Sei sulla pagina 1di 17

─────────────────────────

Il bello in Oriente e Occidente


- Riflessioni filosofico-comparative -
─────────────────────────
Andrea Bonazzi
(Docente Eichi Univ. - Osaka)

.
L'essere umano ha una innata tendenza ad aspirare al bello, e quando viene in contatto
con l'arte viene toccato nella sua profondita’ emotiva. Il bello e l'arte, benche’ non abbiano
nessuna forza di comunicazione sul piano logico e teorico, hanno il potere di comunicare a livello
sensitivo ed emotivo. Se si guarda alla storia della civilta’ , vediamo che in tutti i tempi e in tutti i
luoghi si manifesta una qualche forma di gusto estetico e di arte. E questo rimane vero fino ai
nostri giorni. La coscienza del bello cambia a seconda del tempo e dello spazio, per cui si puo
determinare una particolare opera d'arte come come tipica della cultura di un certo popolo o del
gusto di un certo periodo. Di conseguenza si puo inferire che dietro a un particolare gusto o
genere artistico ci sia una forma di pensiero che rende possibile quella particolare espressione
estetica. In altre parole si puo’ dire che ogni opera d'arte e ogni giudizio estetico si basa su una
particolare visione del mondo.
In una comparazione della coscienza estetica dell'Oriente e dell'Occidente, il primo
elemento che si puo constatare e’ che, mentre in Europa si preferisce un tipo di arte "creativa", in
Giappone si preferisce il bello "naturale". L'Europa che, dopo il Rinascimento, ha sviluppato la
coscienza dell'individuo, pensa all'arte come a un opus indipendente e individuale. Mentre in
Giappone l'arte tende all'armonia e alla fusione con la natura. Si dice che le opere d'arte
giapponesi mancano di simmetria. Questo non perche si preferisca l'imperfezione, ma perche’ ,
secondo il pensiero Taoista e Zen, piu che la perfezione in se’ , il processo di ricerca della
perfezione viene ritenuto importante. Per cui l'opera d'arte cerca di esprimere concretamente
quello che in caratteri cinesi si dice "bonga-ichinyo", un termine di ascendenza hindu’ che esprime
la profonda e mistica unita’ dell'essere umano con il cosmo eterno. Inoltre, mentre le opere d'arte
occidentali nella loro individualita’ possono essere apprezzate indipendentemente dal luogo,
l'opera d'arte giapponese ha una intrinseca relazione con il luogo in cui e’ posta o in cui e’ nata.
La basilica di S.Pietro e il tempio buddista immerso nella natura, le sculture di

-1-
Michelangelo e le statue dei "bosatsu", le forme geometriche dei giardini del Louvre, e il giardino
di pietre del Ryoanji(Kyoto), ecc. mettono in netta evidenza quanto in due culture diverse, il
rapporto fra essere umano e natura possa essere differente.

1. ESTETICA E MORALE

Se si vuole spiegare in termini filosofici come l'apprezzamento del bello possa essere universale e
cioe’ estendersi anche a prodotti artistici di una cultura diversa dalla propria, e’ chiaro che bisogna
ricorrere a quella disciplina che tradizionalmente viene chiamata "estetica filosofica". Ora nella
storia dell'estetica la rigorosa distinzione tra 'bello', 'piacevole', 'bene' e 'vero' viene acquisita per
la prima volta con Kant. Inoltre se si pensa che l'Estetica di Kant ("Critica del Giudizio", 1790)
riassume la ricca speculazione di tutto il 18° secolo e prepara gli sviluppi del secolo successivo, si
puo capire come il pensiero di Kant possa essere preso come rappresentativo di quello
occidentale e come base per un confronto con quello orientale. Naturalmente, bisogna essere
coscienti che in una operazione di questo genere molti aspetti rimangono problematici e
bisognosi di chiarimenti che rimando ad altra sede.
Tra i problemi che rimangono aperti si puo citare il fatto che a differenza dell'Occidente,
in Oriente, oltre ai testi frammentari sul bello nei libri di "Mencio"(372-289 a.C) e "Jun-shi"(340-?
a.C.), non abbiamo testi sistematici e sufficientemente ampi. Nella tradizione confuciana si puo
annoverare il cosidetto "Libro della musica", che potrebbe essere paragonato alla "Poetica" di
Aristotele, ma che pero’ non sembra avere trattato problemi filosofici. Potremmo dire con
Maritain che l'arte cinese ha perseguito il bello "solo in modo inconscio"1. Anche da questo si puo’
capire come una comparazione tra Oriente e Occidente presenti notevoli problemi di carattere
metodologico. Potremmo parlare di una "mutua incommensurabilita’ ". Come tra due lingue
diverse ci sono delle parole che rimangono intraducibili, cosi’ anche in filosofia un dato concetto
non sempre ha il suo corrispondente in contesti diversi. Un problema della massima importanza
nella tradizione occidentale puo essere ignorato o non avere importanza in quella orientale.
Questa mutua incommensurabilita’ per non puo’ significare pero’ anche una "mutua
inintelligibilita’", perche’ questo contraddirebbe il fatto sperimentale che a certe condizioni un
orientale puo’ capire un occidentale. Nel raffronto tra due culture diverse le tentazioni da evitare
sono il relativismo che attribuisce ad ogni posizione uno stesso valore, e il "monismo" che vuole a
tutti i costi "includere" una posizione nell'altra.

