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Henri Bergson
Sul segno. Lezioni del 1902-1903 sulla Storia dell’idea di tempo
Uwe Pörksen
Parole di plastica. La neolingua di una dittatura internazionale
Paul-Antoine Miquel
Che cos’è la vita?
Flavia Conte
L’insegnamento impossibile. Sul sapere postmoderno
Filosofia80
a cura di Daniele Poccia
Attualità di Lacan
a cura di Alex Pagliardini, Rocco Ronchi
Rocco Ronchi
Zombie Outbreak. La filosofia e i morti-viventi
Francesco Giusti
Canzonieri in morte. Per un’etica poetica del lutto
Che Vuoi
Katniss. La macchina delle emozioni
William James
Fantasmi. Scritti sulla ricerca psichica
a cura di Giacomo Foglietta
Raymond Ruyer
La superficie assoluta
a cura di Daniele Poccia
Filosofia al presente
Q
15
collana diretta da Rocco Ronchi
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henri bergson
PLOTINO
Corso del 1898-1899 all’École normale supérieure.
traduzione e cura di
Angela Longo
TEXTUS
EDIZIONI
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Realizzazione editoriale
Textus Edizioni
Progetto grafico
mindmade | Andrea Padovani
Consulenza editoriale
Stefania De Nardis
Valeria Celiberti
ISBN 978-88-99299-32-3
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Indice
Introduzione
di Federico Leoni e Rocco Ronchi
Psyché. Bergson lettore di Plotino 11
I Vita di Plotino 37
II Opera e bibliografia di Plotino 51
III La dottrina di Plotino. Il posto che vi occupa
la teoria dell’anima 59
IV Plotino interprete di Platone 71
V L’anima del mondo 85
VI La processione dell’anima e il principio
dell’irradiazione 98
VII L’anima universale considerata in se stessa 108
VIII La caduta delle anime 122
IX Teoria della coscienza 138
Postfazione
di Angela Longo
Bergson lettore di Plotino. Il didatta, il filosofo,
lo storico della filosofia 151
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Plotino
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Introduzione
Psyché. Bergson lettore di Plotino
Federico Leoni e Rocco Ronchi
Punto
11
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Cono
1
Plotino, Enneadi, V 4, 2, 38; V 1, 7, 9-10; III 8, 10, 1; V 3, 15, 33.
12
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2
Plotino, Enneadi, III 8.
3
H. Bergson, Histoire de l’idée de temps. Cours au Collège de France 1902-1903,
PUF, Paris 2016, lezione del 6 maggio 1904, pp. 113-114.
4
H. Bergson, Introduction à la métaphysique, in Œuvres, PUF, Paris 1959, p.
1395.
13
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una potenza che non può non realizzarsi, una potenza che
è data solo nel suo esercizio reale. «Se essa è possibile,
essa deve esistere», aVerma altrove Bergson5 ripetendo
la formula con cui Aristotele sintetizzava e stigmatizzava
la posizione di certi filosofi socratici: otan energhe monon
dynasthai, ‘c’è potenza solo dove c’è atto’.
Simultaneità
5
H. Bergson, Cours du Collège de France sur “Le traité de la réforme de l’enten-
dement humain” de Spinoza, 1911, Fond Doucet, BGN 2998 (3) e (4), Cahier 1,
p. 12.
14
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Coscienza
15
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16
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Passaggio
6
Cfr. infra, pp. 114.
7
Cfr. infra, Lezione III.
17
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8
Ibidem.
18
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Anima
9
Ibidem.
10
Ibidem.
19
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11
Ibidem.
20
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Processo
12
H. Bergson, Essai sur les données immédiates de la conscience, in Œuvres,
cit., p. 75.
13
Cfr. infra, Lezione III; cfr. H. Bergson, Matière et mémoire, in Œuvres, cit.,
p. 293.
14
Cfr. infra, Lezione IV.
21
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15
Cfr. E.K. Emilsson, Plotinus on Intellect, Clarendon Press, Oxford 2007;
R. Chiaradonna, Sostanza movimento analogia. Plotino critico di Aristotele, Bi-
bliopolis, Napoli 2002.
22
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Trascendentale
23
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24
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Autocoscienza
16
Cfr. infra, Lezione VII.
25
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Materia
17
Cfr. Enneadi, IV 3, cap. 12; III 6, cap. 7 e cap. 14. Su questo concatena-
mento di immagini plotiniane, cfr. P. Hadot, Le mythe de Narcisse et son inter-
prétation par Plotin, in Id., Plotin, Porphyre. Études néoplatoniciennes, Les Belles
Lettres, Paris 1999, pp. 226-266.
26
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18
H. Bergson, Matière et mémoire, in Œuvres, cit., p. 162 («une image, mais
une image qui existe en soi»); p. 170 («cet ensemble d’images que j’appelle
l’univers»).
27
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Monade
28
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19
G.W. Leibniz, Monadologia, tr. it. Bompiani, Milano 2001, § 57, p. 85.
29
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Pneuma
20
Ivi, § 61, p. 87.
30
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Immagine
21
Gv 3,8.
31
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22
Cfr. per esempio la dichiarazione quasi programmatica nell’Introdu-
zione dell’Evoluzione creatrice, in Œuvres, cit., p. 492.
23
Dal corso giovanile che Bergson dedica all’opuscolo leibniziano De rerum
originatione radicali (ora in Annales bergsoniennes, vol. III, PUF, Paris 2007) a
un testo degli ultimi anni come Il possibile e il reale, tutto intessuto di rimandi a
Leibniz (Le possible et le réel, in Œuvres, cit., pp. 1331-1345).
32
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Ragione
24
I. Kant, I sogni di un visionario, chiariti con i sogni della metafisica, tr. it.
Rizzoli, Milano 1982.
33
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34
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35
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Angela Longo
36
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Corso su Plotino1
<1>
I – Vita di Plotino
37
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3
Ricordiamo che la Vita di Plotino precede i suoi trattati nell’edizione curata
da Porfirio, com’era uso nell’antichità di far precedere una biografia dell’autore
al testo delle sue opere.
4
Eunapio è un autore che visse tra la metà del IV sec. d.C. e l’inizio del V.
Egli menziona sei volte Plotino, soprattutto in relazione a Porfirio, cfr. Eunape
De Sardes, Vies de philosophes et de sophistes, éd. par R. Goulet, tom. II, Les Belles
Lettres, Paris 2014, p. 6, 4-10; p. 8, 2 e 17; p. 9, 11 e 13.
5
Contrariamente a quanto indicato dal curatore, non può trattarsi di Eu-
dosso di Cnido, astronomo che visse molti secoli prima di Plotino (ovvero nel
IV sec. a.C.). Non c’è, a mia conoscenza, un Eudosso a cui potrebbe riferirsi qui
Bergson.
6
In realtà ora si colloca l’anno di nascita di Plotino al 205 d.C. in confor-
mità agli studi più dettagliati e recenti circa la cronologia della vita e delle opere
di Plotino, per cui si vedano R. Goulet, Le systhème chronologique de la “Vie de
Plotin”, in Porphyre, La Vie de Plotin. Travaux préliminaires et index grec com-
plet par L. Brisson, M.-O. Goulet-Cazé, R. Goulet, D. O’ Brien, tom. I, Vrin,
Paris 1982, pp. 187-227, in particolare la tavola a p. 213; e L. Brisson, Plotin: Une
biographie, in Porphyre, La Vie de Plotin. Études d’introduction, texte grec et tra-
duction française, commentaire, notes complémentaires, bibliographie par L.
Brisson et al., Vrin, Paris 1992, pp. 1-29, in particolare le tavole alle pp. 8, 13 e
26. I due volumi si segnalano inoltre per importanti articoli su vari aspetti del-
l’opera porfiriana in questione. Per una sintesi biografica si veda alla fine del
presente volume la Vita di Plotino.
38
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7
In realtà Plotino è nato a Licopoli in Egitto, oggi Asyūt..
8
Questa tesi sintetica chiarisce la comprensione che Bergson ha della fi-
losofia greca. Essa permette di precisare il senso della sua attenzione a Plotino:
non soltanto attenzione a un autore particolare, bensì all’autore totale che con-
densa in sé e racchiude tutta la filosofia greca. Dopo aver così ridotto l’infinita
varietà storica a qualcosa di determinato e finito, Bergson uscirà dalla semplice
erudizione e formulerà un giudizio critico e netto non soltanto sulla filosofia
greca ma su tutti coloro che, in tempi meno lontani, non hanno «fatto altro che
ripetere Plotino» (Mélanges, p. 1076), [NdC].
39
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9
Trattasi di un interrogativo ancora aperto tra gli studiosi plotiniani, che
si dividono appunto tra quelli che sostengono una conoscenza diretta di Filone
da parte di Plotino e quelli che ne sostengono solo una conoscenza indiretta.
