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Teologia Morale
Fondamentale
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INDICE
1. Definizioni e Ambiti
2. Morale e Storia
2.1 La concezione ellenistica
2.2 Antico Testamento
2.3 Letica cristiana
2.4 Il Modernismo
2.5 I Maestri del Sospetto
2.6 La riflessione sulletica nel XX secolo
3. La Proposta Morale oggi
3.1 Crisi e prospettive
3.2 Attualit della problematica morale
3.3 Proposta morale cristiana
4. Il Metodo della Teologia Morale
4.1 Coscienza
4.2 Il discernimento morale
5. In cammino di liberazione e di crescita verso la pienezza
5.1 Il peccato e i peccati
5.2 Un cammino di crescente conversione
Appendice 1 La Critica della Ragion Pratica
Appendice 2 Sulla Coscienza
Appendice 3 Benedetto XVI La Coscienza Erronea
Appendice 4 - Legge temporale e divina
Appendice 5 - Sistemi morali
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1. Definizioni e Ambiti
Il termine morale (dal latino mores, pl. mos) significa costume, nel senso di
atteggiamenti, modi di agire, di comportarsi.
Lespressione latina moralitas risale a Cicerone, che la coni quale corrispettivo latino del
greco ethos da cui deriva un altro termine greco caro ad Aristotele, Etica, usato per
denominare tre sue opere.
Entrambi i termini (latino e greco) non indicano solo il costume di un popolo, ma ci che
in un dato tempo e luogo riconosciuto come giusto, ossia come conforme al dover agire
delluomo affinch possa realizzare compiutamente la sua umanit.
Nella cultura moderna letica indica la scienza dellethos, che articola al suo riguardo una
riflessione sistematica e critica mentre la morale indica, nel comportamento umano, la
scienza della condotta, nel senso di ci che si deve fare e non fare affinch luomo possa
effettivamente diventare ci che deve essere.
Sotto altri profili l'etica pu essere descrittiva se descrive il comportamento umano,
mentre normativa (o prescrittiva) se fornisce indicazioni.
E, da altri punti di vista, pu definirsi soggettiva, quando si occupa del soggetto che
agisce, indipendentemente da azioni od intenzioni, ovvero oggettiva, quando l'azione
relazionata ai valori comuni ed alle istituzioni.
2. Morale e Storia
Ha avuto molta fortuna in passato la cosiddetta teoria della vernice, cio lidea che la
morale umana sia come una sottile pellicola superficiale che copre il nocciolo,
profondamente amorale, della sua natura. Cos pensava il darwiniano Thomas H. Huxley,
inventando la celebre metafora del giardino vittoriano in cui la moralit come un parco
ben curato protetto da una cinta muraria che lo separa dalla giungla esterna, regno della
guerra, della lotta per la sopravvivenza, dellindifferenza morale e persino
dellimmoralit.
Al contrario il primatologo Frans de Waal1 non condivide e confuta questa impostazione
sostenendo che letica scaturisce da potenzialit insite nella nostra storia naturale, si
basa sulle emozioni ed emerge dalle nostre competenze nelle interazioni sociali, non
imposta dallalto attraverso principi astratti e universali.
Nei suoi studi sui primati de Waal evidenzia importanti comportamenti pro-sociali
(cooperazione, risoluzione dei conflitti, altruismo) negli animali a noi pi strettamente
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Etologo della Emory University di Atlanta considerato uno dei pi importanti saggisti al mondo.
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Il dibattito sui fini della condotta umana fu particolarmente vivace nella cultura ateniese
del 5 sec. a.C. che vide i sofisti sottolineare lorigine umana e non divina dei valori etici
in quanto riconducibili allimposizione dello Stato o di gruppi di cittadini pi forti. I sofisti
sono dunque i primi educatori civili, perch sono i primi a sostenere che le virt sono
molteplici e insegnabili.
Socrate (469 - 399 a.C.), considerato il padre fondatore dell'etica, esercita una
riflessione antropologica ed etica, quindi incentrata sul comportamento dell'uomo. Non
ha lasciato nessuno scritto, ma la conoscenza della sua teoria etica resa possibile
attraverso i dialoghi di Platone.
L'interrogazione sul t agathn ("Bene") avviene ricercando la sophia ("sapienza")
attraverso criteri razionali basati su una concezione universale della morale, in antitesi
alla sofistica.
La sua etike theoria ("teoria etica") consiste nell'intellettualismo etico, secondo cui il
bene si realizza praticando la virt del sapere: per fare il bene occorre conoscerlo. La
ricerca del bene finalizzato alla verit si attua nel dialogos (l'argomentare della
conversazione) che utilizzava lo strumento critico dell'elenchos (confutazione),
applicandolo prevalentemente all'esame in comune (extazein) di concetti morali
fondamentali, tendendo alla verit su s stessi (dimon) per perseguire sia il bene
privato, sia quello della polis (citt).
Ci possibile sviluppando in s l'aret (virt o disposizione) che consiste nella sapienza,
ovvero nella scienza del bene e in un legame di solidariet e giustizia tra gli uomini.
Socrate vuole combattere sia il relativismo etico dei sofisti e per far ci ritorna in un
certo senso alla tradizione, al fine di estrapolare da essa gli elementi che rendono l'uomo
migliore, recuperando la concezione di ordine morale inteso come riflesso dell'ordine del
cosmo. Socrate tenta di stabilire la natura stessa della virt, si pone il problema della
definibilit della virt e giunge alla determinazione concettuale della definizione
attraverso il (la domanda "che cosa ?") che lo porta a definire la natura della
virt, evidenziandone l'invarianza rispetto alle mutevoli nozioni del bene:
luniversale essenzialmente luniversale etico, secondo cui
il vero vantaggio coincide con il vero bene e, quindi, il bene
dell'individuo si risolve necessariamente nel bene universale.
La riflessione di Platone (427-347 a.C.), pur essendo anche metafisica e ontologica,
analogamente incentrata sull'uomo e sull'etica.
Per Platone il t agathn (bene o buono) consiste nell'idea (eidos) del Bene, origine di
tutto, che la conoscenza massima, situata al di sopra della conoscenza discorsiva o
razionale (dinoia): come in Socrate, pertanto, essa non pu essere insegnata o
trasmessa verbalmente, non essendo sottoponibile a una discussione pubblica intorno
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alla sua essenza; soltanto il sapiente potr riconoscere l'indefinibilit assoluta del bene,
possedendo la scienza di ci che utile per la comunit intera.
Se non possibile dire cosa il bene, si pu almeno dire cosa non : esso diverso dal
piacere come grattarsi una ferita che prude; diverso dal bello perch non
automaticamente utilit o vantaggio.
Per giungere a conoscere l'idea del Buono occorre fare uso del dialogos socratico, al fine
di purificare il sapere tipico della dianoia (ragione) e del nous (intelligenza), elevandosi al
di sopra della doxa (opinione) per giungere infine all'episteme (scienza), passando
attraverso i quattro gradi del conoscere:
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Credenza (pistis);
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Si arriva cos alla fine a conoscere la relazione tra tutte le idee (dialettica) fino all'idea
suprema di Bene, Una e universale, "al di l dell'essere" (epekeina tes ousias), cercata
per s stessa poich compiuta (teleon).
Rifacendosi alle concezioni orfico-pitagoriche, Platone gioca sull'assonanza sema e soma
("corpo" e "tomba") dell'anima, costretta a espiare una colpa attraverso la caduta nel
corpo; egli sostiene che l'anima possa uscire provvisoriamente dal ciclo delle
reincarnazioni, per poi tornarvi in forma degenerata, oppure, in alternativa uscirne
definitivamente e tornare presso gli di.
Nel Fedone, invece, Platone si mantiene pi vicino alla tradizione orfica e sostiene che
l'anima o raggiunge gli di o si reincarna sempre. Non si pu essere felici senza essere
morali.
Ritorna inoltre in Platone l'intellettualismo etico, perch l'aret ("virt") consiste per i
filosofi nella sophia ("sapienza"), mentre per i guerrieri nell'andreia ("coraggio"), e per la
classe dei produttori nella sophrosyne ("temperanza"), secondo la sua concezione dello
Stato filosofico. La dikaiosyne ("giustizia") scaturisce per la citt dalla conoscenza e
dall'armonico conseguimento del rispettivo bene da parte di ognuna delle tre classi.
In Aristotele (384 - 322 a.C.), a cui dobbiamo il termine etica, la riflessione
antropologica e ontologica.
In tutte le sue opere i temi principali vengono affrontati sempre nella medesima
successione:
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L'amicizia
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sono etiche quelle virt della orexis, della zona desiderante e passionale;
sono dianoetiche quelle virt che si conseguono attraverso l'insegnamento, per cui
il loro spazio quello della scuola e del sapere teorico.
2 Nella morale aristotelica le virt si distinguono in dianoetiche, riferite alla ragione discorsiva o conoscitiva (,
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L'atarassia (dal greco, , assenza di agitazione, tranquillit ) un termine filosofico, gi usato da Democrito, ma adottato principalmente dalle scuole post-aristoteliche stoica, epicurea e scettica per designare la perfetta pace dellanima che nasce dalla liberazione
delle passioni nel pi ampio contesto della filosofia etica legata alla ricerca della felicit.
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Nel cuore della vita morale c lalleanza stretta da Dio con il popolo: alla fedelt di
Dio deve corrispondere la fedelt di Israele.
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La legge, cui lisraelita dovr fare continuo riferimento, non naturale o giuridica,
ma espressione concreta delle clausole dellalleanza. Alla consegna dei dieci
comandamenti, essi vengono presentati come le dieci parole fondamentali, che
dicono la risposta del popolo al Signore suo Dio che
lo ha fatto uscire dal paese dEgitto, dalla condizione di schiavit
(Es 20,1-2)
E' dopo lesilio e la diaspora che tale morale si apre maggiormente al senso della
responsabilit personale.
Non si deve sottacere infine che allinterno di questa morale c la presenza forte e critica
dei profeti contro il rischio che:
Essi richiamano il popolo alla fedelt come fatto di cuore e al culto come impegno per il
debole, lindifeso, il povero.
L'odierna sensibilit culturale delle nostre societ occidentali coglie in maniera
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fortemente critica o addirittura ostile le notevoli diversit che si possono riscontrare tra
l'Antico e il Nuovo Testamento, circa il messaggio morale rivelato da Dio:
a) nell'Antico Testamento, Dio un essere supremo, a tratti geloso (Es 34,14),
incitante all'uccisione e alla giustizia sommaria (Es 21,12; Lv 20,9-24,19; Dt
19,21; Sal 136,9), irascibile, privo di piet per nemici e peccatori ordinandone lo
sterminio (Lv 26,21-29; 1Sam 15,3; Ez 20,25-26);
b) nel Nuovo Testamento, Dio un Padre amorevole (1Gv 4,16), premuroso,
clemente, incline al perdono, che invita all'amore e alla carit verso tutti gli uomini
suoi figli (Mt 5,39), inclusi i nemici (Mt 5,44-48).