1
MARITAIN J., Creative Intuition in Art and Poetry, New York, 1953, 176.

-2-
Con un confronto tra la coscienza estetica in Oriente e in Occidente attraverso
l'estetica kantiana si possono raggiungere due risultati. Prima di tutto si puo’ stabilire il grado di
universalita’ della filosofia estetica di Kant. Poi, applicando la teoria estetica di Kant all'Oriente,
attraverso il mutuo contrasto si puo approfondire la comprensione di entrambi. In ultima istanza,
si puo epistemicamente risalire fino alle radici delle differenze esistenti nella Avi,sqhsij (nel senso
originario di "facolta’ di percezione sensitiva ed emotiva") orientale ed occidentale. In altre parole,
si puo’ spiegare filosoficamente come i giudizi estetici siano comunicabili tra diversi contesti
culturali.2
Secondo Kant, il bello si distingue sia dal piacere sensibile (per esempio il piacere della
tavola), sia dal bene (utilita’ e bene morale), perche’ indipendente da qualsiasi "interesse". Cioe’ e’
un piacere che nasce dall'apprezzamento della pura forma dell'oggetto. Quando la "finalita’
formale" esistente nell'ordine delle leggi della natura oggettivamente riflettuta, viene percepita
attraverso una rappresentazione soggettiva, ecco che sorge il Giudizio estetico. In questo modo
Kant ha pensato di poter fondare l'universalita’ dei giudizi estetici (che sono di per se soggettivi).
Per Kant la conoscenza dell'ordine esistente nel mondo e la contemplazione estetica delle cose

2
Il tipo di confronto che qui si cerca di operare, non intende pero’ stabilire “analogie” su cui
costruire attraverso un processo di astrazione “tipi” o “leggi” che possano portare ad una sintesi
unitaria. Neppure, si intende mettere in evidenza “un parallelo fondato su qualche necessita’
universale dello spirito umano” (MAY J., Kant et le Madhyamika, in:
“Indo-Iranian Journal”, Leiden, 1957, 102-111, 104) perche’ questo significherebbe dimenticare la
dimensione storica di ogni attivita’ estetica. Come si puo’ vedere in certi “ibridi culturali” nati
dall’incontro tra due culture diverse, le caratteristiche di ogni cultura vengono sacrificate per
costruire qualcosa che non ha una precisa identita’. Una vera “sintesi” non deve comportare che
una parte faccia da “principale” e che l’altra venga assorbita, e neppure che le due parti si
neutralizzino attraverso mutue concessioni. Una vera sintesi deve lasciar vivere le diversita’,
rimandando alla radice delle diversita’. Lasciare le diversita’ in quanto tali non aiuta la reciproca
comprensione. “E’ solo la ‘sublazione’ (nel senso della aufhebung hegeliana) delle diversita’ che
puo’ portare al reciproco intendimento. Il che comporta guardare alle cose dal punto di vista della
origine delle diversita’” (SAKATA T., Ningen-hokai sanaka no tetsugaku (Filosofia dentro la
distruzione dell’umano), Kyoto, 1981, 82ss). Per questo motivo, lo studio comparato dell’estetica
orientale ed occidentale non supera i limiti della “conoscenza analogica”. Ma e’ proprio la
conoscenza analogica che, in quanto “principio euristico” (KU §78) ci permette questi tipo di
studio comparato.

-3-
sono esperienze omogenee che si basano su uno stesso principio.
Ma il piu grande contributo che Kant ha dato alla filosofia estetica, sta nel fatto di aver
elevato l'estetica alla stessa dignita’ della gnoseologia e della morale. Anche nel pensiero
confuciano la categoria del "bello" occupa una posizione similare, ma prima di tentare un
confronto conviene verificare la posizione dell'estetica nel contesto del sistema kantiano. Noi
sappiamo che Kant dopo aver trattato l'intelletto legislatore della natura(prima Critica) e la ragione
legislatrice di se’ o liberta’ (seconda Critica) sente la necessita’ di trovare un accordo tra questi due
mondi, il mondo della natura e quello della liberta’, il sensibile e l'intelligibile, il regno della
necessita’ meccanicistica e il regno della liberta’ e dei fini. Si noti: non si tratta di conciliare i due
mondi in un termine medio oggettivo, si tratta invece di trovare una facolta’ conoscitiva in cui i
due mondi si incontrano nel soggetto. Il passaggio tra i due mondi non oggettivo ma
soggettivo. Per questo la terza Critica non studia il nesso oggettivo dei due mondi distinti, studia
il loro nesso soggettivo, cioe’ la loro conciliabilita’ nel soggetto. Il sistema kantiano risulta cosi
dicotomico, ma il mondo dell'umano risulta formato di tre elementi: natura, arte(Kunst) e morale.
Questi tre elementi corrispondono ad altrettante facolta’ : l'intelletto per la natura, il Giudizio
(Urteilskraft) per l'arte e la ragione per la morale. Inoltre queste tre facolta’ a loro volta
corrispondono ad altrettanti "sentimenti", e cioe’ la conoscenza per l'intelletto, il
piacere/dispiacere per il Giudizio e il desiderio per la ragione.
Per Kant il concetto di natura risulta dalla conoscenza e dall'esperienza che l'uomo ha
dei fenomeni (Erscheinungen), le cose in se’ in quanto non sono positivamente sperimentabili,
non sono "reali". La limitata ragione umana non puo’ conoscere le cose in se’, puo’ solo pensarle
come concetti della ragione. Anche l'arte, che fa parte del mondo sensibile, non puo raggiungere
la "realta’" in se’ o noumeni, ma in quanto "termine medio" (Mittelglied), attraverso la
rappresentazione in forma sensibile dei concetti della ragione, ci offre il punto di raccordo tra il
mondo naturale e la morale. In questo modo l'arte, mostrando la compatibilita’ del noumenico
infinito e del mondo sensibile finito, diventa "simbolo" della moralita’.
I tre elementi del mondo umano sopra ricordati sono governati da tre principi a priori:
la natura dalla "legalita’", l'arte dalla finalita’, la moralita’ dal fine. Il principio estetico della
finalita’ indica l'esistenza di un sostrato sovrasensibile in cui i due mondi della natura e della
moralita’ sono collegati. Come esempio Kant cita il seguente verso sul sorgere del sole:

〃Die Sonne quoll hervor、wie Ruh’aus

-4-
Tugend quillt〃3

Commentando questo verso Kant aggiunge:


"La coscienza della virtu’, anche se si immagina soltanto di essere nella posizione di un
uomo virtuoso, diffonde nella mente una moltitudine di sentimenti sublimi e
tranquillizzanti, e ci da’ una visione senza limiti di un futuro felice, che nessuna
espressione nel raggio di un concetto definito puo’ raggiungere".

