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BENEDETTO CROCE
(Pescasseroli 1866 – Napoli 1952)
Scrive nel 1902 (e successive edizioni)
Estetica come scienza dell’espressione e
linguistica generale
…nella pittura e nelle altre arti figurative bisogna cercare, gustare e intendere solo ciò
che è veramente artistico, solo la forma estetica, e non già la materia variamente
Nell’Estetica l’arte è un mezzo di conoscenza,
ma afferisce alla intuizione individuale del interessante, che nella forma è stata risoluta e oltrepassata. Donde la polemica contro
conoscere, distinta dalla conoscenza logica le interpretazioni filosofiche e simboliche e storiche della pittura, e contro quelle
generale della filosofia e delle scienze
passionali ed oratorie. Chi innanzi a una pittura ripensa ai concetti adombrati, ricorda
la storia commemorata, rinnova nel suo animo un sentimento piacevole o una spinta
Per Croce intuizione ed espressione all’azione, che furono già come precedenti materiali o come ingredienti estranei
coincidono
nell’anima del pittore, non è giunto ancora ad accogliere in sé la pittura in quanto
pittura, ossia in quanto arte; non ne ha ricevuto ancora, o ha cessato di riceverne,
L’arte dunque non è solo espressione dell’artista, ma l’impressione estetica. (B. Croce, Critica e storia delle arti figurative, 1946)
anche intuizione di chi giudica
Ma questo non assegna nessun carattere che sia particolare e proprio della pittura; tanto
vero che nella poesia, alla quale per questa parte si suole contrapporre la pittura, la cosa
va del tutto allo stesso modo; e noi altri, critici e storici della poesia, siamo costretti del
pari a polemizzare contro gl’inintelligenti, che in quella cercano la didascalica, il
Ormai la partizione dei vecchi estetici tra arti imitative (come la scultura, la pittura e la poesia) e
raccontino, il senso riposto e le materiali commozioni, e a rammentare di continuo che la
arti non imitative (come l’architettura e la musica) fa sorridere, perché la possibilità stessa che vi
poesia è tutta nella forma, nella liricità, nel ritmo (anche nel caso di un lungo romanzo o
siano arti non imitative induce subito il sospetto, che nessun’arte sia mai «imitativa». In altri
di una complessa tragedia), in qualcosa che è più e meno delle altre cose mentovate di
termini, e per stare al nostro caso, l’identità della esigenza teoretica, e l’identità della correlativa
sopra, e che dal filosofema si distingue perché è di là e di qua dalla distinzione di reale e
polemica, nella pittura e nella poesia, ben lungi dal differenziare pittura e poesia, valgono a
irreale, e dalla commozione pratica, perché è di là o di qua dalla pratica, e configura la
dimostrarne ancora una volta l’unità. (B. Croce, Critica e storia delle arti figurative, 1946)
commozione e nel configurarla la trae fuori dai suoi limiti e inserisce in lei il dramma
eterno del mondo. (B. Croce, Critica e storia delle arti figurative, 1946)
Poiché all'origine di ogni forma espressiva c'è un atto
estetico, anche l'etimologia sarà tanto meglio fondata
L’arte dunque non è solo di chi realizza un’opera, ma anche di chi esprime un proprio "quanto più chiara coscienza avrà che essa, per il suo
giudizio: in poche parole di chi esercita la critica oggetto e il suo metodo, ha essenzialmente da fare con
poesia e sogno di poeti e che, in quanto storia di parole, è
una sorella o addirittura un sosia della storia della
letteratura.
Karl Vossler
Karl Vossler
Julius Schlosser
Storia dell’opera d’arte è storia del suo stile, ma è anche
Teorizza la Kunstliteratur, cioè la letteratura artistica:
storia del linguaggio: come Croce aveva unito le arti
crocianamente la storia dell’arte è storia dell’espressione
visive alla poesia, allo stesso modo Schlosser mette
artistica ma anche intuizione. C’è dunque identità tra
assieme la grammatica artistica ad una letteraria
storia e critica; per studiare un’opera d’arte è necessario
conoscere la storia ma anche i giudizi espressi sull’opera.
Pochi altri studiosi hanno nutrito per Benedetto Croce tanta deferenza,
ammirazione e amicizia quante ne nutrì, costantemtente, Lionello Venturi;
Lo studio scientifico dei testi che parlano di arte è detto da eppure la sua critica è, in fondo, tutta una polemica, non contro, ma attorno al
Schlosser «studio delle fonti»: ‘Il concetto stesso della pensiero del Croce. E’ al Venturi, in grandissima parte, che si deve se in Italia
scienza delle fonti ha bisogno di una limitazione: si si è formata una scuola di storia dell’arte d’impostazione crociana; e se
intendono qui le fonti scritte, secondarie, indirette; l’esperienza o almeno l’impronta dello storicismo del Croce rimangono
soprattutto quindi, nel senso storico, le testimonianze tuttavia il segno di una dignità e di una disciplina umanistiche anche per
letterarie, che si riferiscono in senso teoretico all’arte, quella parte della critica artistica italiana che pure si fonda su basi molto
secondo il lato storico, estetico o tecnico, mentre le diverse da quelle dell’idealismo. […] Riconosceva che l’estetica del Croce
testimonianze per così dire impersonali, iscrizioni, era stata costruita al di fuori d’ogni concreta esperienza dell’arte figurativa ed
documenti e inventari, riguardano altre discipline e anzi, pur rifiutando come empirica ogni distinzione tra le arti, finiva per
possono qui essere materia soltanto di un’appendice. J tracciare limiti ed alzare barriere che escludevano interi periodi della storia
Schlosser Magnino, La letteratura artistica, 1924. dell’arte e interi cicli della creatività umana. G. C. Argan, Lionello Venturi, in
Lionello Venturi (1885-1961) Belfagor, 1958.
