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La dimensione etica tra storicismo e giusnaturalismo

1 Il momento storiografico: la formazione della prospettiva etica

LA STORIOGRAFIA NON E’ SOLO COMPRENSIONE STORICA, MA LIBERAZIONE DI ESSA.

1Il problema etico-estetico: fil., arte, libertà

Di Carlo Antoni colpisce:

·1 la contemporaneità della sua vicenda culturale nel rapporto mantenuto con la realtà storica

·2 l'interesse per la fil. Italiana

E' un autore a contatto con la cultura tedesca del XIX sec. e con il clima neoidealistico italiano. Ha uno
strettissimo rapporto con Croce, conosciuto a Napoli dove insegnava come prof. di liceo ed ha effettuato una
ricerca fil. e storiografica nell'Istituto Italiano di Studi Germanici. Quì viene ripreso l'aspetto etico come motore
conduttore del suo pensiero . L'ultimo Croce vede nella dialettica hegeliana un trattato di alta etica, essa è vista
come la grande madre, che regge, stimola, promuove tutte le forme dell'attività umana. Antoni è
contrassegnato da una forte capacità di capire, ritradurre in termini di estrema chiarezza qualsiasi evento dello
spirito della storia. Si laureò all'Istituto di Studi superiori e di perfezionamento di Firenze nel 1921 ed iniziò la
sua attività come articolista e saggista, convinto della necessità di figure culturali qualificate nella stampa
quotidiana e settimanale. OGGETTO DELLE SUE CONSIDERAZIONI: gli avvenimenti culturali, storici o politici e le
pubblicazioni di testi o scoperte scientifiche rilevanti. Recensisce con serietà opere italiane o straniere.

Non ha disprezzato, ma esaminato attentamente: la fenomenologia, l'esistenzialismo, il neopositivismo ed il


marxismo. Il giovane Antoni si interessa al problema della cultura italiana, pensando ad essa come una vera
unità di coscienza in cui si fondono ed org. Nozioni di discipline disparate. Essa rappresenta la vera riflessione
sulla realtà ed in essa ognuno deve trovare il proprio destino, dando senso alla propria vita. Il concetto di
filosofia---> scienza dell'umanità, che deve essere studiata nel suo divenire, nella storia dunque.

Temi centrali: carattere morale della vita e dell'attività spirituale, rapporto etico-politico-religioso, problema
storico dello Stato come mediatore, storia come educazione dell'umanità.

Antoni rileva la radicale interdipendenza tra vivere e filosofare e vede la necessità di congiungere
teoria e prassi per operare realmente con la realtà e per essere maestri non di semplici teorie, ma
di proposte razionali e moralmente significative. Inscrive il concetto di fil. E di verità fil. Come:
presa di coscienza progressiva con valenza universale, di una verità che avvertiamo in noi e che
portiamo in noi stessi. Questo concetto di verità è vista come illuminazione. Vi è l'esigenza della
considerazione della dimensione storica della verità dell'uomo e dell'umanità. Si rivela necessario
percorrere la strada dei tentativi e degli errori, dei momenti di verità e di certezze momentanee,
ma con valenza universale, tracciata da coloro che ci hanno preceduto. In realtà la storia della fil.
È la storia dell'umanità. Il passato non è mai passato del tutto, è la ragion d'essere, la
giustificazione di quello che siamo e l'eredità che portiamo con noi. Identifica l'uomo con
l'umanità, l'uomo non è solo o atomistico ed ha come alterità dialettica: la verità sempre
storicamente raggiungibile e l' altro. Non vi è spazio per incomunicabilità o scetticismo. La
ricerca fil. Non è mai definitiva (chiusa in una forma e contenuto) ed i suoi risultati sono del tutto
provvisori. La coscienza fil. Dell'uomo, al pari di quella scientifica, procede per tentativi; intuisce,
prevede e verifica, ma è cosciente della sua parzialità storica. Questa coscienza di inadeguatezza
non lascia spazio alla rassegnazione, poiché pur se provvisoria la verità scoperta può animare la
ricerca. L'opera dell'umanità non finirà mai.
Sorge qui il problema della qualità della considerazione fil. ---> essa dovrà essere totale,