Anche nella filosofia cinese il mondo umano viene caratterizzato come formato dalla natura
fenomenica, la morale e l'arte:

《Il maestro disse: si comincia con le Odi、s


i stabilisce con i Riti、si compie con la mu
sica》 4

Questi tre campi del sapere sono unificati nel concetto di "T'ien"(Cielo), un principio che
sta alla base, oltre che della Natura, sia della Morale come dell'Arte, per cui in pratica si viene ad
avere una identificazione tra Morale, Arte e Natura. In questo punto possiamo notare una grossa
differenza rispetto a Kant. Per Kant la natura non e’ niente di piu che l'insieme di tutti gli oggetti
dei sensi, ovvero l'insieme di tutti i fenomeni che seguono le leggi dell'intelletto. Nel pensiero
confuciano, non solo la Natura, ma anche i fenomeni sono "T'ien", cioe’ Sostanza, per cui la natura
e’ in quanto tale razionale e morale. In un certo senso il "T'ien" dei cinesi corrisponde al
sostrato sovrasensibile di Kant, ma per il confuciano il sovrasensibile e’ cosi presente nel
fenomeno che non e’ piu possibile operare una distinzione. Il "Cielo" e la Virtu’ sono i principi piu
alti dell'estetica confuciana, di modo che l'arte anche in questo caso e’ simbolo della moralita’. La
postura di base della filosofia cinese e kantiana sono fondamentalmente diverse, ma si ritrovano
in un atteggiamento analogo per quanto riguarda il ruolo assegnato alla categoria del bello.
Attraverso l'arte, il gentiluomo confuciano conquista la virtu’ e con la virtu’ raggiunge il "Cielo".

3
“Il sole sorge, come dalla virtu’ sorge la pace” (KANT I. Kritik der Urteilsktaft [di seguito KU],
Berlin, 1970, §49).
4
“I dialoghi di Confucio” (Lun-yu), libro VIII, VIII. Secondo l’antropologia confuciana, il punto di
partenza del sapere sta nel “Libro delle Odi” (uno dei cinque libri canonici, in pratica una summa
del sapere scientifico del tempo), si sviluppa attraverso la pratica rituale e cerimoniale (morale) e
si compie nella musica (sinonimo dell’arte).

-5-
Come in Kant il gusto artistico e’ parte indispensabile della cultura e della formazione umana.
"Il gusto e’, in ultima analisi, una facolta’ critica che giudica l'espressione di idee morali in
termini sensibili.(...) Il sentimento che queste idee evocano, sta all'origine di quel piacere
che il gusto dichiara valido per tutta l'umanita’ e non solo per il singolo individuo. Per
questo e’ chiaro che la vera Propedeutica per l'apprendimento del gusto sta’ nello
sviluppo delle idee morali e nella coltivazione del sentimento morale. Perche’ e’ solo
quando la sensibilita’ viene armonizzata con il sentimento morale che il vero gusto puo’
5
assumere una forma definita e costante."
La vocazione morale dell'uomo e il bello sono in strettissima relazione. E’ questa la caratteristica
che potremmo dire, a modo di conclusione provvisoria, accomuna Kant e Confucio.6

2. TEORIA DEL GIUDIZIO ESTETICO

Il Giudizio estetico avviene dentro il tempo e lo spazio fenomenici. Per Kant il tempo e
lo spazio, oltre ad essere materia per la sensibilita’, sono intuizioni a priori(pure), cioe’ la forma che
riceve il contenuto delle intuizioni empiriche. Quando una percezione dei sensi si unisce alle
"categorie", concetti puri dell'intelletto, ecco che accade la conoscenza. Che unisce la particolarita’
della intuizione sensibile e la universalita’ delle categorie e’ il "Giudizio determinante". In
particolare l'intuizione del tempo, che offre lo "schema" che fa da mediazione, rende possibile la
conoscenza. In ogni caso, perche’ la conoscenza o l'esperienza siano rese possibili, non possono
mancare le categorie, la sola intuizione non puo bastare."Fino a tal punto bisogna considerare
l'esperienza in generale, come un sistema che segue le leggi trascendentali dell'intelletto e non
come un mero aggregato"7. In ultima analisi, l'intuizione di Kant dipende dall'intelletto e deve
obbedire le sue leggi.
L'intuizione orientale, invece, non si preoccupa di nessuna categoria razionale e,
superando il limite del mondo sensibile, raggiunge direttamente la conoscenza. Possiamo dire che
questo tipo di conoscenza intuitiva e’ "pre-concettuale", e non puo’ essere categorizzato in termini
di razionalita’. Anzi, si puo’ dire che la razionalita’ per l'orientale dipende/deriva dalla conoscenza
intuitiva. In certe sue forme l'intuizione orientale supera addirittura la distinzione tra spazio e
tempo, per giungere direttamente alla conoscenza della realta’ delle cose in se’. E’ questa quella
che Kant chiama "intuizione