Julius Schlosser
Giorgione solo doveva creare la favella nuova del «tono» in funzione di «valore».
Intendiamoci! Tono non è valore. Tono è la «qualità di una tinta nella serie delle sue
gamme astrattamente ordinate fra luci è l’ombra, termini che solo per un caso dei
centomila coincidono col bianco e col nero; non soltanto: è la singola nota toccata
col dito sul pianoforte, elemento fisso d’una scala di gradazioni e di una famiglia di
accordi determinate e che nel caso nostro sono quelle della visione pittorica
giorgionesca. Noi diciamo «do diesis», «sì bemolle», come diciamo «quel tono di
rosso», quel «tono di giallo» propri a Giorgione e secondo la maggiore o minore
frequenza con cui li troviamo nell’opera sua li chiamiamo, o no, «dominanti».
Valore è la quantità di ombra o di luce contenuta nel tono, ovvero la relativa
«quantità» sua rispetto a quelli vicini che lo modificano e ne sono modificati.
Esplichiamo la differenza. […] Ora l’occhio del pittore – e intendo senz’altro il suo
spirito creatore – ha rispetto alle infinite tinte possibili la funzione di scelta e di
accordo che ha l’atmosfera sui colori locali: solo che, mentre questi e quella possono
in realtà variare all’infinito, egli espone invece d’una tavolozza tutta sua in cui
giocano alcuni speciali fra quei colori e quelle illuminazioni: è questo il suo mondo
pittorico e questo è al tempo stesso il linguaggio con cui egli sa esprimerlo. Quindi,
parlano della visione coloristica veneta, non sarà proprio parlare di tono come di una
sua precipua ricchezza: pittura tonale è ogni pittura che sia tale, cioè qualcosa più
Sergio Ortolani (1896-1947), Coltura e arte, «L’Arte», 1923- che una strillante scacchiera. Con questo non si vuol dire che in certo senso tanti
1924, pp. 143-148 e 253-263 affreschi e tante tavole toscane siano non-pittura, ma che essi sono piuttosto dei
Giorgione, Sacra Conversazione, disegni mal colorati. S. Ortolani, Coltura e arte, 1924
1501, Castelfranco Veneto, Duomo
Ha studiato a Cambridge.
Massimo studioso di Nicolas Poussin e conservatore
delle collezioni reali dal 1945 fino al 1972.
Ha insegnato al Courtauld Institute della University of
London dal 1947.
Autore di importanti pubblicazioni, come:
Artistic Theoriy in Italy 1450-1600 del 1940 (ed. italiana
Le teorie artistiche in Italia dal Rinascimento al
Manierismo);
Art and Architecture in France 1500-1700 del 1953;
The Art of William Blake del 1959;
Nicolas Poussin del 1966;
Arte Barocca del 1968.
classica a quella Impressionista. quantità, sia pure moderata, di significato estetico – pura bellezza della forma e
del colore – hanno il potere di provocare il brivido estetico; soltanto questo
brivido può indurre lo stato d’animo recettivo perfetto; e soltanto in questo stato
d’animo si può godere a pieno dell’opera d’arte. C. Bell, Meditazioni alla
National Gallery
Clive Bell
Attorno alla Biennale 1948: la critica d’arte italiana nel fine della Seconda Guerra Mondiale che abbia risonanza
Ludovico Ragghianti, Pio Semeghini, Lionello Venturi sinistra), Nino Barbantini (3° da sinistra), Pio Semeghini (1° da
sinistra), Roberto Longhi (11° da sinistra), Rodolfo Pallucchini (8°
da sinistra)
Opera di Henry Moore
Opera di Giorgio Morandi
Opera di George Braque
Alberto Viani
Lionello Venturi, Carlo Scarpa e Peggy Guggenheim al Ingresso della Peggy Guggenheim Collection a Venezia. Allestimento di Carlo Scarpa
padiglione della Grecia durante la Biennale del 1948
Jackson Pollock,
Alchimia, 1947, Venezia
Peggy Guggenheim
Collection
Peggy Guggenheim aveva fatto vedere alla Biennale le Avanguardie storiche e le ultime tendenze
Interno della Guggenheim Collection a Venezia, allestimento di Carlo Scarpa 1948
americane, in particolare le opere dell’Espressionismo astratto di Jackson Pollock
“ [Cézanne è] il più grande artista dell’era moderna, il cui testamento “ [Cézanne è] il più grande artista dell’era moderna, il cui testamento
pittorico potrebbe essere quello di Piero dei Franceschi”. R. Longhi, Piero pittorico potrebbe essere quello di Piero dei Franceschi”. R. Longhi, Piero
dei Franceschi e lo sviluppo della pittura veneziana, in «L’Arte, 1914. dei Franceschi e lo sviluppo della pittura veneziana, in «L’Arte, 1914.
