesse.
Una figura rappresentativa del passaggio tra modernismo e postmodernismo è la
critica Rosalind Krauss.

Rosalind Krauss

Rosalind Krauss è:
• critica d’arte militante
• curatrice statunitense
• professoressa di Storia dell'Arte alla Columbia University.
• È una figura di critico militante che di fatto non solo studia, osserva e scrive
dei testi sulle avanguardie storiche, ma soprattutto guarda l’arte del suo tempo.
• È una delle massime teoriche della fotografia, i suoi scritti sulla fotografia
concettuale. Il suo discorso critico deriva da quello di Greenberg, inizialmente
parte come sua seguace per i primi approcci teorici e critici, per poi
distaccarsene;
• parte dal modernismo escludendo e riformulando alcune cose, parte di un
ingranaggio che porterà ad un necessario allontanamento dal modernismo.

Nasce negli anni 40 a Washinton, insegnerà alla Columbia e negli anni ‘70 è membro
della direzione di Art Forum; fino al 1985 anno di abbandono della rivista A.F. a
favore della fondazione di October.
Il suo obbiettivo era di creare un ponte tra critica militante e quella accademica
(riferito al modernismo più che all’accademismo ottocentesco), si occuperà di una
critica alle avanguardie storiche.
Alcuni dei suoi saggi sono delle pietre miliari, soprattutto per la fotografia e per
alcuni concetti come:
• l’informe o inconscio ottico
• scultura del campo allargato
• sono delle teorie che hanno aiutato la formalizzazione di una nuova critica
d’arte in riferimento agli artisti/e degli anni ’60-70 dell’Novecento.

Per introdurre il suo discorso critico, attraverso tre termini:


• MODERNISMO
La Krauss prima si avvicina e poi si allontana dalle posizioni moderniste di
Greenberg, soprattutto alla teoria formalista (degli anni ’60) che prevedeva una
relazione molto stretta fra le forme e i contenuti dell’opera d’arte e una
oggettività dell’esperienza estetica.
In particolare, la Krauss, accusa il Modernismo di aver semplificato alcune
cose, nello specifico di aver creato delle categorie trans-storiche, facendo
riferimento alle specificità mediale che secondo la critica sono delle
semplificazioni. Per la Krauss sono degli ideali, astratti, trans-storici; che
attraversano di netto la storia delle avanguardie senza entrare in discorsi
specifici, riferiti ad autori singoli, erano state considerate come categorie
indiscutibili all’interno delle quali doveva avere luogo ogni sviluppo estetico.
Il modernismo si era fondato anche su altre idee estetiche; il concetto di genio
(gesto eroico dell’artista), il concetto di autore, evoluzione. Questi capisaldi
vengono criticati, messi in discussione e ricostruiti nelle analisi di Rosalind
Krauss.

• METODO
Per compiere il superamento del modernismo, così come aveva fatto Greenberg
nel suo metodo, anche la Krauss imposta dei nuovi strumenti e metodi critici
che servono per la definizione di una nuova analisi critica dell’arte:

• GRIGLIA: uno dei primi concetti che conia è quello di griglia che per lei
appartiene al modernismo; è una struttura, un campo in cui agisce molta
pittura modernista, uno spazio che non ha gerarchie né centro (concetto di
piattezza). La griglia investe tutto il piano pittorico all’interno della quale
agisce la pittura modernista; rendendo l’artista autonomo, libero di agire in
tutti i punti della griglia e gli consente di arrivare a delle forme pure, assolute,
geometriche e astratte (caratteristica delle avanguardie).
Questo concetto è paradossale per la Krauss, poiché da una parte la griglia
libera rende autonomo l’artista dalla necessità di essere figurativo, avere
rispetto del centro e della periferia del quadro; ma allo stesso tempo la
griglia è una gabbia, poiché ha consentito all’artista di espandere il suo
campo e di arrivare all’astrazione assoluta e alla purezza, in realtà lo ha
costretto a quella condizione per cui non può più tornare indietro, è un
qualcosa limitante concettualmente.
Se il concetto di griglia nel modernismo ha portato a Mondrian, che parte
dalla figurazione con il processo evolutivo dell’albero, che parte
dall’espressionismo e alla scarnificazione del soggetto, fino a diventare
traccia e linee verticali e orizzontali nere, con riquadri dipinti da colori
primari; l’artista si è imbrigliato nella griglia, fossilizzandosi,
raggiungendo termini di purezza che non può più andare avanti.
L’analisi del concetto di griglia procede, poiché può essere applicabile
all’arte minimale degli anni 50 e 60 americana. Sta facendo delle
considerazioni metodologiche, ciò significa che questi movimenti,
tendenze e movimenti possono essere interpretate attraverso la logica
della griglia.

• INDICE O INDICALITÁ
All’interno del metodo introduce il termine di indice e indicibilità.
(Secondo la Tassonomia di Peirce; Indice, quando il segno è naturale,
non è frutto di convenzione e non assomiglia al concetto espresso che si
intende rappresentare.)

Secondo la Krauss il concetto di indice e indicalità viene espresso al


meglio dalla fotografia.
Il medium fotografico non è un simbolo o icona, ma è indice.
L’indice viene definito dalla Krauss come quel tipo di segno che emerge
come manifestazione fisica di una causa, di cui sono esempi le tracce e
le impronte (la fotografia è una traccia e impronta di un qualcosa di
realmente esistito, come mezzo). La Krauss considera indicale le opere
di Duchamp, in particolare i redi-made che sono indici di sé stessi.

Rosalind Krauss sostiene che gran parte delle esperienze artistiche


innovative di quegli anni negli Stati Uniti (opere ambientali, corporee,
performative e concettuali), appaiono improntate non più alla
tradizionale concezione dell’arte come rappresentazione iconico-
simbolica, bensì a un’idea nuova di arte come “registrazione di una pura
presenza fisica” (carattere indicale), secondo una “logica dell’indice”
che comporta una relazione esistenziale tra l’opera e il processo o
l’ambiente da cui essa nasce; il che è reso ancora più evidente dal largo
ricorso degli artisti alla fotografia.
Il carattere indicale diventa fondamentale per decifrare la nuova arte,
non solo il concetto di fotografia come linguaggio artistico ma anche per
decifrare le opere della Land Art, le Performance; opere che hanno
bisogno di essere fotografate. La fotografia diventa la traccia indicale
della presenza fisica di quelle opere nello spazio, gli artisti della Land
Art realizzano le loro opere in luoghi incontaminati, lo fanno
volutamente perché è un’arte di protesta che vuole sfuggire dal
confezionamento imposto dal sistema; arte pensata in luoghi remoti
lontano da qualsiasi forma di mercato e chiusura in istituzioni, galleria o
musei. Concetti traditi dal fatto che poi ritornano nel sistema ad esporre,
lo fanno attraverso degli oggetti esposti che sono indicali di un’opera più
grande realizzata in un altro luogo, oppure attraverso la fotografia che
non è solo documentazione ma è opera a tutti gli effetti, parte integrante
del progetto dell’artista.

La Krauss individua il carattere indicale nei ready-made di Duchamp e


nelle fotografie realizzate dall’amico Man Ray, “serve da matrice a un
insieme organico di idee che si raggruppano intorno alla questione
centrale dell’indice, con la conseguente messa in discussione di aspetti
chiave dell’estetica tradizionale come le nozioni di opera e di autore, per
non dire della stessa idea di arte comunemente diffusa; il che fa di
Duchamp, il primo a stabilire la connessione tra l’indice (come tipo di
segno) e la fotografia”.
Si fa strada il nuovo concetto di artista e autore; in una fotografia
scattata da man-Ray ad un ready-made di Duchamp, chi è l’autore?
questo e un movente concettuale per demolire il concetto di autore,
artista-genio. Sono dei meccanismi di automazione, il ready-made è uno
spostamento da un posto all’altro e la fotografia è un gesto meccanico;
l’utilizzo di tecniche meccaniche, lo scardinamento del concetto
dell’artista tradizionalmente inteso, sono per la Krauss delle pratiche
molto diffuse nell’arte del suo tempo che hanno la caratteristica di essere
indicali (indicano un processo o un’opera, precedentemente realizzati).
La fotografia, in base a tale analisi, viene ad assumere il ruolo di un vero
e proprio “oggetto teorico: il fotografico” (Krauss 1974-85), dove i
processi fotografici non sono analizzati in quanto tali, il carattere
indicale della fotografia serve a interpretare l’arte contemporanea del
suo tempo (la sculture, pittura, istallazione, performance, Land art);
infatti chiave interpretativa e paradigma di molta arte contemporanea,
che apre la strada a una nuova interpretazione dell’arte d’avanguardia
come un insieme di strategie indicali, anti-autoriali e “antiartistiche”
“profondamente strutturate dalla fotografia”.

Quella della Krauss è un’operazione di rottura di grande rilievo, che ha


due radici complementari:
1) Il rifiuto dell’idea d’arte purista e accademica (tradizionale)
caratterizzante la critica modernista statunitense (Clement Greenberg).
2) Radici nella cultura progressista statunitense che, al di là del
modernismo, guarda al fervore di ricerche e alla complessa unità delle
diverse arti delle avanguardie storiche, alla figura centrale di Marcel
Duchamp e al suo ruolo di tramite, insieme con l’amico statunitense
Man Ray, di un ricco dialogo artistico fra avanguardie delle due sponde
dell’Atlantico, che maturerà pienamente i suoi frutti nel secondo
dopoguerra con le nuove avanguardie da Pollock ai giovani artisti degli
anni Settanta.

• CAMPO ALLARGATO
“Tutto quello che ho capito della scultura aveva a che fare con
l'esteriorizzazione di un'armatura interna che viene messa in tensione
dal rapporto tra peso e gravità, con l'armatura interna che resiste al
peso e alla gravità, ed è quello che ho visto nell'opera di Richard Serra.
In effetti, ho visto il suo lavoro agganciarsi alle più importanti tradizioni
della scultura rinascimentale. Ho pensato che l'ostilità di Clem nei suoi
confronti non fosse appropriata, non per me.”
Il concetto di scultura nel campo allargato serve per spiegare la Land art
e per elaborare la riflessione rispetto ai nuovi approcci degli artisti a lei
contemporanei, sul rapporto tra opera e spazio (ricerche artistiche di
Walter De Maria, Robert Smithson, Gordon Matta-Clark, Donald Judd e
altri).
Il Campo allargato è una categoria critica che Rosalind Krauss utilizza
per analizzare le sculture emerse negli anni ‘60 negli Stati Uniti, le opere
della Minimal Art e della Land Art. La critica storicista e modernista di
Greenberg, aveva difficoltà a inquadrare le opere della Minimal art e
della Land art come sculture, perché andavano al di là della specificità
mediali categorizzare da Greenberg. La scultura secondo il modernismo
doveva avere la caratteristica della tridimensionalità e soprattutto doveva
essere una forma chiusa; in opposizione c’è la Land art che ha una forma
aperta, il cui significato e senso esistono solo se collocate in relazione
con quel luogo specifico. Siamo di fronte a un’autentica rivoluzione
nell’ambito della scultura e la lettura di questo fenomeno fornita da
Krauss costituisce un superamento della sensibilità modernista di
Clement Greenberg. La Krauss non inserisce queste opere fra la
categoria dell’installazione, c’è un passaggio ulteriore del campo
allargato, nel quale parla di sculture che esprimono pura negatività (cubo
di R. Serra, è una scultura nel campo allargato, hanno senso solo
relazione con quello spazio; elemento di sottrazione che sottrae spazio
allo spazio in cui è collocato), ovvero riduzione al grado zero delle
forme e dei contenuti, è assenza ontologica.

Il saggio Sculpture in the Expanded Field rappresenta una sorta di spartiacque


capace di inquadrare un territorio mobile che tende a scavalcare le rigidità imposte
dall’analisi di codici formali, per un allargamento d’azione e di sguardo che crea
inevitabili connessioni con altri ambiti disciplinari come l’architettura, la fotografia e
la filosofia. Cosa che il modernismo non accettava, dal momento che si parla di
specificità mediale, la pittura deve agire nel suo campo non devono esserci
interferenze disciplinari; mentre il concetto di scultura nel campo allargato fa sì che la
scultura entri in dialogo con altre discipline.

23/03/2022

Rosalind Krauss in sintesi

Abbiamo superato e analizzato il modernismo descritto da Greengberg: ora


analizziamo il post mediale analizzato da un’altra grande critica d’arte Rosalind
Krauss
Nelle lezioni precedenti abbiamo visto come la Kraus pur partendo dall’ estetica
modernista descritta da Grennebrg, cercherà di mettere in piedi un nuovo metodo di
indagine per dare senso e per interpretare e spiegare quella che era l’arte negli anni 60
e 50 in America, in particolare le nuove tendenze dell’arte minimal e concettuale,
land art, e ad un arte che di fatto che attraverso i nuovi approcci formali e linguistici
dei nuovi artisti andava a sfondare quelli che erano i paradigmi dell’estetica
modernista, verso altri moventi, altre genealogie del fare dell’arte – tutta una serie di
tendenze che di fatto crearono una disconnessione tra la forma e il contenuto o che
andarono oltre le specificità dei medium – la bidimensionalità della pittura, la
tridimensionalità della scultura, tutte queste categorie estetiche moderniste venivano
a essere infrante dall’arte stessa, dagli artisti stessi degli anni 50 e 60 .

LA krauss come figura ponte cercherà di definire un nuovo metodo per interpretare
questa nuova arte, e abbiamo visto come l’opera critica della Krauss può essere
schematizzata attraverso 3 parole:

• Concetto di modernismo

• Concetto di metodo

• Concetto di medium

Modernismo. Lei parte dal modernismo ma lo evolve e lo trasforma portando


avanti una rilettura del concetto di modernismo che la porterà non solo a
interpretare l’arte del suo presente (50 e 60,70), ma a guardare anche all’arte
delle avanguardie storiche con un approccio non necessariamente modernista.
Per compiere questo superamento del modernismo la Krauss ha bisogno di
impostare un metodo: perché se non abbiamo metodo non possiamo arrivare
all’interpretazione generale dell’arte del presente. Questo metodo si tripartisce
in tre ambiti:

• La griglia

• Il concetto di indice

• Il concetto di campo allargato

Griglia: concetto che è molto affine a un modo di intendere l’arte modernista:


il concetto di griglia da una parte dava questa idea nel campo della cultura – di
un’arte che poteva ragionare, muoversi all’interno dello spazio della tela in
maniera libera, l’arte modernista è un’arte che non bada più al punto di fuga
alla prospettiva, soggetto principale, paesaggio ecc...
Non c’era più una gerarchia, centro più importante rispetto al resto della tela,
ma il concetto di griglia faceva sì che l’artista potesse muoversi all’interno di
tutta la tela senza avere una gerarchia spaziale. Però dall’altra parte il concetto
di griglia contemporaneamente. Nel modernismo limitava gli artisti (nelle
tendenze artistiche come il neoclassicismo di Mondrian,) che avevano
raggiunto dei livelli di purezza geometrica assoluti trasformando di fatto
l’opera in una griglia in delle componenti geometriche pure, assolute che
teoricamente avevano l’idea di arrivare al concetto di arte, di pittura, di forma
in termini assoluti, gli artisti per arrivare all’assoluto avevano portato la pittura
ad un’astrazione geometrica. Dall’altra parte quest’ astrazione geometrica, così
pura e essenziale, si era ridotta ad una griglia che gli artisti oltre quella non
potevano andare. Una volta raggiunta l’essenza o torni indietro o resti là. =
griglia= gabbia

Mondrian oltre alle linee e colori primari è come se avesse già raggiunto
l’apice, ingabbiato. Mondrian tornerà indietro -> esclude la linea obliqua = non
pura. Quando mondrian si sposta negli Usa torna indietro, inizierà ad accettare
il colore non primario, la linea obliqua, torna alla figurazione ecc.

-Concetto di indice o indicalità: secondo la k. La maggior parte dell’arte


contemporanea ha un carattere indicale, indica un qualcosa, (fotografia: pur
bloccando l’immagine della realtà, indica un qualcosa, è traccia di un qualcosa
che è accaduto, un processo reale, concreto.) Indice: quel tipo di segno che
emerge a rappresentazione fisica di una causa, di cui sono esempio le tracce.
La fotografia x la Krauss = indice. Riferito all’arte del suo tempo, la land art.

- campo allargato: lo esplicita nel saggio sculture nel campo allargato ->
concetto di scultura nel campo allargato è fondamentale per aprire la strada
quelle che poi verranno chiamate installazioni o installazioni Ambientali, site
specific, che naturalmente rompono con l’idea della scultura modernista che
doveva essere una forma chiusa autonoma indipendente rispetto al luogo in cui
veniva collocata. Il concetto che più rompe con la scultura modernista. Il
campo allargato concorre alla creazione e al significato di quella scultura. Vedi
la land art.

I modelli modernisti di Greenberg avevano difficoltà ad inquadrare le opere es


land art. Per definire un’opera di land art scultura, bisogna riconsiderare il
concetto di scultura, il concetto di campo allargato serve per aggiungere al
concetto di scultura modernista altri elementi.
Scultura nel campo allargato = Cambia di significato a seconda del luogo in
cui viene esposta, collocata, le opere non postmoderniste non cambiano perché
sono state concepite non site specific, ma sono opere autonome.

Medium: secondo il modernismo, sussistono delle specificità mediali


(bidimensionalità, tridimensionalità, disegno come traccia, contorni. ) per la Krauss
questo concetto così fisso e categorico del medium e delle specificità mediali deve
essere superato -> esempio : arte minimal, land art -> è molto presente il concetto di
tempo (nel modernismo completamente lasciato da parte, opere autonome, trans
temporali) nella land art le cose si trasformano con il tempo , scultura dinamica che
evolve con il tempo. La Krauss nel definire le opere minimal: parla di processualità =
opera d’arte non è statica, ma è figlia di un processo, non solo produttivo, ma di
evoluzione dell’opera stessa.

La krauss - > ritiene che ci sia necessità di proporre un nuovo modo di intendere il
medium perché questo deve essere basato su specificità che non sono calate dall’alto,
ma possono essere costantemente reinventate dall’artista – per spiegare questo
concetto della reinvenzione del medium: la Krauss prende in esempio due artisti che
secondo lei nella loro opera sono stati capaci di reinventare il medium che hanno
utilizzato e non è un caso che il primo artista che lei analizza:

-Pollock che era stato tanto caro anche a Greenberg (lo aveva interpretato come figlio
del modernismo, parte integrante del discorso storico sul modernismo) La Krauss fa
un’interpretazione di Pollock completamente diversa: è stato colui che ha rotto con il
modernismo reinventando il medium pittorico. Di Pollock ne parla all’interno della
reinvenzione del medium – capitolo: la crisi della pittura da cavalletto- prende in
analisi le opere dell’action painting di Pollock (40 – 50) per arrivare a dare una sua
definizione dell’opera di Pollock, la Kraus fa un percorso di critica dell’opera di
Pollock: quali sono i critici che prima di lei si sono interessati alla sua opera? In che
modo è stata interpretata?

- Il primo critico è Pepe Carmel -> critico americano, nei suoi saggi analizza le
opere di Pollock e nelle opere dell’action painting, nell’astrattismo vorticoso Carmel
ci ritrova la figurazione umana, parla dell’uso controllato del disegno e della linea e
avvicina l’opera di Pollock nel pieno dell’ action painting a quell’illusionismo
prospettico del rinascimento – Pollock come disegnatore, colui che è stato in grado di
definire la figura umana nella sua pittura, cosi come la definivano gli artisti del
rinascimento .

Questa visione conservatrice si scontra con chi ritiene che il lavoro di Pollock sia
rivoluzionario.
• Greenberg: a differenza di Carmel era stato quello che di fatto aveva detto che
Pollock era stato rivoluzionario, e la sua rivoluzione risiedeva nel fatto che
l’opera di Pollock andava al di là della pittura da cavalletto. All over: pittura
decentralizzata, polifonica dove c’era l’eliminazione dei contrasti di valore
(chiaroscuro) e non ha margini. Rivoluzione all’interno delle specificità
pittoriche: bidimensionalità, all’interno del modernismo. La crisi della pittura
da cavalletto è l’idea che l’opera abbia un centro, si agisce ancora nella
verticalità dell’opera, non è perché Pollock mette la tela per terra
• Pollock viene accostato agli Happening contemporanei a lui, alle danze ecc…-
> per l’elemento performativo, la traccia sulla tela è figlia della gestualità del
movimento, che secondo la critica, era fondamentale per interpretare l’opera di
Pollock: lui si muove intorno e sopra la tela. Carattere indicale: il gesto che
lascia la traccia. L’opera di Pollock è indice di un’azione che viene svolta
dall’artista stesso per arrivare alla stratificazione del colore.

• Per la Krauss: afferma che contrastando il ruolo tradizionale del disegno-


quello di creare un contorno o un limite permettendo così la distinzione tra
figura e fondo, non solo ha optato contro un oggetto del disegno che è la
forma, ma anche contro la matrice della forma che è la verticalità. Pollock si
rifugia nell’ orizzontalità, l’importanza di Pollock consiste nella rotazione
assiale della pittura, fuori dalla verticalità del campo visivo e dentro il vettore
orizzontale di quello che la Krauss chiama “informe” – per la Krauss
l’orizzontalità è la forma della sconfitta della forma ovvero l’anti forma

Quindi: la rivoluzione di Pollock sta nell’aver cambiato il punto di vista della


produzione dell’opera: passando dalla verticalità all’orizzontalità, perché dipingeva
sul pavimento. Insieme a lui il punto di vista è cambiato anche per altri artisti. Per lui
questo è diventato un modus operandi, un metodo. Pollock è interprete di una
reinvenzione del medium perché ha riscritto delle regole.

Può l’orizzontalità essere di per sé un medium?


In Pollock, secondo la Krauss, l’orizzontalità diventa medium poiché diventa metodo
e permette di sperimentare l’inconscio come attacco alla forma. Il concetto di attacco
alla forma o di informe = è un qualcosa che nel modernismo non poteva essere
accettato perché il modernismo pensa che la forma e il contenuto sono processi
paralleli. Greenberg lo considera un rivoluzionario all’interno delle forme specifiche
della pittura. Non contempla l’informe, altrimenti andrebbe fuori dal modernismo,
mentre la Krauss introduce l’informe all’interno delle opere di Pollock.

-Scultura informe per la Krauss: in feltri di Robert Morris che sono l’anti forma per
eccellenza, in base a come lo posiziono nello spazio la forma cambia perché soggetta
alla gravità.
La Krauss lo scrive negli anni ’90.

In sostanza: prescindendo da Pollock e dal percorso esemplare che fa la Krauss per


arrivare a parlare dell’invenzione del medium, quando noi parliamo di medium non
dobbiamo e pensare solo a un medium tecnico che si evolve e migliora dal punto di
vista tecnico e formale, ma è una questione di riscrittura delle regole, delle
convenzioni, che appartengono a quel medium, esattamente l’opposto di ciò che
diceva il modernismo: Le regole e le convenzioni sono fisse, trans storiche

Cosa vuol dire reinventare?


• Non vuol dire inventare un nuovo medium
• L’artista riscrive le regole interne di quel medium

Come si riscrivono le regole di un medium?


Soltanto nel momento in cui diventano metodo.

Reinventare il medium non come mero strumento tecnologico ma come un vero


e proprio linguaggio con specifiche regole e convenzioni e forme.

(Per la Krauss anche Richard Serra è riuscito a reinventare il medium della scultura
partendo dall’orizzontalità. Lui occupava lo spazio espositivo gettando del piombo
fuso negli spigoli dello spazio, aspettava che il piombo si solidificasse e staccava
queste forme che venivano posizionate all’interno dello spazio.)
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La specificità mediale

Nella definizione formalista di Greenberg - specificità mediale = componenti


essenziali e fisiche del suo tempo: forma piatta della superficie, materiali e fisici.

Il formalismo modernista di Greenberg -> forniva un’interpretazione semiologica ad


un canone storico che da Manet a Cézanne arrivava fino alla scuola di NY -> Pollock
Di fatto aveva definito il concetto di specificità mediale: caratteristiche fisiche e
materiali del medium che attraversava tutto il Novecento

-La Krauss imposta il suo metodo critico di reinvenzione del medium per contrastare
la crisi dei criteri dell’arte contemporanea : crisi che stava vivendo l’arte a lei
contemporanea (50- 60) crisi data dal fatto che le neoavanguardie non rientravano nel
formalismo modernista , motivo per il quale nel suo concetto di reinvenzione del
medium non fa riferimento agli attributi materiali del medium, il medium viene
affrontato come se fosse un linguaggio , il linguaggio è composto da una
grammatica -> così come si studia il linguaggio, così vanno interpretati i medium
dell’arte visiva, non per le loro caratteristiche formali tecniche e materiali ma vanno
interpretati come sistemi discorsivi come procedimenti legati alla comunicazione , al
linguaggio e come tali muniti di regole logiche grammaticali .