5
KU § 60.
6
CHANG C.Y., Kant’s Aesthetics and the East, in: “Journal of Chinese Philosophy” 3(1976)399-411.
7
EKU § IV.

-6-
intellettuale" e non ritiene possibile per l'essere umano. Secondo Kant la conoscenza e
l'esperienza sono possibili solo dentro i limiti del mondo fenomenico e sensibile. Certo, attraverso
le "idee della ragione"(liberta’, anima immortale, Dio), si puo pensare alla cose in se’, ma non
possiamo averne un'esperienza o una conoscenza cosi come nel caso del mondo sensibile. Per
Kant e’ solo Dio che puo avere una intuizione tale che puo’ diventare la causa dell'oggetto che
intuisce. Anche l'arte e il bello non possono portare di per se’ ad una conoscenza delle realta’
sovrasensibili, ma solo essere un simbolo sensibile delle idee a priori.
In Oriente il fenomeno e la realta’ della cosa in se’ di cui il fenomeno e’ espressione,
sono la stessa cosa, al punto che potremmo dire che il fenomeno e’ la realta’. Percio’, anche
l'intuizione umana puo’ raggiungere la realta’ in se’ presente nel fenomeno. Con questo tipo di
intuizione che, per analogia con quella di Dio, possiamo chiamare "creativa", l'arte non e’ piu solo
un semplice "simbolo", ma e’ la realta’ stessa. E’ la manifestazione originaria dell'esperienza
"pre-ontologica" dell'artista. Per questo il bello in Oriente viene spesso trattato sullo stesso piano
della religione. 8 Per esempio secondo Nishida Kitaro, "il sentimento del bello e’ il sentimento del
superamento della distinzione tra soggetto e oggetto, il bello in quanto tale e’ una verita’ intuitiva
che trascende la distinzione.(...). Il bello, superando il mondo della distinzione, e’ una forma di
liberazione che conduce sulla strada dell'unione tra soggetto e oggetto, e percio’ fa parte della
religione" 9. Per Kant non e’ la natura in quanto tale ad essere bella, il bello sta dalla parte
dell'uomo che giudica la natura bella. La natura per Kant non e’ niente altro che "l'unita’ sintetica
di una pluralita’ di fenomeni" che segue le leggi dell'intelletto. L'intelletto e’ il "legislatore" della
natura. La natura come un insieme, non esiste al di la’ della sensibilita’, e quindi dell'intelletto,
dell'uomo. Sinteticamente potremmo dire che per Kant in un certo senso la natura dipende da una
facolta’ a priori dell'uomo, mentre al contrario in Oriente la conoscenza umana dipende
totalmente dalla natura. Come dice D.T.Suzuki:
"La natura produce l'uomo da dentro se stessa. L'uomo non puo essere fuori dalla natura,
egli ha il suo essere sempre radicato nella natura".10
Inoltre, per l'orientale la natura non e’ una realta’ irrazionale da far obbedire alla razionalita’
umana:
"E’ irrazionale che l'uomo cerchi di far obbedire la natura, perche’ la natura ha i suoi
modi per compiere il suo lavoro, che non sempre sono i modi dell'uomo. L'uomo non ha

8
MARTIN J.A., Beauty and Holiness. The dialogue between Aesthetics and Religion, Princeton,
1990.
9
NISHIDA K., Bi no sestumei (Spiegazione del bello), in: “Hokushinkai-zasshi” 3 (1900).
10
SUZUKI D.T., Studies in Zen, London, 1957, 183.

-7-
diritto di imporre il suo volere sulla natura".11
La natura in Oriente non e’ qualcosa che deve seguire i dettami dell'intelletto, al contrario, e’
l'uomo che deve adattarsi alla natura.
Secondo Kant, "tutto cio’ che ha una rigida regolarita’ (cio’ che e’ vicino alla regolarita’
matematica), e’ intrinsecamente ripugnante al buon gusto". Per esempio, "perfino il canto degli
uccelli, che noi non possiamo ridurre a nessuna regola musicale, sembra avere piu liberta’, e
quindi essere piu ricco per il gusto, della voce umana che canti secondo le regole dettate dall'arte
musicale" (di fatto il canto umano ripetuto piu volte stanca, mentre quello degli uccelli no). "Ma in
questo caso, continua Kant, noi stiamo probabilmente confondendo la nostra simpatia per
l'allegria di questa piccola creatura, con la bellezza del suo canto, perche’ se imitato con esattezza
dall'uomo, risuonerebbe ai nostri orecchi come se non avesse alcun gusto"12. In Oriente, "i fiori
fiorisco, gli uccelli cantano, la pioggia e la neve cadono, tra questo e come questo viene percepito
dall'uomo non c'e’ distinzione. I fiori, gli uccelli, la pioggia, la neve non sono ritenuti separati dalla
vita dell'uomo, il mondo della natura e il mondo vitale dell'uomo sono uniti e si fondono in modo
ingenuo"13

awayuki no naka ni
tachitaru michioochi
mata sono naka ni awayuki zo furu (Ryokan) 14

Secondo il poeta e commentatore di Ryokan Yoshino Hideo, in questo "tanka", "dentro la neve che
cade c'e’ l'universo, dentro l'universo c'e’ la neve che cade. Questa forma di pensiero mostra in
modo diretto il tipo di rapporto estremamente profondo e sottile che ci puo’ essere tra la mente e
le cose, soggetto e oggetto, uomo e natura"15. La bellezza di questo testo poetico sta nel fatto che

11
Ibidem, 181.
12
KU, cfr. “Nota generale sulla prima parte dell’Analitica”.
13
TSUDA SOUKICHI, Bungaku ni arawaretaru Kokumin no Shiso (Il pensiero dei giapponesi come
appare nella letteratura), vol. IV, Tokyo, 1964, 205).
“Dentro la neve leggera/si bagna l’universo/anche nel cuore cade leggera la neve”. “Tanka” del
14

monaco buddista Ryokan(1758-1831), uno dei poeti piu’ rappresentativi del tardo periodo feudale
del Giappone. Il poeta in questo testo usa termini di ascendenza buddista le cui sfumature
poetiche non possono essere rese in italiano.
15
YOSHINO H., Ryokan. Uta to shogai (La vita e le opere di Ryokan), Tokyo, 1986, 186.