R. Longhi, Mino Maccari, 1948, Edizioni U C. L. Ragghianti, Carlo Levi, 1948, Edizioni U
Ripubblicazione di un saggio apparso nel 1938 in occasione di
un’esposizione di Maccari presso la Galleria dell’Arcobaleno di Venezia.
Mino Maccari nacque a Siena nel 1898 e morì a Roma nel 1989.
Al termine del testo Longhi aveva aggiunto un nota: «Questo breve
Laureatosi in giurisprudenza e fin da giovane attratto dalle arti
saggio reca i segni del tempo in cui fu scritto e dell’occasione che lo
grafiche. Soldato nella Prima Guerra Mondiale, in un primo
stimoli [sic]: una mostra di Maccari alla galleria veneziana
momento aderisce al fascismo rivoluzionario per poi
dell’Arcobaleno, nel 1938. Nel decennio seguente, che fu, come tutti
polemizzarne durante gli anni di regime.
ricordiamo, abbastanza pieno, anche l’arte di Mino Maccari si è mossa e
arricchita di motivazione di cui, per forza maggiore non potrebbe trovarsi
alcun riflesso in questo vecchio scritto; tutt’al più qualche tenue
previsione. Però, meglio lasciarlo com’è. Era, allora, il tempo della nostra
polemica con l’iconoclastia fascista dei Pensabene, Interlandi, ecc. Ed
oggi, novembre 1948 … Insomma, potrà ancora servire a qualcuno». R.
Longhi, Mino Maccari, 1948, Edizioni U
R. Longhi, Mino Maccari, 1948, Edizioni U R. Longhi, Mino Maccari, 1948, Edizioni U
«Era, allora, il tempo della nostra polemica con l’iconoclastia fascista dei
Pensabene, Interlandi, ecc. Ed oggi, novembre 1948 … Insomma, potrà Maccari invece era stato inizialmente a favore del regime, poi
ancora servire a qualcuno». R. Longhi, Mino Maccari, 1948, Edizioni U polemico, tanto da fondare la rivista satirica «Il Selvaggio» in cui
attaccava il carattere reazionario e borghese del regime.
R. Longhi, Mino Maccari, 1948, Edizioni U R. Longhi, Mino Maccari, 1948, Edizioni U
Carlo Levi nacque a Torino nel 1902 e morì a La monografia di Ragghianti su Levi è il
Roma nel 1975. Fu antifascista, partigiano, primo lavoro completo sull’artista. Levi era
pittore e scrittore. La sua opera più celebre è stato suo compagno di lotta nelle file del
Cristo si è fermato ad Eboli, che narra del suo Partito d’Azione.
confino in Lucania.
C. L. Ragghianti, Carlo Levi, 1948, Edizioni U C. L. Ragghianti, Carlo Levi, 1948, Edizioni U
Ad introduzione della nuova rivista chiamata «Paragone», Longhi scriveva: «Si ascrive
di solito a pregio, o almeno a distinto carattere, della cultura italiana l’accordo che
esisterebbe fra noi circa la perfetta identità di critica e di storia artistica. E sarebbe certo
un punto importante se l’accordo esistesse, preventivamente, anche su quel che storia e
Longhi in questo saggio dunque avversa: critica, così conglomerate, abbiano ad essere. Ma dubito che sia così. Per un esempio.
In una storia della critica d’arte scritta recentemente da un italiano, si è pensato di far
consistere il compito principale nella dichiarazione e, talvolta , ammetto, nella
confutazione, di quella parte delle dottrine filosofiche che, d’epoca in epoca, avrebbe,
per dir così, autorizzato il relativo giudizio critico sull’opera d’arte.
C’è però da domandarsi se, per questa strada, la migliore critica abbia ad incontrarsi
spesso. Le dottrine procedono in assenza delle opere, o tutt’al più sbirciandole di
lontano, la critica soltanto in presenza. Il loro convegno è perciò difficile e tutto a
vantaggio delle parti astrattive che subito correranno a sforbiciare, ad amputare le
facoltà più immediate e sensibili; tanto che i critici più diretti han preferito quasi
sempre tenersi a buona distanza da quelle ‘nevi eterne del pensiero’». R. Longhi,
Proposte per una critica d’arte, in «Paragone», 1, 1950, p. 5.
«Dato, e non concesso, che la migliore critica d’arte sia la diretta e riuscita espressione Nel metodo di Longhi c’è tuttavia qualcosa di più. Egli
[…] dei sentimenti sollecitati da un dipinto, dove trovare il punto di consenso possibile infatti applica alla critica le cosiddette equivalenze verbali,
sul nuovo risultato così ottenuto? Ma se l’arte stessa è storicamente condizionata, come tipiche del romanzo storico ottocentesco. In particolare egli
non lo sarebbe la critica che la specchia, la specula? E di questo le si dovrebbe far fa riferimento allo stile di Manzoni e soprattutto della
carico? Qui è anzi il punto per battere in breccia quegli ultimi relitti metafisici che sono tradizione francese, che culmina con La ricerca del tempo
i principi del capolavoro assoluto e del suo splendido isolamento. L’opera d’arte, dal perduto di Marcel Proust
vaso dell’artigiano greco alla Volta Sistina, è sempre un capolavoro squisitamente
‘relativo’. L’opera non sta mai da sola, è sempre un rapporto. Per cominciare: almeno Di questo lavoro Longhi scrive: «Apparizione d’oro e di
un rapporto con un’altra opera d’arte. Un’opera sola al mondo, non sarebbe neppure avana, azzurro e grigio. Le carni lievemente aduste; quasi
intesa come produzione umana, ma guardata con reverenza, o con orrore, come magia, un sospetto meticciato. Sui visi più chiari le ombre
come tabù, come opera di Dio o dello stregone, non dell’uomo. E s’è già troppo ardesia. Le babbucce di Sant’Alberto come olive nere.
