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Punto di partenza della trattazione momento in cui comincia a fissarsi l’idea di una pedagogia

come riflessione intorno al fatto educativo, e come <<disciplina>>. Il momento in cui si realizzano
le condizioni per la crescita di un atteggiamento riflessivo specifico sull’educazione coincide con
l’inizio dell’età moderna spiccato senso dell’ordine, della capacità umana di ordinare l’intero
universo ai fini dell’uomo la storia della pedagogia si basa sull’idea che la riflessione pedagogica
si identifica con il progetto antropologico ed etico della modernità in ciascuna fase di essa si
sviluppò un senso dell’educazione corrispondente alla consapevolezza che gli uomini dell’epoca
avevano raggiunto di questo progetto antropologico ed etico.
E’ necessaria una prospettiva interdisciplinaredefinita da Cives come <<mediazione
pedagogica>> suppone una concezione dei saperi pedagogici come discipline di frontiera
prospettiva più proficua anche sul piano strettamente storiografico l’orizzonte di questo lavoro è
la condizione dell’uomo contemporaneo in questo senso, il confine tradizionalmente stabilito tra
storiografia e sociologia si fa meno netto, anzi, le risultanze del lavoro sociologico possono fornire
validi spunti d’inizio per la ricerca storiografica.
la storia della pedagogia deve rientrare in un contesto di formazione che fornisca le basi e gli
strumenti per un lavoro proficuo con i più giovani ciò richiede la capacità di comprendere
criticamente il presente il progetto antropologico ed etico della modernità si basa sull’idea della
possibilità di un continuo cambiamento delle condizioni sociali, concepito come miglioramento e
trasformazione dell’esistente anche le idee pedagogiche che si sono avvicendate nel corso di
cinque secoli sono caratterizzate da questo carattere tipicamente <<moderno>> se oggi la
trasformazione passa attraverso una critica di questo stesso progetto di riforma continua, la storia
della pedagogia deve renderne conto, e concepire in questa prospettiva il proprio contributo a un
progetto di <<formazione dei formatori>> al passo coi tempi.
▪Tema centrale nella storia della pedagogia e dell’educazione occidentale: virtù e la loro
educazione per millenni essa è stata il centro dello sforzo degli educatori occidentali, tanto
nell’età precristiana (Grecia, Roma), quanto nel Medioevo cristiano, fino al secolo XVII-XVIII
si svilupparono teorie etiche che misero in discussione il concetto stesso di virtù, ed avviando una
svolta che ha portato all’etica postmoderna esaltazione dell’emotivismo e contrattualismo.
 si può quindi notare come le virtù siano state per un tempo lunghissimo l’elemento centrale tanto
della riflessione sulla morale, quanto della riflessione sull’educazione, e che la costituzione e
l’esercizio delle virtù sia rimasto l’obiettivo fondamentale della morale e della prassi educative fino
alla crisi della modernità stessa la storia di queste vicende è stata ricostruita da studiosi come
MacIntyre e Taylor le loro opere sono essenziali non solo per la storia dell’etica, ma anche per la
storia della pedagogia. MacIntyre riflessione sui presupposti sociali della morale (intesa come
<<pratica>> condivisa), che si concentra su concetti come quello di <<tradizione>> (che implica
rapporti intergenerazionali) e quello di <<comunità>> (evoca il tema del rapporto interpersonale e
l’importanza della socializzazione nel formarsi delle personalità individuali e delle identità
collettive). Taylor interpretazione della modernità come <<età secolare>> dominata dal
processo di progressiva emarginazione della religione dalla sfera pubblica, fino alla situazione
odierna l’opzione atea appare come la più <<facile>> interpretazione della modernità tra le più
feconde dal punto di vista storiografico Taylor privilegia l’analisi storiografica come via di
accesso alle <<fonti di moralità>> beni che le società umane hanno identificato come dotati di
valore, e quindi come elementi privilegiati nella <<ricerca di senso>> che costituisce la vita morale
delle persone e delle comunità prospettiva che mira a ricostruire le <<fonti dell’io>> nell’età
moderna, il modo attraverso il quale si è venuta strutturando l’identità dell’uomo contemporaneo
la comprensione di sé che ha l’uomo moderno si basa su due cardini: 1)concezione dell’identità
dell’essere umano e della sua collocazione nel mondo 2)concezione del bene entrambe
fondamentali per la vita umana e la morale nella sua ricostruzione, emerge come l’età moderna si
sia inoltrata in un percorso che ha finito per indebolire e rendere sempre più fragile tanto il senso
dell’identità personale quanto la comprensione del bene, fino alla decisiva crisi contemporanea. La
visione che sta alla base della sua ricostruzione storiografica cerca di individuare gli elementi
fondamentali di una concezione <<adeguata>> dell’io nello spazio morale fino all’età moderna
concepiti nella corrispondenza tra lo spazio della moralità e l’ordine cosmico degli esseri con
l’età moderna, questo ordine viene scardinato, a seguito della scoperta die poteri di ordine e di
controllo da parte della ragione umana sulla realtà (razionalismo e scienza sperimentale) si
diffonde un atteggiamento <<distaccato>> dell’io di fronte al mondo rafforzerà, nel ‘700 e ‘800
la percezione dell’uomo come essere dotato di una particolare dignità in virtù della sua
razionalità con Locke e Cartesio il tema della dignità dell’uomo diventa esso stesso una <<fonte
di moralità>> la morale (e quindi il significato stesso dell’esistenza) si definisce a partire
esclusivamente dai dettami della ragione umana diventa così estranea alla realtà che la circonda e
alla dimensione trascendente del reale (messa in discussione nella sua ‘indimostrabilità’ sul piano
razionale) percorso di estraniazione che procede per gradi, per almeno due secoli se per
Cartesio e Locke l’enorme potere della ragione e della volontà è frutto dell’opera di Dio e
corrisponde al suo piano provvidenziale (prospettiva ancora teistica), per gli intellettuali moderni,
ragione e volontà costituiscono l’interiorità dell’uomo stesso fondamento morale non più
teistico, ma imperniato sull’uomo come fonte dell’agire e della morale. Per Taylor, inoltre, un’altra
fonte di moralità per l’età moderna è stata la <<natura>> antico principio ontologico,
cosmologico e morale di un ordine provvidenziale che si svolge attraverso una vasta rete di esseri
legati tra loro in una compagine unitaria in vista del bene di ciascuno e del <<sommo bene>>,
secondo un ordine teologico fondato ontologicamente promozione della vita in quanto tale, e
della felicità di creature dotate di percezione e sentimenti.
1. prima fase della modernità critica dei <<riformatori>> religiosi mette in crisi l’ordine
gerarchico degli esseri e degli stati di vita, e si afferma un nuovo ordine che revoca in
dubbio la preminenza della ragione;
2. a partire dal Settecento si sottolinea la presenza dell’uomo di istanze come la sua
<<natura>> interiore, in corrispondenza con la natura esteriore organismo
teleologicamente orientato fatto di fratture spesso non ricomposte.
Ciò che è importante sottolineare è che il bene è stato riconosciuto come naturale e
autosufficiente, e la natura come un <<ordine autosussistente di esseri interdipendenti>>
l’interiorità umana assume il ruolo di via d’accesso immanente alla realtà e al bene
premesse per una visione dell’etica priva di Autore, in cui la natura stessa è riconosciuta
come fonte di moralità.
3. Rousseau nella prospettiva di Taylor, da lui si diparte tutta la riflessione pedagogica
contemporanea (questione della <<natura>> e del suo assecondamento).
L’originalità ed importanza della ricostruzione tayloriana consiste nel fatto che entrambe
le prospettive da lui delineate come quadri di riferimento per comprendere il sorgere
dell’identità dell’uomo moderno (l’<<animale>> che si autointerpreta) e la sua
autocomprensione dell’agire morale affondino le loro radici nella cristianità ad es.
-dietro la svolta cartesiana si trova l’interiorità descritta da sant’Agostino;
- la concezione meccanicistica dell’universo fu concepita all’interno di quelle correnti
teologiche di fine Medioevo che puntavano ad affermare la volontà di Dio nello svolgimento
della vita cosmica; --la concezione del soggetto distaccato tipica del razionalismo porta sul
piano dell’immanenza prerogative e attributi prima propri di Dio;
-la natura come realtà e organismo unitario deriva dall’affermazione della vita comune tipica
della tradizione cristiana e del concetto di provvidenza.
la prospettiva storiografica deve comprendere come sia stato possibile lo slittamento di
concezioni, simboli e significati verso l’immanenza e la secolarizzazione Taylor rileva
come questa trasformazione riposasse all’interno della stessa prospettiva cristiana, e
che ciò che la rese necessaria fu il fatto che all’interno della società occidentale si
diffuse la convinzione che quelle fonti di moralità potevano essere concepite in una
forma non più teistica, e che l’abbandono di questa prospettiva trascendente e religioso
era l’unica strada per cogliere la loro validità morale non bastò l’opera di singoli
pensatori a provocare questi mutamenti epocali, ma fu necessaria una vera e propria
<<osmosi>> tra l’elaborazione teorica e la vita sociale ordinaria.
È necessario invocare la dimensione transdisciplinare dello studio della storia della pedagogia ed
assumere una prospettiva <<filosofica>> sulla modernità riflettere sull’alienazione che l’ordine
della modernità provoca, a partire proprio dall’introduzione e dalla diffusione capillare di pratiche
educative. In tutti i paesi occidentali si è affacciato il dubbio sulla natura <<spersonalizzante>>
della scuola per tutti la vicenda della pedagogia del Novecento si può , forse, leggere come un
tentativo di porre rimedio a questa tendenza.
▪Uno dei problemi principali per la ricerca in ambito storico-educativo: esistono numerose
impostazioni ideali che propongono modelli educativi profondamente diversi tra loroquesta
ricostruzione storica considera come un <<punto di non ritorno>> l’attivismo pedagogico
movimento, variegato al proprio interno, detto anche dell’educazione nuova o delle scuole nuove
(del quale fecero parte figure come Dewey, Ferrière, Montessori), che cercò di liquidare la
tradizione pedagogica occidentale sulla base della consapevolezza dell’impossibilità di
un’educazione basata sul principio dell’autorevolezza dell’adulto in un’epoca in cui nessuna
traduzione e nessuna autorità in campo educativo si vedono riconosciute nel loro valore al di fuori
di un’adesione volontaria da parte dei giovani questo movimento rappresenta il punto culminante
della parabola della modernità pedagogica ed insieme il momento in cui è giunta a consapevolezza
la considerazione della crisi dell’educazione conseguenza dell’esasperata ricercata di autenticità
fine a sé stessa in cui è culminato l’individualismo contemporaneo, e che dura da decenni via
d’uscita: ripresa di quelle pratiche educative nate nel solco dell’attivismo stesso e
caratterizzate in senso compartecipato e democratico, tanto nella famiglia quanto nella scuola.
In definitiva, la riflessione sul senso della vita e sulla sua ricerca (che costituisce buona parte dei
fondamenti delle teorie dell’educazione), ha orientato l’insieme dei saperi che oggi intendiamo per
pedagogia e per scienze dell’educazione.
CAPITOLO I: LA PAIDEIA. SOCRATE E PLATONE
La società e la cultura greche diedero forma ad un modo di concepire l’educazione che è alla base
delle prime riflessioni su di essa e sulla formazione dell’uomo da quelle esperienze concrete e
dall’opera dei grandi pensatori classici emerse una visione dell’essere umano che ha influenzato
tutto il mondo occidentali. Paideia: da pais=bambino fu il processo di maturazione dell’essere
umano attraverso lo studio e la ricerca costanti della verità, e di cui la cultura esprimeva i contenuti
più validi sul piano religioso, morale, intellettuale, estetico i filosofi classici fecero di essa uno
dei principali temi della loro visione del mondo e dell’uomo la formazione dell’uomo greco
avviene in contatto con il divino presente nella realtà e nell’interiorità dell’uomo stesso tutta
l’educazione impartita dalla famiglia e dallo stato era volta a questa finalità, attraverso un percorso
che privilegiava discipline logico-espressive, ma anche la danza, il canto, le arti SCOPO
DELL’EDUCAZIONE GRECA: promuovere nei giovani lo sviluppo delle virtù intese come
<<forze>> interiori che permettono all’essere umano di agire bene e di vivere una vita buona
tutta la cultura e le doti fisiche e intellettuali devono essere rivolte a questo ideale al fine di una
armonia psicofisica per gli individui e di un benessere sociale e politico per le polis la riflessione
filosofica di Socrate, Platone e Aristotele svilupperà queste consapevolezze, dando loro una
impalcatura teorica che resisterà per millenni, e che si adeguerà ai cambiamenti sociali, culturali e
religiosi delle epoche successive.
Socrate (470 a.c): la prima problematizzazione della questione pedagogica è da attribuire a lui la
sua personalità è connessa alla sua filosofia diede vita, nel suo insegnamento, all’ideale di un
uomo capace di penetrare negli aspetti più profondi della realtà, incessantemente alla ricerca del
vero, osservando il controllo più completo su sé stesso, sulle proprie emozioni, e senza sottrarsi allo
sforzo fisico egli coltivò la fiducia nell’idea che la ragione, adeguatamente educata, possa e
debba essere il fattore più importante nel controllo di tutti gli aspetti della vita umana.
Socrate appare nei dialoghi platonici non avere alcuna paura della morte, neppure di quella
ingiusta condannato per aver <<corrotto>> i giovani con i suoi insegnamenti <<empi>> dagli
Ateniesi che non avevano compreso il suo messaggio, entrerà nella storia della cultura occidentale
come esempio di una ricerca della verità che non cede a compromessi l’ideale socratico è
alimentato dalla convinzione che una volta riconosciuta la virtù, sia impossibile non agire
virtuosamente fondamentale per stabilire quel nesso tra virtù e conoscenza che giustificherà
per secoli il discorso pedagogico, alla luce della convinzione che virtù e conoscenza non possano
stare l’una separata dall’altra. Socrate attribuisce la massima importanza a domande su cosa sia il
coraggio o la pietàse si riuscisse a rispondere a queste domande, si disporrebbe di tutto ciò che
occorre per vivere una vita buona l’atteggiamento intellettuale socratico è caratterizzato dalla
volontà di superare le apparenze e di ricercare le verità più profonde, anche a costo di mettere in
crisi credenze consolidate o di essere costretti a riconoscere la propria <<ignoranza>>.
egli è ricordato nella storia della filosofia come uno spartiacque spostò l’attenzione dalla
natura all’uomo stesso, attraverso un metodo di indagine caratterizzato dal dialogo tra interlocutori
paritari, alla ricerca della verità autentica, in un processo indefinito nelle sue conclusioni (spesso
definite come irraggiungibili ironia nei confronti delle verità solo apparenti dei suoi interlocutori,
ed anche di sé stesso, incapace di giungere a conclusioni definitive su nulla).
i dialoghi platonici esprimono lo spirito del metodo socratico, sebbene non siano resoconti fedeli
di ciò che Socrate disse tuttavia:
 nei primi dialoghi platonici, in cui Socrate insiste nel dichiarare di non avere risposte
soddisfacenti alle questioni che egli stesso pone, Platone intende offrire un’immagine
aderente a quella del Socrate storico;
 nei dialoghi della fase centrale dell’opera platonica e in quelli tardi, Socrate offre risposte
sistematiche a quelle stesse questioni qui Platone avrebbe usato il personaggio per
presentare concezioni che in gran parte erano sue personali (anche se sviluppate attraverso
l’impiego del metodo socratico);
 Apologia dialogo che riporta il discorso tenuto da Socrate di fronte al tribunale Socrate
qui insiste nell’affermare di aver dedicato la propria vita a una questione sola a come egli
e gli altri suoi concittadini potessero diventare uomini buoni.
Le questioni che Socrate pone agli interlocutori sono poste nella speranza di acquisire una maggiore
saggezza e conoscenza attraverso il dialogo IMPORTANZA DEL METODO DIALOGICO
NELL’INSEGNAMENTO SOCRATICO-PLATONICO fondamentale per lo sviluppo della
riflessione sul rapporto educativo tra maestro e discepolo.
•Anima in Socrate: essenza autentica dell’uomo l’uomo è, nella sua essenza, un essere
spirituale da questa scoperta deriva anche il nuovo significato attribuito alla virtù cura
dell’anima in questo modo Socrate può elaborare una vera e propria nuova tavola di valori etici
che servirà ai suoi seguaci (specialmente a Platone) per costruire le fondamenta di una riflessione
sulla morale in cui la questione della giustizia diverrà preminente.
•Concezione del metodo della ricerca: definita da Socrate <<maieutica>> il maestro
<<estrae>> dall’allievo la verità che è in lui la maieutica mette in discussione le fondamenta della
concezione sofistica del sapere e dell’educazione, stabilendo l’esigenza di verità come elemento
essenziale dell’insegnamento e dell’apprendimento tutta la conoscenza, se autentica, è un
rispecchiamento della verità, e richiede una purezza d’animo e la disponibilità ad un esercizio
intellettuale e morale che non ammette compromessi.

Platone: La parabola esistenziale di Platone procede dall’interesse per la vita politica (ad Atene e
Siracusa, dove coltivò un sogno di società giusta, che domina anche la sua prospettiva filosofica)
dopo il fallimento del tentativo, egli si dedicò esclusivamente all’insegnamento della sua filosofia.
Anche la vita di Platone sarà caratterizzata dalla ricerca della verità e della giustizia, in chiave
politica, nel governo degli uomini ciò esporrà anche lui in due occasioni a rischiare la vita e a
salvarsi con molta difficoltà. Concezione dell’uomo: come Socrate, è convinto che l’uomo sia un
essere spirituale anima divisa in 3 parti distinte:
1. concupiscibile sede dei desideri e volta al soddisfacimento di essi;
2. irascibile sede del coraggio e della fortezza, e volta a proteggere l’individuo nelle
difficoltà e nei pericoli;
3. razionale dovrebbe governare le prime due
La Repubblica: opera principale di Platone che compendia l’intera filosofia platonica, nonché la
principale esposizione delle sue vedute sull’educazione in essa Platone pone continuamente ai
suoi lettori il problema della giustizia descrive la società ideale articolata in 3 classi: produttori,
guerrieri e governanti-filosofi corrispondenti alle 3 anime dell’uomo uno dei grandi capitoli
della pedagogia platonica è proprio l’educazione di queste 3 classi di cittadini:
 produttorinon meritano grande attenzione viste le loro funzioni (le più basse secondo il
filosofo), i loro bisogni (di natura meramente materiale), e il loro ruolo nello stato
(produzione e consumo di beni è la funzione più bassa ed elementare).
 le altre due classi devono ricevere una formazione specifica i futuri guerrieri-custodi
devono essere attentamente osservati e sottoposti ad un rigoroso addestramento, volto
soprattutto a sviluppare le virtù necessarie in battaglia; i filosofi, che avranno il compito di
reggere le sorti della repubblica, richiedono un addestramento più lungo (che dura
addirittura fino alle soglie dei 50 anni), curato non soltanto sotto il profilo intellettuali, ma
con un’attenzione allo sviluppo globale della personalità, del corpo e dello spirito.
in Platone c’è un costante parallelismo tra la visione politica e quella antropologica 
la costruzione dello Stato ideale corrisponde alla costruzione della città interiore
dell’anima il mito della caverna, insieme a quello della biga alata, rappresenta in questo
senso l’indole e il messaggio dell’opera platonica si affida alla narrazione di <<miti>>
nella rappresentazione delle parti più rilevanti del suo pensiero, per mostrare che non è
possibile dimostrare le verità più profonde tuttavia, esse non vanno trascurate.
Mito della caverna: gli uomini sono rappresentati come vittime di una cecità dalla quale possono
emanciparsi pochi individui (i filosofi) che hanno il coraggio di avventurarsi al di là delle apparenze
e delle mere opinioni essi hanno il dovere morale, una volta ‘illuminati’ dalla verità, di
richiamare i loro simili all’emancipazione dall’errore, necessaria per una vita degna d’essere
vissuta.
Mito della biga alata: rappresenta le 3 anime come una biga trainata da due cavalli, uno bianco e
uno nero, che attraversa i cieli guidata da un cavaliere cavallo nero: simbolo dell’anima
concupiscibile, tende verso il basso; cavallo bianco: simbolo dell’anima irascibile, verso l’alto il
compito del cavaliere (l’anima razionale) è quello di tenere entrambi in linea per far procedere la
biga nella direzione giusta.
Importanza della prospettiva platonica in ambito pedagogico essa ha definito, nel Fedro e nel
Convito, forse per la prima volta nella storia del pensiero occidentale, la formazione come un
fenomeno individuale e personale da questi dialoghi emerge la convinzione che la formazione
umana abbia un carattere spirituale (non soltanto intellettuale) e richieda lo sviluppo della vita
interiore in un ambiente adeguato in questo senso l’Accademia, scuola di formazione filosofica,
che ebbe una storia di 8 secoli, rispondeva a questa esigenza.
Platone condivide con Socrate la convinzione che il grande bisogno dei suoi tempi sia la
formulazione di un nuovo ideale di vita (specialmente sul piano etico) che colmi il vuoto
formato dal rifiuto della convezione tradizionale dell’antica morale greca da parte del nuovo
individualismo, portato dalla vita mercantile e dalla cultura sofistica ad Atene come Socrate,
crede che questo nuovo modo di vita debba essere basato sulla verità universale raggiungibile da
parte di ogni uomo con la sua intelligenza la virtù, secondo Platone, consiste nella
conoscenza richiede sforzo da parte dell’uomo, perché la vera conoscenza è posta in contrasto
dialettico con la semplice opinione (erronea e portatrice di mali per la società umana).
Platone poi, a differenza di Socrate (che si limitò a questa formulazione di un ideale
dell’educazione e della vita e si accontentò di sviluppare la capacità di raggiungere una tale
conoscenza nei pochi allievi diretti), portò la sua ricerca molto più lontano egli accetta ed
elabora la dialettica di Socrate (discorso continuo tra uomini che cercano la verità, ma anche
dialogo interiore con sé stessi), ma considera che il desiderio di un bene supremo, di
raggiungere la conoscenza più elevata, possa trovarsi solo in pochi esseri umani per lui,
questa visione della verità eterna è una sorta di <<senso delle idee>>, di intuizione impostazione
di segno politicamente conservatore in effetti, il suo schema ideale tratteggia una sorta di governo
aristocratico nella sua repubblica ideale, i filosofi devono essere i legislatori.
Filosofo per Platone: colui che conosce il bene più alto, ed il solo che può determinare fino a che
punto l’esistenza fenomenica si avvicini all’idea, e dunque riesca a raggiungere il bene la società
deve essere organizzata su basi nuove, in modo che i filosofi controllino e dirigano le attività e le
relazioni nella società l’educazione dovrebbe avere per scopo lo sviluppo di questo senso delle
idee in ogni individuo, e dovrebbe preparare a dirigerlo (attraverso la guida dei filosofi) alla
realizzazione di quei doveri che per natura ognuno deve soddisfare La Repubblica (dialogo sulla
giustizia) è l’esposizione platonica di una società ideale conforme a questi requisiti l’anima
dell’uomo è distinta in 3 parti (anima razionale alla quale corrisponde la virtù della prudenza;
anima irascibile virtù della fortezza; anima concupiscibile virtù della temperanza) quando,
nella vita dell’uomo, l’anima razionale controlla le passioni e i desideri pienamente, le azioni sono
controllate e virtuose, e le passioni sono alleate dell’intelletto, allora le virtù di ciascun individuo
sono sviluppate al massimo grado e la giustizia dirige la vita personale e collettiva lo stesso
dovrebbe accadere anche nella società anch’essa divisa in 3 classi filosofi, dediti alla ricerca
della conoscenza, la cui virtù è la saggezza; guerrieri, dediti alla difesa della repubblica, la cui virtù
è la fortezza; lavoratori, dediti alla produzione e al commercio, la cui virtù è la laboriosità per il
benessere della comunità se la classe dei filosofi governasse, la classe dei guerrieri proteggesse la
città in accordo alle direttive dei filosofi, e la classe dei lavoratori obbedisse e desse sostegno alle
altre due, allora si raggiungerebbe la giustizia sociale far parte di queste classi non è una
questione di nascita le classi della repubblica platonica sono caratterizzate da una selezione
continua in base alle doti e ai meriti di ciascuna persona un sistema educativo che individua e
sviluppa le qualità degli individui al fine di inserirli nella classe per cui sono naturalmente adeguati
permetterebbe di raggiungere pienamente la virtù negli individui e la giustizia nella società.
▪Educazione: è così investita di una responsabilità sociale molto più ampia e profonda rispetto a
prima l’educazione dei bambini e dei giovani (periodo che va dall’infanzia fino alla fine
dell’adolescenza) è delineata ne La Repubblica con caratteri simili a quelli dell’Atene di Platone
ginnastica e musica sono la sua sostanza principale l’educazione più elevata è distinta in 2 fasi:
1. periodo dello studio scientifico tra i 20 e i 30 anni d’età include materie come
aritmetica, geometria, musica e astronomia;
2. periodo dello studio filosofico successivo al periodo scientifico, dura 5 anni studio della
dialettica.
Prima formulazione di un curriculuum di studi rimasto in vigore fin quasi ai nostri giorni
ideale educativo <<liberale>> rivolto alla formazione di uomini liberi, autonomi, non asserviti al
volere altrui, e partecipi al destino della polis.
▪Leggi: altro capolavoro pedagogico di Platone carattere molto più angusto e conservatore
rispetto a La Repubblica ideale educativo che sembra voler tornare alle esperienze e ai valori
della Grecia più antica, e una forma di governo che si avvicina alle monarchie mitiche dei primi
tempi della storia greca.
L’importanza degli scritti di Platone sull’educazione deve essere ricercata nei principi fondamentali
riformulati dal filosofoPRINCIPIO ETICO FONDAMENTALE: ciascun individuo dovrebbe
dedicare la vita a ciò per cui egli è disposto per natura:
 perseguire il bene
 raggiungere il massimo compimento di sé
 portare a compimento il proprio compito nei confronti della società
L’educazione deve dunque determinare ciò che per ciascun individuo è naturalmente più portato, ed
orientarlo a questo fine nel servizio del bene comune egli inoltre prevede la stessa educazione
tanto per le donne che per gli uomini.
La Repubblica deve essere considerato uno dei più importanti trattati pedagogici egli ha
influenzato l’educazione dei secoli successivi, preparando la strada alle prime espressioni
dell’ideale educativo della Chiesa cristiana analogie: nella Repubblica i filosofi appaiono al di
fuori del rango dei cittadini, ed in effetti, con l’organizzazione delle scuole filosofiche, apparve
un’istituzione in qualche modo <<esterna>> allo Stato, persino alla società far parte di queste
scuole finì per essere considerato particolarmente degno per le aspirazioni degli uomini migliori
quando la religione cristiana fu introdotta nell’Occidente, essa fu scambiata come un’altra di queste
scuole, con ideali di condotta nettamente differenti dai costumi sociali diffusi il tipo di vita
proposto dai cristiani si considerò come superiore alla vita dei cittadini ordinari o di diverso
orientamento morale e religioso.
CAP II- LA PAIDEIA E IL SISTEMA ARISTOTELICO
La filosofia aristotelica fu assunta durante l’epoca medievale come punto di riferimento di ogni
sapere la rilevanza pedagogica di Aristotele deriva dall’enorme influenza da lui esercitata sulla
filosofia dei millenni successivi egli fu precettore di Carlo Magno.
Visione dell’uomo e della società: molto più realistica e disincantata di quella platonica egli
giustifica la schiavitù come un dato di fatto e di necessità filosofare è un’attività per pochi uomini
liberi e dotati delle attitudini necessarie. Non vi è nessuno slancio utopistico nel sistema aristotelico,
né tensione dialettica tra essere e dover essere. Ciò che ha reso grande la conoscenza del pensiero
aristotelico è la sua sistematicità, e la vastità della rappresentazione del mondo che propone
la sua filosofia fu considerata la più completa e sistematica esposizione del sapere scientifico
posseduto dall’umanità classica e medievale compendia tutte le conoscenze sul mondo, sulla
natura, sull’uomo, sulla divinità che erano state acquisite dai Greci nel corso dei secoli visione
dell’uomo e del mondo articolata e complessa.
Filosofia per Aristotele: non era un sapere a sé, quanto piuttosto la ricerca dei fondamenti di tutti i
saperi in questa prospettiva assumeva un ruolo primario la logica( per il suo apriorismo astratto
diverrà il primo obiettivo polemico delle scienze sperimentali nell’età moderna) articolata intorno
alla nozione del sillogismo struttura basilare del ragionamento la sua autoevidenza ha condotto
gli aristotelici ad essere insensibili alle esigenze dell’evidenza empirica e sperimentale, rendendo
quindi la logica un ostacolo all’avanzamento del sapere.
Logica: essa ebbe un vasto influsso anche in campo educativo all’inizio del Medioevo divenne
uno dei pilastri dell’insegnamento superiore ad essa venne dedicata una serie di scritti raccolti
sotto il titolo Organon ad indicare il carattere strumentale della logica per tutta l’attività
d’indagine (fisica, scienza del vivente, psicologia ricevettero da Aristotele una trattazione che
rimase imperante a lungo). Alle varie trattazioni dedicate alla descrizione del reale faceva seguito
l’esposizione della metafisica disciplina su cui si reggeva l’intero sistema aristotelico (è la
disciplina che studia l’essere) il nome è dovuto alla collocazione dell’opera dopo quella dedicata
alla fisica.