-8-
"Ryokan non fa cadere la neve nel suo cervello, ma fa trasparire l'immagine creatasi nel momento
in cui sta a contemplare la neve che cade. Per questo non e’ una mera astrazione, ma un vero
simbolo"16. Per dirla in termini kantiani, questo tipo di esperienza si puo interpretare come parte
de "l'incentivo che l'immaginazione riceve per indulgere nella finzione poetica, cioe’ in quelle
speciali fantasie con cui la mente intrattiene se stessa quando viene continuamente sollecitata da
una varieta’ di cose che colpiscono l'occhio"17. Ma andando piu in profondita’, per Kant, "la facolta’
di rappresentazione delle idee estetiche" e’ "lo spirito"(Geist), cioe’ "il principio animatore della
mente". Lo spirito, in senso estetico, "promuove le forze della mente" in modo tale da "far entrare
quelle forze in un gioco che, mentre mantiene se stesso, rinforza quelle forze" 18 per l'attivita’
estetica. In questo caso l'immaginazione di Kant opera in modo creativo "mettendo in moto la
facolta’ delle idee intellettuali (ragione)". Un moto che "indotto da una rappresentazione, tende ad
estendersi oltre il pensiero contenuto in quella rappresentazione"19. Questa teoria di Kant non
sembra contraddire in modo sostanziale ne’ l'intendimento di Ryokan, ne’ piu in generale l'estetica
orientale.
Se e’ vero che la rappresentazione delle idee estetiche orientali non puo’ essere
completamente espressa in parole, "lo spirito" di cui parla Kant puo "esprimere cio’ che e’
indefinibile in un certo stato mentale che si accompagna ad una certa rappresentazione (...)e
renderlo universalmente comunicabile"20.
Lo "spirito" di cui qui si parla e’, per Kant, il talento soggettivo tipico del "genio" che
nell'artista e’ innato. Anche in Oriente ci sono concetti similari, con la differenza che, invece di
essere innato e’ frutto di lunga e paziente coltivazione. In ogni caso, come per Kant, non solo lo
spirito presente nell'artista ma anche gli attributi estetici (a differenza da quelli
logici)dell'oggetto, "danno all'immaginazione un incentivo per espandersi su una multitudine di
rappresentazioni affini che provocano a pensare piu’ di quanto si possa esprimere a parole"21.

3. INTUIZIONE, SENSIBILITA’ E BELLEZZA

16
Ibidem, 187.
17
KU, cfr. “Nota generale sulla prima parte dell’Analitica”.
18
KU § 49.
19
Ibidem.
20
Ibidem.
21
Ibidem.

-9-
Per capire meglio la teoria estetica di Kant in relazione all'Oriente, occorre approfondire
il ruolo che assume l'intuizione. Per esempio nella "Critica della ragion pura", Kant dice:
"In qualunque maniera o mezzo un modo della conoscenza possa relazionarsi agli
oggetti, l'intuizione e’ cio’ attraverso cui e’ in immediata relazione con essi, e cio’ a cui
ogni pensiero come mezzo e’ diretto." 22
Nella "Critica della ragion pratica", affrontando il problema di "in che modo la ragion pura possa
conoscere a priori gli oggetti", Kant risponde che bisogna prima "spiegare in che modo le
intuizioni sono possibili a priori", e sviluppando il pensiero cosi prosegue:
"senza intuizione non ci viene dato nessun oggetto, e quindi non si ha nessuna
conoscenza sintetica. La soluzione di questo problema sta nel fatto che qualsiasi
intuizione e’ solo sensitiva e percio’ non puo rendere possibile nessuna conoscenza
speculativa che vada oltre il limite di una possibile esperienza. Percio’ , tutte le leggi della
ragion pura speculativa non possono fare niente di piu’ che rendere possibile l'esperienza
degli oggetti dati, che possono essere anche infiniti, ma che non possono mai essere dati
completamente."23
Come si capisce anche solo da queste poche citazioni, l'intuizione per Kant ha come
premessa fondamentale una chiara e netta distinzione tra soggetto e oggetto. A questa dicotomia
chiara e netta si contrappone il tipo di intuizione che sta alla base del pensiero del Buddismo
Mahayana(Grande Veicolo) e che viene detta "prajñâ ", una parola sanscrita che significa
"conoscenza perfetta". Secondo la spiegazione che ne da il famoso filosofo indiano
Nagarjuna(circa 150-250 d.C.)nella sua opera, fondamentale per capire il buddismo, "Giusto
Mezzo", la "prajna" consiste nel considerare le forme corporee (rupa) come prive di sostanza,
come meri fenomeni. Tutto avviene per una serie di combinazioni casuali (pratitya samutpada), per
cui tutte le cose sono relative. Per esempio la destra e’ relativa alla sinistra e non esiste niente
che sia in se’ stesso destro o sinistro. Tutto cio che esiste avviene in relazione a qualcos'altro,
nessuna cosa esiste per se stessa. Per cui attraverso la "prajna" si viene a capire che tutto e’
"vuoto"(sunya). Secondo la prospettiva indiana (fatta propria dal buddismo) la conoscenza e’
sopratutto una reazione emotiva (nel senso del latino 'e-movere', essere mossi), per cui i sensi non
si fermano mai alla percezione di una rosa come rosa o di un serpente come serpente, ma
conducono necessariamente a una reazione che porta a dire: "che bella rosa, la amo" oppure "che
brutto serpente, lo odio". Quando si capisce che tutto e’ "vuoto", cioe’ che niente e’ veramente
degno del nostro amore/odio, ecco che si e’ raggiunta la vera conoscenza, l'Illuminazione (satori).

22
KrV A19/B33.
23
KpV, Originalausgabe, s.77-78.

- 10 -
Per Kant il tipo di intuizione possibile alla mente umana e’ diverso:
"Cio’ che siamo venuti sostenendo e’ che ogni nostra intuizione non e’ altro che la
rappresentazione di un fenomeno. In altre parole, le cose che noi intuiamo non sono in
se stesse ne’ come noi le intuiamo, ne’ le relazioni delle cose tra di loro sono nella loro
essenza come appaiono a noi. Percio’, se noi abbandonassimo anche solo la nostra
soggettivita’ o il carattere soggettivo dei nostri sensi in generale, non solo gli oggetti e le
relazioni nel tempo e nello spazio, ma il tempo e lo spazio stessi scomparirebbero. Di
conseguenza il carattere delle cose e le loro relazioni, in quanto fenomeni, non esistono
in se’ stesse, ma solo dentro di noi."24
Secondo Kant l'intuizione umana, dipende dall'esistenza del soggetto, percio’ la facolta’
umana di rappresentazione delle cose puo’ operare solo quando viene stimolata da qualche
oggetto. Nella gnoseologia buddista e’ l'uomo non ancora illuminato che produce gli oggetti
della conoscenza. In altre parole, e’ l'uomo stesso, in un rapporto errato di conoscenza delle
cose(secondo la prospettiva emotivistica di cui sopra), la causa del dolore che gli viene provocato
dal mondo circostante. La conoscenza perfetta invece intuisce la non-separazione (advaita)di
soggetto e oggetto, essere e non-essere. Per quanto le cose possano sembrare diverse ai nostri
occhi, in verita’ esse sono una cosa sola. Per cui anche nel dettaglio piu piccolo e’ presente tutto
l'universo e nel fenomeno piu particolare e’ presente tutta la verita’. Tutte le cose sono sullo stesso
piano e tutte sono allo stesso modo importanti.25
Per Kant l'intuizione estetica avviene solo quando c'e’ un oggetto che stimola la
facolta’ intuitiva del soggetto. "La recettivita’ del soggetto, stimolata dall'oggetto, precede
necessariamente qualsiasi intuizione degli oggetti"26. Percio’ il Giudizio estetico, benche’ come
giudizio singolo non vada oltre una "validita’ universale soggettiva", "per esempio come nel caso
del giudizio di gusto che io formulo a proposito della rosa che sto guardando come bella, se
questo giudizio circa una singola rappresentazione di un oggetto, viene convertito attraverso una
comparazione in un concetto, secondo le condizioni che determinano quel giudizio, ecco che noi
abbiamo un giudizio logico universale: 'le rose in generale sono belle'"27.
Tuttavia, affermare che tutte le rose sono belle, o il suo contrario - come dice Nitobe
Inazo - "noi non possiamo condividere l'ammirazione degli europei per le loro rose" 28, come