sofferto del mito degli artisti divini, e divinissimi; invece che semplicemente umani. Toni caldi e toni freddi […] da non distinguersi. Ori, ori:
E’ dunque il senso dell’apertura di rapporto che dà necessità alla risposta critica. non però appiattiti sulla luce, anzi che smagliano nella
Risposta che non involge soltanto il nesso tra opera e opere, ma tra opera e mondo, luce, bruciati dalla penna nera dell’ombra. Sentimento
socialità, economia, religione, politica e quant’altro occorra.». R. Longhi, Proposte per Carlo Braccesco, Trittico dell’Annunciazione, 1495 ca., Parigi,
degli ori. Coltivazione degli ori. Civiltà degli ori
una critica d’arte, in «Paragone», 1, 1950, pp. 15-16. Musée du Louvre lombarda». R. Longhi, Carlo Braccesco, 1942.
Nasce ad Hannover, in Germania. Studia a
Friburgo, Monaco e Berlino. Quando diventa
professore ad Amburgo entra in contatto con
Aby Warburg. Essendo ebreo, nel 1933 è
Iconografia e iconologia (da Erwin Panofsky
costretto a lasciare la Germania e trova rifugio
a Millard Meiss) prima a New York e poi a Princeton, dove
insegnerà all’Advanced Study Institute, centro di
studi che ospiterà anche Albert Einstein.
Esempio: Il ciclo di affreschi nel Salone dei Mesi di Schifanoia a Ferrara (1469-1470 ca.)
Francesco Del Cossa, mese di marzo, 1469 ca., Ferrara, Palazzo Schifanoia Francesco Del Cossa, mese di marzo,
1469 ca., Ferrara, Palazzo Schifanoia
«Abu Ma ‘Sar nel capitolo della sua Grande introduzione che qui ci
interessa, dà una sinossi di tre differenti sistemi di stelle fisse: del
sistema corrente arabo, del sistema tolemaico e infine di quello indiano.
In questa serie dei decani indiani ci si crede circondati in un primo
momento della più genuina fantasia orientale […]. Così, un esame
ulteriore dei decani ‘indiani’ dà il risultato[…] che infatti accessori
indiani hanno ricoperto simboli astrali di origine schiettamente greca.
L’indiana Varaha Mihira (VI secolo), innominata autorità di Abu Ma
‘Sar, elenca nel suo Brhajjataka molto esattamente come primo decano
dell’ariete un uomo dalla scure bipenne. Egli dice: ‘Come primo decano
dell’ariete si presenta un uomo nero dagli occhi rossi che ha i fianchi
cinti di un panno bianco, terribile nell’aspetto quasi a indicare la sua
Francesco Del Cossa, Decano di marzo,
Ferrara, Palazzo Schifanoia
capacità di proteggere; egli tiene alzata una scure». A. Warburg, Arte e
astrologia nel Palazzo Schifanoia a Ferrara, 1912.
Francesco Del Cossa, mese di marzo, Planisfero Bianchini, Parigi, Musée du Louvre
1469 ca., Ferrara, Palazzo Schifanoia
Sopravvivenza -
Civiltà Araba Nachleben
Atlante della Memoria, Allestimento di Amburgo La visione della sopravvivenza dell’antico Il Rinascimento tornerà ad essere un’alta
Per Panofsky ci sono dunque tre livelli di lettura del soggetto o significato delle opere
d’arte:
1. Soggetto primario o naturale: lo si apprende identificando pure forme.
2. Soggetto secondario o convenzionale: lo si apprende riconoscendo che una figura
Per Panofsky sono chiamati rinascenze e non
virile con un coltello rappresenta san Bartolomeo
rinascimenti, che a questo punto si identifica
3. Significato intrinseco o contenuto: lo si apprende individuando quei principi di
sono con il periodo tra il XV e il XVI secolo
fondo che rivelano l’atteggiamento fondamentale di una nazione, un periodo, una
classe, una concezione religiosa o filosofica, qualificato da una personalità e
condensato in un’opera d’arte.
Per Panofsky ci sono dunque tre livelli di lettura del soggetto o significato delle opere
d’arte: L’iconologia studia pertanto i «valori simbolici», espressione quest’ultima
1. Soggetto primario o naturale: lo si apprende identificando pure forme. Lettura iconografica di I
livello che Panofsky riprende dal filosofo Ernst Cassirer
2. Soggetto secondario o convenzionale: lo si apprende riconoscendo che una figura
virile con un coltello rappresenta san Bartolomeo Lettura iconografica di II
livello
3. Significato intrinseco o contenuto: lo si apprende individuando quei principi di
fondo che rivelano l’atteggiamento fondamentale di una nazione, un periodo, una
Il neo-kantiano Cassirer afferma che come pensiero e linguaggio,
classe, una concezione religiosa o filosofica, qualificato da una personalità e
coscienza e comunicazione, spirito ed espressione l’uomo passa dalla
condensato in un’opera d’arte. Lettura iconologica
natura biologica alla civiltà sociale con le forme simboliche, costitutive
del sapere e della cultura umana come universo simbolico teorico e
pratico.