Teologia cristiana: caratterizzata da un grande confronto (che fu anche un dissidio) tra l’influenza
esercitata da Platone e quella esercitata da Aristotele tuttavia, dal momento in cui si affermò il
metodo scolastico ed il sistema universitario medievale, l’aristotelismo cristianizzato divenne la
forma ortodossa del pensiero e della cultura europei il prevalere di Aristotele fu dovuto a
diversi fattori, tra cui il fatto che egli offriva la possibilità di concepire il mondo e l’uomo in
una forma compatibile con la rappresentazione cristiana, armonizzando le esigenze della
ragione con la fede.
Metafisica aristotelica: vi si trovano i concetti fondamentali di quello che sarà il nucleo della
rappresentazione scolastica del mondo e della teoria dell’educazione cristiana materia e forma,
potenza e atto consentono ai teologi cristiani di leggere l’universo in coerenza con l’attività di
Dio creatore e redentore. Ogni essere è destinato ad una crescita che dia sviluppo ed armonia
alle sue risorse interiori, che altrimenti rimarrebbero ad uno stato grezzo (materia), se non
passassero dal loro stato di immaturità (potenza) ad una piena esplicazione di ciò che è in loro
(atto) tutto ciò è possibile, sul piano cosmico, soltanto attraverso l’opera di Dio RISVOLTO
PEDAGOGICO: il bambino assume progressivamente la propria identità e sviluppa le sue
potenzialità passaggio dalla pura potenzialità (incompleta e imperfetta) ad un’attuazione di sé
(che esprime pienamente la personalità dell’uomo).
Si è discusso molto, nell’ambito degli studi storico-filosofici, del rapporto tra la metafisica platonica
e quella aristotelica concepita da molti come de vie divergenti che daranno vita a sistemi
concettuali distinti e talvolta contrapposti nella storia del pensiero cristiano, invece, queste due
strade sono state accostate sulla base di un elemento messo in evidenza da Tommaso d’Aquino: Se
Platone aveva concepito il mondo della materia e quello delle forme come separati, e potenza e atto
come paralleli tra loro, Aristotele scopre che queste realtà ontologiche convivono sullo stesso piano
e nello stesso mondo sensibile. Il ruolo della divinità, in entrambi i casi, è quello di armonizzare i
contrasti e le contraddizioni, per indirizzare la realtà a divenire ciò che è il suo destino di
maturazione e di pienezza
Assimilazione cristiana del pensiero aristotelico: avviene attraverso un’integrazione in:
1)campo ontologico la concezione di Dio è integrata con il dato biblico Dio è anche persona, e
la creazione degli esseri viventi non avviene attraverso un processo di subordinazione, ma in vista
di una diffusione del bene attraverso l’universo stesso.
Etica Nicomachea: principale tra gli scritti aristotelici dedicati alla morale Aristotele sostiene che
il fine essenziale dell’essere umano, e il suo bene più alto, è la felicità l’argomentazione è molto
significativa dal punto di vista pedagogico, perché la diretta conseguenza della definizione del bene
come e fine e come oggetto principale dell’agire umano implica l’esigenza che tutti gli uomini siano
educati in vista della ricerca del bene autentico di fronte alla varietà estrema dei beni possibili e di
quelli disponibili l’agire morale è orientato in base all’educazione ricevuta dovrebbe
corrispondere al buon senso di cui ogni uomo è dotato e che dovrebbe permettere il riconoscimento
intuitivo del bene. L’etica aristotelica cerca di definire i principi che consentono di riconoscere
il bene una volta acquisito, permette il perseguimento della felicità  bene e felicità si
richiamano a vicenda la felicità è il fine dell’agire, e il bene è il mezzo attraverso il quale la
felicità è possibile DIFFICOLTA’: nella vita pratica, la molteplicità di impulsi cui l’uomo è
soggetto, e la varietà dei beni esteriori, portano l’uomo a perdersi, fare scelte sbagliate, o inseguire
la felicità laddove non è possibile trovarla.
Altra caratteristica dell’etica aristotelica: rifiuto dell’intellettualismo estremo (caratteristica
dell’etica socratico-platonica) la vita morale non dipende dall’adeguatezza della conoscenza, ma
dalla costituzione pulsionale e affettiva dell’essere umano la responsabilità etica non è della
società e della cultura, ma dei singoli individui la volontà individuale può governarsi attraverso il
buon senso anche quando quest’ultimo venisse a mancare nella società è però vero che la vita
buona è possibile quasi soltanto all’interno di una società buona.
Riflessione politica sulla forma di governo migliore: è necessario curare l’intero contesto della
città per sperare che anche i singoli individui possano essere in grado di vivere secondo le esigenze
della vita morale per Aristotele è necessario che l’uomo intenzionato a vivere una buona vita
fruisca dei beni che sono a sua disposizione senza eccedere, né rinunciare oltre il dovuto ad essi (la
cosiddetta dottrina del <<giusto mezzo>>).
Virtù: concetto fondamentale dell’etica aristotelica capacità di compiere l’azione adeguata nella
situazione e nel momento adeguati tra le virtù ci sono la prudenza, la fortezza, la temperanza, la
giustizia tutte sono caratterizzata dalla capacità di vivere evitando gli eccessi di ogni tipo ogni
virtù avrebbe il vizio ad essa corrispondente RAPPRESENTAZIONE DELLA VITA MORALE
BASATA SU UNA SCELTA SOSTANZIALE TRA VIRTU’ E VIZI a differenza di Socrate e
Platone, la scelta tra virtù e vizi non dipende dalla comprensione intellettuale di ciò che è il bene e
ciò che è il male, ma dall’esercizio la virtù è un costume e si acquisisce con l’esperienza.
La filosofia aristotelica è caratterizzata dalla consapevolezza che l’essere umano non è puro
intelletto, né una natura esclusivamente spirituale è un essere la cui natura è formata di
materia, e richiede un governo non facile, la cui responsabilità è attribuita al singolo individuo
(attraverso un’adeguata formazione) l’etica aristotelica ha formato le coscienze per circa 2
millenni quando si consumò lo scisma delle Chiese protestanti, la morale insegnata dai pastori
delle nuove confessioni evangeliche fu sostanzialmente quella delle virtù e dei vizi di Aristotele
l’importanza pedagogica di questa prospettiva risiede anche nell’indicazione di un obiettivo chiaro
per l’insegnamento l’obiettivo della formazione non è la trasmissione di cultura, o la
preparazione ad un mestiere, ma lo sviluppo delle virtù essenziali per la vita morale e mentale, unite
all’agire pratico della persona. Aristotele distingue le virtù dianoetiche della fronesis e della sofia
reggono, rispettivamente sul piano pratico e su quello conoscitivo, l’intera vita umana esse
rappresentano la fortezza e la saggezza (fondamentali per la vita buona). Aristotele si colloca a
cavallo tra la fine dell’età classica e l’inizio di quella ellenistica il tramonto della polis di fronte
all’assolutizzazione del potere nelle mani di Alessandro il Macedone induce Aristotele da un lato a
riconsiderare il tema della migliore forma del governo in una prospettiva molto realistica e
descrittiva, e dall’altro a ripensare l’etica nella prospettiva di un agire all’insegna dell’autonomia
morale. Il problema della morale è quello di riconoscere il carattere dei diversi beni e l’ordine
gerarchico che vige tra loro ogni essere è un bene in sé, ma questo carattere è in stretta
connessione con la situazione contingente del soggetto cui spetta il compito di riconoscere i beni
da perseguire come vie per la propria felicità quest’etica sfocia, dunque, nell’affermazione di una
questione educativa prioritaria che si configura come educazione alle virtù da avviare già
nell’infanzia e da proseguire nell’adolescenza, in un contesto sociale favorevole.
Grecia classica: era fiorente da secoli un insieme di pratiche educative che, dopo i primi anni di
vita dei bambini (affidati alle cure materne e domestiche), vedevano il passaggio dei giovani
attraverso un insieme di istituzioni che non avevano ancora l’aspetto della scuola propriamente
intesa (sono i Romani a dare alla scuola aspetto di istituzione a se stante) il concetto di
curriculum prevedeva una presenza forte di discipline artistiche (danza e musica), che i Greci
consideravano essenziali per lo sviluppo armonioso della persona, insieme agli studi letterari e
scientifici visione dell’uomo che i Greci indicavano con il termine paideia (che definiremmo
<<olistica>>) essa si rivolgeva alla crescita equilibrata di tutte le facoltà, ed aveva il fine di
mettere l’essere umano con le sfere più elevate della realtà, con il divino, con ciò che di più nobile
era considerato far parte della vita umana la concretizzazione dell’ideale educativo di Aristotele
si può cogliere nel Peripato (o Liceo) formazione di altissimo livello riservata a pochi
privilegiati e selezionati, privi di necessità materiali, e quindi in grado di dedicare tutto il loro tempo
a studi estremamente impegnativi ideale aristocratico che giungerà fino al cristianesimo quasi
intatto. Influsso culturale di Aristotele: parzialmente offuscato dal successo di altre scuole
filosofiche (stoicismo prima di tutto) presenza ripresa in pieno Medioevo e riconosciuta come il
principale strumento di comprensione e ricerca del mondo in età moderna l’aristotelismo divenne
l’emblema del sapere <<dogmatico>>, opposto alla ricerca libera e all’evidenza sperimentale
(tendenza ostile che prevalse durante il periodo illuministico) il discredito in cui cadde la filosofia
aristotelica dal momento in cui le nuove scienze osservative e sperimentali la confutarono su
questioni essenziali non impedì che continuasse a resistere un interesse storico e teoretico nei suoi
confronti in effetti, in campo pedagogico si possono menzionare studiosi novecenteschi (es
Livingstone) che hanno tratto numerosi spunti dalla sua opera per analizzare le problematiche
educative contemporanee il Novecento è stato il secolo in cui si è registrato un rinnovato
interesse nei confronti di Aristotele, soprattutto nell’ambito della filosofia pratica ripresa della
teoria delle virtù ha influenzato il dibattito sull’etica negli ultimi 30 anni circa.
CAP III- IL CRISTIANESIMO E L’EDUCAZIONE: SANT’AGOSTINO E SAN
TOMMASO
Il cristianesimo ha una valenza pedagogica in quanto pone al centro della sua attenzione il problema
della formazione dell’uomo i primi fedeli furono infatti dei convertiti nella prassi della Chiesa
primitiva un posto di rilievo fu la formazione dei catecumeni, ossia coloro che avrebbero dovuto
ricevere il battesimo dopo un’adeguata istruzione sui contenuti della fede questo interesse
pedagogico si sviluppò ulteriormente nel contatto col il mondo e la cultura classici il problema
dell’educazione è da questo momento in poi visto nella prospettiva della salvezza integrale della
persona presupposto: natura dinamica dell’esistenza umana la persona umana è un essere che
vive nel tempo e cresce, prende forma la fede, allora, cresce nel tempo insieme alla persona
esistenza umana come percorso di crescita interiore (sul piano fisico psichico e spirituale) il
cristianesimo a questo proposito riprende la visione <<classica>> (soprattutto platonica) dell’essere
umano anima come <<forma>> del suo stesso organismo psico-fisico i temi portanti della
spiritualità e della morale cristiane saranno nel Medioevo (e per un lungo tratto dell’età moderna) le
fonti principali dell’educazione occidentale.
Famiglia: valorizzata nella sua funzione sociale di ambiente educativo privilegiato i rapporti tra i
coniugi si pongono su basi diverse rispetto alla civiltà greco-romana figura materna ha un valore
più importante che in passato la famiglia è una <<prima società>>, sul della famiglia di
Nazareth questo ruolo della famiglia è strettamente associato, nell’educazione, a quello
dell’intera comunità dei credenti Chiesa come dimensione costitutivamente comunitaria
Primi secoli: i cristiani non si posero un problema specifico a proposito della scuola e del
curriculum culturale, perché la formazione dei figli avveniva nell’ambito della famiglia e delle
comunità quando però entrarono a farne parte anche famiglie patrizie, ricche ed influenti si pose
la questione di quale istruzione fornire, e quale rapporto potesse darsi tra fede cristiana e cultura
classica la questione fondamentale per le prime comunità cristiane fu quella della testimonianza
della propria fede i problemi sorsero nel momento in cui i giovani cristiani cominciarono a
frequentare le scuole pagane la questione era la legittimità di una istruzione che esprimeva una
cultura immorale agli occhi dei cristiani gli dei dell’Olimpo pagano erano dotati di tutti i vizi, e la
mitologia appariva come seria minaccia per l’integrità della fede e della vita morale dei giovani
cristiani il contrasto tra cultura pagana e quella cristiana fu risolto nell’incontro con il
pensiero filosofico classico conteneva una critica della mitologia e della poesia mitologica gli
intellettuali cristiani cominciarono allora a concepire il cristianesimo come religione dotta, filosofia
autentica, compimento di un sapere che nel paganesimo non era stato possibile raggiungere a causa
delle impalcature mitologiche.
Rapporto tra cristianesimo e cultura classica: rapporto di confronto filosofico e teologico:
1. il cristianesimo adotta le categorie della razionalità filosofica costruendo così una
pedagogia che si alimenta del progetto educativo descritto nell’opera e nella scuola
filosofica platoniche;
2. la cristianizzazione delle scuole pagane fu un momento decisivo nello sviluppo della
pedagogia cristiana i cristiani modificarono il contenuto delle scuole romane tradizionali
Sant’Agostino: Tra la fine del IV e l’inizio del V sec. egli fece la prima sistemazione teorica al
riguardo dell’educazione nel De magistro appare per la prima volta la questione del rapporto tra
maestro e discepolo, e di ciò che si può definire come <<didattica>>.
In Agostino è centrale il tema della <<terza navigazione>> visione della verità che implica un
percorso non solo conoscitivo, ma d’amore la vita intellettuale non è mai disgiunta da quella
affettiva e morale tutto l’essere umano è desideroso d’amore, ed è l’amore stesso che il singolo
uomo cerca nella sua esistenza la verità è Dio e Dio è amore l’uomo porta a compimento se
stesso nell’amore lo fa simile a Dio e capace di trovare la veritàla ricerca esistenziale
dell’uomo è una <<navigazione>> al di là dell’apparente che coincide con una vita vissuta
nell’esercizio dell’amore. Il cristianesimo agostiniano è fondato su una visione personalistica
dell’essere umano tipica della fede questo lo porterà a scrivere la prima autobiografia
propriamente detta Confessionidialogo fiducioso e continuo con Dio, meditazione sul senso
della vita nella prospettiva della visione cristiana della verità e del mondo, della creazione e della
redenzione l’antropologia cristiana è caratterizzata dalla consapevolezza che la descrizione della
natura dell’uomo non esaurisce la ricchezza e la profondità della persona umana, immagine di Dio.
Riflessione di Agostino sulla Trinità divina: la relazione con l’altro è alla base sia dell’identità
della Persona divina, sia della persona umana carattere relazionale dell’essere umano uno degli
aspetti più originali del pensiero e della cultura cristiani (molto più che nelle scuole filosofiche
<<classiche>>) l’analisi del rapporto tra maestro e discepolo mette in rilievo il carattere
relazionale dell’opera educativa l’educazione è innanzitutto un rapporto tra persone, a
prescindere dagli altri caratteri che può avere sul piano sociale.
Problema della catechesi e della pastorale (V sec) : problema a cui è dedicata un’altra opera di
indole pedagogica del corpus agostiniano la catechesi per Agostino deve rivolgersi a tutti per
poter essere effettivamente una guida per la vita ogni uomo deve raggiungere la verità e la
felicità, e la dottrina deve essere espressa in modo adeguato a questa ricerca universale Agostino
pone così una preoccupazione pastorale.
Punto di partenza di tutta la riflessione agostiniana: la ricerca umana è desiderio del bene
soltanto esso può permettere di raggiungere la felicità autentica l’educazione deve essere
orientata quindi a rendere i giovani consapevoli del legame tra la verità, il bene e la felicità essa è
ricerca del senso della vita attraverso il perseguimento del bene più grande ed autentico Dio.

Importanza di Agostino:
1. sviluppò con precisione la nozione costitutiva si sacramento e diede a quello di penitenza
una base solida e coerente;
2. a lui si deve inoltre la distinzione chiara tra precetti e consigli, tra peccato mortale e peccato
veniale;
3. elaborò la dottrina della grazia, della predestinazione , e della vita soprannaturale
La città di Dio: ultimo e forse più grande capolavoro agostiniano frastornato dal sacco di Roma
(410), il mondo si chiedeva se non fosse stato il rifiuto cristiano degli antichi dei il responsabile di
quella rovina Agostino, in questa che può essere considerata la prima teoria dello Stato, fonda la
stabilità della città eterna di Dio, contrapponendola a tutto il mondo transeunte Agostino dunque
sposta il centro di gravità della cristianità da Oriente a Occidente da quel momento in poi la
cristianità occidentale parlerà la lingua latina egli
a) salvò il patrimonio culturale (soprattutto filosofico) della Grecia antica e di quella più recente, e
romanizzò entrambe le tradizioni
b)tracciò l’orientamento del misticismo cattolico successivo
c)infuse nell’agire cristiano il modo di pensare teologico, ispirando una vera e propria
<<scolastica>>, intesa come scuola di pensiero.
De magistro (1839) e De catechizandis rudibus: due fonti primarie sulle vedute agostiniane in
materia di filosofia dell’educazione e metodi educativi:
1. il primo è scritto in forma di dialogo si basa su una conversazione tra Agostino e il figlio
Adeodato discussione non tecnicistica di carattere epistemologico (sul processo di
apprendimento);
2. il secondo è un trattato di indole più pratica riguarda la catechesi fornita agli accedentes
(coloro che venivano ammessi alla prima fase del catecumenato).
Mentre il primo dialogo sul maestro porta l’impronta della informalità socratica, il secondo è più
formalizzato. Agostino è convinto che colui che apprende possieda già un’apprensione interiore
della veritànon è guidato dalle parole del maestro, ma dalle cose stesse che Dio ha reso
intimamente manifeste in lui tuttavia, la verità non è soggettiva viene da Dio, la cui eterna
verità (Cristo) abita nelle menti preparate a riceverlo questa è una espressione della distinzione
agostiniana tra fede e ragione dobbiamo credere prima di essere in grado di comprendere la
natura e le ragioni della nostra fede. Agostino inoltre sostiene che le parole, in se stesse, sono
strumenti inadeguati dell’insegnamento, perché sono strumenti per comunicare ciò che ciascuno
sente e conosce interiormente, e per mezzo di esse un uomo è semplicemente messo in grado di
aumentare la sua conoscenza e di apprendere i segni diversi dalle parole possono essere utili
nell’insegnamento, perché esso avviene attraverso la relazione ( ovviamente, Agostino non aveva le
nostre compiute consapevolezze del significato dei fattori non verbali e non cognitivi
dell’apprendimento) l’apprendimento, secondo Agostino, implica molto più che l’assenso
verbale implica un cambiamento di atteggiamenti e di comportamenti il maestro deve fare
dell’amore un fine a cui rimandare tutto ciò che si insegna, e deve impartire tutta l’istruzione in
modo che gli ascoltatori <<da ciò che ascoltano credano, da ciò che credono sperino, e da ciò che
sperano amino>> in questo modo fede, speranza e amore (virtù teologali) sono incluse nei fini
dell’educazione la conoscenza di sé è l’inizio della conoscenza in qualsiasi campo la verità
religiosa si apprende dall’interno Agostino poi insiste che la fede è necessaria al di sopra e al di là
di tutto ciò che possiamo apprendere attraverso i sensi e la ragione.
Dottrina della grazia: è così centrale nella teologia agostiniana che non può essere separata dalla
sua teoria educativa è solo per il dono di Dio fatto all’uomo che egli è in grado di acquisire ciò
che più tardi è stato inteso come <<salto>> nella fede Dio opera per la nostra volontà e la nostra
fede attraverso l’induzione di impressioni di cui facciamo esperienza che l’esperienza sia esterna
(esortazione evangeliche) o interna (idee che entrano nella mente di per sé), è Dio che opera sulla
coscienza ragionevole per indurla a credere la funzione del maestro è dunque di fornire
impressioni esterne a cui colui che apprende possa rispondere nella fede.
Metodo educativo secondo Agostino:
1. l’insegnante deve essere autenticamente interessato a ciò che insegna, e provare gioia in
questo insegnamento, perché soltanto in tal modo può davvero superare l’inadeguatezza
delle parole nel comunicare tutto ciò che occorre;
2. scrisse nelle sue catechesi che il catechista deve riconoscere l’importanza del suo lavoro, e
non deve consentire che alcunché lo turbi o lo distragga nell’insegnamento se è turbato
dal fatto che qualcuno ha perso o rinunciato alla sua fede, deve lasciare che la venuta di cui
vuole essere ammesso nella Chiesa tolga la tristezza per chi è venuto meno, sperando che
faccia progressi nella fede;
3. egli deve inoltre rispettare nella maniera più autentica e totale l’allievo;
4. deve usare un linguaggio vario, ed adattarsi alle esigenze e all’indole di ciascun allievo
(quindi deve conoscere lo stato di vita di quest’ultimo);
5. il maestro deve portare i suoi allievi ad esprimersi, ed incoraggiarli a manifestare sé stessi
liberamente si deve tirar fuori l’allievo dalla sua timidezza eccessiva , che gli impedisce
di esprimere persino le sue opinioni personali nel De catechizandis rudibus vi è un’intera
sezione dedicata al benessere psichico degli studenti egli suggerisce (contrariamente a
gran parte della pratica popolare allora in voga e degli usi scolastici) che il maestro
riconosca e rispetti l’affaticamento degli allievi, e li assecondi nei ritmi di apprendimento
individuali.
Agostino concepiva una teoria dell’educazione religiosa come una vita di dialogo tra maestro
e allievo, tra allievo e allievo, tra Dio e l’uomo i veicoli umani dell’insegnamento (il maestro e le
sue idee) sono semplici strumenti terreni, ma sono comunque uno dei mezzi con i quali Dio esercita
la sua influenza in ogni caso, finché l’insegnamento non trascende tutti questi mezzi esteriori
(incluse le parole) non si può dire che sia un insegnamento cristiano.
La filosofia e la teologia agostiniane hanno avuto un destino del tutto particolare nel panorama della
cultura cristiana del primo millennio ruolo egemone che orientò tutta la speculazione cristiana in
ogni campo del sapere.
Secolo XII: rinascita dell’interesse per Aristotele adeguamento dell’aristotelismo alla visione del
mondo cristiana sforzo di Tommaso d’Aquino riuscì a cogliere la continuità possibile tra la
tradizione agostiniana (che aveva ricevuto apporti originali soprattutto nell’ambito del pensiero
benedettino) e la tradizione aristotelica (rinnovata attraverso i commentatori cristiani e arabi) 
l’influenza di Aristotele sulla cultura medievale è , del resto, un fatto già assodato l’XI secolo fu
il momento decisivo dell’assimilazione del pensiero aristotelico ad opera di filosofi e teologi
cristiani per la sistematicità rigorosa dell’opera aristotelica, per la ricerca di un’immagine del
mondo esaustiva e unitaria (che né il platonismo né lo stoicismo offrivano) fu la sintesi tomistica
(destinata ad improntare tutto il pensiero cristiano dei secoli successivi e ad esercitare un’influenza
egemonica sul pensiero cattolico ben oltre l’epoca dello scisma occidentale, fino al secolo scorso) a
trovare le vie di un adattamento della visione del mondo di Aristotele con quella cristiana
Tommaso d’Aquino trasse inoltre importanti spunti pedagogici dal pensiero del filosofo.
Tommaso D’Acquino: Considerato quasi unanimemente il principale teologo medievale la sua
opera principale, la Summa Theologica, ha avuto nella Chiesa un’autorevolezza quasi indiscussa
per molti secoli nel sistema che si dirà aristotelico-tomistico, egli riprende le conoscenze circa la
realtà fisica, la visione del mondo e dell’uomo, la metafisica e la concezione di Dio.
Pedagogia tomasiana: concezione dell’allievo a eccezione della undicesima questione De
Veritate (sul <<maestro>>), Tommaso non si interessò mai direttamente all’insegnamento e
all’apprendimento il suo pensiero appare piuttosto interessato all’ampiezza e la natura della verità
e della conoscenza, e su come l’uomo la acquista l’educazione, anche alla luce del pensiero
tomistico, si potrebbe definire come lo sviluppo dell’uomo secondo le sue potenzialità, come un
passaggio da potenza ad atto la metafisica di Tommaso, di stampo aristotelico, come pure la sua
psicologia e la morale (sviluppata in senso filosofico e teologico) sono la prima fonte di una teoria
dell’educazione cristiana. Visione teocentrica dell’uomo il suo concetto di gerarchia, con Dio
inteso come Creatore, ne fonda anche il pensiero pedagogico il posto dell’uomo nella gerarchia lo
rende la più nobile tra le creature, perché non solo possiede tutti i poteri degli altri esseri viventi, ma
anche un intelletto e una volontà che lo rendono riflesso di Dio stesso (sorgente e fine di tutti gli
esseri). Per penetrare le implicazioni di significato e le ramificazioni dottrinali della teologia e della
rivelazione, Tommaso utilizzò le categorie aristoteliche in particolare i principi di causalità e di
potenza /atto Dio è la prima causa efficiente e finale di tutta la creazione, e l’uomo può
partecipare all’azione causale di Dio come una seconda causa efficiente di potenza ordinata
all’atto Dio è la causa ultima di tutti gli esseri viventi all’interno della natura teologica
dell’essere si trovano fini intermedi l’uomo può partecipare alla loro creazione per
comprendere la natura, il fine e le azioni dell’uomo inteso come allievo, si deve comprendere la
costituzione metafisica, psicologica e fisiologica dell’uomo.
Carattere metafisico e psicologico dell’uomo come essere intellettuale: contenuto essenziale
dell’indagine di Tommaso:
 attraverso l’attività di Dio (causa prima), l’uomo riceve la potenza <<attiva>>, o intelletto
agente agisce sull’immaginazione derivante dalla conoscenza sensibile e la rende
intelligibile;
 i primi concetti della comprensione (embrione di tutta la conoscenza scientifica) preesistono
nell’uomo e sono conosciuti immediatamente attraverso la luce dell’intelletto agente;
 la conoscenza preesiste nell’allievo in potenza, in senso attivo altrimenti egli non sarebbe
capace di acquisire conoscenza in maniera autonoma;
 vi sono due modi di acquisire conoscenza: 1)scoperta la ragione naturale di per sé
raggiunge la conoscenza di cose sconosciute in questo caso, la procedura che ciascuno
segue prevede l’applicazione di principi generali autoevidenti a qualche oggetto o motivo
determinato da questi poi procede a conclusioni particolari; 2)apprendimento attraverso
l’istruzione quando qualcuno aiuta la ragione naturale di colui che apprende
Virtù umane per Tommaso: sulla scia di Aristotele, esse sono qualità acquisite che dispongono
l’uomo ad agire in maniera adatta a raggiungere un fine la virtù dimostra una certa perfezione
della potenza, e la perfezione di qualcosa è da considerare principalmente in relazione al fine il
fine della potenza è l’atto di conseguenza, la potenza è perfetta nella misura in cui è determinata e
adeguata all’atto le potenze razionali (proprie dell’uomo) sono orientate indifferentemente a
molte azioni, e sono determinate ad atti per mezzo di abitudini le virtù umane sono, allora,
abitudini, modificazioni della personalità acquisite attraverso la ripetizione.
5 virtù intellettuali:
1. virtù speculative: comprensione, scienza e saggezza (quest’ultima considera le cause più
elevate) perfezionano l’intelletto speculativo in vista della considerazione della verità
soggetta ad una duplice considerazione: a)conosciuta in sé stessa in questo caso l’abito
che perfeziona l’intelletto è chiamato comprensione; b)conosciuta attraverso altro
compresa dall’intelletto grazie all’indagine della ragione (è quindi un fine);
2. virtù dell’intelletto praticoarte (virtù del produrre) e prudenza (virtù dell’agire).
Queste virtù sono acquisite attraverso la ripetizione dell’atto virtuoso e l’eliminazione di quelli ad
essa contrari per acquisirle, gli atti ad esse corrispondenti devono essere compiuti con una certa
intensità per Tommaso, è meglio giungere alla conoscenza poco a poco il progresso deve
avvenire gradualmente dal più facile al più difficile bisogna impegnarsi costantemente,
comprendere tutto ciò che si sente e si legge, e quando si è un dubbio, cercare di penetrare la verità.
L’uomo può acquisire la conoscenza attraverso la scoperta personale o l’istruzione, e in questo è
aiutato dall’acquisizione consapevole delle virtù intellettuali  colui che insegna non è causa della
verità, ma della conoscenza della verità in chi apprende la verità non dipende dalla conoscenza
che l’uomo ha di essa, ma esiste prima di essere conosciuta, dipende dall’esistenza delle cose.
Acquisizione della virtù intellettuale: non è mai completa tuttavia, l’insegnante può ampliare
l’area della conoscenza progressivamente, con il dispiegarsi di disposizioni appropriate nell’allievo.

-Primo principio dell’insegnamento: l’insegnante è guidato dalla natura di chi apprende sviluppa
una conoscenza di ciò che gli è sconosciuto mettendolo il collegamento con la sua conoscenza già
acquisita nei termini di un’affermazione o negazione dei principi di base che egli già possiede in
questo senso, l’insegnante riconduce questa conoscenza nuova ad uno stato in cui i primi principi
autoevidenti sono attivati dallo stesso studentema in un certo senso l’uomo provoca
effettivamente la conoscenza in un altro uomo mostrando segni sensibili e portando ad attualità
ciò che era contenuto implicitamente nei principi l’insegnamento, dunque, è un’arteil prodotto
dell’arte dell’insegnamento non è la conoscenza <<per sé>> nello studente, ma quella che
l’insegnante presenta all’intelligenza dello studente i segni sensibili, la loro selezione,
accomodamento e presentazione, diventano oggetto dell’intelligenza di chi apprende così,
attraverso la strumentalità di ciò che gli viene detto, la ragione naturale dell’allievo arriva alla
conoscenza delle cose che non conosceva quando l’insegnante non è guidato dalla natura di colui
che apprende e propone idee o conclusioni che non sono contenute in questi principi seminali, primi
e autoevidenti, non insegna, ma indottrina presenta la sua opinione, o quella che è reputata
valida per fedese qualcuno propone ad un altro conoscenze che non sono incluse in principi
autoevidenti, non causerà conoscenza, ma forse, opinione o fede .