24
KrV A42/B59.
25
OKAKURA TENSHIN, Toyo no Riso (L’ideale dell’Oriente), Tokyo, 1980, 143.
26
KrV A26/B42.
27
KU § 8.
28
NITOBE I., Bushido, Tokyo, 1969, 165.

- 11 -
"giudizio sorto dalla comparazione di tante singole rappresentazioni", non e’ piu "un puro giudizio
estetico", ma - sostiene Kant - "un giudizio logico basato su un giudizio estetico".
In questo senso, il fatto che i giapponesi preferiscano al simbolo di "vita, liberta’, ricerca
della felicita’ " che sono le rose, quell'altro simbolo di "distacco dalla vita, impermanenza delle
cose" che sono i ciliegi in fiore (sakura), piu che una diversita’ gnoseologica ed estetica, sta ad
indicare una diversita’ di "Sensus communis"(Gemeinsinn). Come afferma S. Tachibana, colui che
si e’ familiarizzato con il buddismo,
"ha raggiunto la condizione mentale dove non c'e’ coscienza della distinzione tra
morale, estetica o logica; le idee relative, quindi, di bene e male, piacere e dolore,
gradevole e sgradevole, giusto ed ingiusto sono per lui annullate. Nella sua prassi, cosi
come nei suoi pensieri, tutte queste distinzioni, non solo come idea, ma di fatto, sono
abolite. In altre parole e’ passato oltre dalla sfera del morale a quella della religione."29
Solo in un secondo momento, una differenza di "sensus communis" esercita una
influenza sulla gnoseologia e sulla morale. Come dice Nitobe I. circa la mentalita’ orientale,
"L'intuizione appartiene allo spirito e va oltre la portata della ragione: la percezione
appartiene alla mente e lavora attraverso la carne. E’ una peculiarita’ della
percezione il fornire la fondazione 'non provata' delle prove. Non sono le immagini
materiali quelle che entrano per prime nel raggio della coscienza dell'orientale; esso
infatti raramente sbaglia nel discernere relazioni sovrasensibili. In verita’ cio’ che noi
vediamo nelle cose che percepiamo e’ il loro significato".30
Per questo, in certi ambienti si pensa che piu’ che Kant, sia la filosofia di Schopenhauer
la piu vicina al pensiero orientale. "Con Schopenhauer noi crediamo che ‘la vera virtu’ procede dal
sapere della percezione o sapere intuitivo; perche’ solo quelle azioni che sono evocate da questo
sapere, e quindi sono compiute puramente a partire dall'impulso della nostra stessa natura sono
propriamente parlando i sintomi della nostro vero e inalterabile carattere'"31.
Ma Kant, nella "Critica del Giudizio", opera una ulteriore distinzione circa l'intuizione,
che ci aiuta a proseguire la riflessione.
"Tutte le intuizioni che stanno alla base di concetti a priori, sono o schemi o simboli. Gli
schemi contengono rappresentazioni dirette, i simboli indirette, del concetto. Gli schemi
effettuano questa rappresentazione dimostrativamente, i simboli con l'aiuto di una
analogia (per la quale si puo ricorrere anche a intuizioni empiriche), in cui il Giudizio
mette in atto una doppia funzione: primo applicando il concetto all'oggetto di una
intuizione sensitiva, e poi, secondariamente, applicando semplicemente la regola della

29
TACIBANA S., The Ethics of Buddhism, London, 1926, 55.
30
“The Works of Inazo Nitobe”, vol. III, Tokyo, 1972, 466.
31
Ibidem, 471.