• Arte concettuale - nasce dall interpretare il medium come linguaggio, si


svincola completamente dai media tradizionali dell’arte, e inizia a ragionare
sull’arte come linguaggio, idea, concetto.

LA KRAUSS CHIAMA L’INTERPRETAZIONE DEL MEDIUM COME


LINGUAGGIO: CONDIZIONE POSTMEDIALE

• Gli artisti concettuali indagano il senso di arte come filosofia, come idea,
oggetto ecc.… in termini non più materiali ma concettuali e ideali

• Joseph Kosuth: padre arte concettuale, artista concettuale e teorico. Arte come
linguaggio, il superamento dell’estetica modernista dipenderà dalla sua
riconquistata configurazione come linguaggio. (One and three chairs) – opera
che serve a spiegare l’arte concettuale dal punto di vista semiotico, studio dei
segni e del linguaggio. [3 stadi di conoscenza: traduzione di stato della sedia da
quello reale, rappresentativo e descrittivo. Ognuna ha una specificità diversa]
Predecessore di Kosuth- Magritte- predecessore Duchamp che dichiara “questa
è arte” arte come processo di autodichiarazione = concetto

• Donald Judd: padre minimalismo, oltre ad essere un artista visivo, è anche


uno dei teorici della minimal art, il suo saggio “specific object” afferma che il
miglior nuovo lavoro dell’artista non è né una pittura né una scultura, ma è un
ibrido. Un oggetto arbitrario che per esistere ha bisogno soltanto della terza
dimensione, deve essere tangibile. Questo discorso distrugge l’idea del
formalismo di Greenberg perché l’opera d’arte è un oggetto specifico, un
ibrido, può essere qualsiasi cosa. Oggetto in quanto oggetto. La cui esistenza è
data dal fatto che è posizionato nella terza dimensione ovvero lo spazio.

Il concetto di oggetto nello spazio fisico -> fa sì che lo spazio espositivo diventi la
matrice dell’oggetto: forte legame tra spazio, oggetto dunque opera, per cui lo
spazio in quanto scena in cui appare l’oggetto diventa essenziale per l’esistenza
stessa dell’oggetto. La Krauss nell’ambito del suo discorso dell’ambito
concettuale inserisce la fotografia concettuale; quel genere di fotografia che
piuttosto che essere descrittiva del reale, lo trascende e utilizza quella
rappresentazione per descrivere un’idea un concetto, che porta anche
all’astrazione
Anche la fotografia concettuale include lo spazio reale come contesto degli oggetti
che gli artisti riproducono in fotografia(es le foto dei coniugi Baker, serie di
polittici, cicli di foto allestiti a polittici dove vengono rappresentati degli edifici di
contesti differenti che hanno una traccia similare : periferie, industrie,
ecc.…questa presenza fisica viene ad essere contestualizzata nell’ambiente, il
contesto in cui vengono calati questi oggetti è sempre uguale, sfondo bianco,
come se queste foto fossero fatte in una giornata uggiosa, galleggiano in un cielo
bianco grigio) la fotografia concettuale ragiona sulla presenza dell’oggetto nella
terza dimensione.

Artista che viene analizzato dalla Krauss che racchiude tutto questo è Edd Ruscha,
nella storia dell’arte viene inserito nella pop art, il fronte della pop art della West
coast, i suoi quadri sono iper realistici nei quali lui indaga il paesaggio della west
coast, gasoline, deserto, territori desolati con strade lunghe, colori giallo e rosso,
tramonto -> questo è l’Edd Ruscha pop
Oltre ad essere pop produce lavori di arte concettuale: tra gli artisti degli anni 60
che realizza dei libri d’artista, si occupa anche di grafica

Qual è la differenza tra catalogo e libro d’artista?


Il libro d’artista è un’opera d’arte dell’artista, il catalogo spesso e volentieri è una
testimonianza della mostra o di un progetto dell’artista. -il libro d’artista in quanto
opera d’arte può contenere qualsiasi cosa, ha una tiratura limitata, all’interno può
esserci tutto: incisioni, disegni scritti ecc.

Ed Ruscha realizza una serie di libri d’artista che hanno come soggetto la città di
LA.
In particolare, realizza un libro 34 parking lots: Libro fatto solo da foto aeree o di
altro tipo, dei parcheggi di Los Angeles, parcheggi di auto senza la presenza di
auto, dell’uomo. Le foto sono immagini trouvèe o scattate dall’artista, lui associa
all’interno del libro 34 foto fatte da lui o ritrovate, questo è significativo di
quell’aspetto che l’artista si svincola dal fare (appropriazione è tipica del
postmoderno) manifesta il suo disinteresse per la fotografia classica: scattare.

Altro libro simile che realizza è 26 gasoline station, foto messe insieme che vanno
oltre la mera rappresentazione del paesaggio ma servono a portare avanti un
discorso di fotografia concettuale, secondo la Kraus questo procedimento è stato
in grado di ridefinire il medium che l’artista utilizzava (libro d’artista, fotografia)
L’interesse di Ruscha per il medium prende piede dal suo interesse per il metodo.
Edd Ruscha realizza anche quadri, opere nei quali l’artista fa un mix di media,
colori ad olio, sperimenta anche altri materiali: sangue, iodio, crea una mescolanza
insita all’interno del medium pittorico. In Ruscha il medium è sia i materiali che
utilizza che il supporto -> in questo suo mescolamento e reinvenzione ci descrive
in maniera molto chiara quanto siano complesse e stratificati i modi con cui agisce
la parte artistica contemporanea, secondo la Krauss nell’ epoca post mediale tutto
può essere usato come medium, ma è necessario che ci sia un susseguirsi di
regole.
Il medium è reinventato nel momento in cui l’artista è in grado di riscrivere la
grammatica, l’idea linguistica dotata di norme, che possono essere riscritte e applicate
dall’artista diventando così matrici. Solo in questo modo l’invenzione si trasforma in
reinvenzione, questo discorso non vale solo x i medium tradizionali, mail concetto di
specificità mediali in senso linguistico, appartengono anche a media di artisti non
convenzionali: Coleman e Kentridge

Cinema e diapositiva

L’artista deve essere in grado di creare delle regole e delle norme che rendano
standard l’utilizzo di quel medium nella pratica anche di altri artisti.

Il concetto di medium è di un linguaggio condiviso, se non lo condivido io non posso


interpretare il messaggio che quel medium mi vuole trasferire, durante la storia si
trasforma, l’importante è che sia sempre condiviso.

Dove risiede secondo la Krauss la reinvenzione del medium di Ruscha?


Aver reinventato delle regole e averle fatte proprie: standardizzare il libro d’artista
come insieme di fotografie e grafiche (non significa che è stato il primo, m la Krauss
vede quanto questo modus operandi si sia trasformato in una regola)

30 Marzo 2022

30.03.2022
La Krauss è a tutti gli effetti un critico militante perché elabora la sua teoria a partire
dalla conoscenza degli artisti del suo tempo, e dalla sua capacità di analizzare gli
artisti e costruire un metodo intorno alla produzione artistica.
Infatti lei elabora la sua teoria partendo dall’analisi di un artista specifico.
• All’ interno del suo testo “La reinvenzione del medium” dedica due saggi a
due artisti specifici: James Coleman e William Kentridge.
• Sono artisti che secondo la Krauss sono stati in grado di operare una
reinvenzione dei medium che hanno utilizzato.
Secondo la Krauss quindi James Coleman e William Kentridge, il primo attraverso
l’uso delle diapositive, il secondo attraverso la realizzazione di animazioni che
partono dal disegno sono stati in grado di riformulare dei medium che sono
tradizionali o riferivano a contesti non legati all’arte ma legati più al mondo della
comunicazione e della pubblicità.
James Coleman:
• reinventa il medium delle diapositive in sequenza e sincronizzate con una
colonna sonora registrata, mezzo che ancora in arte non era stato utilizzato, ma
che era comunque un linguaggio familiare a tutti facendo parte della cultura
dello spettacolo e della comunicazione pubblicitaria.
• riconosce questa funzione passata della proiezione di diapositive ma inventa
un’altra regola, ovvero il «Doppio fronteggiare».
• I personaggi di Coleman, pur essendo dei personaggi che interagiscono fra
loro, guardano sempre fuori campo, lo spettatore o la telecamera, ponendosi
allineati lungo il campo visivo
• È stato capace quindi di adottare questo linguaggio passato e dotarlo di nuove
regole, rendendolo così un medium espressivo dotato di regole e rendendolo
una tecnica utilizzabile anche da altri artisti.

William Kentridge:
• di origini africane, considerato tra i disegnatori più bravi degli ultimi tempi.
• I suoi film d’animazione che partono dal disegno e trattano i problemi
dell’apartheid in Africa.
• Kentridge è un artista che ha inventato una serie di regole all’interno del
medium disegno. Una di queste è la cancellazione.
• Ogni linea è un segno che può essere modificato e ogni modifica è registrata in
un fotogramma del film. Questa regola produce delle sequenze e una narrativa.
• Kentridge converge sulla grammatica della pittura modernista (il disegno) ma
lo reinventa e ne crea nuovi significati concettuali.

Una cosa molto importante da tenere in considerazione è che la Krauss riprende


quello che Walter Benjamin aveva definito come il fenomeno dell’ obsolescenza,
legato anche a quello che sono i limiti e le potenzialità dei medium. Per Benjamin e
per la Krauss quando un media diventa obsoleto per quella funzione -> trattiene al
suo interno delle potenzialità espressive che gli artisti sfruttano e utilizzano. Nel
diventare obsoleto il medium si svincola quindi dalla funzionalità, diventa espressivo
nell’arte. ESEMPIO : la televisione antica non è più funzionale ma rimane comunque
un oggetto con una sua poetica e significato = obsoleto
Anche il discorso che fa sulla fotografia appartiene all’idea dell’obsolescenza.
Partendo dalla sua storia la fotografia non nasce come l’linguaggio dell’arte ma come
strumento tecnico che aveva una sua mercificazione (carte da visita o ritratti).
Superata questa fase, questa stessa merce viene fagocitata dal kitsch (fatto salvo la
prima fotografia del 900 d’autore), avendo la pretesa di diventare arte.
La Krauss afferma che la fotografia come linguaggio d’arte l’abbiamo soltanto
negli anni ’60, quando di fatto la fotografia acquisisce a tutti gli effetti lo statuto
di arte, ovvero quando di fatto diventa obsoleta.
➔ È come se la fotografia, diventata obsoleta nelle sue declinazioni,
attraverso le diapositive o attraverso le scene di animazione, fosse in
grado di tirare fuori e di proporre un nuovo sistema estetico, un nuovo
potenziale artistico ed espressivo.
Rosalind Krauss porterà avanti la teoria della re-invenzione del medium ponendo al
centro del discorso la fotografia e la sua storia a partire da Bejamin, Barthes e da
Boudrillard che avevano già aperto il discorso sulla fotografia su un piano teorico e
non solo tecnico. (la fotografia come indice, traccia o matrice sono discorsi teorici sul
medium specifico)
Saggio su James Coleman
Secondo la Krauss Coleman è stato capace di reinventare il medium proprio
perché ha trovato nei limiti della tecnologia un potenziale. Il limiti della
tecnologia risiedevano nel fatto che quella tecnologia era diventata obsoleta: la
proiezione di diapositive.
Coleman realizza delle installazioni o monocanale o multi canale, spazi in cui lui
posiziona dei proiettori di diapositive e insieme alla sequenza di queste immagini
sono dotate di colonne sonore che scorre parallela insieme alle immagini.
Le immagini statiche in sequenza vengono utilizzate con dissolvenze complesse e
suoni registrati per produrre una densa stratificazione di possibili significati e letture.
Per Coleman, l'attrazione per la proiezione con le diapositive è un veicolo artistico
con cui esplorare temi come l’ambiguità narrativa e la soggettività.
• Tutto ciò è stato possibile perché Coleman utilizza un medium tecnologico non
solo obsoleto, ma libero da un pedigree artistico. Anche se offriva immagini di
qualità fotografica ad alta risoluzione che potevano essere facilmente
ingrandite alla scala dei dipinti più ambiziosi, il suo status di arte era
volutamente incerto.

• Uno dei suoi lavori che la Krauss studia è Seeing for Oneself. Sono delle storie,
dei racconti per immagini. La sua ispirazione è quella del fotoromanzo
Italiano degli anni 60.

• Un'altra caratteristica che ritroviamo nelle opere di Coleman è il concetto del


doppio fronteggiare, che è il modo con cui gli attori vengono posizionati sulla
scena e dialogano tra di loro, questi attori, pur inscenando dei dialoghi tra di
loro non si guardano mai tra di loro, ma difronte, al di là della macchina.
• Questo crea ancora quell’idea della narrazione ambigua, perché chi guarda
l’opera si sente volutamente spaesato.
• Questo insieme alla diapositiva obsolescente e insieme all’idea di una unione e
stratificazione tra testo, immagine voce e suono, rappresentano le
caratteristiche per definire Coleman un artista che è stato in grado di
reinventare un medium.
IN SINTESI: L'appropriazione da parte di Coleman del nastro per diapositive e
del fotoromanzo e la trasfigurazione di un supporto tecnico che punta
direttamente a una commercializzazione nella cultura della pubblicità sono i
punti della sua ricerca artistica che gli hanno consentito una re-invenzione del
medium.

Saggio su William Kentridge


“The Rock”: Drawings for Projection di William Kentridge
È riuscito a reinventare il medium del disegno, trasformato poi in film di animazione.
Si basa sul concetto dell’automatismo: il processo esecutivo è un processo basato su
automatismi
Questo processo è laborioso e low-tech, lo stesso Kentridge lo chiama «fare film
nell'età della pietra". Si basa su diversi step e relazione tra contenuto e forma:
QUESTO LA Krauss lo definisce come processo esecutivo basato su automatismi
1. disegnare su un unico foglio di carta;
2. fotografare il disegno;
3. cancellare delle parti del disegno precedente;
4. ridisegnarci sopra;
5. ri-fotografare:
In modo che i disegni proiettati in sequenza creino un film.
• Kentridge lavora senza uno storyboard, ogni elemento dello scenario
immaginato viene spinto in avanti dal cambiamento che lo precede. Ogni
procedimento presuppone un tempo, e il tempo è quello del disegnare,
fotografare, cancellare, ecc. Il movimento (e il tempo necessario) nel
camminare avanti e indietro attraverso lo studio dalla fotocamera al disegno è
parte integrante del processo, porta a idee visive, a possibili transizioni e
sequenze. Nelle parole di Kentridge, crea uno spazio dalle molte e diverse
traiettorie.
Il metodo di Kentridge è definito da Krauss sia come "meccanico e meditativo”
in grado di fornire soluzioni impreviste ai problemi estetici e narrativi, presentati
dalla contingenza delle circostanze e dall'interferenza del processo materiale
Krauss chiarisce sempre di più la sua visione sull'invenzione di Kentridge di un
mezzo specifico - il suo metodo è 'quasi-automatico’ perché necessita di una
interazione con la fotocamera (il meccanismo per eccellenza di automatismo brutale
perché l’artista deve solo scattare la foto) e accoglie "l'impennata dell'inconscio di ciò
che non è previsto, l'inaspettato" (l'automatismo "psichico" del Surrealismo :
inconscio inaspettato che può venire fuori nel momento in cui si disegna).
Altra fonte di espressività è il procedere attraverso la cancellazione, cancellazione
che però è imperfetta (lavora con il carboncino) e questo “errore” è un ulteriore fonte
di espressività. Il limite di un medium (il non cancellarsi perfettamente del
carboncino) diventa potenzialità espressiva.
• Piu che analizzare l’opera finale, la Krauss, è interessata proprio a questo
processo alle fasi transitorie da uno stato all'altro del disegno, e scrive: insieme
al senso di "momentanea immobilità" tra i fotogrammi che presentano anche le
immagini consecutivamente disegnate, inter-tagliate e montate, il palinsesto
dimostra qualcosa di essenziale su come il lavoro è fatto.
Kentridge in alcune opere mantiene solamente la parte del disegno, della
cancellazione ed elimina quella digitale. Es: il lavoro fatto sul lungo Tevere, dove
attraverso la cancellazione dell’annerimento delle pareti degli argini del Tevere crea
le figure, quasi come in negativo.
Il concetto di reinvenzione del medium, serve alla Krauss per dare metodo alla critica
d’arte a fin che potesse interpretare le opere d’arte dagli anni 60 ad adesso.
La riflessione teorica di Krauss sulla specificità media dalla fine degli anni '90 ha
cercato di definire una struttura concettuale che potesse garantire una misura di
autonomia artistica per le pratiche critiche in corso. La strategia che sostiene è un
impegno riflessivo con forme culturali popolari "basse" (che Greenberg definiva
Kitsch) e media obsoleti. La ragione per cui Krauss lo fa è che investendo un
supporto tecnico scartato o ignorato con un'espressività compresa all'interno delle
proprie strutture ricorsive, allora la separazione tra gli "automatismi" espressivi e
l'apparato formale è tanto più evidente.
La lettura di Krauss offre approfondimenti su come Coleman e Kentridge sfruttano i
vincoli del loro supporto tecnico: la funzione autoriflessiva di dissolvenza e
cancellazione nelle loro rispettive pratiche, per esempio, è particolarmente
convincente. Coleman e Kentridge sono due artisti in grado di sfruttare i limiti del
supporto che hanno scelto di utilizzare per trasformarle in una pratica espressiva.
La cancellazione in primo piano delle origini "pre-filmiche" della tecnica di disegno
consecutivo di Kentridge e l'uso di dissolvenze di Coleman crea l'illusione
momentanea del movimento da due immagini ferme sovrapposte.
Quindi la reinvenzione del medium avviene proprio dall’analisi dei loro limiti,
dei loro trasferimenti e dei loro cross-over; la reinvenzione del medium avviene
quindi in condizione post-mediale, di stratificazione, di convergenza dei medium
che ah definitivamente superato quello che era il formalismo e il materialismo
modernista di Greenberg.
31.03.2022
Nicolas Bourriaud
È un curatore e direttore di arte contemporanea, critico d’arte. Ha diverse esperienze
come curatore di arte contemporanea, sia come curatore indipendente sia come
curatore che ha diretto spazi espositivi francesi (è stato direttore del Palais de Tokyo
a Parigi).
• sviluppa soprattutto la scrittura di saggi tra cui : “l’estetica relazionale” primo
saggio teorico scritto da Bourriaud e lo consacra come critico d’arte
contemporanea;
• “Postproduction” nel quale lega il concetto del post moderno e della post
medialità al concetto di post produzione, da intendersi come quell’attività degli
artisti di assemblare elementi che provengono dalla realtà circostante, anche
attraverso un’appropriazione di opere già realizzate da altri artisti.
Anche Bourriaud si può definire critico militante, perché ancora più della Krauss, la
sua costruzione di questa teoria sulla forma relazionale gli viene proprio da un
contatto diretto con gli artisti, con i quali lavora come curatore. Quindi parte a
scrivere proprio da ciò che produce, da quello che è il lavoro sul campo con gli
artisti.

L’estetica relazionale- scritto nel 1998


Quello che Bourriaud fa in questo testo è ripercorrere alcune storie di artisti e alcune
esperienze artistiche che hanno segnato e caratterizzato la produzione artistica
contemporanea degli anni 90.
• Non è l’unico critico che ha la necessità, alla fine del 900, di chiudere un
blocco, in attesa che arrivi “il nuovo mondo” c’era la necessità di chiudere il
900.
• Lui coglie questa esigenza di contestualizzare e di fare il punto su questo
secolo che si stava chiudendo, con quelle che effettivamente erano le
interpretazioni che stava constatando all’interno degli artisti con cui stava
lavorando.
• Lui conia il termine estetica relazionale perché, da bravo critico, capisce che
c’è una linea di tendenza artistica che accomuna più artisti, anche
geograficamente distanti da loro, che nello stesso periodo producono arte nella
stessa maniera.
➔ Prende quindi in esame una generazione di artisti che a suo avviso
avevano posto il loro interesse di ricerca sulle relazioni e sui rapporti
umani .
“L’arte è uno stato di incontro”: frase motto di Bourriaud; ma l’arte è sempre uno
stato di incontro, non solo quella degli anni 90, perché anche se noi ci troviamo
difronte ad un quadro o una struttura priva di quella formalità che si va ad esprimere
nella relazione tra persone, è sempre un incontro tra me e l’opera d’arte.
La sua teoria ha necessità di affondare le sue radici in una contestualizzazione di tipo
teorico e storico. Per questo motivo fa una serie di citazioni e riprende i suoi discorsi
a partire da ciò che era stato detto in precedenza: Cita Godard: occorrono due
persone per produrre un immagine. (qualcuno che la produce e qualcuno che la
riceve)
Altra frase di Bourriaud: “Qualsiasi forma è una contrattazione ed è basata sulle
relazioni umane”
Dal percorso storico che lui fa all’inizio del libro fa scaturire la sua teoria
sull’estetica relazionale. questa storia che lui traccia è per lo più legata alla storia
visuale, all’iconografia e alla forma di concepire e creare arte nel corso della storia.
Punti da cui parte:
• Prospettiva scientifica del rinascimento che secondo Bourriaud era concepita
per ammettere lo spettatore, ma è un punto di vista che è unico e unidirezionale,
come se il fruitore fosse costretto ad osservare l’opera da un certo punto di vista.
• Panofsky, padre della iconologia, e il suo testo la “Prospettiva come forma
simbolica” (1927) va oltre quello che è il concetto di prospettiva rinascimentale,
secondo lui le prospettive che nel corso della storia l’uomo ha generato, hanno una
valenza non solo scientifica ma soprattutto simbolica, cioè a quell’epoca era
quella la prospettiva che la società simbolicamente voleva che rappresentasse
l’arte. Secondo Bourriaud questa prospettiva simbolica è riuscita a soggettivizzare
la relazione fra immagine e osservatore e la costituzione del sé a partire da un
punto
• Concetto del all-over nel campo della pittura (che abbiamo già visto nel
modernismo di Greenberg ) non c’è più un solo punto di vista ma l’osservatore è
avvolto nell’opera (Rothko e Pollock). Secondo Bourriaud l’all-over ha allargato
ancora di più alla relazione tra l’opera e l’ osservatore, in quanto ha reso più
democratico il modo di vedere e percepire l’opera d’arte, è come se l’opera
aprendosi a più punti di vista avesse perso quella sua autorità rispetto
all’osservatore. Con la prospettiva rinascimentale lo spettatore era obbligato a
guardare l’opera da un certo punto di vista, mentre il concetto di all-over pone
sullo stesso piano opera e spettatore.
• Passaggio al all-around (tutto intorno, apre il discorso anche alla scultura)
ovvero uno slittamento dall’autorità dell’immagine verso un modo più
democratico di percepire l’arte, uno spazio partecipativo. piuttosto che basato
sull’autorità dell’immagine, come è prevalentemente accaduto nella storia.
• Bourriaud afferma che l’arte è sempre stata uno stato di incontro, da prima era il
tramite per connettere l’uomo e Dio, poi il materialismo ha portato alla relazione
uomo-opera, nel periodo in cui Bourriaud scrive il testo, lo stato di incontro che
l’arte produce è basato sulle relazioni interpersonali.
• Per capire questa nuova cultura, Bourriaud parte dalle affermazioni di Marcel
Duchamp del 1954 durante una conferenza a Houston, intitolata Il processo
creativo. Duchamp parla di ‘coefficiente artistico’ (è un valore che si sdoppia) è
l’idea che un’opera d’arte sia costituita di due componenti:
• ciò che l’artista voleva fosse espresso
• ciò che l’artista non intendeva affatto esprimere

Secondo Duchamp, questa seconda componente era il luogo in cui si verificava una
sorta di lotta (non negativa ma energetica) tra l’osservatore e l’artista.
Per Bourriaud questo coefficiente artistico è un ulteriore passo verso la relazione,
perché ci dice che l’opera e i suoi significati si costruiscono anche a partire da ciò
che interpreta l’osservatore. Il fruitore aggiunge significato.
Questo è particolarmente importante dal momento che è la base per una nuova
cultura dell’interattività tra l’osservatore e l’artista

➔ Il compito principale del critico consiste nel ricostruire il complesso


sistema di problemi che emergono in un dato periodo e nell’esaminare le
varie risposte che vengono fornite
Affermazioni che giustificano la sua teoria sull’arte relazionale:
• Il campo delle relazioni umane, che si possono applicare in arte, deve assumere
forme estreme o clandestine se vuol sfuggire all’impero del prevedibile. La
comunicazione digitale non consente di vivere delle relazioni in maniera diretta
e la regolamentazione dall’altro (forme relazionali costruite) dei momenti di
collegialità e dialogo, sono relazioni umane canalizzate e controllate. Per
questo motivo quando un artista decide di costruire dei contesti di relazione
umana lo deve fare in maniera clandestina (cioè in un contesto in cui non lo si
aspetta), creando un punto di rottura delle forme sociali precostituite. Rendere
estraneo al familiare (perturbante)
• L’artista inventa relazioni sperimentali tra la gente in maniera varia, es: con
l’aiuto di segni, forme, azioni o gesti.
Anche in Bourriaud assistiamo a un superamento del modernismo e della sua visione
idealista e teleologica. Le opere non si danno più come finalità quella di formare
realtà immaginarie o utopiche, ma di costruire modi d’esistenza o modelli
d’azione all’interno del reale esistente. La forma dell’opera dipende da che tipo
di relazione si instaura con l’osservatore.
Più che parlare di forme utopiche Bourriaud afferma che l’arte relazionale
(partecipata) è un’arte che pone come base teorica le relazioni umane e il suo
contesto sociale. Dal momento in cui noi abbiamo a che fare con esseri umani o
gruppi di comunità è normale che questi lavori assumano caratteristiche anche
politiche e sociali. Ci sarà però poi la Bishop che partendo da questa parte della teoria
di Bourriaud se ne distaccherà e approfondirà l’aspetto sociale e politico.