Per un sintetico quadro della questione e i dovuti rimandi bibliografici si veda
F. Calabi, Filone di Alessandria, Carocci, Roma 2013, in particolare Filone e la
tradizione platonica pagana, pp. 157-161.
10
Trattasi di Numenio di Apamea, della seconda metà del II sec. d.C.
40
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11
Trattasi di Enneade II 9 [33] Contro gli Gnostici. Qui e di seguito indi-
chiamo tra parentesi quadre la collocazione cronologica del trattato plotiniano
all’interno dei 54 trattati editi in ordine tematico da Porfirio.
12
Si tratta di Clemente Alessandrino (I e II sec. d.C.), che fu tra i primi
Padri della Chiesa che iniziarono a conciliare cultura pagana e messaggio cri-
stiano.
13
Bergson si riferisce al prolifico autore cristiano Origene Alessandrino (I
e II sec. d.C.), detto Adamanzio; mentre sembra ignorare la querelle, sorta dal
XVII sec., circa l’identità dell’Origene, discepolo di Ammonio Sacca. Se cioè si
tratti del suddetto autore cristiano o di un oscuro personaggio. Per un succinto
status quaestionis con rimandi bibliografici si veda la voce Origène le Platonicien
(n. 41) in Dictionnaire des Philosophes Antiques, publié sous la direction de R.
Goulet, vol. IV (de Labeo à Ovidius), CNRS Éditions, Paris 2005, pp. 804-807.
14
Trattasi di Nemesio di Emesa.
41
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42
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19
Porfirio, Vita di Plotino (d’ora in poi VP), cap. 3, 11. Per la Vita di Plotino
come per i passi dalle Enneadi plotiniane citiamo da o rimandiamo all’edizione:
Plotinus, Opera, ed. P. Henry et H.-R. Schwyzer, t. I-III, O.C.T., Clarendon
Press-Oxford University Press, Oxford 1964-1983 (nota come editio minor).
20
Noti filosofi platonici della tarda antichità rispettivamente del III-IV
sec. d.C. e del V sec. d.C.
21
Trattasi del retore contemporaneo di Plotino, III sec. d.C.
43
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22
Porph., VP, cap. 19, 36-37. Per il commento ad locum di questo e degli
altri passi dello scritto porfiriano in questione l’opera di riferimento è L. Bris-
son et al., Porphyre. La Vie de Plotin, tom. II, cit., pp. 281-284.
23
Porph., VP, cap. 21, 3-4.
24
Trattasi di Plutarco di Atene (IV-V sec. d.C.), diadoco della Scuola pla-
tonica ad Atene e maestro di Siriano, a sua volta maestro di Proclo.
25
S’intendono i sistemi filosofici di Platone e di Aristotele.
26
‘Teodidatta’ è un soprannome di Ammonio Sacca, maestro di Plotino.
44
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27
Vedi nota 78.
28
Porph., VP, cap. 14, 4-6.
45
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29
Il curatore nota che il manoscritto qui è difettoso, da qui le nostre due
integrazioni a senso. Ricordiamo che Gordiano era perito in un attentato in Me-
sopotamia.
46
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30
Enneade V 8 [31] Sul bello intelligibile, cap. 6, 1-9; la citazione è riportata
da Bergson poco dopo. Per tale trattato giova segnalare: Plotin, Traité 31 Sur la
Beauté intelligible. Introduction, traduction, commentaires et notes par A.-L.
Darras-Worms, Vrin, Paris 2018.
47
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31
Cfr. Porph., VP, cap. 9, 2-3.
32
Cfr. ivi, cap. 12, 1-8. L’imperatore Gallieno regnò dal 253 al 268 d.C.
48
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33
Cfr. ivi, cap. 12, 9-12.
34
Cfr. ivi, cap. 7, 31-46.
35
Cfr. ivi, cap. 7, 2-5.
36
Si veda su Filone quanto Bergson aveva detto precedentemente (p. <3>).
Tra uncini, qui e altrove, si indica la pagina del manoscritto secondo la nume-
razione riportata da H. Hude e qui riprodotta.
37
Porph., VP, cap. 7, 50.
49
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38
Per un refuso nel testo pubblicato c’è <77> invece che <17>.
39
Cfr. Porph., VP, cap. 17, 6-10.
40
Benché la grafia non sia molto leggibile, il manoscritto sembra proprio
avere: «Tout ce qu’il éprouvait». O c’è un lapsus per «tout ce qu’il écrivait»
[«tutto ciò che scriveva»] oppure si tratta proprio di quello che pensava Ber-
gson; oppure è un lapsus rivelatore [NdC].
50
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<21>
1. Opere di Plotino. Le Enneadi
Porfirio informa che Plotino si accingeva a scrivere dopo
aver lungamente meditato e scriveva senza interrompersi
né rileggersi. Il suo stile ha le caratteristiche precipue di un
grande scrittore. Porfirio e Longino gli hanno reso omag-
41
Porph., VP, cap. 10, 35-36.
42
Ivi, cap. 2, 26-27.
51
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43
Ivi, cap. 14, 1-3.
44
Ivi, cap. 19, 36-41.
45
Qui finisce la citazione, mancano nel testo pubblicato le virgolette di
chiusura della citazione.
46
Si Tratta di Eun., Vitae, p. 9, 12-14 Goulet (si veda supra la nota 4).
47
Per Eustochio cfr. Porph., VP, cap. 7, 8-12. Per una diversa raccolta da lui
realizzata degli scritti di Plotino si vedano in proposito gli studi di L. Brisson, Une
52
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édition d’Eustochius, in L. Brisson et al., Porphyre. La Vie de Plotin, tom. II, cit., pp. 65-
69; e di M.-O- Goulet-Cazé, Remarques sur l’édition d’Eustochius, ibid., pp. 71-76.
48
Cfr. Porph., VP, capp. 4-6.
49
Cfr. ivi, cap. 24, 5-11.
50
Ovvero il sei e il nove.
51
Si tratta di Enneade I 9 [16] Sul suicidio, che in effetti conta solo 19 linee
nell’edizione di Henry e Schwyzer. Bergson qui esprime un punto importante, ri-
conosciuto ormai ampiamente, cioè la presenza di importanti interventi editoriali
di Porfirio nella configurazione di singoli trattati o di gruppi di trattati plotiniani.
52
Il curatore avverte che i termini «altro» (di poco precedente) e «an-
cora» non si trovano nel manoscritto.
53
Se il testo pubblicato è corretto, è difficile pensare a quale dei nove trat-
tati della VI Enneade faccia qui riferimento Bergson, visto che sono tutti al-
quanto corposi e importanti.
54
Si tratta di Enneade IV 3-5 [27-29] Sui problemi dell’anima. Libri I-III, ri-
cordiamo anche il caso di Enneade VI 1-3 [42-44] Sui generi di ciò che è. Libri I-III.
53
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55
Cfr. Porph., VP, capp. 4-6.
56
Si veda la nota 65. Ricordiamo invece che, ai nostri giorni, è in corso la
pubblicazione di tutti i trattati plotiniani in ordine cronologico nella collana
iniziata da Pierre Hadot nel 1987 con il trattato 38 (Plotin, Traité 38. Introduc-
tion, traduction, commentaire et notes par P. Hadot, Les Éditions du Cerf, Paris
1987). Nel frattempo è stata pubblicata per intero, sempre in Francia, una nuova
traduzione con note di tutti i trattati plotiniani in ordine cronologico in: Plotin,
Traités 1-54 et Porphyre, Vie de Plotin, tom. I-IX, sous la direction de L. Brisson
et J.-F. Pradeau, GF-Flammarion, Paris 2002-2010. Si ritiene infatti che l’or-
dine cronologico, oltre che ripristinare lo stato delle cose prima dell’intervento
editoriale tematico di Porfirio, permetta di cogliere legami tra trattati scritti
nello stesso periodo che altrimenti sfuggirebbero.
57
Plotinus, Enneades, ed. H. F. Müller, vol. I-II, Weidmann, Berlin 1878-1880.
58
Plotinus, Enneades, ed. R. Volkmann, vol. I-II, Teubner, Leipzig 1883-1884.
59
Giudizio a lungo condiviso dagli studiosi, ma forse eccessivo. Si vedano re-
centemente i lavori di J.-M. Narbonne: Les écrits de Plotin, genre littéraire et dévelop-
pement de l’oeuvre, in «Laval philosophique et théologique», 64 (2008), pp.
627-640; J.-M. Narbonne, Introduction, in Plotin, Oeuvres complètes. Tome 1, vo-
lume 1. Introduction par J.-M. Narbonne avec la collaboration de M. Achard. Traité
1 (I 6), Sur le Beau. Texte établi par L. Ferroni, introduit, traduit et annoté par M.
Achard et J.-M. Narbonne, Les Belles Lettres, Paris 2012, pp. XXXV-LX.