Nell'antichit questa dicotomia port Marcione a considerare come distinti il Dio severo
dell'Antico Testamento da quello buono e misericordioso del Nuovo Testamento.
La tradizione cristiana vede invece, tra il Dio e la morale dell'Antico e del Nuovo
Testamento, non una contrapposizione ma un compimento, che conclusione di un
secolare cammino pedagogico: nella predicazione di Ges viene ripreso il nucleo di
"giustizia" contenuto nell'Antico Testamento che viene portato a compimento, talvolta
superandolo e abbandonandolo in vista di una "giustizia maggiore" (Mt 5,17-20).
Oggi, dopo il progresso morale insegnato e praticato da Ges, facile dare giudizi
negativi su qualche parte delle Scritture Ebraiche dimenticando per che la morale biblica
in effetti un continuo progresso verso la morale insegnata da Ges.
Dio si adegu alla capacit del grado culturale raggiunto dal popolo, per elevarlo
gradatamente a una morale superiore. Non si pu accogliere lidea di Marcione che
condanna tutto l'Antico Testamento quale frutto di un Dio malvagio finendo per salvare
poi solo le lettere paoline. Nella morale delle Scritture Ebraiche siamo nel campo del
relativo.
La rivelazione di Dio and migliorando sempre pi quellantica concezione primitiva
umana, cercando di regolamentare certi abusi provenienti dal mondo culturale assai
basso del tempo [cfr. Tommaso, S. Th. 1-11, q. 107 a. 1,2].
Tutto ci mostra la necessit di definire criteri metodologici che permettano di fare
riferimento alla Sacra Scrittura in materia morale, tenendo conto contemporaneamente
dei contenuti teologici, della complessit della sua composizione letteraria e infine della
sua dimensione canonica. A questo proposito si terr conto in modo tutto particolare
della rilettura che il Nuovo Testamento ha fatto dellAntico, applicando quanto pi
rigorosamente possibile le categorie di continuit, discontinuit e progressione che
segnano le relazioni fra i due Testamenti.
La sistematizzazione di questi criteri riposa sulle seguenti osservazioni:
1. Convergenza
la Bibbia manifesta unapertura alla morale naturale nellenunciazione di un gran
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comuni:
Tutta la proposta morale viene centrata nel Cristo: lui lalleanza nuova; lui la
legge nuova. Il regno, annunziato come presente (presente nella sua stessa
persona), diventa il criterio e la norma di tutta la vita dei discepoli. La legge trova
in lui il suo compimento:
Non pensate che io sia venuto ad abolire la legge o i profeti; non sono
venuto per abolire ma per dare compimento... se la vostra giustizia non
superer quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli
(Mt 5,17.20)
Pu perci proporre orizzonti e comportamenti nuovi:
Avete inteso che fu detto agli antichi... ma io vi dico
(Mt 5,2 1.22)
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(Mt 15,10)
E al dottore della legge che lo interroga sul prossimo, Cristo precisa nella
prospettiva di universalit e di concretezza:
Chi dei tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che incappato nei
briganti? Quegli rispose: Chi ha avuto compassione di lui. Ges gli disse:
Va e anche tu fa lo stesso!
(Lc 10,36-37)
Una tale vita non conosce appiattimento o compromesso, avendo dinanzi lesplicita
indicazione del Cristo:
Siate perfetti come perfetto il Padre vostro celeste
(Mt 5,48)
Siate misericordiosi, come misericordioso il Padre vostro
(Lc 6,36)
chiamata anzi a diventare segno e annunzio:
Risplenda la vostra luce davanti agli uomini perch vedano le vostre
opere buone e rendano gloria al vostro Padre che nei cieli
(Mt 5,16)
dono di Dio che ci indica nella comunione con lui la possibilit della pienezza;
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Per Paolo
1. Limperativit cristiana si fonda sulla indicativit: espressione, attuazione e
crescita di s, per arrivare allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene
alla piena maturit di Cristo (Ef 4,13). Le Lettere esortano: Se siete risorti con
Cristo, cercate le cose di lass, pensate alle cose di lass, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita ormai nascosta con Cristo in Dio. Quando si
manifester Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella
gloria (Col 3, 1-4).
2. Il battesimo fonte di tutto lessere nuovo del cristiano, la sua morale
battesimale: Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme con lui nella
morte, perch come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del
Padre, cos anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Sappiamo bene che
il nostro uomo vecchio stato crocifisso con lui, perch fosse distrutto il corpo del
peccato e noi non fossimo pi schiavi del peccato (Rm 6,4-6).
3. Vivere in Cristo un ambito esistenziale nel quale tutto lessere delluomo viene
ripreso da un nuovo principio, creato nuovo apposta (Ef 2,10), per formare una
creatura nuova (2Cor 5,17; Gal 6,15), un tipo duomo nuovo (Ef 2,15; 4,24).
4. Ha perci lo Spirito del Risorto come legge, che riesce anche a risolvere la
drammatica esperienza delluomo che si scopre, per il peccato dellumanit e la
conseguente situazione di carne (cio di egoismo che tutto svuota e mette al
servizio del peccato), inclinato a fare ci che non vorrebbe fare:
Io non riesco a capire neppure ci che faccio; infatti
non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto
(Rm 7,15)
Tutto ci vinto grazie al dono dello Spirito: Non c pi nessuna condanna per
quelli che sono in Cristo Ges. Poich la legge dello Spirito che d la vita in Cristo
Ges ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ci che era
impossibile alla legge, perch la carne la rendeva impotente, Dio lo ha reso
possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in
vista del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perch la giustizia
della legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne, ma
secondo lo Spirito (Rm 8,1-4).
5. La libert diventa cos fondamentale di tutto lagire del credente: una libert che
significa accoglienza del dono di Cristo e risposta generosa di liberazione (da tutte
le forme di potere del peccato) per la pienezza della libert: Cristo ci ha liberati
perch restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il
giogo della schiavit (5,1).
6. La vita cristiana fede che opera per mezzo della carit (Gal 5,6). Non sono le
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accogliere con fede questa speranza nuova: i poveri, gli umili, gli afflitti, i puri di cuore, i
perseguitati a causa di Cristo, tracciando in tal modo le sorprendenti vie del Regno.
CCC 1968
La Legge evangelica d compimento ai comandamenti della Legge. Il Discorso del
Signore sulla montagna, lungi dallabolire o dal togliere valore alle prescrizioni morali
della Legge antica, ne svela le virtualit nascoste e ne fa scaturire nuove esigenze: ne
mette in luce tutta la verit divina e umana. Esso non aggiunge nuovi precetti esteriori,
ma arriva a riformare la radice delle azioni, il cuore, l dove luomo sceglie tra il puro e
limpuro, [Cf Mt 15,18-19] dove si sviluppano la fede, la speranza e la carit e, con
queste, le altre virt. Cos il Vangelo porta la legge alla sua pienezza mediante
limitazione della perfezione del Padre celeste, [Cf Mt 5,48] il perdono dei nemici e la
preghiera per i persecutori, sullesempio della magnanimit divina [Cf Mt 5,44].
CCC 1969
La Legge nuova pratica gli atti della religione: lelemosina, la preghiera e il digiuno,
ordinandoli al Padre che vede nel segreto, in opposizione al desiderio di essere visti
dagli uomini [Cf Mt 6,1-6; Mt 16-18].
La sua preghiera il Padre nostro [Cf Mt 6,9-13].
CCC 1970
La Legge evangelica implica la scelta decisiva tra le due vie [Cf Mt 7,13-14] e il
mettere in pratica le parole del Signore; [Cf Mt 7,21-27] essa si riassume nella regola
doro: Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa
infatti la Legge e i Profeti (Mt 7,12) [Cf Lc 6,31]. Tutta la Legge evangelica
racchiusa nel comandamento nuovo di Ges (Gv 13,34), di amarci gli uni gli altri
come lui ci ha amati [Cf. Gv 15,12].
CCC 1971
Al Discorso del Signore sulla montagna va aggiunta la catechesi morale degli
insegnamenti apostolici [Cf Rm 12-15; 1Cor 12-13; Col 3-4; Ef 4-5; ecc.] che trasmette
linsegnamento del Signore con lautorit degli Apostoli, attraverso lesposizione delle
virt che derivano dalla fede in Cristo e che sono animate dalla carit, il principale dono
dello Spirito Santo.
La carit non abbia finzioni... Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno...
Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella
preghiera, solleciti per le necessit dei fratelli, premurosi nellospitalit
(Rm 12,9-13)
Questa catechesi ci insegna anche a considerare i casi di coscienza alla luce del nostro
rapporto con Cristo e con la Chiesa [Cf Rm 14; 1Cor 5-10].
CCC 1972
La Legge nuova chiamata una legge damore, perch fa agire in virt dellamore che lo
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Spirito Santo infonde, pi che sotto la spinta del timore; una legge di grazia, perch, per
mezzo della fede e dei sacramenti, conferisce la forza della grazia per agire; una legge di
libert, [Cf. Gc 1,25; Gc 2,12] perch ci libera dalle osservanze rituali e giuridiche della
Legge antica, ci porta ad agire spontaneamente sotto limpulso della carit, ed infine ci fa
passare dalla condizione del servo che non sa quello che fa il suo padrone a quella di
amico di Cristo perch tutto ci che ho udito dal Padre lho fatto conoscere a voi (Gv
15,15), o ancora alla condizione di figlio erede [cf Gal 4,1-7; Gal 4,21-3 1; Rm 8,15].
CCC 1973
Oltre ai suoi precetti, la Legge nuova comprende anche i consigli evangelici. La
distinzione tradizionale tra i comandamenti di Dio e i consigli evangelici si stabilisce in
rapporto alla carit, perfezione della vita cristiana. I precetti mirano a rimuovere ci che
incompatibile con la carit. I consigli si prefiggono di rimuovere ci che, pur senza
contrastare con la carit, pu rappresentare un ostacolo per il suo sviluppo [Cf San
Tommaso dAquino, Summa theologiae, II-II, 184, 3].
CCC 1974
I consigli evangelici esprimono la pienezza vivente della carit, sempre insoddisfatta di
non dare di pi. Testimoniano il suo slancio e sollecitano la nostra prontezza spirituale.