comprensiva attraverso una riflessione dell'intera esperienza. Mediante l'esperienza fil., l'uomo si
pone il problema logico, morale e religioso del suo destino e della relazione con l'intero. Il
giudizio storico opera nel concetto di consapevolezza della relazione tra uomo con sé e con
l'universo. Il mondo è quello del sapere e del volere, un mondo morale. Il sapere è una
dimensione dello spirito a cui è sempre presente la volontà del bene, il superamento del non-
essere. Vi è l'esigenza di globalità e di unitarietà della visione fil. Da essa deriva la funzione spec.
Della scienza e la sua differenza con la fil., interrogandosi sulle valenze fil. Della verità scientifica=
la fil. Ha un orizzonte più vasto poiché deve scoprire i rapporti esistenti con l'universale, mentre la
scienza si avvia verso la settorializzazione e la particolarizzazione delle sue conoscenze. (questa
concezione di A. mostra l'influsso hegeliano). La fil. È detta scienza universale, in quanto solo
guardando un ogg. In tutti i suoi rapporti con il mondo è possibile conoscerlo pienamente.
Antoni affronta poi le questioni del bello e dell'arte.
Antoni definisce il concetto di bellezza= il bello è l'atto spirituale attraverso cui diamo forma ad un
contenuto mediante il sentimento. Il momento estetico, dunque il bello è inscindibile dunque
all'individualità e l'artista è tale quando dà espressione di elementi di universalità, dunque la
dimensione artistica appartiene al nostro spirito, è capacità di distacco reale, creazione di un nuovo
rapporto. Da qui il valore universale e la veridicità dell'arte. L'artista trascende la sua persona per
farsi interprete di una vita sogg. Di tutti gli uomini. Viene rifiutata ogni forma di formalismo o di
rigida normativa perchè la spinta alla concretizzazione del reale deriva dal sentimento di libertà,
l'arte stessa è libertà, essa proviene dalla libertà ed educa alla libertà. Ecco quindi l'intrecciarsi
dell'arte con il problema morale e con l'universo dei valori. L'arte rappresenta lo spirito umano
nella sua storicità come ricerca del bene e del valore, come concretizzazione del mondo morale .
Noi aspiriamo sempre alla verità, alla bellezza, al bene, perchè questo è il nostro destino e la nostra
missione sulla terra. La libertà è considerata dunque come tensione, come prospettiva dinamica,
ma anche come norma ideale, come movimento nell'essere o come stasi nel non-essere. Quì è
chiaramente formulato per la prima volta il conflitto dialettico tra storicismo e giusnaturalismo. Lo
stesso storicismo è radicato al tema di libertà e di moralità, si tratta di quella riflessione sullo svil.
Della libertà dell'uomo nei confronti di quella norma ideale che lo costituisce mediante la sua
realizzazione nella moralità. Lib. E mor. Sono alla radice dell'arte. La vita spirituale è ciò che l'uomo
realizza e ciò da cui è realizzato e in ciò la libertà non è altro che moralità . E' tramite la
consapevolezza della personale libertà che nasce il mondo morale. La prassi diviene unità
dialettica con la teoria. Coscienza della libertà è anche cosc. Di intersogg. Questo spirito universale
trascende gli individui perchè li riunisce e dunque ha un valore universale. A. non dice cosa sia tale
spirito. 2 motivi per cui ha citato questo passo: l'indefinitezza allo spirito univ. Ed il rifiuto dello Sp.
Univ. Crociano. Il secondo motivo è legato alla struttura dialogica della sogg. Umana e alla sua
intercomunicabilità. Nell'interpretare ciò il pensiero umano si fa ''religione o fil.'' ---> poiché
l'attegg. Fil. Riveste la stessa totalità di quello religioso, la fil. Dovrebbe esplicitare concettualmente
il pensiero totale che costituisce il discorso religioso sul reale. L'arte vera vive solamente se ha
come suo fondamento un contenuto, un ethos (disposizione, carattere) che è proprio di un
momento della storia univ. Dello spirito, altrimenti sarebbe astratta (in ciò sta l'attualità
dell'estetica di H.).