Stile dell’insegnamento per Tommaso: la natura dell’insegnamento è un’arte guidata dalla natura
di chi apprende e dalla maniera in cui lo stesso insegnante apprende egli considera anche la
questione del contenuto dell’insegnamento (il <<curriculuum>>) bisogna però ricordare che egli
scrive ed insegnava rivolgendosi a studenti molto avanzati nel loro percorso formativo (passati cioè
attraverso il curriculuum delle arti liberali e in procinto di conseguire un grado accademico in
teologia, quello più elevato) commento tomasiano al De Trinitate di Boezio analizza le
scienze, la loro divisione e ordine alla maniera medievale, e il metodo appropriato per il loro
studiol’ordinamento gerarchico delle scienze viene basato su principi metafisici, mentre i metodi
di varie scienze su principi epistemologici Tommaso scrive che le 7 arti liberali non costituiscono
una divisione adeguata della materia filosofica, ma sono raggruppate insieme perché coloro che
vogliono apprendere la filosofia devono essere prima istruiti in esse le arti sono i percorsi che
introducono la mente principiante nel mondo della filosofia affermazioni in armonia con
quanto sostenuto da Aristotele nella Metafisica  bisogna investigare il metodo del pensiero
scientifico e i contenuti delle scienze prima di volgersi alla filosofia.
Scienza nel Medioevo: conoscenza delle cose alla luce e attraverso le loro <<cause>> l’ordine in
cui le scienze avrebbero dovuto essere studiate e apprese derivava dal fatto che la conoscenza della
realtà da parte dell’uomo è radicata nell’esistenza delle cose la sua conoscenza della realtà
comincia dalle cose sensibili benchè la scienza divina sia per natura la prima di tutte le scienze,
l’ordine di questa scienza vuole che sia appresa dopo le scienze naturali ( spiegano molte cose
riguardanti la metafisica) e dopo la matematica Tommaso scrive che noi dovremmo apprendere la
scienza naturale dopo la matematica, in quanto i dati estensivi sui quali essa si fonda sono per
natura meglio conosciuti delle entità matematiche astratte dalla materia sensibile soltanto dopo
questo lavoro di base lo studente può essere pronto per la <<prima>> filosofia metafisica solo
dopo che lo studente ha sviluppato una conoscenza di base che gli permette di distinguere la forma
dalla materia, vale a dire, di concepire le entità matematiche, egli è in grado di cominciare lo studio
della forma pura (oggetto specifico della metafisica)  la conoscenza intellettuale di colui che
apprende è radicata nella conoscenza sensibile dunque bisogna prima acquisire una
conoscenza del mondo materiale prima di avanzare nel mondo dell’astrazione, della matematica e
della metafisica (che considera gli esseri a prescindere dalla materia, come pure forme).
CAP IV - ERASMO E L’IDEALE UMANISTICO
L’umanesimo quattrocentesco è considerato come il punto di partenza della cultura moderna, e della
storia dell’educazione l’umanismo pedagogico in effetti è caratterizzato dall’ideale di
un’educazione <<giocosa>>, in cui fossero ripudiate la pedanteria e le pratiche coercitive da sempre
proprie della scuola tradizionale.
Erasmo da Rotterdam (1467-1536): Esponente più significativo dell’intero movimento umanistico
europeo nella sua opera letteraria delinea i principi della cultura e dell’educazione umanistiche
secondo Taylor, l’umanesimo è caratterizzato dal riconoscimento critico dei limiti della visione del
mondo tipica del Medioevo, e si avvia verso la <<piccola riforma>> 2 fonti ispiratrici:
1. cultura classica usata per mettere in rilievo la sclerotizzazione della cultura ereditata dal
Medioevo;
2. ideale della vita evangelica compresa nella prospettiva di una critica alla fede e alle
impalcature teologiche della religione medievale nell’auspicio di un ritorno alla
semplicità delle origini.
In Erasmo si possono cogliere entrambi gli elementi: a)avversione nei confronti della
cultura dotta <<tradizionale>>; b)impegno nel recupero della cultura classica
attraverso lo studio personale delle sue radici linguistiche, l’applicazione del metodo
filologico, e il proposito di ritornare alla centralità del messaggio evangelico.
Elogio della follia: capolavoro di Erasmo, in cui lui descrive la sua religiosità (egli non aderisce
pienamente né ai cattolici, né ai riformati) e la sua concezione della vita. Quello di Erasmo è
un’ideale di educazione <<del vero cristiano>> la consapevolezza dell’onnipresenza della follia
nella vita e nella società, insieme al tedio provato nei confronti della retorica scolastica (asservita ad
un sistema di potere rispetto al quale l’uomo colto avrebbe fatto meglio a distanziarsi), trovavano un
equilibrio armonioso nell’ideale di una vita semplice e serena vissuta all’insegna del vero
Vangelo, nel contatto con le fonti della Scrittura e nell’esercizio della saggezza naturalmente
propria dell’uomo Erasmo (cosmopolita e interessato alle lingue classiche, riconosciute come
veicolo espressivo universale) coltivò il sogno di una cultura comune a tutta l’Europa egli era
convinto che il latino classico e la cultura latina potessero costituire un mezzo perfetto per
l’espressione del pensiero umano superamento della <<barbarie>> diffusa nel nord Europa
attraverso il tentativo di importare in quei paesi la cultura diffusa in Italia e l’umanesimo italiano
in Erasmo, inoltre, la motivazione religiosa dell’impegno culturale è estremamente forte lo studio
è il mezzo per corrispondere alla grazia di Dio, e per raggiungere la salvezza tra i più
importanti compiti dell’istruzione si trova quello di far penetrare il <<seme della carità>> nella
mente giovanile, suscitando l’amore e la conoscenza il più possibile completa degli studi liberali
necessari per prepararsi ai doveri della vita richiede l’assimilazione delle regole di convivenza e
delle buone maniere per Erasmo la <<gentilezza>> dei modi è un segno che mostra la
preminenza della carità nell’animo umano.
Erasmo era inoltre grande conoscitore delle lingue classiche, e dedicò la massima attenzione alle
questioni relative all’insegnamento delle lingue.
Curriculum erasmiano: metteva in dubbio le tradizionali distinzioni medievali (trivio e quadrivio),
proponendo un’articolazione molto dinamica e funzionaleegli faceva poi riferimento ad un
rapporto tra le generazioni basato sulla fiducia e la confidenza, rifuggendo il più possibile dalla
violenza fisica e dalle punizioni corporali l’educazione deve iniziare dalla più tenera età, e
privilegiare giochi e racconti come veicoli espressivi per le prime forme di apprendimento lo
studio delle lettere potrebbe avvenire in modo più efficace sotto la guida dei genitori i maestri
dovrebbero essere chiamati in causa solo laddove non riesce ad arrivare l’impegno familiare.
formazione dell’individuo per Erasmo:
 inclinazione naturale allo studio;
 esercizio fedele applicazione delle norme educative e delle direttive disciplinari;
 pratica applicazione spontanea dell’attività.
Qualsiasi traguardo può essere raggiunto con l’applicazione volontaria ciascun uomo ha
doti particolari per i singoli saperi, e l’educazione non deve mortificare le peculiarità di
ciascuno, ma valorizzarle pertanto, la questione educativa è un problema che riguarda
tutta la società i figli appartengono non soltanto alla famiglia, ma hanno doveri verso la
patria e verso Dio la trasmissione della cultura ha dunque un fine morale e politico, oltre
che religioso.
Erasmo sottolinea la natura dell’importanza dell’educazione familiare, ma non ha una comprensione
del problema sul piano istituzionale non si domanda quali vie siano percorribili sul piano
<<politico>> e amministrativo egli promuove l’<<aristocrazia delle lettere>> senza rendersi
pienamente conto del problema rappresentato dalla cultura dell’uomo <<medio>>, specialmente
nella situazione sociale del nord Europa, dinamico e imprenditoriale.
Egli è inoltre convinto che l’infanzia ha notevoli potenzialità, e che quindi è necessario iniziare
presto l’opera di formazionei primi anni di vita sono i più intensi sul piano psichico, e quindi il
bambino è più capace di apprendere dall’adulto il maestro efficace deve essere un uomo di
carattere buono ed integro, e cultura non volgare In Erasmo vi è una esaltazione della ragione come
guida verso la felicità, attraverso la coltivazione e l’esercizio costanti l’educazione è una sorta di
<<equipaggiamento>> per affrontare la vita la sua visione privilegia l’acquisizione di una
sapienza <<morale>> non innata, ma raggiungibile solo attraverso un’adeguata formazione
costante impegno personale per il miglioramento di sé stessi, in quanto la condizione umana è
ambigua, e non è auspicabile che l’uomo impari tutto dall’esperienza (che potrebbe addirittura
essere dannosa) egli sottolinea il valore della vera saggezza (presente nel mondo naturale) in
vista della felicità il tratto più distintivo dell’uomo secondo Erasmo è il suo essere un animale
irrazionale, e quindi la cosa più pericolosa per lui è l’irrazionalità.
Compito dell’educatore, del genitore, del precettore o dell’insegnante: guidare le persone verso
una ragionevolezza in sintonia con la natura autentica dell’uomo la difficoltà dell’opera educativa
è pertanto inevitabile, in quanto spesso i bambini imparano i comportamenti cattivi, a seguito di
relazioni inadeguate con gli adulti.
egli, inoltre riconosce la diversità delle caratteristiche personali, e del <<carattere>> di
ciascuno propende verso un precoce orientamento delle intelligenze individuali a seconda delle
propensioni personali, nella convinzione che sia molto più facile l’apprendimento di ciò per cui si è
naturalmente dotati.
la ragione (esaltata alla luce delle conquiste tecniche dell’uomo, segno del dominio sulla natura) è
sostenuta anche attraverso la raccomandazione della pratica e del metodo nello studio e nella
formazione occorre coltivare l’esercizio fin dalla più tenera età.
Approccio nei confronti dei bambini: nei primi anni, la duttilità dell’animo infantile deve essere
stimolata dagli esempi e dai modelli strumenti principali e più efficaci per l’educazione,
soprattutto quella morale Erasmo sembra dunque consapevole del fatto che gran parte della
formazione dell’identità avviene attraverso l’assimilazione di esempi e comportamenti altrui,
più che attraverso discorsi e lezioni lo stesso vale per ciò che concerne la progressione nella
consapevolezza di sé e del proprio rapporto con gli altri cresce attraverso i piccoli fatti della vita
quotidiana per lo sviluppo di una personalità sana e per vivere una vita felice, è necessario
acquisire buone abitudini.
Concezione dell’’essere umano in Erasmo: il carattere individuale è malleabile l’essere umano
è in realtà un essere indeterminato, forgiato dalla vita in direzioni molteplici e anche contrastanti
<<nei primissimi anni si è tanto più disposti ad imparare tali cose poiché si è spontaneamente
malleabili e pronti ad assumere qualsiasi atteggiamento, poiché il terreno non è ancora occupato
da vizi[…]. Come di solito ci si abitua ai vizi prima ancora di sapere cosa sia il vizio, così, quasi
con la stessa facilità ci si potrà abituare alle virtù. La cosa migliore, poi, è abituarsi subito al
meglio>>.  Erasmo usa la metafora della <<coltivazione >> dell’uomo e dello sviluppo
<<artificiale>> dell’essere umano.

Linee principali della pedagogia erasmiana:


1. importanza di cominciare presto sottolinea di fare leva sulla tendenza mimetica dei
bambini piccoli in questo senso, appena è nato, un bambino è subito capace di imparare il
buon comportamento;
2. morale come fulcro dell’educazione  riconducibile ai detti di Gesù e alla regola aurea;
3. contestazione delle pratiche pedantesche degli studi mnemonici, della seriosità e della
verbosità delle lezioni e dei compiti mal si adattano ai bambini più piccoli e sconsigliabili
anche più avanti, persino per gli adulti;
4. valenza didattica del gioco;
5. indole personale dell’insegnante deve impegnarsi ad osservare il bambino per escogitare
ogni accorgimento valido a stimolare un apprendimento privo di sforzi controproducenti;
6. valore dell’imitazione passa per l’amore il primo stadio dell’apprendimento è l’amore
per il maestro col tempo il bambino che ha cominciato ad amare le lettere in funzione del
maestro finirà per amare il maestro in funzione delle lettere.
La pedagogia erasmiana scopre il carattere autopoietico dell’essere umano in un mondo che
richiede l’intervento della ragione per giungere al compimento delle attese del suo stesso Creatore.
CAP V - COMENIO: EDUCARE L’UOMO “PANSOFICO”
Moravo ed appartenente alla Chiesa hussita, Comenio (1592-1670) incarna l’ideale della grande
<<Riforma>> e il <<furioso desiderio d’ordine>> che contraddistingue la modernitàla Chiesa a
cui apparteneva aveva aderito convintamente alla Riforma protestante, non solo per opportunità
politica (necessità di una protezione diplomatica e militare per una minoranza religiosa all’interno
di uno dei maggiori Stati cattolici), ma per l’affinità tra il pensiero del suo fondatore, Jan Hus, e
quello delle riforme luterana e calvinista questo farà assimilare a Comenio lo spirito della
<<Riforma>> intento di superare ogni compromesso con i limiti e i mali del presente per
raggiungere quell’ordinamento ideale del mondo che gli <<eletti>> leggevano nel volere di Dio.
Contesto della vita di Comenio:
 guerra dei 30 anni
 contrasto tra confessioni religiose veicoli a loro volta delle contrapposizioni economiche e
politiche.
 ambiguità del retaggio umanistico scaduto a mero virtuosismo in campo educativo, gli
umanisti e la prima generazione riformata avevano lasciato numerosi problemi irrisolti, e si
era verificata una diminuzione notevole del livello qualitativo degli studierano nate
istituzioni collegiali legate ai nomi dei principali educatori dell’umanesimo e ai fondatori
delle istituzioni religiose (sia cattoliche che protestanti) la formazione impartita in questi
centri era riservata a pochi lontana dalla realtà sociale.
 nella sua infanzia e giovinezza, Comenio visse i problemi educativi del suo tempo
sperimentò l’aridità dell’insegnamento grammaticale a cui si era ridotto l’ideale umanistico
della classicità
 l’esperienza giovanile di insegnante (compiuta in Polonia a seguito del suo primo esilio) lo
portò a riflettere sui problemi dell’insegnamento elementare, e a scrivere libri appositi per i
primi gradi scolastici la Didactica magna (primo capolavoro pedagogico di Comenio in
cui si affaccia il tema del diritto all’istruzione per tutti) sarà ispirata proprio da queste prime
esperienze di insegnamento.
Comenio lasciò una cospicua mole di scritti che descrivevano un metodo generale d’insegnamento,
un curriculum completo es.
1. Janua linguarum reserata proponeva un dettagliato percorso di alfabetizzazione
culturale su base linguistica per il latino
2. Janua rerum esposizione delle idee fondamentali relative a Dio, alla natura e all’arte
secondo un sistema razionale fondato sulle leggi del pensiero umano.
Duplice finalità: a)strumenti didattici; b)proposta di sistematizzazione del sapere.
Pansofia: vero ideale educativo di Comenio tutti gli uomini devono conoscere i principi
fondamentali del sapere, ed essere provvisti di ciò che serve nel viaggio della vita NESSO TRA
L’IDEALE UMANISTICO DELLA CONOSCENZA E QUELLO CRISTIANO DELLA
VITA MORALE IN VISTA DELLA SALVEZZA negli anni della maturità, egli tentò di aprire
un college pansofico a Londra avrebbe dovuto ricordare la <<Casa di Salomone>> immaginata
da Bacone come sede di tutti gli studi e di tutte le discipline il fallimento dell’iniziative lo spinse
a partire per la Svezia (dove scriverà altri importanti testi dedicati all’insegnamento scolastico).
in effetti, l’impegno di Comenio ruotò sempre intorno al progetto di fondazione della nuova
<<scuola>> mai realizzato né in Polonia, né in Ungheria vi si recò con l’intenzione di
fondare una <<schola pansophica>> qui inoltre compose Orbis sensualium pictus primo
manuale moderno per l’insegnamento delle discipline del curriculum scolastico (testi corredati di
illustrazioni).
Concezione pedagogica di Comenio recupera l’ideale educativo di Lutero e della Riforma:
1. l’educazione è preparazione alla vita attraverso la conoscenza di tutti i fatti dell’universo
2. le lingue classiche non devono godere di alcun privilegio
3. l’istruzione è diritto dell’essere umano
4. convergenza tra la dipendenza dell’uomo da Dio e la dipendenza del creato dall’uomo
l’agire libero dell’uomo sulla creazione in armonia con la volontà divina è la strada per la
salvezza eterna.
5. nel suo sistema trovano posto, allo stesso titolo, fenomeni naturali e fenomeni
soprannaturali concezione <<mistica>> della realtà l’uomo è l’infinitamente piccolo di
fronte all’infinitamente grande (Dio) corrispondenza di fini tra l’anima umana e l’ordine
divino, tra l’interiorità individuale e la realtà esteriore del cosmo.
6. tra i suoi principi più celebri in ambito didattico spiccano:
a)quello di tenere conto della natura dei singoli alunni
b) quello della precedenza dei sensi sull’intelligenza memoria ed immaginazione si
collocano tra i sensi e l’intelligenza al fine di agevolare lo sviluppo interiore, occorre
stimolare i sensi
7. egli individua le fasi dello sviluppo secondo un <<ritmo>> di sei anni in sei anni a
queste fasi doveva corrispondere una differenziazione nella struttura dell’insegnamento e
della scuola:
a)nella prima infanzia l’educazione è affidata alle cure parentali, in casa SCOPO:
esercitare i sensi
b)per l’infanzia occorre istituire una scuola elementare in ogni villaggio esercitare
sentimenti, immaginazione e memoria attraverso un’istruzione impartita in <<volgare>> e
rivolta a tutti programma articolato anno per anno
c)durante l’adolescenza, la scuola da frequentare è il ginnasio da istituire in ogni città
maggiore esercitare l’intelligenza e la facoltà di giudizio attraverso un insegnamento
pansofico studio di 4 lingue e un curriculum composto di grammatica, scienze,
matematica, etica, dialettica e retorica
d)giovinezza gli studenti universitari avrebbero armonizzato conoscenza e volontà,
diventando adulti responsabili.
Progetto comeniano : chiamava in causa la responsabilità politica degli Stati nello sviluppo
dell’istruzione e nella costruzione di una scuola pubblica ordinata <<per legge>>, con programmi
vincolanti anche per gli insegnantiComenio sosteneva la possibilità di una <<pampedia>>
insegnamento universale ideale che secondo lui poteva essere fatto risalire alla civiltà classica
quest’intenzione di diffondere un’istruzione universale partiva dalla constatazione inorridita della
barbarie umana (che viste le devastazioni delle lunghe guerre di religioni sembrava non del tutto
improbabile) per Comenio l’uomo è l’immagine di Dio e deve esserne all’altezza compito
dell’educazione deve essere lo sviluppo della piena umanità, ossia dell’autentica immagine di Dio
stesso, rispetto al quale l’ignoranza non è ammissibile l’istruzione inoltre non poteva essere
limitata a qualche settore della conoscenza, ma essere integrale, e servire a ciascun uomo per
occupare degnamente il proprio posto sulla terra INTENTO DI SALDARE L’ISTRUZIONE
CON LA MORALE IN VISTA DELLA FELICITA’ DELL’UOMO esercizio pieno e disteso
della ragione la razionalità è quanto di più divino si trovi nell’uomo stesso, nonché il vestigio
emblematico della presenza del divino nell’essere umano prospettiva che coglieva nel
cambiamento dell’ordine immanente della situazione umana lo strumento per una salvezza
trascendente
Formulazione centrale della “pampedia”:
1. devono essere istruiti alla cultura universale tutti gli uomini, in tutte le cose, affinchè
diventino colti totalmente diffusione universale della ragione strumento di quella
saggezza che può far conseguire a ciascun uomo il destino ultraterreno al quale è chiamato.
2. ideale di conoscenza e di cultura ampia e articolata connotati di carattere morale e
religioso
3. fini dell’attività educativa: prudenza nell’affrontare la vita terrena, concordia nelle relazioni
tra individui e nazioni, e l’armonia (nel senso più pieno del termine) in essi egli riponeva
tutte le speranze di un avvenire migliore per l’umanità la validità di questi obiettivi è
definita inoltre per contrasto con la situazione del tempo, caratterizzata dall’ostilità di popoli
interi contro altri popoli e dalla stoltezza nella conduzione della propria vita da parte dei
singoli generale infelicità e incertezza sul destino.
4. considerazione dell’educazione in una prospettiva morale il fine dell’educazione è fornire
gli strumenti necessari per vivere una vita buona che sia coronata da un destino di
immortalità essa è il <<rimedio>> ai tentennamenti e alle rovine che il contatto con la
realtà provoca la conoscenza per Comenio è fonte di comprensione l’uomo deve
capire soprattutto la giusta direzione della sua vita, orientarsi in un mondo ricco di trappole
che potrebbero recare danno irreparabile all’anima (non a caso nelle opere di Comenio il
mondo e la vita sono spesso rappresentati con la metafora del labirinto).
La proposta di un’educazione universale è la strada per la trasformazione dell’uomo, e di
tutto il creato attraverso l’uomo l’uomo è il giardiniere a cui Dio ha affidato il compito di
coltivare mondo egli, per realizzare ciò, ha a sua disposizione la saggezza e la
conoscenza.
Comenio era inoltre ben consapevole del risvolto sociale del suo pensiero, e della possibilità che la
diffusione dell’istruzione avrebbe potuto provocare trasformazioni sociali che impensierivano anche
gli intelletti <<illuminati>> risposta a queste obiezioni riprendeva la metafora della luce e
ricordava il dovere che ogni uomo ha di volere per gli altri lo stesso che vorrebbe per sé
ottimisticamente, egli precisava anche la praticabilità del suo progetto la convergenza
dell’interesse umano, di quello divino e di quello del mondo dimostra la modernità e ispirazione
religiosa dell’educatore boemo la realtà, lasciata a se stessa, non può raggiungere il suo fine le
occorre l’intervento dell’uomo a sua volta necessita della conoscenza e della guida di Dio il
retaggio biblico è interpretato e posto al servizio di una visione della realtà che vede la presenza di
Dio nell’universo attraverso il filtro dell’agire umano il destino ultimo delle cose non è dato
dall’eternità, ma da quanto l’uomo sarà in grado di fare nel suo continuo sforzo di
trasformare l’esistente alla luce della sua ragione e della sua comprensione delle intenzioni
divine letto in questa prospettiva, Comenio si dimostra allora come l’esponente più
significativo, nella storia moderna dell’educazione, dell’orientamento teistico individuato da
Taylor come primo stadio di una graduale evoluzione che porterà al <<grande sradicamento>>
dell’uomo moderno comprensione dell’universo come un contesto privo di finalità, nel quale
l’uomo deve porsi come agente principale, ed <<imporre>> un proprio ordine alla natura stessa
esaltazione dei poteri dell’uomo che porterà, a partire dal secolo successivo, al radicalizzarsi della
prospettiva secolare anche nell’educazione.
CAP VI - LOCKE: EDUCARE IL GENTLEMAN
Taylor legge la filosofia lockiana come un momento centrale della cultura moderna e del lungo
cammino verso la società secolarizzata (motivo conduttore delle vicende della modernità e punto
fondamentale del nuovo ordine <<mondiale>> scaturito dalla Riforma) Locke scopre e
sistematizza un’immagine dell’io che Taylor definisce <<puntiforme>> caratterizzato dalla
consapevolezza di porsi radicalmente in contrapposizione con il mondo esterno l’interiorità per
Locke diventa la misura fondamentale della realtà, ormai privata di qualsiasi ancoraggio nel
trascendente, e del tutto dipendente dall’agire umano la concezione della vita mentale e della
morale di Locke saranno determinanti nello strutturarsi di quel passaggio dal teismo confessionale
al deismo e poi alla secolarità integrale.
Locke (1632-1704): il suo animo puritano concepisce la presenza nel mondo al servizio del disegno
di Dio non interviene direttamente nella vicenda della storia, ma lascia all’uomo stesso il
compiuto di instaurare l’ordine divino nella realtà la concezione religiosa del puritanesimo
pone in risalto la soggettività dell’essere umano e dell’individuo ciò aprirà la strada al
soggettivismo e all’individualismo caratteri essenziali della filosofia moderna e del pensiero
borghese.
Opera di Locke per quanto riguarda la riflessione sui problemi dell’educazione: ha una
gestazione occasionale insieme di consigli pratici rivolti ad un amico su sua richiesta tuttavia, i
Pensieri sull’educazione diventeranno molto di più attraverso la rielaborazione che lo stesso Locke
ne fa in vista di una loro pubblicazione vero e proprio trattato in cui sono esposti i principi
essenziali della nuova educazione dei giovani delle classi elevate in un’epoca di grande dinamismo
imprenditoriale richiedeva una cultura molto diversa da quella tradizionalmente diffusa nelle
scuole e nei centri d’istruzione superiore più noti Locke sottolinea l’esigenza di superare la
centralità ormai anacronistica assegnata agli insegnamenti relativi alle lingue classe rivendica ai
giovani gentlemen del suo tempo l’esigenza di una cultura più pratica le scuole tradizionali
apparivano inadeguate anche sul piano della formazione <<morale>> erano troppo fondate sullo
spirito di emulazione sacrificava le virtù autentiche. L’interesse di Locke è rivolto interamente
all’educazione del giovane “gentiluomo” colui che si appresta a fare il suo ingresso nella
società altolocata, con responsabilità di tipo imprenditoriale se l’aristocrazia autentica era legata,
nella visione britannica, alla sostituzione dei valori guerreschi (propri della cavallerie medievale)
con quelli dell’imprenditorialità commerciale e della <<gentilezza>> nella relazione tra pari, questa
trasformazione doveva rispecchiarsi anche in un nuovo tipo di percorso formativo per
l’educazione del gentiluomo serve di più saper giudicare gli uomini che conoscere le lingue
classiche egli si dichiara inoltre contrario all’impiego delle punizioni corporali.
Impostazione pragmatica lockiana:
1. criticava fortemente i metodi analitici e grammaticali nello studio delle lingue e delle
letterature
2. in ogni insegnamento occorre tener presente che ciascun bambino ha una mente dotata di
caratteristiche particolari, e dunque l’educazione deve essere individualizzata se vuole
essere efficace
3. nelle scuole è assurdo pretendere risultati, se ciascun insegnante deve badare a 50 alunni
contemporaneamente.
4. rivalutazione del principio classico <<mens sana in corpore sano>>  il corpo deve essere
reso forte e vigoroso per obbedire alla mente
5. l’educazione deve trasmettere le 4 componenti essenziali di un individuo sano e armonioso
da una generazione all’altra  virtù (perfezione morale, capacità di seguire i propri desideri
senza indulgenza, e correggere le inclinazioni attraverso i dettami della sola ragione,
contrapposta alle passioni ideale meglio raggiunto nell’educazione familiare), saggezza
(intesa meramente come capacità di guidare bene i propri affari), educazione (capacità di
tenere un buon comportamento in società) ed istruzione (complemento necessario delle
altre componenti).
6)le tre componenti della moralità e dell’educazione morale sono: a)chiara idea di Dio;
b)dire la verità; c)manifestare un’indole buona.
Locke è convinto che, al di là di questi pochi riferimenti essenziali, sono il tempo, l’esperienza,
l’osservazione e la conoscenza degli uomini a procurare ciò che serve davvero nella vita la sua
proposta è quella di un vasto e dettagliato programma di studi per lo più <<autodidattici>>, o, se
necessario, sotto la guida di un precettore l’asse curricolare si articolava in 5 sezioni:
 abilità strumentali (lettura, scrittura e disegno) da avviare quanto prima per sviluppare al
più presto la capacità di articolare il pensiero e le idee;
 lingue inglese, francese e latino
 studi che oggi diremmo “sociali” con la geografia alla base attraverso di essi sarebbe
stato possibile impartire anche materie scientifiche (aritmetica, geometria e astronomia) e la
storia
 studi “morali" orientata nel senso dato a queste discipline da un secolo di riflessioni sulle
basi e sull’origine delle regole etiche e giuridiche etica attraverso la Bibbia e il De officiis
ciceroniano; diritto internazionale e quello comune o naturale
 danza, scherma equitazione, attività manuali (es giardinaggio)e contabilità
La novità di Locke si coglie specialmente:
1. nella sottolineatura e nella caratterizzazione degli studi morali
2. nell’introduzione di discipline legate alla corporeità (trascurate anche nei secoli
successivi)
3. nel curriculum lockiano vi sono anche delle significative esclusioni greco, retorica,
logica, musica, pittura e filosofia naturale si tratta quindi di un curriculum adatto alle
esigenze sociali della classe nobile e agiata del tempo, con vistosi limiti dovuti all’assenza
degli interessi estetici (sacrificati all’indole utilitaristica del disegno complessivo).