La perfezione della Legge nuova consiste essenzialmente nei comandamenti dellamore di
Dio e del prossimo. I consigli indicano vie pi dirette, mezzi pi spediti e vanno praticati
in conformit alla vocazione di ciascuno:
Dio non vuole che tutti osservino tutti i consigli, ma soltanto quelli appropriati,
secondo la diversit delle persone, dei tempi, delle occasioni e delle forze, stando
a quanto richiede la carit; perch lei che, come regina di tutte le virt, di tutti
i comandamenti, di tutti i consigli, in una parola, di tutta la legge e di tutte le
azioni cristiane, assegna a tutti e a tutte il posto, lordine, il tempo, il valore
[San Francesco di Sales, Trattato sullamor di Dio, 8, 6].
(vai a indice)
2.4 Il Modernismo
NellUmanesimo e nel Rinascimento laccentuarsi degli interessi civili, la polemica contro
aspetti della spiritualit medievale (lascetismo in particolare), la rivendicazione
dell'autonomia della politica rispetto alla legge morale e il ritorno ai filosofi antichi,
riportano i temi delletica classica al centro delle discussioni sulluomo e sul suo
comportamento.
Laffermazione della virtus come attivit puramente umana e civile, che accetta i limiti
terreni e si distacca da ogni preoccupazione metafisica, ha il suo massimo
riconoscimento in N. Machiavelli.
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E' in questo periodo che nell'ambito della morale si consolidano due correnti
fondamentali: la corrente laica e quella religiosa.
La ricerca del piacere e della propria conservazione considerato da T. Hobbes limpulso
pi forte nella natura umana: gli obblighi morali non riconducibili alla tendenza
individuale al piacere sono il risultato delle imposizioni della forza statuale che mira, con
queste norme, alla conservazione della pace sociale.
Contro la dottrina hobbesiana reagiscono gli esponenti della scuola neoplatonica di
Cambridge che pongono al fondo della vita morale una ricerca del bene comune
suffragata da sanzioni divine. La tendenza alla propria conservazione viene posta al
centro delletica anche da B. Spinoza, per il quale le valutazioni umane che non
riconoscono e accettano lordine razionale necessario del mondo sono insignificanti e
quindi luomo virtuoso deve proporsi di dominare le passioni e seguire la ragione.
I tempi sono allora maturi perch la filosofia moderna produca una morale laica; la sua
nascita si soliti attribuirla a Ugo Grozio (Huig van Groot; Delft, 1583 Rostock, 1645)
che nella sua opera De iure belli ac pacis traccia un quadro completo delle tendenze che
poi porteranno al razionalismo moderno.
Una delle teorie giusfilosofiche pi importanti formulate dall'olandese fu quella del
contratto sociale, e cio
che lo stato di natura deriva dalla tendenza dell'uomo che portato a istituire con
gli altri simili una determinata forma di comunit politica, pacifica e concorde
(appetitus societatis)
Il contratto sociale si attua quando lo stato di natura diventa impraticabile, violento ed
insicuro per l'aumento dei bisogni, per la diminuzione delle ricchezze disponibili e per il
nascere degli istinti egoistici.
In questo caso gli uomini, in vista di un'utilit comune, passano dallo stato di natura allo
stato civile trasferendo a un sovrano, mediante un patto, il potere di far coercitivamente
rispettare la sfera di interessi di ciascun individuo, di mantenere l'ordine sociale e la
pace.
Questo contratto, in cui si fissano i diritti del singolo ed i poteri del sovrano, crea lo Stato
e il suo potere nonch le due distinte sfere di diritto pubblico e diritto privato. Lo Stato
viene concepito da Grozio come un macroindividuo che in grado, come un individuo, di
tenere dei rapporti con gli uomini diversamente dalla polis greca o dai corpora
medioevali.
Il concetto di natura umana risulta per ambiguo e quindi offre notevoli spunti di
riflessione per tutta la filosofia morale: Hobbes, ad esempio, riteneva l'uomo come un
essere malvagio di natura, Rousseau, invece, ce lo descrive come buono.
Nella filosofia inglese del XVIII sec. a porsi in primo piano piuttosto la questione
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dellidentificazione del criterio o facolt che permette agli uomini di distinguere tra vizio e
virt. Vi un recupero delletica stoica e laffermazione, in contrasto con letica egoistica
di Hobbes, della presenza nella natura umana di un senso morale si congiungono con il
riconoscimento che il comportamento virtuoso deriva da una benevolenza universale. Su
questa base il comportamento virtuoso risulta quello che ha di mira non tanto la felicit
individuale quanto una pi intensa felicit del maggiore numero di persone cointeressate.
Non diversamente procede J. Butler che recupera, per denominare la facolt in gioco nel
comportamento morale, il termine di coscienza5. Pi interessati allidentificazione dei
valori etici saranno gli esponenti dellIlluminismo francese, che contro qualsiasi etica
spiritualistica faranno valere una ricerca attiva del piacere e un comportamento che
adatti lindividuo alla vita sociale. Un analogo rifiuto della morale tradizionale si trova in
J.-J. Rousseau, che contro letica razionale dellamor proprio auspica una morale
liberatoria fondata sui sentimenti naturali e sulla compassione.
Il concetto di morale, affrontato in pi modi e in diversi contesti in tutti gli ambienti
culturali europei, riceve una poderosa sistematizzazione da Kant6.
In polemica con letica utilitaristica, per Kant realt morale pu esserci solo quando la
volont sia determinata da un imperativo categorico, e cio voluto assolutamente e di
per s, senza alcun riguardo ad altri fini. Questa autonomia e assolutezza della legge
morale , per Kant, il segno della sua universalit, del suo carattere a priori.
Dallapriorismo e dal rigorismo, che poneva luomo in perenne conflitto con le passioni,
nascono le pi gravi difficolt delletica kantiana, che Kant stesso cerc di superare
postulando lesistenza di unaltra vita e di Dio come principio del sommo bene, nel quale
virt e felicit, in terra perennemente dissociate, venissero a coincidere.
[cfr. Appendice 1]
La filosofia post-kantiana approfondisce questi problemi, ora accentuando il concetto di
autonomia della morale, ora tornando a unidea oggettivistica delletica: cos
nellidealismo etico di J.G. Fichte trova pieno sviluppo il concetto kantiano di libert,
ponendo come suprema norma etica lobbedienza alla pura convinzione razionale della
propria coscienza, mentre G.W.F. Hegel7 vede il superamento della moralit individuale
nelleticit (Sittlichkeit) che lo Stato incarna e alla quale il soggetto deve sottostare se
vuole elevarsi sopra la sua singolarit. Leticit in Hegel designa dunque quel complesso
di istituzioni umane (famiglia, societ civile, Stato) in cui la libert si realizza
oggettivandosi, ossia passa gradualmente dalla sua astratta espressione individualistica
alla universalit concreta.
5
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Cfr. Appendice 2
Immanuel Kant (Knigsberg, 1724 Knigsberg, 1804)
Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Stoccarda, 1770 Berlino, 1831)
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Quelli di Kant e di Hegel sono dunque due modelli morali molto diversi ma con alcuni
richiami e presupposti comuni.
L'etica kantiana un'etica formale, nel senso che priva di contenuti: l'imperativo
categorico, su cui si regge la morale kantiana, d delle indicazioni su come si deve agire
ma non propone del 'materiale' a cui ispirarsi per agire moralmente. In questo senso si
pu dire che l'etica di Kant ha come presupposto fondamentale l'universalit:
l'imperativo categorico deve tendere ad una massima etica che possa essere
universalizzata (altrimenti si ricade nell'imperativo ipotetico). Fermo restando questo
punto, si pu comprendere come Hegel intenda superare questa forma di
universalizzazione 'vuota'. Egli presuppone un universale concreto, che si ritrova
direttamente in tutti i casi particolari, e non qualcosa di astratto e puramente formale.
Per questo l'etica hegeliana si configura come il momento speculativo tra il diritto
(momento intellettualmente positivo) e la moralit astratta kantiana (momento
intellettualmente negativo). L'etica di Hegel in questo senso si pu riallacciare al senso
pi originario di 'ethos' come casa, dimora: il soggetto si trova immediatamente
nell'etica, ci nasce gi dentro. L'uomo si trova sin dalla nascita in un determinato sentire
etico; il luogo in cui l'ethos si realizza, in Hegel, dunque lo Stato. E' lo stato che d
indicazioni etiche al soggetto, perch nella realt statuale che si realizza propriamente
l'ethos. Il soggetto etico in senso stretto, per Hegel, lo Stato.
Questa dimensione quasi idolatrica dello Stato tipica della filosofia morale hegeliana
assolutamente assente nella filosofia pratica kantiana. D'altra parte, per, la soluzione
hegeliana pu essere vista come antidoto al vuoto formalismo di Kant.
In polemica contro alcune tesi centrali delletica idealistica, S. Kierkegaard sostiene
lirriducibile individualit della scelta etica, contrapponendo poi la sfera della vita morale,
caratterizzata dalla continuit e dallimpegno per luniversalit, alla vita estetica,
dominata dal caso, e alla vita religiosa, come scandalo e superamento della dimensione
della societ. In senso anti-hegeliano A. Schopenhauer presenta una morale in netta
antitesi con la storia e la societ: fine della condotta etica non lintegrazione nella
tradizione, ma piuttosto la negazione completa dei bisogni naturali fino allannullamento
di ogni desiderio e al pi completo ascetismo.
Di natura completamente diversa lo sviluppo della riflessione sulletica nella cultura
inglese, in cui prevale laccettazione del principio utilitaristico che vede la condotta
morale nella realizzazione della maggiore felicit per il maggiore numero di persone.
Alla seconda met del 19 sec. risale il tentativo di H. Spencer di utilizzare il modello
evoluzionistico per rendere conto della condotta morale degli uomini. Linsieme dei valori
etici visto come uno strumento adottato dagli uomini nel tentativo di adattarsi sempre
meglio alle condizioni vitali e la stessa coscienza del dovere morale non altro che il
residuo nellindividuo dellesperienza acquisita dalla specie in questo processo.
M. Di Febo Teologia Morale Fondamentale
pag.
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Nella cultura francese, lapproccio positivistico allo studio delle scienze morali port A.
Comte a concludere che la condotta morale quella che tende allutilit pubblica, che il
sentimento delleticit quello della solidariet e che lo strumento per uneducazione
morale la sociologia.
E' soprattutto nel XIX secolo che la critica razionalista alla Proposta Morale Cristiana, e
alla Scrittura di cui essa il portato, ha trovato terreno fertile e si sviluppata sino a
permeare di s tutta la sedicente cultura dominante.