54
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<25>
2. Bibliografia
60
È il manoscritto Laurentianus 87.3 del XIII sec. Per una succinta descri-
zione dei codici delle Enneadi e dei loro raggruppamenti in famiglie si veda la
Praefatio nel I vol. dell’editio minor di Henry e Schwyzer, pp. V-X (si veda supra
la nota 19). Ha dedicato ampi e dettagliati studi alla tradizione manoscritta plo-
tiniana P. Henry in: Études plotiniennes I. Les États du texte de Plotin, Desclée de
Brouwer – L’Édition universelle, Paris-Bruxelles 1938 (altera editio 1960); Étu-
des plotiniennes II. Les Manuscrits des Ennéades, Desclée de Brouwer – L’Édition
universelle, Paris-Bruxelles 1941 (altera editio 1948).
61
Plotinus, Operum philosophicorum libri LIV nunc primum Graece editi, ad
Perneam lecythum, Basilea 1580.
62
Ficinus Marsilius, Plotini opera. Latina interpretatio, Florentiae 1492.
55
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63
Plotinus, Opera omnia, ed. G.H. Moser, F. Creuzer, tom. I-III, Typogra-
pheum Academicum, Oxford 1835.
64
Plotinus, Opera omnia, iterum ed. F. Creuzer, G.H. Moser, Didot, Paris 1855.
65
Plotinus, Opera (secundum ordinem chronologicum), ed. A. Kirchhoff,
tom. I-II, Teubner, Leipzig 1856.
66
A.J. Vitringa, Annotationes criticae in Plotini Enneadum partem priorem
(secundum ordinem chronologicum), Deventer 1876.
67
Si veda la nota 57; nel testo pubblicato «Werdman» deve essere un re-
fuso per «Weidmann».
56
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57
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77
É. Vacherot, Histoire critique de l’École d’Alexandrie, Librairie philosophi-
que De Ladrange, Paris 1846.
78
C.H. Kirchner, Die Philosophie des Plotin, H. W. Schmidt, Halle 1854.
79
Trattasi di Eugène Lévêque.
80
E. Zeller, La Philosophie des Grecs considérée dans son développement hi-
storique, traduite de l’Allemand par É. Boutroux, tom. III, Hachette, Paris 1877.
81
A. Richter, Neu-Platonische Studien, Darstellung des Lebens und der Phi-
losophie des Plotin, tom. I-V, Halle, 1864-1867.
82
H. Von Kleist, Plotinische Studien. Studien zur IV. Enneade, tom. I, G.
Weiss, Heidelberg 1883.
83
A. Ed. Chaignet, Psychologie des Grecs, tom. IV, Hachette, Paris 1893.
58
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Plotino, giunto ad Alessandria nel III secolo della nostra era,
in un’epoca di eclettismo intellettuale e di moralismo vago,
pagano di religione, greco di spirito, profondamente attac-
cato alla cultura classica e, in fondo, pieno di disprezzo per
le importazioni dall’Oriente, fu naturalmente indotto ad op-
porre a una tale invasione straniera le forze riunite della fi-
losofia greca nella sua interezza, non procedendo per
giustapposizioni, ma scavando così profondamente al di
sotto di queste idee che egli fece zampillare la fonte stessa
da cui tali idee erano scaturite.
Sarebbe interessante seguire questa filosofia nella lotta
con il cristianesimo, soprattutto domandarsi perché questa
filosofia e questa religione che avevano tanti punti in co-
mune si ritrovarono sùbito nemiche in modo inconciliabile,
e perché fu la filosofia a soccombere. Bisognerebbe anche
ricercare come questa religione, dopo aver trionfato sulla
filosofia, l’assorbì, e ne conservò il meglio (S. Basilio,84 Ago-
stino85), <31> e come tale pensiero, per tale via, sia diventato
qualcosa di molto importante nel pensiero moderno.
Personalmente mi limiterò a studiare la filosofia di Plo-
tino in se stessa, nella sua parte centrale, la teoria del-
l’anima, ovvero al tempo stesso la teoria dell’anima
individuale e di quella universale. Il corso mostrerà che si
tratta davvero del centro di tale filosofia. Tuttavia, dato che
non c’è una monografia consacrata a detta teoria, sarà utile
84
Trattasi di Basilio di Cesarea (329/330-379 d.C.).
85
Agostino d’Ippona (354-430 d.C.).
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Com’è noto, nel VII libro della Repubblica, dopo l’immagine della caverna,
il personaggio di Socrate passa a considerare quali discipline possano formare i
filosofi-governanti. Egli introdurrà quindi le scienze matematiche – a partire
dall’aritmetica – per poi giungere alla dialettica quale fastigio di tutti i saperi e
compimento del percorso formativo in questione. Proprio nell’introdurre la ne-
cessità, per il filosofo, dello studio dell’aritmetica, Socrate esprime il criterio
per cui si tratta di portare l’attenzione dell’anima umana su ciò che, tra i molti
dati forniti dalla sensazione, presenta contraddizioni e richiede l’intervento di
un ragionamento, il quale guidi verso la verità. Il fine è quello di distogliere le
energie dell’anima dal mondo del divenire e dall’esercizio delle mere capacità
sensoriali per indirizzarle al mondo intelligibile e all’esercizio del ragionamento
in sé. In tale contesto Socrate, a partire dall’esempio delle tre dita (pollice, in-
dice, medio), considera come il tatto possa indicare una stessa cosa come dura
e molle, pesante e leggera; come – a sua volta – la vista possa percepire confusa-
mente e insieme il grande e piccolo, l’uno e il molteplice. Gli oggetti sensibili
appaiono pertanto come portatori di caratteristiche contrarie e solo l’indagine
della ragione, interrogandosi su cosa sia in sé ciascuna di dette proprietà, potrà
distinguere tra l’una e l’altra e far emergere la verità, non contraddittoria, dalla
confusione dei dati sensoriali (cfr. Plat., Rep. VII, 523a10-525a3).
87
Qui Bergson appare riferirsi in particolare ai trattati plotiniani 47 e 48,
ovvero Enneade III, 2-3 Sulla Provvidenza, in cui sono tematizzate le lotte inte-
stine sia al genere umano sia all’universo intero, che appare come il grande tea-
tro di destini particolari in opposizione tra loro. Al di là di tali lotte nondimeno
si dà, per Plotino, un’unità profonda che altro non è se non la conformità del
mondo sensibile all’unità armonica dell’Intelletto.
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Il curatore rimanda a Enneade VI 7 [38] Come si costituì la molteplicità delle
Idee e sul Bene, cap. 11. Ricordiamo che il curatore di solito non fornisce l’indi-
cazione delle linee pertinenti, tale indicazione qui e altrove è costantemente
nostra. Osserviamo che, in particolare alle ll. 17-36 di tale testo, Plotino indaga
come la terra di quaggiù (cioè del nostro universo sensibile) possa avere vita e
spiega che ciò dipende dalla ragione generatrice della terra, la quale le confe-
risce la vita lavorandola dall’interno. Il contesto è quello di un parallelo tra il
mondo sensibile e quello intelligibile per cui alla terra sensibile corrisponde
la sua ragione demiurgica nel mondo intelligibile. Per questo trattato plotiniano
resta fondamentale l’opera di Hadot: Plotin, Traité 38, cit.
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Il curatore segnala la lacuna di una parola e propone di colmarla con il
termine «decadimento» («déchéance»), che apparirà poco dopo nel testo.
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Abbiamo fedelmente riprodotto l’uso delle maiuscole e delle minuscole
quale si trova nel testo pubblicato per termini come «idea/Idea», «uno/Uno»,
«intelletto/Intelletto» e simili.
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Rispettivamente: «l’uno», «ciò che basta a se stesso», «il primo», «il
sommo».
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Il termine rimanda a quello greco di mivxi". Quest’ultimo compare quasi
una trentina di volte nei trattati plotiniani e indica il processo di mescolanza o
anche il suo risultato in quanto entità mista a partire da componenti eterogenee.
Qui Bergson parla dell’anima come mixis, potendo attualizzarsi in essa – secondo
le varie situazioni – livelli diversi di realtà che vanno dall’Idea alla materia.
93
In modo estremamente schematico ricordiamo che la gerarchia discen-
dente delle realtà è per Plotino costituita da: Uno, Intelletto (Idee), Anima, ra-
gioni produttive (logoi), mondo sensibile, materia.
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Come segnalato dal curatore H. Hude, si tratta di Enneade III 8 [30] Sulla
natura e visione e uno, cap. 4, 39-40: «In ogni caso appunto troveremo che la
produzione e l’azione sono o un indebolimento di visione o qualcosa che si ac-
compagna ad esso ». «Visione» sta per theōria in Bergson.
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Come segnala il curatore, si tratta di Enneade IV 8 [6] Sulla discesa del-
l’anima nei corpi, cap. 1, 1-11. Segnaliamo un’ampia spiegazione del passo, come
di tutto il trattato, in Plotino, La discesa dell’anima nei corpi (Enn. IV 8 [6]). Plo-
tiniana arabica (Pseudo-Teologia di Aristotele, capitoli 1 e 7; Detti del Sapiente greco),
a cura di C. D’ancona, Il Poligrafo, Padova 2003, in particolare pp. 131-137 per
il passo in questione.