Bourriaud dice anche che L’estetica relazione è dovuta anche all’urbanizzazione


che ha permesso la prossimità fra gli individui e (già a partire dalle avanguardie
storiche o ai situazionisti) ha finito per produrre pratiche artistiche corrispondenti,
cioè una forma d’arte in cui l’intersoggettività, l’essere-insieme e l’incontro fra
l’osservatore e l’opera sono le basi per una elaborazione collettiva del senso di
questi processi di urbanizzazione, di far giungere lo spettatore ad un certo grado di
consapevolezza.
➔ L’opera d’arte relazionale come interstizio(luogo non luogo) sociale:
uno spazio di relazioni umane che, pur inserendosi nel sistema globale,
suggerisce altre possibilità di scambio rispetto a quelle in vigore nel
sistema stesso. Si insinua all’interno di una quotidianità che è quasi
sempre fatta di momenti di relazione e incontro precostituiti.

• Molti artisti attivano forme di relazione all’interno dei momenti dell’arte, in


particolare nei momenti delle mostre, che anche se legato a determinate prassi,
per loro è un momento di opportunità per creare questi interstizi. A differenza
di altri momenti già impostati (comizi, manifestazioni ecc.).

• Le dinamiche relazionali vanno inevitabilmente a solleticare quelli che possono


essere possibilità interpretative che sono legate alla società del tempo, alla
politica attraverso poi una forma di problematizzazione (analizzano, criticano e
polemizzano certi aspetti sociali e politici del tempo).

• L’estetica relazionale si inscrive all’interno di una tradizione materialista, una


conoscenza della storia dell’arte che proviene soprattutto dall’analisi delle
conoscenze materiali dell’opera, un «materialismo dell’incontro» che assume
come punto di partenza la contingenza del mondo.
Bourriaud ci tiene a precisare che L’estetica relazionale non costituisce una teoria
dell’arte, quest’ultima implica l’enunciato di un’origine e una destinazione ma è
una teoria della forma. I contenuti sono differenti da artista ad artista. La forma
dell’opera è relazionale.
La forma dell’opera d’arte contemporanea si estende al di là della sua forma
materiale: è un elemento legante. Non è più soltanto nel senso di oggetto, ma si
estende al di là della sua materialità, è un ulteriore materiale attraverso l’incontro. È
come se la forma e la materia dell’opera si completassero nel momento in cui avviene
l’incontro, l’individuo, la relazione.
Se si parla di «forma relazionale», questa non può essere intesa, come faceva
l’estetica modernista, in termini di bellezza formale. Ma l’arte degli anni ‘90 del
Novecento dimostra che non vi è forma se non nell’incontro, nella relazione
dinamica.
Alcuni artisti con cui ha lavorato e che dimostrano la sua tesi:
Rirkrit Tiravanija
Tailandese, forse quello che più di tutti rappresenta l’estetica relazionale.
• Con l’opera Pad Thai (1990) segna l’inizio degli anni 90, la prima volta che lo
espone è in occasione della biennale di Venezia, costruisce una gondola in
alluminio che in realtà è una sorta di cucina, su cui lui cucina classiche zuppe
tailandesi. Lui fornisce come mezzo una cucina che offre allo spettatore, che se
vuole può cucinarsi la zuppa. Verrà poi riallestita e riproposta in altre
occasioni. Questo per Tiravanija è un momento di incontro, perché socialmente
il momento del mangiare è un momento di condivisione e il mangiare e
cucinare insieme è un contesto intimo, familiare. Lui allarga questo contesto
intimo a tutti i visitatori della mostra, creando un momento di condivisione e di
dialogo tra gli spettatori.
Quando si parlava del concetto di “forma relazionale” e “materialismo d’incontro” si
fa riferimento ad un opera fissa, una forma statica (come la cucina di Tiravanija) che
ha un suo potenziale di significato; ma questo significato si costruisce soltanto nel
momento in cui questo oggetto viene attivato dal pubblico, che diventa soggetto
attivo, partecipante, non più solo spettatore. L’artista è presente e partecipa
attivamente: cucina, intavola conversazioni. Non c’è nessun tipo di forzatura.
• Lavoro “il domani è la questione” (2019) Vinile su set di 8 tavoli da ping
pong e racchette sono dei dispositivi pronti per essere attivati dal fruitore, che
può utilizzare i tavoli e iniziare a giocare; è una riattivazione di un lavoro
precedente creato da un artista sloveno.
Idea della riappropriazione di lavori di altri artisti.
Il titolo dell’opera è scritto sui tavoli ed è una sorta di domanda aperta, come se
l’artista con l’attivazione dei dispositivi volesse aprire un potenziale dibattito tra le
persone che si ritrovano a giocare a ping pong.
Anche in questo caso l’opera diventa un oggetto attivabile, i cui significati si possono
stratificare, moltiplicare, diversificare.

Maurizio Cattelan, Stadio, 1991


Nel suo libro Bourriaud parla di Cattelan e di altri artisti che lavorano con l’arte
relazionale ma non solo.
• Cattelan ingaggia una serie di ragazzi immigrati in italia, che fanno i lavori più
disparati, Cattelan li fa diventare una squadra di calcio e li iscrive ad un
campionato locale, facendoli diventare dei calciatori. Il suo interesse è quello
di vedere come la società cambia il modo di vedere quelle persone, non più
migranti ma una squadra di calcio. I ragazzi partecipano veramente alle partite
e al termine del progetto performativo si fa questa partita di calcio balilla dove
si ritrova a giocare tutta la squadra contro quella avversaria. I tavolo è
attualmente in mostra alla GAM di Bologna. Il pubblico si ritrovava non solo
ad assistere, ma anche a fare il tifo, creando momenti di dialogo, relazione e
confronto.

Gabriel Orozco, Until You Find another Yellow Schwalbe


(Hasta encontrar otra Schwalbe amarilla), 1995
Artista di origini Messicane.
• Nell’opera la condizione dello stato di incontro si sviluppa nel corso di un
tempo in cui accadono cose. Si sposta per la città con un motorino giallo, e si
sposta nella città alla ricerca di altri motorini gialli, quando li incontra li
fotografa insieme e lascia un bigliettino sul motorino giallo incontrato dove
invita il proprietario del motorino a presentarsi il giorno dell’inaugurazione
della mostra. Coloro che si presentano hanno la possibilità di vedere l’opera
finale, un polittico di fotografie che ritraggono i vari motorini incontrati. Lo
stato di incontro avviene attraverso l’incontro di oggetti.

• L’artista si concentra sui rapporti che il suo lavoro creerà con il pubblico,
o sull’invenzione di modelli di partecipazione sociale. Questa produzione
specifica determina non solo un campo ideologico, ma anche nuovi ambiti
formali.
• Le figure di riferimento della sfera dei rapporti umani sono diventate appieno
delle «forme artistiche: meeting, ritrovi, manifestazioni, in breve l’insieme dei
modi d’incontro e d’invenzione di relazioni rappresentano oggi degli oggetti
estetici suscettibili di essere studiati in quanto tale.
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La funzione sovversiva e critica dell’arte contemporanea si realizza negli anni


Novanta nell’invenzione di linee di fuga individuali o collettive, in quelle costruzioni
provvisorie e nomadi attraverso le quali l’artista modella e diffonde situazioni
disturbanti. Da qui deriva l’attuale infatuazione per gli spazi di convivialità rivisitati,
crogioli dove si elaborano modelli di partecipazione sociale eterogenei.
L’ arte relazionale viene definita da Bourriaud sovversiva, spiazzante, turbante
perché l’artista spiazza e sovverte le regole del mondo dell’arte creando queste
situazioni provvisorie.
Tra gli artisti che creano situazioni pronte a diventare momenti di partecipazione
sociale, ritroviamo :
➔ Georgina Starr che negli anni novanta (ma anche successivamente)
crea potenziali momenti di partecipazione sociale con i suoi Restaurant.
Sono dei veri e propri ristoranti (menù, camerieri ecc) posti all’interno di
mostre, che sono a tutti gli effetti aperti al pubblico.
Questi sono artisti che creano momenti di partecipazione sociale, poi ci sono artisti
che producono oggetti di partecipazione sociale, uno di questi è Cattelan, infatti uno
degli oggetti di partecipazione sociale è il calcio balilla che abbiamo visto prima.
Ad esempio in altre due mostre prende di mira due dei suoi galleristi, uno alla galleria
di Milano (Massimo DeCarlo) dove attacca alla parete il gallerista con del nastro
adesivo, e una a Parigi (Perrotten) dove fa vestire il gallerista da coniglio a forma di
pene perché il gallerista era considerato uno sciupafemmine. Quindi chiede ai galleristi
di fare delle performance. Quella che fa è sicuramente un’azione ironica, ma è anche
un atteggiamento un po’ di sfida nei confronti del gallerista, perché è colui che deve
vendere le opere degli artisti e l’opening è un momento molto importante perché
devono fare di tutto per vendere, e in questo caso Cattelan li costringe in una situazione
scomoda, ridicolizzandoli e impedendogli di fare il loro lavoro.
➔ La relazione non sarà più quella standard del gallerista con il collezionista,
ma si vengono a creare delle situazioni, dei dialoghi e degli incontri e delle
relazioni diverse. La relazione ci sarebbe comunque stata, ma quella che
crea Cattelan è una relazione diversa.

Momenti preconfezionati di incontro che appartengono alla quotidianità ma che posti


nel contesto dell’arte diventano perturbanti e disturbanti.
Ad esempio:
Henry Bond, Liam Gillick, Documents, 1990/5
Una serie di azioni che sono state svolte tra il 90 e il 95, iniziano a fingersi dei
giornalisti, attraverso delle agenzie di stampa entravano in possesso delle notizie
dell’ultima ora e si recavano sui luoghi in cui era avvenuto il fatto a raccogliere
testimonianze e a fare interviste. Insediandosi in contesti che non appartengono al
mondo dell’arte creando delle forme di relazione fittizie.
Joseph, Beuys, I Like America and America Likes Me, (Performance, 1974)
(fa citazioni anche ad artisti che lavorano prima degli anni 90) fino agli anni 70 non
aveva mai accettato di fare esposizioni in America fino a che non avesse cessato la
guerra in Vietnam. La relazione tra l’America e Beuys è una relazione di tensione,
come quella tra America e Germania. Nel 74 si reca in America e realizza la
performance “I like America and America Likes Me” che lo vede coinvolto per diversi
giorni nella sala della galleria, in compagnia di un coyote che simbolicamente era
l’America. Un America con la quale lui doveva creare un dialogo e un incontro di
riappacificazione, una relazione che si costruisce con il tempo, riuscendo ad instaurare
una convivenza pacifica.
Questa Performance è citata da Bourriaud per identificare gli svariati modi con cui
questa forma relazionale può sussistere: la forma relazionale non è una, è mutevole, è
anche simbolica (capitolo intero su Gonzalez Torres).
Philippe Parreno How Can We Tell the Dancers from the Dance (installazione +
audio), 2012
Il suo è un lavoro molto complesso, sono soprattutto installazioni luminose e cinetiche.
Pannelli luminosi che si muovono nello spazio e sono governati da una serie di sistemi
digitali che fanno si che il movimento di questi pannelli sia dettato dal movimento delle
persone presenti nello spazio. A volte sono integrate da un installazione sonora, che va
a creare ambienti immersivi e multi sensoriali.
In questa opera il dispositivo si costruisce a partire da questa pista da ballo con al di
sopra una luce che amplia l’opera fino al soffitto e crea questa dimensione spaziale tra
il pavimento e il soffitto. È una vera e propria pista da ballo con musica Dance, che
può essere attivato quando le persone decidono di ballare sopra la pista. Parreno
costruisce le sue opere a partire dal movimento spaziale dello spettatore. La relazione
è di tipo spaziale.
Christine Hill, Small Business Model, 2012
Crea dei negozi, all’interno degli spazi museali, dove spesso è proprio lei a fare da
commessa. Possono essere negozi di varia natura, che di fatto invitano ad innestare un
azione di compravendita tra l’artista e il pubblico. In questo caso c’è una vendita reale.
Un altro precedente storico è Yves Klein che serve a Bouriaud per dimostrare quanto
il momento mostra rappresenta un momento di grande attenzione per l’artista che si
muove all’interno dell’arte relazionale, perché è un momento dove naturalmente si
svolgono degli scambi e questi scambi hanno delle dinamiche molto preimpostante.
Abbiamo visto come queste dinamiche vengono interrotte da Cattelan e un precedente
storico è appunto Yves Klein che nel ’58, con la sua mostra “Le Vide”, decide di
lasciare lo spazio della galleria completamente vuoto, servendo soltanto all’esterno
della galleria un cocktail di colore blu.

06.04.2022
Maurizio Cattelan
Citato da Bouriaud anche se la sua è un estetica complessa, non può essere
definita solo come estetica relazionale, è un artista Pop, post Pop, concettuale che
si muove nell’ambito di molti media (scultura, installazione, fotografia, ecc.).
Anche il suo rapporto con la Critica d’arte è complesso, c’è chi lo considera un
genio e chi lo considera un millantatore. Il suo è un lavoro che anche oggi si
inscrive perfettamente nel sistema dell’arte, lavora con i galleristi più famosi al
mondo. A volte il giudizio su Cattelan è un giudizio superficiale, ci si ferma alla
forma senza andare a rintracciare significati più profondi. Questi significati spesso
si dividono in aspetti autobiografici e a temi più collettivi, che vanno ad incidere
su dei principi e ad una contestualizzazione più generale.
La sua carriera parte a tutti gli effetti quando si trasferisce a New York, dove
comincia a stringere rapporti lavorativi con critici, galleristi, ecc. le sue capacità di
pubbliche relazioni, unite ad un tipo di lavoro particolare e accattivante, lo ha reso
uno tra gli artisti più celebri del mondo.
VISIONE DEL DOCUMENTARIO “Be right back”- fatto nel 2016, nel quale
attraverso una serie di interviste si ripercorre il lavoro e la carriera di Cattelan. L’
elemento particolare è che lui si presenta al pubblico facendo fare le sue veci a
Massimiliano Gioni (Critico d’arte italiano, che più di tutti ha lavorato con
Cattelan), pratica che fa spesso anche ad eventi dal vivo. Massimiliano Gioni
parla appunto come se fosse Cattelan (idea della sparizione dell’artista, va a
stuzzicare l’odio e il disturbo nel fruitore). La critica che si fa spesso a Cattelan è
legata alla sfida che lui fa al sistema dell’arte pur essendo inserito molto bene
all’interno di questo sistema. Il documentario ci fa entrare anche nella sfera un po’
più intima del suo lavoro (ad esempio grazie alle interviste della sorella, dell’ex
fidanzata) che spesso non viene considerata o non traspare.
Mostra al Guggenheim molto ambiziosa perché già l’edificio è una presenza molto
maestosa e crea uno scontro spazio/opere. E lui decide di sfidarlo appendendo
tutte le sue opere fatte nella sua intera carriera al soffitto.
L’intervista alla sorella ha aumentato l’aspetto autobiografico del suo lavoro e
soprattutto il suo lato drammatico, in contrasto con quello ironico che tutti
colgono.
Idea di non essere mai soddisfatto del proprio lavoro lo spinge a produrre sempre
di più. Il fatto che sia Massimiliano Gioni che parla facendo finta di essere
Cattelan ci fa allontanare sempre di più da lui, perché Gioni è comunque il suo
curatore e un critico con un suo pensiero, per cui non sapremo mai quali sono i
veri pensieri e le vere parole di Cattelan, perché vengono sempre filtrate da altri.
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Ci sono vari tipi di modi in cui si può definire la relazione: diretta (azioni
performative che l’artista mette in campo e che di fatto prevedono il coinvolgimento
diretto del pubblico); simbolica (delle opere che parlano di incontro, relazione,
comunità ma è evocato attraverso un oggetto, un’installazione, una scultura ecc.
Parlano ma non c’è il coinvolgimento diretto del pubblico)
Altri artisti che non vengono nominati da Bouriaud perché più recenti, le cui opere
partono da questo concetto di estetica relazionale:
Marinella Senatore
Artista italiana, ormai conosciuta a livello internazionale. La sua pratica è supportata
da una metodologia, una delle sue opere principali ( le sue sono opere itineranti) si
chiama “school of narrative dance”. È un progetto di scuola che l’artista attiva
insieme ad un team di operatori, che si muove con lei, composto da diverse figure:
performer, psicologi, coreografi, attorei, registi ecc.
L’artista arriva nel luogo e comincia a fare un’analisi dei gruppi di comunità
all’interno del territorio in cui si trova, coinvolgendo poi questi gruppi all’interno dei
suoi progetti. Coinvolge scuole di ballo, di canto ( di varie età) e crea una comunità di
comunità, facendo con loro dei trainer coinvolgendo il suo team. Il risultato di questa
azione è una vera e propria festa/sfilata che si svolge per le strade della città, dove le
persone che partecipano si muovono all’interno dello spazio urbano e vanno a
relazionarsi fra di loro e con il pubblico che assiste a queste parate. Il pubblico oltre
che assistere diventa parte integrante dell’opera, diventano partecipi di questa festa.
Qui il concetto di estetica relazionale di Bouriaud si incarna proprio in una
performance di relazioni dove esiste e sussiste lo stato di incontro fra le persone e
l’artista che è presente e coordina queste parate.
Bianco-Valente
Duo artistico ( Giovanna Bianco e Pino Valente), la loro pratica relazionale, a
differenza della Senatore, consiste nel creare delle opere dove il concetto di
comunità, di relazione, condivisione è il tema fondante. Molte loro opere si traduco in
frasi.
L’opera “nessuno escluso” realizzata a Napoli nel 2020, nella zona costiera che
collega il centro storico alla periferia. Questa rotonda è interpretata dagli artisti
proprio come un luogo di confine tra la città e la periferia. La loro opera è la scritta
“nessuno escluso” mentre la struttura era stata realizzata dal comune perché doveva
sostenere dei manifesti pubblicitari. Gli artisti sono stati chiamati dal comune a
realizzare un intervento che coinvolgesse anche questa struttura già realizzata. La
scritta si vede da entrambe le direzioni. È un invito all’accoglienza, che messo in un
luogo di confine diventa ancora più simbolico, e non si riferisce soltanto al comune di
Napoli ma a tutta la società ad essere più accoglienti.
Quindi qui Il tema della relazione è evocato piuttosto che performato.
“Relational”, 2009, Museo Madre di Napoli, è un opera dove simbolicamente,
attraverso questi cavi luminescenti, va a creare questa sorta di toponomastica, una
sorta di groviglio di strade, in maniera simbolica vanno a rappresentare i rapporti fra
le persone e di come le relazioni e l’incontro tra le persone può essere generativo di
nuovi transiti. Nei punti di incontro delle linee i punti sono rossi. Come se ogni
incrocio fosse un opportunità di scelta.

Irena Haiduk
Artista di origini serbe che ha realizzato nel 2017 in occasione della Documenta di
Kassel il lavoro “Nine hour Delay”. Questo lavoro è abbastanza complesso e
stratificato; la relazione in questo caso la abbiamo tra l’opera e il pubblico che è
invitato a partecipare ad un azione. Ci sono due spazi: uno in cui c’è una passerella su
cui sfilano delle modelle che indossano un particolare tipo di scarpe, che negli anni
80/90 era stato imposto alle operaie della Serbia che lavoravano in una fabbrica.
Secondo il governo serbo queste erano delle scarpe ortopediche che consentivano alle
donne di lavorare per un lungo periodo in piedi. Nello spazio affianco invece c’era
uno spazio di vendita, dove potevi provare i diversi numeri di scarpe e poi
acquistarle. Per acquistare il commesso ti sottoponeva ad un test che consisteva in un
foglio con delle domande a cui rispondere e soprattutto dovevi specificare che lavoro
facevi, quanto guadagnavi e quante ore lavoravi. In base alle tue risposte il commesso
ti diceva il costo delle scarpe, quindi in base alle risposte il costo variava. Una volta
che tu decidevi di comprare queste scarpe dovevi sottoscrivere una sorta di contratto
dove ti impegnavi ad indossare le scarpe soltanto in orario di lavoro.
Vanessa Beecroft
Artista Italiana. Performance realizzate negli anni 90 in cui polemizza sullo stereotipo
della bellezza, sulle modelle estremamente magre, che devono conformarsi ad un tipo
di atteggiamento. Realizza performance in cui enfatizza questi concetti, attraverso
delle modelle che lei veste e rende immobili come delle statue, delle bambole, oppure
le costringe a trascorrere un lungo intervallo di tempo all’interno dello spazio
espositivo, ridicolizzate facendogli indossare la stessa parrucca, slip e calzettoni. In
questo caso il pubblico assiste alla performance da fuori, non c’è un interazione tra
pubblico e le donne, ma c’è un interazione tra le donne performer che ritrovandosi in
questa situazione di ingabbiamento sono portate a relazionarsi l’una all’altra.
Carsten Höller
Realizza opere legate ai giochi, con questa attivazione del display che si crea a partire
dal coinvolgimento del pubblico che di fatto entra nel Dispaly e lo rende vivo, lo
attiva. “Test site” Questo doppio scivolo esposto per la prima volta alla Tate Gallery
di Londra, l’elemento caratterizzante di relazione in quest’opera e in altre sue opere è
la creazione della fila, volutamente coinvolgono il pubblico folto che si mette in fila
per fruire dell’esperienza. La fila è da sempre momento di relazione, lo stare in fila
vuol dire trascorrere una parte del proprio tempo in relazione con le persone che sono
prima e dopo di te, e spesso si instaurano delle conversazioni, in maniera
inconsapevole crei delle situazioni di confronto con l’altro. Fila come stato di
incontro.

Felix Gonzales Torres 07Aprile


• Cubano, nato fine anni ‘50
Anni ‘80/’ 90 si trasferisce a New York dove si sviluppa la sua arte

• Artista che usa simboli ed elementi anche spesso semplici, familiari e


quotidiani che vanno ad interpretare il concetto di doppio, dualità e di coppia,
ma anche amore, vita e morte. Concetti chiave del suo lavoro.
• Quindi il suo lavoro, le sue opere non sono opere definibili di arte partecipata,
non c’è un interazione una relazione tra artista e spettatore, non persone che
svolgono o realizzano delle azioni.
• Il concetto di coppia è espresso mediano degli oggetti, fotografie ed
installazioni. Sue opere sono spesso una traccia di elementi biografici, la sua
attività artistica ruota attorno ad elementi biografici, il suo amore per il suo
compagno Ross morto di AIDS, lui avrà la sua stessa sorte qualche anno dopo.
• Nelle sue opere aspetti della sua relazione e vita così intimi e personali
riescono a diventare poesia(poesia perché un sentimento che parte dall’artista
che può arrivare a toccare delle corde emotive collettive). Il suo stato personale
raggiunge una condizione collettiva, sentimenti che possono raggiungere una
collettività globale.
• Tema dell’AIDS affligge comunità e quindi molto ripreso e trattato da molti
altri artisti, artisti portatori di questa tematica, messaggi che dal particolare
riescono a raggiungere una forma e dei contenuti che possono essere universali
e condivisi, non soltanto dai gay ma sono temi che toccano tutti, anche su un
piano emotivo. A parte il tema dell’AIDS i temi di Felix sono dei temi fluidi,
temi che trascendono ogni esperienza pratica.
• Artista relazionale, ma anche concettuale e le sue forme sono minimali, quindi
è anche un artista minimal, a volte si avvicina ad un estetica Pop, quindi questo
per sottolineare che l’inserimento di artisti in un etichetta, definizione critica a
volte può essere limitante per l’artista.
Es. Portrait of Ross in LA. 1991
Più iconica, ritratto di Ross , Ross muore nel 91, e Felix inizia
una seria di opere che n maniera simbolica rappresentano
rappresenta La figura di Ross. Cumulo di caramelle ha lo stesso peso di Ross. Opere
che si potrebbero chiamare interattive, perché pubblico è chiamato, il cumulo è
disponibile ad essere preso. Caramelle sono un immagine giocosa, ci riportano a
momenti, immagini o ricordi felici, giocosi, nulla di terrificante, ma qui
simbolicamente il cumulo di caramelle è il corpo che perde peso a causa della
malattia. Gioco di prendere una caramella in teoria è sottrarre peso al corpo di Ross
che è destinato a scomparire. Non unica sua opera con concetto di sottrazione.
Es. blue mirror
Opera minimal, una pila di fogli tipo carta millimetrata, possono
essere presi come fossero un invito o un manifesto, segue lo stesso
processo delle caramelle(gesto di sottrazione), foglio di carta
vuoto, bianco.