2 Storicismo e antistoricismo: la ''posizione dell'individuo''


Antoni contrappone lo storicismo all'antistoricismo, protagonisti della fil. Dell'800 e 900. Croce
individuava tale elemento in un fenomeno preoccupante del pensiero moderno, quando esso
scorgeva un mutamento delle fedi e delle disposizioni fondamentali verso la vita e dunque un
pericolo per la vita etica e politica. Antoni nel saggio Storicismo e Antistoricismo per A.:
l'antistoricismo gli appare non solo come momento negativo e critico di una volontà di
rinnovamento, ma come opposizione a una determinata concezione della storia. Esso rifiuta la
fede laica del mondo moderno. A. riporta ad una stessa matrice la fil. Dell'800 e del '900: concetto
di progresso immanente alla storia. Da qui il termine storicismo. Egli non accetta lo storicismo h.
perchè annulla la posizione dell'individuo e non accetta nemmeno l'individualismo di cui è
portatore il movimento antistoricistico, ma di esso ne scopre il carattere etico. Nello st. h., Le
realizzazioni storiche non dipendono dalla volontà degli uomini, esse passano al di sopra della sua
razionalità. La trasformazione industriale e l'applicazione del progresso tecnico hanno portato alla
fede nella volontà creatrice e nelle possibilità del benessere dell'uomo. Da qui ha origine il
positivismo. Alla base di tutte queste concezioni secondo A. ve n'è una comune: la vita ha come
sua legge naturale il progresso; prog. Etico, religioso, politico, sociale, tecnico o economico.
Questa concezione generò un estremo individualismo che contrappone, all'astratta società un
astratto individuo, schiavo dell'ambiente. Si configura una concezione della personalità che ha se
stessa come fine. Questa è la posizione ad es. di Nietzsche, al cui fondo vi è però un uomo che si
emancipa da un passato deterministico per creare nuovi e umani valori. A. aderisce
all'antitecnicismo come categoria che inaridisce l'attività e la creatività del sogg. ---> l'homo faber è
sempre più lontano dalla vita; così si esclude anche il concetto della presenza di Dio, dunque
l'antistoricismo celebra la virtù e l'energia creatrice dell'uomo rifiutando la storia deterministica
che sembra volgersi al di sopra della sua volontà. Oggi questo nuovo umanesimo afferma che la
storia è un fatto umano, concreto prodotto da individui che si attui tramite la volontà del mondo,
dunque irreligioso. A. scorge un grande difetto = unilateralità. L'individuo appare separato dalla
società.
Il Cristianesimo, ha per A. un'importanza sia nella storia delle religioni, ma anche nella storia dello
spirito. Anche la posizione giusnaturalistica di A. troverà in esso le radici storiche della sua rag.
Universale.
STORICISMO: Dottrina filosofica tendente a ricercare il vero significato di ogni manifestazione umana
inquadrandola nel concreto momento storico e nell'ambiente in cui è emersa.
Visione del mondo come successione di infinite esperienze dello spirito, che non si ripetono mai in una stessa
forma, e si rappresentano come un circolo o meglio una spirale senza fine. Ha posto l’accento sull’irriducibilità
della conoscenza storica a leggi universali e necessarie.
ANTISTORICISMO: Negazione o sottovalutazione dell'incidenza della storia sullo sviluppo civile, politico, sociale.
Centralità dell’individuo, crea la storia=prodotto, fede nel progresso.
3 Storicismo e Giusnaturalismo nella storiografia tedesca
A colpire A. sono soprattutto Troeltsch e Meinecke. T. gli sembra il primo che abbia raggiunto un
compromesso, una mediazione tra libertà creatrice e unità razionale dell'universo. Un altro
compromesso è nel rapporto tra spirito e natura, che trovano la loro mediazione nella dottrina del
diritto di natura. E' importante considerarlo in quanto appare per la prima volta nei suoi scritti un
elemento che formerà la concezione neo-giusnaturalistica di A. La valenza politica e sociale del
cristianesimo trova il suo strumento nel diritto naturale. Il diritto di natura è per T. il tramite tra
l'etica cristiana e il mondo. Il giusnaturalismo, come lo ha tramandato all'Occidente lo stoicismo
romano, è una positiva accettazione del mondo, proclamazione della sua razionalità e fiducia
nella possibilità di emendarlo (correggerlo) attraverso la legislazione positiva, attraverso l'opera
dello Stato. Così A. vede il giusnaturalismo. Il mondo in cui egli rimane è quello della storia,
della vita quotidiana, in cui l'uomo è portatore di un messaggio etico.
Il secondo autore invece, M. gli appare come sostenitore della Ragion di Stato, nessuna
concezione di un universalistico diritto di natura, M. ha considerato gli eventi politici ed ha
ricercato il rapporto tra le idee e la storia. Le idee si purificano con la realtà e non ricade nel
relativismo o nell'ideologismo. La storia è costituita da bene e male, in essa vi è un compromesso
imposto da circostanze. Lo storicismo appare come un modo più agile di aderire ed interpretare
la vita. Traspare il legame tra A. e M., che appoggia gli elementi universalistici ed individualistici
di M. Tutti e due sono giunti all'eliminazione degli elementi tot. h. e all'accettazione
dell'universalità dell'individuo. Il distacco con M. sta nell'attenzione per A. per lo storicismo. M. ha
tentato di giustificare lo storicismo e l'individualità richiamandosi alle origini settecentesche,
mentre A. ha giustificato storicismo e giusnaturalismo nell'individuo. A. si trova a formulare un
problema: coniugare l'individuo con l'eterna categoria etica. Tuttavia nel criticare M. è evidente il
richiamo ad h. e al bisogno di un'universalità dell'individuo che fa di lui un momento
dell'assoluto (M. considera l'individuo come realtà a sé, che subisce gli effetti dall'ambiente,
dunque non come momento dell'universale). La ratio giusnaturalistica nasceva dall'idea che la
natura umana è unica ed universale identica in tutti i luoghi e tempi, lo storicismo per Meinecke
invece rappresentava il contrario: il senso del vario e dell'individuale. E' lo spirito ted. Che ha
creato lo storicismo. Antoni non è dello stesso parere perché: quello stesso storicismo, ha poi
condotto all'identificazione di quell'individualità nello Stato nazionale, sacrificando la coscienza
individuale, quell'eticità libera in cui egli scorge il cuore del sano giusnaturalismo. Il domani
appare incerto, la ratio resa precaria dall'ambiguità moderna deve sottoporsi ad esame per
ritrovare l'universalità e l'individualità di ciascun individuo. Kant appare ad A. come il filosofo della
personalità e della dignità umana, nonostante egli non sia riuscito ad armonizzare in un unico
principio essere e dover essere, la cosa in sé ed il fare, e che il suo concetto di personalità conservi
un forte accento al noumeno.