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Già in precedenza (p. <34>) Bergson aveva parlato della simpatia tra le cose
colta dall’astrologia, sfruttata dalla magia, espressa nell’amore e nella musica.
97
Dovrebbe trattarsi di Enneade VI 7 [38] Come si costituì la molteplicità delle
Idee e sul Bene, in cui – nei capitoli 31-35 – si descrive l’ascesa dell’anima umana
dalle cose sensibili all’Intelletto e infine al Bene. In particolare nel cap. 31 si parla
dello sforzo che l’anima compie nel distaccarsi anche dalle bellezze di quaggiù,
in quanto esse sono comunque immerse nella carne e nei corpi e, quindi, come
contaminate da essi. Tuttavia, a onor del vero, ivi non si fa esplicitamente men-
zione né della materia né dello stato di anoia («assenza di pensiero») in cui
l’anima deve trovarsi per concepire detta materia. Nemmeno il curatore del resto
rimanda a un testo plotiniano. Da parte nostra suggeriamo che Bergson sia passato
tacitamente a riferirsi a un altro luogo delle Enneadi dedicato appunto al modo in
cui l’anima può, oscuramente, concepire la materia. Si tratta di Enneade II 4 [12]
Sulla materia, cap. 10, ove si parla dell’anima che, quando si rappresenta la ma-
teria, non pensa ed è come in uno stato di anoia (l. 8), che è il termine greco men-
zionato qui da Bergson. È come se l’anima diventasse un tutt’uno con ciò che vede
(l. 17), ovvero la materia assolutamente priva di ragione. Si tratta cioè di un pro-
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cesso inverso e speculare rispetto alla fusione dell’anima con il sommo Bene de-
scritto in Enneade VI 7. Del resto il termine anoia ha una sola occorrenza in tutta
la VI Enneade, in un contesto che non ha nulla a che vedere né con la materia né
con il modo di concepirla da parte di un’anima (cfr. VI 7, cap. 29, 24).
98
È probabile che qui Bergson si riferisca al fatto che il trattato aristotelico
Sull’anima, lungi dall’essere di argomento metafisico, è per la maggior parte
una trattazione di taglio fisico-biologico con ristrette aperture alla dimensione
pensante dell’anima (per tali aperture cfr. Arist., De an. III, 3-5).
99
Il curatore segnala qui la lacuna di una parola. Si può pensare d’integrarla
con il termine «valida» o simili. Ci si riferisce alla massima «Conosci te stesso»,
che a rigore è un oracolo di Apollo di Delfi, ma che Socrate fa senz’altro propria
come risulta da Platone, Alcibiade I, 130e8-9 («Dunque ordina che noi cono-
sciamo l’anima colui che ordina [scil. Apollo Delfico] di conoscere se stessi»).
100
La massima «Conosci te stesso» è citata da Plotino una sola volta nei suoi
trattati, all’interno di Enneade VI 7 [38] Come si costituì la molteplicità delle Idee e sul
Bene, cap. 41, 22. Nel passo si sostiene che il Bene (sommo principio) non ha bi-
sogno di conoscere se stesso, in quanto perfetta semplicità, mentre l’autocono-
scenza si applica alle ipostasi ad esso inferiori, ovvero all’Intelletto e all’Anima, in
quanto albergano al proprio interno quella molteplicità che è condizione indi-
spensabile per pensare se stessi: si dovrà infatti distinguere tra soggetto e oggetto,
e aggiungere a questi la funzione di pensare. Tuttavia, a rigore, in tale passo en-
neadico non si parla del fatto che l’anima rappresenti tutte le cose né che conoscere
l’anima implichi conoscere tutto. È possibile che Bergson, per questa specifica
tesi, abbia in mente un altro passo della VI Enneade ovvero Enneade VI 5 [23], Sul
fatto che ciò che è uno e identico si trovi contemporaneamente dappertutto. Libro II, cap.
7, 8-9, in cui si sostiene che la nostra anima umana sia tutti gli enti raccolti in unità.
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Da ciò si potrebbe ricavare in modo implicito (visto che non si trova in modo espli-
cito nel testo) che chi conosce l’anima (se stesso) conosca tutti gli enti.
101
In proposito il curatore osserva che si tratta in realtà di un trattato di
Porfirio all’indirizzo di Giamblico, ma non fornisce alcuna indicazione testuale.
Il rimando è in effetti oscuro.
102
Il curatore non trova un passo preciso da citare, ma fa riferimento alla
sezione iniziale del Commentario sull’Alcibiade I di Proclo (Proclus, Sur le premier
Alcibiade de Platon. Texte établi et traduit par A. P. Segonds, tom. I-II, Les Belles
Lettres, Paris 1985-1986, tom. I, pp. 3-7). In tali pagine Proclo argomenta che
lo scopo del dialogo platonico in questione sia la conoscenza di sé a cui Socrate
intende sollecitare Alcibiade. Si può forse indicare più precisamente, all’in-
terno di tale sezione, un passo in cui Proclo sostiene che il dio Apollo, con l’or-
dine impartito di conoscere se stessi, intenda dire che chi conosce se stesso
può risalire verso ciò che è divino e unirsi al dio [scil. Apollo], che rivela la verità
nella sua interezza (Proclo, in Alcib., I, 4, 4-14). In un altro passo dello stesso
commentario Proclo spiega che l’anima umana possiede in sé tutte le ragioni
[scil. principi razionali delle cose] e le scienze, ma che le ignora in quanto presa
nel flusso del divenire. Tuttavia, tramite apprendimento e scoperta, l’anima
può vedersi qual è, ovvero pienezza di tutte le ragioni (Proclo, in Alcib., II, 187,
11-17). Questo secondo passo mostrerebbe un’anima che contiene le cause di
tutte le cose e quindi potenzialmente onnisciente, a condizione però di affran-
carsi dalla dimensione del divenire e di rivolgersi verso se stessa.
103
Il curatore osserva che tale tesi non sembra esserci nel commentario di
Proclo al Timeo platonico. In effetti, nell’enunciazione che ne dà Bergson, non
si trova – a mia conoscenza – un testo di stretta pertinenza nell’opera procliana
in questione. Qualcosa che le si può avvicinare è l’affermazione di Proclo per
cui l’anima contiene in sé tutte le cose in una modalità dianoetica (ovvero di
pensiero discorsivo) così come il Vivente totale contiene tutte le cose in modo
intellettivo e, a sua volta, l’universo le contiene in modo sensibile (Procli Dia-
dochi in Platonis Timaeum commentaria, ed. E. Diehl, tom. I-III, Teubner, Leip-
zig 1903-1096, tom. I, 448, 22 ss.). In un altro passo del commentario si dice
che l’anima dell’universo contiene tutte le cose in un modo ad essa appropriato
e che ha abbracciato in precedenza la causa di ogni cosa (Procl., in Timaeum II,
231, 29). Trattasi qui della nota tesi procliana per cui tutte le cose esistono a
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Parleremo del rapporto della filosofia di Plotino con le fi-
losofie anteriori. Che Plotino abbia tratto dalle filosofie
precedenti delle idee essenziali si ricava da una rapida let-
tura delle Enneadi. Porfirio dice che le teorie degli Stoici
e dei Peripatetici sono mescolate nei suoi scritti, e che alle
lezioni di Plotino si leggevano tutti i filosofi, soprattutto i
commentatori di Platone.104
In secondo luogo è allo stesso modo incontestabile che la
filosofia anteriore da cui fa dipendere tutte le altre è la filo-
sofia di Platone. Kirchner105 pretende che si sia ispirato ad
Aristotele ancor più che a Platone; ma riconosce che egli uti-
tutti i vari livelli di realtà (da quelli superiori a quelli inferiori), ma in una mo-
dalità unica e appropriata a ciascuno di tali livelli. Da ciò si può ricavare – in
modo implicito (come sembra aver fatto appunto Bergson) – che chi conosce
l’anima conoscerà tutte le cose, nella misura in cui l’anima le contiene tutte ed
è propria dell’anima la funzione conoscitiva di tipo discorsivo-scientifico.
104
Si tratta di Porph., VP, cap. 14, 4-5 e 10-14.
105
Già menzionato a p. <9> per aver dato eccessivo peso all’influsso di Ari-
stotele su Plotino, quindi la sua opera era stata menzionata a p. <28>, nella ras-
segna bibliografica: trattasi – lo ricordiamo – di C.H. Kirchner, Die Philosophie
des Plotin, Schmidt, Halle 1854, cui Bergson rimprovera un’impostazione rigida-
mente ideologica di hegeliana maniera. Tale studioso sarà di nuovo menzionato
e criticato da Bergson nel seguito del suo corso, quando si tratterà di confutare
l’idea che l’anima del mondo svolga dei ragionamenti (pp. <99> e <102>) o che
da essa derivi in modo diretto l’anima umana (<p. 122>). In tutti questi casi Ber-
gson rimprovera a Kirchner il fatto di aver attribuito all’anima del mondo funzioni
che appaiono solo al di sotto di essa, ovvero nell’anima umana individuale.