L’opposizione alla forma dichiarata «[…] si può con ragione affermare che gli errori, più o meno grandi, di prospettiva,
all’inizio è dunque opposizione allo anzi persino la completa assenza di qualsiasi costruzione prospettica, non hanno nulla
studio formale dell’opera d’arte, ma non a che fare con il valore artistico (così come la rigorosa osservanza delle leggi
allo studio culturale della forma prospettiche non infirma necessariamente la ‘libertà’ artistica). Ma se la prospettiva
non è un momento rientrante nell’ordine dei valori, essa è tuttavia un momento
stilistico; anzi, se vogliamo adottare anche nella storia dell’arte il termine felicemente
coniato da Ernst Cassirer, essa è una di quelle ‘forme simboliche’ attraverso le quali
Caso esemplare è dunque quello della ‘un particolare contenuto spirituale viene connesso a un concreto segno sensibile e
prospettiva
intimamente identificato con questo’; in questo senso, diviene essenziale per le varie
epoche e province dell’arte chiedersi non soltanto se conoscano la prospettiva, ma di
quale prospettiva si tratti». E. Panosfky, La prospettiva come forma simbolica, ed.
originale 1927
«Esiste un elemento di prova che mostra come almeno alcuni tra gli architetti francesi
del XIII secolo pensavano e agivano in termini strettamente scolastici. Nell’Album di
Panofsky è stato anche un maestro riconosciuto della storia della cultura. Testo Villard de Honnercourt si trova il disegno della pianta di un ideale chevet che egli e
fondamentale del suo impegno per chiarire il valore culturale dell’espressione un altro maestro, Pierre de Corbie, avevano progettato, secondo la didascalia di poco
artistica è Architettura gotica e filosofia scolastica del 1951. In questo testo successiva, inter se disputando. Abbiamo dunque qui due architetti del gotico maturo
l’autore dimostra come l’architettura gotica e la scolastica abbiano in comune lo che discutono di una questio, e un terzo che da riferimento a questa discussione con lo
stesso luogo d’origine (il nord della Francia) e si compone delle stesse specifico termine scolastico disputare, anziché colloqui, deliberare e simili. E qual è
caratteristiche. il risultato di questa disputatio? Uno chevet che combina, per così dire, ogni possibile
La Summa di san Tommaso d’Aquino e la cattedrale gotica possono quindi Sic con ogni possibile Non. Esso presenta un doppio ambulacro combinato con un
paragonarsi secondo metodi identici, per la rigorosa separazione tra le parti; la emiciclo continuo di cappelle complete, tutte all’incirca uguali in profondità. La
chiarezza (claritas) delle gerarchie formali; conciliazione armoniosa dei contrari. pianta di queste cappelle è alternativamente semicircolare e, alla maniera cistercense,
Panofsky riteneva che il principio gotico della trasparenza era in sintonia con la quadrate. E mentre le cappelle quadrate hanno volte separate come era l’uso, le volte
concezione scolastica che sosteneva l’interpretazione tr ragione e fede. di quelle semicircolari hanno una chiave di volta unica in comune con gli adiacenti
settori dell’ambulacro esterno […]. Qui la dialettica scolastica ha condotto il pensiero
Raffaello Sanzio, Il Sogno del cavaliere, 1504 ca, Raffaello Sanzio, Le tre Grazie, 1504 ca.,
Joahua Raynolds, Ritratto allegorico di James Beattie,
Londra, National Gallery Chantilly, Musée Condé Aberdeen, University of Aberdeen Allan Ramsay, Ritratto di David Hume, Edimburgo,
National Gallery of Scotland
Virtù maschili e virtù femminili
Wind individua due modalità di Importanza del valore allegorico delle immagini: caso 4
rappresentazione nella ritrattistica del
Settecento inglese: la prima, quella più
intellettuale e rappresentata da Raynolds, si
arricchisce di elementi nobilitanti come le
allegorie; mentre la seconda seguiva quella
che lui chiamava ‘il modo semplice di
ritrarre’
Frontespizio del Leviatano di Thomas Hobbes, 1651 Frontespizio della Scienza nova di
Giambattista Vico, 1744
La critica e la storia sociale Tale metodologia si sviluppa principalmente per due ragioni:
Definizione (di comodo) di storia sociale dell’arte: è una disciplina che affronta
Cosa studia la storia sociale?
i problemi della produzione artistica in rapporto alla società.