4. sottolineatura della necessità di un buon insegnamento della lingua materna e
nell’inclusione del lavoro manuale  notevole influsso sugli educatori successivi
5. se l’uomo ha grandi potenzialità fin dalla nascita, soltanto l’esercizio consentirà di
portarle a maturazione attraverso l’esercizio e il contatto sociale si può <<fare>>
l’uomo
6. egli propone una prospettiva sull’educazione molto innovativa rispetto alla tradizione
<<libresca>> riflessione pedagogica basata sul concetto fondamentale di
<<esperienza>> egli fu uno dei pensatori che seppero esprimere in forma compiuta le
aspirazioni culturali della piccola nobiltà e della borghesia agiata inglese in un secolo
centrale della storia inglese l’ideale lockiano del gentleman rispecchia infatti una
situazione storica precisa la sua è dunque una prospettiva esplicitamente <<classista>>
non prende in considerazione problemi quali il diritto di tutti all’istruzione, o il rapporto tra
formazione e lavoro dovranno aspettare un secolo per giungere a maturazione.
Per Locke, gli ambienti della società altolocata inglese del Seicento sono pieni di <<cattivi>>
maestri che inquinano l’animo delle giovani generazioni la vera virtù s’impara da un’educazione
che privilegi la realtà così com’è veramente i giovani rampolli delle classi altolocate devono
inoltre essere messi in guardia contro i disegni e il modo di procedere di coloro che si daranno da
fare per corromperli, e quindi imparare le arti che questi usano e le insidie che tendono a questa
preoccupazione è associata una riflessione amara sulla realtà contemporanea <<la nostra epoca
non manca di esempi di tal genere, giovani di belle speranze condotti alla rovina, attraverso
sciagure, infermità, indigenza e infamie>> il mondo è un luogo in cui non è possibile mai
restare sicuri dei sentimenti che gli altri nutrono veramente nei nostri confronti l’ipocrisia e
la dissimulazione sembrano dominare l’alta società inglese l’unica salvezza deriva dall’esercizio
saldo della ragione l’educazione contempla inoltre una descrizione dei <<vizi del tempo>>,
deve aprire gli occhi dei giovani per renderli consapevoli dei rischi che corrono, deve essere
una <<difesa contro il mondo>> occorrono ovviamente tatto e gradualità errori e
disavventure sono anch’essi educativi anzi, nella consapevolezza della cattiveria umana consiste
una parte importante della stessa <<saggezza>> uno dei fini principali dell’educazione è dunque
<<giudicare gli uomini>> e <<trattare con loro >> nella situazione dell’Inghilterra seicentesca,
l’altro è ormai quasi un nemico da tenere e bada la conoscenza di questa situazione è più
importante della cultura <<classica>>.
Polemica con la filosofia del suo tempo: la prosa lockiana, ricca di arguzia e di ironia, si rivolge
anche alla polemica con la filosofia del suo tempo, tanto nelle forme più datate (ma ancora vive nel
Seicento, particolarmente in Inghilterra e Scozia), quanto in quelle moderne (poco propense a
riconoscere il debito spazio all’esperienza empirico) con un espediente retorico, Locke giunge ad
affermare l’universale validità del suo ideale di uomo <<saggio>> colui che possiede virtù,
conoscenza della società e cortesia la virtù consiste anche nella capacità di stare in guardia di
fronte agli altri esseri umani, conoscendoli per quello che sono veramente, e mantenendo le debite
distanze con la <<cortesia>> qualità molto più necessaria della cultura di moda, in prevalenza
pedante e librescaqualora il singolo giovane sentisse interesse nelle materie letterarie, sarà
possibile uno sforzo da autodidatta non mancheranno neanche in questo caso insegnanti adeguati.
Pertanto:
 la famiglia benestante che vorrà seguire le sue indicazioni potrà scegliere un precettore
che mostri soprattutto senno e prudenza, piuttosto che vasta erudizione Locke
mostrava sfiducia, in effetti, nei confronti della categoria dei precettori
 Locke invece proponeva una visione positiva dell’educazione intesa come <<foggia del
comportamento>> attraverso l’acquisizione di <<buone abitudini>> formalismo che
riflette una società in cui i legami comunitari e di solidarietà tra gli uomini sono stati
sostituiti quasi interamente dai rapporti economici scopo del precettore non può essere
quello di formare un <<dotto>>, ma deve fornire gli strumenti di quello che più tardi
sarà lo sforzo personale dell’uomo già maturo e consapevole dei propri interessi.
 soltanto la saggezza, fatta per la reputazione sociale dovrà avere larga parte nel
percorso educativo.
 prospettiva utilitaristica <<la maggior parte della fatica dovrà essere consacrata a ciò
che è indispensabile, curando quanto nel mondo gli servirà di più e più di frequente>>
 il precettore deve insegnare “quanto basta” delle “scienze”
 la politeness non si impara sui libri chi la insegna deve possederla di persona.
 classismo Locke tende ad escludere dai “ranghi” anche chi non appartiene per nascita ad
un ambiente “buono” e non possiede le “qualità” tipiche di questo ambiente.
 la riflessione lockiana sull’educazione si concentra sul tema delle qualità del precettore
in vista di una scelta oculata da parte delle famiglie benestanti (che devono porsi la
questione dell’educazione dei figli in tutta la sua importanza) ciò vale anche per le
famiglie che devono educare da sé i propri figli
Quella di Locke è una nuova prospettiva di stampo utilitaristico, adeguata alla nuova società
borghese e imprenditoriale, e aliena dal credere <<che tutto si riduca al latino e al francese o a
qualche arido sistema di logica e di filosofia>> (come avveniva nel modello pedagogico dei
colleghi del tempo, sia cattolici che protestanti).
CAP VII-LA SVOLTA “NATURALISTICA”: ROUSSEAU
Il pensiero di Rousseau potrebbe essere definito una sorta di illuminismo <<eretico>> ma
l’eresia autentica che caratterizza la sua filosofia consiste in alcuni caratteri intrinseci del suo
impianto, che non trovano precedenti né nel passato della filosofia occidentale, né nella
modernità egli ha costruito l’idea di natura nel mondo occidentale, caratterizzandola in
contrapposizione alle idee di società e cultura che erano prevalse fino ad allora il nome di
Rousseau è stato identificato ed abbinato (per oltre 2 secoli dopo la sua morte) con molte tra le più
significative esperienze di scuola ed educazione attive che hanno perseguito il fine di porre al centro
dell’attenzione dell’opera pedagogica il bambino stesso e la sua crescitail paidocentrismo
(caratterizzante una parte cospicua della pedagogia contemporanea) nasce da Rousseau.
Giovinezza di Rousseau: dedica i suoi primi scritti all’analisi critica (quasi una denuncia) della
società aristocratica ed alto-borghese del secondo Settecento egli sostiene che è la vita sociale a
deturpare l’uomo e ad allontanarlo dalla sua vera natura egli contrappone natura e società,
natura e cultura denunciando così i guasti provocati da un modo di vivere artificiale e
sofisticato, in cui ai bisogni essenziali si sovrappongono desideri smodati e indotti ricerca del
potere e del denaro le diseguaglianze crescono fino a provocare una divisione dell’umanità in
classi principale fonte di ingiustizia tra gli esseri umani la riflessione sulle diseguaglianze offre
a Rousseau l’occasione per constatare l’esigenza di riscrivere una teoria della storia che vada oltre
la mera apologia del progresso, e che ipotizzi utopisticamente una strada verso una società più
giusta.
Vita di Rousseau: ha un profondo significato anche in vista di una adeguata comprensione del suo
pensiero nacque a Ginevra, ma il suo rapporto conflittuale con questa città lo spinse ad
allontanarsene in gioventù essa era una delle culle del pensiero protestante, ma non poteva
accogliere menti libere come le sue la vera cifra della sua <<enigmaticità>> è il suo animo
inquieto come uomo e pensatore egli volle difendere per tutta la vita la propria libertà interiore ed
esteriore per essa era pronto a sacrificare una vita stabile e gli affetti, e a compiere scelte tanto
radicali quanto discutibili la Ginevra conosciuta da Rousseau era una sorta di stato oligarchico
dominato dalle famiglie dell’aristocrazia calvinista, che avevano dimostrato di non tollerare coloro
che non si adattavano a professare una fede ortodossa, ricreando nel contesto di una forte
commistione tra stato e chiesa, dinamiche d’intolleranza tipicamente teocratiche Rousseau
dunque se ne allontanò, cominciando una vita avventurosa come poche altre della cultura
occidentale Confessioni: questa autobiografia che non può definirsi sincera al massimo grado,
ma che rende l’idea della sua vita avventurosa la sua vita sentimentale fu determinante per il suo
destino e per il modo in cui concepì i rapporti tra uomini e donne nella società nel suo romanzo
pedagogico, il modo in cui egli percepisce il percorso dell’educazione affettiva e sessuale di Emilio
e Sofia, alcuni interpreti vi hanno rilevato della misoginia egli ebbe inoltre numerose amanti e
alcuni figli naturali, che lasciò al loro destino, non volendo e non potendo occuparsene come padre.
Elementi fondamentali del pensiero di Rousseau: si trovano meglio espressi nell’Emilio:
 stato di natura e condizione dell’uomo in esso né la storia, né il progresso, né l’agire
umano sono per R. orientati verso un miglioramento ed una crescita continua se per
natura si intende ciò che esci dalle mani del suo Creatore, l’opera dell’uomo appare capace
soltanto di una contaminazione progressiva corrispondente alle degenerazioni della vita
sociale e della storia umana la società deturpa ciò che Dio ha creato ispirazione
religiosa evidente (che non si conciliò mai però né con la Chiesa cattolica, né con le varie
denominazione protestanti) il suo fu ciò che filosoficamente si definisce deismo.
 l’uomo nello stato di natura si trova nella condizione primordiale che gli permetterebbe
di sviluppare tutte le sue potenzialità, e di raggiungere la massima felicità possibile la
storia del genere umano appare invece una degenerazione progressiva, dovuto allo sviluppo
della società, con la progressiva distinzione degli individui in gruppi sociali i ritualismi e
gli ordinamenti estrinseci ingabbiano l’uomo in una serie di regole e di limiti ai quali deve
adattarsi se non vuole cadere nell’alienazione e la solitudine in questa prospettiva,
l’educazione non è che adattamento alla situazione sociale che ciascun essere umano trova
alla nascita se tutto ciò che il Creatore forgia è buono per natura, è la società a
deturparlo nelle mani dell’uomo tutto si trasforma in negativo l’unico cambiamento
auspicabile sarebbe un ritorno allo stato di natura.
 La filosofia di Rousseau non può considerarsi estranea all’Illuminismo, anche se essa
rappresentò storicamente il suo <<superamento>> (soprattutto sul piano della
concezione della storia e della critica dell’idea di progresso) R. confuta la tesi emersa
dalla disputa tra i sostenitori della cultura antica e quelli della modernità il rapporto tra la
filosofia di Rousseau e quella illuministica è difficile da configurare, in quanto nella sua
opera si possono trovare sia una quantità di motivi consonanti con la corrente, sia la sua
posizione più originale e autonoma:
a)la consonanza più rilevante consiste nel fatto che R. coglie e fa sua la critica degli
illuministi all’antico regime ad un sapere pieno di convenzioni e fondamentalmente ipocrita
e ideologico;
b)egli però supera l’illuminismo nel senso che il suo pensiero politico si muove in direzioni
ben più radicali di quelle dell’illuminismo prerivoluzionario, sostenendo un ordinamento
democratico utopistico non funzionale alla rivendicazioni degli interessi di parte (sia della
borghesia, sia delle parti più deboli e meno rappresentate) radicalismo democratico che si
associa alla critica dell’idea di progresso e della sua illusorietà pur riconoscendo l’odiosità
dell’antico regime (ai suoi occhi ingiusto e da superare), è difficile credere che egli avrebbe
interpretato la rivoluzione come un fenomeno capace di instaurare l’ordinamento
democratico da lui tratteggiato.
c)<<contratto sociale>> caposaldo dell’opera rousseauiana base di tutto l’ordinamento
politico delle società umane e presupposto della democrazia autentica si distacca dalle
raffigurazioni moderno dello Stato basate sull’ipotesi di un contratto politico tra governanti
e governatiin questa visione, il potere appare idealmente esercitato in modo diretto dai
cittadini che decidono assemblearmente quindi egli delinea uno Stato di democrazia
diretta (contraddicendo a priori quello che sarebbe stato lo sviluppo delle forme
democratiche di governo posteriori all’era rivoluzionaria)
d)Rousseau si distacca dall’alveo principale dell’illuminismo per la sua critica all’idea di
progresso
Emilio: romanzo che compendia la concezione pedagogica di Rousseau, e nello stesso tempo sintesi
di tutto il suo pensiero la scelta della forma letteraria corrisponde a motivazioni e funzioni
espressive da un lato, il romanzo è un prodotto tipico della nuova sensibilità, ed esprime
plasticamente l’interesse per la storia, che si snoda attraverso le vicende dei singoli individui come
dei popoli interi dall’altro consente al suo autore di mostrare meglio l’evoluzione umana e la
dinamicità intrinseca della sua natura probabilmente, inoltre, la scelta del romanzo rispondeva
anche ad una tendenza antirazionalistica implicita in tutto il suo pensiero l’uomo è innanzitutto
un essere che abita il tempo, e nessuna definizione astratta può essere isolata dalla considerazione
della dimensione temporale dell’esistenza l’educazione diventa dunque un banco di prova, e allo
stesso tempo una metafora ontologica necessaria per parlare dell’uomo senza astrazioni riduttive.
Nuova Eloisa: romanzo sentimentale significativo anche per comprendere la sua concezione della
donna e dell’amore inaugura un nuovo modo di concepire la vita sentimentale ed affettiva
gusto già <<preromantico>> visione del matrimonio basata sull’amore vera e propria
<<novità>> nella storia della famiglia in Occidente l’amore è l’unica giustificazione dell’unione
sessuale e matrimoniale per Rousseau la famiglia stessa trova la sua legittimità soltanto nel
sentimento che dovrebbe essere alla base dell’unione coniugale il romanzo narra la storia di un
amore giovanile e contrastato, che compendia la storia d’amore meno romanzata dell’Emilio (con le
nozze con Sofia).
Discorso sulle scienze e sulle arti: sottolineature del valore dei saperi per la società riecheggia
motivi illuministici, ma si orienta già verso una valenza critica del sapere nei confronti della
società Rousseau si manifesta qui come intellettuale <<legislatore>> portatore di un sapere ben
consapevole del valore euristico, pratico e innovativo che le scienze, le arti e i loro cultori
rappresentano per una società bisognosa di rinnovamento.
Dialogo sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza tra gli uomini: romanzo che individua
come vero motore di una trasformazione sociale non già la ragione (come sostengono gli
illuministi) quanto piuttosto una radicale contestazione delle convenzioni vigenti, anche in ambito
filosofico è uno dei testi più controversi e rappresentativi di Rousseau le critiche più severe
rivolte al romanzo furono di carattere pedagogico proposta di un’educazione certamente tanto
libertaria da risultare rivoluzionaria rispetto alle prassi più diffuse.
tutta la storia successiva delle idee pedagogiche è animata dal dibattito intorno alle prospettive
aperte da Emilio descrizione in forma romanzata delle grandi tappe dell’evoluzione pedagogica,
culturale e morale di un bambino, a ciascuna delle quali è dedicato un libro quella di Rousseau è
dunque la prima pedagogia a fondarsi sul percorso psicoevolutivo del bambino, ribaltando
l’impostazione tradizionale di una pedagogia fondata su idee e principi a priori.
Natura, uomini e cose: sono i tre maestri dell’essere umano che cresce natura influsso
veramente positivo, dato che gli uomini (ovvero la società) e le cose possono esercitare influssi
ambivalenti di conseguenza, l’unico e autentico principio pedagogico è l’affermazione di
un’educazione <<secondo natura>> ad una crescita armoniosa e positiva serve innanzitutto la
libera espressione della propria intelligenza attraverso l’interazione con l’ambiente fisico e sociale
sotto la cura attenta dell’educatore (il cui compito è quello di prevenire ogni possibile esperienza
negativa il precettore di Emilio infatti concentra il suo impegno nel predisporre oggetti ed
ambienti per le esperienze in prima persona del bambino a lui affidato) educare significa
insegnare a vivere (non nell’accezione utilitaristica) nel senso che l’insegnamento e la relazione
tra adulto e bambino deve essere improntata alla concretezza di ciò che è effettivamente
proficuo alla vita sociale, senza la retorica e la pedante erudizione della scuola tradizionale .
Educazione familiare: definita in maniera anticonvenzionale per l’epoca la famiglia è il luogo
degli affetti, ed è sull’affetto che si fonda anche l’opera educativa del padre e della madre devono
offrire ai figli opportunità di crescita libera nella sicurezza di poter contare sempre sulla famiglia
come luogo sicuro per coltivare le relazioni più autentiche.
Qualità dell’educatore e dell’allievo: l’educatore deve essere capace di riconoscere i bisogni e le
qualità di coloro che gli sono affidati, lasciandoli liberi di sviluppare le proprie propensioni e
capacità; l’allevo deve rispettare la libertà e l’autonomia ricevute entrambi devono possedere le
doti tipiche dell’umanità autentica. Uno dei tratti più “utopistici” della proposta pedagogica di
Rousseau è la raccomandazione che l’educazione di Emilio debba avvenire in campagna
vicinanza con la natura e possibilità di relativizzare i danni della vita sociale (specialmente se
troppo precoce) nella finzione del romanzo, Emilio è figlio di una famiglia agiata, che vive nella
sua dimora di campagna, ed è affidato ad un precettore privato (situazione rara all’epoca) questo
aspetto ha indotto gli interpreti ad affermare che il portato del romanzo sia ideale le indicazioni di
R. non si adattano concretamente ad un contesto e a un sistema formativo che preveda uguali
prerogative per tutti utopia, aristocraticismo che non contempla la scuola come principale
luogo della formazione umana. La grandezza di Rousseau consiste anche nella novità di
affermazioni di grande profondità esistenziale (es quelle sul suolo che ha l’esperienza del dolore
nella formazione dell’individuo il dolore è presente nella vita dell’uomo, e l’educazione non può
far a meno di contemplarlo, per prepararlo alla vita) occorre riconoscere al bambino una pienezza
di personalità che lo ponga in contatto con la vita reale, nel rispetto però dei suoi tempi di
maturazione l’educazione deve dunque essere indiretta per garantire al bambino la massima
libertà possibile non si può diventare adulti liberi senza aver già fatto l’esperienza della libertà e
del suo uso durante l’infanzia e l’adolescenza tesi condivisa dai grandi esponenti dell’educazione
“nuova” ed “attiva” (Dewey, Ferriére, Montessori). Egli è anche contrario alle forme
intellettualistiche tipiche dell’insegnamento tradizionale pedagogia contraria ad un eccesso di
ragionamento con i bambini, ai quali è preferibile proporre modalità di apprendimento che ricorrano
alla loro esperienza diretta. con Rousseau, il tema del rapporto tra autorità e libertà diviene il tema
fondamentale della filosofia dell’educazione modernamente intesa (e non è esagerato sostenere che
anche la filosofia dell’educazione contemporanea verta innanzitutto su questa riflessione) qui si
ritrova anche una preziosa testimonianza della necessità di una dimensione filosofica nella
riflessione sull’educazione dimensione riflessiva evidente in una delle principali tesi di
Rousseau educazione “negativa”  gli educatori non dovrebbero intervenire direttamente nella
formazione di coloro di cui si prendono cura, meno che mai imponendosi con premi e punizioni, ma
<<evitando>> intromissioni sempre ambigue, anche quando fossero giustificate. L’importanza
dell’esperienza condotta in prima persona è ribadita dal fatto che in questo approccio anti-
intellettualistico ed esperienziale, un ruolo centrale è rivestito dall’educazione dei sensi la radice
del sapere umano risiede nella percezione è dunque da privilegiare il concreto sull’astratto,
rifiutare l’insegnamento libresco a favore di un contatto diretto e dell’indagine personale
dell’allievo.
rapporto tra sapere e fare il secondo è da privilegiare rispetto al primo
l’educazione deve essere anche diretta ad insegnare l’utile non nel senso di un tornaconto
personale, ma in una prospettiva di aderenza alla vita reale in questo processo è importante anche
l’errore è importante permettere al bambino di compiere il processo d’apprendimento secondo i
suoi tempi questo vuol dire poter aspettare a lungo o, nei casi più problematici, diversificare i
percorsi a seconda della prontezza degli allievi.
Educazione morale e religiosa: Rousseau vi dedica il quarto libro dell’Emilio quello di R. è un
deismo caratterizzato da una forte fiducia nell’essere umano buono per natura, così come è stato
voluto dal suo Creatore.
Vita affettiva dell’essere umano: anche qui troviamo una prospettiva <<genetica>> la crescita
avviene nel tempo il bambino, giunto alle soglie dell’adolescenza, vive una seconda nascita
attraverso la scoperta dell’altro sesso.
Formazione morale: “secondo passo” verso l’età adulta l’adulto non deve omettere di presentare
al bambino le principali norme guida del comportamento morale, lasciando che il libero agire faccia
comprendere le conseguenze delle azioni compiute (senza imposizioni o punizioni).
Insegnamento religioso: visione di Dio e del mondo creaturale improntata all’idea cristiana degli
esseri come immagine di Dio stesso se ogni essere porta in sé qualche riflesso della divinità,
allora non è possibile che esista il peccato nelle forme professate per millenni dalle Chiese il
peccato sarà semmai la degenerazione dell’ordine naturale ad opera dell’uomo corrotto dalla vita
sociale la religiosa rousseauiana si indirizza quindi al culto e alla custodia della natura,
svalutando l’elemento ritualistico delle celebrazioni religiose essa afferma piuttosto l’elemento
etico della fede.
Formazione femminile: vi ragiona nell’ultima fase della formazione di Emilio, quando questi
incontra Sofia in questo caso dimostra di avere idee meno avanzate che in altri ambiti, dato che in
fondo, l’educazione della donna deve essere rivolta al matrimonio, e quindi deve essere formata in
vista dei compiti domestici R. non contempla un ruolo pubblico per la donna più debole
dell’uomo, più volubile e incostante (sia sul piano intellettuale sia sul piano degli affetti) ma vale
anche per lei l’educazione libera, secondo natura, <<negativa>> si potrebbe dire che egli sostiene
la complementarietà del maschile e del femminile sul piano antropologico e sulla base della sua
concezione della natura. Giunto alle soglie della sua maturità, Emilio è pronto per il viaggio che
metterà a verifica ciò che ha appreso e che è diventato tema del viaggio “pedagogico”
(prerogativa dei giovani di un certo lignaggio) attraversa tutta la cultura settecentesca. L’ultimo
momento del romanzo è quello delle nozze tra Emilio e Sofia qui R. sostiene le ragioni della
famiglia naturale l’uomo ben fatto deve dedicare le sue energie alla costruzione di una famiglia
(prima cellula della società naturale) insieme alla sua amata, impegnando al contempo ad essere un
cittadino giusto deve conciliare l’etica della vita domestica con l’etica pubblica.
CAP VIII-NATURA ED EDUCAZIONE: PESTALOZZI
Pestalozzi declina in prospettiva pedagogica l’esaltazione della natura, intesa non più come
specchio di un ordine ad essa trascendente, ma in se stessa uno degli atteggiamenti più essenziali
dell’atteggiamento romantico Pestalozzi infatti fu colpito dalla lettura dell’Emilio la sua opera
letterarie e pedagogica risente dell’influsso di Rousseau in ogni pagina, e la ‘teoria’ che egli vi
espone è costantemente ispirata a motivi rousseauiani se il carattere utopico dell’Emilio è stato
costantemente sottolineato dagli interpreti, la pedagogia pestalozziana vuole assumere un indirizzo
tutto pratico e concreto l’intuizione fondamentale di P. consiste nella comprensione della
centralità del ruolo materno nell’educazione esito dell’esaltazione della natura come la
natura ha in se stessa le proprie ragioni ed è autosufficiente, così lo sviluppo naturale dell’essere
umano può avvenire nel modo migliore attraverso i rapporti naturali con i genitori ed i familiari
(infatti P. reputa del tutto sufficiente all’opera educativa il buonsenso di cui la madre è fornita,
senza una formazione o dei saperi particolari) questa caratteristica della sua pedagogia è del tutto
nuova risetto al passato, in quanto attribuisce alla donna una responsabilità sociale di grande rilievo,
non avvertita in maniera costante o piena in precedenza.
Pestalozzi fu educato da insegnanti che propugnavano gli ideali della rivoluzione francese, e fu in
questo contesto che la stessa lettura dell’Emilio divenne un evento assolutamente centrale nella sua
formazione egli tuttavia subì le conseguenze della professione dei propri ideali rivoluzionari,
incontrando molte difficoltà nella costruzione di una strada personale negli studi e nella
professione una volta constatata la sua inadeguatezza nell’impegno politico, egli trovò la sua
vocazione di educatore come l’espressione migliore del suo spirito libertario tuttavia, anche le
sue iniziative educative furono costellate di crisi, e non di rado si conclusero con insuccessi che
minarono la sua salute e la sua personalità.
Come Gertude educa i suoi figli: capolavoro teorico di Pestalozzi Gertrude è la madre che, pur
non possedendo solide basi culturali, educa adeguatamente i propri figli attraverso una vita di
famiglia e di villaggio operosa, fatta di tante piccole occasioni concrete per un insegnamento
intuitivo capace di impartire anche le conoscenze astratte (l’aritmetica) la virtù ed il carattere,
così come la cultura formale, si infondono attraverso il lavoro, attraverso l’esercizio dell’attenzione
e della memoria doti che devono essere sostenuta dalla cura dei genitori e degli educatori.
Istituto di Burgdorf: la sua apertura, con l’aiuto di un gruppo di insegnanti, fu il momento centrale
nella vita di Pestalozzi  qui trovano la loro esposizione sistematica le idee esposte nel suo
capolavoro dopo la chiusura di questo, ne aprì un altro, ad Yverdun esperimento significativo
ma segnato dalle discordie con i collaboratori, che alla fine compromisero tutta l’iniziativa.
Base della pedagogia pestalozziana: concezione della natura ad essa è collegata una forte critica
nei confronti della società, che deve essere trasformata radicalmente Pestalozzi confida che lo
strumento principale di questa trasformazione sia l’educazione stessa, che è efficace nella misura in
cui l’educatore è a conoscenza del processo di sviluppo del bambino.
Pestalozzi non modificò profondamente l’impatto rousseauiano si interessa dei contadini, e
trova nel loro mondo tutto l’occorrente per un’adeguata educazione di tutto l’essere umano ciò
che occorreva era una profonda riorganizzazione della scuola popolare (che fino ad allora si poteva
dire essere stata quasi inesistente nelle preoccupazioni dei governi e dei monarchi) per Pestalozzi
il progresso dell’umanità dipende dallo sviluppo degli individui, senza distinzione di classe
progresso inteso in senso non più individualistico (Emilio), ma in senso comunitario, e attraverso la
mediazione dell’insegnante. Sul piano didattico, Pestalozzi si accorge che la parola parlata precede
la lettura, e quest’ordine deve essere salvaguardato e valorizzato nello stesso insegnamento le
fasi del processo di apprendimento sono 3 dal punto di vista del bambino esse vanno dalle
intuizioni e impressioni confuse a quelle distinti di alcuni oggetti/elementi in particolare, fino alla
formazione delle idee, sulla base delle quali gli oggetti stessi sono conosciuti dal punto di vista
dell’insegnante, invece, il processo deve partire dalla considerazione dell’ultima fase come punto
d’approdo e come fine il compito dell’insegnante è infatti di guidare il bambino a mettere ordine
nelle sue impressioni confuse nella psicopedagogia pestalozziana è essenziale fare il modo che il
bambino sia in grado di compiere operazioni di <<selezione>> dell’esperienza separare gli
oggetti, riunire con l’immaginazione le intuizioni, impadronirsi delle idee con queste espressioni
P. indicava le fasi che avrebbero permesso al bambino di cogliere l’ordinamento di tutta la realtà
attraverso le caratteristiche fondamentali di ogni essere numero, forma e parola di
conseguenza, le materie di cui era composto il curriculum dovevano essere aritmetica, disegno, e
lingua la rilevanza di questa formulazione consiste nell’aver affermato che si deve partire non da
ciò che il bambino deve sapere, ma da ciò che può apprendere (ideale ancora oggi attuale) a
questo scopo, oltre alle materie stesse, l’educazione deve necessariamente avvalersi anche delle
abilità pratiche, dapprima attraverso movimenti naturali, poi attraverso l’esercizio fisico e il lavoro
vero e proprio.