Secondo Michel Focault8 da quando l'uomo ha affidato alla scrittura il proprio sapere,
esiste l'interpretazione. Questa il sintomo di come l'uomo covi, nel proprio profondo, un
sospetto intrinseco nel linguaggio determinato dalla possibilit di poliedrica
interpretazione che il linguaggio offre.
Si sospetta che la parola scritta non dica esattamente e realmente ci che dice. Vi un
secondo significato, nascosto e recondito che difficile da trovare in prima lettura.
E' lecito, quindi, affermare che la "cultura del sospetto", sempre per rimanere
nell'immagine foucoltiana, ha creato conseguenze ben pi profonde: la convinzione che
tutto ci che ha senso nasconda un doppio senso; come nel caso della Bibbia.
(vai a indice)
2.5 I Maestri del Sospetto
Con i cosiddetti maestri del sospetto9 l'atteggiamento interpretativo si radicalizza
definitivamente e la cultura del sospetto insito nella nostra cultura occidentale si
inserisce in modo inestinguibile e in maniera estrema e moltiplicata all'ennesima potenza
nella nostra mentalit e nel nostro agire quotidiano.
I tre maestri si rivolgono inizialmente contro i modelli di morale borghese sostenendo
che lesperienza morale non sia libera ma che in essa agiscano meccanismi automatici
subiti dal soggetto impossibilitato ad esercitare la sua libert; le loro critiche invadono
poi, fatalmente, ogni altro settore culturale.
Karl Marx (1818- 1883)
Individua nel rapporto struttura-sovrastruttura il meccanismo che guida lesperienza
morale. Non la coscienza delluomo a determinare il suo essere, ma il suo essere
sociale a determinare la sua coscienza.
Lunica struttura reale per Marx sono i rapporti economici di potere e la morale non che
una sovrastruttura dipendente da tali rapporti. Dunque la morale non che la difesa di
un determinato assetto di potere: in questo caso si tratta della morale della societ
capitalista-borghese.
8 Paul Michel Foucault (Poitiers, 1926 Parigi, 1984) stato un sociologo, filosofo e professore al Collge de France; annoverato tra i
grandi pensatori del XX secolo.
9 Espressione dovuta a Paul Ricoeur che si pose l'obiettivo di reinterpretare tutto il pensiero occidentale alla luce di Marx, Nietzche e Freud.
M. Di Febo Teologia Morale Fondamentale
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eteronomia: bene morale come limite della libert e del desiderio di vita;
(vai a indice)
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la cultura consumistica
Dalla crisi della morale consegue che oggi, nel vivere quotidiano, sono diffusi e
pienamente accettati comportamenti in base ai quali:
il vivere umano pieno/autentico non collegato con letica, ma cercato altrove (il
risultato e la competitivit)
10 Indirizzo della filosofia analitica (detto anche Scuola analitica di Oxford) svolto tra le due guerre mondiali e nellimmediato dopoguerra da
un gruppo di professori di Oxford, i quali teorizzavano la filosofia come analisi del linguaggio comune
11 Ludwig Josef Johann Wittgenstein (Vienna, 1889 Cambridge, 1951) stato un filosofo, ingegnere e logico austriaco, autore in
particolare di contributi di capitale importanza alla fondazione della logica e alla filosofia del linguaggio.
M. Di Febo Teologia Morale Fondamentale
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realt a rinnegare se stesso e a smentire ci che forma la ragione stessa della sua
esistenza.
[Leone XIII, Enc. Au milieu des sollecitudes]
Verso la fine del XX sec. si afferma lesigenza che la riflessione etica offra suggerimenti
utili per risolvere i nuovi problemi morali suscitati dalle grandi trasformazioni che gli
sviluppi della ricerca scientifica e della tecnologia hanno prodotto nelle societ
occidentali.
Per la prima volta si pongono alla condotta umana alcune drammatiche alternative morali
riguardanti la cura delle malattie nonch i modi di nascere e di morire.
La medicina, edificata sul principio bonum faciendum, malum vitandum, posto a
fondamento della relazione medico-paziente, alla luce dei nuovi complessi scenari come
la sperimentazione sulluomo, la gestione delle situazioni di fine vita e il consenso
informato, ridefinisce letica medica come bioetica.
Per quanto riguarda la relazione tra luomo e lambiente naturale si va consolidando la
cosiddetta etica ambientale in cui si afferma un rispetto della natura basato su:
sviluppo sostenibile
Anche il modo di rapportarsi agli animali prende atto delle inutili crudelt a essi inflitte in
conseguenza delluso di nuove tecniche, nellambito della produzione industriale del cibo
e nella sperimentazione a fini farmaceutici o per il perfezionamento di beni di consumo.
In questarea di riflessione molto influenti sono stati pensatori come P. Singer, che ha
denunciato come un pregiudizio di specie la discriminazione tra le sofferenze degli esseri
umani e quelle degli animali, e T. Regan che ha basato i diritti morali degli animali sul
valore intrinseco delle loro vite.
Nell'ambito dello sviluppo economico va poi vista quellarea delletica applicata
comunemente designata etica degli affari che vuole rendere esplicita la portata delle
relazioni morali nellorganizzazione delle imprese impegnate nelle attivit produttive.
Fatti ed esperienze recenti stanno rivitalizzando la morale intesa in senso cristiano:
pag.
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Disagio nella scienza, che ha bisogno di una ipotesi e di un progetto che da sola
inadeguata a elaborare
(vai a indice)
(vai a indice)
3.3 Proposta morale cristiana
E' centrata sulla domanda circa il perch del discorso morale:
non come scegliere, ma del perch scegliere
Nel giovane, del Vangelo di Matteo (Mt 19,16-21), possiamo
riconoscere ogni uomo che si avvicina a Cristo e gli pone la domanda
morale. Per il giovane, prima che una domanda sulle regole da
osservare, una domanda di pienezza di significato per la vita
(Veritatis n. 7)
pag.
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sente perci di dover decidere se stesso, il senso della sua storia, i contenuti del
suo agire;
tale decisione si d come scelta tra pi possibilit, a volte non solo diverse ma
perfino contraddittorie;
di qui la necessit di individuare insieme criteri che possano essere condivisi e che
permettano di attuare la libert come corresponsabilit solidale.
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liberarsi dai limiti della stessa concezione etica (troppo rapportata alla legge,
dominata da unimpostazione negativa, staccata dalla spiritualit).
fa evitare i rischi dellideologia, che pretende di sovrapporsi alla vita, e dei diversi
sociologismi che si riducono alla semplice legittimazione dei dati di fatto;
afferma la trascendenza della verit etica senza farle perdere il rapporto con la
storia e la stessa quotidianit, in quanto espressione del senso che le dinamizza;
rende possibile lincarnazione dei valori nei diversi contesti, assicurando loro
significativit e incisivit;
stimola a un s alla verit come costante ricerca, senza per perdere le ricchezze
del passato, ma dando loro ulteriore profondit e apertura.
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non perdere mai di vista la priorit della realt nei riguardi di ogni interpretazione.
(vai a indice)
4.1 Coscienza
La coscienza morale responsabilit, consapevolezza non solo di s, ma anche e
soprattutto del rapporto dellatto umano con la legge morale.
La Proposta Morale Cristiana distingue tre livelli progressivi di approfondimento:
1. percorrere un cammino per arrivare e fare esperienza del significato;
2. individuare i criteri che permettono di rapportarlo alla realt;
3. determinare, nei problemi pi gravi e urgenti, norme pi specifiche.
Il soggetto dellinterpretazione lintera comunit cristiana animata dallo Spirito (cf Gv
14,25-26 e 16,5-15) e articolata in ministeri:
Laici: in settori, come quelli familiari e sociali, inscrivono la legge divina nella vita
della citt terrena
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11.
12.
La luce piena sulla dignit della persona possibile averla solo nel Cristo:
solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo
Cristo, che il nuovo Adamo, rivelando il mistero del Padre e del suo amore.
13.
14.
In lui anche la sfida della sofferenza e della morte riceve una risposta:
Per Cristo e in Cristo riceve luce quellenigma del dolore e della morte, che al di
fuori del suo Vangelo ci opprime (n. 22).
Lumen gentium
sulla dignit di ogni battezzato
(par. 9).
Questo popolo messianico:
ha per capo Cristo dato a morte per i nostri peccati e risuscitato per la nostra
giustificazione (Rm 4,25);
ha per condizione la dignit e la libert dei figli di Dio; nel loro cuore dimora lo
Spirito Santo come in un tempio;
ha per legge il precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati (cf Gv 13,34);
ha per fine il regno di Dio, incominciato in terra dallo stesso Dio, e che deve essere
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ulteriormente dilatato, finch alla fine dei secoli sia da lui portato a compimento,
quando comparir Cristo, vita nostra (cf Col 3,4) e anche le stesse creature
saranno liberate dalla schiavit della corruzione per partecipare alla gloriosa
libert dei figli di Dio (Rm 8,21);
costituito da Cristo per una comunione di vita, di carit e di verit, da lui assunto
quale strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra
(cf Mt 5,13-16), inviato a tutto il mondo.
lannuncio franco del fondamento e degli orizzonti che il Cristo, con il suo mistero
pasquale, d alla dignit della persona;
pag.
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dell'uomo, e secondo questa egli sar giudicato (17). La coscienza il nucleo pi segreto
e il sacrario dell'uomo, dove egli solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimit (18).
Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge che trova il suo
compimento nell'amore di Dio e del prossimo (19). Nella fedelt alla coscienza i cristiani
si uniscono agli altri uomini per cercare la verit e per risolvere secondo verit numerosi
problemi morali, che sorgono tanto nella vita privata quanto in quella sociale.
Quanto pi, dunque, prevale la coscienza retta, tanto pi le persone e i gruppi si
allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive della
moralit. Tuttavia succede non di rado che la coscienza sia erronea per ignoranza
invincibile, senza che per questo essa perda la sua dignit. Ma ci non si pu dire quando
l'uomo poco si cura di cercare la verit e il bene, e quando la coscienza diventa quasi
cieca in seguito all'abitudine del peccato.
[cfr Appendice 3]
la ricerca leale della verit, in reciprocit sincera e rispettosa con gli altri:
garantisce non solo la dignit della coscienza, ma anche il cammino verso la verit
oggettiva.
pag.
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ai dati che le scienze delluomo evidenziano sui molteplici fattori che intervengono
in essa;
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al sincero e corretto rapporto con i criteri oggettivi di verit (sia umani che pi
propriamente di fede);
allindispensabile discernimento nei riguardi dei bisogni in vista di una loro serena
integrazione nel personale progetto di vita;
1776
Nellintimo della coscienza luomo scopre una legge che non lui a darsi, ma alla quale
invece deve obbedire e la cui voce, che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a
fuggire il male, quando occorre, chiaramente parla alle orecchie del cuore... Luomo ha in
realt una legge scritta da Dio dentro al suo cuore... La coscienza il nucleo pi segreto
e il sacrario delluomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nellintimit
propria [Conc. Ecum. Vat. 11, Gaudium et spes, 16].