Tale metodologia si sviluppa principalmente per due ragioni:
La storia sociale dell’arte studia anche il ruolo dell’artista nella Bretagna. A motivare tale situazione ci sono ragioni storiche, culturali e di
Scuola di Vienna: in particolare Max Dvořák Scuola di Vienna: in particolare Max Dvořák
Masaccio, Madonna col Bambino, 1426 e Gentile da Fabriano, Madonna col Bambino, 1425 F. Antal, La pittura fiorentina Masaccio, Madonna col Bambino, 1426 e Gentile da Fabriano, Madonna col Bambino, 1425 pittura fiorentina
rivoluzione industriale in Inghilterra. Si tratta pertanto della classica gerarchia dei generi artistici: opere di
di un lavoro che vede coincidere nell’opera d’arte tanto ferro e vetro diventano fondamentali per capire
l’elemento di testimonianza di un periodo, quanto il un’epoca meglio della pittura e della scultura
Con la Rivoluzione francese i centri tradizionali di committenza In questo libro espone il concetto di
scompaiono, per riapparire durante la Restaurazione. Senza che si period eye (occhio periodizzante)
Arnold Hauser inizia ad insegnare a Vienna Tra le sue opere più celebri è da
e a Budapest, per poi trasferirsi in menzionare la Storia sociale dell’arte
Inghilterra, insegnando all’Università di (1953), ma anche Il Manierismo (ed.
Leeds. Benché la sua metodologia fosse di italiana 1965), la Sociologia dell’arte (ed.
impianto socialista e prevedesse un’analisi italiana 1977) e Le teorie dell’arte (ed.
degli oggetti artistici sulla base delle classi italiana 1969).
sociali cui erano destinate, aprì i suoi
interessi anche alle teorie psicologiche,
sociologiche e alla cultura popolare.
In Le teorie dell’arte ha scritto: «Le opere
d’arte sono una forma di provocazione. Noi
non le spieghiamo, ma ci misuriamo con
Nikolaus Pesvner, dopo aver studiato in Germania (Lipsia,
esse. Le interpretiamo in conformità dei
Monaco, Berlino e Francoforte), si trasferì in Inghilterra
nostri fini e delle nostre aspirazioni, diamo
(Cambridge e poi Londra). Ha studiato principalmente la
loro un senso, la cui origine si trova nelle
storia del design e dell’architettura, dirigendo assieme a
nostre forme di vita e nelle nostre abitudini
John Fleming e Hough Honour il Dizionario di architettura,
di pensiero e, per dirla in breve, di ogni
edito in Italia da Laterza.
arte con la quale abbiamo un reale rapporto
facciamo un’arte moderna.» A. Hauser, Le
teorie dell’arte, ed. italiana 1969
Istanze intra-psichiche: Io, ES, Super-io. L’immagine per Freud ha un valore simbolico di
Il Super-io si è originato dall’interiorizzazione dei codici pulsioni istintivo-affettive da un punto di
comportamentali della società: considerare ciò che è bene partenza sessuale.
e male, divieti e permessi, ecc. Il Super-io viene
sviluppato dal bambino in rapporto con i genitori (la sua
società).
L’ES è ciò che viene rimosso: è il territorio delle pulsioni Questo aspetto, nella cultura tedesca
contrastanti e del piacere, dove prevale il bisogno tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del
egoistico. Secondo Freud tale istanza è del tutto Novecento è elemento che mette in
nell’inconscio. relazione Freud agli studi di storia
L’Io corrisponde dalla personalità, ma risiede in parte dell’arte.
anche delle altre parti della psiche, dunque rischia
continuamente di passare dall’eccesso del piacere al rigore
della regola sociale.
Freud in uno studio del 1906 interpreta il
racconto di Wilhelm Jensen dal titolo di Gradiva
e acquista un calco dell’opera conservata ai
Musei Vaticano di Roma. Si tratta della storia del
giovane archeologo-filosofo Norbert Hanold che
insegue l’immagine di Gradiva come si insegue
il fantasma sorto dalle proprie fissazioni, e il
racconto non è che la parabola di tale
inseguimento, nel quale il desiderio per ciò che è
morto (il bassorilievo raffigurante Gradiva) – un
passato ormai sepolto che non intende però
lasciarsi interrare per sempre – lascia il posto al
desiderio di ciò che è vivo (Zoe, amata in carne e
Studio di Freud a Vienna
ossa).
Il Pathosformel è perciò
Ri-creazione: se le modalità di rappresentazione sono complesse, Scritto nel 1960, Arte e illusione è l’opera più
il fruitore deve essere altrettanto maturo e attrezzato nella famosa di Gombrich dopo La storia dell’arte.
comprensione. Dice infatti Gombrich riprendendo le teorie di Kris Gombrich in "Arte e illusione" ha inventato le
a tal proposito: «È bene ricordare però che un’immagine così famose nozioni di "making" e "matching".
complessa [parla della Galatea di Raffaello] non solo è più Avvalendosi di un proprio metodo
difficile da dipingere, ma è anche più difficile da leggere che non interdisciplinare, nei suoi studi Gombrich ha
una rappresentazione più primitiva, come quella del Botticelli. chiarito soprattutto il reciproco adattamento delle
Fino ad un certo punto, se vogliamo ricostruire le figure dipinte forme espressive e delle categorie percettive,
dobbiamo lavorare sulla base di indizi e nella nostra mente ridefinendo la rappresentazione visiva come
ripetere lo sforzo di fantasia dell’artista». E. Gombrich, attività radicata nei repertori di simboli
Psicanalisi e storia dell’arte, 1966 tramandati.