Opere pestalozziane: sono quasi delle “confessioni” delle iniziative educative di Pestalozzi
stesso il suo racconto ricorda al lettore il principio fondamentale della conformità alla natura
l’originalità dell’autore sta nell’aver percepito la questione antropologica in tutta la sua serietà
<<per poter avere anche un lontano sentore delle ampie esigenze di tale conformità e natura,
occorre anzitutto domandarsi: che cos’è la natura umana? Quali sono i caratteri distintivi della
natura umana come tale? >>  la risposta consiste nell’affermare la specificità dell’essere umano
rispetto a tutti gli altri esseri viventi, ossia le attitudini e le facoltà essa vuole anche affermare
l’indeterminatezza dell’uomo rispetto alla sua consistenza biologica, la sua aspirazione a
oltrepassare il dato e il limite naturale <<l’educazione elementare deve essere riguardata come
idea dello sviluppo e perfezionamento conforme a natura del cuore umano, dello spirito umano,
dell’arte umana. >> le idee di Pestalozzi sono frutto del suo tempo, e soprattutto di un’adesione
sentita allo spirito romantico di conseguenza, l’educazione si confonde con il destino dell’essere
umano Pestalozzi insiste sull’unitarietà della vita e della personalità umane, indicando in questa
tanto una condizione dello sviluppo dell’essere umano quanto il suo fine essenziale, la meta da
raggiungere, e se ne mancasse la consapevolezza, tutto fallirebbe l’unità dell’uomo è data dalla
coincidenza di corporeità, interiorità e spirito l’educazione deve evitare lo sviluppo unilaterale
di queste facoltà a scapito delle altre inoltre, ciascuna facoltà, lo spirito, il cuore (sede dei
<<sentimenti>> nel linguaggio pestalozziano) e la corporeità richiedono una sensibilità pedagogica
specifica, e delle pratiche differenziate Pestalozzi rifiuta ogni forma di educazione che non
corrisponda a questo ideale se non si opera conformemente ad esso si deve parlare di educazione
inautentica nella vera educazione c’è un’ansiosa tensione verso la perfezione dell’essere umano,
vero obiettivo da perseguire: <<l’educazione vera, conforme a natura, è tale da condurre alla
brama di perfezione, alla brama di completamento delle facoltà umane>> l’unità dell’uomo è
posta da Dio stesso come fondamento del suo disegno sull’uomo e sull’universo, e dunque
un’educazione pervertita dal suo vero fine non farebbe che tradirlo un’umanità disarmonica vive
in un mondo privo di equilibrio, ed anche la vita sociale ne risulta fiaccata nessuna delle facoltà
umane deve sopravanzare l’altra, pena la smoderatezza e lo squilibrio, a dimostrazione che il suo
ideale di uomo consiste in una composizione armonica di tutto ciò che costituisce l’umanità .
In effetti Pestalozzi coltiva romanticamente soprattutto l’interiorità dell’essere umano,
rappresentando l’esito esteriore delle sue azioni come riflesso parziale di tutto ciò che avviene negli
spazi reconditi dello spirito in questo recupera pienamente la lezione di Rousseau. Deve anche
restare all’orizzonte della consapevolezza dell’educatore la variabilità delle leggi dello sviluppo per
quanto riguarda le singole facoltà la maturazione di ciascuna di esse segue percorsi distinti da
quelli di tutte le altre la conformità alla natura è data semplicemente dall’esercizio adeguato di
ciascuna facoltà (sia spirituale che pratica), senza forzature da parte dell’uomo questa legge
universale è rafforzata dal fatto che le facoltà stesse tendono naturalmente ad esigere un <<uso>>
adeguato per forma ed intensità ciò è evidente sia sul piano fisiologico e delle attività pratiche, sia
sul piano dello spirito tensione ad un <<uso>> adeguato che coincide con la tendenza
all’attività propensione della pedagogia e della didattica pestalozziane a rendere il bambino
libero di esercitare creativamente la propria vitalità il mancato esercizio atrofizza le facoltà
inutilizzate, determinando nell’essere umano tutta una serie di stati d’animo improduttivi o dannosi,
lo scoraggiamento e la rinuncia, o la rivalsa ingiustificata.
▪Educazione per Pestalozzi: percorso di elevazione eroica dell’individuo dallo stato primordiale,
naturale, <<animalesco>> a quello della spiritualità creativa, e se la sua pedagogia è caratterizzata
dall’esaltazione della figura materna, questo è perché il percorso richiede che il bambino sia nutrito
dell’amore di coloro che si prendono cura di lui qui la visione romantica dello spirito umano
creatore si salda con l’affermazione dei sentimenti umani più comuni, in una prospettiva pedagogica
molto attenta anche ai risvolti concreti e pratici di questa impostazione (sviluppati sulla base delle
propensioni personali di P. e delle esperienze contraddittorie che egli visse nella vita privata e in
quella pubblica).
CAP IX: L’IDEALE ROMANTICO: FROEBEL
La figura di Froebel (1782-1852) rispecchia il romanticismo nella storia dell’educazione la vita
di Froebel si identifica con la sua opera educativa, ed esprime quell’ideale tra coerenza di vita e
ricerca intellettuale che fu una delle caratteristiche più salienti della generazione romantica la
pedagogia froebeliana è ricca di elementi che la rendono profondamente partecipe della cultura
germanica del suo tempo:
1. educazione <<estetica>> di Schiller espressione di una nuova visione dell’uomo che
poneva in rilievo il valore della creatività e della spontaneità, dei sentimenti e delle
emozioni, ed il loro rapporto sempre problematico con le istanze della ragioneFroebel in
gioventù visse le vicende del periodo rivoluzionario e napoleonico, condividendo a)gli ideali
di rinnovamento che il Settecento aveva promosso, b)la consapevolezza del nesso
indissolubile, evidente soprattutto nella vita morale, che unisce ciascun individuo alla
comunità nazionale;
2. opera di Fichte Froebel condividerà le istanze etiche e politiche del nazionalismo
<<romantico>>, partecipando in prima persona alle guerre contro Napoleone.
Pedagogia froebeliana: amore per la natura (elemento tipico dell’atteggiamento romantico) la
natura è stata vista come depositaria del carattere misterioso del reale, come <<anima>> di un
cosmo nel quale l’uomo deve vivere rispettando quel rapporto simbiotico che è parte fondamentale
della sua felicità più autentica l’esperienza a contatto con la natura si impresse in modo indelebile
nella sua personalità, e si trasfuse nella sua impostazione pedagogica, anche grazie alla mediazione
della filosofia di Schelling.
3)Pestalozzi comune condivisione dell’ideale rousseauiano Froebel fu poi precettore di alcuni
allievi di Pestalozzi, e attraverso di loro conobbe il metodo e l’ispirazione ideale pestalozziani.
elemento fondamentale della pedagogia di F. è la convinzione di costruire, attraverso
l’educazione, la vera <<umanità>> l’opera educativa ha per fine quello di suscitare ed esprimere
nella maggiore pienezza ciò che è proprio di ogni uomo, al di là delle caratterizzazioni nazionali.
Realizzazioni di Froebel:
1. Giardino d’infanzia: istituzione da lui creata, il cui nome esprime l’indole di tutta la sua
pedagogia il giardino è il luogo in cui , attraverso la sapiente coltivazione dell’uomo, la
natura prende forma, raggiungendo una perfezione che non troverebbe altrimenti.
2. Raccolta di canti e filastrocche che hanno conosciuto una diffusione mondiale canto
come mezzo educativo, a tutte le età, ma soprattutto nel corso dell’infanzia.
3. L’educazione dell’uomo: è a questo scritto che ci si può rifare per cogliere l’ispirazione
fondamentalmente religiosa della sua pedagogia in effetti, essa presenta aspetti fortemente
problematici Froebel sostiene l’unicità di tutte le cose in Dio, con accenti che ad alcuni
sembrano legati ad una sorta di <<panteismo>>, derivatogli da una lettura alquanto
personale dell’idealismo schellinghiano nell’opera di Froebel si trovano riferimenti ad una
religiosità più legata al dato confessionale, alla Bibbia e ai dogmi cristiani (ed è dato di fatto
che la diffusione del froebelismo è avvenuta in alcuni paesi attraverso le istituzioni
educative della Chiesa cattolica) quella di F. è una concezione di Dio come <<spirito>>
sempre attivo la realtà, così com’è, è segno dell’opera divina, rispecchia l’unità assoluta
di Dio Froebel parte da una riflessione di carattere teologico per fondare la sua visione
dell’uomo e dell’educazione la molteplicità del reale indica l’esigenza di andare al di là
delle apparenze, e di cogliere il legame di tutte le cose tra loro, e l’essere più complesso
dell’universo, l’uomo, è a sua volta teso a ritrovare questa unità del molteplice almeno nel
pensiero, nello slancio conoscitivo Froebel è tra i primi ad intuire il legame stretto che
deve intercorrere tra l’educazione, il periodo dell’età evolutiva, e la vita nella sua totalità
la parabola dell’essere va dal molteplice all’unità l’essere umano, all’inizio della vita, è
una molteplicità di tendenze e di energie che aspirano a raggiungere un’armonia
nell’opera di F. il lavoro del bambino per la propria crescita assomiglia a quella dell’artista
romantico di fronte alle proprie creazioni come la personalità dell’artista si manifesta
nella molteplicità delle sue creazioni (che trovano il loro senso soltanto se riportate
all’indole unitaria della personalità del loro creatore), così il bambino stesso cerca l’unità del
proprio essere attraverso il contatto con la molteplicità del reale che incontra
nell’ambiente soggettività e oggettività sono legate indissolubilmente tra lorola
soggettività del bambino si incontra con l’oggettività del reale, della società, ed il
processo educativo consiste nell’unificazione di queste istanze solo apparentemente
irriducibili in questa prospettiva di ricongiunzione degli opposti, Froebel giungeva ad
un’interpretazione filosofica e vagamente “gnostica” dello stesso dogma trinitario
cristiano la Trinità di Dio si attuerebbe nell’universalità di Dio stesso, nella molteplicità
delle cose e nell’individualità dell’uomo l’universale, il molteplice e l’individuale
corrisponderebbero dunque alla Trinità, operando nello stesso momento una riduzione
immanentistica del trascendente ed inaugurando un filone di riflessione alquanto “esoterico”
(criticato a Froebel e ai suoi contemporanei, ma molto diffuso nella cultura del primo
Ottocento).
Concezione dell’uomo in Froebel: mantiene in equilibrio la visione ottimistica impressa da
Rousseau, e la consapevolezza religiosa dell’umana imperfezione l’uomo può però superare la
propria finitudine se e in quanto aspira ontologicamente alla perfezione ciò che caratterizza
l’uomo è lo spirito definito nei termini di quella <<autocoscienza>> che l’idealismo tedesco
aveva sottolineato autocoscienza di sé che è nello stesso tempo coscienza del cosmo intero, apice
dell’essere anche l’uomo deve percorrere uno sviluppo interiore che corrisponde allo sviluppo del
reale nella sua totalità, che lo spirito umano unifica e porta a compimento sul piano pedagogico,
questa visione porta ad un atteggiamento di religioso riconoscimento dell’uomo come l’essere
che è in grado di <<maturare>> la propria interiorità lo stesso vale per gli altri esseri viventi,
con la differenza che ciò che caratterizza il processo nell’uomo è la sua consapevolezza (capacità di
controllo e di direzione) essere portatori dell’autoconsapevolezza significa essere consapevoli
della propria essenza e del divino che si porta in sé segni della lettura froebeliana dell’idealismo
tedesco (ed in particolare di Schelling), anche se quella di F. è una rielaborazione personale,
certamente più incerta sul piano speculativo, ma il cui punto di forza è il costituire una nuova
concezione del rapporto educativo l’autoconsapevolezza dell’essere umano comporta
l’affermazione dell’esigenza che il bambino sia lasciato libero pratica educativa molto
originale, in quanto la libertà del bambino è affermata fin dai primi stadi della sua vita come
esigenza “ontologicamente fondata”, non solo come petizione di principio il punto di partenza di
Froebel consiste nell’affermazione di una “legge eterna” presente in tutte le cose la realtà è
dunque fatta interiormente di spirito ed esteriormente di materia, ma queste due non sono in
opposizione dualistica egli afferma, al contrario, l’unità intrinseca di tutto il reale (ispirazione
chiaramente idealistica) quest’unità è Dio tutto si è originato dal Divino, e tutto è condizionato
dal Divino, tutto sussiste nel divino, tutte le cose esistono solo perché il divino opera in esse allo
stesso modo accade all’uomo, chiamato a riconoscere e a rivelare il divino, Dio stesso nell’esercizio
adeguato della propria libertà su questo caposaldo si regge tutta la prospettiva di Froebel la
“scienza dell’educazione” è per Froebel la conoscenza della vita attraverso il riconoscimento
consapevole della legge del divino negli esseri ad essa corrisponde anche una concretizzazione
pratica che Froebel chiama “arte” il presupposto della pedagogia è quindi la definizione del fine
principale a cui devono orientarsi la scienza e l’arte dell’educazione, il cui fine è la “saggezza”
l’educazione, così, è rivolta dall’educatore agli altri, ma anche a se stesso, e coincide con il
cammino esistenziale dell’uomo il suo compito è di suscitare la consapevolezza del divino nei più
giovani, fin dall’età più tenera per realizzare questo fine, l’arte dell’educazione deve privilegiare
l’interiorità dell’uomo  riconoscere i segni della legge interiore nell’esteriorità delle
manifestazioni e dei comportamenti al di là di essi avrebbe apportato di per sé un grande beneficio
sociale e pedagogico di qui la regola pratica del riconoscimento dello sviluppo personale
(atteggiamento giustificato da una concezione ottimistica della natura di tutte le cose e dell’uomo
ogni uomo, a prescindere dalla condizione, è per F in grado di riconoscere e di perseguire il bene
autentico per sé)  compito dell’educatore deve essere quello di assecondare una ricerca che, se
mantenuta nell’alveo del suo orientamento naturale, non può che essere positiva il contatto con la
natura, inoltre, suggeriva a F di consigliare ai suoi contemporanei di prendere in seria
considerazione la continuità tra il mondo naturale e quello umano, e le esigenze che ne scaturiscono
sul piano educativo quindi l’educazione avrebbe dovuto liberarsi da tutte le consuetudini
opprimenti che la caratterizzavano l’idealismo froebeliano richiede un’idea che guidi l’intero
processo, come manifestazione interiore/esteriore del divino che va prendendo forma nell’essere
umano il modello non dovrà coartare la creatività dello sviluppo del singolo essere umano
<<Gesù stesso nella sua vita e nel suo insegnamento combatte sempre l’attenersi ad un esemplare
esteriore >> creatività da non sopprimere mai in questo Froebel offre al suo lettore una
stimolante interpretazione dell’antropologia cristiana, dell’idea che l’uomo sia <<immagine>> di
Dio probabilmente è su questa <<cristologia>> che si fonda la ricezione, nell’Ottocento e nel
Novecento, in ambito cristiano, protestante e cattolico, di una pedagogia come quella froebeliana,
lontana dalla tradizione educativa delle chiese europee.
la vera novità per il suo tempo, e che sarà sviluppata soltanto nel Novecento, è l’intuizione di una
reciprocità di posizioni tra educatore e allievo, tra genitore e figlio i rapporti educativi, per evitare
che siano caratterizzati dall’oppressione dell’autorità o dal permissivismo sterile della libertà
fraintesa, i rapporti educativi devono essere concepiti con la consapevolezza che tra educatore
ed educando deve collocarsi l’idea del divino nel processo di maturazione la libertà umana è
mezzo e fine, ed esso è un processo interiore si svolge dalla pura energia degli stati istintuali
infantili fino agli impulsi formativi che si manifestano nel bambino a partire dai primi anni di vita
Froebel è il primo osservatore del comportamento infantile che individua nei primissimi anni di vita
una continuità e una rilevanza rispetto alle fasi successive dello sviluppo questo processo avviene
anche dall’esterno, attraverso l’opera degli adulti altrimenti lo slancio del bambino sarebbe privo
di meta e contraddirebbe lo stesso spirito della crescita.
Istanza della libertà: definita da Froebel in forma estremamente concreta il froebelismo è stato il
movimento pedagogico che ha affermato l’esigenza di abolire ogni genere di coercizione o di
imposizione nelle pratiche educative rivolte all’infanzia, ma proponendo anche una prospettiva di
stampo libertaristico anche per quanto riguarda le fasi successive dello sviluppo l’idealismo
froebeliano legge tutta la vicenda esistenziale alla luce della riconciliazione degli opposti (spirito e
materia, uomo e donna, animale e pianta, interiore ed esteriore, individuo e ambiente), la cui
opposizione è tale soltanto in apparenza ad essere in opera è lo spirito, entro il quale ciascun
essere deve trovare la propria armoniosa collocazione in un destino di ricomposizione cosmica la
prospettiva della ricomposizione degli opposti è messa al servizio di una chiarificazione della logica
intrinseca del processo educativo interiorizzazione degli elementi esterni (assimilazione da parte
del bambino della cultura proposta dal mondo adulto) e esteriorizzazione degli elementi interni
(attraverso la progressiva capacità del bambino di adeguarsi al mondo adulto e di manifestarvi se
stesso con le proprie produzioni e prese di posizione), contribuendo così alla crescita della stessa
società.
Gioco: crescere significa annullare le differenze e le distanze tra gli opposti, e stabilire connessioni
ricche di significato tra gli elementi del mondo esteriore ciò può avvenire grazie al gioco, attività
fondamentale dell’infanzia la sua pedagogia è la pedagogia del gioco <<per eccellenza>>
esso con F assume dignità educativa (mentre in passato era sempre stato considerato mero
intrattenimento) per mezzo del gioco il bambino può osservare il mondo esterno ed assimilarlo,
tanto che una delle grandi intuizioni di F riguarda l’interpretazione delle modalità e delle tendenze
spesso distruttive che i bambini manifestano nei loro giochi egli inoltre riconosce il carattere
simbolico dei giochi e degli oggetti che i bambini usano nel gioco una parte rilevante del metodo
froebeliano è costituita dai cosiddetti <<doni>> quegli oggetti che il bambino riceve
dall’educatore per giocare l’oggetto più celebre è la palla, giocando con la quale il bambino
acquisisce la percezione dell’essere, dell’avere, del divenire, del passato, del presente e del futuro,
sempre attraverso il linguaggio del gioco F mette in evidenza il valore morale dei simboli
infantili, il loro legame con la vita degli adulti, e quindi con la società assunti che valgono anche
per le età successive  se è vero che l’adolescenza è segnata dal passaggio dal gioco all’istruzione,
e dal sentimento al pensiero, l’articolazione del curriculum che Froebel propone agli educatori
rispecchia gli assunti di fondo della sua pedagogia materie di studio: religione, scienza naturale
(attraverso la quale il bambino coglie la manifestazione di Dio nella molteplicità dei fenomeni e
nell’individualità degli esseri, con un’importanza particolare data alla botanica), la lingua (che
permette di esprimere i rapporti tra le cose ed il pensiero), l’arte (canto, disegno, pittura, plastica),
giardinaggio e allevamento di animali la pedagogia di Froebel, pur basata su un pensiero che a
tratti si confonde con quello di un <<visionario>>, dà vita ad un modo molto concreto di concepire
la struttura didattica della scuola, una vera e propria <<rivoluzione>  egli era ben consapevole
che questa prospettiva si incontrava con il punto di vista privilegiato del bambino/allievo stesso
quando la pedagogia di Froebel si diffuse nei vari paesi europei (dando vita ad un sistema di
istituzioni per l’infanzia, chiamati <<giardini>>), il senso ideale di questa diffusione fu
l’affermazione del valore dell’infanzia e del rispetto dovutole dal mondo adulto ideale
riconosciuto anche da coloro che misero in dubbio la validità del froebelismo, sia rispetto ai
principi, sia rispetto al metodo .
CAPITOLO X: LE PEDAGOGIE NELL’EPOCA DELLA “MOBILITAZIONE”:
HERBART
L’Ottocento pedagogico è quasi <<dominato>> dalla figura di Herbart (1776-1841), che cominciò
ad esercitare un influsso decisivo sul pensiero pedagogico europeo solo relativamente tardi per
buona parte della sua vita fu infatti sovrastato dall’egemonia idealistica sul piano propriamente
filosofico il suo pensiero rimase su posizioni secondarie anche dopo il tramonto dell’idealismo al
quale si sostituirono con successo ben maggiore altre filosofie, da quella di Schopenhauer al
positivismo Herbart divenne importante nella cultura europea grazie al successo conseguito dalla
sua visione dell’educazione attraverso la revisione di alcuni tra i suoi più stretti allievi e
collaboratori  è possibile identificare (almeno in via ipotetica) la sua pedagogia con i motivi della
cosiddetta <<grande mobilitazione>> che secondo Taylor caratterizzò la fase secondo ottocentesca
della modernità e della secolarizzazione Herbart rimase estraneo agli sviluppi dell’idealismo, e
diede vita ad un sistema filosofico che definì, proprio in contrapposizione all’idealismo, con il
termine “realismo”.
Compendio delle lezioni di pedagogia generale (1835) esposizione più compiuta del suo sistema
pedagogico, interessante anche per l’attenzione dedicata alla descrizione dell’età evolutiva, con
capitoli specifici sui singoli periodi.
Pensiero di Herbert: l’indole fondamentale del suo pensiero e della sua visione dell’educazione
privilegia una concezione della realtà per la prima volta chiusa entro i limiti della finitudine
visione dell’uomo come essere il cui carattere riceve le sue caratteristiche totalmente dall’esterno,
nel rapporto con l’ambiente sociale e attraverso l’assimilazione della cultura è per questo che si
può parlare di lui come espressione dello spirito di <<mobilitazione>> sforzo di predisporre un
sistema di vita e una struttura sociale in grado di compiere per la prima volta il progetto di un
controllo umano totale sulla realtà.
Pedagogia herbartiana: fu lo strumento per attuare l’ideale positivistico in campo educativo, e
attraverso di esso, diffonderlo nell’intera società.
Psicologia herbertiana: molto articolata anima come “tabula rasa” la mente si sviluppa
dall’esterno, nel contatto con gli altri uomini, non dall’interno non si tratta di un’idea nuova nella
filosofia occidentale nei 3 secoli precedenti si era affacciata ripetutamente, con connotati sempre
più precisi Herbart diviene piuttosto il portatore di questa concezione in una psicologia articolata
che non ricorre più a distinzioni di piani per spiegare la vita della mente e del comportamento
umano, e trasfonde questa prospettiva in uno strumento teorico-pratico per la formazione
dell’uomo.
Rappresentazioni mentali: sono delineate come effetto di “forze”, e non hanno ragion d’essere in
sé, ma sono piuttosto la risultante delle influenze esercitate sulla mente dall’esterno l’influsso di
queste forze è determinato nel tempo ed è rappresentabile come una parabola la variabile del
tempo è essenziale l’uomo è frutto di un sistema di forze che si esercitano nel tempo
principio che avrà grandi sviluppi in campo pedagogico nella vita mentale si presentano
continuamente conflitti tra rappresentazioni differenti in base alla loro forza relativa allo stesso
modo, si costituiscono complessi di rappresentazioni più o meno armonici, alcuni coscienti e in
primo piano, altri inconsapevoli e remoti la mente, nella sua globalità, è costituita da complessi di
rappresentazioni più o meno integrati.
Fine dell’educazione per Herbart: riassunto nel concetto di “moralità” insieme delle
rappresentazioni ordinate che la volontà unifica e tiene insieme la sua visione è una forma di
intellettualismo la volontà deriva dal pensiero e dai sentimenti verso gli altri di conseguenza,
una cattiva volontà è segno di rappresentazioni mentali inadeguate l’obiettivo dell’educazione è
di raggiungere l’armonia dell’essere psicofisico data dalle 5 idee fondamentali: libertà interiore
perfezione (completezza) benevolenza, diritto (giustizia) ed equità (sia sul piano individuale sia su
quello sociale) le idee/virtù si richiamano reciprocamente e sono richieste tutte e 5 (singolarmente
non servono allo scopo) nei vari momenti dello sviluppo, l’idea trainante è quella di perfezione,
raggiungibile attraverso l’instaurarsi delle abitudini appropriate il mezzo per raggiungere è
l’istruzione educativa l’istruzione dà vitalità all’intelletto e l’educazione dà forza al carattere
l’educazione non ha valore se manca dell’istruzione.
Concetto di istruzione di Herbart: per realizzarlo era necessario considerare i fattori dello sforzo
intellettuale: intensità (legata all’interesse), l’estensione (richiede l’allargamento multilaterale
dell’interesse personale), e la concentrazione (curando la costituzione di insieme coerenti tra
interessi per intensità e varietà diversi):
1. l’interesse è in effetti ciò che conduce allo sforzo <<serio>>( tutta la prospettiva herbartiana
è caratterizzata dalla severità dell’atteggiamento e dell’atmosfera educativa)
2. l’attenzione veramente utile è <<appercettiva>> attenzione che permette al soggetto di
rendersi conto della significatività dello stimolo ricevuto dall’ambiente o dal maestro.
Il metodo herbartiano è fatto anche di una metodica complessa, volta a garantire la giusta
distribuzione e intensità degli interessi, attraverso un adeguato assorbimento e riflessione da
parte del bambino, e la corrispondente cura dell’insegnante a rispettare i momenti della
presentazione dei contenuti attraverso l’associazione con ciò che è noto, la sistematizzazione
delle connessioni e all’applicazione a casi nuovi.
Herbart inoltre elaborò una classificazione degli interessi nell’età evolutiva, individuando due sfere
distinte: una relativa alla natura delle cose articolata in interessi empirici, speculativi ed estetici;
una relativa alla vita socialesuddivisione tra interessi simpatetici, sociali e religiosi.
A prescindere dall’artificiosità di queste distinzioni, questa classificazione divideva il curriculum in
due sezioni: 1)storico letteraria fondamentale, per H. ai fini di uno sviluppo morale; 2)scienze
naturali, matematica e geografia
Herbart fu, forse, il pedagogista che esercitò la maggiore influenza sui metodi d’insegnamento
praticati nelle scuole di tutta Europa dell’Ottocento la sua pedagogia può essere considerata
l’ultima espressione di una riflessione sull’educazione di stampo prettamente filosofico è una
delle grandi voci della filosofia postidealistica dell’Ottocento.
Pedagogia di Herbart: fu tutta orientata a stabilire le regole di un metodo d’insegnamento efficace
ed efficiente, cercando di conciliare l’esigenza di trarre il massimo possibile dai singoli allievi con
quella di un’organizzazione scolastica stabile e produttiva RISULTATO: pedagogia che aveva
come arma e fine principale l’ordine (rendendosi così del tutto funzionale allo spirito dell’epoca e
alle richieste provenienti dai responsabili politici delle nazioni in cui il metodo si diffuse
maggiormente) il fatto che l’ordine fosse il presupposto necessario di qualsiasi opera educativa si
vede nella descrizione che Herbart fa dell’età evolutiva egli considera il metodo alla luce della
“immaturità” dell’allievo, e della necessità di sollecitarlo al contatto con i fondamenti della cultura
“adulta” <<i primi inizi dell’insegnamento sintetico, il leggere, scrivere, far di cont, gli elementi
più facili del combinare e i primi esercizi d’intuizione, rientrano negli ultimi anni [7-8 anni], anche
se il fanciullo non è ancora capace di perseverare in un’attenzione uniforme per un’intera ora.
Allora ci si accontenta di tempo più breve, poiché il grado di attenzione è più importante della sua
durata>>.  nel suo metodo, tutto deve essere collocato secondo un processo graduale per cui
alcune capacità risultano essere innate o precoci, mentre altre richiedono necessariamente
l’intervento dell’adulto il principio della gradualità è certamente giusto, ma rischia di inaridirsi in
un orientamento fisso e rigido, che provocherà la crisi dello stesso movimento di Herbart il
presagio di questa degenerazione si trova nello stesso Herbart nel momento in cui definisce i gradi e
le modalità dell’insegnamento nei singoli periodi dell’età evolutiva il grande merito di questa
pedagogia resta quello di aver sottolineato la necessità di un passaggio per stadi, dal concreto
all’astratto, attraverso il gioco ciò vale per l’insegnamento matematico, per la geometria, per
l’aritmetica, ma anche per l’insegnamento linguistico mostra intuizioni di rilievo, come ad
esempio la propedeuticità del disegno alla scrittura su queste basi si svilupperà per oltre 50 anni
una ricca editoria scolastica.
La preoccupazione di Herbart era di ottimizzare il tempo e di produrre effetti uniformi,
riconoscendo anche il valore dell’esempio e dell’emulazione.