Capitolo 2 Hegel e Marx


1Hegel
Antoni ha sempre esaltato la potenza esplicativa di H., ma ne ha anche rifiutato gli esiti totalizzanti
tanto in etica, che in politica. A. vuole cogliere i limiti di fronte alla storia, mediante l'analisi delle
sue posizioni etico-politiche e della razionalità storica. Gli rimprovera di: aver limitato l'uso del
pensiero alla conoscenza del passato, di aver distrutto la possibilità di attuare una razionale forma
di convivenza, nonché la negazione di un'etica assoluta, di un universale dover essere,
conseguenza dello storicismo, al cui posto si pone lo Stato. Inoltre H. provoca un'inversione tra
agire e conoscere, dove l'imperativo sarà il conoscere e dove la logica sostituisce l'etica. H.
trascura così secondo A., il rapporto pensiero-azione. In H. è presente un dualismo di fronte alla
storia, che lo porta a privilegiare l’aspetto concettuale: coglie dunque l’essenziale. In H. vi è
l’esigenza di universalizzazione essa non si manifesta nella storia, ma nella razionalità filosofica.
H. ha collegato il regno della storia con quello della fil., cioè quello universale. Ma secondo A.
questa congiunzione non può avvenire: il dualismo h. di reale-razionale (essere/dover essere) e di
esistente-irrazionale non tollera congiunzioni. Alla base c’è una cattiva concezione del concetto
 esso in quanto universale non può avere storia, essa può esserci solamente nel pensiero
umano che ha chiarito a se stesso il concetto. Di conseguenza non vi è possibilità di dare
consistenza all’individuo. H. dunque non riesce a congiungere in modo soddisfacente l’individuo
umano e la storia universale. A. difende la consapevolezza dell’individuo, la sua ragionevolezza e
rifiuta quella razionalità inconsapevole di cui H. investe l’individuo. Respinge il rapporto logico tra
individuale-universale, in cui vede strumentalità. Lo storicismo e giusnaturalismo acquistano
significanza teorico-interpretativa in relazione al mondo etico. E nel caso di H., è tolta alla vita
morale la consapevolezza. La storia universale procede per suo conto, tagliando qualsiasi legame
con la volontà individuale, sicché l’individuo non sente più alcuna responsabilità, non avverte più
che la storia è sua. Come la sorte di una battaglia dipende da ogni singolo soldato, così quella del
mondo (secondo A.) dipende da ogni nostro gesto. Qui risiede lo storicismo di A.  lega la
necessità storica all’unione di universale e individuale. All’individuo è perciò riconosciuta una
funzione importante affinchè esista lo stesso universale. L’atto morale, attinge dall’universalità
della legge, esalta l’individualità e salva l’anima. La dialettica è reale soltanto nella realtà
dell’individuo. A. rivendica la peculiare vita della sogg. Individuale; giudica negativamente la
posizione h. che finisce col ridursi nello svil. dialettico dell’ideale e del concreto con la mera
conformazione ad una sostanza determinata. Nella ricerca della vera eticità, A. mostra la
propensione ad un’andatura storicistica, in H. è ignorata l’altra possibilità, quella della vita
morale, che si crea, viene tolto alla vita morale il carattere proprio di ogni vita spirituale:
CREATIVITA’ INNOVATRICE. La sua libertà sta nel produrre nuova vita, nuove coscienze, nuova
storia. Gli manca dunque il concetto della creazione etica, che è la spina dorsale della storia. Lo
sguardo non deve essere fisso su una norma universale. A. conclude questo saggio con una
rivendicazione dell’originalità creatrice dell’individuo, che contrariamente in H. risaliva
all’universale.
2. Marx ANTONI E’ D’ACCORDO CON IL MARXISMO GIUSNATURALISTA
A. risulta essere più cosciente del confronto dialettico tra: razionalismo e storicistico e razionalismo e
giusnaturalistico. A. nega la concezione h. di storia: non vi è presenza reale di libertà, dal momento che trascura
la consapevolezza umana. Il giusnaturalismo, invece, affida agli uomini l’iniziativa e anche se può provocare
un contrasto tra ragione e tradizione parte dal principio liberale della responsabilità umana. L’h. rifiuta la
norma universale e la razionalità ha origine nello Stato come potenza, che celebra inconsapevolmente l’eroe e
ha come religione il culto dell’azione e della potenza. Questa lettura totalizzante di h. è maturata in A. a causa
delle atrocità del fascismo e del nazismo. (A. al tempo svolgeva in Italia un’attività politica clandestina). Marx 
è erede del movimento romantico quanto della dialettica h., ma ha introdotto tali elementi nel campo del
giusnaturalismo. La sua appartenenza a questo movimento è di natura logica e riguarda i motivi essenziali del
materialismo storico. Lo storicismo romantico (non movimento) ha cercato di distruggere l’idea di una morale
naturale, di una religione naturale, diritto naturale, di ogni norma etico-giuridica eterna ed universale derivante
dalla natura razionale dell’uomo. Il romanticismo ha sfidato l’intera civiltà dell’Occidente, in ciò che gli è più
profondo: la sua tradizione giusnaturalistica, che va dall’antichissima idea stoica fino alle dichiarazioni dei diritti
americana e francese. In questa tradizione si pone M.: le sue richieste furono o sembrarono di carattere
economico, volendo sostenere una certa classe sociale (operai, classe lavoratrice-forza lavoro) , ma la sua
autentica forza sta nella fede nella giustizia e nell’umanità, appellandosi al diritto di natura. E’ difficile
conciliare il materialismo storico con la dialettica h.. Il m. è una vera e propria etica storicistica della potenza, il
dovere coincide con l’interesse. Non si tratta di puro interesse ec. Tra le classi, ma di svil. dialettico;
processualità storico-dialettica. E’ in questa dialetticità che A. riconosce il suo romanticismo, inoltre come
quest’ultimo rifiuta un’astratta umanità, al posto predilige l’universale natura razionale dell’uomo del
giusnaturalismo. Ammette soltanto l’uomo come creatura sociale, soggetta alle varie ideologie dell’ambiente
storico e distrugge l’opportunità di un appello all’umanità, ad un principio etico-giuridico. Il materialismo
storico non è tutto il marxismo: qui compare la giustizia. Il principio etico-giuridico (A.) compare sia nella
rivendicazione m. ma anche nell’aspirazione ad un ordine più giusto. L’accusa verso la proprietà capitalistica è
una difesa della proprietà individuale. Tali rivendicazioni si pongono perciò in base a diritti originari. Gli altri
elementi del materialismo storico derivano invece dal pessimismo che ha giustificato la forza contro la volontà
etica. Secondo A. si tratta di un’etica  una visione ed interpretazione della vita e della natura umana. La
dimensione etica si collega a quella politica, la valenza etica del diritto di proprietà è tale solo se collegata
intimamente con la proprietà. Se la libertà decade dal suo valore etico, diviene tecnica di potere e con ciò cade
il nesso gius: proprietà-libertà-individuo. L’impronta g. in fatto di proprietà e di potere è quindi legata
all’eticità inerente alla libertà. L’economicismo deve perdere la sua autonomia, per dialettizzarsi con l’etica.
L’unica valida resistenza secondo A. è operata dalla trad. g., più giusta verso la razionalità. Secondo A. è più
difficile instaurare un sistema politico basato sulla forza là dove opera una coscienza collettiva etico-giuridica.
Un pericolo che minaccia la libera individualità dell’uomo occidentale è: l’industrialismo come razionalismo
meccanicistico, che riduce a massa fisica gli individui e minaccia di invadere la stessa vita sociale e politica.
L’individuo nella sua libertà e coscienza etica, deve resistere al DEMONE ECONOMICO, che lo
SPERSONALIZZA e STRUMENTALIZZA, MASSIFICANDOLO.
A. si pone dunque in continuità prospettica con il M. g. e addita al fulcro del capitalismo quella stessa esigenza
di giustizia e di diritto che nutriva inconsciamente M.