Accoppiamento e coabitazione
Altro suo tema, concetto di accoppiamento e coabitazione. Tema iniziale è quello
della coppia e della dualità. Suo concetto di coppia non è mai 1 +1 ma parte già da 2,
il singolo è il 2 – 1, l’unità di misura base è il 2, quindi c’è sempre la mancanza, la
perdita. Lui produce la sua arte per Ross, spettatore è secondario. L’idea del duo si
manifesta in molte opere, es. coppia di orologi che segnano lo stesso orario; come
due cuori che hanno lo stesso battito e vanno a ritmo. Es. ciclo di lavori con
lampadine, esposte in vari modi, due file di lampadine, forme semplici ma molto forti
e poetiche, luci che rappresentano la
gioia e la felicità di stare assieme,
quindi la luce per lui è vita, due file
possono essere due corpi che
splendono assieme, Altra opera con
filo di luci aggrovigliate, che si
intrecciano, tema dello stare assieme e
dell’accoppiamento, luminosità e
felicità dello stare assieme. Es.
coabitazione; costruire una vita assieme, condividere la propria quotidianità, per
questo sceglie oggetti d’uso quotidiano e domestici, come gli orologi da cucina.
Questo si vede anche in opere come quella del letto, il loro letto che hanno condiviso
prima che Ross morisse e che rende ben visibile il peso fragile del corpo malato. Foto
del letto esposta su maxischermo pubblicitario a New York per condividere e rendere
collettivo il dramma.
Es. 21 days of bloodwork-steady decline
Polittico con forme geometriche minimali, ritorna il foglio millimetrato, serie di
foglio confezionati con cornice e allestiti su una cornice, fogli tutti uguali con una
linea obliqua dal basso verso l’alto, linea che descrive la conta dei globuli bianchi che
in 21 giorni aumentano vertiginosamente, vuole fare una “statistica” quindi carta
millimetrata. Forme assolute dove la tragicità del fatto la conosciamo soltanto nel
momento in cui conosciamo il pensiero ed il lavoro dell’artista, da un punto formale
queste opere restano minimali, non c’è una volontà di mostrare il dramma in maniera
palese, ma viene mostrato ed enfatizzato con una forte poetica.
Secondo Borriaud questo è l’esempio perfetto di concetto di relazione, la relazione
che sussiste è quella del duo. Duo che non deve essere solo quello di due persone,
anche tra l’opera e il fruitore, l’artista e l’opera,.. stato di incontra tra un duo.

Claire Bishop (critico militante) Inferni artificiali.


Partendo da Borriaud lei se ne distacca, cercando di superare il concetto di estetica
relazionale in favore al concetto di arte partecipata, per lei sono importante due
concetti chiave: arte partecipata e spettatorialità.
• Il concetto di spettatorialità va a definire qual è il ruolo dello spettatore e in
che modo lo spettatore diventa partecipante, attraverso ciò che lei definisce
spettatore come medium e come materiale artistico.
Questo libro è organizzato intorno a una definizione di partecipazione, secondo
la quale le persone costituiscono sia il medium sia il materiale artistico
fondamentale, da intendersi nel senso che hanno nel teatro e nella performance

Differenza tra medium e materiale: il medium è l’atto della


comunicazione, il tramite, lo strumento per trasmettere l’informazione. Il
materiale è la sostanza, è la materia che costruisce la sua fisicità. Lo
spettatore è secondo lei sia medium che materiale artistico, quindi soggetto
attivo.

• Partecipante come medium, implica una comunicazione, una doppia


comunicazione- l’artista deve comunicare al partecipante e il partecipante
come medium dovrà essere in grado, ai fini dell’opera e dei contenuti, il
motivo per cui è lì al pubblico osservante . Questo è l’effetto secondario:
secondo la Bishop è proprio questo effetto secondario che hanno un
risvolto anche politico, quindi un effetto sul reale. L’azione non ha quindi
solo un effetto su coloro che partecipano, ma su un tessuto sociale più ampio.
In parte anche Borriaud pur focalizzandosi su artisti degli anni ‘80, ‘90 si
è interessato alla storia dell’arte e traccia dei precedenti storici es. analisi
storica della prospettiva, ma la Bishop prima di concentrarsi su artisti a
lei contemporanei, fa un analisi sul concetto di partecipazione nella storia
dell’arte, dalle avanguardie storiche(inizio del libro); serate dada o futuriste,
happening, esperienze artistiche e l’attenzione dell’artista hanno al centro
la partecipazione sociale.
Inferni artificiali.
La politica della spettatorialità nell’arte partecipativa è un testo che dà una cornice
storico critica dell'arte partecipativa a partire dalle serate futuriste fino ai giorni
nostri, parlando di progetti che arrivano al 2010 (dal 2000), è un volume uscito nella
sua versione originale nel 2012. (10 anni successivi a Borriaud, che arriva alla fine
degli anni ‘90).
- Riguarda anche la storia dell'arte extraeuropea in quanto comprende
anche il Sud America e l'Argentina in particolare, l'Europa dell'Est con
la Repubblica Ceca e Slovacca e l'ex Unione Sovietica. Anche qui se
Borriaud era rimasto ad analizzare artisti importanti del mondo dell’arte
soprattutto europei ed americani, la Bishop si occupa di progetti in
luoghi marginali o in via di sviluppo che sono stati inseriti per la prima
volta in un discorso critico e teorico e in un analisi approfondita. La sua
opera, di Bishop è anche molto politicizzata, nell’analisi degli artisti e
delle opere che presenta si occupa di collettivi, artisti singoli, progetti
che hanno come esito finale una partecipazione di tipo collettivo, hanno
come scopo una presa di coscienza di dinamiche importanti, sociali che
si stanno sviluppando in quel paese.

- Allontanamento dall’estetica di Borriaud, perché creano delle


opere effimere, delle azioni che si svolgono assieme a delle comunità,
momenti che si svolgono nel qui ed ora e che non si formalizzano in
un’ opera (si hanno foto o documenti), ma restano come eventi
effimeri, che creano invece di opera una consapevolezza e
riflessione. Sono anche molto contestualizzate, il valore di questi
interventi è sempre molto legato al contesto (si torna allo spettatore
come materiale e medium). La dimensione partecipativa pervade la
società e non è certo un'esclusiva del mondo dell'arte, quello che Bishop
fa è dimostrare come questi progetti artistici siano politici perché
riescono ad avere effetti nel reale.
Sono progetti che riescono a proporre delle modalità altre, mettendo in
campo situazioni paradossali, creando cortocircuiti e rilanciando link
con altri ambiti del reale, contribuendo a riflettere e a definire il concetto
di partecipazione e collaborazione.
Poi prende in considerazione anche il pubblico secondario, cioè non solamente colore
che partecipano, ma anche ad uno spettatore secondario che assiste e basta, ma che
percepisce e riflette ugualmente sulla presa di coscienza che il progetto suscita quindi
in tutti.
Claire Bishop fa un'analisi delle prime mostre che hanno avuto luogo nello spazio
pubblico e di quelle più importanti che si sono svolte negli anni '90. Quindi l'autrice
affronta la messa in discussione del concetto di "progettualità" in seguito alla caduta
del muro di Berlino - inteso come progetto politico, sociale ed economico - fino ad
arrivare a ricerche più recenti.
Superamento dell’estetica relazionale di Nicolas Bourriaud:
Ogni artista il cui lavoro rientra nell’ambito dell’estetica relazionale possiede un
universo di forme, una problematica e un percorso che gli appartengono, ma nessuno
stile, tematica o iconografia li accomuna.
Ciò che condividono è ben più determinante, ossia il fatto di operare in seno al
medesimo orizzonte pratico e teorico: la sfera di rapporti interumani.
Tutti ancorano la loro pratica artistica in una PROSSIMITA’: L’opera d’arte negli
anni Novanta trasforma l’osservatore in interlocutore diretto
Gli artisti che operano nel campo dell’estetica relazionale producono spazi-tempo
relazionali, esperienze interpersonali che tentano di liberarsi dalle costrizioni
dell’ideologia della comunicazione di massa.
- Producono luoghi in cui si elaborano modelli di partecipazione sociale
alternativi, momenti di convivialità costruita.
Bourriaud: estetica relazionale, in quanto estetica ha una forma ogni artista fa una
ricerca personale, non c’è un idea che accomuna gli artisti di B. ma è la forma che li
unisce, anche se artisti molto differenti fra di loro. Queste affermazioni e questo
percorso critico che fa B. è da un lato positivo e giusto, ma dall’altra rischia di
mettere assieme artisti totalmente diversi, che potrebbero essere accomunati
erroneamente solamente in relazione all’estetica relazionale -> quando invece
l’eccletticità delle ricerche artistiche oggi come oggi spaziano e quindi sia molto
difficile unire artisti sotto un’unica etichetta es. Cattelan (relazione si percepisce in
alcune delle sue opere, ma incasellarlo in questa etichetta sarebbe limitante).
Bourriaud sostiene che l’arte relazionale ha come orizzonte teorico il «regno delle
interazioni umane e il corrispondente contesto sociale piuttosto che l’affermarsi di
uno spazio simbolico, indipendente e privato». Però se guardiamo gli artisti che
supporta, a prescindere dalle sue opinioni, notiamo che sono meno interessati alle
relazioni intersoggettive e al contesto sociale che alla spettatorialità intesa in senso
più ampio come parte integrante dei sistemi dell’allestimento, della temporalità, della
finzione, del design e dello scenario.
• Bishop analizza il ruolo dell'artista nella sfera sociale e quello del pubblico che
viene invitato ad attivarsi e quindi a "liberarsi" dalla condizione di spettatore
per assumere un ruolo di "partecipante" attivo alla realizzazione dell'opera.

• L'aspetto performativo attraversa un po’ tutto il libro, l'invito al pubblico ad


attivarsi è infatti uno dei suoi temi principali.

• La messa in discussione dei ruoli dell'artista e del pubblico, cioè lo slittamento


dell'autorialità, è l'altro grande tema trattato nel libro.
La messa in discussione dell'autorialità è proprio all'origine dell'arte
partecipativa, in questo libro è presentata attraverso dei casi di studio sulle
effettive modalità attraverso le quali l'artista crea un canale comunicativo sia
con il pubblico che con altri artisti.
➔ L’autorialità passa dell’artista al pubblico, i partecipanti. L’artista è
l’autore, ha l’idea, scegli un posto e scegli che tipo di azione far fare, ma
l’esito dell’incontro resta un punto interrogativo. Questo processo di
partecipazione non è mai sotto il completo controllo dell’artista.
Es. opera di Alfredo Jaar che distribuisce macchine fotografiche usa e
getta agli abitanti di una zona di Caracas, foto che poi verranno esposte
in una mostra, l’artista sta affidando l’autorialità delle sue opere ad altri
e l’esito è incerto.
Es. Annika Eriksson che chiede a persone di comunicare le loro idee e
abilità alla fiera d’arte “Frieze”, non sa cosa diranno, se si presenteranno,
incognite che artisti normalmente non devono mettere in conto, ma in
questo questi fattori spostano il concetto di autorialità sul pubblico
partecipante.

Spesso accade che artisti dopo l’atto partecipativo creino anche oggetti fisici d’arte
per il collezionismo, per collezionisti privato o per musei.
La critica che spesso viene fatto verso questi progetti, è l’atteggiamento da
colonialista; artista che va in questi luoghi, mette in piedi il suo progetto o azione
performativa, assorbe il significato, il contesto e poi se ne va lasciano tutto com’era,
non creando così il così detto effetto secondario della Bishop. L’artista e l’arte non
devono risolvere problemi politici o di vario tipo nel mondo, non deve prendere il
posto dei governi e svolgere il loro lavoro. Il compito dell’arte è quello di accendere
il riflettore su una determinata situazione e offrire una chiave di lettura diversa e
trasmettere un senso di consapevolezza maggiore.
Questo libro riesce a stimolare un dibattito oltre l'Estetica relazionale di Nicolas
Bourriaud che ha dominato a livello di riferimenti teorici saggi, temi e interventi dei
convegni, anche un po’ le produzioni e le opere degli artisti.
è interessante che Bishop riesce a non chiudere le definizioni, a non proporre una
soluzione, ma a tenere invece gli argomenti aperti in modo che possano servire a un
dibattito politico per storici, per critici e anche per artisti.
Pratica di artisti di questo tipo divise in due: casi in cui artisti svolgono azioni di
buona pratica o azioni negative.
1. Fare delle azioni di buona pratica vuol dire rendere partecipe delle comunità
in azioni positive per il loro contesto sociale, per migliorare una condizione
negativa. (coinvolgere in azioni positive e creative bambini in situazioni difficili,
criminali).
2. Artista agisce secondo la logica di negativo + negativo si annulla (= positivo) ,
insistendo su una negatività. Es. Vanessa Beecroft per polemizzare la stereotipazione
del corpo della donna attraverso copri di modelle, donne oggetto che quindi
attraverso una doppia negazione la annulla.
La Performance per delega: l’autenticità in appalto
L’atto di ingaggiare non professionisti o specialisti di altri campi per intraprendere un
lavoro che comprenda la presenza e l’azione in un tempo e in un luogo particolari per
conto dell’artista e sulla base delle sue istruzioni. Non è più il corpo dell’artista al
centro, l’artista diventa regista.
Questo tipo di performance che si sviluppa negli anni ‘90 differisce dalle azioni della
body art degli anni ‘60 e ‘70 poiché in queste ultime il corpo dal vivo dell’artista era
il medium e il materiale dell’opera. In questi anni gli artisti cercano di smaterializzare
le loro opere usando quindi il corpo, come forma e contenuto dell’arte (corpo diventa
materia artistica).Per sfuggire ad un mercato desideroso di opere per il collezionismo
e quindi alla vendita. Questo è anche il periodo che delle agitazioni politiche,
contestazioni studentesche, emancipazione femminile, acquisizione di diritti sociali.
Questi fattori portano molti artisti, soprattutto donne, a lavorare col proprio corpo per
veicolare i propri messaggi artistici, Sfidando i limiti del proprio corpo.
Come le performance degli anni ’60 erano contestualizzate e tematizzate, anche negli
anni ’80 ed oggi sono, come afferma Borriaud delle bolle, dei momenti che spiazzano
all’interno di una condizione quotidiana. Sono azioni che se negli anni ’60 nascevano
come protesta contro il sistema dell’arte, le performance per delega degli anni ’90
sono perfettamente inserite nel sistema, hanno un mercato, output concreti e pronti
per essere venduti, perfettamente istituzionalizzate, spesso avvengono proprio nei
luoghi istituzionali come fiere, musei…

Adesso il senso dell’opera performativa si associa maggiormente al corpo collettivo e


non più al singolo artista/performer.

1. tipologia di performance per delega: azioni appaltate a non professionisti, cui


viene chiesto di mettere in scena, spesso in una galleria o in una mostra, un
azione(come fossero attori), un aspetto della loro identità.
Es.Michael Elmgreen and Ingar Dragset: Reg(u)arding The
Guards , 2005, live installation, dimensions variable; 2006
nella galleria
Ingaggiando dei guardiani, seduti che controllavano lo
spazio espositivo, quindi il nulla. Non delle vere guardie ma
vestiti così.
Es. Opera per delega di Cattelan
Si tratta di una scultura sociale, performance
cinica, inserita dentro il sistema sociale in
tempo reale di un campionato di calcio.
Ragazzi di colore ingaggiati come calciatori.
Cinica perché C. vuole mostrare il cambiamento nell’atteggiamento delle persone che
vengono in contatto con questi fasi calciatori che agli occhi di queste persone e della
società non sono più migranti, ma calciatori. Quindi è cambiato il loro ruolo
all’interno della società.

2. tipologia di performance per delega: uso di professionisti da altre sfere di


competenza le cui doti sono incorporate nella performance come un ready-made.
Professionisti che vengono chiamati a performare il proprio lavoro, ciò che fanno
nella vita.
Es. Tania Bruguera, Tatlin's Whisper #5 2008
Alla Tate Gallery di Londra, vere guardie a
cavallo che muovendosi nello spazio
espositivo disciplinano la folla, dando ordine.
Fine a se stesso perché in un contesto che non
ha bisogno di questo.

Es.Santiago Sierra, 250cm Line Tattooed on


Six Paid People, 1999. Havana, Cuba
Sue opere spesso politiche e crude, spesso
performance per delega ingaggiando persone
per dimostrare ciò che sono e non inscenare
una realtà diversa.
Qui lavoratori cubani, (sfruttamento del
lavoro a cuba ricorrente nei lavori di Sierra),
che vengono tatuati dall’artista in cambio di
soldi, viene tatuata una riga sulla schiena che ricorda le frustate, ferite degli
schiavi costretti a lavorare in condizioni degradanti. Negazione della negazione
per sottolineare un dramma attraverso un ulteriore dramma, l’artista non agisce sul
proprio corpo(es.Abramovic), ma sul corpo di altri con questa ferita e attraverso
una contrattazione, perché pagati. Immortalando questa condizione di schiavitù.
Ragazzi tatuati col capo piegato, posizione di sottomissione.

Es. Tino Sehgal


Artista molto rigido, per l’esposizione e
la vendita delle sue opere, non fa la
performance per poi vendere foto o
video, ma se un museo o un collezionista
vuole la sua opere deve comprare il
progetto e in caso riattivare la
performance seguendo le regole del
progetto. Lui parla di situazioni e non p.
Interpreti e non attori o performer, lui
non è mai presente, solo interpreti e pubblico. Interpreti professionisti-Situazioni
no performance.
-Interpreti no attori
-Coinvolgimento dello spettatore e assenza dell’artista
-Gli interpreti sono degli specialisti in vari campi che dialogano fra loro o con il
pubblico (economisti, filosofi, esperti del linguaggio etc) che interpretano se
stessi, a volte non ci si rende nemmeno conto che è una sua p. interpreti sono se
stessi, si possono avvicinare a te e iniziare una conversazione o fare una domanda.
Situazioni stranianti perché p. si camuffa all’interno dello spazio espositivo.

3. tipologia di performance per delega: comprende situazioni costruite per la


realizzazione di video, film, foto e documentazione video. Le immagini registrate
sono cruciali dal momento che questo genere di performance per delega cattura
situazioni che sono troppo difficili o troppo delicate da reiterate. P. private, non
c’è pubblico. P. non per il pubblico.
In questo caso la documentazione è parte integrante dell’opera e gli attori mettono
in scena se stessi. Possono coinvolgere professionisti e non professionisti.
Es. Phil Collins. they shoot horses, 2004
Opera è un video multicanale, prodotto di un
azione performativa di ragazzi palestinesi messi sul
sett su sfondo pop, sono rimasti per ore(8/9) con
musica pop americana, dovevano ballare. Film
racconta di queste ore, momenti in cui si divertono o
non ce la fanno più. Sottolineare una contraddizione
facendo ballare palestinesi musica pop americana,
culture dominanti che inghiottono identità di singoli
popoli. Costruito, non genuino.

Es. Jeremy Deller, Acid Brass (ottoni acidi)


Banda cittadina, professionisti, solitamente musica
tradizionale, in questo caso suonano musica
tecno…diverso da ciò che si aspetterebbe. Sia in strada,
pubblico, ma finalizzata per un CD che è l’opera
effettiva che viene messo nei museo e esposto come
oggetto.

Le performance per delega in tutte le sue varianti contemporanee (dall’installazione


dal vivo alle situazioni costruite e filmate) differisce per una serie di motivi dalla
tradizionale performance degli anni ’60 (p. doveva essere nel qui ed ora).
La performance art contemporanea non privilegia necessariamente il momento dal
vivo e il corpo dell’artista ma si impegna, invece, in numerose strategie di
mediazione che includono la delega, la riproduzione e la ripetizione.
Le la body art negli anni’ 60 era prodotta a basso costo e in poco tempo (il corpo
dell’artista era il materiale a disposizione più economico) la performance per delega
di oggi tende invece per contrasto a essere un gioco di lusso. (anni 90 costi, hanno
bisogno di un budget,)
Essa infatti ebbe luogo per la prima volta in occidente, nelle Fiere di arte
contemporanea e nelle Biennali. Infatti tale tipo di azione viene chiamata «art fair
art/arte da fiera d’arte» per designare un modello di performance in cui il contesto
spettacolare ed economico della fiera è essenziale al significato dell’opera.
Es. Elmgreen & Dragset, „The Well Fair“, 2005
Classico stand di una fiera, sottolineano il fatto che la
performance è diventata oggetto di fiere. Due persone
nello stand che aspettano collezionista per vendere.

Laddove una volta la performance art cercava di


rompere con il mercato dell’arte smaterializzando l’opera in eventi effimeri (la body
art degli anni ‘60), oggi la smaterializzazione e le testimonianze sono diventate una
delle forme più efficaci di battage pubblicitario. Oggi se un artista fa una
performance in una fiera se ne parla, suscita commenti e attenzione, diventa un
momento di attenzione in un contesto come quello di una fiera che è già un momento
di attenzione, vuol dire anche farsi pubblicità.
La Performance suscita l’attenzione dei media, che a loro volta intensificano il
capitale simbolico dell’evento.

Brian O’Doherty, Inside the White Cube 13 Aprille

Inside the White Cube. L’ideologia dello spazio espositivo (traduzione italiana di I.
Inserra e M. Mancini, Johan and Levi editore, Milano 2012, pp. 146, € 20). Lui non è
un critico d’arte ma un artista, ma occupa anche un ruolo nella critica dato che fin
dagli anni ’70 scrive e pubblica articoli sulla rivista Arforum delle sue considerazioni
teoriche.(Rivista su cui aveva scritto anche la Krauss) Una delle riviste più
importante sulla critica.

Questo volume raccoglie e traduce per la prima volta in italiano i saggi pubblicati
dall’artista irlandese sulla rivista Art forum a partire dal 1976.
Lui analizza il concetto del white cube.
Persone che frequentano gallerie, musei moderni sono abituati a vedere e fruire opere
d’arte contemporaneamente all’interno del white cube, cioè la stanza bianca e vuota e
vedono questo come spazio o luogo espositivo miglio per le opere.
Oggi non solamente l’arte contemporaneamente viene esposta in spazi come questi,
anche alti musei es. d’arte antica vengono sempre più organizzati secondo le regole
del white cube.
Il white cube è lo spazio espositivo per le opere d’arte contemporanea
affermatosi negli anni cinquanta negli Stati Uniti e, a seguire, nel resto
dell’emisfero occidentale.
Relazione tra opera d’arte contemporanea e spazio, relazione su cui hanno riflettuto
molto gli artisti, non è solo una relazione spaziale di allestimento dell’opera
(proporzioni architettoniche), ma questa relazione influisce anche sui contenuti
dell’opera.
Vengono realizzate opere chiamate site specific o content specific che hanno una
relazione con lo spazio sia dal punto di vista architettonico formale che dei contenuti,
lo spazio che la contiene contribuisce a costruire significati e contenuto all’opera
stessa.
Queste relazioni hanno origine nella postmodernità, a partire dagli anni ‘60/ ’70.
• Brian O’Doherty ripercorre le tipologie diverse di un’unica vicenda, quella che
porta alla definizione modernista dello spazio bianco e ipertecnologico delle
gallerie espositive, dove i legami effimeri di temporalità e località vengono
aboliti a favore di un’idea platonica di assolutezza che astrae dalla vita e si
proietta nell’eternità.