L’autore dunque sviluppa una teoria del A queste premesse si sono ispirati altri teorici
linguaggio visivo basata sulle illusioni visive dell’arte per un approccio semiotico alla
portatrici di un significato (in questo Gombrich è disciplina come Meyer Shapiro.
erede della scuola di Warburg): l’arte è un
linguaggio composto da percezioni, affetti e
concetti.
Strutturalismo = Teoria e metodologia affermatesi in varie scienze dal primo
Novecento, fondate sul presupposto che ogni oggetto di studio costituisce
La critica d’arte e lo strutturalismo – la critica una struttura, costituisce cioè un insieme organico e globale i cui elementi non
d’arte e la semiotica hanno valore funzionale autonomo ma lo assumono nelle relazioni oppositive e
distintive di ciascun elemento rispetto a tutti gli altri dell’insieme. (Dalla voce
Treccani)
La storia dell’arte concepisce lo stile come Nel libro Concetti fondamentali della storia dell’arte (1915)
espressione
quanto egli elabora è detto anche anche «storia dell’arte senza
nomi», dato che gli elementi di base della forma artistica non
variano, semmai possono variare alcuni elementi esterni alla
forma.
Il temperamento dell’artista da solo non produce un’opera
d’arte, ma costituisce quel che può chiamarsi la parte concreta
dello stile.
Il significato e lo scopo veri della «storia dell’arte senza
nomi» sono effettivamente quelli di sottrarre la storia
dell’arte al caso e all’arbitrio e di dare ad essa l’apparenza di
Heinrich Wölfflin 1864-1945 Oltre all’analisi della qualità dei valori di un’opera e di un Heinrich Wölfflin 1864-1945
una regolarità rigorosa.
artista, si deve tener conto di un terzo elemento, cioè la
rappresentazione come tale. Ogni artista si trova di fronte a
determinate possibilità ottiche a cui è vincolato.
La sua metodologia si basa su opposizioni binarie. Secondo lo
La sua metodologia si basa su opposizioni binarie. Secondo lo
studioso un oggetto artistico può essere valutato attraverso i
studioso un oggetto artistico può essere valutato attraverso i
seguenti aspetti: lineare/pittorico; visione in superficie/
seguenti aspetti: lineare/pittorico; visione in superficie/
profondità; forma chiusa/forma aperta; molteplicità/unità;
profondità; forma chiusa/forma aperta; molteplicità/unità;
chiarezza assoluta/chiarezza relativa.
chiarezza assoluta/chiarezza relativa.
relativi ad una lettura formalistica contorno; cioè se debba essere inteso in senso lineare o no. Nel primo caso,
Heinrich Wölfflin 1864-1945 il contorno è come una rotaia che segue regolarmente la forma in ogni punto
dell’opera d’arte, è stato visto come
sistema che vede l’oggetto artistico quale e a cui l’osservatore può tranquillamente affidarsi; nel secondo, è il giuoco
struttura. delle luci e delle ombre che domina nel quadro, non proprio in maniera
assoluta, ma senza accentuazione dei limiti». Wölfflin, Concetti
fondamentali della storia dell’arte
La sua metodologia si basa su opposizioni binarie. Secondo lo La sua metodologia si basa su opposizioni binarie. Secondo lo
studioso un oggetto artistico può essere valutato attraverso i studioso un oggetto artistico può essere valutato attraverso i
seguenti aspetti: lineare/pittorico; visione in superficie/ seguenti aspetti: lineare/pittorico; visione in superficie/
profondità; forma chiusa/forma aperta; molteplicità/unità; profondità; forma chiusa/forma aperta; molteplicità/unità;
chiarezza assoluta/chiarezza relativa. chiarezza assoluta/chiarezza relativa.
Superficie/profondità: «Mentre la rudimentale figurazione dei primitivi è, in pratica, Questi schemi non implicano per Wölfflin un giudizio di valore. Egli dirà che in
piuttosto legata alla superficie, ma tenta continuamente di sottrarsi al suo predominio, queste forme della visione o della rappresentazione, che chiama anche categorie,
Heinrich Wölfflin 1864-1945 vediamo che l’arte, che ha appena conquistato lo scorcio e la profondità spaziale, si Heinrich Wölfflin 1864-1945 hanno senso imitativo e decorativo, perché abbracciano insieme l’imitazione della
lega consapevolmente e coerentemente alla superficie, come alla forma visiva più natura e la decorazione, cioè l’aspetto visivo, comprendono ciascuna una verità e una
autentica; e questa forma, anche se, a momenti, può venir interrotta da motivi svolti in bellezza.
profondità, domina tutta l’opera come elemento fondamentale della rappresentazione.
I motivi svolti in profondità dall’arte primitiva mancano, di solito, di una coerenza
logica e la disposizione a strati orizzontali appare soltanto come un indice di povertà;
invece, ora, superficie e profondità sono diventati una sola entità appunto perché tutto
è impregnato di scorci». Wölfflin, Concetti fondamentali della storia dell’arte
C’è da dire tuttavia che lo strutturalismo come è stato inteso negli anni
Settanta, decennio in cui si è diffuso nelle discipline umanistiche, si lega
Imitazione e decorazione: è necessario tener presente il carattere antitetico di questi soprattutto alla linguistica.
due concetti per capire bene Wölfflin: il primo termine indica i compiti che l’arte si
prefigge in vista di raffigurare un tema o un aspetto naturale, mentre decorazione
s’intende la libera attività estetica in termini figurativi.
https://www.theguardian.com/artanddesign/2022/dec/17/national-gallery-
botched-restoration-nativity
Si tratta dell’elemento che definitiva è l’unica avanzata per gli altri prodotti umani, perché
Si tratta dell’elemento che
qualifica un oggetto nella sua codesta utensilità, se presente, come nell’architettura, nell’opera
conferisce artisticità
dimensione temporale (sia d’arte, non potrà essere presa in considerazione a sé, ma in base
all’oggetto.
relativamente alla sua alla consistenza fisica e alle due istanze fondamentali con cui si
produzione che alla sua vita) struttura l’opera d’arte nella recezione che ne fa la coscienza.»