Capitolo 3: Il problema della storia


1.La concezione dialettica della storia
A. mostra le discordanze con il pensiero di C. Egli (C.) polemizza contro il naturalismo, ponendosi come filosofo
dello Spirito, unico ed universale autore delle opere della storia. Ha negato la reale consistenza ed efficacia
all’uomo nella sua esistenza individuale. A. al contrario ricerca di dare spazio a quella realtà che per C. era
semplice vitalità. A. voleva definire il concetto dell’anima, come Atto, che realizza in sé, l’universale spirito
che altrimenti non si manifesta (spiegazione storicistica). I 3 concetti che caratterizzano A. in questo senso
sono:
1. il problema della storia
2. il problema dell’individuo (secondo le prospettive storicistica e giusnaturalistica)
3. il problema etico-politico
Indaga il problema della storia, in continuità alle concezioni derivanti dal pensiero crociano-hegeliano in cui ha
visto agire uno spirito universale ed uno individuale. In tale spirito ha perciò riscoperto la centralità della
categoria etica. A. è consapevole che lo storicismo h. ispira e pervade anche i partiti tra loro opposti, ma che è
certamente caduta la considerazione h. della storia, che nella dialetticità vedeva la realizzazione dell’Idea e la
compiutezza di uno spirito assoluto. E’ caduta dunque la concezione teologico-religiosa, ma è rimasta
un’eredità h. A. si rende conto dell’importanza della Storia, che muove ogni concezione fil. 2 aspetti di
quest’ambiguità:
- la razionalità storica h. garantisce il progresso ed il perfezionamento, anche se nel dolore e nella
tragedia
- sorge il sospetto che il culto dell’individuo verso la storia sia responsabile della spietatezza di cui la
nostra età ha dato terribili prove
Vi è netta corrispondenza tra: STORIA E IDEA, L’UNICA VERA GIUSTIFICAZIONE DI DIO E’ LA STORIA.
L’individuo può conciliarsi con il reale solo nella comprensione di questo divino e storico divenire. La storia
come religione della libertà inquieta profondamente l’individuo. La libertà appare come coscienza di questa
necessità divina nella storia e come libera accettazione di sé nell’autocoscienza considerante. Ciò che
sfugge alla ragione storica è: LA VIVENTE CONCRETEZZA DELLA STORIA. La sua logica della storia giunge a
negare la storia stessa, quando si chiude il ciclo delle deduzioni, si conclude il divenire. H. ha temuto
l’irrazionalità del concetto di spontanea creazione ed è rimasto legato alla logica dell’essere. Il dato
individuale è perciò trascurato, fuori dalla logicità, la storia è dunque di carattere logico-deduttivo. Sotto
questo piano speculativo si muove storicamente l’individuo, che nonostante le sue passioni e volontà non
influenza il moto dello spirito assoluto al fine di determinarne gli eventi storici. ALL’INDIVIDUO RESTA DI=
INSERIRSI NEL CORSO DELLA STORIA MEDIANTE IL RICONOSCIMENTO DELLO SVILUPPO DELLA RAGIONE.
Deve riconoscere la propria volontà nella volontà della storia e in ciò consiste la libertà. L’effettivo motore
della storia risulta il dittatore o tiranno, strumento inconsapevole del destino, seguito dagli altri che
sentono di doverlo seguire. Le sue preoccupazioni sono: smascherare la politica pura come potenza etica e
rivendicare all’individuo la sua responsabilità storia e la decisione ragionevole; egli è il motore stesso della
storia. Nel leggere il pensiero politico ted. A. dice: è la realizzazione dell’Idea, l’Universale Ragione che
diventerebbe storica mediante la potenza. La polita diventerebbe così lo strumento della storia,
quest’ultima è uno strumento ideologico o mitico della politica, riconducendosi a giustificazioni. LA
CONCEZIONE DIALETTICA DELLA STORIA SI FA ETICA DELLA POTENZA E NON DELLA RAGIONE. E’ in questa
conclusione che A. indica l’origine dei mali politici e sociali di un popolo. Al fondo traspare la negazione di
quel sacro valore della libertà che H. aveva negato nel giusnaturalismo, ignorando il mondo dell’esistenza
degli uomini. A. parla di un rapporto tra etica e logica, H. invece di logica ed etica. In h. la vita etica è
relativa all’obbedienza alle leggi della comunità e l’aspetto logico deriva dalla conformazione storica.

2. Il giudizio storico: razionalità e conoscenza storica


La perdita dell’individuo ha dato luogo ad un giudizio storico senza sogg., senza il momento dell’esistenza,
in realtà non è un giudizio, ma un deduzione. A. insiste sulla peculiarità dell’esistenza e del valore di un
atto, di un’azione o di un’opera che sono salvati dalla ragione umana nell’atto del giudizio. La storia appare
come una successione di atti creativi, contro la deduttività ferrea; la novità creatrice  sorge nella
relazionalità ad un passato e futuro. In ogni situazione siamo immersi nella storicità, siamo responsabili ed
è la libertà che ci rende tali. La nostra azione è determinata dalla nostra iniziativa e di questa abbiamo
responsabilità. Il CONCETTO DI NOVITA’ STORICA  E’ QUELLO DELL’ESISTENTE E DI RESPONSABILITA’
MORALE (rende inadeguata l’idea di H.). A questo punto era necessario individuare uno strumento logico
capace di unificare l’individuale e l’universale, esistenza ed essenza. Ciò secondo A. è possibile tramite
l’applicazione del giudizio sintetico a priori kantiano. Da qui la condivisione del giudizio storico di Croce,
sebbene A. si muova verso una dimensione individuale. La sintesi a priori è:
L’atto di pensiero, per cui si pone ed afferma l’identità e la differenza tra sogg. E predicato, finito ed
infinito, relativo ed assoluto. La verità storica che si afferma è l’identità tra individuale nella sua esistenza
contingente e universale che lo produce e sovrasta. Separati questi due termini sono impensabili. A parere
di A. ci deve essere un duplice rapporto tra individuale-universale: di immanenza e trascendenza. L’uno
garantirà la sua esistenza, l’altro la differenziazione dal particolare e si farà motore della storia. Il rapporto
quindi non sarà mai di identità totale. A. salvaguarda l’assolutezza dell’universale e la finitezza del
particolare, con la sua rivendicazione del ruolo dell’individuo nel rapporto con l’assoluto. Il giudizio storico,
sull’individualità come elemento costitutivo di uno svolgimento storico. Esso è distacco e consapevolezza
di sé nella consapevolezza del movimento storico, è atto di liberazione che affida a se stessa la nostra
coscienza etica. L’atto di intelligenza e di comprensione è atto di liberazione e ciò caratterizza la nostra
coscienza morale. L’ideale etico apre la coscienza dell’uomo alla tensione verso l’assoluto. Quella di A. si
configura come una particolare ragione storica, che non vuole rinunciare alla comprensione e che si pone
come razionalismo etico con una forte coloritura religiosa. Le fil. E le religioni hanno per tema il rapporto
tra individuale ed universale; questo rapporto altro non è che il nesso sogg. Predicato. A. parla di un
giudizio storico come di un giudizio teologico  vede nello storicismo una movenza verso lo Spirito
Santo. Luogo di incontro tra universale e particolare è la coscienza individuale; in essa si manifesta il
rapporto con Dio, rapporto di amore e di libertà, che reca all’anima individuale una dignità etica. E’
questa fede nell’assoluto che provoca l’intero movimento E’ evidente l’importanza della dimensione
religiosa per A.