Psicologia evolutiva: elaborata sulla base di osservazioni intuitive di carattere non scientifico
appare segnata dalla preoccupazione per cesure nette, per l’individuazione di criteri
discriminanti e al servizio dell’opera di selezione dell’adulto <<la linea di demarcazione della
preadolescenza rispetto alla precedente fanciullezza sta nel fatto che il preadolescente, se lo si
lascia andare, si allontana dall’adulto, in quanto egli, quando è solo, non si sente più insicuro
come il bambino, ma credere di conoscere sufficientemente la sua vicina cerchia di esperienza>>
allora subentra l’intervento ordinatore dell’adulto, che deve trattenerlo, distribuirgli il tempo,
moderare le sue idee in fiducia in sé il bambino, e poi l’adolescente, sono spesso definiti e
descritti come esseri immaturi, insicuri (il preadolescente non ha ancora nessun fine stabile, sogna
per sé una virilità che consisterebbe nella forza dell’arbitrio, e l’istinto di giocare rimane a lungo)
è necessario che l’opera educativa lo adatti al mondo adulto questo implica un allargamento
progressivo della prospettiva del bambino, attraverso l’acquisizione di significati nuovi. È inoltre
necessario separare gli alunni, sulla base di criteri oggettivi (il sesso), casuali (origine sociale)
o legati a esigenze didattiche la grandezza della riflessione herbartiana sull’educazione, in
questo senso, consiste nell’aver compreso che la struttura logica delle materie curricolari debba
corrispondere alla costruzione psicologica dell’allievo in caso contrario, si avrebbe uno sperpero
improduttivo di energie. Herbart sottolineava inoltre la necessità che l’insegnamento fosse basato
su un’adeguata capacità di osservazione e sulla condotta corretta dell’insegnante con i suoi
allievi:
 riconoscimento delle differenze individuali, nei tempi dello sviluppo e nelle circostanze
ambientali
 attenzione all’educazione morale doveva valere la regola dell’ampliamento della
prospettiva esperienziale attraverso il contatto con gli adulti e malgrado le tendenze
distorsive presenti talvolta nel rapporto con i coetanei.
 aspetto intellettualistico della sua prospettiva convinzione di poter risolvere le
contraddizioni dell’esperienza attraverso la “chiarificazione dei concetti” abbinata al
“governo” dell’adultol’insegnamento “umanistico” sembrerebbe ancorato a questa
intenzione morale (poesia e storia) in effetti, si affaccia in H. l’idea che a singoli gruppi di
materie corrisponda un valore desiderabile o una virtù da sviluppare negli allievi nel solco
dell’ampliamento di prospettiva in cui consisterebbe fondamentalmente l’educazione è il
caso della storia.
 la considerazione dei contenuti della vita mentale come <<masse di rappresentazioni>>
in corrispondenza con la <<struttura>> del curriculum ebbe un grande successo nella
psicologia presperimentale ottocentesca particolarmente valido è risultato il principio
secondo il quale l’insegnamento dovrebbe procedere <<dal noto all’ignoto>>, vale a dire da
ciò che sarebbe giudicato più facile a ciò che è giudicato difficile in questo concetto
ritorna inoltre l’idea di un asse curricolare distinto a seconda della durata degli studi e del
destino sociale dei singoli allievisi tratta di una prospettiva segnata dall’adesione ad un
ideale <<umanistico>> di persona <<colta>> che privilegia le professioni liberali secondo
un pregiudizio molto antico entrerà in crisi con l’avvento di pedagogie che metteranno in
discussione la prospettiva umanistico-liberale.
 interesse per un metodo finalizzato alla formazione <<multilaterale>>
 considerazione delle fasi dell’età evolutiva:
a) preadolescenza emergevano alcune sagge intuizioni pedagogiche: <<alcune ore di
esercizi ginnici non costituiscono alcun rimedio efficace. La migliore ricompensa si ha
quando si sono evitati i vizi dell’ozio>> ricerca di un giusto equilibrio, da individuo ad
individuo, nella distribuzione del tempo di studio e del tempo libero, ricordando (fatto
abbastanza nuovo) il bisogno di collaborazione tra famiglia e scuola.
b)adolescenza età cruciale <<si deve porgli dinnanzi agli occhi la connessione del
sapere, sia in se stesso sia con l’agire, e si devono usare gli impulsi più forti per
raggiungere gli scopi un tempo proposti, finchè si tratta soltanto di constatare la pigrizia o
l’irriflessione. >>  atteggiamento sospettoso, seguito dalla prescrizione di un
atteggiamento più rigido dell’adulto nei confronti dell’adolescente a volte affiora anche
una venatura di pessimismo, il senso di un fallimento sempre possibile ed anzi incombente
sull’opera dell’educatore l’età dell’adolescenza è infatti l’età in cui la società adulta pone
al ragazzo le sue esigenze <<soltanto nei casi in cui si sente umiliato per i suoi passi
falsi, l’adolescente è ancora docile. Questi casi devono essere utilizzati, quando si debba
rimediare a qualcosa. Per il resto, il dovere impone di porgli dinanzi, senza veli, le severe
esigenze della moralità. >>  prospettiva rigoristica che caratterizza le fasi avanzate del
percorso evolutivo, riscattata soltanto dall’esigenza di soddisfare la ricerca di senso tipica
dell’adolescenza.
Il formalismo e l’ansia d’ordine dell’herbartismo finiranno per provocare una forte reazione alle sue
contraddizioni interne alla fine del secolo ci sarà un profondo rinnovamento della pedagogia,
sulla spinta, per un verso, della psicologia sperimentale (che assumerà molti apriorismi herbartiani),
e per un altro verso, del movimento delle <<scuole nuove>> (del tutto insofferente dei dettami
herbartiani riguardanti la metodologia e il curriculum).
CAP XI: LE PEDAGOGIE NELL’EPOCA DELLA <<MOBILITAZIONE>>: ROSMINI
CAP XI: LE PEDAGOGIE NELL’EPOCA DELLA “MOBILITAZIONE”: ROSMINI
Serbati (1797-1855): malvisto all’interno della Chiesa, messo all’Indice, guardato con sospetto in
molti paesi cattolici, e condannato nel 1888 per alcune posizioni all’epoca giudicate
<<pericolose>>, e che solo recentemente sono state rilette nella loro ortodossia il pensiero
rosminiano è stato apprezzato specialmente nel corso del Novecento come una delle fonti più
rilevanti del rinnovamento culturale cattolico avviato nel secolo precedente ed espresso dal Concilio
Vaticano II secondo Taylor, nel corso dell’Ottocento, precisamente a cavallo della metà e fino
alla fine del secolo, si compie il processo di formazione delle impalcature teoriche della
secolarizzazione, e prende avvio il processo di diffusione della cultura secolare al di là dei gruppi
di intellettuali che le avevano elaborateciò provocò la reazione delle Chiese e dell’opinione
pubblica religiosa, la quale manifestò un atteggiamento ambivalente nei confronti della grande
<<mobilitazione>> secolarista, fatto di chiusure ma anche di aperture su una molteplicità di aspetti
e di problemi sociali, culturali, religiosi (secondo Taylor queste mostrarono l’assimilazione dentro
alle stesse chiese degli schemi del pensiero secolare, in particolare accogliendo almeno in parte il
soggettivismo della cultura moderna) in effetti, uno degli esiti più significati dell’affermazione di
posizioni come quella di Rosmini nella Chiesa cattolica fu che i cattolici stessi si raccolsero attorno
a queste nuove articolazioni della loro tradizione religiosa per controbattere gli sforzi delle
istituzioni politiche, degli organi dell’opinione pubblica e dei sistemi educativi che all’epoca
conducevano una aspra propaganda antireligiosa si può allora parlare di una <<mobilitazione>>
globale, di cui figure come Rosmini appaiono quasi emblematiche.
Opera di Rosmini: [Sull’unità dell’educazione (1826)]  il momento cruciale del suo impegno fu
il 1848 nel pieno della maturità e dell’influenza sulla cultura e politica italiane, prese parte alle
vicende italiane di quello che fu un momento decisivo di tutta la storia dell’Europa moderna se si
accoglie la tesi secondo la quale il fallimento delle insurrezioni del Quarantotto segnò la fine
dell’epoca rivoluzionaria e il trionfo della borghesia, la posizione rosminiana appare del tutto
originale tentativo di portare la Chiesa dalla parte delle riforme.
Pedagogia rosminiana: egli sottolineò l’esigenza di una formazione integrale dell’uomo
implicitamente stava dicendo che nemmeno l’opera educativa della Chiesa riusciva in questo
ambizioso intento l’unità, l’armonia dell’uomo si manifesta nella convergenza di mente e cuore, e
l’educazione non è solo trasmissione di conoscenza, ma anche di saggezza fondata sulla riflessione
ontologica ed antropologica cristiana l’educatore deve essere consapevole dell’ordine oggettivo
degli esseri e il loro orientamento gerarchico a Dio (unica conoscenza veritiera) il <<realismo>>
rosminiano consiste dunque in una filosofia che vuole guidare l’individuo a conformare il proprio
essere all’ordine delle cose, ad interiorizzarlo la verità non è opera dell’uomo, l’uomo la deve
cogliere con l’intelligenza si tratta dunque di una pedagogia fondata su una dottrina della verità e
dell’essere che assume un’ispirazione fortemente religiosa.
1. Riconoscimento che Dio è il centro di tutte le cose, l’unità fondamentale del cosmo
l’uomo vi giunge attraverso la propria volontà e l’attività morale:
a)volontà insieme di capacità molto varie, a seconda degli individui, e più o meno
perfette possono essere fisiche, affettive ed estetiche, oltre che intellettuali;
b)attività morale convergenza ed armonia della volontà, delle virtù e del carattere
secondo un orientamento che privilegia l’agire morale rispetto al motivo intellettuale.
2. “Perfezione” della persona l’educatore deve osservare ed agevolare il perfezionamento
della volontà e dell’attività morale umane EDUCAZIONE: mezzo per la crescita
armoniosa dell’individuo data dallo sviluppo della dimensione spirituale.
3. Il metodo di insegnamento deve adeguarsi all’ordine oggettivo dell’essere, così come
l’articolazione del curriculum deve rispecchiare l’ordine ontologico ed aderire alla
struttura dell’essere umano Rosmini crede così di impostare in modo nuovo e
scientifico il problema del metodo educativo attraverso l’individuazione del principio
regolativo della didattica e la descrizione della vita mentale nel corso dell’età evolutiva
nell’insegnamento occorre fare in modo che la verità sia proposta secondo un ordine
sequenziale (l’insegnamento deve cominciare da ciò che è già noto).
4. Vicinanza con la pedagogia di don Bosco entrambe (anche se quella di don Bosco ha un
orientamento pratico e quella di R. invece teorico) si rivolgono a fondare un clima di libertà
interiore ed esteriore che vuole essere il motivo distintivo dell’educazione cattolica
moderna.
5. Rosmini fu uno spirito innovatore e riformatore, esplicito in tutte le principali
questioni sociali, politiche e religiose del suo tempo, anche se le sue posizioni non
furono quasi mai <<estreme>> Rosmini, per quanto riguarda il caso dell’educazione,
era consapevole di essere di fronte ad una crisi acuta della società, che richiedeva riforme da
affrontare con equilibriol’opera riformatrice degli uomini saggi era necessaria anche, e
forse soprattutto, in campo educativo l’unità nell’educazione poteva essere raggiunta
soltanto a partire da un’antropologia e da un’ontologia di carattere religioso affermazione
che implicava problemi, in quanto era necessario superare la diversità delle opinioni sarà
l’impossibilità di raggiungere un’adeguata convergenza su queste problematiche
fondamentali a suscitare lo scetticismo dei contemporanei di Rosmini una delle ragioni
più profonde della crisi del senso religioso della vita, e quindi anche delle pratiche
educative, era il disorientamento presente nella Chiesa stessa Rosmini auspica dunque una
maggiore unità dei cattolici di fronte al disorientamento delle coscienze (tanto nel mondo
adulto quanto in quello giovanile in entrambi si manifestava anche una viva ansia di
verità, che richiedeva nuove forme di relazione tra gli uomini, nella Chiesa, nella società e
nelle istituzioni educative) , ed in campo educativo, ordine e metodo, tanto nei contenuti
quanto nelle pratiche il primo passo doveva consistere nella ricerca dell’unità nel fine
educativo, declinata in chiave religiosa la prospettiva di R. era molto impegnativa, in
quanto richiedeva che il dialogo con le istanze sociali dovesse avvenire non attraverso il
recepimento delle critiche mosse alla religione, ma dalla riaffermazione in termini veritieri
della visione del mondo cristiana <<Non solo dunque debb’essere religiosa l’educazione,
ma debb’essere, per dir così, unicamente religiosa>>  la religione è così l’unica
possibilità che l’uomo ha a disposizione per scoprire la verità, per trovare quello che nel
Novecento sarebbe stato chiamato <<il senso della vita>>, di fronte alla possibilità del
<<vuoto>> e dello scetticismo più triste la religione doveva essere anche la risposta
essenziale per l’educazione, e la fede cristiana doveva essere riconosciuta come la fonte di
un’educazione adeguata all’umano, oltre che intrinsecamente veritiera <<Il cristianesimo
insegnò che bisognava rivolgere tutti gli studi e le diligenze dell’ottima educazione allo
scopo altissimo di porre in mente al giovanetto l’idea che Dio è il bene assoluto, e che tutti
gli altri beni, nell’uomo o fuori, non gli valgono se non contribuiscono a renderlo più pure
e verace adoratore dell’Eterno>>  la visione cristiana assicurava l’unità della verità
grazie alla chiarezza dei suoi assunti, dei suoi pochi e pienamente comprensibili
principi all’astrattezza della cultura scientifica, Rosmini contrapponeva la visione
cristiana del mondo e della vitain questo senso erano molto più saggi i semplici che gli
intellettuali moderni con il loro specialismo la spiritualità cristiana diventava un mezzo
per rivitalizzare una cultura che agli occhi di R. stava precipitando nel disordine egli
dunque recupera un punto di vista onnicomprensivo nella sua concezione della verità, a
partire dalla purificazione dell’interiorità sempre individuata dai filosofi cristiani come
propedeutica indispensabile anche per la ricerca della verità sul piano intellettuale.
6. Per Rosmini è necessaria una riunificazione della mente e del cuore, degli affetti e
dell’intelligenza (che invece le antropologie di stampo razionalistico ed empiristico stavano
guastando) nell’educazione tutto questo comportava il recupero del legame che unifica
l’opera di ragione, sentimenti e abitudini anche in questo caso il cristianesimo si
proponeva come dottrina autentica, in grado di raggiungere la verità più alta ed il sommo
Bene (che formano il divino stesso, non sono due realtà distinte)
Su questa base poteva avere luogo un profondo rinnovamento delle pratiche educative alla
luce di una ripresa e di un ritorno alla Chiesa e alla sua cultura da parte della società
contemporanea.
CAP XII: L’EDUCAZIONE NELLA PROSPETTIVA RIVOLUZIONARIA: IL
MARXISMO
Il pensiero marxiano ha una notevole importanza anche in ambito pedagogico, in quanto ha ispirato
in ambito scolastico, direttamente o indirettamente, numerose esperienze innovative, talvolta
radicali (riconducibili quasi sempre all’ambito della lotta politica dei movimenti rivoluzionari
novecenteschi che tentarono di diffondere lo stato socialista in tutto il mondo). Negli stessi scritti di
Marx (1818) ed Engels si trovano importanti riflessioni di carattere educativo, soprattutto a
proposito della condizione dell’infanzia e dell’adolescenza nel mondo industriale e della vita
familiare l’interesse per il mondo dell’educazione in questi due pensatori è sempre legato ad
un’analisi di carattere economico e sociologico, piuttosto che puramente pedagogico tutti i
fenomeni culturali sono espressioni della struttura economica, e rientrano in quella che il marxismo
intende come <<ideologia>> espressione della falsa coscienza degli uomini di ogni tempo, e
nasconde la realtà dello sfruttamento economico e del contrasto insanabile tra le classi egemoniche
e quelle subalterne dietro visioni del mondo spesso complesse ed astratte in questa realtà è
profondamente radicata la stessa educazione, intesa come prassi sociale volta
all’indottrinamento e alla conservazione delle differenze tra le classi.
Materialismo marxiano: la storia intera è l’espressione del conflitto tra classi, sempre improntato
allo sfruttamento di pochi sulla gran parte della popolazione, senza che vi sia alcuna possibilità di
cambiamento a causa dell’influsso e del controllo che l’ideologia esercita sulle menti, tanto delle
aristocrazie al potere quanto delle classi servili nella sua forma più generale, l’ideologia propone
una visione gerarchica del mondo fisico e sociale, la cui esistenza sarebbe giustificata sul piano
religioso (il mondo è così per volontà divina) e su quello morale (è il più giusto dei mondi
possibili) lo scopo dell’educazione sarebbe quello di adattare i singoli individui alla loro
posizione, a dissuadere da qualsiasi ipotesi di cambiamento e a conservare la struttura sociale,
identificandola come un destino imperscrutabile poste queste premesse, il marxismo ha
sviluppato una critica serrata alla storia delle idee e delle pratiche educative identificate come uno
degli elementi portanti dello status quo, rispetto al quale occorre sviluppare nuove idee e nuove
prassi volte alla liberazione delle coscienze premessa indispensabile per una società più giusta.
Le classi subordinate devono prendere coscienza della loro condizione di sfruttamento 
EDUCAZIONE: deve far sorgere una nuova coscienza di classe condizione di quella rivoluzione
che Marx ed Engels individuarono come momento necessario di uno sviluppo storico che aveva
portato all’esasperazione delle differenze di classe con lo sviluppo del sistema capitalistico
industriale protagonista della rivoluzione sarebbe stato il proletariato operaio dei paesi più
avanzati nell’industrializzazione e nell’articolazione del sistema capitalistico (basato sulla
proprietà privata dei mezzi di produzione e sulla finalizzazione della produzione alla generazione di
profitti e alla crescita dei capitali, piuttosto che alla fornitura di beni)questo sistema economico e
sociale rappresenterebbe, nell’ottica marxista, il punto di maturazione di tutte le tensioni sociali,
nonché il momento favorevole per la rivoluzione che instaurerebbe la società giusta, basata sulla
presa di potere da parte del proletariato cosciente delle esigenze di giustizia, ed in grado dunque di
creare una società veramente umana le finalità principali dell’educazione sono dunque la
presa di coscienza e l’umanizzazione.
Marx: nato da una famiglia agiata, nel 1848 si trovò implicato nei moti democratici come
giornalista di una testata vicina agli insorti in quell’anno pubblica il Manifesto del Partito
Comunista con il suo fedele amico Engels uno dei testi più influenti nella storia del pensiero
politico prima di allora si era dedicato agli studi filosofici, seguendo Hegel e i suoi giovani
seguaci raccolti nella <<Sinistra>> hegeliana da Hegel trasse la visione dialettica del reale, fino a
definire la propria concezione di essa; da Feuerbach prese gli strumenti per ripensare a fondo il
concetto di alienazione Manoscritti economicofilosofici (1844): espone l’idea dell’alienazione
dell’uomo nel sistema capitalistico industriale, che espropria il lavoratore, alienandolo dal prodotto
del suo stesso farela società capitalistica produce alienazione perché l’uomo non è più padrone
del proprio lavoro, e per riportarlo ad essere protagonista della propria vita occorre una
trasformazione radicale del sistema sociale ed economico. Dopo i fatti del 1848, Marx fu costretto
a lasciare la Prussia e a trasferirsi a Londra visse in condizioni che rasentavano la povertà, ma
riuscì a dedicarsi agli studi e a portare a termine le sue opere principali Lineamenti di critica
dell’economia politica preparazione al suo capolavoro, il Capitale (in cui è esposta tutta la sua
teoria economica). Nella vita di esule, Marx diviene protagonista delle vicende delle organizzazioni
internazionali  raccoglievano gli oppositori dei regimi assolutistici della Restaurazione e i leader
dei primi movimenti di lavoratori, le cui anime principali erano quella anarchica, quella
repubblicana e quella socialista. Sul piano della lotta politica, il marxismo si caratterizza per la sua
singolare struttura organizzativa <<partito>> composto da lavoratori, intellettuali e contadini,
che lottano per avviare la rivoluzione proletaria che instaurerà il socialismo.
Filosofia marxiana: il suo esito pratico è il Partito comunista  Marx stesso si forma all’interno
dell’hegelismo prussiano Hegel aveva costruito infatti uno dei più ferrei e vasti sistemi
speculativi della storia della filosofia, esercitando un influsso dominante sulla cultura filosofica del
tempo il suo idealismo verrà a rappresentare la filosofia del regime prussiano nel periodo che
precede il Quarantotto la rappresentazione della realtà ontica e sociale è per Hegel una
conversione dell’ideale nel reale attraverso una dialettica distinta in 3 momenti (tesi, antitesi e
sintesi), attraverso i quali Hegel pensava sia l’ordinamento logico ed ontologico del mondo, sia
quello sociale e politico i seguaci di Hegel si divisero in 2 fazioni:
1. Destra in cui l’idealismo si identificò come l’ideologia dell’assolutismo prussiano
raccolse seguaci che propagandarono senza particolare originalità il suo pensiero;
2. Sinistra fisionomia molto più critica e originale nei confronti del sistema hegeliano
essa ebbe connotati marcatamente politici (tanto che alcuni dei suoi esponenti furono
ispiratori e simpatizzanti dei moti rivoluzionari del 1848) per comprendere la posizione di
Marx rispetto a questo gruppo, è necessario ricordare che il fallimento delle insurrezioni
determinò la rottura dell’unità d’azione tra liberali democratici (le cui scelte furono lette da
parte dei rappresentanti delle forze più popolari come un tradimento) e socialisti.
Se si deve sottolineare il legame di Marx con la cultura hegeliana e con la Sinistra, si deve anche
riconoscere che egli, alla fine degli anni ’40, non si riconosce più nei seguaci di Hegel anzi, il
pensiero hegeliano apparirà una filosofia dell’ordine costituito in uno Stato totalitario come quello
prussiano tutto ciò porterà Marx ad abbandonare l’<<ortodossia>> hegeliana, in quanto egli
scopre che il pensiero filosofico e la cultura nel suo complesso possono costituire la falsa coscienza
di una società ingiusta di qui la scelta di costituire un sapere utile alla trasformazione del mondo e
all’analisi delle strutture concrete dell’esistenza sociale (cosa che porterà Marx a prendere le
distanze dal principale esponente della Sinistra hegeliana, Feuerbach, considerato sostenitore di un
socialismo astratto e teorico).
La filosofia si trasforma in una critica dell’economia politica il grande punto di riferimento
polemico di Marx sarà la teoria liberistica di Adam Smith espressione della borghesia inglese che
a partire dal Seicento aveva preso in mano il potere economico ed era riuscita a realizzare il
processo di accumulazione primaria dei capitali necessari all’avvio dell’industrializzazione e alla
prima concentrazione delle attività produttive nelle mani dei capitalisti Marx descrive le
trasformazioni produttive e sociali della 1° e della 2° industrializzazione (vive in quell’epoca), ed
evidenzia le contraddizioni di un sistema di relazioni che produce oppressione e sfruttamento, per
poterle sovvertire la filosofia acquisisce così una funzione assolutamente nuovail punto di
riferimento polemico per Marx sarà il socialismo utopistico inglese e francese, in particolare, la
critica a Proudhon egli ebbe sicuramente il merito storico di aver influenzato il movimento
proletario francese, ma il suo non fu mai un movimento di classe per P. la causa della lotta alle
ingiustizie sociali avrebbe potuto essere condivisa anche dagli oppressori, e il socialismo avrebbe
potuto essere instaurato anche attraverso una lotta all’interno delle istituzioni borghesi e
capitalistiche per Marx, invece, il movimento proletario avrebbe dovuto essere essenzialmente un
movimento di classe, e rappresentare gli interessi della sola classe proletaria durissimo scontro
che ha contrassegnato tutta la storia del socialismo successivo.
Critica della religione: elemento che proviene dagli anni giovanili di Marx, a contatto con
l’hegelismo di dx e di sx la religione è <<l’oppio dei popoli>>, ossia un potente narcotico delle
coscienze infatti, se la cultura e l’educazione sono principalmente ideologia volta a nascondere
alle coscienze la realtà dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la religione costituisce la parte
più profonda dell’ideologia, è uno degli strumenti principali di indottrinamento a disposizione
delle classi dominanti induce gli uomini ad accettare la loro condizione di miseria e di
sfruttamento come grazie in vista di quella vita buona che farà guadagnare il paradiso a chi la
conduce questa critica rientra nell’ampia discussione a proposito dell’alienazione umana nel
sistema capitalistico sono alienati tanto i proletari quanto gli stessi capitalisti (costretti a perseguire
costantemente l’obiettivo dell’aumento dei profitti ad ogni costo, senza potersi mai fermare o
sottrarre alla logica spietata del mercato e della sopravvivenza del più forte).
Materialismo storico (fondamento di tutta la filosofia di Marx e dei suoi continuatori): le
condizioni della vita materiale sono sempre state trascurate dalla culture umane, ma in realtà sono
l’aspetto più vero della condizione umana la vita materiale condiziona la visione ideale del
mondo ed introduce i principi che regolano i rapporti tra le persone singole e tra i gruppi sociali
la storia non è, come l’educazione e la scuola vogliono far credere, storia di guerre e di imprese ad
opera di pochi <<eroi>>, come non è la vicenda delle tante scuole di pensiero la storia è
l’intreccio delle forme in cui si è articolato il rapporto tra la società umana e l’ambiente, e quello tra
i vari gruppi sociali all’interno di ciascuna società per Marx questa non è una visione
riduzionistica, ma piuttosto il riconoscimento di quegli aspetti della vita e della storia che lo sguardo
ideologico non poteva cogliere (pena la scoperta del meccanismo di alienazione di parti intere della
società a beneficio delle classi egemoni) così, accanto al materialismo storico, si viene a definire
anche la concezione della dialettica della storia definita materialismo dialettico in effetti, a
proposito della filosofia della storia di Marx si usa parlare di materialismo storico-dialettico
(per sottolineare la stretta relazione che esiste tra le due idee di storia come storia materiale e come
storia di rapporti tra le classi) gli aspetti materiali sono alla base delle relazioni sempre dialettiche
tra i gruppi sociali. Nel discorso marxiano è stata rilevata una sorta di contraddizione Marx ed
Engels da un lato sostengono che il sistema capitalistico, in quanto tale, contiene in sé una
contraddizione insanabile, che una volta giunta agli estremi ne provocherà la deflagrazione,
dall’altro sono convinti che senza l’attivismo di un’avanguardia (il partito) la rivoluzione non potrà
mai cominciare.
Valenza pedagogica del marxismo: il proletariato deve essere formato alla rivoluzione attraverso
un’opera educativa che miri a rendere tutti i salariati consapevoli dello sfruttamento insito nella
natura stessa delle relazioni tra capitalisti e lavoratori i proletari devono capire che l’unica
soluzione viene dall’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione allo scopo di
dimostrare le proprie posizioni e di fornire ai leader del movimento comunista internazionale in
corso di costituzione uno strumento di conoscenza e propaganda adeguato, Marx compose Il
Capitale l’elemento fondamentale dell’analisi marxiana è il concetto di plusvalore alla base
dell’alienazione del proletariato  lo sfruttamento delle classi inferiori è stato un elemento
peculiare di tutte le società umane fin dai primordi della storia ciò che differenzia lo
sfruttamento nel sistema capitalistico è la modalità della produzione di ricchezza e lo scopo di
tutto il capitalismo Marx è convinto che il capitalismo sia il primo sistema economico-sociale in
cui la produzione non è finalizzata alla produzione di bene, ma a quella dei profitti il circolo
merce-denaro-merce che caratterizza l’economia non capitalistica è nel capitalismo sostituito dal
circolo denaro-merce-denaro il comportamento degli imprenditori capitalisti è volto a generare
profitti crescenti, e questo scopo può essere raggiunto soltanto svincolando il prezzo delle merci dal
loro valore reale nel capitalismo valgono soltanto le leggi del mercato tuttavia, le analisi dei
teorici del liberalismo peccano di ipocrisia, perché il rapporto tra domanda e offerta è soltanto una
delle variabili che fanno funzionare il sistema. A fondamento della possibilità di un’accumulazione
crescente di capitali, Marx individua 2 costanti tipiche: pluslavoro e plusvalore il valore delle
merci è sempre più alto di quello <<giusto>>, ed è dato da 3 fattori: 1)costo della materia;
2)versatilità della merce; 3)costo del lavoro necessario per la produzione le merci incorporano
questi 3 valori, ma nel capitalismo si introducono alcune modifiche al rapporto tra essi, generando
tensioni economiche e sociali il prezzo (il valore di mercato delle singole merci) diviene
arbitrario, perché influenzato principalmente dal margine di guadagno netto atteso
dall’imprenditore potrà intervenire sulla composizione del prezzo finale attraverso varie opzioni
(es cercare la materia prima laddove si trova a miglior prezzo, oppure ridurre il costo del lavoro o la
quota di questo costo rispetto a quello finale del prodotto) è inoltre nella facoltà del singolo
imprenditore capitalista di imporre ai lavoratori un salario esso rispecchia solo in parte il valore
prodotto con il proprio lavoro i lavoratori dunque sono costretti a ricevere un salario molto
inferiore rispetto al valore del lavoro contenuto alle merci prodotte ossia cedono gratuitamente
all’imprenditore una parte cospicua del tempo lavorato pluslavoro genera il plusvalore le
merci sono vendute ad un prezzo molto superiore a quello <<giusto>>, perché la quantità di lavoro
sottratto dai capitalisti ai lavoratori stessi viene incamerata tra i profitti imprenditoriali. Nel
capitalismo, dunque:
1. lo sfruttamento è elevato al ruolo di cardine di tutto il sistema, e finisce per provocarne
la compromissione;
2. se la sua finalità è quella di incrementare il valore dei capitali al termine di ciascun ciclo di
produzione, appare evidente che questa crescita deve essere continua e non arrestarsi
mai quando ciò non avviene, il sistema entra in crisi (e vi entra anche se la crescita fosse
ridotta o lenta).
3. in una prospettiva teorica, è prevedibile che, quando venisse a mancare il margine adeguato
di sfruttamento del lavoro (o di risorse nuove), o un mercato in grado di assorbire la
produzione in maniera adeguata, si verificherebbe una crisi definitiva momento della
rivoluzione proletaria instaurerà un sistema sociale ed economico comunista, nel quale
sarà abolita la proprietà privata dei mezzi di produzione per giungere a questo risultato,
Marx prospetta ai suoi seguaci un compito che può dirsi “educativo” è necessario che il
proletariato si organizzi in una lotta sindacale e politica attraverso un partito che miri alla
conquista del potere con ogni mezzo a disposizione i dirigenti del Partito comunista
devono formare i lavoratori, renderli coscienti del loro sfruttamento e portarli a maturare
quella “coscienza di classe” che costituisce l’elemento fondamentale della lotta proletaria
per Marx l’arricchimento dei capitalisti provoca il peggioramento delle condizioni di vita dei
lavoratori il divario finirà per aumentare fino ad un punto in cui la situazione esploderà
in quel momento, il partito avrà il compito di gestire il conflitto, guidando la sua
radicalizzazione fino allo scoppio della rivoluzione affinché ciò accada, sarà necessaria
una coscienza di classe abbastanza forte da impedire la ricerca di compromessi tra le classi
sociali in lotta, lasciando libero corso ad una battaglia che non potrà che essere anche
violenta per il marxismo, la lotta in vista della presa del potere serve ad instaurare un
sistema economico-sociale nel quale la proprietà privata dei mezzi di produzione deve
essere completamente abolita, in quanto agli occhi di Marx ogni ingiustizia è stata
causata dal fatto che la proprietà privata genera inevitabilmente un processo di
inclusione/esclusione degli esseri umani dal godimento delle risorse a disposizione
Proudhon aveva definito la proprietà privata un “furto” Marx lo criticò mostrando che
questa fosse da abolire soltanto nel caso dei mezzi di produzione (anche se c’era bisogno di
una limitazione anche di tutte le altre forme di proprietà) Marx inoltre sosteneva che
neanche nel caso dei mezzi di produzione la proprietà fosse da abolire del tutto, perché lo
Stato stesso, nato dalla rivoluzione, ne sarebbe divenuto il proprietario.