C. Brandi, Teoria del restauro, 1 ed. 1963
Realtà pura
Nello strutturalismo di Brandi dunque sono presenti il concetto di oggetto
e artisticità, di tempo come creazione e come durata.
A proposito del tempo Brandi scrive: «E’ verità ormai acquisita che una Secondo de Saussure la semiotica è: «la
distinzione delle arti nel tempo e nello spazio, è distinzione provvisoria e scienza che studia la vita dei segni nel
illusoria, in quanto tempo e spazio costituiscono le condizioni formali a quadro della vita sociale». F. De Saussure,
qualsiasi opera d’arte e si ritrovano strettamente fusi nel tempo che istituisce la Corso di linguistica generale 1916
forma.
Pur tuttavia il tempo, oltre che come struttura del ritmo, si incontra nell’opera
d’arte, né più sotto l’aspetto formale, ma in quello fenomenologico, in tre
momenti diversi, e per qualsiasi opera d’arte si tratti. E cioè, in primo luogo, Il segno per Saussure è un’entità a due
come durata nell’estrinsecazione dell’opera d’arte mentre viene formulata facce: significante e significato.
dall’artista; in secondo luogo, come intervallo interposto fra la fine del processo
creativo e il momento in cui la nostra coscienza attualizza in sé l’opera d’arte;
Charles de Saussure 1857-1913
in terzo luogo, come attimo di questa fulgorazione dell’opera d’arte nella
coscienza». C. Brandi, Teoria del restauro, 1963
Meyer Shapiro 1904-1996 5. il senso della prospettiva rinascimentale e del contorno delle figure come elementi
costruttori di senso nell’immagine, a dispetto della loro sostanziale amimeticità e
della loro sussunzione nel concetto semico di veicolo.
George Kubler, formalista allievo di Focillon, riflettendo sul concetto di linguaggio artistico
Il suo formalismo è alla base di tante metodologie
diveva: «La definizione parziale che Cassirer ha dato dell’arte come linguaggio simbolico, ha
elaborate successivamente come la semiotica
dominato gli studi artistici del nostro secolo. Si è venuta così a creare una nuova storia della
statunitense o quella di matrice francese. Per lui
cultura basata sull’opera d’arte considerata come espressione simbolica. Attraverso questi mezzi
esiste un universo delle forme con le sue leggi, il
l’arte è stata messa in rapporto con il resto della storia. Tuttavia il prezzo da pagare è stato alto
suo spazio, il suo sviluppo, le sue materie.
poiché mentre gli studi sul significato hanno ricevuto tutta la nostra attenzione, un’altra
definizione dell’arte, quella che considera sistema di relazioni formali, è stata, per ciò stessa
negletta». G. Kubler, La forma del tempo
Uno dei primi a cercare di conciliare linguaggio (artistico) come Per identificare la mano dell’artista da quella del
messa in forma di un contenuto è Giovanni Morelli. Egli era di
copista dobbiamo, secondo Morelli, fidarci di certe
formazione un medico, che raccolse l’esperienza empirica e
piccole peculiarità che sembrerebbero a prima
l’applicò alla lettura delle opere d’arte (sostanzialmente alla
vista senza importanza; particolari secondari, i
pittura). Fu autore di numerosi studi sui dipinti italiani nei musei
tedeschi e commissario regio per una prima ispezione dei quali si direbbero così trascurabili da non
patrimonio artistico italiano dopo l’Unità d’Italia. richiamare l’attenzione di imitatori, restauratori o
falsificatori.
In particolare, Ragghianti è tra i primi ad affrontare il cinema ‘visione cinematografica’, e cioè il fattore produttivo, artistico o
come arte figurativa. Ciò significa che per Ragghianti non artistico che sia considerato, e ‘fissazione o riproduzione della
nell’analisi di un’opera cinematografica è possibile rilevare visione cinematografica’. E’ subito chiaro, in questo modo, che
le caratteristiche delle altre arti figurative, dato che anche il pellicola, macchina da ripresa, macchina da proiezione, e insomma
cinema presenta i problemi dell’arte come espressione. tutta la complessa ricerca tecnica non può essere un ‘precedente’,
ma un ‘conseguente’ dell’originario interesse o problema. Il
coreuta o regista di una danza ritmica antica, il magister di un
monastero medievale, il Brunelleschi inventore o trasformatore
originale di una macchina cinetica per sacre rappresentazioni,
l’attor mimico o capocomico della Commedia dell’arte, il direttore
di balletti, e così via, attuavano anch’essi dei ritmi visuali o
figurativi, ma non possedevano i mezzi di fissare e di riprodurre