Capitolo 4: Il problema dell’individuo: eticità e neo-giusnaturalismo


1. L’Io e la categoria etica

L’equazione individuo-egoismo compare nel pensiero c., dove egli è identificato col momento vitale-
economico. Secondo A. era necessario spezzare tale equazione, ponendo le basi di un nuovo giusnaturalismo,
in cui il concetto di individuo è inteso come fonte di tutti i valori universali. Tale principio per essere salvato da
ogni astrattezza ideologica è stato perciò inteso in senso storicistico, come una verità che ha una progressiva
conquista storica. Questo è il legame esistente tra individuo e giusnaturalismo: nell’individuo A. vede la fonte
dei diritti, come creazione dei valori universali. A. ha qui un’andatura teoretica. Si nota inoltre la centralità
della categoria etica in quell’universale concreto che è l’individuo. Sono due i momenti:
 La singolarità dell’individuazione del valore, dell’universale
 La sua tensione etica, nel realizzarsi nello storico, riproducendo la vita e l’universale valore
Qui si nota anche il distacco da C.  la fil. C. finisce col negare l’individualità, riconducendola a mera vitalità;
l’esistenza individuale non sembra appartenere alla vera realtà. Come H. la fil. Di C. sembra apparire come
una TEOLOGIA DELLO SPIRITO DEL MONDO, dove gli individui sono assorbiti dal tutto. C. svalutava ancora di
più l’individuo per via dell’enfasi che riponeva sull’Opera: per via della sua valenza storica nello svil. del reale. In
questa prospettiva si configura il provvidenzialismo religioso c.: esso comportava una svalutazione
dell’individuo (della sua libera creatività) e un offuscamento della centralità della dimensione etica individuale.
C. ha dato consistenza ed autonomia solamente al momento dell’individualità proprio sul piano della vitalità.
Universale ed individuale non entravano dunque in gioco dialettico, ma l’universalità diventava prerogativa
della vitalità. Il rapporto da logico si fa metafisico. Questo dramma tra la miseria e la grandezza dell’uomo, ha
indotto C. ad interpretare la logica h. come scoperta d’alta Etica. Il sacrificio dell’individuo era legato alla
distinzione tra vita ed opera: vita=qualcosa di riposto e privato; opera= bene pubblico che entrava nel moto
della storia. Nel pensiero di C. l’universale formale a priori è fuori dalla coscienza individuata, è vero oggettivo
di uno Spirito del mondo e della storia. Il rapporto è mantenuto soltanto tra lo Spirito creatore e le sue singole
opere. La coscienza sogg. Invece è tollerata solo nella dimensione della vitalità, resa estranea dai valori
universali.
A. vuole ristabilire l’unità di indiv. Ed univ. Nella concretezza dell’individuo. L’universale non è un generico
Spirito, ma è un Io. L’io è l’a priori, una categoria universale, che è IMMEDIATAMENTE COSCIENZA ED
AFFERMAZIONE DI SE’ COME INDIVIDUO. Nega una possibile deduzione dell’Io, esso è immediato ed
universale e non deriva da un ipotetico Io trascendentale. L’io non può essere posto come ogg., l’Io come
universalissimo è anche individualissimo, i due momenti sono entrambi nella coscienza, è in questa unità, che
vi è concretezza. La separazione da vita ad uno Spirito puro, trascendentale, solo sogg. Che sopprime gli
individui e quindi la nostra esistenza. In questa concretezza prende significato l’universalità. E’ l’universalità che
consente all’Io singolo di scoprire, sperimentare e conquistare le spiritualità degli altri, di capire e di conoscere,
di rivivere gli altri. L’universalità si fa quella identità che è comunicazione e comunione, ma che non è mai
perfetta, essendo comunque la meta della nostra umanità. A. mostra la sua azione in favore della vita, la sua
spinta morale. A. riprende poi la sua considerazione su C. relativa alla revisione c. della teoria dell’eticità  C.
sopprimeva l’eticità come categoria svolgente un’attività propria. Dietro a tale eticità funge concretamente la
passione per la vita. L’armonia etica deve combattere il negativo che si insinua nelle pieghe dell’esistenza.
L’umanesimo crociano è questo senso di armonia, questa capacità di comprensione e di valutazione di tutte le
forme di vita, senza il prevalere di una categoria sulle altre. Spesso però quella che prevale è quella della
vitalità. L’errore è l’identificazione dell’individuo con la sola ed esclusiva vitalità.