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fatti negli scritti di Plotino i Pitagorici sono raramente citati e soprattutto Plo-
tino non mostra interesse verso l’aritmologia e l’interpretazione simbolica dei
numeri, a differenza di altri platonici prima e dopo di lui. Del resto non è nem-
meno evidente che i Pitagorici sostenessero che i numeri sono sostanze, poiché
– se è affidabile la testimonianza di Aristotele che pure li critica – essi non con-
sideravano i numeri come sostanze separate dai sensibili (a differenza di Pla-
tone e dei suoi seguaci), bensì come componenti immanenti alle cose sensibili
(cfr. Aristotele, Metaph. M 6, 1080b16-18; 8, 1083b10-11; e N 3, 1090a22-23).
112
Si tratta di Enneade IV 7 [2], Sull’immortalità dell’anima, cap. 85 (e non
del cap. 8 come indicato dal curatore), in cui Plotino critica la concezione ari-
stotelica, ripresa sistematicamente da Alessandro di Afrodisia, dell’anima come
realizzazione (entelecheia) del corpo e sua forma inseparabile. Per un commento
di tale capitolo plotiniano, come del resto del trattato, ci permettiamo di rin-
viare a Plotin, Traité 2 (IV 7). Introduction, traduction, commentaires et notes
par A. Longo, Les Éditions du Cerf, Paris 2009, pp. 195-205.
113
Il rinvio è a Enneade VI 1[42], Sui generi dell’essere. Libro I, in cui Plotino
sottopone a critica una per una le categorie di Aristotele (quantità, relativi, qua-
lità, ecc.) e, soprattutto, considera che esse siano adatte al mondo sensibile, ma
non a quello intellegibile. La critica continua anche nei due trattati successivi:
Enneade VI 2-3[43-44], Sui generi dell’essere. Libri II-III. Per tali scritti plotiniani
si rinvia a Plotino, Enneadi VI 1-3. Introduzione, testo greco, traduzione, com-
mento di M. Isnardi Parente, Loffredo, Napoli 1994; per la critica plotiniana
alle categorie aristoteliche si veda R. Chiaradonna, Sostanza movimento analo-
gia, Bibliopolis, Napoli 2002, in particolare pp. 15-54.
114
La polemica di Plotino naturalmente si appunta su quei passi del libro
Lambda della Metafisica di Aristotele in cui si identifica il principio divino, da
cui dipende l’universo, con un intelletto che pensa se stesso (Arist., Metaph.
L, 7, 1072b13-30 e 9). Il curatore rinvia ad Enneade V 4 [7] Come dal primo si dia
ciò che è dopo il primo e sull’Uno, tuttavia tutta la quinta Enneade mostra l’intrin-
seca dualità e molteplicità della seconda ipostasi, l’Intelletto. Per Plotino invece
il principio supremo deve essere qualcosa di assolutamente semplice, l’Uno
appunto. Per uno studio approfondito di questa tematica e dell’Enneade in que-
stione si veda: Plotino. Il pensiero come diverso dall’Uno. Quinta Enneade. Intro-
duzione, traduzione e commento di M. Ninci, Rusconi, Milano 2000.
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Il curatore segnala che qui, nel manoscritto, il termine usato non è
«dialettico», bensì «didattico» (didactique). Tuttavia – a nostro avviso – ha
ragione a correggere, in quanto il seguito mostra che si tratta costantemente di
dialettica in quanto diversa dai miti e tale da portare alla teoria delle Idee.
119
Bergson sembra avere in mente soprattutto il VII libro della Repubblica
di Platone (per cui si veda la nota 86), unitamente alla teoria dei contrari nel
Fedone, 102a10-107a1.
120
Qui il riferimento è all’analogia tra il sole e il Bene, ovvero al fatto che
l’Idea del Bene è al vertice di tutte le Idee, essendo causa della loro esistenza e
conoscibilità, così come il sole è causa di esistenza e visibilità per i sensibili,
cfr. Plat., Rep. VI, 506d2-509b10.
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121
Plat., Phaedr. 259b6-c6 (come indica il curatore).
122
Plat., Rep. III, 415a1-c7 (come indica il curatore).
123
Plat., Phaedr. 246a3-b4 (come indica il curatore).
124
Si tratta, come specificato in seguito da Bergson, del mito di Er: Plat.,
Rep. X, 614b2-621b7.
125
Plat., Phaedr. 246a3-250c6: si tratta del lungo mito sulla vita dell’anima
prima di precipitare in un corpo e dopo esserne uscita con la morte di esso. Le
anime vi sono descritte come alate e tali da far parte degli undici cortei degli
dèi capeggiati da Zeus.
126
Plat., Phaed. 107d5-114c8: è il mito del destino delle anime dopo la morte
del corpo e, in tale contesto, sono fornite indicazioni di geografia ultraterrena.
127
Er è colui che racconta, come si è detto, il mito della fine della Repubblica
(cfr. nota 124); Diotima è la donna di Mantinea che nel Simposio espone la dottrina
di eros come motore di risalita per l’anima umana dalle bellezze sensibili al Bello
in sé (Symp. 201d1-212a7); Timeo è il pitagorico che racconta della produzione
dell’universo a opera del Demiurgo nell’omonimo dialogo (Tim. 29d7 ss.).
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128
Cfr. nota 124.
129
Cfr. nota 126.
130
Cfr. nota 125.
131
Cfr. Plat., Prot. 320c8-322d5, in realtà il mito riguarda la produzione di
tutti i viventi, animali ed esseri umani, e ha un taglio politico più che metafisico
o cosmogonico.
132
I cenni mitici del Menone sono quelli in cui Socrate riferisce brevemente
un racconto di sacerdoti e sacerdotesse, condiviso anche dai divini poeti (vi è
una citazione da Pindaro) circa ciò che l’anima vede e conosce nell’aldilà,
quando è senza un corpo (Plat., Men. 81a5-e2). Da notare che anche qui Socrate
preferisce porre il racconto in bocca a personaggi diversi da sé.
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133
Cfr. Plat., Tim. 34b10 ss.
134
Qui e altrove traduciamo «par hypothèse» del manoscritto francese
con «per definizione», poiché ci sembra essere il miglior corrispettivo, a livello
di significato, nella lingua italiana.
135
Qui Bergson naturalmente allude alle negazioni dell’esistenza del mo-
vimento e del divenire in generale a opera di Parmenide e Zenone di Elea, non-
ché di Melisso di Samo.
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Questi due termini, assenti in Platone, compaiono a più riprese negli
scritti di Plotino e saranno largamente usati dai platonici della tarda antichità
(V-VI sec. d.C.), che operarono nelle due sedi principali di Atene e Alessandria
d’Egitto. Infatti in Plotino il termine proodos è attestato 10 volte e quello di epi-
stroph ē 9 volte, mentre per esempio in Proclo (V sec. d.C.) il primo termine
ha più di 750 attestazioni e il secondo più di 250. Con proodos si intendeva la
«processione» di enti a partire dal loro principio e con epistroph ē il loro «ri-
volgersi» o ritorno a detto principio. Sono, nel mondo intelligibile, fasi atem-
porali e simultanee. La prima è anzitutto costitutiva degli enti, la seconda li
perfeziona e – ove possibile – li rende capaci di conoscenza.
137
Questa osservazione di Bergson ci sembra particolarmente interessante
nella misura in cui, contrariamente a quanto solitamente si crede anche nelle
ricostruzioni di storia della filosofia, il passaggio dal mito al logos non segna
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141
Enneade IV 2 [4], Sull’essenza dell’anima. Libro I, cap. 2, ll. 39-55 (come
indicato dal curatore). Ricordiamo che tale trattato apre in realtà la quarta En-
neade nei manoscritti, la sua collocazione incipitaria è confermata anche dal
Pinax e da Porph., Vita Plotini 25, 12-15. Fu Marsilio Ficino (autore di un’im-
portante traduzione latina dell’opera plotiniana pubblicata nel 1492) a posporlo
al secondo posto nell’Enneade in questione. Nell’edizione di Henry e Schwyzer
il trattato è tornato ad aprire la quarta Enneade, ma ha conservato la numera-
zione ficiniana di IV 2 (e non IV 1). Inoltre qui appare visibile la mano di Por-
firio in quanto editore degli scritti di Plotino, nella misura in cui, per ricavare
due trattati da quello che era con ogni probabilità un unico scritto, ha separato
tra loro IV 1 (IV 1 [21], Sull’essenza dell’anima. Libro II, di una sola pagina) da IV
2. Lo stesso Bergson aveva menzionato all’inizio del corso (cfr. p. <23>) tali in-
terventi porfiriani volti al raggiungimento di un numero di trattati plotiniani
(54) tali da formare 6 gruppi di 9 trattati, secondo l’aritmologia di ispirazione
pitagorica che vedeva in questi numeri un carattere di perfezione.