• Lui si afferma soprattutto dagli anni ’50 e ’60 negli USA, per poi coinvolgere
anche l’occidente, EU.

• In questo libro fa esempi di vicende che hanno formato il concetto di spazio


espositivo fino alla definizione del white cube. Fino a capire quali sono gli
elementi materiali e immateriali, tangibili e intangibili che hanno portato alla
costruzione di uno spazio espositivo come il white cube.
Lui afferma che il white cube nasce dalla crisi di un
modello espositivo precedente, che è quello della
quadreria, cioè il modo in cui venivano esposte le
opere, concetto per il quale le stanze venivano
totalmente invase e i musi ricoperti da opere. I muri
avevano vari fasci(piccoli in basso, più importanti al
centro) e si sentiva come invasi all’interno di questo
luogo. Occhio dello spettatore era invaso e indirizzato
alla moltitudine piuttosto che all’osservazione di una
singola opera. (visione contaminata e mai focalizzata).
Il white cube nasce dalla crisi di quel modello espositivo che irritava un Paul Valéry
già nel 1923. Riportando la visita di un museo, probabilmente il Louvre, descrive il
suo “sacro orrore” davanti al “disordine organizzato” e alla “vicinanza di visioni
morte”. Mentre “l’orecchio non potrebbe sopportare di ascoltare dieci orchestre allo
stesso tempo”, l’occhio al contrario “si trova obbligato ad accogliere un ritratto e una
marina, una cucina e un trionfo, personaggi nelle condizioni e dalle dimensioni più
disparate”.
La sua sensibilità è pienamente modernista: bisogna spaziare tra loro le opere,
restituirgli quell’unicità e quell’isolamento non garantito dall’accumulazione e
dall’ambizione enciclopedica di Salon e musei.
Stanze a tema ( nature morte, paesaggi,..), senza discriminazione tra epoche o artisti,
moltitudine senza filologico o cronologico.

Ma cos’è esattamente il white cube?


Un set di elementi ricorrenti dello spazio espositivo, anzi di leggi rigorose “come
quelle che presiedevano all’edificazione di una chiesa medievale” o la stanza del
tesoro in una piramide. White cube deve avere delle specificità architettoniche,
questo concetto appartiene alla storia degli stili architettonici, nei quali noi troviamo
degli elementi ricorrenti in ogni stile diverso, tra cui anche il white cube.

Elementi ricorrenti di questo spazio espositivo:


• una stanza regolare (cubo) con le finestre sigillate, i muri dipinti di bianco, il
pavimento tirato a lucido, ogni oggetto d’arredamento espulso, fatta eccezione
per il bancone d’ingresso, sempre più mimetizzato. L’idea è di L’illuminazione
dall’alto è regolata in modo da creare un ambiente omogeneo e senza ombre
che trasfigura le pareti bianche con un leggero tremolio della luce, visione che
può mettere in ombra degli spazi. Effetto di separazione dall’esterno.

• Un hortus conclusus igienico, isolato e immutabile, segregato rispetto alla


realtà esterna e anelante all’eternità della forma pura. Come fosse un altro
contesto spazio temporale basato anche sul concetto di eterno e puro.

• Le opere esposte, non protette ma tacitamente intoccabili(l’osservato si rende


conto da solo che non si possono toccare), non interferiscono tra di loro, non
recintate. Per O’Doherty entrare in una spazio come il white cube, vuole dire
assumere un certo atteggiamento, non toccare le opere, stare in silenzio, questo
sottolinea l’effetto di questo spazio che ci trasporta al di fuori del caos della
città dalla realtà. L’elemento caratterizzante W.C. è questo, che attraverso una
serie di condizioni tangibili: pareti bianche…questa condizioni e stato di cose
architettoniche condiziona l’atteggiamento del fruitore, come avviene nei
luoghi sacri e di culto.(effetto e sensazione di soggezione, rispetto)
Il visitatore, pensato al singolare, è indotto ad assumere un atteggiamento
raccolto, quasi di costrizione, a mantenere quel silenzio artificiale lontano dalla
congerie metropolitana.
Il white cube è la quintessenza della modernità, delle possibilità espositive
degli anni ’50 , O’Doherty vede il W.C. soprattutto per esporre l’arte minimal.
Il bianco assoluto delle pareti, l’azzeramento di ogni
elemento di connessione, percettiva o funzionale, con la
realtà esterna, minimizzano la dimensione commerciale
enfatizzando, viceversa, il richiamo sotteso ai luoghi di
culto, chiese, piramidi o celle monacali.
Paradossalmente il white cube ci assicura che ciò che
stiamo osservando sfiderà i tempi, le mode, si rivelerà pertanto anche un buon
investimento monetario.
Es. Installation view Frank Stella 1964. Leo Castelli
gallery, New York
Opere minimal, allestimento in uno spazio bianco.
Es.William Anastasi, Main Gallery. West Wall, Dwan
Gallery, 1967

• Il white cube è il “grado zero dello spazio” che “trasforma senza essere
sottoposto al cambiamento”.
• Segna il momento in cui la galleria passa “da contenitore di oggetti a oggetto in
sé”. Un salto cui contribuiscono, secondo O’Doherty, tre elementi: la parete, il
pavimento e il collage.
- Il primo comporta l’eliminazione della cornice;
- il secondo l’eliminazione del piedistallo;
- il terzo l’eliminazione della profondità del piano pittorico.
Decisivo il ruolo del collage. Il collage s’identifica con
quella fase in cui “i molteplici punti di fuga del dipinto
cubista si riversano nella stanza con l’osservatore”, in cui il
piano pittorico bidimensionale esplode invadendo lo spazio
reale: “Lo spazio non è solo il luogo in cui avvengono le
cose: sono le cose a far nascere lo spazio [...] Se il piano
della tela definiva la parete, il collage inizia a definire
l’intero spazio”.
Merce fra le merci, l’arte, pur sempre espressione del particolare fenomenico, ha
dovuto accaparrarsi fette ingombranti di valore assoluto; alla desacralizzazione del
mondo ha risposto con la sacralizzazione di sé.
Se ogni elemento che intralcia la contemplazione estetica va soppresso, si ha presto
l’impressione che ad essere di troppo è la nostra stessa presenza. Per evolvere in
questo spazio autonomo consacrato all’Arte dovremmo insomma annientarci, liberare
lo sguardo da quello scarto organico, da quel “manichino cinestetico” che è il nostro
corpo.
Eppure la situazione che oggi appare uno standard consolidato e inscalfibile proprio
perché si è innervata in un punto nevralgico del sistema artistico, ha una storia fatta di
grandi deviazioni e tentativi di eversione.
Marcel Duchamp, 1200 sacchi di carbone, International
exhibition of surrealism, new york, 1938

Duchamp, Mile of String


Childhood, Work and Play, First
Papers of Surrealism,
New York, 1942

Kurt Schwitters, Merzbau 1933


O’Doherty una volta tratteggiato il modello del white cube, non fa che insistere sulle
eccezioni – le vicissitudini dello Spettatore –, consapevole che queste eccezioni
puntellano la storia degli spazi espositivi sin dagli anni venti.
Allan Kaprow

Inside the White Cube racconta l’emergere della figura


dello Spettatore o il modo in cui l’Occhio ha preso
coscienza del corpo in cui è installato, diventando insofferente alla cornice dell’opera
d’arte, al confinamento dell’esperienza estetica.

Studio e galleria. Il rapporto fra il luogo in cui l’arte si crea e lo spazio in cui viene
esposta.
L’artista seicentesco Vermeer si mette in scena, di spalle, invitando a identificarsi con
il suo sguardo, con il suo vedere, entro la rassicurante cornice del dipinto da
cavalletto, all’interno di un microcosmo pieno di particolarità, per quanto veniamo
sempre tenuti a debita distanza.
Bacon e Rothko ci immettono nel pieno e nel vuoto della loro creazione, chiedendoci
innanzitutto di essere spettatori del gesto, capaci di vivere il loro spazio a misura
assoluta del mondo, anche se disagevole.

Francis Bacon
Mark Rothko, studio
• Lo spazio si è dilatato nell’arte contemporanea fino a coincidere con il luogo
fisico tout court (studio d’artista, installazione, museo, galleria).

La galleria diventa una propaggine dello studio, che il luogo d’esposizione e il luogo
di produzione si sovrappongono.
“il contesto come contenuto”
Guggenheim di Bilbao progettato da Frank Gehry

Museo MAXXI di Roma progettato da


Zaha Hadid

Relazione tra arte e spazio; analisi del concetto di contesto che diventa a tutti gli
effetti contenuto, che appartiene sia al contesto stesso, ma anche all’arte ovvero il
contesto che contribuisce a creare contenuto dell’arte stessa.
• Concetto di W.C. che si sta allargando nel testo, rientra anche il contesto inteso
come museo, luogo istituzionale e tradizionalmente deputato all’arte.
All’interno di questa tematica, negli ultimi anni si è discusso molto in termini
di museologia, anche Claire Bishop se ne occupa in un testo “museologia
radicale” che tratta i nuovi approcci espositivi in un contesto contemporaneo.
• Riguardo al macro tempa di come il museo accoglie e recepisce le opere e
come l’artista deve approcciarsi all’istituzione museale. Questo tema si
intreccia ai nuovi modi in cui vengono costruiti architettonicamente i musei
d’arte contemporanea

• Es. questo si è anche notate alla mostra “All” di Cattelan al Guggenheim di


New York. Ovvero, come questi musei, nuove costruzioni di musei (non spazi
storici) soprattutto d’arte contemp., destinata ad accogliere arte, siano in primis
contenuti prima che contenitori. Esempi ne sono infatti il museo Guggenheim
di Bilbao, il MAXXI di Roma.

• Costruiti dai cosiddetti Archistar, architetti e figure così famose e importanti


non solo nel mondo dell’architettura, ma anche dell’arte, il cui nome è così
forte che si riversa nei progetti, in queste strutture architettoniche
particolarmente complesse e sofisticate che hanno un identità e
caratterizzazione così forte che risultano respingenti nei confronti delle opere
d’arte, quindi risulta difficile accogliere opere d’arte con i loro significati e
contenuti.
• Problema; perché in realtà il museo dovrebbe essere un contenitore di oggetti,
ma è invece contenuto perché ha dei significati lui stesso e un identità troppo
forte, che basta a se stessa e non ha bisogno di essere riempito di altri
significati. Questi musei spesso creano delle problematiche agli artisti, ai
curatori e direttori, perché allestire delle mostre in questi spazi, è sempre una
sfida e spesso a rimetterci è proprio l’arte che ci viene inserita.
• A differenza del principio del White Cube l’arte viene qui mortificata,
mangiata dallo spazio. L’opera non riesce a sovrastare uno spazio così, di per
sé già troppo carico. I musei citati potrebbero assomigliare al White Cube, ma
in realtà sono esattamente l’opposto. Se il W.C. è razionalità, assolutezza,
neutro assoluto, questi sono il contrario.
• È una sfida che non tutti gli artisti vogliono affrontare, alcuni si rifiutano di
esporre o fanno finto di ignorare lo spazio, annullandolo, oppure
assecondando l’opera al contesto espositivo, concependo anche l’opera a
partire dallo spazio che si ha a disposizione. Questa terza opzione, ovvero
quella di modellare il progetto e l’opera a seconda dello spazio è quella che
lavora di più verso un’arte “site specific”, cioè al concetto di specificità, dove il
contesto espositivo assume anche il ruolo di contenuto, che non è più
respingente verso l’arte, ma che anzi l’arte accoglie il contenuto del luogo che
la ospita, conformandosi a quel contesto, quindi ragionando alla specificità del
sito. Processo che nel contemporaneo è vivissimo, opere appositamente
concepite per uno spazio hanno questo elemento che da maggiore valore
all’opera.
• Opere site specific consolidano il legame tra studio dell’artista e lo spazio
espositivo, spesso artisti realizzano le loro opere site specific nel luogo
dell’esposizione e quindi questi sue luoghi si annullano.
• Metodologia di lavoro molto utilizzata nell’arte contemp. su cui anche la
critica si sofferma, parla in termini positivi se fatto in modo adeguate, sennò è
come per le opere partecipative nelle quali un artista sfrutta solamente un
contesto sociale o un territorio per i suoi fini. Ma anche per installazioni, una
scultura e performance…la site specificità, la specificità del luogo non sia
concreta e reale.

“Dentro la scultura verso l’installazione” (Libro della Vettese pagina 71)


Il concetto di site specific e di luogo come contenuto ci porta al discorso
dell’installazione. È difficile trovare il concetto di scultura site specific nell’arte
contemporanea. Concetto di installazione è di una scultura che esplode e scoppia in
uno spazio. Possiamo parlare di scultura che scoppia nello spazio perché ci sono stati
teorici come R. Krauss che hanno parlato di scultura in un campo allargato.
Relazione tra arte e spazio fa nascere, genera anche il passaggio dal concetto di
scultura al concetto di installazione.
La Vettese affronta il passaggio da scultura a installazione, in modo storico,
soprattutto in ambito italiano questo passaggio. In che momento gli artisti non hanno
più ragionato in un concetto di scultura chiusa, come forma chiusa, ma come
installazione che dialoga con lo spazio. A partire anche dai materiali che utilizzano, e
la Vettese riconosce questo cambiamento negli artisti e nelle opere dell’arte povera.
Arte Povera definita dal critico genovese, Germano Celant, alla fine degli anni ’60 su
Flash Art, saggio “Appunti per una guerriglia” con il quale definisce cos’è e le radici
dell’arte povera e gli artisti che ne fanno parte. (Radici dell’arte povera: Celant
ritrova il concetto del teatro povero di Grotowski, teatro fluido, mobile, senza netta
separazione del pubblico dagli attori, racconto solo abbozzato, resto del racconto
interpretato dagli attori). Secondo la Vettese il fatto che l’arte povera si ispirava
anche al teatro così inteso e la tipologia di opere che realizzano i poveristi
contribuisce ad allargare il concetto di scultura verso l’installazione. Artisti poveristi
primi ad aver dato una definizione al concetto di installazione. Opere che partono da
una riflessione e giustapposizione di media, spazio, oggetti. Poveristi non sono gli
unici ma la Vettese lo vede chiaramente nelle loro opere.

Giulio Paolini, Delfo, 1965

Venere degli stracci, Michelangelo Pistoletto, 1967


Faccia a faccia tra antico e moderno, tra simboli
classici eterni e il caos della modernità, stracci, che
ingloba, mangia il simbolo.

Giuseppe Penone, Le patate, 1977


parti anatomiche del suo viso che si camuffano tra
patate, colore del bronzo si mimetizza

Mario Merz
Nascita, vita e crescita degli organismi viventi, spirale
di Fibonacci come crescita. Installazione e relazione
con lo spazio anche legato all’energia, natura come
fonte da dove vedere questi processi che sono energia,
natura è simbolo di energia, vitalità
Jannis Kounellis, Cavalli 1969, Galleria L’attico,
Roma. Installazione con cavalli vivi, evidente concetto
di arte-spazio, contesto come contenuto e specificità
sono ben presenti

Critico d’arte che ha indagato anche recentemente la relazione tra arte, spazio e
architettura è Hal Foster qualche anno fa scrisse il libro “Il complesso arte
architettura” . Una parte in cui analizza architetti che si sono relazionati con
l’arte(Zaha Hadid, Gehry, Foster…Archistar) che hanno lavorato al limite tra
l’architettura e l’arte, seconda parte artisti che si sono relazionati con lo spazio,
creando opere a partire dalla relazione con lo spazio (Dan Flavin, Richard Serra).
Analizza Richard Serra tra i più radicali che hanno lavorato con la relazione tra arte
e spazio, Anche in interviste Serra afferma che le sue opere non possono essere
spostate, nascono per quel posto, tolte dal loro contesto perdono significato. ES.
“snake” R. Serra Guggenheim di Bilbao, inserita nel museo prima che fosse
completato a causa della grandezza.
Richard Serra, Tilted Arc, Federal Plaza, New York 1981-1989
Opera site specific per la piazza, committenza
pubblica su suolo pubblico, finanziamenti pubblici,
intervento minimale, forme minimali di queste lastre
in ferro…nonostante siano minimali sono site specific
ovvero le loro dimensioni e forme sono frutto di uno
studio e riflessione attenta dello spazio che le circonda
e contiene. Studio di forme, misure, distanze a
architettura. Opera non accettata dalla comunità, è un
rischio dello spazio pubblico, opera che viene rigettata
dalla comunità, nel ’89 opera viene rimossa, al suo
posto panchine che fanno vivere in modo più attivo la
piazza. Entra in gioco il concetto e l’importanza del
monumento, il ruolo del monumento nella
contemporaneità,(concetto tradizionale di monumento:
opera con forme più o meno tradizionali che deve
celebrare o una personalità o un evento. Sempre per un fatto positivo. Simbolo
celebrativo ad una vittoria. Anche se per un singolo esprime valori collettivi, identità
collettiva, nazionale).
Opera di Serra nella piazza non ha un valore di monumento è volutamente un
DEMONUMENTO, non rappresentativo di un’identità, un orgoglio collettivo e
nazionale, questo genera la critica, artista contemporaneo agisce con intenti non
monumentali. Entra in crisi il meccanismo del monumento.

27 Aprile

Sistema dell’arte contemporanea

basandoci sul testo “Il sistema dell’arte contemporanea” di Francesco Poli

È stato il critico Lawrence Alloway il primo a usare l’espressione sistema dell’arte in


un saggio su Art forum nel 1972, per spiegare i meccanismi con i quali un potenziale
artista entra a far parte o viene respinto dal mondo dell’arte, mentre di mondo
dell’arte hanno parlato George Dickie e Pierre Bourdieu, rispettivamente nel 1975 e
nel 1976, concentrandosi di più sull’aspetto sociopolitico. Il filosofo Arthur C. Danto
aveva avanzato un concetto simile già nel 1964, nel saggio The Artworld

Per capire le leggi interne del sistema dell’arte non basta leggere il libro di Poli ma
bisogna viverlo. Se non si frequentano le grandi gallerie d’arte contemporanea, se
non si è visitata una manifestazione d’arte contemporanea importante come la
Biennale di Venezia o non è mai vista una fiera o un’asta è difficile coglierne tutte le
dinamiche e tutti gli aspetti del sistema.
- Per comprendere affondo il sistema d’arte contemp. bisogna da una parte studiarlo e
dall’altra frequentarlo, soltanto attraverso lo studio, l’analisi e la critica, ma al
contempo la visione e frequentazione dal vero si possono capire tutte le situazioni e
dinamiche.
Il sistema dell’arte ha due anime: una materiale una immateriale
Quella materiale è il Mercato dell’arte cotemp.
Quella immateriale o culturale è relativa ai valori culturali che vengono messi in
campo, quindi il valore artistico culturale di un artista o/e di un opera d’arte.
Queste due sfere sono fuse tra di loro, l’una influenza l’altra.

Quali sono gli attori del sistema dell’arte contemporanea? (tutti hanno differenti
livelli)
• Artisti
• Critici (attività di scrittura e analisi)
• Curatori (attività di produzione di esposizioni)
• Musei pubblici
• Istituzioni private (Fondazioni)
• Gallerie
• Fiere
• Aste
• Editoria (libri, riviste e cataloghi)
• Riviste specializzate
• Comunicazione(uffici stampa specializzati)
• Grandi manifestazioni internazionali(Biennali, Manifesta,
Documenta,....)
• Accademie
La “mappa” del Sistema dell’Arte (Fonte: A. Zorloni)

• Il sistema dell’arte nasce, ha origine tra la fine del ‘800 e gli inizi del ‘900.
In questo periodo la figura dell’artista cambia, non essendo più a servizio delle
corti gli artisti espongono ai Salon o nelle fieri espositive che nascono in quegli
anni, così si iniziano a strutturare logiche che sono a metà tra il valore artistico
delle opere ed il mercato.
Durand Ruel: primo gallerista moderno, primo ad investire in arte
emergente, a quell’epoca impressionisti. Crea una sua rivista su cui invita
critici a scrivere su artisti che poi invita nella sua galleria.
Sistema dell’arte nasce nel momento in cui artista diventa libero professionista
e ha bisogno di vivere del proprio lavoro e quindi vendere le proprie opere.
Così fin dall’inizio il valore artistico culturale delle opere e quello economico
sono strettamente connessi.

• Nascita e sviluppo del sistema dell’arte contemporanea: i Salons ufficiali


I nuovi mercanti: Durand-Ruel, Vollard, Kahnweiler, Duveen
Gli elementi per i quali Ruel può essere considerato un innovatore sono:

a) L’interesse per la valorizzazione di una nuova pittura che non aveva ancora
Mercato (impressionismo).
b) L’accumulazione di opere in magazzino degli artisti da lui seguiti. Questo gli
consentiva di avere il monopolio e imporre le quotazioni e la stipulazione di
contratti con i suoi artisti (anche se solo tramite accordi orali).
c) L’organizzazione di mostre collettive nelle sue gallerie. Dal 1883 organizzò
anche mostre personali, cosa che era un’assoluta novità.
d) L’apertura di gallerie all’estero e l’organizzazione di mostre anche in altri
spazi espositivi diversi da Parigi, come Londra, Bruxelles, Rotterdam e
Boston.
e) La valorizzazione critica della nuova arte attraverso la fondazione di riviste,
in particolare Revue International de l’Art et de Curiosité (1890) e l’Art dansles deux
mondes (1891)

GALLERIE
-Differenti livelli (qualitativo, valori già riconosciuti o nuovi valori)
-Primo e secondo mercato
-Gallerie per mostre a pagamento e sfruttamento di artisti dilettanti
-Gallerie di importanza minore
-Il mercato dei valori consolidati: le grandi gallerie a livello nazionale e
internazionale
-Il mercato internazionale delle nuove tendenze. I mercanti innovatori

Gallerie private che hanno come obiettivo principale la compravendita delle opere.
Esistono vari livelli del sistema dell’arte e quindi ci sono anche vari tipologie, livelli
di gallerie:
Galleria non galleria(livello 0): spazi espositivi che chiede agli artisti di esporre sotto
pagamento, bisogna pagare per esporre. Molto sbagliato, gli artisti devono essere
pagati non viceversa. Il gallerista essendo imprenditore deve investire lui soldi per la
mostra dell’artista, si deve occupare lui delle spese di pubblicità, chiamare la
stampa…spese che poi gli rientreranno dopo la vendita delle opere (se tutto va bene).
Così un gallerista da valore al lavoro dell’artista. Ma se paga un artista vuole dire che
nessuno sta investendo su di lui e questo fa perdere valore, non da valore
all’esposizione, opere e all’artista. Anche pagare per una critica in un catalogo per
esempio non va bene.

Gallerie di ricerca, d’arte emergente(livello 1; 1. mercato ):Galleristi o galleristi che


chiedono a critici di trovare, scoprire (fare scouting) nuovi artisti (negli studi o nelle
accademie per es.) per farli entrare nella loro scuderia. Così trova artisti su cui
investire, sennò un artista deve trovare da sé una galleria di ricerca a cui proporsi
portando il proprio portfolio. Si trovano anche nelle fiere. Dopo aver trovato 2, 3,10
artisti per la sua scuderia organizzerà un programma: nell’arco di un anno per es. 3/4
mostre personali dedicate a quegli artisti.
Queste sono le gallerie del 1. Mercato: mercato di opere inedite mai state vendute
prima.

2. Mercato: mercato della rivendita, soprattutto le aste.

Gallerista non deve solo esporre le opere, ma si deve anche occupare della parte
comunicativa, molto imp. è qui il comunicato stampa. Testo nel quale si scrivono le
info più importanti della mostra e una spiegazione sintetica, descrizione del progetto.
Testo poi spedito alla stampa (stampa locale e nazionale, stampa specializzata,..).
Comunicato stampa anche inviato a collezionisti o pubblico attraverso i contatti della
galleria. Quindi è il primo documento per comunicare l’inaugurazione di una mostra.
Poi anche utilizzato come foglio di sala, pubblico che lo legge vedendo la mostra.
Può essere scritto e poi divulgato dalla galleria o da uffici stampa specializzati in arte.
Obiettivo: far scrivere della mostra,...più recensioni e articoli vengono scritti sulla
mostra e meglio è.
Obiettivi della mostra sono 2: vendere a collezionisti che vengono a vedere la mostra
e che poi forse comprano delle opere, e attirare l’attenzione di curatori, critici,
curatori e direttori di musei e di fondazioni che potrebbero accrescere il valore
culturale dell’opera, personaggi che potrebbero iniziare l’artista a mostre o eventi
successivi e così accrescere le proprie conoscenze e così i propri contatti della rete
dell’arte.
Gallerie sperimentali, che fanno primo mercato, oltre a vendere nella propria sede,
vendono anche nelle fiere (miarte, artissima, artefiera,artverona...).