I. Il giudizio della coscienza
1777
Presente nellintimo della persona, la coscienza morale [Cf Rm 2,14-16] le ingiunge, al
momento opportuno, di compiere il bene e di evitare il male. Essa giudica anche le scelte
concrete, approvando quelle che sono buone, denunciando quelle cattive [Cf Rm 1,32].
Attesta lautorit della verit in riferimento al Bene supremo, di cui la persona umana
avverte lattrattiva ed accoglie i comandi. Quando ascolta la coscienza morale, luomo
prudente pu sentire Dio che parla.
1778
La coscienza morale un giudizio della ragione mediante il quale la persona umana
riconosce la qualit morale di un atto concreto che sta per pone, sta compiendo o ha
compiuto. In tutto quello che dice e fa, luomo ha il dovere di seguire fedelmente ci che
sa essere giusto e retto. E' attraverso il giudizio della propria coscienza che luomo
percepisce e riconosce i precetti della legge divina
1779
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1787
Luomo talvolta si trova ad affrontare situazioni che rendono incerto il giudizio morale e
difficile la decisione [cfr. Appendice 5]. Egli deve sempre ricercare ci che giusto e
buono e discernere la volont di Dio espressa nella legge divina.
1788
A tale scopo luomo si sforza di interpretare i dati dellesperienza e i segni dei tempi con
la virt della prudenza, con i consigli di persone avvedute e con laiuto dello Spirito Santo
e dei suoi doni.
1789
Alcune norme valgono in ogni caso:
La regola doro: Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi
fatelo a loro (Mt 7,12) [Cf Lc 6,31; Tb 4,15].
La carit passa sempre attraverso il rispetto del prossimo e della sua coscienza:
parlando cos contro i fratelli e ferendo la
loro coscienza..., voi peccate contro Cristo
(1Cor 8,12)
Perci bene astenersi. da tutto ci per cui
il tuo fratello possa scandalizzarsi
(Rm 14,21)
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di coscienza, sono moralmente qualificabili. Essi sono buoni o cattivi (CdCC 1749).
Rivendicare la competenza della coscienza non basta. Occorre maturare la capacit del
discernimento evangelico. Senza un impegno sincero di formazione sar impossibile
tenere insieme e interpretare saggiamente i numerosi e complessi fattori che
intervengono nelle nostre decisioni.
Quanto Paolo chiede nella preghiera per i Filippesi indica la traiettoria di fondo: la vostra
carit si arricchisca sempre pi in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perch
possiate distinguere sempre il meglio ed essere integri ed irreprensibili per il giorno di
Cristo, ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Ges Cristo, a
gloria e lode di Dio (1,9-11).
Occorre innanzitutto che il progetto di vita sia per il bene: Non c albero buono che
faccia frutti cattivi, n albero cattivo che faccia frutti buoni... Luomo buono trae fuori il
bene dal buon tesoro del suo cuore; luomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il
male, perch la bocca parla dalla pienezza del cuore (Lc 6,43-45; cf. Mt 7,16-18).
Deve trattarsi di un cuore aperto agli appelli che sorgono incessantemente dai bisogni dei
fratelli. Come quello del samaritano: a differenza del sacerdote e del levita, passando
accanto alluomo incappato nei briganti, lo vide e nebbe compassione. Gli si fece vicino,
gli fasci le ferite versandovi olio e vino; poi caricatolo sopra il suo giumento, lo port a
una locanda e si prese cura di lui (Lc 10,30-37).
Lintenzionalit chiara di carit esamina le diverse possibilit di agire. Ne scarter
prontamente alcune perch segnate da egoismo; tra le altre, che appariranno in sintonia
con il bene, sceglier quella che permetter di realizzare pi valore: il meglio che
rende integri ed irreprensibili per il giorno di Cristo (Fil 1,9).
Questa lettura non dovr farsi conformandosi alla mentalit di questo secolo ma con
mente rinnovata. Si riuscir allora a discernere la volont di Dio, ci che buono, a
lui gradito e perfetto (Rm 12,2). Non spegnendo lo Spirito e esaminando ogni cosa per
tenere ci che buono e astenersi da ogni specie di male (1Ts 5,19-22), si avr
lagire saggio che, profittando del tempo presente, proietta la storia verso la pienezza
(cf. Ef 5,15-17).
La prudenza
Il discernimento dovr sintetizzare saggiamente le istanze della persona che agisce
(vocazione specifica, livello di maturit, possibilit di ulteriore crescita...) con quelle che
emergono dal contenuto dellazione e dal contesto nel quale si opera. Non giusto
scegliere esclusivamente in favore delle prime o delle seconde. Nel nostro contesto
dobbiamo ricordare in maniera pi attenta che una intenzione buona (per esempio,
aiutare il prossimo) non rende n buono n giusto un comportamento in se stesso
M. Di Febo Teologia Morale Fondamentale
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Nella risposta al giovane ricco, il Cristo lo rimanda innanzitutto alla centralit del
Decalogo rispetto ad ogni altro precetto.
Le dieci parole vanno per viste e vissute come la prima tappa necessaria nel
cammino verso la libert (n. 13).
Per poter procedere oltre occorre comprendere che tutti i precetti sono
espressione dellamore di Dio e del prossimo che a loro volta sono
profondamente uniti tra loro e si compenetrano reciprocamente (n. 14).
Illuminata dallo Spirito (cf. Rm 8,26-28), lesperienza della nostra debolezza nei
riguardi del bene si scopre nostalgia per una pienezza che superi linterpretazione
legalistica dei comandamenti e invito a entrare nella strada della perfezione.
I comandamenti - pur conservando il loro carattere normativo - incontrano e si
aprono alla prospettiva della perfezione che propria delle beatitudini. Queste
sono, anzitutto, promesse, da cui derivano in forma indiretta anche indicazioni
normative per la vita morale (n. 16).
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Nella proposta pratica occorre non dimenticare le esigenze della legge della gradualit
cos sintetizzate in Familiaris consortio, n. 34:
non pu perci guardare alla legge solo come ad un puro ideale da raggiungere
in futuro, ma come un comando di Cristo Signore a superare con impegno le
difficolt e a impegnarsi sinceramente per porre le condizioni necessarie per
osservarla.
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5. In Cammino di Liberazione
e di Crescita verso la Pienezza
La morale tradizionale insisteva nel dettagliare i peccati; oggi occorre riscoprire il senso
del peccato.
il peccato del secolo la perdita del senso del peccato
( Reconciliatio et paenitentia n. 18)
Fattori di moltiplicazione sono: il clima secolarista; le letture del male che negano la
responsabilit della persona; il permissivismo consumista...
5.1. Il peccato e i peccati
Luomo non potr mai eludere del tutto linterrogativo del male:
Nelluna o nellaltra forma, la sofferenza sembra
essere, ed , quasi inseparabile dalla esistenza terrena
(Salvifici doloris, 5)
Le scienze hanno posto in luce numerosi fattori che portano luomo a operare il male
(aggressivit, conflitti psicologici irrisolti, educazione sbagliata, influssi ambientali...). La
riflessione filosofica ha sottolineato la finitezza e la sua non accettazione.
La lettura della fede va oltre:
Costituito da Dio in uno stato di giustizia, luomo per
tentato dal maligno, fin dagli inizi della storia abus
della libert sua, erigendosi contro Dio e bramando di
conseguire il suo fine al di fuori di Dio
(GS 13)
Con il peccato, cominciava una storia di illusione, di schiavit, di morte, che ci avrebbe
segnati tutti profondamente:
Se luomo guarda dentro al suo cuore si scopre anche
inclinato al male e immerso in tante miserie che non
possono derivare dal Creatore... Luomo si trova in se
stesso diviso. Per questo tutta la vita umana, sia
individuale che collettiva, presenta i caratteri di una
lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le
tenebre. Anzi luomo si trova incapace di superare
efficacemente da se medesimo gli assalti del male, cos
che ognuno si sente come incatenato
(GS 13)
Questo mysterium iniquitatis stato sconfitto dal mistero pasquale: il mistero
dellinfinita piet di Dio verso di noi capace di penetrare fino alle nascoste radici della
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Lannunzio autentico del peccato porta allincontro del perdono in Cristo (cf. Rm 5,2021). Decisiva la luce dellamore misericordioso testimoniato dalla croce: fino a che
punto Dio carit e quale carit egli , lo si scopre solo in Ges Cristo e nella sua morte
di croce per la salvezza degli uomini (ETC 12).
La conversione un cammino graduale da percorrere con fiducia, malgrado gli eventuali
momenti di debolezza. Si tratta di ristrutturare e rinnovare tutta la personalit,
cominciando dalla mente (cf Ef 4,20-23; Col 3,9-10) e dal desiderio (cf Rm 8,5-13; Gal
5,16-26). La stessa esperienza del peccato verr avvalorata dalla logica pasquale che ne
fa felix culpa.
La conversione di ognuno interdipendente con quella di tutti. La migliore conoscenza
del rapporto persona-societ ci offre oggi pi possibilit per lannunzio di questa
reciprocit. Al suo interno sar anche pi agevole riaprire al bisogno della riconciliazione
sacramentale.
La conversione deve trasformarsi in cammino di crescita nel bene sostenuto dalle virt,
cominciando da quelle teologali. La prospettiva quella della chiamata universale alla
santit delineata nel cap. V di Lumen gentium, che ne sottolinea:
pag.
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che tutto ci che ognuno ha ricevuto in dono sempre per il bene di tutti;
La parabola dei talenti (cf. Mt 25,14-30) deve spronare ognuno a fruttificare con lealt
secondo quanto gli stato affidato, senza invidie o gelosie di qualsiasi tipo.
(vai a indice)
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APPENDICE 1
La Critica della Ragion Pratica
La fondazione delletica
In uno dei capitoli finali della prima Critica, Kant afferma che gli interessi fondamentali
della ragione, dai quali scaturisce la filosofia, si riassumono nelle tre domande seguenti:
1.
2.
3.
Alla prima domanda egli cerca di rispondere con la Critica della ragion pura, sulle
condizioni e i limiti della conoscenza teoretica, fondando la possibilit delle scienze del
mondo fenomenico14 e mostrando limpossibilit della metafisica come scienza della cosa
in s.