142
Si tratta di Plat., Tim. 35a1-4: «Dalla sostanza non divisibile e che sta
sempre allo stesso modo e da quella divisibile che diviene nell’ambito dei corpi
[il Demiurgo] compose per mescolanza una terza specie di sostanza». Qui e al-
trove le traduzioni dal greco sono mie.
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<58> Egli cita una frase dal Timeo,143 in cui si parla di una
mescolanza operata da Dio, per formare l’anima, tra l’es-
senza indivisibile e quella divisibile. Platone ci presenta tale
mescolanza come un fatto storico. Ora, a detta di Plotino, la
propria personale dottrina non è diversa. E, tuttavia, il rap-
porto dell’anima all’intelligibile in Plotino è di natura me-
tafisica: non si tratta del rapporto di un artista alla propria
opera, ma di una derivazione metafisica.144
Poni il nou`
" e l’anima segue. Così, nel Timeo, c’è un racconto
che si svolge nel tempo con dei personaggi, tutto145 vi è con-
tingente. In Plotino il processo è atemporale e metafisico. E,
tuttavia, Plotino presenta tale teoria come quella del Timeo.146
Si tratta di un caso o di un metodo d’interpretazione?
Plotino dà, III,147 un’interpretazione dei miti. Bisogna
143
Si tratta appunto di Plat., Tim. 35a1-4 (si veda nota precedente), e non
di Tim. 69d, come stranamente indica il curatore, che di fatto riporta corretta-
mente ad locum il testo di Tim. 35a1-4.
144
È questo un punto capitale che Bergson formula perfettamente circa
l’interpretazione non letteralista della demiurgia del Timeo a opera di Plotino.
145
Il curatore informa che il termine «tutto» non si trova nel manoscritto.
146
Anche questo è un punto capitale, che Bergson aveva già formulato in
precedenza (cfr. p. <49>): il fatto che Plotino non riconosca mai di distaccarsi
da Platone, anche quando in realtà ne dà un’interpretazione personale che cam-
bia il sistema filosofico nel suo complesso.
147
Enneade III 5 [50] Su Eros, cap. 9, 24-29: «Ma bisogna che i miti, se invero
saranno tali, sia parcellizzino in tempi diversi le cose che dicono sia dividano tra
loro molti tra gli enti che, da un lato, si danno insieme, e che, dall’altro, si distin-
guono per rango o poteri, allorché persino i logoi sia producono nascite di enti in-
generabili sia essi stessi dividono le cose che si danno insieme sia, dopo aver dato
un insegnamento come possono, lasciano ormai, a chi ha capito, [il compito di]
procedere a una riunificazione». Il curatore, che rinvia a questo passo plotiniano,
ne dà tuttavia una citazione parziale che rischia di travisarne il senso, poiché taglia
l’accostamento tra miti e logoi. Ricordiamo che questo trattato plotiniano è per lo
più un’esegesi del Simposio di Platone, in particolare, in quanto immediatamente
precede il testo da noi citato, Plotino ha proceduto a interpretare allegoricamente
il mito del concepimento di Eros nel giardino di Zeus ad opera di Poros e Penia in
occasione della nascita di Afrodite (cfr. Plat., Symp. 203b1-204a7).
82
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148
Enneade III 7 [45] Su eternità e tempo. Ricordiamo che per Plotino il
tempo è un prodotto della terza ipostasi, l’Anima, che lo crea simultaneamente
all’universo, essendone come il respiro e il ritmo interno.
83
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149
Rispetto alla dialettica platonica.
150
Credo che Bergson voglia dire che l’Idea in Platone rappresenti un ge-
nere nel senso che è predicabile di molte cose, di cui indica la natura (ad es. le
cose belle sono e si dicono belle in virtù della Bellezza). Non è invece scontato
che in Platone l’Idea sia un genere e non una sostanza individuale.
151
A onor del vero nella filosofia plotiniana resta aperta la questione se esi-
stano Idee degli individui (come invece qui Bergson sembra positivamente sup-
porre parlando dell’Idea dell’individuo Socrate), benché l’attitudine di Plotino
sia più aperta a tale possibilità rispetto ai suoi predecessori nell’ambito della
tradizione platonica (cfr. Enneade V 7 [18], Se esistano Idee anche degli enti indi-
viduali). Del resto, sulla scia del Parmenide (Plat., Parm., 130c1-d2) ha sempre
costituito un problema per i Platonici definire in modo chiaro e netto l’esten-
sione del mondo intelligibile, se cioè vi fossero anche Idee di enti naturali
(come essere umano, fuoco, acqua), di cose inanimate spregevoli (come capello,
fango, sporco), di cose contro natura, di artefatti, ecc. Per studi di orientamento
su questo tema rimandiamo a F. Ferrari, Esistono Forme di «kath’hekasta»? Il
problema dell’individualità in Plotino e nella tradizione platonica antica, in «Ac-
cademia delle Scienze di Torino. Atti Scienze Morali», 131 (1997), pp. 23-63;
P. Kalligas, Forms of Individuals in Plotinus: A Re-Examination, in «Phronesis»,
42 (1997), pp. 206-227.
84
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152
Il curatore informa che nel manoscritto si legge: «C’est au fond la marche
moderne», ovvero si trova marche («camminata») invece che démarche («pro-
cedimento»), come ci si aspetterebbe. E rimanda a H. Bergson, L’evoluzione crea-
trice, pp. 489-490, per l’applicazione concreta di tale modo di procedere.
85
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153
Frase chiarificatrice per capire il collegamento tra Materia e memoria e L’evo-
luzione creatrice, come due aspetti del medesimo problema, dato che la coscienza
personale è dapprima risituata nelle condizioni della vita dell’individuo (MM), in
seguito nelle condizioni più generali di tutto il sistema dei viventi (EC) [NdC].
154
Il termine francese è: esquissant, a indicare il primo disegno rudimen-
tale di un corpo tracciato dall’anima universale e che, poi, un’anima individuale
raffinerà e completerà.
155
Il curatore rimanda all’immagine dei due vestiti de L’evoluzione creatrice,
p. 493, mettendo in guardia tuttavia da conclusioni troppo affrettate rispetto
all’ultima lezione (IX) del presente corso.
86
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156
Per i rimandi testuali si veda infra la nota 158.
157
Così nel testo edito del manoscritto. Si tratta di un’indicazione erronea
visto che nella Fisica non esiste un libro N. La quasi citazione aristotelica cor-
risponde invece ad Arist., Phys., IV (D) cap. 6, 213b22-24: «Anche i Pitagorici
sostennero che il vuoto esiste e che sopraggiunga all’universo dall’illimitato
soffio (pneuma) come se [l’universo] respirasse». La menzione della posizione
dei Pitagorici si situa, com’è noto, nella sezione (capp. 6-9) in cui Aristotele
confuta le tesi a favore dell’esistenza del vuoto e conclude che esso non esiste.
158
Il curatore rimanda a Ioannis Stobaei Anthologium, ed. C. Wachsmut, O.
Hense, Weidmann, Berlin 19582., vol. IV, tom. I, p. 488. Il passo corrisponde
nei frammenti dei Presocratici alla testimonianza su Filolao 44A 16 D-K ( = Aet.
II 7, 7), e concorda con la testimonianza A 17 D-K ( = Aet. III 11, 3) in cui si parla,
sempre in contesto cosmico, del «fuoco del focolare (to pyr hestias) al centro».
Inoltre il frammento di Filolao B7 D-K ( = Stob., Anth., I 21, 8) recita: «la prima
cosa armonizzata, l’uno, nel mezzo della sfera si chiama focolare (hestia)» (cfr.
Die Fragmente der Vorsokratiker, ed. H. Diels, W. Kranz, Berlin 1951-1952). Sa-
rebbe quindi questo fuoco cosmico centrale ad aver suggerito a Plotino l’idea
di un’anima universale. La tesi attribuita da Bergson sembra dunque attendibile
in sé. Ricordiamo però che, in generale, Plotino richiama eventuali tesi di ori-
gine o d’ispirazione pitagorica direttamente sotto l’autorità di Platone, e non
sente il bisogno, come invece altri platonici prima e dopo di lui, di costituire la
coppia di autorità Pitagora-Platone (cfr. la nota 111).
87
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159
Arist., Metaph., A 5, 986a2-3.
160
Ovvero armonia e numero.
161
Si tratta di Plat., Tim., 35a1-36d7: in questo brano, per la precisione,
non c’è una definizione dell’anima, bensì la descrizione della sua produzione
tramite analogie matematiche di mescolanza delle tre componenti che sono
l’Identico, l’Altro e l’Essere.
162
Così nel testo edito del manoscritto, tuttavia si tratta di un refuso per
Tim. 35a (non 39a), dove appunto si descrive la formazione dell’anima dell’uni-
verso (si veda nota 142), mentre in Tim. 39a è questione del tempo e della sua
scansione tramite i movimenti dei corpi celesti sulle orbite dell’Identico e
dell’Altro.