La realizzazione nella storia di regimi comunisti ispirati alle teorie di Marx ha reso ancora
più acuta la riflessione al riguardo della società postrivoluzionaria, soprattutto quando
apparve chiaro che quelle realizzazioni erano ben lontane dall’attuazione dell’uguaglianza e
della giustizia che il comunismo intendeva perseguire il tracollo del sistema sovietico,
sotto il peso di un’insostenibile crisi economica e politica, e la trasformazione del modello
cinese in una grande potenza industriale e commerciale in cui il capitalismo è ricomparso in
forme aggressive, hanno recentemente indotto i marxisti ad assumere una pluralità di punti
di vista diversi nell’interpretazione degli scenari attuali  alcuni hanno anche condotto una
riflessione pedagogica Gramsci, Suchodolski, Freire hanno arricchito la riflessione
pedagogica di stampo marxista, partendo da una critica complessa al socialismo “reale”.
Gramsci: intravide la necessità di una via <<nazionale>> al comunismo la sua importanza in
ambito pedagogico consiste nell’aver insistito sul ruolo del partito come <<educatore>> nella
formazione della coscienza di classe, e sul rapporto tra le ideologie (visioni del mondo) e
l’istruzione ciò lo portò a prospettare l’esigenza di una vera e propria teoria dell’educazione
proletaria.
Freire: sviluppa le sue idee sulla prospettiva teorica di Gramsci sviluppa un programma
educativo per adulti, e dà indicazioni significative anche per l’istruzione scolastica ha posto alla
base il tema della <<coscientizzazione>> degli oppressi spesso oggetto di critica per un eccesso
di politicizzazione dell’attività educativa.
Suchodolski: più profondo interprete di Marx in campo pedagogico nei suoi scritti ha costruito
una teoria dell’educazione che segue la visione antropologica ed etica marxista, alla quale ha
aggiunto apporti e suggestioni provenienti da altre correnti della cultura novecentesca
esistenzialismo e scuola di Francoforte (a cui ha dedicato scritti che hanno influenzato anche la
pedagogia non marxista contemporanea) in questo modo, egli ha aperto il marxismo pedagogico
ad una più decisa interazione con le altre espressioni della cultura e dell’educazione contemporanee.
CAP XIII-L’AFFERMAZIONE DELLA PROSPETTIVA SECOLARE: IL POSITIVISMO
Il positivismo fu la filosofia che dominò l’Europa nella 2° metà dell’Ottocento esso riuscì per
oltre 50 anni ad esprimere gli ideali della società industriale è l’ideologia che Taylor definisce
“grande mobilitazione” tentativo di espugnare qualsiasi elemento o riferimento al trascendente
dalla concezione del mondo dell’uomo moderno, mobilitando tutti gli apparati della società nella
diffusione di una visione del mondo e dell’uomo fondata sull’assunto che è l’uomo stesso a dare
senso e ordine al mondo.
Comte (1798-1857): Il suo pensiero rappresenta una delle visioni più sistematiche del
positivismo e dell’ideologia secolaristica ad esso connessanella visione comtiana, l’elemento
fondante della concezione positivista del mondo fu la concezione evolutiva della scienza e della
conoscenza secondo Comte l’umanità, come anche le scienze, sarebbero passate attraverso una
serie di 3 stadi di sviluppo teologico-religioso, metafisico (intermedio) e scientifico  uno dei
presupposti di questa visione del sapere è la constatazione della consonanza necessaria tra gli stadi
di civiltà, le forme dell’educazione e le istituzioni ad essa preposte l’attenzione dei positivisti
andava alla considerazione dei caratteri e delle problematiche dell’età scientifica (nella quale
percepivano di essere trionfalmente entrati) in seguito, l’attenzione si rivolgeva alle
problematiche educative, in particolare all’eliminazione di tutte le vestigia delle civiltà
preindustriali dal sistema d’istruzione e dalla società tutto ciò che non era congruente con la
scienza doveva sparire, in quanto retaggio di superstizioni o di credenze immotivate e infondate.
Sistema delle scienze positive di Comte: doveva costituire anche l’asse fondamentale del
curriculum parti essenziali: matematica, l’astronomia, la fisica, la chimica, la biologia e la
sociologia tutto ciò che esulava da questi saperi doveva essere eliminato e non essere più oggetto
dell’istruzione scolastica, ispirata ormai alle esigenze di una società laica e industriale. Non è
difficile dunque cogliere la stretta corrispondenza del nuovo curriculum con le aspettative e le
esigenze formative delle nuove classi sociali, soprattutto dei “produttori” coloro che lavoravano
nelle industrie, e che vivevano in un contesto economico di efficienza e razionalità assolutamente
nuove rispetto all’organizzazione sociale, economica e cultura delle società precedenti Comte,
nella sua utopia interclassista ipotizzava una “alleanza” tra produttori e filosofi finalizzata alla
pace e all’armonizzazione dei rapporti tra i vari gruppi sociali all’insegna delle consapevolezze
raggiunte dalla filosofia positiva il positivismo dedicava notevole importanza al problema della
formazione dei lavoratori per Comte essa non avrebbe dovuto essere eccessivamente
specialistica, né orientata sul piano strettamente professionale (avrebbe provocato l’abbrutimento
dei lavoratori stessi).
Programmi educativi ispirati alle asserzioni comtiane:
 tennero conto anche della distinzione da C. stabilita tra le scienze astratte (studiano le leggi
generali dei fenomeni) e scienze descrittive e osservative (analizzano i fenomeni nei
dettagli) istanza di stampo umanistico pur nella sua astrattezza rispetto alle questioni
sociali contemporanee, ebbe influsso nel dibattito sui contenuti della scuola che sarebbe
nata sul finire dell’Ottocento, sulla scia delle lotte dei movimenti di massasecondo C., la
scienza deve essere indipendente dal potere politico si potrebbe dire che per il
positivismo la politica dovrebbe lasciare il posto alla scienza, farsi una sorta di ingegneria
della società, per quale occorre predisporre pratiche educative idonee l’educazione
nell’era della scienza e con il progredire delle conoscenze diviene una necessità ineludibile
 la specializzazione del lavoro scientifico rende difficile lo sviluppo armonioso degli stessi
scienziati nell’ideale comtiano l’uomo di scienza deve essere al corrente di tutte le
discipline per poter comprendere la propria, e sviluppare così la ricerca (intesa dal
positivismo metodologico come interdisciplinare) in modo adeguato Comte contemplava
l’opportunità di formare una nuova classe di <<sapienti>> che si dedicasse allo studio della
costituzione epistemologica globale delle discipline, al fine di coglierne lo spirito e i
principi comuni.
 problema di un linguaggio scientifico comune ruolo dell’interazione sociale, del rapporto
tra individuo e società nella formazione della personalità, nell’adattamento all’ambiente e
nel progresso storico.
Sociologia scientifica di Durkheim (1858-1921): giunse a sviluppare la propria visione dei
fenomeni sociali a partire dalla prospettiva sociologica aperta da Comte e da Saint-Simon:
 Concezione problematica della società contemporanea, nella quale i fattori fondamentali
sono a)organizzazione razionale degli spazi e dei tempi di vita; b)<<depersonalizzazione
funzionale>> (superamento dell’ordine premoderno, in cui le funzioni sociali erano
strettamente legate ai caratteri personali di coloro che le ricoprivano); c)interdipendenza
delle funzioni; d)pianificazione (e divisione) del lavoro secondo i criteri di una
programmazione centralizzata della produzione;
 Secondo Durkheim la sociologia non deve essere concepita come una filosofia della storia
il suo scopo deve essere la comprensione dei fatti sociali esistono maniere di agire,
pensare e sentire esteriori all’individuo, e dotate di un potere di coercizione sull’indole
personale stati psichici (religiosità, gelosia sessuale, pietà filiale, amore paterno) derivano
dall’organizzazione collettiva e dagli stereotipi diffusi, non dalle inclinazioni della natura
umana Durkheim giunge ad affermare che <<quasi tutto>> ciò che si trova nelle
coscienze individuali “viene dalla società”.
 è allora illusorio pensare di poter rinnovare i processi educativi semplicemente attraverso il
ripensamento dei metodi didattici sarà soltanto lo studio dei gruppi sociali che potrà
stabilire i presupposti di un’autentica “scienza pedagogica” i sistemi educativi sono
formati alla luce della religione, dell’organizzazione politica, del grado di evoluzione delle
conoscenze, dello stato delle attività produttive l’individuo stesso non è <<tabula rasa>>
(alla maniera empiristica) la personalità è punto d’incontro di predisposizioni congenite e
di convenzioni sociali.
 la prospettiva della sociologia durkheimiana sull’educazione pone in rilievo l’esigenza
dell’educazione morale spirito della disciplina, dell’attaccamento al gruppo,
dell’autonomia della volontà come elementi portanti della “maturazione” fine dell’opera
educativa in vista del benessere individuale e sociale
 Durkheim assume la prospettiva di una morale pienamente “laica” e secolare altruismo
come tendenza tipica dell’essere umano e necessaria alla conservazione delle compagini
sociali di ogni tipo.
Insieme a Comte, Durkheim è il più importante esponente del positivismo francese le sue
posizioni sono vicine a quelle degli ideologi postrivoluzionari francesi condivide l’intento di una
sociologia che fondi un programma di rinnovamento della società. Il punto di partenza
durkheimiano è la “confusione” terminologica che regna al riguardo dell’educazione innanzitutto,
occorre distinguere educazione e pedagogia:
Educazione <<azione esercitata sui fanciulli dai genitori e dai maestri>> il ruolo degli
educatori è pervasivo e va ben oltre l’ambito delle istituzioni educative tipiche delle società
moderne <<educazione inconscia che non cessa mai >>
Pedagogia <<Questa consiste in teorie, non in azioni. Queste teorie sono dei modi di concepire
l’educazione, non delle maniere di praticarla>> natura <<mediatrice>> del sapere pedagogico
il retaggio illuministico di D. emerge dalla sua concezione della storia delle idee pedagogiche e
dell’educazione <<è questo che rende la pedagogia, almeno in passato, intermittente, mentre
l’educazione continua. Vi sono popoli che non hanno avuto una pedagogia propriamente detta;
questa è anzi apparsa soltanto ad un’epoca relativamente avanzata della storia >>.  anche la
distinzione delle varie epoche storiche ricalca i giudizi valoriali tipici della storiografia illumistica e
positivistica (secondo lui la pedagogia si trova in Grecia sono con Platone, Senofonte e Aristotele; è
appena esistita a Roma, nelle società cristiane, e produce opere importanti soltanto nel XVI sec.) 
sviluppo discontinuo dovuto al carattere utilitaristico del pensiero e della cultura Durkheim allora
si pone il problema del carattere del sapere pedagogico se si tratti di una <<scienza>> o di un
sapere d’altro genere risposta: va nella direzione del carattere propriamente <<scientifico >>
della pedagogiaperché si possa chiamare scienza un insieme di studi, è necessario:
 che essa abbia come riferimento fatti acquisiti, presentati all’osservazione, oggetti>>;
 questi oggetti devono esistere e devono presentare omogeneità tra di loro per poter essere
classificati in una stessa categoria (altrimenti si dovrebbero avere tante scienze quante sono
le cose da studiare);
 la scienza, inoltre, studia i fatti esclusivamente per conoscerli, in modo assolutamente
disinteressato lo scienziato è descritto nella sua forma più idealizzata, come il detentore
di un sapere e di un metodo imparziali <<il suo compito è di ricercare la realtà, non di
giudicarla>>  da tutto ciò scaturisce l’idea che esista un sapere di carattere scientifico
anche sull’educazione è l’indole stessa dell’oggetto di questo sapere a renderlo
annoverabile tra le <<scienze sociali>> nasce così lo studio delle <<istituzioni>>
educative  si impongono al singolo individuo, con l’offerta di una struttura di significati e
la richiesta di un adattamento adeguato  D. è pienamente consapevole del carattere
<<imperativo>> delle strutture sociali e di quelle educative  lo stesso ruolo del genitore è
mediato dalla società <<siamo forzati a seguire le regole che regnano nell’ambiente
sociale nel quale viviamo>> la società esercita la sua forza attraverso usi e costumi
stabiliti le pratiche sociali nelle quali siamo inseriti, ed alle quali dobbiamo corrispondere,
determinano in modo notevole il nostro essere individuale e la nostra partecipazione
personale alla vita della società in cui viviamo.
Pratiche educative: trovano la loro ragion d’essere nell’esigenza della trasmissione da una
generazione all’altra delle <<usanze>> che modellano l’io la sociologia durkheimiana concepisce
ogni fenomeno sociale come parte significativa di un tutto, e lo stesso vale per le pratiche
educative <<non sono dei fatti isolati gli uni dagli altri, ma sono legate in un identico sistema del
quale tutte le parti concorrono verso un medesimo scopo; ed ogni popolo ha il suo>> ciò
consente di ipotizzare anche la <<comparabilità>> dei fenomeni riscontrabili nella storia di società
differenti, e la possibilità di costruire tipologie che abbiano carattere descrittivo e normativo la
pedagogia comparata sorge dall’alveo della riflessione sociologica sull’educazione.
la più primitiva forma sociale vedeva la struttura tribale come una modalità educativa
<<diffusa>> la crescente complessità della vita sociale, mano a mano che l’evoluzione storica
procede, determina il sorgere di un ambito più specifico per le pratiche educative il legame
individuato da D. tra ierocrazia ed educazione nelle prime civiltà storiche è molto rilevante per
cogliere il carattere della cultura e il legame inscindibile tra le forme culturali e le pratiche
educative questa trasformazione storica orientata alla complessificazione della vita sociale e dei
rapporti tra le classi ha conseguenze dirette sulle forme dell’educazione, che <<non si limita
più ad inculcare nel fanciullo delle pratiche, ad addestrarlo a determinate maniere di agire>>
sorge l’esigenza di istruire i membri della società: <<l’istruzione, le conoscenze speculative non
sono più insegnate per loro stesse, ma in ragione dei rapporti che mantengono con le credenze
religiose; hanno un carattere sacro poiché si sono formate nel seno stesso della religione, e ne
sono inseparabile>> la religione è inoltre un collante politico ed istituzionale. Diversamente
avviene nelle società che vedono il sorgere di veri e propri Stati che detengono anche la funzione di
amministrare il culto (es popoli greci e latini, in cui non esisteva una casta sacerdotale, ma era lo
stato ad essere preposto alla vita religiosa) in questi casi si afferma un <<sapere>>
tendenzialmente laico, dove lo Stato, tra i vari poteri, ha quello della formazione
Queste prime considerazioni sulla sociologia dell’educazione segnano l’atto di nascita della
pedagogia come scienza sociale ovviamente nel corso del tempo l’impianto evoluzionistico dato
da D. è venuto a cadere, tuttavia la questione rimaneva importante perché si legava la riflessione
sull’educazione alla comprensione delle origini del fatto educativo (<<si potrebbe allora scoprire
in qual senso l’educazione si è sviluppata, e quali sono le cause che hanno determinato questo
sviluppo e che lo spiegano<<) si tratta di una questione completamente teorica, ma che dà una
portata <<tecnocratica>> al sapere scientifico  la conoscenza saprebbe far compiere progressi alle
pratiche e si potrebbe applicare per agire rispetto ai problemi contemporanei forte sensibilità del
tempo verso un’idea di <<progresso>> ossessione nei confronti dei fenomeni sociali di
<<degenerazione> così, nello stesso D., il discorso poteva volgere quasi ad una comparazione tra
pedagogia e criminologia (<<vi è una criminologia infantile come vi è una criminologia dell’uomo
fatto>>)  la didattica concepita come problema della disciplina diventava il nucleo centrale della
nuova pedagogia <<scientifica>> su questa base sarebbe proseguito un lavoro intenso di studio
che troverà espressione sistematica nello strumentalismo deweyano.
CAP XIV: LA PEDAGOGIA “SCIENTIFICA” DI MARIA MONTESSORI
La pedagogia montessoriana è una delle espressioni più significative dell’educazione attiva
novecentesca movimento pedagogico che puntò ad un profondo rinnovamento delle idee e delle
pratiche educative, tanto nella scuola quanto nei rapporti tra genitori e figli prospettiva
riconosciuta in tutto il mondo, ed ancora oggi le realtà educative che la applicano sono numerose
(non sono mancati giudizi negativi e critiche).
Maria Montessori (1870): Successo assolutamente sorprendente ed unico, se si pensa che la sua
epoca non era certamente disposta ad attribuire tanto credito e spazio alle donne, e che l’origine
italiana non le facilitava i contatti internazionali forse i giudizi più severi furono emessi proprio
nel suo paese la situazione culturale e le vicende politiche rendevano l’Italia estranea ad una
pedagogia antidogmatica e antiautoritaria come quella montessoriana. Montessori nacque e si formò
in un contesto medio-borghese la sua propensione per le materie scientifiche e tecniche dovette
fare i conti (positivamente) con i pregiudizi dell’epoca  fu ammessa a compiere studi tecnici, e
grazie allo spirito aperto della famiglia poté frequentare l’università, giungendo, tra le prime donne
in Italia, alla laurea in Medicina l’approccio pedagogico montessoriano (che pretende da sempre
di essere “scientifico”) si costituisce a partire dalle prime esperienze di medico che la giovane
compì sotto la guida dei suoi maestri antropologi, che la incoraggiarono ad indirizzarsi allo studio
dell’infanzia (convinti che le conoscenze mediche e psicologiche intorno a quest’età non erano
ancora adeguate).
Pedagogia montessoriana: insieme di attività efficaci basate sull’osservazione del bambino nel suo
ambiente di vita Montessori preciserà di non aver scoperto nulla di originale, ma di essersi
semplicemente lasciata guidare dai bambini nella scoperta del metodo migliore per aiutarli a
crescere liberamente il presupposto di tutta l’educazione è la libertà del bambino, e
l’obiettivo fondamentale della crescita è l’autonomiametodo che vuole essere una forma di
“autoeducazione>” del bambino su sé stesso:
 drastica riduzione (almeno in apparenza) del ruolo dell’insegnante e dell’adulto nel
processo di insegnamento/apprendimento  non ha mai convinto pienamente e
universalmente;
 proposta dell’eliminazione quasi totale delle lezioni frontali e dei libri di testo, persino
per il curriculum delle scuole secondarie uno degli aspetti più affascinanti e controversi
della pedagogia montessoriana.
 la fama dell’opera montessoriana si deve al “metodo” con cui volle caratterizzare le
esposizioni delle pratiche educative utilizzate fatto di molti materiali di sviluppo (oggetti)
il cui uso adeguato consente al bambino di compiere osservazioni personali che sviluppano
l’intelligenza e la creatività (senza l’intervento diretto dell’adulto).
 legame tra ricerca pedagogica e conoscenze scientifiche (specialmente mediche) infatti
la pedagogia dell’epoca in cui M. si formò era ancora caratterizzata da una fisionomia
filosofica anche le idee più valide erano affermate aprioristicamente come questioni di
principio Montessori era convinta che non bastassero le grandi affermazioni di principio
(comprese quelle di educatori e di teorici antesignani dell’educazione attiva, da Rousseau a
Dewey) e che servisse un ampio lavoro di osservazione e sperimentazione condotte
scientificamente impegno principale che assorbì M. per tutta la vita e da cui nacque la
pedagogia che M. volle definire “scientifica” ovviamente oggi l’impianto scientifico di
questa pedagogia appare datato e superato, ma la sua aspirazione di principio resta valida.
5)fortissimo influsso iniziale del positivismo, cui subentrò, a partire dagli anni Venti, un
riferimento teorico personale agli studi biologici (attraverso l’influsso della filosofia
bergsoniana).
Se l’avvio della vicenda montessoriana è legato all’esperienza coi bambini frenastenici (nella quale
si avverte l’influsso del positivismo dei suoi maestri), nell’età evolutiva, M. farà riferimento alla
psicoanalisi freudiana (anche grazie all’amicizia con Anna Freud). La genesi della pedagogia
montessoriana è fatta di una molteplicità di influenze derivanti tanto dai riferimenti teorici,
quanto dalle esperienze di vita e professionali M. svolse anche un intenso impegno sociale che si
rivolse verso le problematiche educative. Montessori inoltre si era collocata, dal punto di vista
dell’impegno politico, in favore del progressismo che caratterizzava il fronte politico radicale e
socialista riformista specialmente nella sua battaglia in favore dei diritti delle donne (in
particolare per il diritto di voto).
“Case dei bambini”: la prima tra le case dei bambini fu aperta agli inizi del Novecento in un
condominio popolare di Roma luogo per la custodia dei figli degli inquilini che vivevano nello
stabile e lavoravano fuori casa, i padri nelle fabbriche, le madri come domestiche o cameriere tutto
il giorno inizialmente non si attendeva nient’altro che un sollievo alle fatiche dei genitori ed
un’alternativa al gioco in strada per i bambini più poveri su questa prima motivazione si innestò
la volontà di condurre un esperimento pedagogico utilizzando i materiali che Montessori aveva
conosciuto nello studio delle opere di Itard e Ségun, e che aveva applicato con successo
nell’istruzione degli adulti portatori di disagi e svantaggi di natura psichiatrica (definiti all’epoca
“deficienti”) fu così che l’esperimento di San Lorenzo assunse sempre più motivazioni
specificamente pedagogiche offrire ai bambini uno spazio per una vita serena in cui vivere
armoniosamente le prime esperienze di apprendimento e di socializzazione grande clamore quasi
fin da subito in tutto il mondo M. si accorse di aver fatto una grande scoperta per il rinnovamento
didattico che molti auspicavano M. fu sempre convinta che fossero stati i bambini stessi a
mostrarle la via del suo metodo per lei costituiva uno strumento per la liberazione interiore delle
energie psichiche infantili il rapporto del bambino con l’adulto deve essere improntato alla
massima libertà, ed il lavoro dell’adulto consiste nella salvaguardia della libertà produttiva
del lavorio infantile l’opinione pubblica e le prassi consolidate degli educatori in Italia erano ben
lontane dall’accettare senza resistenza questa proposta motivo principale che attenuò l’impatto
del montessorismo nel nostro paese il successo internazionale però arrivò negli anni Dieci. Oltre
a subire rimproveri per i suoi legami sentimentali, per la vicenda non del tutto chiara relativa ai
primi anni di vita di suo figlio Mario, per il contatto con la massoneria e per il rapporto ambiguo
con Mussolini e il fascismo, Montessori fu criticata per l’esercizio di un vero e proprio potere
carismatico sui suoi seguaci che avrebbe contraddetto le affermazioni di carattere libertario e
democratico a proposito del bambino, della società e della natura umana.
L’aspetto più problematico è ciò che intendeva M. definendo la sua pedagogia come
“scientifica” non si tratta infatti di un’idea evidente in sé anzitutto, gli interpreti si trovano di
fronte all’evidenza che nel campo delle scienze umane, piuttosto che di <<scienza>>, si deve
parlare di scuole, di correnti scientifiche diversificate e spesso in contrasto tra loro (ciò vale per la
psichiatria e per le varie branche della psicologia) certamente M. si inserì nel confronto tra scuole
di pensiero diverse tanto che ad un certo punto fece un mutamento di paradigma, allontanandosi
dal positivismo e aderendo al vitalismo biologico e alla psicoanalisiMontessori ne rielaborò in
maniera personale ed originale il concetto d’inconscio, depurandolo da ogni riferimento alla
<<libido>> (centrale in Freud e sua figlia). Montessori, oltre al vitalismo che serviva a sorreggere
l’impalcatura biologica della psicoanalisi, coltivò un certo spiritualismo Bergson, proprio negli
anni in cui M. completava il rodaggio delle sue prime case, accorgendosi delle enormi potenzialità
del bambino, influenzò profondamente l’intero dibattito filosofico-scientifico sulla natura
dell’uomo De Vries e de Chardin (citati esplicitamente nelle opere montessoriane) avevano
accolto la prospettiva bergsoniana nella costruzione di una biologia teorica che intendeva
l’evoluzione come un immenso <<slancio vitale>> della natura vivente verso una complessità
crescente, giungendo a rappresentare un fenomeno complesso di carattere biopsichico e spirituale
per M. la vicenda dello sviluppo infantile è una testimonianza della tendenza degli organismi più
evoluti ad elevarsi, dal piano della natura a quella dello spirito in questo senso centrale fu
l’influsso della madre di Montessori, imparentata con l’abate Stoppani figura singolare per
le sue vedute avanzate in merito al rapporto tra scienza e fede sacerdote scienziato convinto che
si potesse conciliare il contenuto dogmatico del cristianesimo con le acquisizioni delle scienze
moderne vedute coraggiose soprattutto per il metodo dialogo aperto tra modi di concepire la
realtà profondamente diversi acceso avversario della concezione materialistica propugnata dalla
maggior parte dei positivisti come conseguenza della rappresentazione scientifica del mondo fu
dunque Stoppani ad orientare la cultura familiare verso un atteggiamento aperto tanto nei confronti
della fede che dei saperi scientifici l’ideale scientifico di M. sarà sempre parzialmente distonico
rispetto alle vedute dominanti al suo tempo ideale di impegno sociale inteso in senso quasi
“messianico”, che le veniva dallo sfondo culturale della famiglia (qui si colloca l’esperienza
dell’insegnamento rivolto agli insegnanti nella scuola magistrale ortofrenica, dove comprese quanto
fosse importante una valida formazione per i futuri formatori).
Conseguenza del nesso tra sapere scientifico e urgenze sociali : lo scienziato non può tenersi
fuori dai problemi del suo tempo, e deve contribuire in prima persona al bene comune impegno
stimolato in M. dalla sollecitazione che le venne da Sergi ad occuparsi dei bambini come
antropologa la sua pedagogia fu quindi all’inizio un’antropologia <<pedagogica>>
applicazione dei metodi dell’antropologia medica allo studio delle situazioni problematiche presenti
fin dalle prime fasi dello sviluppo umano quella di M. è una riflessione <<sopra le righe>>, che
rispecchia un carattere <<profetico>> del messaggio il compito dell’educatore è di custodire la
libertà del bambino per far ciò, ogni educatore deve diventare uno scienziato egli stesso
l’insegnante montessoriana deve
 osservare il bambino per comprendere i suoi bisogni attuali, ed offrirgli i materiali e gli
stimoli adatti alla sua crescita;
 usare i materiali di sviluppo che fanno parte del metodo in maniera appropriata.
Trasformare le società attraverso l’educazione sarà la grande utopia coltivata da tutti gli esponenti
dell’educazione nuova senza una trasformazione preventiva dei singoli individui non si può
garantire una società più giusta si tratta tuttavia di un’astrattezza teorica.
Case dei bambini: frutto della riflessione pedagogica della giovane M.  esigenza di una
continuità tra l’ambiente familiare e quello scolastico la casa dei bambini è un ambiente curato
consapevolezza dell’adulto che attraverso la preparazione dell’ambiente si esercita l’influenza
educativa nella maniera più proficua ed efficace ambiente come punto essenziale della pedagogia
e del metodo tanto che si può definire la pedagogia di M. come una pedagogia
dell’ambiente vero educatore l’adulto deve infatti limitare al massimo l’intervento diretto sul
bambino il suo ruolo non si esaurisce tuttavia nella predisposizione dei materiali e
nell’osservazione, ma il suo ruolo è quello di un facilitatore fiducia di M. nel potere positivo dei
suoi materiali e delle sue indicazioni sulla gestione degli spazi all’interno della casa, con la
creazione di un’atmosfera di concentrazione e silenzio non imposto, ma determinato dall’impegno
dei bambini nelle attività a disposizione esperienza che confermò la validità dell’impianto
metodologicola casa dei bambini viene descritta da M. come un laboratorio di psicologia
l’insegnante smette di svolgere le attività tradizionali di fare lezioni frontali, di valutare e di
ricompensare con premi o punizioni i bambini questo però non significa che egli scompaia,
piuttosto libera tempo ed energie per seguire ciascun bambino individualmente nella sua crescita
diventa uno <<scienziato>> alle prese con la gestione del proprio laboratorio in esso assume un
ruolo fondamentale il materiale di sviluppo.
Materiale di sviluppo:
1. deve essere autocorrettivo incastri solidi che permettono al bambino di rendersi conto da
sé della collocazione dei vari pezzi bambino al centro dell’attività l’adulto non deve
intervenire con le tradizionali conferme o disconferme veicolate attraverso premi e
punizioni, e il contesto d’apprendimento rimane così sereno;
2. il processo di apprendimento passa attraverso il contatto concreto con il mondo reale il
primo organo dell’intelligenza, per M., non è il cervello ma la mano l’educazione
dell’intelligenza parte dai sensi l’apprendimento è sempre frutto dell’interazione positiva
con persone e oggetti fisici, e richiede una motivazione interiore che deriva dal fatto che il
bambino si rende conto delle proprie capacità ed è disposto a mettersi alla prova, nella
consapevolezza che troverà comprensione e non giudizio.