2. Dall’esistenza al valore: le possibilità della riconciliazione


L’ultimo corso universitario di A. è dedicato all’esistenzialismo di Hedegger. Anch’egli, pur tematizzando
l’individuo, ne accentua solamente il lato esistenziale celebrandone la singolarità. Afferma esasperatamente
l’individualismo in polemica contro il conformismo borghese. Quest’apologia dell’individuo esclude
l’universalità, riducendo il sé nell’”esser gettato”. L’esistenzialismo si oppone allo storicismo, negando la
produttività dello spirito, da cui ne deriva smarrimento, disperazione, angoscia e mancanza di fondamento.
Nelle sue posizioni vede la riduzione dello spirito a vitalità, utilità, pura volontà. A. oppone una netta volontà:
non di potenza, ma di Bene. A. ha fede nella dimensione trascendente dello spirito, l’azione è produttività del
nostro spirito ed il suo fine è la vittoria sulla morte, cioè il nostro inserimento nel mondo vivente ed operante, il
nostro perpetuarsi in esso. Si opera con l’intenzione di compiere qualcosa d’infinito. Egli credeva nella positività
della vita, che andava costruita giorno per giorno, con una positiva volontà di bene. L’uomo dell’esistenzialismo
si ripiegava semplicemente su di sé, giungendo al vuoto, al nulla. Egli crede di liberarsi dalle illusioni perdendo
la propria sua individualità, ha solamente volontà d’esistere; l’uomo comune ha cercato di liberarsi da quei
principi, per distruggere l’universale e l’assoluto, volendo ricostruire la sua esistenza sul particolare e sul
contingente. E’ necessario ricominciare a credere nell’assoluto, presente della coscienza dell’individuo, come
possibilità di vita morale. A. ritorna sulla funzione della coscienza, dal momento che nelle decisioni ognuno si
trova solo di fronte ad una varia realtà. La colpa dell’esistenzialismo è di  non scorgere nella dimensione
morale della coscienza individuale l’appello alla vita. E’ nel rapporto con la vita, che la coscienza dell’uomo
diviene cosciente della sua responsabilità. Su questi temi di: responsabilità e di libertà A. critica C. C. scinde
questi due, non ammettendo possibilità di conforto; la resp. Non era riconosciuta da C. nella decisione
individuale, ma esclusivamente in relazione alla responsabilità giuridica dell’individuo di fronte alla legge
imposta dalla società. Negava dunque che l’uomo potesse fare consapevolmente il male. E’ necessario
comprendere il rapporto dinamico tra indiv. Ed univ., che non può essere ricondotto ad una dimensione statica.
Tale errore teoretico lo riconduce anche a C. Secondo A.  Gesù era maestro di verità, l’intero messaggio
evangelico è una parabola, che enuncia la verità. Per A. vi è un movimento dialettico tra bene e male, dove si
pone la coscienza dell’individuo in cui si mostra la sua libertà. Il nichilismo ed il pessimismo sono rifiutati. La
coscienza si muove storicamente, pur nella possibilità dell’errore, verso la verità e la storia. E’
l’approfondimento della verità che è fonte di giudizio del passato e principio di azione per il futuro.

3. Istanza giusnaturalistica e prospettiva etica

Ne La restaurazione del diritto di natura, A. tenta un incontro tra la posizione storicistica e quella giusna-
turalistica. Tale esigenza discende dalla necessità di armonizzare il giudizio storico con gli altri concetti sopra
evidenziati: individuo, libertà, responsabilità, coscienza, ve- rità, storia. Anziché rivolgersi all’immanenza totale,
come fa lo storicismo crociano, Antoni tenta di armonizzare la progressiva scoperta della verità con l’antica
istanza giusnaturalistica. L’idealità giusnaturalistica: si dialettizza con la scoperta che l’uomo fa di sé nella sua
storia etica. E il progresso filosofico-religioso si traduce in ideali ed imperativi etici. La critica allo storicismo
hegeliano lo aveva spinto ad accentuare il valore e la posizione dell’individuo. L’attenzione all’individuo lo
spinge a stabilire legami, legati alla sua natura universale. Perciò imputa le due grandi catastrofi della nazione
tedesca alla sua polemica contro il diritto di natura. E la stessa cultura italiana, da Machiavelli a Croce,
necessita di una radicale revisione. Perciò tenta di trovare nello storicismo stesso la risposta all’esigenza
intrinseca nell’antico giusnaturalismo.Di questo distingue due forme:

1) Quello utilitaristico, che per salvaguardare la libertà dei cittadini dall’arbitrio dello Stato ha dato origine al
“contratto sociale”, (ma che ha generato una nuova forma di totalitarismo e di assolutismo, identificata con la
“volontà generale”).

2) Una seconda forma, invece, tendeva a salvare comunque la libertà, in un mondo in cui crollavano le vecchie
libertà derivate dai privilegi.

Pur con le medesime basi razionalistiche (l’uguaglianza della natura umana in tutti gli individui), essi si
differenziano nel concetto di natura umana: nella prima forma essa è intesa come egoista e selvaggia, e trova,
nell’alienazione della liberta naturale nella “volontà generale”, una nuova forma di sicurezza e di libertà civile;
la seconda, invece, attribuisce all’individuo diritti inalienabili e una dignità morale. Nell’una si forma la
persona giuridica, nell’altra quella etica. L’idea di diritto di natura rappresenta allora, in questa tradizione,
l’esigenza di un universale ideale morale, il dover essere che mai è soddisfatto di fronte al reale. E da questa
rivendicazione parte il rifiuto della posizione di Hegel e di Rousseau, anche se riconosce che, in essi, è già
presente un tentativo di forma- zione di personalità morale e non meramente giuridica.

Responsabile della perdita delle esigenze giusnaturalistiche è stato lo storicismo ottocentesco: enfatizzò la
concretezza storica degli “istituti” e trascurò la dimensione etica dell’individuo (in favore di quella giuridica).
Ma così, esso ha perso l’originalità dell’individuo davanti alla forza politica e lo ha lasciato in suo potere. Così
Antoni:

la dottrina del diritto di natura, proclama, contro il mero potere, contro la mera forza politica, l’esistenza di un
valore o principio, che è appunto l’eticità della natura umana ed essa esige che di questa si tenga conto come
di un valore assoluto.

Lo storicismo crociano, proprio in quanto, a differenza di quello relativistico tedesco, asserisce l’identità dello
spirito e dei suoi valori universali nella varietà delle opere, nella diversità degli stili, delle tradizioni, dei costumi,
è fondamentalmente giusnatu- ralistico. Ma lo è in senso storico e dinamico, in quanto ammette la progressiva
rivelazione e scoperta della ratio.