88
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163
Plat., Leg. X, 896a1-2.
164
C’è un refuso nel testo pubblicato, dove si indica Plat., Phaedr., 249c e
non 245c7-d1, com’è giusto che sia.
165
Cfr. le note 160-161.
166
Questo di per sé non è scontato in Platone, dove compaiono passi che
sembrano suggerire che l’Idea sia una realtà individuale, cfr. la nota 151.
167
Arist., Metaph. A 6, 987b14-16; nel testo pubblicato c’è un refuso, infatti
si legge 987a invece che 987b, come si dovrebbe.
89
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93
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179
Cfr. Enneade IV 4 [28] Sui problemi dell’anima. Libro II, cap. 40, 27-28;
cap. 42, 1-19.
180
Notoriamente nel Sofista, dove si compie una sorta di parricidio a opera
di Platone verso Parmenide come verso colui che aveva negato l’esistenza e la
pensabilità del non-essere, cfr. in particolare Plat., Soph., 258c6-259b7.
181
«Spirito» è traduzione di Bergson («Esprit») alternativa a «Intel-
letto» per Nous in greco.
94
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182
Cfr. Enneade II 3 [52] Se gli astri producano effetti, cap. 17, 23-24.
183
Cfr. Enneade IV 3 [27] Sui problemi dell’anima. Libro I, cap. 9, 24-26.
184
Il termine éloignée «lontana» è stato aggiunto dal curatore.
185
Il curatore rimanda all’ultimo capitolo del trattato, ovvero Enneade III 6
[26] Sull’impassibilità degli enti incorporei, cap. 19, in cui si parla dell’assoluta ste-
rilità della materia. Tuttavia, se si vuole individuare comunque una qualche effi-
cacia della materia, stando all’indicazione di Bergson, si può pensare al cap. 14 in
cui si mostra a tal punto la necessità della materia per l’esistenza degli enti sensibili
che Plotino le assegna un ruolo causale nella loro generazione (in particolare ll.
34-35: «[la materia] così diventa dunque causa di generazione (aitia tēs geneseōs)».
186
Il curatore informa che a questa altezza manca una parola nel mano-
scritto. Poiché, come mostra l’articolo che precede la lacuna, la parola doveva
essere di genere femminile, forse si può pensare al termine Povertà (Penia,
«Pauvreté») a cui Plotino paragona la materia dando un’interpretazione alle-
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191
Per i rimandi alla filosofia moderna e contemporanea, qui e altrove, si
rimanda all’Introduzione in questo stesso volume.
97
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<80>
Abbiamo visto come l’anima universale generi le imma-
gini che si dispongono nello spazio e nel tempo, poiché le
immagini, per il solo fatto di essere molteplici, generano
il tempo e lo spazio. L’indefinito nel tempo e nello spazio
è semplicemente la traduzione della povertà dell’imma-
gine che cerca di appoggiarsi a un’altra immagine.
L’anima universale è quella che chiama h ejn kovsmw/o ejn
swv mati yuchv . Ma, al di sopra di quest’anima, talora egli
ne colloca un’altra in opposizione: l’anima divina, yuch;
qeiotav th.
II, 3.9:192 Il mondo è costituito di un corpo e di
un’anima, ma al di sopra <81> [c’è] un’anima che illumina
l’altra, l’anima pura, kaqarav, che, se la si unisce al mondo,
fa sì che il mondo diventi un dio. Ma se la si ritira da esso,
questo resta solo un demone.
II, 3.18:193 L’anima universale rivolta a Dio contempla
il meglio, e l’anima generale non è che l’immagine di que-
st’anima superiore e contemplativa. Ci sarebbero quindi,
secondo Zeller,194 due anime universali in Plotino, di cui
la seconda sarebbe l’immagine, la riduzione della prima.
Che pensare di ciò?
Anzitutto non si parla mai di altro se non di tre ipo-
stasi: l’uno, l’intelligenza, l’anima. – D’altro canto, se si
suppone un’anima superiore la cui funzione sarebbe uni-
camente la contemplazione, non si vede per quale aspetto
192
Enneade II 3 [52] Se gli astri producano effetti, cap. 9, 31-34.
193
Enneade II 3 [52] Se gli astri producano effetti, cap. 18, 9-13.
194
Si veda la nota 80.
98
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mondo, ma una sola, colta nel momento in cui essa sta per
uscire dall’intelligenza, e nel momento in cui essa ne è
uscita.<84> Quando Plotino contrappone l’anima divina a
quella inferiore dice che, se la prima è pura, è perché è colta
alla sua uscita dal nou`". E, II, 3.18,197 l’anima superiore ri-
ceve la qualifica di ‘celeste’ e quella inferiore è detta scatu-
rire dall’alto. Infine ci sono dei testi che dicono che queste
due anime sono degli aspetti di una medesima anima uni-
versale. V, 1.10:198 Una parte dell’anima procede nel mondo
sensibile, mentre un’altra resta in quello intelligibile. V,
2.5:199 L’anima deve essere una, senza esserlo in modo
esclusivo, altrimenti non produrrebbe una pluralità così
distante dall’unità. IV, 2.2:200 L’anima è insieme una e mol-
teplice, divisa ed indivisa. IV, 1.1; IV, 3.19; VI, 4.4; IV, 7.9.201
rapporto dell’Anima con l’Intelletto, dello stare della prima nel secondo, ma
anche del suo uscire da esso per far esistere altre realtà.
197
Nel capitolo indicato (18) non risulta esserci il termine «celeste», esso
compare invece al cap. 14: Enneade II 3 [52] Se gli astri producano effetti, cap. 14, 7.
198
Cfr. Enneade V 1 [10], Sulle tre ipostasi principiali, cap. 10, 21-23 (Plat.,
Tim., 36e3).
199
Si menziona Enneade V 2 [11], Sulla genesi e l’ordine degli enti dopo il
primo, tuttavia si tratta di un rimando impossibile, visto che il trattato in que-
stione contiene solo due capitoli e non c’è dunque un cap. 5. Il curatore non
dice nulla al riguardo. Tuttavia il rimando a tale trattato potrebbe essere impli-
cito nella misura in cui nel cap. 1 di esso si dice come l’Uno, per sovrabbon-
danza, produca l’Intelletto; come l’Intelletto produca l’Anima e questa, a sua
volta, produca gli esseri animati fino alle piante comprese. Poiché Plotino si
interroga su: «Come allora [le cose deriverebbero] da un Uno semplice, non
manifestandosi nessuna varietà né duplicità di qualsivoglia cosa?» (cap. 1, 3-
5), in modo implicito si può ricavare l’idea di una progressiva molteplicità dal-
l’Intelletto all’Anima, che può così generare il mondo sensibile.
200
Enneade IV 2 [4], Sull’essenza dell’anima. Libro I, cap. 2, 39-41; cfr. la
nota 141.
201
Enneade IV 1 [21], Sull’essenza dell’anima. Libro II, cap. 1 (cfr. la nota 141);
Enneade IV 3 [27] Sui problemi dell’anima. Libro I, cap. 19; Enneade VI 4 [22], Sul fatto
che ciò che è uno e identico si trovi contemporaneamente dappertutto. Libro I, cap. 4, 26-
32. Si tratta nei testi indicati dell’esegesi plotiniana del passo del Timeo platonico
100
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in cui si dice che il Demiurgo produsse l’anima da ciò che è indivisibile e identico,
da ciò che è altro e divisibile nei corpi, nonché dall’essere (Plat., Tim., 35a1-6). Fa
eccezione il rimando a Enneade IV 7 [2] Sull’immortalità dell’anima, cap. 9, dove non
è questione dell’indivisibilità e divisibilità dell’anima, ma del suo essere immortale
e principio di movimento/vita per gli altri enti. Del resto in quest’ultimo trattato
plotiniano non si trova una citazione o esegesi del passo timaico sopra menzionato.
101
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202
Enneade V 2 [11], Sulla genesi e l’ordine degli enti dopo il primo, cap. 1: Plo-
tino usa un’unica metafora di straripamento per indicare la derivazione del-
l’Intelletto e delle Idee dall’Uno, e dell’anima dall’essere dell’Intelletto. La
derivazione degli esseri inferiori da quelli superiori segue quindi un medesimo
processo sin dall’inizio.
203
Il curatore rinvia a H. Bergson, Saggio sui dati immediati della coscienza,
pp. 133-134; nonché alla lezione su Spinoza, in «Cours», vol. III, pp. 86-89.
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208
Il curatore compara questa espressione all’ampliamento della perce-
zione, di cui si parla in Bergson, Il pensiero e il movente, «La percezione del cam-
biamento», p. 1370.
209
Enneade IV 8 [6] Sulla discesa dell’anima nei corpi, cap. 1, 1-9; cfr. nota 95.