Nella Critica della ragion pratica Kant affronta il problema della natura e delle condizioni
di possibilit della vita morale. Il risultato dellindagine importante per la nuova
concezione etica che Kant propone. In essa luomo, come soggetto etico, posto al
centro delluniverso morale, con una vera e propria rivoluzione copernicana analoga a
quella compiuta in campo gnoseologico. Anche in questo caso, si tratta non del soggetto
individuale, ma della ragione umana in generale.
La ragione pratica15 dell'uomo infatti dichiarata fonte originaria e autonoma della
moralit, indipendentemente da ogni contenuto oggettivo dellazione e da ogni
imposizione esterna di un legislatore. E tuttavia la centralit dell'uomo come soggetto
etico non elimina i limiti costitutivi della sua natura sensibile, essenzialmente passiva e
recettiva, e non diminuisce quindi la drammaticit di unesistenza etica che implica
impegno e sforzo per essere realizzata.
Punto di partenza delletica di Kant la convinzione della presenza nell'uomo di una
legge morale con valore universale e necessario che ricalca quella sul valore universale e
necessario delle leggi della fisica newtoniana, che stava alla base della prima Critica.
Scrive Kant nella Conclusione della Critica della Ragion Pratica:
Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e
crescente, quanto pi spesso e pi a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo
stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno
di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell'oscurit, o
fossero nel trascendente, fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le
14 Il fenomeno (dal greco fainomai, "appaio") un concetto tipico della filosofia kantiana: infatti l'oggetto dell'esperienza
sensibile, concluso mediante le forme a priori della sensibilit (spazio e tempo) e dell'intelletto (le 12 categorie). L'uomo non pu percepire
le cose come esse sono in s, ma le percepisce come appaiono a lui, ovvero fenomenicamente.
15 E' detta pratica perch considerata non in riferimento agli oggetti da conoscere ma ai motivi con cui determina la volont allazione,
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DEVI ... (Tu devi agire cos, indipendentemente dalle condizioni in cui ti trovi...)
Categorica
Tipologia delle norme o delle prescrizioni della Ragion Pratica:
Massime: hanno un valore soggettivo, per esempio Fai ginnastica alla mattina non pu
essere una norma per tutti, una norma solo per i soggetti che decidono di adottarla.
Imperativi Ipotetici (Condizionati): per esempio per rafforzare la muscolatura devi fare
ginnastica : una norma oggettiva perch se si vuole ottenere un certo risultato
necessario agire in un certo modo. Ma lo scopo soggettivo (rafforzare la muscolatura
non un dovere per tutti).
Imperativi Categorici: comandano qualcosa che si impone come un dovere per tutti
(legge universale e necessaria) e che non condizionato o finalizzato. Tu devi solo
perch la ragione ti dice che tu devi, non ci sono motivi, scopi, condizioni esterni alla
ragione.
La legge morale costituita da imperativi categorici, perch solo gli imperativi categorici
possono essere universali e necessari. Le massime hanno un valore soggettivo, gli
imperativi ipotetici sottostanno a condizioni o a scopi soggettivi, quindi n le massime n
gli imperativi ipotetici possono costituire la legge morale.
A questo punto si pone il problema: qual questo imperativo categorico che costituisce
la legge morale? In altri termini Tu devi che cosa?
Nella Critica della Ragion pratica Kant presenta una sola formula dellimperativo
categorico:
I.
Agisci in modo che la massima della tua volont possa sempre valere,
nello stesso tempo, come principio di una legislazione universale.
Nella Fondazione della metafisica dei costumi si leggono altre due formule:
II. Agisci in modo da considerare lumanit, sia nella tua persona sia nella
persona di ogni altro, sempre anche come scopo, e mai come semplice
mezzo.
III.
Agisci in modo che la volont, con la sua massima, possa considerarsi
come universalmente legislatrice rispetto a se stessa.
La prima formula, che quella pi appropriata, non prescrive un comportamento
determinato (del tipo: sii sincero, non uccidere ecc) ma ordina di agire in un modo
che possa essere condiviso dalla ragione di tutti gli uomini, ordina quindi di agire in un
modo universalmente valido. Kant offre questo esempio: non morale chiedere soldi in
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particolare quando libera dalla natura sensibile delluomo. Si pone quindi il problema
del rapporto tra la Ragione delluomo e la natura sensibile, fenomenica delluomo,
problema su cui torneremo pi avanti.
La necessaria purezza della ragion pratica da qualsiasi condizionamento della sensibilit
induce Kant ad affermare il rigorismo etico: lazione morale deve scaturire
esclusivamente dallimperativo categorico, non deve essere inquinata da emozioni e
sentimenti, che, per quanto nobili, scaturiscono comunque dalla natura sensibile (cos,
per esempio, unazione buona fatta per piet non perfettamente morale).
Autonoma
Da quanto detto risulta chiaro che la Ragion pratica, come fonte dellimperativo
categorico e della moralit, e deve essere autonoma. Questa la rivoluzione
copernicana etica: luomo non deve pi adeguarsi a una legge morale che esista fuori di
lui (per esempio nella volont di Dio o nelle Idee-valori di Platone), luomo deve obbedire
a una legge morale che scaturisce da lui stesso, dalla sua ragione umana.
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60
Dato che la legge morale si presenta come universale e necessaria essa non pu
derivare in alcun modo dallesperienza. Lesperienza pu infatti dire come si
comportano gli uomini, condizionati dalleducazione o dagli usi sociali, pu dire
quali sono i sentimenti e le tendenze istintive che li conducono di fatto, e in modi
storicamente divergenti, a giudicare buona o cattiva una determinata azione. Essa
per non potr mai fondare un dover essere necessario e universale. Lempirismo
etico nelle sue varie forme (etica tradizionalista, edonismo, utilitarismo, etica del
sentimento) non potr quindi mai fondare la legge morale.
D'altra parte, neppure il razionalismo etico, che vuole derivare la legge morale dal
concetto di perfezione (= bene ci che mi conduce alla perfezione), o dalla
volont di Dio (= bene ci che Dio mi comanda), in grado di dare una
sufficiente giustificazione della legge morale. Esso infatti vorrebbe fondare letica
sulla metafisica. Ma dato che la metafisica impossibile, ogni razionalismo etico
destituito di validit.
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incondizionata, ma deve realizzarsi nel mondo sensibile, la volont umana spinta dalla
ragion pratica pura ad agire in un certo modo, ma sottoposta anche ai condizionamenti
della natura sensibile delluomo.
C quindi una tensione, una lotta fra la ragion pratica pura e gli impulsi naturali: la legge
morale si presenta come TU DEVI proprio perch incontra una resistenza.
Se luomo non fosse bidimensionale:
se luomo fosse solo un essere naturale agirebbe sempre per istinto e non
sentirebbe mai il contrasto tra i suoi impulsi naturali e il dovere;
se luomo invece fosse solo pura ragione agirebbe in modo morale sempre e senza
sforzo, il suo comportamento sarebbe adeguato alla legge morale
automaticamente, spontaneamente; luomo allora sarebbe santo, cio moralmente
perfetto, ma la santit impossibile alluomo bidimensionale.
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Postulati della ragion pratica = proposizioni non evidenti n dimostrabili, ma condizioni dellesistenza e pensabilit della vita morale.
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APPENDICE 2
Sulla Coscienza
E' estremamente difficile dare una definizione della coscienza poich, trattandosi di un
fenomeno che non pu avere un riscontro di tipo empirico, non ci si pu riferire agli
ordinari oggetti o fenomeni del mondo fisico, osservabili in maniera oggettiva, n si
possono utilizzare concetti o categorie da essi derivati.
Si tratta infatti di un fenomeno strettamente privato che riguarda i vissuti di uno
specifico individuo e che non permette alcuna rilevazione dall'esterno, secondo le
modalit standard in uso nella scienza.
Non riusciremmo neppure lontanamente, a spiegare cosa sia la coscienza, o cosa
significhi essere coscienti, a un ipotetico essere che sia privo di questa facolt e si limiti
ad agire in maniera del tutto automatica.
Definire la coscienza vuol dire allora far riferimento necessariamente all'esperienza
diretta che ognuno di noi ha di essa, riallacciandosi ai diversi aspetti dei vissuti che essa
implica.
Detti comuni
La Coscienza, quindi:
ispira il pensiero
sei un incosciente
pu essere assente
pu essere un paradigma
ho la coscienza pulita
hai la coscienza sporca
possiede qualit
libert di coscienza
votare secondo coscienza
ispira il giudizio
E dunque:
Che cos la coscienza?
Solo un organismo al mondo, l'uomo, in grado di pensare a se stesso. Di non pensare
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studiosi, quanto dal fatto di voler ottenere tale comprensione all'interno di un modello
che si sviluppato studiando i fenomeni della natura inanimata.
A seconda dell'ambito nel quale viene osservata, la coscienza viene intesa nei seguenti
modi:
Coscienza in neurologia
E' lo stato di vigilanza della mente contrapposta al coma.
Una valutazione dello stato di coscienza, da non confondere con lo stato di
consapevolezza20, data dalla AVPU, scala di valutazione dello stato di coscienza,
acronimo le cui lettere stanno a significare Alert, Verbal, Pain, Unresponsive.
Alert (vigile): in questa fase la persona sveglia e cosciente. Questo stato viene
valutato positivamente se la persona riesce a rispondere in maniera chiara a semplici
domande quali "Cosa successo?" o "Come si chiama?".
Verbal (verbale): in questa fase la persona risponde agli stimoli verbali attraverso gli
occhi, la voce (o bisbigli) o atti motori, ma risulta confusa o assopita.
Pain (dolore): in questa fase la persona non risponde agli stimoli verbali ma soltanto
agli stimoli dolorosi.
Unresponsive (senza risposta): in questa fase la persona non risponde n agli stimoli
verbali n a quelli dolorosi e risulta quindi completamente incosciente.
Coscienza in psicologia
lo stato o l'atto di essere consci, contrapposta all'inconscio: esperienza soggettiva di
eventi o di sensazioni.
Coscienza in psichiatria
funzione psichica capace di intendere, definire e separare lio dal mondo esterno.
Coscienza in etica
capacit di distinguere il bene e il male per comportarsi di conseguenza, contrapposta
all'incoscienza.
Coscienza in filosofia
ha assunto nel corso della storia della filosofia significati particolari e specifici
distinguendosi dal termine generico di consapevolezza, attivit con la quale il soggetto
entra in possesso di un sapere.
Autocoscienza
la riflessione del pensiero su se stesso.
Coscienza di classe
secondo le teorie marxiste della societ e della storia, la consapevolezza che gli
appartenenti di una specifica classe sociale hanno di s come gruppo.