In Hegel, egli dice, non è pos- sibile separare il momento teologico da quello storicisti- co. La consacrazione
della storia è possibile soltanto in riferimento all’assoluto. E lo storicismo dialettico è chiamato a pensare
questa unione. La sua razionalità si spiega e dispiega con la finale identificazione della storia con l’assoluto. La
filosofia della religione è chiamata a re- stituirgli la sua universalità, in quanto teoria non più del cittadino o del
suddito, ma dell’uomo. E così essa reintegra l’uomo nella sua “personalità piena”. Tale fil. Riesce a conciliare la
sogg. Con l’ogg. Lo sviluppo reale dello Spirito divino avviene soltanto nell’uomo, la storia ha uno svolgimento
necessario, ma la vera immanenza si raggiunge nella devozione della personalità pensante, nell’Io che è
tutt’uno con lo Spirito divino. Dio si annulla nell’Io, che si spoglia della sua finità per divenire pensiero
universale e concretezza nell’Assoluto.

CAPITOLO 5: PROSPETTIVA ETICO-POLITICA: LIBERALISMO E DEMOCRAZIA

La vita etica si svolge e progredisce come coscienza della verità che si fa principio dell’azione e si realizza nel
mondo come civiltà. La centralità della categoria etica prescinde dunque anche da una considerazione politica.
La verità dell’Io si fa prassi e civiltà per la realizzazione delle condizioni ideali, per la crescita di libere
individualità e per l’istaurazione delle condizioni di libertà che l’Io ha scoperto nella discesa nel profondo di sé.
La storia dovrà diventare politica della libertà. Il principio dell’individuo è dunque inteso come principio
politico. A. pensa in nome di C., ma manca alla fil. C. quel concetto di individuo. A. esclude in modo categorico
che si possa guardare alla politica come questione di utilità pratica; la politica offre un chiaro esempio del
tradursi dell’universale eticità in concrete determinazioni. Tra morale e politica si stabilisce un rapporto
universale-particolare (tale particolare non va assolutizzato). Rousseau è stato il primo secondo A., a sollevare
la coscienza verso un piano etico, perché ha individuato nella libertà dell’individuo la sorgente dei suoi diritti.
Ma la rinuncia a tali diritti in cambio di protezione giuridica ha significato l’alienazione della personale eticità
nella volontà generale, quindi nel corpo politico. L’errore di R. sta in questo concetto dell’alienazione totale di
sé rispetto alla comunità. In H. invece, la libertà e l’eticità coincidono con la perfetta adesione del singolo alle
leggi universali. Questa posizione genera fuga dalle proprie responsabilità, tradendo la ragion d’essere di ogni
politica: quella di permettere uno svil. individuale ed una relazione con l’assoluto valore. Oscurata la verità
sorge al suo posto la forza che attraverso l’ideologia da origine alla tirannide. La dottrina del diritto di natura
proclama quindi contro il mero potere l’esistenza di un valore o principio che è appunto l’ eticità della natura
umana, esso è da considerarsi come un valore assoluto. Tutta l’attività politica deve armonizzarsi con questo
principio dell’individuo e della sua irrinunciabile eticità.

2. PER UN NUOVO LIBERALISMO

A. deriva una posizione politica rispettosa della dimensione etica: il LIBERALISMO  Esso è stato un
approfondimento del giusnaturalismo in quanto, liberandosi dal concetto del contratto e negando l’alienazione
dell’individuo allo Stato, ha posto nel singolo sogg. Umano la politica come attività morale e di responsabilità.
L’individuo è visto nella sua qualità di sogg. Libero e in quanto tale sogg. Di diritto e la ragione religiosa non è
estranea a questo filone liberal-democratico radicale. Lo scopo dell’azione politica è: CREARE CONDIZIONI TALI
CHE OGNUNO POSSA ESPRIMERSI ED INSERIRSI, CON LIBERTA’ NEL TESSUTO SOCIALE, SENZA CHE GLI RINUNCI
ALLA SUA LIBERA PERSONALITA’ IN FAVORE DI UN ENTE SOVRAINDIVIDUALE. Lo Stato è dunque strumento di
volontà dei cittadini e non l’espropriatore delle volontà individuali. Egli non è egoistico o atomistico, esso è
considerato nella sua potenza etica: nel suo darsi, promuovere la vita universale mediante le opere.
L’uguaglianza liberale  uguaglianza del diritto di ognuno a essere riconosciuto nella sua individualità
differente potendo sviluppare in essa la sua umanità. Ciò avviene in campo sociale, politico ed ec. Lo Stato non
è tutto, ma è una parte, A. mette in guardia dal pericolo di un neo-totalitarismo non violento che deriverebbe
da un continuo allargamento dei poteri dello Stato. Il centro va ricercato nell’individuo, lo scopo dello svil. delle
libertà individuali è rappresentato dallo Stato. Anche il progresso tecnico anche se non elemento etico-religioso
è molto importante. A. infine riconosce ai fenomeni di massa una sogg. Imponente. In realtà la vita di massa di
cui si parla indica una liberazione dell’individuo dalla passività della massa. Il liberalismo dà origine alla vera
democrazia  essa non è semplicemente in relazione al concetto di popolo, ma indica L’AUTOGOVERNO
DELLA COSCIENZA INDIVIDUALE, CHE DECIDE NEL VOTO LA SORTE DI TUTTI. Quindi la dimensione etico-
politica dell’individuo è riconosciuta dal voto, in cui si inserisce la vita della comunità. A. si rende conto della
difficoltà del sistema demo.  è un ideale difficile, espressione di un’alta civiltà e di profonda vita morale: SI
REGGE SULLA CRESCITA MORALE DEGLI IND., SULLA COMPATTEZZA NON UNIFORMISTICA, MA
DELL’INDIVIDUALE COSCIENZA E DELLE SUE RELAZIONI CON GLI ALTRI. ESSA PROMUOVE L’EDUCAZIONE
DELL’INDIVIDUO. LA DEMO. E’ ALLA BASE DI UN’EFFETTIVA TENSIONE ETICA.

La prima importante differenza con Hegel è che nel sistema crociano non vi rientra né la religione, né
la natura. La dialettica crociana consiste nella nuova concezione della struttura dialettica dello Spirito,
che Benedetto Croce elabora sovrapponendo alla dialettica hegeliana il nesso dei distinti, evidenziando
anche il nesso dei distinti o dei gradi che stabilisce il rapporto di ciascuna forma con le altre.

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