- 12 -
sua riflessione su quella intuizione a tutto un altro oggetto di cui il primo e’ solo il
simbolo."32
In questa intuizione simbolica, le idee e i concetti sono forniti dalla ragione e non da una
percezione sensibile. Di modo tale che la procedura che porta ad un giudizio (estetico)basato su
questo tipo di intuizione, "e’ puramente analoga a quella seguita nel caso di uno schema. In altre
parole, cio che si accorda con il concetto e’ solo la regola di questa procedura e non l'intuizione in
se stessa. Percio’ l'accordo e’ solo nella forma della riflessione e non nel contenuto"33. Benche’
questa facolta’ della intuizione simbolica sia degna di un studio piu approfondito, Kant
lamenta il fatto che "finora sia stata poco analizzata". In ogni caso, la facolta’ del Giudizio di gusto
non e’ soggetta alla eteronomia delle leggi dell'esperienza, come avviene nel giudizio empirico
delle cose in cui bisogna sottostare alle leggi della natura. Il Giudizio di gusto, "rispetto
all'oggetto di un puro piacere, si da’ una legge da se stesso", cosi come "la ragione si da’ da se
stessa una legge rispetto alla facolta’ di desiderare". Per fare questo, il Giudizio trova una
referenza in se stesso a qualcosa fuori di se’, che non e’ la natura, e neanche la liberta’, ma che e’
connesso con entrambi, "il sovrasensibile, cioe’; qualcosa in cui la facolta’ teoretica[scienza] e
quella pratica [morale] si trovano unite in modo intimo e oscuro(unbekannte)".
Nella "Critica della ragion pratica", riguardo alla conoscenza che superi gli oggetti
dell'esperienza, cioe’ riguardo ai "noumeni", mentre da una parte "l'esclusione per la ragione
speculativa di qualsiasi conoscenza positiva" veniva data per sufficientemente sicura, dall'altra si
sottolineava fortemente "non solo la possibilita’ ma la necessita’ di pensare", "in senso
negativo", le realta’ noumeniche.
Anche nel buddismo si privilegia una conoscenza "negativa" delle verita’ trascendenti,
ma la “via negationis” di Kant sembra svilupparsi nella direzione inversa. Come dice Nitobe I.:
"Non staro’ qui a giudicare chi dei due sia nel giusto; perche’ io credo che nessuno dei
due sia nell'errore. Kant giustamente dice: 'Gedanken ohne Inhalt sind leer,
Anschauungen ohne Begriffe sind blind'[pensieri senza contenuto sono vuoti, intuizioni
senza concetti sono cieche].(...) Pensieri, concetti, intelligenza, logica, scienza, filosofia,
sono le cospicue armi dell'intelletto occidentale. Percezione diretta, sensibilita’,
sentimento, intuizione, religione sono gli strumenti eminenti dello spirito orientale. Ma
dopo tutto (...)sono questi due tratti di mentalita’ veramente separati da tutto il diametro
dell'essere? Non ha forse l'occidentale una forte personalita’ perche’ egli percepisce se

32
KU § 59.
33
Ibidem. Per una piu’ ampia discussione su questi temi kantiani cfr. PAREYSON L., L’Estetica di
Kant, Milano, 1968/1984.

- 13 -
stesso chiaramente? E non e’ l'orientale svelto nel percepire perche’ fortemente
personale?(...)Percezione e’ il primo atto di Seita’ (selfhood) e la Seita’ e’ la prima
condizione della percezione. Colui che dimora la’ dove il sole tramonta ha imparato a
riflettere su se stesso, mentre il suo fratello del sol levante ha dimenticato se stesso nelle
bellezze dell'aurora."34

4. IL GIOCO DELLE PARTI E DEL TUTTO

Quando si procede alla estimazione di un'opera d'arte, si usa considerare la struttura


dell'opera nel rapporto tra il tutto e le parti. In questo caso non e’ la somma delle parti che da’ il
tutto, ma bisogna guardare al tutto come a cio’ che determina le parti. In altre parole, la "forma"
del tutto e’ il "fine" delle parti dell'opera. Inoltre questo fine puo’ essere visto anche come la
"causa" dell'opera, perche’ tutte le singole parti fin dall'inizio vengono determinate dalla forma
dell'opera completa. La struttura di questa "causa finale" viene esplicitata da Kant quando tratta
degli "organismi viventi"35.
Nella natura intesa come meccanismo, la causa procede esclusivamente a senso unico
verso il suo effetto, e l'effetto in quanto fine non puo’ mai determinare il tutto. Ma nella natura,
presa nel suo insieme, ci sono dei fenomeni che non possono essere spiegati senza l'introduzione
del concetto di "fine" o scopo(possiamo pensare - ad esempio - allo scopo per cui i mammiferi
hanno generalmente quattro arti). Per questo Kant nella "Critica del Giudizio" sente il bisogno di
spiegare che, dato che "un fine e’ l'oggetto di un concetto in quanto questo concetto e’ ritenuto la
causa dell'oggetto(il reale fondamento della sua possibilita’)"; quando "l'oggetto stesso, in quanto
effetto, e’ pensato possibile solo attraverso il suo concetto, allora noi immaginiamo un fine. La
rappresentazione dell'effetto e’ qui il fondamento che determina la sua causa e la precede"36.
Questo tipo di rapporto causa/effetto, essendo il contrario di quello che avviene nel meccanismo,
non puo’ essere afferrato dall'intelletto analitico e richiede l'intervento della ragione.
Nell'opera d'arte come negli organismi viventi il fine deve essere anche il "tutto".
Come dice Kant: "il primo requisito di una cosa, considerata un fine naturale, e’ che le sue parti
siano possibili solo in relazione al tutto. Perche’ una cosa sia in se stessa un fine, occorre che sia

34
“The Works of Inazo Nitobe”, op. cit., 472.
35
KU § 65.
36
KU § 10.