Nelle fiere non possono partecipare i singoli artisti, ma sono le gallerie che
partecipano con la loro scuderia.

FIERE
Ci sono anche vari livelli di fiere: in Italia; fiera più imp. è Artissima a Torino, MiArt
a Milano, Bologna,....ci sono fiere d’arte in tutto il mondo.
Fiere di rilevanza internazionale sono es. Art Basel a Basilea, Miami e Hong Kong,
più imp. al mondo. All’interno le fiere sono divise in sezioni: gallerie con più anni,
gallerie che trattano design, gallerie d’arte emergente. Le gallerie devono presentare
il proprio progetto, i propri artisti al bando della fiera. Fiere sono oggi organizzate
come vere mostre e quindi gallerie devono presentare progetti come se stessero
presentando una mostra, Con tutti i criteri di un’esposizione. Una volta selezionata la
galleria deve pagare una somma consistente per poter partecipare(come un affitto per
lo stand), più la fiera è imp. più i costi saranno elevati. Es. ad Art Basel non si
possono portare opere di valore basso, perché si deve rientrare nei costi e
guadagnarci, quindi per le gallerie d’arte emergente è più difficile partecipare a fiere
di un certo livello.
Ci sono casi in cui artisti emergenti iniziando ad avere successo portano la piccola
galleria d’arte emergenti a crescere con lui e quindi crescere anch'essa di prestigio e
accogliere artisti di fama maggiore. Così cresce la fama della galleria, con cerchio
maggiore di collezionisti, critici, direttori di musei. Oppure l’artista cresce, ma la
galleria non riesce a stare al passo, non riesce a sostenere le esigenze dell'artista,
anche economiche, di produzione delle opere, quindi spesso accade che l’artista si
deve staccare dalla galleria per sceglierne una più “forte”, importante, che lo possa
sostenere, sia per l’organizzazione che per aspetti economici.

Galleria mercato (2. mercato): Rivende opere che sono già state vendute. Nella loro
scuderia posso avere artisti a metà della loro carriere, quindi conosciuti a livello
nazionale e internazionale. Quindi gallerie che non trattano o non solo artisti
emergenti.

Gallerie internazionali(vere e proprie aziende): es. Hauser & Wirth, hanno punti
vendite, gallerie, in tutto il mondo, fanno mercato di 1. livello ma in ambito
internazionale, trattando nomi come Cattelan, Damien Hirst, Anish Kapoor,...
Galleria Continua a San Gimignano è una galleria così imp. e internazionale, con sedi
in tutto il mondo.

ASTE
Le grandi case d’arta internazionali e nazionali hanno assunto un’importanza cruciale
nell’ambito del sistema dell’arte contemporanea e rappresentano le strutture
finanziariamente e strategicamente più potenti e organizzate nell’ambito dell’attività
del mercato secondario dei valori artistici affermati.
Le vendite all’asta sono gli indicatori più chiari dell’andamento quantitativo del
mercato
Le maggiori case d’asta internazionali sono Sotheby’s e Christie’s

Il valore di un’opera è più semplice definirlo analizzando il secondo mercato(l’asta),


perché si ha un valore più consolidato. Ma è molto complesso attribuire il valore ad
un’opera, dato che devono essere presi in considerazione valori e parametri, il valore
più facile e immediato è quello dell’asta.
Ase sono secondo mercato, cioè rivendono quadri di mercanti d’arte o collezionisti
nella battuta di quell’asta.
Collezionista va da Sotheby’s o Christie’s (aste più imp.) e dice il prezzo a cui aveva
comprato l’opera anni fa, queste poi fanno un analisi legata all’andamento la
valutazione di quell’artista negli ultimi anni, da quando lo aveva comprato il
collezionista, se quest’ultimo accetta il prezzo questo diventa il prezzo di riserva sotto
il quale non si può andare e che viene dichiarato, poi c’è la base d’aste che è un po’
più alta ed è la partenza per l’asta. Il prezzo a cui viene venduto sarà poi il nuovo
valore dell’opera, quindi il valore può cambiare, ma il valore di un’opera del secondo
mercato è più semplice da sapere perché viene reso pubblico, perché alle battute
d’asta tutti i prezzi e le vendite vengono registrati. Quindi si vedono le oscillazioni
del mercato, maggiore chiarezza. Ma all’asta si può anche barare, possono essere
pilotate, le opere non possono risultare invendute, perché sennò calerebbe il loro
prezzo, valore. Quindi lo stesso che le ha messe in vendita se le ricompra.
Per artisti che non hanno ancora venduto o non hanno ancora un proprio mercato è
più difficile stabilire un prezzo, se ha già venduto si parte da quel prezzo.
In teoria ci sarebbe un coefficiente, se è copia unica o una di due o di più opere…
Se per esempio di foto ce ne sono di più le ultime sono più costose, il valore cresce
perché vuol dire che le prime sono già in collezioni o cmq già state acquistate e
quindi le ultime hanno maggiore valore.
L’autentica è il foglio che segue un opera che certifica la sua originalità, senza
questa autenticazione è un problema perché l’asta deve fare molte ricerche o
chiamare un experties per verificare la sua autenticità.
Per un artista emergente stabilire il valore è più difficile, che non ha mai esposto, il
valore è discrezionale, costruito dal gallerista seguendo vari fattori del mercato,
vedere altri artisti affini, della stessa età, tipo di lavoro e con simi esperienze nel
mondo dell’arte, e in base a queste muoversi e stabilire un prezzo, un valore.
Poi sarà il mercato a dare un vero valore, appena un collezionista compra un opera il
nuovo prezzo base sarà quella cifra. Se il prezzo cala non va bene, ne per l’artista e ne
per il collezionista, perché sarebbe un stato un pessimo investimento. Il valore cresce
anche a seconda del curriculum: mostre personali, cataloghi, opere in grandi
collezioni private.
Il mercato dell’arte è nato per gli artisti che si sono trovati liberi ed autonomi (basta
pittori di corte ecc…), a fine ‘800 in Francia, artisti che necessitavano di affermarsi e
guadagnare in modo autonomo, la borghesia e che aveva bisogno e il desiderio delle
opere degli artisti per motivi sociali e socioculturali, cioè per affermare la propria
ricchezza, gusto e posizione sociale. Quindi nasce la figura del mediatore tra
acquirente e artista, collezioni private e pubbliche. Il mercato dell’arte era
indispensabile per molte figure.

COLLEZIONISTI
Come ci sono vari livelli di gallerie, fiere, aste, ci sono vari livelli di collezionisti.
3 livelli di fruizione dell’arte:
1. Indiretto; le riproduzioni(libri, cataloghi),
2. Fruizione diretta; andare in galleria o museo e fruire dal vivo di una mostra,
3. Possesso, un’ulteriore fruizione diretta, da parte del collezionista.

Ci sono collezionisti di ogni genere, collezionare arte è il livello più alto di


collezionismo, teoricamente. Vari motivi per collezionare: esclusivamente come
investimento, altri affianco a questo aggiungono passione per l’arte, poi ci sono
collezionisti (di alto livello) che sono come dei mecenati; sostenendo e finanziando
gli artisti e il loro lavoro sia da un punto di vista economico che culturale. Il mecenate
collezionista, la sua collezione la presenta anche al pubblico, quindi esposta, da qui
nascono le fondazioni o i musei privati (es. fondazione Prada) che hanno l’intento di
mostrare le opere, motivo culturale divulgativo. Galleria ha l’intento di vendere. Oltre
alla passione per l’arte i collezionisti comprano opere per la rappresentanza, funzione
di immagina, uno status symbol nella società, immagine di potere, mi pongo come
collezionista d’arte nella società. Questo non viene fatto solamente dai singoli
collezionisti, negli ultimi anni anche in Italia ma da decenni soprattutto in the USA
questa forma di mecenatismo viene utilizzata anche dalle aziende, per dare
l’immagine di essere dei mecenati, dei promotori d’arte; soprattutto le grandi aziende
di alta moda (Prada…) o anche aziende vinicole che così legano il proprio nome al
mondo dell’arte e della cultura. O fanno da sponsor a grandi manifestazioni come la
Biennale che è un ente pubblico, quindi queste aziende sponsorizzano anche enti
pubblici, momento per una grande pubblicità e visibilità (investimento); soldi in
cambio di immagine, oppure aziende che sponsorizzano mostre nei musei,…sponsor
privati che legano il proprio nome a eventi come mostre importanti anche pubbliche.
Questo avviene attraverso donazioni, sponsorizzazioni, sennò fanno collezioni
aziendali: le corporate art collection, aziende che destinano parte del loro patrimoni
nell’acquisto di opere d’arte. Le prime furono le banche. Alle aziende, soprattutto in
America, conviene l’acquisto di opere d’arte, sia per avere degli sgravi fiscali(pagare
meno tasse) sia per una questione di immagine, perché spesso queste collezioni si
traducono in spazi espositivi legati a quell’azienda. Alcune aziende chiamano artisti
(spesso giovani) per realizzare delle opere, (es. con operai della fabbrica) per poi
acquistare quelle opere così tanto legate all’azienda, questo da un’opportunità
all’artista, ma poi lega anche molto l’artista all’azienda. Aziende che invitano artisti
per dei progetti, giuria che poi da un premio, progetti poi vengono realizzati, artisti
es. realizzano delle etichette d’artista per una cantina di vini, che poi avranno un
costo maggiore. (es. ILLY che ha fatto fare tazzine d’artista, disegni di artisti
internazionali stampate sulle tazzine, Illy ha anche sponsorizzato Biennale di
quest’anno). Questi aspetti sono tutti aspetti che poi gli artisti criticano del sistemo,
cioè li dove gli interessi economici guidano anche i valori culturali che dovrebbero
essere svincolati dagli aspetti economici.
Piccolo/ medio collezionista: medico, avvocato, figure della borghesia che fanno
sfoggio di una cultura acquistando opere d’arte. Possono anche costruirsi una bella
collezione, che ha anche un filologico, con nomi emergenti (non grandi nomi) (es.
solo fotografie,..)
Grande collezionista privato che colleziona il grande nome, può avere anche una
notevole influenza su direttori di musei, e proporgli mostre a tema o mostre su un
artista, spesso per mantenere il livello, il valore delle sue opere, spesso anche
finanziando lui stesso la mostra e dato che i musei stanno spesso a corto di fondi,
soldi, sono propensi ad accettare questo tipo di mostre e di richieste. Ma così chi
decide la programmazione del museo o della mostra: il direttore, l’amministrazione o
il collezionista privato? (C’è una morale ma non regole scritte) La stessa cosa
succede con le gallerie potenti, che possono incidere su programmazioni di museo,
per portare i propri artisti nei musei, opere che poi acquisiscono un valore maggiore
avendo alle spalle una mostra in un museo imp. A e seconda dell’imp. della galleria,
può influenzare grandi musei internazionali.
Collezionisti che collezionano solo un artista: è sia producente che contro producente
per un artista, da una pare è tutelato, ma dall’altra è molto vincolante avere un
collezionista fissato con lui e possiede gran parte delle sue opere, es. l’artista vuole
fare una mostra in un museo e deve chiedere in prestito le opere hai collezionisti, se
uno ne ha il “monopolio” può fare lui le “regole”, e quindi ha potere su quell’artista.
Il sistema dell’arte, sia a livello globale che locale, è soggetto a molteplici
condizionamenti.

La critica istituzionale
Con il termine critica istituzionale si è assistito alla messa in scena di opere che,
dentro l’istituzione, hanno cercato di mostrare la finzione delle narrazioni e degli
investimenti ideologici dei loro mecenati (per es., Daniel Buren, Hans Haacke,
Marcel Broodthaers), di esaminare il linguaggio della rappresentazione e il valore
dato all’originalità (Barbara Kruger, Louise Lawler) o, nel caso di artisti come
Andrea Fraser o Antoni Muntadas, di lavorare nelle stesse istituzioni forzandone i
limiti di resistenza dall’interno.

Lezione del 28 Aprile

Gli attori del sistema dell'arte:

Due anime del sistema:


• mercato e compravendita opere d'arte, sistemi di potere → nel bene e nel male
vanno ad inficiare anche quelle che spesso sono scelte compiute nei sistemi
delle istituzioni culturali pubbliche (strutture di musei pubblici)

• I direttori di museo: la figura del direttore di museo, figura che è cambiata


moltissimo negli ultimi anni (cambia anche perché sono cambiati i modi di
intendere il museo di arte contemporanea, musei sempre più considerati centri
di produzione e sperimentazione.

Direttori di museo:
• competenze che deve possedere: essere uno storico dell'arte o affine (beni
culturali)
• deve avere una conoscenza del sistema dell'arte (gallerie, musei internazionali)
• rete di contatti e relazioni che mi consentono di muovermi agilmente in questo
sistema
• deve avere delle capacità manageriali, found raising, deve ragionare come un
CEO di un'azienda, deve badare sia alla programmazione, ma anche a quelli
che sono gli aspetti legati all'attività di gestione di un'azienda
• un'altra figura importante nel sistema dell'arte: I CURATORI (di arte
contemporanea):
• due tipologie di curatori: freelance indipendente, e curatore che lavora per
un'istituzione
indipendente → può proporre i suoi progetti a più soggetti, musei ecc
quello che lavora per un'istituzione → come un impiegato per la stessa azienda.

Il curatore è una figura molto importante, è anche difficile definire perfettamente


quelli che sono i compiti, ci sono curatori che sono anche critici → cura le mostre e
scrive, quando imposta la mostra → la scrittura espositiva è destinata al curatore (la
sua visione, la sua idea)

La prima grande differenza tra le mostre che cura un curatore:


• mostra personale
• mostra collettiva → gli artisti che vengono selezionati devono avere una
coerenza tra di loro, devono rispecchiare l'idea della mostra del curatore
attraverso le opere, oppure intercettare un gruppo di artisti che lavorano su un
determinato tema (Bonito oliva, Celant)

a fianco alla coppia artista -curatore, le mostre sono accompagnate dai cataloghi
(elemento importantissimo, guarda Poli) sono un importantissimo segmento del
sistema dell'arte.
Catalogo:
• oggetto, complemento della mostra
• una volta finito il periodo di mostra temporanea non c'è più niente a parte il
catalogo → testimonianza di quella mostra
• ci sono cataloghi e cataloghi, sono frutto di un editore (Electa, Schirà, Rizzoli,
Feltrinelli)
• ci sono tantissime case editrici, ci sono anche le case editrici che sono
specializzate nella produzione di cataloghi di mostre: ogni casa editrice ha una
linea editoriale, la cura che bisogna avere nel concepire un catalogo d'arte è
diversa dalla cura nello scrivere un libro, un saggio: perché → ci sono le
immagini che devono accompagnare il corso del testo ecc... L'editore certifica i
codici BSBN, se non li ha non ha valore.
• Cataloghi ragionati: è un catalogo che si realizza tendenzialmente alla fine
della carriera di un artista o quando muore, racchiude l'opera omnia dell'artista,

-Riviste di arte importanti: Exibhart, Artribune, Flashart, Artedossier.


La più importante in Italia è Flashart, nasce cartacea, si sdoppia da italiana a
internazionale, negli ultimi anni c'è la rivista online.
• Come ultimo attore di questo sistema dell'arte: la figura dell'artista

Anche nel testo di Poli viene inserito tra i capitoli uno dedicato all'artista, è l'ultimo
capitolo. Sembra quasi una polemica poiché tutto il sistema fino ad ora analizzato
pare essere governato da tutta una serie di attori (galleristi, collezionisti, musei) e
sembra mettere un po' da parte l'artista

Sembra quasi che l'artista e le sue opere siano una sorta di pedine, nelle mani degli
attori che fanno il buono e il cattivo tempo. Se la ricerca di un artista è accettata dal
sistema, o se l'artista riesce a entrare nella galleria giusta, potrà trovare il “successo”.
AL contrario → se l'artista non riesce a intercettare una galleria migliore che possa
instradarlo, l'artista non avrà il successo che merita.

Detta in questi termini la ricerca sembra essere suscettibile a fortuna, del caso.

Il ruolo sociale dell'artista, abbiamo visto quando e perché è cambiato; se fino a


qualche anno fa il processo di storicizzazione dell'artista arrivava verso la fine della
carriera, e quindi arrivare a esporre in una mostra personale in un museo importante
era quasi l'ultimo atto di una carriera più o meno lunga, oggi come oggi non è più
così:

• l'artista parte della mostra in un museo pubblico, anche in gioventù, poi da lì


grazie alla sua mostra attiva la sua carriera a livello nazionale e /o
internazionale. Questo deriva anche dal fatto che i musei di arte contemporanea
non sono più dei centri di conservazione ma anche di sperimentazione.
• Oggi troviamo mostre di artisti anche molto giovani all'interno di musei
importanti

Il testo di Poli ci parla dell'alienazione dell'artista, una condizione che l'artista è


spesso portato a vivere. Questo concetto non si riferisce all'aspetto esecutivo,
produttivo dell'opera, poiché secondo Poli, e secondo quello che diceva Marx:

• L’artista fino a un certo punto ha il controllo del suo lavoro e della sua opera.
• Il processo di alienazione avviene quando l'opera si stacca dal suo creatore ed
entra nel sistema, in una collezione privata, esposta in uno spazio istituzionale
Alienazione= artista perde il controllo dell'opera

Per esempio:
l'artista fa un'opera contro le multinazionali, e l'opera viene venduta, allestita in uno
spazio di una multinazionale.

Secondo mercato → l'artista non ha idea del percorso che fa l'opera dopo che è stata
venduta a un privato.
Quindi → questo concetto di Alienazione ha a che fare sia con i valori culturali
dell’opera, (non sai l'opera che fine fa) e relativa a valori economici, in caso di
vendita perdi i diritti.
Alienazione che rientra in queste logiche del sistema dell'arte nel quale il buono e il
cattivo tempo dell'artista non sono completamente nelle sue mani.

Una cosa che nel testo di Poli andrebbe attualizzata SONO LE FIERE, non sono solo
degli stand ma sono delle vere e proprie mostre con direttori, concept temi,
performance, rigore scientifico anche nelle fiere.

Un tema da affrontare: La critica istituzionale

in questo caso il concetto di critica è riferito al lavoro degli artisti: artisti che non
sono outsider, ma insider, ne criticano i meccanismi, alcuni criticano i giochi di
potere che si costruiscono all'interno del sistema, il ruolo del museo

Istituzionale → relativo all'istituzione Museo, critica al modo in cui il museo agisce


all'interno di un sistema che ha attori molteplici.

Il sistema dell’arte: Collezione museo al centro, da cui si ramificano gli attori che ci
lavorano.

• Il concetto di critica istituzionale, a partire dagli anni '60, '80.

• Ci sono anche dei precedenti: rapporto tra arte spazio (Merzbau di Kurt
Schwitters), il luogo sacro dell'artista si trasforma in luogo espositivo/
installazione ambientale (studio), annullando il ruolo del museo; Duchamp: i
sacchi di carbone posizionati nello spazio, i fili che vanno a intersecarsi
creando degli inciampi → mette in crisi la canonica fruizione esposizione delle
opere. Sempre Duchamp fa i famosi baffi alla gioconda, non sono uno
sberleffo contro Leonardo, ma una critica a un sistema, quello museale, che ha
auto eletto a simbolo assoluto dell'arte rinascimentale la Gioconda → non è più
che un grande ritratto. Duchamp vuole distruggere il simbolo di
un’autocelebrazione museale attraverso questo gesto di immissione dei baffi.

• Un altro precedente: un lavoro di Rauschenberg, artista del New dada e pop


art, il new dada nasce proprio da un'azione di emancipazione dalla tendenza
americana dell'espressionismo astratto (gesto autoriale eroico dell'artista
espressionista) Rauschenberg acquista un'opera di De Kooning e lo cancella →
rottura con il passato, vuole andare oltre l'espressionismo astratto, e inserirsi
all'interno del sistema dell'arte in un modo completamente diverso.

• uno degli artisti è rappresentativo della critica istituzionale è Daniel Buren:


artista concettuale, minimale, la sua cifra stilistica si radicalizza nella
rappresentazione di strisce bianche e verdi regolari, il suo lavoro afferisce alla
critica istituzionale: perché → intervento clandestino che b. realizza nelle
strade di Parigi come dei vestiti, panni ad asciugare, come manifesto della sua
opera, agendo nello spazio pubblico come agisce nello spazio museale,
insistendo sul fatto che il museo non è arroccato sull'olimpo, ma l'artista può
agire in un contesto urbano clandestino come fa in un museo. Nelle sue
installazioni non c'è soluzione di continuità, sono allestite in modi non
convenzionali, nelle trombe delle scale, in spazi non usuali (ingressi, ecc)

• L'opera che Buren realizza quando viene invitato a Documenta 5, decide di


tappezzare alcune sale espositive con la carta da parati, la sua opera è lo spazio
dove esporranno altri artisti. Lui va a scardinare dei meccanismi espositivi già
radicati negli anni 80. Interviene e interferisce con le opere degli altri artisti.

• 1966 → Biennale di Venezia, Yayoi Kusama , prima di arrivare alla ricerca


attuale, era una di quelle artiste che ragionava sul sistema dell'arte, alla
biennale crea questo intervento performativo : fuori nei giardini, quindi
all'esterno, circondata da delle sfere riflettenti, venivano regalate ai fruitori
della biennale, l'operazione simbolica → le persone si specchiano e si vedeva
anche quello che era il contesto esterno. L'artista vuole dire perché solo l'artista
è da celebrare e lo spettatore no?

• Marcel Grotist → Dipartimento delle aquile, in occasione di una sua mostra,


Grotist costruisce un dipartimento delle aquile, una cosa assolutamente fine a
sé stessa, un pretesto. Questo dipartimento si traduce formalmente in una vera
e propria mostra nella quale l'artista raccoglie tutta una serie di opere e oggetti
sull'aquila e allestisce questi oggetti come si fa con cose di valore. Collezione
di oggetti sulle aquile in un ambiente istituzionale espositivo, fa il verso al
Museo che talvolta fa diventare pezzi da museo cose che non hanno valore
culturale.

Tutti gli artisti che abbiamo citato sono tutti artisti insider, che appartengono al
sistema dell'arte. Il loro linguaggio è figlio anche del marketing, e del mondo della
comunicazione → estetica della pubblicità
-Guerrilla Girls → collettivo anonimo, indossano una maschera da scimmia, La loro
critica istituzionale è una critica femminista: opera del 1988 “le donne devono essere
nude per entrare nei musei?” Cartelloni pubblicitari.

Gli stereotipi post-coloniali

-Artista afroamericano Fred Wilson → nei suoi lavori insiste polemizzando sugli
stereotipi dei musei occidentali che si aspettano dagli artisti esteri un certo tipo di
poetica (componente etnica, vita disagiata), viene criticata esponendo esattamente ciò
che ci si aspetta: una serie di opere di oggettistica (come i souvenir che si prendono in
africa ecc)

• Hans Haacke, si concentra sulle commistioni del potere economico negli


affari culturali. In occasione di una mostra che doveva svolgersi al
Guggheneim nel 1974, decide di esporre un manifesto con tutti i nomi del
Board (coloro che decidono, il comitato scientifico) ospite del Guggheneim
Museum, fa l'elenco di tutti i nomi e di tutti gli affari loschi che intrattengono
nel mondo.
- Si scaglia anche contro Sacche, potente collezionista che ha portato alla ribalta gli
Young British Artist, all'interno di una serie di lavori dedicati alla sua figura, crea una
sorta di altarino dove mescola in maniera critica degli oggetti (scatole di biscotti )
prodotti che la sacci pubblicizza mischiati a dei prodotti che sacci colleziona,
compenetrazione tra prodotto oggetto commerciale e l'arte.