210
Il curatore rimanda, come testo parallelo, a Enneade VI 9 [9], Sul Bene e
l’Uno, cap. 9, del resto evocato poco dopo dallo stesso Bergson. In tale capitolo
si descrive sia l’esperienza della fusione dell’anima con l’Uno sia l’esperienza
della caduta da tale visione. Anche per tale trattato plotiniano resta fondamen-
tale l’opera di Pierre Hadot: Plotin, Traité 9. Introduction, traduction, com-
mentaire et notes par P. Hadot, Les Éditions du Cerf, Paris 1994.
105
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211
Enneade III 8 [30] Sulla natura e visione e uno, cap. 10, 31-35.
212
Enneade VI 9 [9], Sul Bene e l’Uno, cap. 9, in particolare ll. 7-11: frase di
sapore paolino in cui si dice che respiriamo e siamo conservati in vita per un
incessante dono di essere da parte dell’Uno (cfr. «In Lui infatti viviamo, ci
muoviamo ed esistiamo», Atti degli Apostoli 17, 28).
213
Probabilmente c’è un refuso nel testo, ovvero non si tratterebbe sem-
plicemente del capitolo 3 di Enneade VI 1, bensì dei primi tre trattati della sesta
Enneade, in quanto sono tutti e tre consacrati a una disamina critica delle cate-
gorie aristoteliche e stoiche da parte di Plotino: Enneade VI 1-3 [42-44], Sui ge-
neri dell’essere. Libri I-III; cfr. la nota 113. Si veda del resto, subito dopo, la
menzione di “questi tre libri”.
214
Cfr. E. Zeller, La filosofia dei Greci, III 2, Plotino, § 14, Il Nous. Bergson
critica abbastanza spesso Zeller in questo corso (manoscritto pp. 81, 91, 124,
148, 161, ecc.). Questo non gli impedisce di esserne largamente debitore... Si
veda, del resto, un’osservazione elogiativa su Zeller a proposito delle idee su
Socrate (cfr. infra nel Cahier, manoscritto p. 81). Bisogna ricordare che la base
dell’insegnamento ricevuto da Bergson in filosofia greca è costituito dai corsi
di Émile Boutroux all’École normale supérieure - di cui tre volumi (Lezioni su
Socrate, Lezioni su Platone, Lezioni su Aristotele) sono stati pubblicati recente-
mente presso le Éditions Universitaires a cura di Jérôme de Gramont. Ora Bou-
troux era stato, subito dopo la guerra del 1870, allievo di Zeller, del quale aveva
anche tradotto in francese il primo volume della Philosophie der Griechen. Sa-
rebbe peraltro interessante confrontare con cura i due metodi di Bergson e di
Boutroux nella storia della filosofia. Entrambi non separano l’erudizione dalla
speculazione. Vogliono recuperare ogni pensiero storico sia come un pensiero
vivente sia come una verità possibile, nel quadro di un dibattito in cui l’esegesi
resta costantemente dispiegata all’interno di un interrogativo di fondo. Tuttavia,
detto questo, Boutroux ha una personalità più discreta, un’attitudine più fede-
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216
Si veda la nota 78.
217
Si tratta del senso bergsoniano, si veda L’evoluzione creatrice, pp. 78 s.,
in particolare 722-723 [NdC].
218
Il termine ajntivlhyi" compare una quarantina di volte nelle Enneadi, ed
è estremamente complesso nel suo significato, in quanto difficile da tradurre
allo stesso modo in tutti i contesti. Questo spiega perché Bergson lo articoli
nelle cinque funzioni indicate nel testo. Alla lettera il termine significa «presa
reciproca o a propria volta», e, se si volesse provare a darne una spiegazione
sintetica, si potrebbe dire che indica l’atto di un soggetto che reagisce a un og-
getto a vari livelli possibili, tale reazione potendo andare dal coinvolgimento
emotivo alla conoscenza.
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219
Cfr. Enneade IV 4 [28] Sui problemi dell’anima. Libro II, cap. 19, 1-4: il
testo greco ha gnōsis, che Bergson traduce con conscience («coscienza»).
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220
Questo rimando nel testo pubblicato è strano perché in Enneade II 8 [35]
Sulla visione o come gli oggetti lontani appaiano piccoli, si parla di effetti ottici rispetto
all’occhio umano, e alla fine del secondo capitolo si menziona un esperimento
mentale per cui un occhio umano vede un intero emisfero celeste (cosa di per sé
data come impossibile), quindi non è questione dell’universo come soggetto sen-
ziente (ll. 12-18). Quello che dice Bergson si ritrova invece in un altro luogo delle
Enneadi, dove è appunto tematizzata e negata la sensazione di oggetti esterni da
parte dell’universo o con una parte di sé come organo sensore specializzato, trattasi
di Enneade IV 4 [28] Sui problemi dell’anima. Libro II, cap. 24, 17-21. Inoltre, poco
dopo tali linee, Plotino cita la frase platonica: «di occhi [l’universo] non aveva bi-
sogno», che continua significativamente con «infatti nulla era rimasto da vedere
fuori [dall’universo]» (Plat., Tim., 33c1-2). Il curatore non dice nulla al riguardo.
221
Cfr. Enneade IV 4 [28] Sui problemi dell’anima. Libro II, cap. 3, 1-6; cap.
4, 14-16.
222
Enneade IV 4 [28] Sui problemi dell’anima. Libro II, cap. 6, 2-3: «La me-
moria infatti riguarda cose avvenute e passate». Aggiungiamo quanto nota il
curatore ad locum: «Questo testo, senz’altro il più antizenoniano (nel senso
bergsoniano) di Plotino è tra quelli che possono accreditare la tesi di un’in-
fluenza di lunga data di Plotino su Bergson».
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223
Enneade V 3 [49] Sulle ipostasi capaci di conoscere e su ciò che è al di là,
cap. 3, 14. Confermiamo che il contesto riguarda un’anima umana particolare
e non l’anima dell’universo, infatti si tratta del ragionamento che uno fa ve-
dendo un uomo a distanza e chiedendosi se si tratti di Socrate.
224
Enneade IV 4 [28] Sui problemi dell’anima. Libro II, cap. 24, 21-22, tutta
la frase recita: «ma bisogna concedere un senso intimo di sé [da parte dell’uni-
verso], come anche noi abbiamo un senso intimo di noi stessi, mentre non bi-
sogna concedere una sensazione [dell’universo] riguardante qualcosa di sempre
altro da sé». Il contesto è quello della negazione di organi sensori all’universo,
che quindi non ha una sua attività sensoriale su oggetti esterni, tra l’altro ine-
sistenti, per cui si veda la nota 220.
225
Enneade IV 5 [29] Sui problemi dell’anima. Libro III, o sulla vista, cap. 5, 29-31.
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229
Qui si aprono delle virgolette di citazione nel testo pubblicato, che poi
non si chiudono e che non hanno molto senso per cui non le riproduciamo.
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Integriamo noi una negazione, altrimenti questa frase non si accorde-
rebbe con quella immediatamente successiva e si attribuirebbero tesi contrad-
dittorie a Plotino. Bergson spiega infatti che per Plotino l’intelligibile, come
oggetto pensato, ha priorità logica, sull’intelletto, come soggetto pensante. In-
vece Dio è logicamente prioritario alle sue stesse idee. Ricordiamo che fu Filone
Alessandrino (I sec. a.C- I sec. d.C.), a quel che se ne sa, che per primo propose
di interpretare le Idee platoniche come pensieri del Dio creatore del libro della
Genesi, attuando anche in questo caso una sintesi importante tra filosofia greca,
da una parte, e tradizione giudaica , dall’altra; si veda PHILO, De opificio mundi,
§ 24 con le note e l’excursus di Runia in Philo of Alexandria, On the Creation of
the Cosmos according to Moses. Introduction, Translation and Commentary by D.
T. Runia, Brill, Cologne, Leiden - Boston 2001, pp. 51 e 147-152.
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Sull’esposizione e la critica di queste concezioni si veda, a titolo d’esem-
pio, Mélanges, pp. 1056 e 1059 [NdC].
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232
Si veda la nota 151.
233
Arist., De anima, III 7, 431a 16-17 (dio oudepote noei aneu phantasmatos
h ē psych ē).
234
Si veda supra la nota 92.
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235
Enneade VI 4 [22], Sul fatto che ciò che è uno e identico si trovi contempora-
neamente dappertutto. Libro I, cap. 15, 1-16.
236
Enneade VI 7 [38] Come si costituì la molteplicità delle Idee e sul Bene, cap.
7, 8-16.
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237
Cfr. Porph., Sententiae, n. 14, p. 6, 5-14 Lamberz.
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238
Il curatore rimanda a L’evoluzione creatrice, pp. 413-414.
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Le pagine che precedono sono – se ne converrà – un documento di
prim’ordine e insostituibile per cogliere sul vivo la genesi delle tesi de L’evolu-
zione creatrice [NdC].
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