- 14 -
compresa dentro una concezione o un'idea che deve determinare a priori tutto cio’ che quella
cosa contiene"37. E’ proprio questo il tipo di struttura che noi possiamo vedere in un'opera d'arte.
Per questo possiamo parlare di una certa affinita’ tra l'opera d'arte e gli organismi viventi, quella
affinita’ che ci fa sentire certe opere d'arte come qualcosa di vivo (si ricordi Michelangelo e la
statua del Mose’). Certo si tratta solo di affinita’, perche’ nel caso degli organismi "ogni parte deve
essere pensata come un organo che produce le altre parti"38. Il fatto che ogni parte debba la sua
esistenza alle altre parti ed esista per le altre parti, e’ comune agli organismi e all'arte. Ma
nell'organismo le parti sono organi che si producono a vicenda (per esempio la secrezione
ormonale e la circolazione del sangue), il che non e’ il caso dell'opera d'arte. La causa dela
produzione di un'opera d'arte sta al di fuori dell'opera stessa e cioe’ in un essere razionale che e’
l'artista. Le singole parti, poi, come un'articolazione, stanno in una relazione puramente statica
rispetto al tutto che e’ il fine. Per questo l'opera d'arte non porta in se’ come gli organismi una
"intrinseca perfezione naturale". Il fatto che le opere d'arte siano sentite come vive (alcune sono
ritenute addirittura immortali), e’ solo perche’ "sono pensate in analogia con gli organismi".
Un'opera d'arte non puo essere viva in se stessa, ma in rapporto a noi essa si apre uno spazio
proprio, in cui cambia l'aspetto del mondo circostante, anzi si costruisce intorno un mondo
proprio, in cui sembra vivere. L'opera d'arte puo’ essere definita uno spazio (o tempo) speciale del
mondo. L'opera d'arte e’ chiaramente una eccezione nel mondo meccanicistico. Il mondo
meccanicistico e’ il mondo della "ripetizione", mentre l'arte scuote il mondo (non con la violenza,
ma con il fascino). Questo scuotimento del fascino toglie dal mondo il velo della ripetizione e ci
rivela un altro mondo, un mondo in cui il cuore umano riposa e si sente a casa propria. Se
dovessimo cercare questo mondo nella filosofia kantiana, lo troveremmo nel "mondo dei fini".
Husserl lo chiamerebbe il "mondo della vita"(Lebenswelt) e sta a indicare l'area piu originaria della
natura umana. Quell'area che precede ogni oggettivazione scientifica e in cui risiede il fine a cui
l'interesse umano naturalmente si rivolge. Heidegger, dal punto di vista della sua ontologia
fondamentale, ha colto questo mondo come la totalita’ del "Worumwille" del "Dasein". Si puo’ dire
che l'estetica kantiana ha aperto la via e reso possibile le teorie di Husserl e Heiddeger, ma la
fondazione che Kant da’ a questo mondo e’ diversa. Kant pone il fondamento del mondo dell'arte
dentro una filosofia che ha come principio ultimo la coscienza del soggetto. Per Kant, la finalita’ in
generale della natura e’ solo la legge che ordina e connette la totalita’ della pluralita’ dei fenomeni.
La finalita’ della natura non si traduce in un ordine del mondo oggettivo passibile di conoscenza.

37
KU § 65.
38
Ivi.

- 15 -
Un fine ultimo della natura e’ solo un' "ipotesi" assolutamente necessaria per la vita umana. 39
Perche’, vivendo l'uomo nel mezzo di una sovrabbondante pluralita’ di fenomeni, non puo’ fare a
meno di attendersi che questa pluralita’ sia, almeno come possibilita’, comprensibile. Ci troviamo
qui nel campo del "Giudizio riflettente", per cui questa aspettativa, come dice Kant, e’ una forma di
"fede"(Glauben). 40
Ora, nel momento in cui noi apprezziamo un'opera d'arte, ci troviamo inseriti nel
"mondo dei fini", il quale e’ governato dal "principio della idealita’ della finalita’"41. Il "mondo dei
fini" e’ costituito da due elementi: l'opera d'arte e gli organismi viventi. Visto in se stesso, il primo
elemento non ha vita e sostanza propria, e’ solo l'"Analogon" del secondo. Ma cosa dire se lo
guardiamo in rapporto a noi?
Per conoscere completamente il rapporto fra le parti e il tutto di un organismo vivente,
l'essere umano dovrebbe avere il cosidetto "Intellectus archetypus" 42. Dove, invece, l'intelletto che
l'essere umano in effetti possiede e’ solo una "imitazione" dell'archetipo. Al contrario, per
giudicare il rapporto tra le parti e il tutto di un'opera d'arte,l'intelletto umano opera in maniera del
tutto immediata. L'opera d'arte, a differenza degli organismi viventi, non e’ un prodotto della
natura, ma dell'uomo. In piu nell'opera d'arte, la produzione e il giudizio, la creazione e
l'apprezzamento, vengono attuati attraverso la medesima facolta’: la ragione. Come quando
cerchiamo di conoscere le diverse funzioni delle parti di un organismo, cosi’ nel giudicare l'opera
d'arte, noi supponiamo l'esistenza di un "archetipo", che supera la nostra conoscenza, ma in cui
attraverso la "facolta’ delle idee estetiche" ci viene dato il tutto dell'oggetto da giudicare. In altre
parole, quello che ci occorre e’ di scendere fino alla profondita’ del "substrato sovrasensibile di
tutte le facolta’ del soggetto"43. Cio’ che, per l'impossibilita’ di avere una conoscenza completa
delle parti e del tutto, negli organismi riusciamo a intuire indirettamente grazie al riferimento ad

39
Per questo la posizione “a-gnostica” in metafisica di Kant (ma Kant non e’ agnostico nel senso
che questo termine ha comunemente) puo’ essere preso come punto di partenza per un dialogo
con la pretesa tipicamente buddista (ma anche confuciana, per un certo verso) a non prendere
posizione in campo metafisico. (Ho difeso quasta tesi piu’ ampiamente in:
A. BONAZZI, La fede razionale di Kant e la filosofia comparata delle religioni. Fondazione filosofica
del dialogo interreligioso, Kindai Bungeisha, Tokyo, 1995).
KrV B848ff.
40

41
KU § 58.
42
KU § 77.
43
Ivi.

- 16 -
un archetipo; nell'arte riceve piena luce.
Il mondo degli esseri viventi, preso come un sistema teleologico, un sistema di fini, ci
mostra la "benevolenza"(Gunst)44 della natura nei nostri confronti. Quando si entra in quel mondo,
la natura ci appare come un sistema ordinato, bello, vitale. Se poi nel mezzo di quel mondo
appare l'opera d'arte, ecco che grazie alla sua luce penetrante improvvisamente emerge il
principio costitutivo del mondo. Non solo, anche l'essere umano diventa trasparente e viene
ricondotto nel seno piu intimo della natura. In questo modo, "facendo giocare liberamente" 45 le
nostre facolta’ cognitive, "senza interesse"46 immediato, riusciamo a pensare dimenticando noi
stessi. Nel mondo cosi illuminato dalla immediatezza dell'opera d'arte, risplende qualcosa come
una elevazione metafisica; e se si guarda dall'alto di tale splendore allo scorrere del tempo della
vita, ci appare in un'altra luce.

44
KU § 67.
45
KU § 9.
46
KU § 2. Per Kant il bello e’ cio’ che necessariamente piace indipendentemenete da qualsiasi altro
interesse.

- 17 -

Potrebbero piacerti anche