(vai a indice)
20 una persona infatti pu essere cosciente e responsiva (alert) ma non essere consapevole, ad esempio, di dove si trovi.
M. Di Febo Teologia Morale Fondamentale
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APPENDICE 3
Benedetto XVI
Lelogio della coscienza
La verit interroga il cuore
(Cantagalli, 2009)
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spalanca alluomo la vista su quella verit universale, che fonda e sostiene tutti noi e che
in tal modo rende possibile, a partire dal suo comune riconoscimento, la solidariet del
volere e della responsabilit. Essa sembra essere piuttosto il guscio della soggettivit, in
cui luomo pu sfuggire alla realt e nasconderlesi.
Luomo ridotto alle sue convinzioni superficiali e, quanto meno sono profonde, tanto
meglio per lui.
Quanto era stato per me solo marginalmente chiaro in questa discussione, divenne
pienamente evidente un po dopo, in occasione di una disputa tra colleghi, a proposito
del potere di giustificazione della coscienza erronea. Qualcuno obiett a questa tesi che,
se ci dovesse avere un valore universale, allora persino i membri delle SS naziste
sarebbero giustificati e dovremmo cercali in paradiso. Essi infatti portarono a
compimento le loro atrocit con fanatica convinzione ed anche con unassoluta certezza
di coscienza. Al che un altro rispose con la massima naturalezza che le cose stavano
proprio cos: essendo profondamente convinti della loro causa, non avrebbero potuto
agire diversamente e quindi, a livello soggettivo, si comportarono moralmente bene. Dal
momento che essi seguirono la loro coscienza si dovrebbe riconoscere che il loro
comportamento era per loro morale e non si potrebbe pertanto mettere in dubbio la loro
salvezza eterna.
Dopo una tale conversazione fui assolutamente sicuro che cera qualcosa che non
quadrava in questa teoria sul potere giustificativo della coscienza soggettiva. Tempo
dopo trovai sintetizzate dallo psicologo Albert Gorres le intuizioni che da lungo tempo
anchio cercavo di articolare a livello concettuale. La loro elaborazione intende costituire
il nucleo di questo contributo.
Gorres mostra che il senso di colpa, la capacit di riconoscere la colpa, appartiene
allessenza stessa della struttura psicologica delluomo. Il senso di colpa, che rompe una
falsa serenit di coscienza e che pu esser definito come una protesta della coscienza
contro la mia esistenza soddisfatta di s, altrettanto necessario per luomo quanto il
dolore fisico, quale sintomo che permette di riconoscere i disturbi alle normali funzioni
dellorganismo:
Chi non pi capace di percepire la colpa spiritualmente
ammalato, tutti gli uomini hanno bisogno di sensi di colpa
Del resto anche solo uno sguardo alla Sacra Scrittura avrebbe potuto preservare da simili
diagnosi e da una simile teoria della giustificazione mediante la coscienza erronea. Nel
Salmo 19,13 contenuta questaffermazione, sempre meritevole di ponderazione:
Chi si accorge dei propri errori? Liberami dalle colpe che non vedo!
Qui non si tratta di oggettivismo veterotestamentario, ma della pi profonda saggezza
umana: il non vedere pi le colpe, lammutolirsi della voce della coscienza in cos
numerosi ambiti della vita una malattia spirituale molto pi pericolosa della colpa, che
M. Di Febo Teologia Morale Fondamentale
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uno ancora in grado di riconoscere come tale. Chi non pi in grado di riconoscere che
uccidere peccato, caduto pi profondamente di chi pu ancora riconoscere la malizia
del proprio comportamento, poich si allontanato maggiormente dalla verit e dalla
conversione.
Non per niente, nellincontro con Ges, chi si autogiustifica appare come colui che
veramente perduto. Se il pubblicano, con tutti i suoi innegabili peccati, sta davanti a Dio
pi giustificato del fariseo con tutte le sue opere veramente buone (Lc 18,9-14), ci
avviene non perch i peccati del pubblicano non siano veramente peccati e le buone
opere del fariseo non siano buone opere. Ci non significa affatto che il bene che luomo
compie non sia bene davanti a Dio e che il male non sia male davanti a Lui, e neppure
che ci non sia poi in fondo cos importante. La ragione vera di questo giudizio
paradossale di Dio si mostra proprio a partire dalla nostra questione: il fariseo non sa pi
che anchegli ha delle colpe. completamente in pace con la sua coscienza. Ma questo
silenzio della coscienza lo rende impenetrabile per Dio e per gli uomini. Invece il grido
della coscienza, che non d tregua al pubblicano, lo fa capace di verit e di amore. Per
questo Ges pu operare con successo nei peccatori, perch essi non sono diventati,
dietro il paravento di una coscienza erronea, impermeabili a quel cambiamento che Dio
attende da essi, cos come da ciascuno di noi. Egli non pu invece avere successo con i
giusti, precisamente perch ad essi sembra di non aver bisogno di perdono e di
conversione; infatti la loro coscienza non li accusa, ma piuttosto li giustifica.
Qualcosa di analogo possiamo trovare anche in San Paolo, il quale ci dice che i
pagani conoscono molto bene, anche senza legge, ci che Dio attende da loro
(Rm 2,1-16):
I Giudei a loro volta oggetto dell'ira divina
[1]Sei dunque inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi; perch mentre
giudichi gli altri, condanni te stesso; infatti, tu che giudichi, fai le medesime cose.
[2]Eppure noi sappiamo che il giudizio di Dio secondo verit contro quelli che
commettono tali cose. [3]Pensi forse, o uomo che giudichi quelli che commettono
tali azioni e intanto le fai tu stesso, di sfuggire al giudizio di Dio? [4]O ti prendi
gioco della ricchezza della sua bont, della sua tolleranza e della sua pazienza,
senza riconoscere che la bont di Dio ti spinge alla conversione? [5]Tu, per, con
la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno
dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, [6]il quale render a ciascuno
secondo le sue opere: [7]la vita eterna a coloro che perseverando nelle opere di
bene cercano gloria, onore e incorruttibilit; [8]sdegno ed ira contro coloro che
per ribellione resistono alla verit e obbediscono all'ingiustizia. [9]Tribolazione e
angoscia per ogni uomo che opera il male, per il Giudeo prima e poi per il Greco;
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[10]gloria invece, onore e pace per chi opera il bene, per il Giudeo prima e poi
per il Greco, [11]perch presso Dio non c' parzialit.
Malgrado la legge
[12]Tutti quelli che hanno peccato senza la legge, periranno anche senza la
legge; quanti invece hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati con la legge.
[13]Perch non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli
che mettono in pratica la legge saranno giustificati. [14]Quando i pagani, che
non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo
legge, sono legge a se stessi; [15]essi dimostrano che quanto la legge esige
scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai
loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono. [16]Cos avverr
nel giorno in cui Dio giudicher i segreti degli uomini per mezzo di Ges Cristo,
secondo il mio vangelo.
Tutta la teoria della salvezza mediante lignoranza crolla in questo versetto: c nelluomo
la presenza del tutto inevitabile della verit, di una verit del Creatore, la quale stata
poi anche messa per iscritto nella rivelazione della storia della salvezza. Luomo pu
vedere la verit di Dio a motivo del suo essere creaturale. Essa non viene vista solo
quando e perch non si vuole vederla. Non vederla peccato.
A questo punto della nostra riflessione possibile tirare le prime conseguenze per
rispondere alla questione sulla natura della coscienza. Possiamo dire ora: non si pu
identificare la coscienza delluomo con lauto-coscienza dellio, con la certezza soggettiva
su di s e sul proprio comportamento morale. Questa consapevolezza, da una parte, pu
essere un mero riflesso dellambiente sociale e delle opinioni ivi diffuse. Dallaltra parte
pu derivare da una carenza di autocritica, da una incapacit di ascoltare le profondit
del proprio spirito.
Quanto venuto alla luce dopo il crollo del sistema marxista nellEuropa occidentale,
conferma questa diagnosi: unimmane devastazione spirituale, che si verificata negli
anni della deformazione intellettuale.
Il nuovo patriarca di Mosca lo denunci in maniera impressionante nellestate 1990:
la capacit di percezione degli uomini, vissuti in un sistema di menzogna, si era oscurata.
La societ aveva perso la capacit di misericordia e i sentimenti umani erano andati
perduti. Unintera generazione era perduta per il bene, per azioni degne delluomo.
Abbiamo il compito di ricondurre la societ ai valori morali eterni, cio di sviluppare
nuovamente nel cuore degli uomini ludito ormai quasi spento per ascoltare i
suggerimenti di Dio.
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Lerrore, la coscienza erronea, solo a prima vista comoda. Infatti, se non si reagisce,
lammutolirsi della coscienza porta alla disumanizzazione del mondo e ad un pericolo
mortale.
Detto in altre parole: lidentificazione della coscienza con la consapevolezza superficiale,
la riduzione delluomo alla sua soggettivit non libera affatto, ma rende schiavo; essa ci
rende totalmente dipendenti dalle opinioni dominanti ed abbassa anche il livello di queste
ultime giorno dopo giorno. Chi fa coincidere la coscienza con convinzioni superficiali, la
identifica con una sicurezza pseudo-razionale, intessuta di autogiustificazione,
conformismo e pigrizia. La coscienza si degrada a meccanismo di decolpevolizzazione,
mentre essa rappresenta proprio la trasparenza del soggetto per il divino e quindi anche
la dignit e la grandezza specifiche delluomo. La riduzione della coscienza alla certezza
soggettiva significa nello stesso tempo la rinuncia alla verit.
Quando il Salmo, anticipando la visione di Ges sul peccato e la giustizia, prega per la
liberazione da colpe non consapevoli, esso attira lattenzione su tale connessione.
Certamente si deve seguire la coscienza erronea. Tuttavia quella rinuncia alla verit, che
avvenuta precedentemente e che ora prende la sua rivincita, la vera colpa, una colpa
che sulle prime culla luomo in una falsa sicurezza, ma poi lo abbandona in un deserto
privo di sentieri.
Nessuno pu agire contro le sue convinzioni, come gi San Paolo aveva detto (cfr. Rm
14,23). Tuttavia il fatto che la convinzione acquisita sia ovviamente obbligatoria nel
momento in cui si agisce, non significa nessuna canonizzazione della soggettivit. Non
mai una colpa seguire le convinzioni che ci si formate, anzi uno deve seguirle. Ma non
di meno pu essere una colpa che uno sia arrivato a formarsi convinzioni tanto sbagliate
e che abbia calpestato la repulsione verso di esse, che avverte la memoria del suo
essere. La colpa quindi si trova altrove, pi in profondit: non nellatto del momento, non
nel presente giudizio della coscienza, ma in quella trascuratezza verso il mio stesso
essere, che mi ha reso sordo alla voce della verit e ai suoi suggerimenti interiori. Per
questo motivo, anche i criminali che agiscono con convinzione rimangono colpevoli.