• Anthony Muntadas → operazione di critica istituzionale crea The files room,


una raccolta di documenti in formato cartaceo e digitale, documenti di progetti
artistici suoi e e di altri artisti che durante il corso della storia sono stati
sottoposti a censura.
GERMANO CELANT 4 Maggio
Nasce a Genova nel 1940 e muore nel 2020 di Covid a Milano. Associare Celant solo all’arte
povera risulta riduttivo per via della sua attività sia come curatore indipendente che interno a una
serie di istituzioni pubbliche e private. Con Eugenio Battisti, docente universitario specializzato
nell’arte rinascimentale, riceve una formazione che ha un substrato di storico dell’arte non
contemporaneista ma modernista, non nasce come curatore 🡪Questa impostazione gli da una certa
metodologia rigorosa e scientifica e ciò lo porta a realizzare una serie di libri e cataloghi molto
rigorosi e scientifici, che per quanto riguarda la militanza e la contemporaneità è difficile. Lui ci
riesce comunque. Questa sua professione da curatore e critico, oltre ad essere legata alla sua
formazione, è anche legato al suo interesse di editoria: assistente editoriale di Marca3 di Genova,
rivista specializzata di arte legata all’università di Genova. Il ruolo delle riviste negli anni 60 e 70 è
importante: nelle riviste specializzate si svolge il dibattito: al tempo le riviste esistevano solo in
formato cartaceo e non c’era internet.
Nel 1967 nasce l’Arte Povera, termine coniato dallo stesso Celant, che raggruppa un gruppo di
artisti che denomina poveristi. Collabora nella sua vita on diverse istituzioni🡪Dal 1988 al 2009 è
senior curator del Guggenheim Museum; è curatore artistico della Fondazione Prada dal 1993,
quando nasce grazie al lavoro di Miuccia Prada collezionista e alla sua collaborazione con Germano
Celant, fino alla sua morte. Nel 1997 cura un’edizione della Biennale di Venezia.
1997: nella neonata rivista d’arte Flash Art Celant pubblica un articolo (“Appunti per una
Guerriglia” : un nuovo manifesto di questa nuova tendenza, creato a partire dai manifesti delle
avanguardie storiche). Il termine avanguardia è un termine militaresco che vuole aprire un fronte
andando verso l’ignoto. Questo approccio battagliero si ritrova sia nella pubblicazione del
manifesto sia dal tono che questo movimento vuole assumere. Sempre nel 1967 Celant cura la
prima mostra che racchiude le opere degli artisti poveristi nella galleria privata La Bertesca di
Genova: Arte Povera im spazio=immagine spazio (la ricerca sull’immagine e sullo spazio poi
diventa solo una parte della ricerca dei poveristi). Un’altra mostra importante per la consacrazione
dell’arte povera è quella che avviene in una galleria privata di Bologna: Galleria de’Foscherari.
Le proposte artistiche dell’arte povera si contestualizzano a partire dalla trasformazione dell’Italia
da paese rurale in paese fortemente industrializzato, che è un processo velocissimo a differenza
dei processi lenti e facilmente digeribili in America: il boom economico degli anni 60 che avviene
in soli 3-4 anni. Tale boom crea una nuova classe operaia che si trasferisce dalle campagne per
andare a lavorare nelle città: migrazione sia da campagna a città, sia da sud a nord, anche perché
le industrie erano prettamente a nord e nord est dell’Italia. Il boom è figlio della Seconda Guerra
Mondiale, quando l’Italia entra nel Piano Marshall, piano di ammodernamento e ricostruzione
dell’Italia: l’America non ha dato i soldi pro bono ma voleva far crescere l’Italia investendo in una
terra che voleva crescere e modernizzarsi🡪 questi aiuti americani all’interno dei movimenti degli
anni 60 sono stati visti come una tendenza all’imperialismo americano perché allo sviluppo
dell’industria non segue un miglioramento delle condizioni della classe operaia. Queste lotte
politiche vengono assorbite dai ragazzi, così come i diritti che i ragazzi professano e vogliono:
diritto allo studio, all’aborto, al voto delle donne: il Sessantotto è l’anno delle rivolte sociali,
politiche e studentesche. Dunque gli artisti dell’arte povera vivono e preparano questo clima e ne
sentono e ne subiscono i turbamenti: lo stesso Celant dice che questi artisti non sono borghesi e
dunque si muovono contro il sistema dell’arte: da qui ha origine la guerriglia, che è contro il
sistema.
Saggio critico di Celant “APPUNTI PER UNA GUERRIGLIA”: Prima parte: parte con la
descrizione dello stato dei fatti🡪 l’uomo e quindi l’artista deve essere all’interno di un sistema
(capitalistico) imposto dalla società, in cui la società è tutta rigirata su se’ stessa nella logica della
produzione-consumo. Questo è il sistema in cui l’uomo si trova a vivere in quel momento, quindi
non si può essere completamente liberi e anche le riforme sono all’interno del sistema: l’uomo
non è mai completamente se stesso ma deve essere coerente con sé stesso per riuscire a uscire dal
sistema e dunque a fare la guerriglia, ovvero rivoluzione. L’artista, secondo Celant, è un novello
Giullare che deve soddisfare i palati colti: presa in giro della borghesia.
L’artista stesso è un ingranaggio del sistema di produzione che produce gli oggetti in serie.
L’artista non può mai incidere nella società secondo Celant perché, pur rifiutando il mondo dei
consumi ne diventa egli stesso produttore perché “non può creare a abbandonare l’oggetto al suo
cammino, ma deve seguirlo, giustificarlo e immetterlo nei canali di mercato e così facendo l’artista
si sostituisce alla catena di montaggio”. Dunque non si stacca da questo processo e agisce da
cleptomane: attinge ad altri mondi e altri sistemi per dotarsi di una sua identità: tuttavia è sempre
all’interno di un sistema.
Fa un riferimento a Duchamp:
“Ma cosa faceva Duchamp? Certo nono era teso a soddisfare il sistema. Per lui esserci e vivere
significava e significa, giocare a scacchi( la mossa del cavallo non è mai rettilinea) e scegliere, mai
lasciarsi scegliere. Più volte cercato il sistema, non si è mai fatto trovare dove si pensava di
reperirlo. Così, in un contesto dominato dalle invenzioni o dalle imitazioni tecnologiche due sono le
scelte”: o la cleptomania del sistema ( linguaggi codificati e artificiali, dialogo con le strutture
esistenti sia sociali che private, accettazione delle ideologie, sistematizzazione della propria
produzione o nel microcosmo astratto op, nel macrocosmo sociale pop o formale minimalista, o il
libero progettarsi dell’uomo.
Cita Duchamp anche per creare un legame tra arte del presente e del passato. Duchamp intende
l’arte come gli scacchi: nell’ultima parte della sua vita abbandona la carriera artistica e si
abbandona al gioco degli scacchi, solo dopo la sua morte fu scoperta la sua ultima opera testamento
(Celant vede in Duchamp la figura dell’artista rivoluzionario che esce dal sistema dell’arte).
L’artista, secondo Celant, si muove tra due binari: quello della rivoluzione apparente, ovvero che in
realtà si si inseriscono pienamente all’interno del sistema e non fanno la rivoluzione ma è un
atteggiamento ricco (Op art, Pop art, Minimal Art), oppure quello caratterizzato dal libero
progettarsi dell’uomo. La prima via è un’arte complessa, la seconda è un’arte povera (prima volta
che appare questa parola), che è un atteggiamento impegnato con la contingenza, che sfida il
proprio tempo e che vuole sfuggire ai meccanismi del sistema: è un’arte che parte dalla contingenza
ovvero da ciò che succede e agisce il presente. L’atteggiamento poverista connette l’uomo con la
natura, l’artista non deve produrre e aggiungere nuovi oggetti ma riflette su se stesso. “L’artista da
sfruttato diventa guerrigliero, vuole scegliere il luogo del combattimento, possedere i vantaggi della
mobilità, sorprendere e colpire, non l’opposto.”
Secondo Celant le tendenze artistiche della rivoluzione apparente hanno un atteggiamento ricco nel
senso che si legano alle possibilità strumentali e informazionali che offre il sistema, imitando e
mediando il reale, e hanno creato una dicotomia tra arte e vita, tra pubblico e privato. l’arte povera
invece vuole distruggere questa dicotomia perché l’arte è vita e identifica in termini panteistici
l’uomo con il mondo: l’uomo è il fulcro della ricerca, non più uno strumento. L’arte povera non
dialoga con il sociale e il culturale, ma si presenta improvviso, inatteso rispetto alle aspettative
convenzionali: L’artista vive in modo asistematico in un mondo in cui il sistema è tutto.
Quello dell’arte povera è un atteggiamento( non una corrente ma un modo di comportarsi che non
si contrappone ad alcuna ricerca e evita la concorrenza proprio per non cadere nuovamente
nell’integrazione alle leggi del sistema e nel dialogo con lo stesso) che cerca il significato del
senso emergente del vivere dell’uomo.
L’arte povera vuole abolire le categorie e non aggiungere oggetti Cita anche McLuhan che tratta dei
nuovi media come estensioni dell’uomo e dice che il medium è il messaggio: Celant lo parafrasa e
dice che l’uomo è il messaggio. “L’artista rifiuta ogni etichetta e si identifica solo con se stesso”.
Seconda parte del manifesto: dedica poche righe a ciascun artista poverista. Nel 1968 negli
Arsenali della città di Amalfi organizzata da Marcello Umma “Arte povera più azioni povere” ,
mostra in cui si parla di azione, movimento e processualità: gli oggetti non sono immobili ma sono
fluidi. Il fare processuale che non si limita a un medium e a uno stile caratterizza gli artisti dell’Arte
Povera. Nel testo parla degli artisti con poche frasi descrittive e piuttosto criptiche. Celant ha un
linguaggio incisivo e parla degli artisti in modo rivoluzionario (es. “Merz è un filisteo del sistema,
crocifigge il mondo”

• Pistoletto: si pone il problema della libertà di linguaggio e distrugge l’autorialità dello stile,
infatti realizza gli “Oggetti in meno”, oggetti tutti diversi tra loro, azioni performative come
“Scultura da passeggio”: palla che viene fatta rotolare per la città.
“Così Pistoletto (come Warhol, Mari e Grotowski) si è posto sin dal 1964 il problema della
libertà del linguaggio non più legato al sistema, alla coerenza “interiore”, e ha realizzato nel
1966 opere estremamente “povere”, un presepe, un pozzo di cartone con tele spaccate al
centro, una bacheca per vestiti, una struttura per parlare seduti, un tavolo fatto di cornici e
quadri, una foto gigante di Jasper Johns, una lampada a luce di mercurio. Un lavoro teso alla
registrazione “dell’irrepetibilità di ogni istante” (Pistoletto), che presuppone il rifiuto di ogni
sistema e di ogni aspettativa codificata. Un libero agire, invincolato e imprevedibile (nel 1967
un sarcofago, una casa dipinta con estrema libertà cromatica, una sfera di carta di giornali
pressata, un corpo ricoperto di mica), un frustrare l’aspettativa, che permette a Pistoletto di
rimanere sempre al confine tra arte e vita.”

• Giulio Paolini: indaga l’azione dell’artista e dell’opera d’arte, dunque crea un’arte che
riflette su sé stessa (Giovane che guarda Lorenzo Lotto, in cui lo spettatore diventa Lotto) e
parla dell’arte stessa, a partire dal grado zero del fare artistico come linea, colore ecc.

“Così Paolini esalta il carattere empirico e non speculativo del suo lavoro, sottolinea il dato di
fatto, la presenza fisica dell’oggetto e il comportamento del soggetto in rapporto al sistema
“pittura”. La sua sovrapposizione tra idea e immagine lo porta alla prise de pouvoir degli elementi
strumentali, non ancora direzionati e sistematicizzati, quali la tela, il colore, lo spazio (diventato
ora spazio del mondo). Le componenti linguistiche ritornano così in campo quali paradigmi,
primigeni, aniconici, liberi da ogni sistema di collocazione iconologica. Elementi di un farsi, che
non si vincolano all’immagine da realizzare, ma si presentano per “fingere” se stessi.”
• Pascali: prima realizza dei giganti animali in piuma e pelo e poi realizza delle armi
giocattolo: il suo è un immaginario vivido ed eclettico
• Kounellis: si circonda di elementi banali ma naturali e tutto si riduce a un conoscere
concreto, esalta la vitalità e l’energia di ogni cosa e essere.
“Il sensismo comportamentistico sale sull’altare con Pascali e Kounellis. La realizzazione
immediata di una sensazione conduce in pochi anni Pascali a passare dai busti di donna ai muri,
ai cannoni, agli animali mitici, alla barca, al mare, alle pozzanghere, ai cubi di terra, al campo
arato. Il suo libero atteggiamento si evidenzia, perché vincolarsi a un solo prodotto? Ogni
elemento è infatti sineddoche naturale del suo vivere e del suo esistere percettivo e plastico,
perché diventare paradigma? Così Kounellis, colpito dalla ricchezza del suo esserci, recupera il
suo gesto artistico col dare il becchime agli uccelli, con lo staccare le rose dal quadro, ama
circondarsi di elementi banali, ma naturali quali il carbone, il cotone, un pappagallo. Tutto si
riduce a un conoscere concreto che lotta con ogni riduzione concettuale, l’importanza è
focalizzare, per Kounellis, che Kounellis vive, il mondo vada in malora.”
• Piero Gilardi crea degli habitat faunistici in poliuretano e così recupera la manualità del
fare contadino.
“Un’urgenza all’esserci che ha condotto Gilardi, soffocato dai suoi tappeti-natura, e dal
poliuretano, a realizzare nel 1966 (mostra “Arte abitabile”, Sperone) degli oggetti che sono la
concretizzazione, non più mediata e mimetica, del suo agire strumentale e funzionale, ed ecco il
basto, la carriola, la sega, la scala. Per chi conosce “l’operoso” Gilardi, questi sono i suoi
“simboli”.
• Luciano Fabro si serve della tautologia: vuole sviscerare il sistema e nelle sue opere
vengono analizzati in modo essenziali una serie di elementi architettonici in cui la
pesantezza dell’opera fa da contraltare all’equilibrio precario che identificano gli elementi
architettonici interstiziali(angolo, spigolo, pavimento). Sperimenta anche con materiali non
poveri ma i temi sono poveristi perché legati alla società, come l’Italia capovolta: cambiamo
la situazione🡪 nord capo e sud fanalino di coda: gesto simbolico ma molto poetico.
“La tautologia è il primo strumento di possesso sul reale, eliminando le sovrastrutture si riinizia a
conoscere il presente e il mondo. Così Fabro concretizza in un anno, due o tre atti di possesso sul
reale. La difficoltà di conoscere, come possesso, è enorme; i condizionamenti non permettono di
vedere un pavimento, un angolo, uno spazio quotidiano e Fabro ripropone la scoperta del
pavimento, dell’angolo, dell’asse che unisce soffitto e pavimento di una stanza, non si preoccupa di
soddisfare il sistema, vuole sviscerarlo.”
• Alighiero Boetti reinventa le invenzioni dell’uomo ed è forse l’artista più concettuale e
complesso tra quelli dell’arte povera, anche se tutti lo sono perché producono oggetti
effimeri e smaterializzati. Boetti apre un hotel a Kabul che oggi è diventato un luogo
leggendario e altri artisti sono andati alla ricerca di questo senza trovarlo. È un hotel per gli
ospiti (viaggio complesso particolarmente per l’epoca). Egli inizia anche a firmarsi come
Alighiero e Boetti, sdoppiandosi in due personalità.
“Parimenti Boetti “reinventa le invenzioni” dell’uomo. I suoi gesti non sono più un accumulo, un
incastro di segni, ma i segni dell’accumulo e dell’incastro. Si pongono come apprendimento
immediato di ogni archetipo gestico, di ogni invenzione primitiva. Sono gesti univoci che portano
con sé “tutti i possibili processi formativi e organizzativi”, liberati da ogni contingenza storica e
mondana.”
• Piacentino: viene poi allontanato dal gruppo, infatti ingressi ed esclusioni nel gruppo sono
fluidi come la tendenza stessa.
“L’autonomia domina incontrastata in Piacentino. Le sue “monumentali” composizioni
s’impongono sotto un’aperta sfida alle convenzioni di spazio, di ambiente, impossibile
organizzarle, collocarle, piegarle al codice spaziale abituale, seppur cromaticamente possedibili,
al punto da lusingare la percezione colta dello spettatore, esse sfuggono. Come la luce fugge, così
il mondo. Per possederli bisogna bloccarli nell’attimo in cui si incontrano.”
• Giovanni Anselmo esalta la precarietà, gli oggetti non sono immutabili , panni che
trattengono l’energia in potenza e che se si sciolgono potrebbero riattivare quell’energia
vitale in potenza.
“Più sottilmente “povera” l’azione di Anselmo. Qui la precarietà si esalta. Gli oggetti vivono nel
momento di essere composti e montati, non esistono come oggetti immutabili, si ricompongono di
volta in volta, la loro esistenza dipende dal nostro intervento e dal nostro comportamento. Non sono
rapporti autonomi, ma installabili, vivi in rapporto al nostro vivere.”
-Merz: crocifigge il sistema, linguaggio incisivo di Celant: è rivoluzionario, guerrigliero nei
confronti dell’ordine precostituito.
“Così Merz violenta gli oggetti e il reale con il neon. Il suo è un inchiodare drammatico che
atterrisce. È un continuo sacrificio dell’oggetto banale e quotidiano quasi novello Cristo (il culto
dell’oggetto è una nuova religione). Trovato il chiodo, Merz, da buon filisteo del sistema, crocifigge
il mondo.”

-Zorio: dialoga con la precarietà di ogni cosa. Più di tutti analizza i processi di trasformazione a
partire dai processi fisico-chimici e indagano la trasformazione della materia. Sono manifestazione
dell’energia, energia e vitalità che sono sempre al centro dell’attività degli artisti poveristi.
“Così la violenza dei tubi dalmine, dei colori, dei cementi, dialoga con la precarietà del tempo, con
la sottile instabilità del maglio che sta per cadere sulla “sedia”, con il graduale cristallizzarsi
dell’acqua salata, con la incredibile resistenza dell’elemento elastico rispetto alla struttura d’acciaio.
Un’imprevedibile coesistenza tra forza e precarietà esistenziale che sconcerta, pone in crisi ogni
affermazione, per ricordarci che ogni “cosa” è precaria, basta infrangere il punto di rottura ed essa
salterà.”
Il saggio si conclude dicendo che mentre il tempo passa e lui scrive questo testo, intanto altri artisti
stanno lavorando seguendo la tendenza dell’arte povera, anche perché l’Arte Povera non è un club
chiuso ma una forma aperta all’interno del quale l’artista può entrare, discostarsene, entrare solo per
un periodo ecc. “Siamo già alla guerriglia 🡪 di nuovo esalta la guerriglia, l’azione rivoluzionaria.
Celant riesce a connettere inoltre una tendenza italiana a internazionale (la maggior parte degli
artisti dell’Arte povera sono per la maggior parte morti ma quello dell’arte povera è un movimento
perfettamente inserito all’interno della storia dell’arte e del sistema dell’arte.
ACHILLE BONITO OLIVA 5 Maggio
Achille Bonito Oliva, chiamato anche con l’abbreviazione ABO.
(Caggiano, Salerno, 1939)
- Studia giurisprudenza e lettere
- Partecipazione come poeta al Gruppo 63
- Dal 1968 abita a Roma
- Diventa Critico d’arte e docente di Storia dell’arte contemporanea alla Facoltà di Architettura
della Sapienza
Oltre che per la Transavanguardia ricordiamo ABO nell’organizzazione di:
Mostre principali:
- 1970 Amore mio, Montepulciano
- 1970 Vitalità del negativo, Palazzo delle Esposizioni, Roma
- 1973 Contemporanea, Parcheggio sotterraneo di Villa Borghese (luogo e allestimento anomalo
per il tempo), Roma, cura questa mostra in collaborazione con l’associazione “incontri nazionali
d’arte” di Patrizia Leonardi Bontempi, una mecenate donna di cultura legata agli artisti degli anni
60. Lei affida ad Achille la cura di questa mostra.
- 1980 Aperto 80, Biennale di Venezia. Nel padiglione centrale dei giardini (dove stava in
padiglione Italia, oggi è stato spostato).
- 1993 Biennale di Venezia Punti cardinali dell’arte.

➔ Achille Bonito Oliva e Germano Celant sono i critici militanti più importanti del
tempo, che seguono e lavorano a stretto contatto con gli artisti.
➔ I critici si prendono la libertà di conferire veri e propri significati alle opere,
Inseriscono gli artisti nelle diverse correnti conferendogli ulteriore caratterizzazione
ed identità.
➔ Alcuni artisti dell’arte povera definiti da Celant e alcuni della transavanguardia
definiti da Bonito oliva infatti proveranno a rifuggire da queste etichette.

Achille Bonito Oliva è specializzato nella “scrittura espositiva” che è la mostra.


Infatti cita:
“La mostra non è altro che la presentazione del punto di vista del suo organizzatore scientifico, la
messa in scena di uno spettacolo concettuale, nel quale le opere singole servono ormai solo da
pegni visivi alla conferma di un’argomentazione precisa”.

Scrittura espositiva: il critico curatore parte da una teoria, da un assunto teorico, che viene ad
essere confermato dalle opere d’arte esposte. Le opere vengono definite come pegni visivi, si
impegnano a confermare la tesi del critico. Diventando un insieme. La teoria del critico viene poi
ad essere confermata dalla opere nel loro insieme. Andando a definire così in concetto di mostra,
come opera d’arte.
Il concetto di mostra come scrittura espositiva si avvicina molto al concetto di mostra come
opera
in se, definita così da Achille, che è il primo a partire come artista, dalla poesia visiva.
Bisogna concepire il critico come creatore

I suoi saggi:
- Il territorio magico, 1971
- L'ideologia del traditore. Arte, maniera, manierismo, 1976, qui per la prima volta inizia a dare le
coordinate della transavanguardia. Identificando il concetto di traditore come l’artista del
manierismo.
- La Transavanguardia italiana, 1980, testo fondativi del movimento
- La Transavanguardia Internazionale, 1982, in questo lui cerca di esportare il concetto a livello
internazionale.
- L'arte oltre il 2000, 2002

Transavanguardia
Dalla fine degli anni Settanta del Novecento
Italia
• Teorizzato dal critico Achille Bonito Oliva “attraversamento della nozione sperimentale
dell’avanguardia” (ABO) “nomadismo” stilistico
• Recupero e commistione linguaggi diversi
• Sintonia clima internazionale: ritorno alla pittura, figurazione

Tra l’arte povera e la Transavanguardia c’è un decennio di distacco. Gli anni 70 sono definiti gli
anni della fine dell’ideologie, Che culmineranno nel 1989 Con la simbolica caduta del muro di
Berlino. Le contestazioni del 68, tra politica e economia, Vengono infrante dagli anni 70, perché le
ideologie si svuotano. Seguiti poi dagli anni 80 dov’è in Italia avviene un vero e proprio boom
economico fondato sul capitalismo. Le idee sociali e collettive degli anni 60 quindi decadono.
Contesto storico: Anni 70, anni di piombo, terrorismo.

• In questi anni Bonito oliva definisce la transavanguardia, Sono una ondata positiva per
l’economia e un’ondata di benessere per l’Italia (Coinvolgendo maggiormente più la medio -
alta borghesia)
.
In questo contesto sociale, così come aveva fatto Celant per l’arte povera, Bonito oliva teorizza la
transavanguardia attraverso un saggio su Flash Art, recuperando quell’idea di manifesto delle
avanguardie storiche come Filippo Tommaso Marinetti per il futurismo.

La scrittura di Bonito oliva e anche difficile da capire a pieno, Complessa ed a tratti criptica, Vista
la sua radice da poeta. Utilizza modi di dire, delle locuzioni, che sono estremamente poetici.
Significato di transavanguardia, È un neologismo.
Avanguardia: si inserisce all’interno dello spirito avanguardistico, rivoluzionario.
Trans: attraversamento, transito, attraverso le avanguardie.
Il concetto di transavanguardia trasporta Con se è quello di Nomadismo stilistico e culturale,
significa che gli artisti della transavanguardia sono liberi di attraversare le avanguardie e utilizzarne
stili diversi all’interno della stessa opera d’arte, Tutti provenienti da avanguardie diverse.
Si appropriano di stili del passato in modo libero, l’artista è un nomade all’interno dalla storia
dell’arte. Avviene una sorta di recupero ai linguaggi tradizionali, sopra la pittura.