Che cosa la coscienza e come parla?
Quando si parla di coscienza oggi vengono in mente tre correnti principali di pensiero.
Abbiamo gi trattato della prima di queste, quando abbiamo detto che la coscienza
rivendica il diritto della soggettivit, che non pu in alcun modo essere misurata
oggettivamente. Ma, di rimando, sorge immediatamente lobiezione: chi stabilisce questo
diritto assoluto della soggettivit? Essa pu certamente avere un diritto relativo; ma in
casi realmente importanti, non deve questo diritto essere sacrificato a un bene comune
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oggettivo di pi alto livello? In realt non possibile rivendicare un diritto assoluto della
soggettivit come tale.
Un secondo concetto di coscienza afferma che la coscienza la voce di Dio dentro di noi
e quindi viene stabilito il carattere assolutamente inviolabile della coscienza, la quale
verrebbe a trovarsi al disopra di qualsiasi legge umana. Lesistenza di un simile legame
diretto tra Dio e luomo d alluomo una dignit assoluta. Ma allora sorge il quesito: Dio
parla forse agli uomini in maniera contraddittoria? Contraddice forse se stesso? Proibisce
forse a qualcuno di fare unazione, anche a prezzo del martirio, mentre autorizza un
altro, o addirittura esige da lui, di compiere questa stessa azione? Chiaramente non
possibile parlare di una identit dei giudizi di coscienza individuali con la voce di Dio. La
coscienza non un oracolo, come osservava giustamente Robert Spaemann.
Incontriamo ora un terzo significato: la coscienza come super-io, come interiorizzazione
della volont e delle convinzioni di altri che ci hanno formati e hanno impresso in noi la
loro volont, a tal punto che essa non ci parla pi dallesterno, ma dal pi intimo di noi
stessi. In una situazione come questa, la coscienza non sarebbe affatto una sorgente
reale di moralit, ma soltanto il riflesso della volont di un altro, una guida estranea in
noi stessi da cui liberarsi per scoprire lampiezza della sua reale libert.
Anche se possibile spiegare in questo modo molte singole espressioni di coscienza,
questa teoria non pu reggersi globalmente. Vi sono, infatti, bambini i quali, prima di
aver ricevuto uneducazione formale, reagiscono spontaneamente contro lingiustizia.
Essi dicono un s spontaneo a ci che buono e vero, prima di qualsiasi azione
educativa, che troppo spesso li confonde e li schiaccia anzich aiutarli a crescere. Daltra
parte vi sono uomini e donne maturi nei quali si osserva una libert e una prontezza di
coscienza che si contrappongono a ci che stato appreso, o che viene comunemente
fatto. Una coscienza come questa diventata un senso interiore di ci che buono, una
sorta di comando a distanza volto a guidare luomo attraverso ci che gli stato
insegnato.
Qual allora la posizione reale della coscienza?
Vorrei fare mie le parole di Robert Spaemann sullargomento: la coscienza un organo,
non un oracolo. un organo perch una cosa insita in noi, che appartiene alla nostra
essenza, e non una cosa fatta fuori di noi. Ma, essendo un organo, ha bisogno di
crescere, di essere formata, di esercitarsi. Trovo molto adatto in questo caso il confronto
che Spaemann fa con la parola.
Perch parliamo?
Parliamo perch abbiamo imparato a parlare dai nostri genitori. Parliamo la lingua che
essi ci hanno insegnato, anche se sappiamo che esistono altre lingue che siamo incapaci
di parlare o comprendere. La persona che non ha mai imparato a parlare muta. Eppure
M. Di Febo Teologia Morale Fondamentale
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Se io credo che la Chiesa abbia le sue origini nel Signore, allora il ministero della dottrina
della Chiesa ha il diritto, mentre si sviluppa nellautenticit, di essere accettato come
elemento prioritario nella formazione della coscienza. A questo corrisponde quindi un
obbligo del Magistero di pronunciare la sua parola in modo tale che possa essere
compresa in mezzo ai conflitti di valori e di orientamenti. Deve esprimersi in modo da
rendere possibile una risonanza interiore della sua parola allinterno della coscienza, e ci
significa qualcosa di pi di una semplice dichiarazione occasionale di massimo livello
(vai a indice)
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APPENDICE 4
Legge temporale e divina
Legge umana e divina non sono ripartite verticalmente, ossia in ambiti diversi e limitati
in modo da non contrastare; vengono entrambe dalla coscienza, ma secondo una
ripartizione orizzontale per la quale entrambe agiscono legittimamente a tutto campo su
ogni aspetto della vita, ma la legge divina risiede in un piano superiore che per il
cristiano prevale sui contenuti di quella umana. Tommaso d'Aquino scrisse che se un
cristiano compie un'azione senza interesse personale, credendo sinceramente che sia la
cosa giusta, non compie peccato davanti a Dio; il principio vale se non c' un'esplicita
indicazione nella Bibbia, in seguito esteso alle indicazioni fornite dalla Chiesa. Ci perch
la legge non riesce a esaurire il singolo caso e la coscienza del singolo, nelle varie
circostanze si interroga su come agire nel rispetto delle regole generali.
Secondo la teologia cattolica Dio stesso la Legge e la sua incarnazione in Ges
un'individuazione "hic et nunc" in cui la legge non pi soltanto generale come sempre
stata, ma diviene anche particolare. In Ges la Legge Persona.
Inabitazione
Secondo la teologia cattolica, l'inabitazione un'iniziativa dello Spirito Santo che porta le
tre Persone della Trinit a vivere dentro l'anima del giusto. Poich lo Spirito un agire,
l'inabitazione tanto pi presente (intensa duratura e probabile) quanto pi la persona
agisce per amore del prossimo. La teologia distingue un'esperienza oggettiva in cui le Tre
Persone sono conosciute e amate da atti, e una soggettiva in cui c' dialogo fra la
persona e lo spirito che la inabita, di un'intensit che varia dall'appropriazione alla
idetificazione personale.
L'inabitazione un'esperienza di santi e mistici, cos come un fatto aperto e diffuso a chi
vive un momento di santit.
Il passaggio successivo la dottrina dell'inabitazione per la quale la predicazione non
persuasione, ma Potenza di Dio secondo Paolo:
il predicatore non converte tanto per la forza delle parole che dice,
quanto perch mentre predica c' una presenza divina che entra nelle
coscienze di chi ascolta e agisce dentro di loro.
Per la teologia l'ascolto della Parola il momento in cui con le parole la presenza di Ges
esce da chi predica per andare a inabitare anche chi ascolta. L'inabitazione di Ges che
anche la Legge nella coscienza del cristiano, supera il contrasto fra universale e
particolare nella Legge. La teologia confida che i cristiani siano in grado con la loro
coscienza di capire se una legge civile o meno contro la religione, perch ritiene che in
ogni credente vive Ges; Agostino da Ippona afferma che quella voce della coscienza,
che riflettendo, fa intuire cosa bene e male, Dio stesso che parla dentro di noi, "pi
M. Di Febo Teologia Morale Fondamentale
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intimo a noi di noi stessi" (de Trinitate), perch scruta la profondit dell'Io, mentre i
cristiani non si accorgono della sua presenza, e quanti se ne accorgono non possono
comunque conoscere l'infinito. In tempi pi recenti, Itala Mela ha elaborato una teologia
riconosciuta dalla Chiesa cattolica, riguardo a un'inabitazione cosciente e libera della
Trinit nei cristiani.
Nel Vangelo di Giovanni si parla dell'inabitazione:
In quel tempo, Ges disse ai suoi discepoli: Se uno mi ama,
osserver la mia parola e il Padre mio lo amer e noi verremo a lui e
prenderemo dimora presso di lui
(Gv 14, 23-29)
e del Consolatore :
"Io pregher il Padre ed egli vi dar un altro Consolatore perch
rimanga con voi lo Spirito di verit (in greco , il soffio
vitale di una verit che si rivela) che il mondo non pu ricevere perch
non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perch egli dimora
presso di voi e sar in voi (' )
e pi avanti:
"dove Io vado voi non potrete venire; ma non vi lascer soli, vi mando
un Consolatore che rester con voi fino alla fine dei giorni"
(Gv 14, 14-17)
Il Consolatore lo Spirito Santo, che diversamente da Ges non pi visibile a tutti, ma
comunque vive nel corpo di ogni cristiano ed parte della sua coscienza. La libert di
coscienza cristiana poggia sulla dottrina dell'inabitazione di una divinit che suggerisce al
cristiano ci che giusto e ci che non lo .
La capacit di discernere bene e male e di stabilire in particolare se una legge in
contrasto con la volont divina, per i cattolici una qualit innata in ogni essere umano.
Ogni essere umano a immagine e somiglianza di Dio, anche perch ha dentro di s
l'idea della verit, una copia che di ogni uomo. Anche un non cristiano, secondo
Giovanni possiede la verit "all'interno della sua anima"; la verit data in dono e
risiederebbe dentro ogni uomo.
Il problema del primato delle leggi religiose su quelle civili dunque riguarda anche il
cristianesimo e le religioni in genere, non solo l'islam. Disobbedire una legge dello Stato
un reato; lo Stato che ha recepito un principio della laicit nelle religioni, lasciando
libert di voto ai Parlamentari e di scelta ai cittadini negli ambiti che rischiano di imporre
regole che urtano la legge delle varie religioni (esempio in questioni di bioetica). In tali
temi la legge statale prevede il diritto di rifiutare certe azioni che la legge prevede come
legali se contrastano il proprio credo (esempio l'obbligo di praticare l'aborto per medici
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Contro tutte le morali lassiste e probabilistiche si oppose sin dal secolo XVII il tuziorismo
di cui considerato iniziatore J. Sinnich (1603-1666). Nel dubbio si deve sempre seguire
l'opinione pi sicura ("tutior", 'pi sicuro') che sempre quella prevista e proposta dalla
norma. Ogni opinione in contrasto con la legge va respinta, anche se molto probabile.
Il tuziorismo fu sostenuto dal giansenismo e quindi fu giudicato difforme dalla dottrina
cattolica e condannato dal Sant'Uffizio.
Assertore di una sorta di "tuziorismo mitigato" fu il filosofo Antonio Rosmini (17971855), che scrisse diversi saggi di teologia morale (Principii della scienza morale (1831),
Antropologia in servigio della scienza morale, (1838), Trattato della coscienza morale
(1839), sulla linea della filosofia di Sant'Agostino e San Tommaso.
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