La transavanguardia sancisce negli anni 80 il ritorno alla pittura, che era stata emarginata dall’arte
povera e dalla land art o la minimal. Il ritorno alla pittura non avviene solo nella transavanguardia
ma a livello internazionale, anche perché in Germania negli Stati Uniti c’è quello che viene definito
il Neo espressionismo, che riprende l’espressionismo tedesco dell’inizi del 900.
Transavanguardia, Ritorno alla pittura e alla figurazione.
La transavanguardia, Pubblicata su Flash Art 92 93 nell’ottobre novembre 1979.
Achille Bonito oliva individua subito i suoi artisti:
Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria, Mimmo Paladino

Achille Bonito oliva Struttura il suo saggio contrapponendolo all’arte povera,


distaccandosene.
Concetti all’interno del saggio
- labirinto: un luogo dove perdersi per poi ritrovarsi
- Tema dell’introversione: pittura più privata, che non è limitante. Scavare nella storia,
non come riflusso (negativo), ma come cosa positiva, il tema dell’ introversione mostra
una dimensione più intima e privata della pittura.
- Darwinismo linguistico, evoluzione dell’arte dell’avanguardia, così come per Darwin
c’è stata un’evoluzione della specie, per Bonito oliva così si sviluppa l’arte
dell’avanguardia, in termini modernisti legati anche alla filosofia dell’idealismo. Per lui
questo è sbagliato infatti si situa nei post - modernisti, vuole distaccare la progressione
della storia (Quindi quella dell’evoluzione, Darwin) da quella dell’arte, tutto è fatto di
colpi e contraccolpi dalle due parti, ma non per forza che l’uno dipenda dall’altro
- Continuità, stilistica degli artisti
- Coerenza interna lavoro artista (sperimentazione linguistica)
- Coazione al nuovo
- opulenza

Delle parti del saggio:


“L’arte finalmente ritorna ai suoi motivi interni, alle ragioni costitutive del suo operare, al suo luogo
per eccellenza che è il labirinto, inteso come “lavoro dentro”, come escavo continuo dentro la
sostanza della pittura. L’idea dell’arte degli anni Settanta è quella di ritrovare dentro di sé il
piacere e il pericolo di tenere le mani in pasta, rigorosamente, nella materia dell’immaginario, fatta
di derive e di sgomitate di approssimazioni e mai di approdi definitivi. L’opera diventa una mappa
del nomadismo, dello spostamento progressivo praticato fuori da ogni direzione precostituita da
parte di artisti che sono dei ciechi-vedenti, Che ruotano la coda intorno al piacere di un’arte che non
si reprime davanti a niente nemmeno davanti alla storia.
“ negli anni 60 l’arte aveva una connotazione moralistica anche quella d’avanguardia: la formula
dell’arte povera proseguiva nel suo disegno critico una linea di lavoro repressiva e masochista
fortunatamente contraddetta dalle opere di alcuni artisti”
“Successivamente la pratica creativa fatto saltare la censura formale attinente alla produzione
artistica A favore di una pratica dell’opulenza, come riparazione A una perdita iniziale Via
ascensionale Che non significa ascetismo o rinuncia, ma crescita e sviluppo della capacità di
diventare possidenti, Al limite di un possesso messo continuamente in discussione dal naturale
movimento dell’opera e dell’artista, Che è di spossessamento e superamento. L’opulenza consiste
nella capacità di investire nella perdita iniziale, nella condizione notturna del quotidiano, il rischio
della pratica solare dell’arte. Finalmente la pratica pittorica viene assunta come un motivo
affermativo, come un gesto non più di difesa ma di penetrazione attiva, diurna e fluidificante.”
“L’assunto iniziale è quello di un’arte come produzione di catastrofe, di una discontinuità che
rompe gli equilibri tettonici del linguaggio a favore di una precipitazione nella materia
dell’immaginario non come ritorno nostalgico, come riflusso, ma come flusso che trascina dentro di
sé la sedimentazione di molte cose, che scavalcano il semplice ritorno al privato e al simbolico.

L’avanguardia, per definizione, ha sempre operato dentro gli schemi culturali di una tradizione
idealistica tendente a configurare lo sviluppo dell’arte come una linea continua, progressiva e
rettilinea. L’ideologia sottostante a tale mentalità è quella del Darwinismo linguistico di un’idea
evoluzionistica dell’arte che afferma una tradizione dello sviluppo linguistico degli antenati
dell’avanguardia storica fino agli esiti dell’ultima ricerca artistica. L’idealismo di tale posizione
risiede nella considerazione dell’arte e del suo sviluppo al di fuori dei colpi e dei contraccolpi della
storia, come se la produzione artistica vivesse avulsa nella produzione più generale della storia...
[...]
Concetto Hegeliano del concetto dell’arte: crisi-morte dell’arte
"Gli artisti degli anni Sessanta cominciano a operare nel momento in cui cessa la coazione al nuovo,
nel momento di rallentamento produttivo dei sistemi economici, quando il mondo e attanagliato da
una serie di crisi che mettono a nudo la vertigine produttiva di tutti i sistemi ideologici. Finalmente
si è parlato e si parla di crisi dell'arte. Ma se per crisi intendiamo, secondo l'etimo, "punto di
rottura" "verifica" allora possiamo adoperare tale parola come angolazione permanente per
verificare il vero tessuto dell'arte. Due sono i livelli a cui rimanda la definizione della crisi dell'arte:
la morte dell'arte e la crisi dell'evoluzione dell'arte.”
"Hegelianamente , per morte dell'arte s'intende il superamento delle categorie del fare artistico da
parte della filosofia quale scienza del pensiero che comprende e assorbe l'intuizione artistica. Più
modernamente, la morte dell'arte rimanda alla constatazione che tale esperienza non riesce più a
intaccare i livelli della realtà. E se da una parte viene sottolineata l'impotenza della sovrastruttura
(l'arte) rispetto alla struttura (l'economia, la politica), dall'altra si afferma la caduta della produzione
artistica da qualità (valore) a quantità (merce). Oggi per crisi dell'arte in senso stretto s'intende
invece la crisi nell'evoluzione dei linguaggi artistici. La crisi appunto della mentalità darwinistica ed
evoluzionistica dell'avanguardia.”
Oltre a Hegel e Darwin ABO analizza anche Marx, le struttura della società, politica, leggi, ecc.. , e
le sovrastrutture della società, accessioni, che per Marx era l’arte. ABO Marx sottolinea il concetto
positivo di crisi dell’arte.
"Tale momento critico viene ribaltato dalla generazione artistica degli anni Settanta in termini di
nuova operatività. Essa ha smascherato la valenza progressista dell'arte, dimostrando come di fronte
all'immodificabilità del mondo l'arte non è progressista bensì progressiva rispetto alla coscienza
della propria e circoscritta evoluzione interna. Ora lo scandalo, paradossalmente, consiste nella
mancanza di novità, nella capacità dell'arte di assumere un respiro biologico, fatto di accelerazioni e
rallentamenti. La novità nasce sempre da una richiesta del mercato che ha bisogno della stessa
merce, ma trasformata nella forma. In questo senso negli anni Sessanta sono state bruciate molte
poetiche e i sottostanti raggruppamenti. Perché i raggruppamenti, attraverso le poetiche, permettono
di costituire quella nozione di gusto che, proprio per la quantità degli artisti operanti nella stessa
direzione, consente il consumo sociale ed economico dell'arte.”
Negli anni 70 Gli artisti smascherano la valenza progressiva dell’arte, atteggiamento che ha Anche
a che fare con l’arte nel sistema economico, al contrario dell’arte povera, Il quadro torna ad avere
una valenza come oggetto, si avvicina alla produzione e al consumo.
Achille questo lo ribalta, Riconosce che nell’arte povera molti artisti si somigliano, e che in Italia
Questo ha creato una moda, nonostante loro volessero sfuggire dal consumismo e da mercato.
Riconosci invece che nella transavanguardia gli artisti sono dei nomadi, Li rende liberi ed
accomunati solo dal ritorno della pittura figurativa, lontani dall’essere una moda.

"Finalmente le poetiche si sono diradate, ogni artista opera attraverso una ricerca individuale che
frantuma il gusto sociale e perseque le finalità del proprio lavoro. II valore dell'individualità,
dell'operare singolarmente, si contrappone a un sistema sociale e culturale attraversato da
sovrastanti sistemi totalitari, l'ideologia politica, la psicanalisi e le scienze, che risolvono all'interno
della propria ottica, del proprio progetto, le antinomie e gli scarti prodotti dalla realtà nel suo farsi.
[...]
Achille accusa all’arte povera di non aver sfidato il sistema, contrario a Celant
“Irriducibilità dell'arte a ogni sistema: "l'arte serve a spingere l'esistenza verso condizioni di
impossibilità"Arte anni Settanta: "deconcentrazione, bisogno di catastrofe, rottura del bisogno
sociale"
"[...] Solo l'arte può essere metafisica, in quanto riesce a spostare il proprio fine dal fuori al dentro,
attraverso la possibilità di fondare il frammento dell'opera come una totalità che non rimanda ad
altro valore esterno al proprio apparire. Sostanzialmente l'arte trova dentro di sé la forza di stabilire
il deposito da cui attingere l'energia necessaria per costruire le immagini, e le immagini stesse,
intese come estensioni dell'immaginario individuale che assurge a valore oggettivo ed accertabile
tramite l'intensità dell'opera. Perché senza intensità non si ha arte. L'intensità è la qualità dell'opera
di darsi, nell'accezione lacaniana, come domasguardi, come capacità di fascinazione e di cattura
dello spettatore dentro il campo intenso dell'opera, dentro lo spazio circolare e autosufficiente
dell'arte, che funziona secondo leggi interne regolate dalla grazia demiurgica dell'artista, da una
metafisica interna che esclude ogni rimando e ogni motivazione esterna. “

"Regola e motivazione dell'arte è l'opera stessa, che impone la sostanza del proprio apparire, fatta di
materia e di forma, di pensiero direttamente incarnato nel luogo della pittura e del segno, non si
presenta positivamente frantumata, disseminata in molte opere, ciascuna portante dentro di sé
l'intensa presenza della propria esistenza regolata da un impulso circoscritto alla singolarità
dell'opera creata. Così si delinea il concetto di catastrofe, intesa come produzione di discontinuità in
un tessuto culturale retto negli anni Sessanta dal principio dell'omologazione linguistica. [...]
'"All'apparente nomadismo dell'Arte Povera e delle esperienze degli anni Sessanta, basato sul
riconoscimento di affinità metodologiche e tecniche, gli artisti degli anni Settanta oppongono un
nomadismo diverso e diversiticante, giocato sullo spostamento progressivo della sensibilità e dello
scarto tra un'opera e un'altra. [...] Ora invece l'arte tende a rimpossessarsi della soggettività
dell'artista, esprimendola attraverso le modalità interne del linguaggio. Il personale acquista una
valenza antropologica, in quanto partecipa a riportare l'individuo, in questo caso l'artista, nello stato
di una ripresa di un sentimento che è quello del sé.[...]
Concetto di Soggettività, per Achille e la transavanguardia, è un concetto che riguarda il singolo
ma che è l’identità della collettività, legata all’italianità, di famiglia, di valenza antropologica.
"[...] un nuovo atteggiamento che non predica alcun primato se non quello dell'arte e della flagranza
dell'opera che ritrova il piacere della propria pittura Nina ice pro poto spessorei ode la a atesimoell2
ideologiche e da arrovellamenti puramente intellettuali. L'arte riscopre la sorpresa di un'attività
creativa all'infinito, aperta anche al piacere delle proprie pulsioni, di una esistenza caratterizzata da
mille possibilità, dalla figura all'immagine astratta. dalla folgorazione dell'idea al morbido spessore

della materia, che si attraversano e colano contemporaneamente nell'istantaneità dell'opera, assorta e


sospesa nel suo donarsi generosamente come visione.
La Trans-avanguardia
"L'arte degli anni Settanta trova nella creatività nomade il proprio movimento eccellente, la
possibilità di transitare liberamente dentro tutti i territori senza alcuna preclusione con rimandi
aperti a tutte le direzioni. Artisti come Bagnoli, Chia, Clemente, Cucchi, De Maria, Paladino e
Salvadori operano nel campo mobile della Trans-avanguardia, intesa come attraversamento della
nozione sperimentale dell'avanguardia, secondo l'idea che ogni opera presuppone una manualità
sperimentale, la sorpresa dell'artista verso un'opera che si costruisce non più secondo la certezza
anticipata di un progetto e di un'ideologia, bensì si forma sotto i suoi occhi e sotto la pulsione di una
mano che affonda nella materia dell'arte, in un immaginario fatto di un incarnamento tra idea e
sensibilità.
Idea dell’artista eroe, Che lo dimostra nell’espressività dei gesti all’interno delle opere, Che
nell’arte povera era venuto a mancare (es Kounellis), ritorno Alla manualità espressiva spontanea
degli artisti senza una morale dietro, semplicemente spontanea. Figlia di un impeto di turbamento.
Tra idea e sensibilità.
"La nozione dell'arte come catastrofe, come accidentalità non pianificata che rende ogni opera
differente dall'altra, permette ai giovani artisti una transitabilità, anche nell'ambito dell'avanguardia
e nella sua tradizione, non più lineare ma fatta di affondi e di scavalcamenti, di ritorni e di
proiezioni in avanti, secondo un movimento e una peripezia che non sono mai ripetitivi in quanto
segnano la posizione nomade che non rispetta nessun impegno definitivo, che non ha alcuna etica
privilegiata se non quella di seguire i dettami di una temperatura mentale e materiale sincronica
all'istantaneità dell'opera. [...]
"Gli artisti degli anni Settanta, quelli che io chiamo della Trans-avanguardia, riscoprono la
possibilità di rendere lampante l'opera mediante la presentazione di una immagine che
contemporaneamente è enigma e soluzione. L'arte così perde il suo lato notturno e problematico, del
puro interrogare, a favore di una solarità visiva che significa possibilità di realizzare opere fatte ad
arte, in cui l'opera funziona Veramente da domasguardi, Nel senso che doma lo sguardo e inquieto
dello spettatore, Abituato all’avanguardia dell’opera aperta, Alla progettata incompletezza di
un’arte
che richiede il perfezionante Intervento dello spettatore. L’arte degli anni 70 tende a riportare
l’opera nel luogo di una contemplazione appagante, Dove la lontananza mitica, la distanza della
contemplazione, Si carica di erotismo e di energia tutta promanante dall’intensità Dell’opera e della
sua interna metafisica. “
Per queste opere incomplete lo spettatore serviva a completarne il senso, come catalizzatore, mentre
nell’arte povera il fruitore aggiungeva all’arte. Achille Bonito oliva teorizza il ritorno dello
spettatore come contemplatore, e il piacere di farlo.
Nomadismo stilistico:
“ la transavanguardia si muove a ventaglio con una torsione della sensibilità che permette all'arte un
movimento in tutte le direzioni, comprese quelle del passato. "Zarathustra non vuole perdere nulla
del passato dell'umanità, vuole gettare ogni cosa nel crogiuolo" (Nietzsche). Questo significa non
avere nostalgia di niente, in quanto tutto è continuamente raggiungibile, senza più categorie

temporali e gerarchie di presente e passato tipiche dell'avanguardia che ha sempre vissuto il tempo
alle spalle come archeologia e comunque come reperto da rianimare. [...]
5 maggio parte 2
Sandro Chia
Sandro Chia pratica, attraverso la pittura, la teoria di una manualità assistita da un’idea, dalla messa
in opera di un’ipotesi formulata attraverso la particolarità di una figura o di un segno. Se
l’immagine costituisce da una parte lo svelamento dell’idea iniziale, dall’altra è anche
testimonianza del procedimento pittorico che lo produce e ne svela l’interno circuito, la gamma
complessa di riflessi, le possibili corrispondenze, gli spostamenti e i rimandi fra le diverse polarità.
Attraverso scritti ed interviste sarà colui che si distaccherà maggiormente dalla transavanguardia.
Sviluppandola in maniera più personale rispetto agli altri, Andando anche a criticare l’inserimento
da parte di Achille Bonito oliva all’interno della transavanguardia.
“Ma nessuno capisce veramente il lavoro, talvolta non lo capisco nemmeno io. Voglio dire che il
lavoro è bene non capirlo troppo perché quale sia l’interpretazione il lavoro è di per se una cosa
misteriosa. Non ho, né voglio avere una chiave di lettura del mio lavoro, al contrario esso consiste
in qualcosa di imprendibile ed in continuo movimento”.
Sandro Chia, intervista a cura di Giancarlo Politi, in “Flash Art”, n. 121, giugno 1984
“Transavanguardia non mi ricorda niente perché non significa niente, come neoespressionismo non
significa niente. Purtroppo al lavoro dei pittori, pochissimi, assai meno di quelli menzionati sulle
liste convenzionali, non è corrisposto un adeguato lavoro per così dire teorico, ma ciò
probabilmente è anche una fortuna, perché così si è più liberi”.
Sandro Chia, intervista a cura di Giancarlo Politi, in “Flash Art”, n. 121, giugno 1984
Chia Sottolinea che aver circoscritto la transavanguardia in cinque artisti è limitante, per gli altri
artisti che non hanno avuto la giusta analisi teorica, anche se questo aspetto, Ovvero non avere un
critico che sta alle spalle che giudica in modo insistente ciò che fai, rende gli artisti della
transavanguardia molto più liberi, ma di minor numero.
Nella Collezione Maramotti di Reggio Emilia, coloro che possiedono il marchio Max Mara, Nasce
nei vecchi magazzini, una collezione con un altro numero di opere di Sandro Chia.
All’interno di questa collezione tra le opere si può notare il suo nomadismo stilistico, le opere tra
loro sono molto diverse, alcune più mistiche altre Invece richiamano grandi maestri come Cézanne.
Chia recupera anche il linguaggio della scultura, figurativa, autodeterminata, Dove il fruitore
diventa contemplatore passivo di un'opera che in sé è già finita.
Francesco Clemente
“Francesco Clemente opera attraverso la ripetizione e lo spostamento. Parte da un’immagine
preesistente che riproduce anche mediante la pittura. Ma ogni volta la riproduzione altera e sposta
ciò che è riprodotto, secondo variazioni tanto sottili quanto imprevedibili. Una certezza anticipata è
alla base dell’opera, che nella sua effettuazione implica uno scarto rispetto alla norma iniziale. Lo
spostamento avviene per linee oblique: segno tangibile della produzione di differenza”.
Clemente è più interessato al panorama internazionale, Infatti già dagli anni 80 si trasferisce in
America, New York, dove abita tuttora. Quindi dialoga con gli artisti internazionali.
Clemente riprende una serie di artisti “dimenticati” ed “emarginati” come Mario Sironi, Che
ricordiamo per i suoi dipinti e manifesti sul fascismo, sulla propaganda, sulla simbologia, che si
esprimeva attraverso la pittura murale. Emarginato perché accusato di propaganda per il regime.
Da Sironi riprende anche gli affreschi monumentali.
La transavanguardia pur essendo prettamente italiana oggi è considerato un fenomeno
internazionale, gli artisti hanno riconoscimenti internazionali.
Enzo Cucchi
“Enzo Cucchi accetta il movimento eccellente dell’arte, inscrivendo le cifre del proprio linguaggio
sotto il segno dell’inclinazione, dove non esiste stasi ma una dinamica di figure, segni e colore che
si attraversano e colano reciprocamente il senso di una visione cosmica. La pittura mastica dentro di
sé e assorbe nel microcosmo del quadro la collisione fra i vari elementi. Così microcosmo e
macrocosmo compiono insieme una traversata, in cui caos e cosmos trovano il deposito e l’energia
della propria combustione”.
Oltre al dipinto recupera anche il disegno, È il più legato al concetto del “Genius loci” o “genio
locale”, Legato alla cultura rurale e contadina, alla tradizione. Che si contrappone al consumismo
del periodo.
“Ma che cosa è la transavanguardia? Chiedetelo al critico che ne è responsabile, lui sa utilizzare
questo termine”.
Enzo Cucchi, Intervista di Gabriele Perretta, in “Juliet”, n. 39, dicembre 1988-gennaio 1989
Un’altra caratteristica degli artisti dell’avanguardia sono le dimensioni delle opere molto grandi.
“ L’artista viaggia nel vuoto più assoluto; Da cui si può uscire? Non deve uscire, Non deve essere
succube di ciò! L'artista deve semplicemente smetterla di stabilire un rapporto con l'esterno. Anche
perché nelle testimonianze ideologicamente più intense, pensa ai futuristi, si è solo continuato a
mantenere un rapporto con l'estero. Questo va interrotto. Un rapporto con l'interno forse non è mai
successo, ma oggi penso che sia necessario, perché se i segni sono tutti impazziti, la prima cosa che
mi viene in mente è che questi segni impazziti galleggiano in una giungla e li tu ti muovi da
clandestino, Cercando di portare fuori un segno senza stare a dire questo è buono e questo è cattivo”
Enzo Cucchi, Intervista di Gabriele Perretta, in *Juliet", n.39, dicembre 1988-gennaio 1989
Usa anche la Tecnica dell’encausto: encausto su cemento
Tecnica dell’affresco attraverso la cera, tecnica molto altica, ripresa dagli artisti della pop art, Jasper
Johns nei “bersagli”

Affresca una cappella Progettata dall’artista Mario botta in Svizzera, Questo per sottolineare che
non si ferma alla tela ma agisce anche nella spazialità.
Nicola de Maria
“Nicola De Maria opera sullo spostamento progressivo della sensibilità, praticato mediante gli
strumenti di una pittura che tende a darsi come esteriorizzazione di uno stato mentale e come
interiorizzazione di possibili vibrazioni che nascono durante l’esecuzione dell’opera. Il risultato è la
fondazione di un campo visivo, di una visione all’incrocio di molti rimandi, in cui le sensazioni
trovano un’estroversione spaziale fino a risolversi in una sorta di architettura interiore”.
Nicola de Maria e tra gli artisti della transAvanguardia che spazia nelle forme astratte. Rapporto tra
uomo e natura in termini trascendentali.
De Maria affresca una sala del castello di Rivoli, Più che per gli artisti della transavanguardia
Nicola de Maria si rapporta a quelli dell’arte povera. Operando a Torino, nel castello di Rivoli.
Mimmo Paladino
“Mimmo Paladino pratica una pittura di superficie, nel senso che tende a portare a emergenza visiva
tutti i dati sensibili, anche quelli più interiori. Il quadro diventa il luogo di incontro e di espansione
a vista d’occhio di motivi culturali e di dati sensitivi. Tutto è tradotto in termini di pittura, di segno
e
di materia. Il quadro è attraversato da temperature differenti, caldo e freddo, lirico e mentale, denso
e rarefatto, che affiorano alla fine della calibratura del colore”.
“Ogni mio lavoro è sempre e totalmente in equilibrio, nel senso che il movimento non è mai
dichiarato, né in un senso, né in un altro. Io mi considero un artista sospeso su un filo: posso cadere
da un momento all’altro, ma non voglio cadere da nessuna delle due parti. E il quadro è il prodotto
di quest’equilibrio”.
Mimmo Paladino, Intervista con Michele Buonuomo, in Terrae Motus, catalogo, Electa, Napoli,
1984
"[La discontinuità] originariamente non era un atteggiamento intenzionale, era piuttosto il disagio
Provocato dal nostro stesso lavoro nato da Instabilità, insoddisfazione, desiderio di libertà. Con il
tempo, purtroppo, si è ritornati allo “stile" ad un linguaggio identificabile. Il mercato, gallerie sono
state delle vere e proprie interferenze, in parte hanno smorzato la vitalità iniziale fatta di continua
fabbrica di misteri e di corti circuiti"
Mimmo Paladino, Intervista con Michele Buonuomo, in Terrae Motus, catalogo, Electa, Napoli,
1984

La Trans-avanguardia conclusione
"Ora fare arte significa avere tutto sul tavolo in una contemporaneità girevole e sincronica
che riesce a colare nel crogiolo dell'opera immagini private e della cultura. Tale
attraversamento significa anche non mitizzare il proprio lo, ma invece inserirlo in una rotta di
collisione con altre possibilità espressive, accettando cosi la possibilità di mettere la
soggettività all'incrocio di tanti incastri. "L'essere è il delirio di molti" (Musil). La
frantumazione dell'opera significa la frantumazione del mito dell'unità dell'lo, significa
assumere il nomadismo di un immaginario senza soste o punti di ancoraggio e di riferimento.
"Tutto questo rafforza la nozione di Trans-avanguardia, in quanto ribalta l'attitudine
dell'avanguardia di avere il privilegio di punti di riferimento. Ogni opera diventa una
peripezia che porta e ritorna nel luogo dell'opera, che attraversa campi di riferimenti
molteplici, che si serve di tutti pensa direttamente attraverso le immagini e si acquatta nel
fondo della visione, come una temperatura che fa da collante e permette ai frammenti
dell'opera di tenersi in una relazione mobile che non si serra mai e mai cerca riparo nell'idea
di unità.
"Non esiste alcuna regola demiurgica ma soltanto la pratica creativa dell'arte che rende
stabile ogni precarietà senza trasformarla in stabilizzazione e simbolica fissità. L'opera
conserva il flusso del suo processo, del suo essere operosa nei dintorni di una soggettività che
non tende mai a diventare esemplare ma semmai a conservare il carattere dell'accidentalità,
di un'apertura di campo che non significa 'ebbrezza romantica dell'infinito dell'avanguardia,
ma muoversi senza centro, lungo derive segnate da un'unica prospettiva, quella del piacere
mentale e sensoriale.”

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