Figura dell’insegnante: non deve porsi al centro, ma piuttosto adeguare la propria attività ai reali
bisogni e potenzialità dei suoi allievi deve compiere una vera e propria <<conversione>> per
assimilare i principi del metodo da una concezione tradizionale dell’educazione ad una
concezione tipica del rinnovamento in senso <<attivistico>> delle prassi e delle relazioni
educative l’insegnante deve desiderare non che i suoi allievi stiano ad ascoltarlo e a seguirlo, ma
che perseguano attività autonome e originali si rimprovera spesso a M. e alle sue scuole di aver
sminuito, a furia di insistere sull’ambiente e sul metodo, l’importanza delle relazioni interpersonali
(tra i bambini e tra bambini e adulti) critica non fondata, in quanto le casei dei bambini hanno
sempre puntato ad essere luoghi confortevoli anche sotto il profilo delle relazioni
interpersonali i bambini devono collaborare nelle cosiddette attività di <<vita pratica>> (legate
alla gestione degli spazi e delle routine di vita quotidiana) M. vi attribuiva un’importanza pari a
quella dell’attività con i materiali di sviluppo (anzi si potrebbe perfino affermare che i contenuti
dell’insegnamento passino in secondo piano rispetto alla libera ricerca del bambino e al ruolo di
sostegno dell’adulto in questa ricerca).I n effetti, tuttavia, i materiali di sviluppo non sono pensati
per un uso di gruppo ogni attività è concepita per essere svolta individualmente ma questo non
significa che l’educazione montessoriana miri ad esiti individualistici, in quanto l’attività
individuale è bilanciata dalle attività della vita pratica nella classe e nei momenti di vita comune che
sono frequenti nelle routine di tutte le case .
La vicenda montessoriana è molto complessa, e costituisce quasi un enigma pedagogico si tende
a vedere in M. e nel suo metodo un’utopia pedagogica e socio-politica, oppure un libertarismo o una
pedagogia dei materiali è importante sottolineare che nessuna di queste caratterizzazioni riesce a
restituire la complessità e la realtà effettiva dell’opera e dell’eredità montessoriana.
lo stesso si può dire a proposito delle definizioni che sono state più volte avanzate per
caratterizzare la pedagogia di Montessori ad esempio si letta la sua prospettiva come cattolica o
laicista, progressista o moderata in realtà, Montessori mutò le proprie convinzioni nel corso della
sua esistenza, sia in ambito politico che etico-religioso cambiamenti che apportarono note nuove
anche nella sua pedagogia, senza alternarne l’impianto complessivo quasi immutato nelle sue
linee essenziali la linea di ricerca, da questo punto di vista, non conobbe fratture anzi, si adattò
all’evoluzione del pensiero religioso, morale, politico montessoriano opera di “ecumenismo”
culturale e valoriale. La stessa vicenda esistenziale di Maria Montessori è difficilmente
riconducibile a caratterizzazioni unitarie si possono distinguere più fasi, durante le quali il suo
pensiero si evolve e si trasforma si forma in un ambiente cattolico ma aperto al progressismo
moderato, aderisce al positivismo, si impegna nell’ala moderata del socialismo e del femminismo,
scopre una vena religiosa e spirituale che la porta alla collaborazione con congregazioni cattoliche e
organizzazioni di stampo spiritualistico, infine rilegge la sua prospettiva alla luce del contatto con
l’India, giungendo alle ultime formulazioni del suo pensiero, talvolta effettivamente enigmatiche
è proprio per questo che non le si può applicare alcuna “etichetta” univoca in particolare, non si
deve sottovalutare la presenza di Stoppani nella cultura familiare di Montessori l’impegno per
l’adattamento del metodo alle esigenze della catechesi e della vita liturgica si collocano al di là di
una caratterizzazione della fede di Montessori in senso “modernistico”.
Anni Trenta: terza fase, che si conclude con la sua morte ripensamenti interiori rispecchiati nelle
ultime esposizioni del suo pensiero pedagogico abbandonò alcuni legami:
 le critiche dei gesuiti mettono in crisi il cattolicesimo montessoriano (che pure aveva
ricevuto l’appoggio di Benedetto XV sotto la forma di una benedizione)
 il contrasto con le gerarchie fasciste la inducono ad abbandonare l’Italia e a girare il
mondo durante il periodo di internamento in India ritrova antiche conoscenze negli
ambienti teosofici e massonici frequentati già in gioventùsi sentono gli influssi nella sua
ultima produzione.
a figura e l’opera di Montessori rappresentano la più brillante espressione di educazione attiva, ma
anche un enigma (risolvibile soltanto riconoscendone una complessità fatta di contraddizioni e
debolezze).
Opere: Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione nelle Case dei bambini
(1909) divenuto poi La scoperta del bambino.
CAP XV: IL MOVIMENTO ATTIVISTICO E L’EDUCAZIONE PER LA DEMOCRAZIA:
DEWEY
L’influenza di Montessori è stata duratura, e prosegue tuttora nell’opera di un insieme di
organizzazioni che si ispirano al suo metodo, attive in tutto il mondo recentemente la psicologa
Lillard ha tentato di sintetizzare le basi della sua pedagogia, aggiornandone l’impostazione
scientifica alla luce della più recente psicologia dell’età evolutiva 8 punti essenziali del metodo
che potrebbero essere visti come l’espressione dell’intero movimento di educatori, studiosi, genitori
che nel corso del Novecento ha tentato di rinnovare le pratiche educative:
 movimento e conoscenza strettamente collegati chiave di volta di tutta l’educazione
attiva nesso tra il movimento libero ed espressivo del bambino, sul piano corporeo,
dell’attività mentale ed intellettuale;
 tanto l’apprendimento quanto il benessere del bambino aumentano in corrispondenza
con la crescita della sua capacità di controllare autonomamente la propria attività;
 i bambini riescono ad apprendere in modo più efficace quando sono interessati a ciò
che stanno studiando o a cui si stanno applicando principio dell’interesse ormai
riconosciuto da tutti come leva fondamentale di ogni apprendimento effettivo premi o
punizioni influenzano negativamente la motivazione all’impegno personale;
 valore positivo del lavoro collaborativo l’apprendimento individuale è infatti agevolato
dalla stessa atmosfera di collaborazione, tanto che negli ultimi anni si è sviluppata una
metodica di lavoro definita cooperative learning
 centralità del contesto in cui avviene l’apprendimento deve essere significativo per il
bambino
 gli esiti dell’apprendimento sono strettamente connessi con le modalità di relazione tra
bambini e adulti rapporto di coinvolgimento reciproco, simmetria e complementarità,
rafforzate da forme di “cameratismo” adeguate allo scopo.
Nel corso della storia, l’attivismo è stato oggetto di grandi apprezzamenti ma anche di aspre
critiche non poteva essere altrimenti, se si considera il carattere estremo di lacune proposte al
di là di questo, occorre mantenere ferma la sua centralità nella storia dell’educazione
contemporanearuolo di <<spartiacque>> tra le precedenti tradizioni educative e le innovazioni
avanzate nel corso dell’ultimo secolo esso fu inoltre il principale alleato del funzionalismo
psicologico a cui si deve far risalire lo sviluppo della psicologia dell’età evolutiva come branca
della psicologia scientifica nei primi decenni del Novecento la cultura rappresenta lo
<<strumento>> a disposizione dell’uomo, e da lui forgiato nel corso di un’evoluzione e di una
storia lunghissime, per affrontare le insidie di un ambiente (fisico e sociale) che presenta
continuamente l’esigenza di un adattamento dinamico da parte dell’uomo sul piano pedagogico
questa concezione funzionale comporta un’opposizione alla tradizione <<umanistica>> della
cultura occidentale (che vede nell’asse delle <<discipline>>, specialmente quelle linguistico-
letterarie e matematico-scientifiche, una struttura ideale di cultura da assimilare dai giovani) i
giovani, nella nuova prospettiva, dovrebbero porsi creativamente nei confronti della cultura e della
società adulte bisogna far sì che la scuola sia ambiente di vita piena ed intensa, nel quale ciascun
bambino sia posto in grado di sperimentare nuove responsabilità e sviluppare una laboriosità che
rappresenta la virtù essenziale per lo sviluppo armonico della sua personalità a questo scopo
occorre un sapere che si costituisca attraverso l’esperienza del bambino stesso la cultura
monolitica finisce per apparire non richiesta, e perciò quasi impossibile da assimilare interiormente-
 per alcuni, questa critica della cultura tradizionalmente intesa era al servizio di una finalità
politica precisa, es Dewey: la scuola <<nuova>> sarebbe stata il prodromo anche di una società
<<nuova>>, autenticamente democratica per democrazia si intendeva non soltanto un sistema di
governo, ma un’etica.
la scuola intesa come <<preparazione alla vita>> appariva agli occhi degli educatori di questo
movimento come alleata di una visione conservatrice della vita sociale al contrario, lo slogan del
movimento dell’educazione nuova fu quello che richiamava l’opportunità di una <<scuola su
misura>> del bambino anziché dell’adulto.
Piano metodologico: l’attivismo ha sempre propugnato
 un’articolazione del curriculum che privilegia la <<concentrazione>> dei contenuti
sugli interessi del bambino, superando la tentazione del nazionalismo enciclopedico
una scuola “in movimento” e non “libresca” proposte e progetti che, seppur solo
parzialmente concretizzati, costituiscono lo sfondo del dibattito contemporaneo sulla crisi
dell’educazione e sulle vie utili a superarla.
 osservazione costante che porti a scoprire i punti di forza dell’allievo, per far leva su
una crescita che non può essere guidata dall’esterno, ma che procede dall’interiorità di
ciascun individuo corrispettivo politico: diritto d’iniziativa dell’allievo abolizione
della terminologia pedagogica della parola “educando”
 piani di lavoro periodici (continuamente da verificare secondo modalità paritarie da parte
di insegnanti e allievi) sostituiscono i programmi predefiniti in maniera verticistica
 le elezioni scolastiche per la nomina dei rappresentanti nei nuovi organi decisionali
prendono il posto e le funzioni delle cariche autocratiche e accentratrici che
un’antichissima consuetudine ammette nell’amministrazione scolastica
 proposta di ordine “morale” la scuola avrebbe dovuto rispecchiare la tendenza alla
relazionalità propria dell’uomo, in vista di una maturazione morale che sarebbe possibile
principalmente attraverso la partecipazione all’attività del gruppo, alla vita comune della
classe, o del laboratorio.
L’attivismo potrebbe essere considerato come l’espressione in ambito pedagogico di quella
“ricerca dell’autenticità” che secondo Taylor caratterizza il periodo espressivistico della cultura
occidentale primo-novecentesca la filosofi di Nietzsche è un emblema in questo senso la vita
umana si caratterizza per una esasperata ricerca di autenticità, alla quale non fa più riscontro alcun
fondamento, né oggettivo né soggettivo all’avanguardismo artistico e letterario corrisponde la
“rivoluzione” pedagogica dell’attivismo fa leva soltanto sulla libera espressività del bambino
come fonte dello sviluppo umano. Tutte queste caratteristiche si ritrovano nell’opera di Dewey.
Dewey: Filosofo americano che forse più di ogni altro attribuì alle questioni educative
un’importanza assolutamente centrale visse tra due secoli cruciali della storia americana e
mondiale, osservando le grandi trasformazioni sociali che stavano avvenendo in tutto l’Occidente
egli stesso riconobbe che la sua idea di <<scuola-laboratorio>> era ispirata alle trasformazioni
avvenute nella società americana attraverso l’urbanizzazione e l’industrializzazione avevano reso
impossibile la persistenza dei legami comunitari caratterizzanti la vita della provincia rurale
nuovo contesto metropolitano dominato dalle tecnologie e dalle esigenze del sistema produttivo
gli anni della sua maturità sono anche gli anni della massiccia immigrazione dall’Europa
all’America la sfida educativa determinata da questi cambiamenti imponeva la ricerca di nuove
soluzioni l’educazione <<progressiva>> di Dewey cercò di darvi un apporto sostanziale. Quelli
furono anche gli anni delle grandi trasformazioni economiche (non tutte positive) a partire dalla
fine dell’Ottocento la politica economica statunitense è caratterizzata dall’azione cinica dei grandi
trust se Wilson costituirà il <<progressismo>> democratico sulla base di una lotta specifica ai
trust (esercitando un’evidente influenza anche sul pensiero politico di Dewey stesso), la grande crisi
del 1929 manderà in frantumi il sogno di un controllo politico delle forze e delle dinamiche
economiche nuovo modello di Stato, del quale D. sarà uno dei più importanti “ideologi”. Le idee
deweyane nacquero alla luce delle esperienze condotte nella scuola elementare dell’Università di
Chicago ispirò tutti i suoi maggiori lavori pedagogici delineano;
 il primato dell’esperienza come orizzonte dell’agire umano, come punto di verifica del
pensiero e della ricerca scientifica l’educazione è <<ricostruzione>> dell’esperienza
attraverso il pensiero, ed acquisizione della capacità di conoscere la realtà orientandola;
 l’indagine scientifica assume il ruolo di <<guida>> all’interno dell’intero percorso
formativo, attraverso l’acquisizione delle capacità tipiche del lavoro dello scienziato (in
realtà non diverse da quelle di ogni essere umano alle prese con la realtà precaria
dell’ambiente e della vita);
 interazione tra individuo e ambiente fondamentale:
 strumentalismo che si caratterizza per la sua attenzione al problema dell’interazione
sociale tema deweyano della scuola come comunità di vita, come società in grado di
risolvere le contraddizioni della società adulta attraverso una didattica capace di dare il
giusto spazio agli interessi del bambino concretizzando così l’ideale di vita
autenticamente democratica (nel quale si riassume tutta la riflessione del filosofo).
Il pensiero di Dewey può essere inteso in diversi modi da un lato costituisce la principale
espressione teoretica dell’atteggiamento attivistico proposto dagli esponenti del movimento
dell’educazione nuova; dall’altro rappresenta una delle più profonde formulazioni dell’ideale di una
scuola <<democratica >> e rivolta alla compiuta realizzazione della democrazia non più intesa
solamente come ordinamento politico, ma anche nelle sue valenze morali anche per D, come per
Durkheim, vale l’accentuazione della dimensione <<sociologica>> delle pratiche educative.
Democrazia e educazione (1916): afferma che <<Natura della vita è quella di lottare per
continuare ad esistere. Poiché questa continuazione può essere assicurata solo con costanti
rinnovamenti, la vita è un processo di auto-rinnovamento. Ciò che la nutrizione e la riproduzione
sono per vita fisiologica, l’educazione lo è per la vita sociale >>.
Secondo Dewey, lo sviluppo sociale richiede la costituzione di istituzioni rivolte
all’educazione ciò porta nuovi problemi es perdita della connessione tra educazione e
vitama la difficoltà nel mantenere il necessario continuum tra informale e formale è data dalla
condizione stessa della vita umana: <<lo sviluppo delle attitudini e disposizioni necessarie alla vita
nei giovani non può aver luogo con la comunicazione diretta delle credenze, emozioni, conoscenze.
Ha luogo invece attraverso l’ambiente>> vera e propria pedagogia <<dell’ambiente>>
l’ambiente sociale è quello delle pratiche condivise. Dewey inoltre sottolinea costantemente il
carattere inconsapevole dell’educazione avviene man mano che i giovani partecipano alle
attività dei vari gruppi ai quali appartengono quando la società diventa più complessa, si sente la
necessità di creare un ambiente sociale speciale a questo punto è necessario definire le
caratteristiche e le finalità essenziali della scuola come luogo e istituzione sociale
<<esemplificare e ordinare i fattori delle disposizioni individuali che si desidera sviluppare;
purificare e idealizzare i costumi sociali esistenti; creare un ambiente più largo ed equilibrato>>
una difficoltà dell’educazione è il fatto che gli impulsi naturali dei giovani non si accordano con gli
usi della vita del gruppo nel quale sono nati ciò impone che siano guidati, non attraverso la
violenza fisica, ma attraverso l’interazione sociale (da intendersi come controllo esercitato
autonomamente dal singolo soggetto sulla propria esperienza) in questo modo è possibile
formulare obiettivi condivisi e rendere i giovani partecipi delle pratiche sociali il controllo è
indiretto o emotivo e intellettuale, non diretto o personale; è intrinseco alla disposizione della
persona, non esterno o coercitivo raggiungere questo controllo è compito dell’educazione
libri e conversazione possono far molto, ma in genere si conta troppo esclusivamente su questi
fattori.
 Concezione della crescita si rifà ad una visione dell’uomo come essere che forma
plasticamente se stesso attraverso l’acquisizione del controllo di sé e sull’ambiente grazie
alle abitudini il concetto di abitudine è al cardine di tutta la sua psicologia, ma è differente
dal consueto: <<le abitudini attive implicano pensiero, invenzione, e iniziativa
nell’applicare capacità a nuovi scopi. Esse sono opposte alla ‘routine’, che segna un
arresto nella crescita>> affermazione che avrà grande risonanza in tutto il Novecento, e
che si può considerare come il carattere distintivo della pedagogia deweyana.
 concezione dell’educare come “ricostruzione dell’esperienza” privilegia il presente
come tempo dell’esperienza immediata ed esistenzialmente più forte, sviluppata anche sul
piano filosofico (la filosofia di D. è una filosofia dell’esperienza e della sua “ricostruzione”).
 legame tra educazione, scuola e società implicazione di questa visione è la superiorità
della società aperta e democratica su tutte le altre la vera società democratica è quella
entro la quale si svolge una continua interazione tra singoli gruppi, culture (ciascuno
portatore di esigenze e interessi diversi) in vista dell’instaurazione e del mantenimento
della democrazia è necessaria un’educazione basata sulla partecipazione attiva la cultura è
un’esigenza della società democratica, strettamente necessaria alla sua conservazione in
una società aperta e democratica la cultura è la ricerca di significato da parte di ciascun
individuo, da qui deriva un nuova visione del rapporto tra interesse personale e
disciplinanell’interesse è implicato anche il concetto di sforzo attività consapevole
volta al superamento delle difficoltà in vista del fine gratificazione, concentrazione e
costanza sono perseguite intenzionalmente, non più imposte secondo D il nesso tra
interesse e disciplina si fonda sul rapporto di stretta relazione tra la vita mentale e l’agire
umano spesso concepiti come irriducibili l’una all’altro dalla tradizione occidentale D.,
sulla base del suo <<strumentalismo>>, li intende come intrinsecamente connessiciò
determina, tra le altre cose, l’esigenza di non separare il pensiero dall’attività, anche quella
materiale e corporea, e di predisporre nella scuola un ambiente in grado di rispettare tale
connessione;
 idea della cultura come strumento per l’agire occorreva superare l’idea che l’oggetto
del sapere sia qualcosa di isolato e indipendente, e mostrare il legame tra lo studio e
l’agire mondo della mente e spazio sociale venivano così a riunirsi in un percorso unitario
 se esiste un nesso inscindibile tra la vita mentale e quella sociale, nello strumentalismo
pedagogico deweyano viene definito anche il carattere procedurale dell’esperienza e della
conoscenza che ne scaturisce la sottovalutazione di questo nesso comporta la separazione
della vita dalla conoscenza e dallo studio il pensiero nasce dal desiderio di comprendere la
realtà e di incidere su di essa carattere soggettivistico e “pragmatistico” della concezione
deweyana della scienza lavoro scientifico come elaborazione di ipotesi da sottoporre alla
verifica sperimentale il carattere procedurale della ricerca scientifica corrisponde a quello
di tutta la vita mentale la rappresentazione del mondo che l’uomo costruisce sulla base
dell’esperienza corrisponde al lavoro dello scienziato in laboratorio carattere instabile,
sempre in itinere della realtà stessa.
il carattere procedurale del pensiero e dell’esperienza deve essere rispettato anche
nell’educazione elementi essenziali per una valida situazione educativa: interesse per
l’attività intrapresa, corrispondenza dello studio con la realtà, padronanza e
significatività della situazione;
 nesso tra esperienza e metodo didattico il requisito fondamentale di una didattica
efficace è il nesso dello studio con la realtà percepita e vissuta dall’allievo si affaccia qui,
per la prima volta nella storia delle idee pedagogiche, il concetto di un metodo
“individualizzato” pietra miliare nello sviluppo della sperimentazione educativa
novecentesca su questa base è possibile formulare una sorta di “etica
dell’insegnamento” al servizio dell’ideale di una pratica educativa conforme allo spirito
della democrazia;
 per un’attività educativa efficace è necessario stabilire la continuità con la vita sociale
attraverso la selezione adeguata dei materiali da proporre allo studiocriterio che vale
anche nella costruzione del curriculum degli studi non è altro che una selezione
corrispondente al grado di complessità della vita sociale il problema è che una volta
formato il curriculum, si smarrisce il suo carattere procedurale e provvisorio il
cristallizzarsi delle materie in forme che resistono al mutare dei tempi è il male secolare
dell’educazione e della scuola secondo Dewey;
 nuova formulazione del rapporto tra gioco e lavoro <<è importante non confondere la
distinzione psicologica fra gioco e lavoro con la distinzione economica. Psicologicamente
la caratteristica che definisce il gioco non è il divertimento o l’esser privo di scopo. E’ il
fatto che lo scopo è considerato come un’ulteriore attività nella stessa linea, senza definire
la continuità dell’azione con riferimento ai risultati prodotti >>  sono le distinzioni
sociali che impediscono di cogliere la continuità ideale tra gioco e lavoro dovrebbe
perdere il carattere coercitivo che lo caratterizza oggi.
Tutta la filosofia e la pedagogia deweyane si fondano sulla chiarificazione di cosa si intende per
esperienza in ambito educativo assume il carattere di ricerca esistenzialmente impegnativa se
il contesto della formazione deve essere un contesto d’esperienza sensata e ricca, è ovvio che gli
stessi rapporti tra adulti e giovani debbano essere improntati ad una ricerca comune, nella quale
ciascuno si trovi impegnato attivamente comunicazione autentica per far ciò occorre superare
la dicotomia tra cultura disinteressata e cultura professionale frutto della storia sociale e
priva di motivazioni di principio Dewey propone un’antropologia che non si basa sulla
distinzione degli uomini rispetto alle facoltà intellettuali (sempre condizionate dalla situazione
economica) la storia della filosofia è percorsa dal tentativo di costruire teorie politiche
rispecchiate nel dato ontologico o antropologico erroneamente riscontrato nella realtà delle divisioni
sociali a questa prospettiva corrisponde, nell’educazione, la scissione tra <<studi liberali>>
(connesse con la vita agiata e dedicata alla conoscenza pura) e <<addestramento professionale>>
(considerato privo di contenuto intellettuale ed estetico)  la scuola della società democratica deve
porre le basi per superare questo dualismo. Trasformazione della concezione di “ragione”
cessa di essere una facoltà remota e ideale, e significa tutte le risorse con le quali l’attività è resa
significativa nella prospettiva democratica, a questa definizione corrisponde l’affermazione del
valore di ciascun individuo come costruttore del significato della propria esperienza <<una
società progressiva considera preziose le variazioni individuali, perché in esse vi ritrova i mezzi
per il proprio sviluppo>> questa apertura è permessa soltanto dal superamento definitivo della
scissione tra cultura e professione deve essere intesa come qualsiasi attività continuata che renda
servizio ad altri secondo D., qualsiasi proposta di riforma che privilegiasse la prospettiva
professionale finirebbe per consolidare il vecchio sistema la nuova cultura che potrebbe scaturire
dalla sua proposta, rappresenterebbe un cambiamento anche per i ceti più bassi, attraverso il
diffondersi di un nuovo atteggiamento di solidarietà nuovo modo di concepire l’educazione
nell’era industriale.
L’importanza di Dewey consiste nel fatto che il suo pensiero filosofico poneva per la prima volta al
proprio centro la questione educativa: <<la filosofia è la teoria generale dell’educazione>> a
questa affermazione corrispondeva la riaffermazione dell’idea dell’incertezza come limite che
l’uomo cerca di superare attraverso la ricostruzione dell’esperienza e l’attribuzione ad essa del
significato egli riconosceva inoltre la natura sociale della riflessione filosofica ha come
obiettivo ideale l’armonia nella società e nei singoli individui perseguibile soltanto attraverso
l’educazione.
Nesso tra democrazia, pensiero filosofico-scientifico e metodo educativo: <<poiché la
democrazia rappresenta come principio il libero scambio, la continuità sociale, deve sviluppare
una teoria della conoscenza che veda in essa il metodo col quale un’esperienza è resa utile nel
dare direzione e significato ad un’altra >> prospettiva impregnata delle ambizioni e delle
ingenuità del positivismo trasposta anche sul piano della formazione degli atteggiamenti morali:
<<ciò che si acquista nel corso degli studi non influenza il carattere, è inutile considerare il fine
morale come il fine unificatore e culminante dell’educazione>> il tema del carattere sarà uno dei
motivi conduttori della riflessione pedagogica nordamericana nel corso del Novecento per D. la
moralità è strettamente collegata alla strutturazione dei significati morali anche se la sua
prospettiva riprende la tradizione dell’utilitarismo anglosassone, essa è importante per l’orizzonte
pedagogico l’educazione morale si connota come formazione del carattere attraverso la
partecipazione alla vita sociale l’ottimistico riformismo deweyano è espressione di un ideale di
società democratica che ha sorretto l’opera di molti educatori lungo tutto il Novecento.  altra
opera: Il mio credo pedagogico (1897).
CAP XVI: IL NEOIDEALISMO ITALIANO. SOGGETTIVITA’ ASSOLUTA ED
EDUCAZIONE
Nel clima cultura del primo Novecento l’affermazione del movimento neoidealistico può essere
compresa alla luce della crisi del positivismo e delle contestazioni avanguardistiche nelle arti e nella
letteratura la cultura del positivismo, dopo decenni di egemonia incontrastata in Europa, è messa
in discussione:
 per la sua incapacità di rispondere a domande nuove che nascevano dalle contraddizioni
della vita sociale e della condizione esistenziale dell’epoca vittoriana;
 per i nuovi orientamenti che iniziavano ad affermarsi sul piano estetico, morale e politico
 l’età del positivismo è caratterizzata dalla convergenza dell’atteggiamento scientifico-
sperimentale con gli indirizzi della ricerca filosofica e con le tendenze estetiche della
letteratura (realismo, verismo) e delle arti (impressionismo) questa convergenza si incrina
con l’affermazione di atteggiamenti programmaticamente contrari, incarnati nella filosofia
di Nietzsche, nell’espressionismo figurativo e nelle nuove forme poetiche (simbolismo e
avanguardie del primo Novecento, es surrealismo) nuovi movimenti filosofici si fanno
strada pongono al centro dell’attenzione non più la comprensione della realtà concreta, ma
la vita interiore, intesa come una via autentica per penetrare il reale stesso la Prima guerra
mondiale porta a compimento questa trasformazione, facendo tramontare l’ottimismo
positivistico legato alla convinzione che la storia umana sia guidata da una tendenza
intrinseca al progresso le devastazioni e i milioni di morti provocati dall’applicazione
sistematica delle conoscenze tecnologiche mostreranno un nuovo volto della scienza e della
razionalità.
Italia: la dissoluzione del fronte positivistico lascia terreno libero allo spiritualismo ed al realismo
critico che in realtà non erano mai spariti, ma che adesso si erano rinnovate alla luce delle nuove
inquietudine accentuazione dell’elemento irrazionalistico in esse presente (come si può constatare
nell’opera di quasi tutti i grandi esponenti novecenteschi, da Martinetti a Rensi)
in questa ripresa di tradizioni la scuola idealistica giunge ad occupare un posto rilevante
rifiorisce grazie ai due principali maestri del neoidealismo, Croce e Gentilel’imporsi di questa
tradizione rispetto agli altri orientamenti filosofici si deve proprio al legame più saldo e diretto tra il
neoidealismo e la cultura ottocentesca di marca non positivistica spie di questa situazione sono il
successo degli scritti estetici e di critica letteraria di Croce (autentico volano dell’affermazione
neoidealistica) e le ricostruzioni polemiche della storia della filosofia italiana di Gentile (esprime
nella maniera più compiuta i motivi ideali di questa corrente sul piano pedagogico).
Filosofie neoidealistiche: nuova visione della vita che la generazione di Croce e Gentile cercò di
affermare esaltando valori molto contraddittori dalla denuncia delle ipocrisie delle classi dirigenti
del tempo ad una concezione assai vicina a quella di Nietsche circa l’uso della violenza in politica e
la giustificazione della guerra sul piano ideale e morale esse rispecchiano la mentalità tipica del
liberalismo italiano.
saranno gli eventi politici e diplomatici a determinare il rafforzarsi di alcuni elementi dei nuovi
momenti culturali, specialmente dell’idealismo (guerra di Libia e intervento nella guerra mondiale
orienteranno questa filosofia in senso sempre più nazionalistico).
Croce e Gentile si impegnarono in primo piano nella vita politica, assumendo anche cariche di
governo in particolare guidando il ministero della Pubblica istruzione in un periodo breve ma
cruciale che portò al regime fascista e all’attuazione della più organica riforma dell’istruzione nella
storia dell’Italia unita. Croce dapprima mise in atto un sistema di controllo di tutte le scuole da
parte dello Stato attraverso una procedura generalizzata di esami finali (che tuttora caratterizza
la scuola secondaria nel nostro paese). Gentile, in un periodo di pieni poteri attribuiti all’esecutivo,
provvide per decreto a strutturare l’intera scuola italiana in tre gradi, e con una pluralità di
orientamenti che intendeva rispecchiare l’ordinamento sociale ed economico e finalizzarlo alle
scelte politiche del regime la scuola gentiliana sopravvisse al crollo del fascismo (e ancora oggi
non è terminato il suo influsso sul nostro sistema e scolastico).
Motivi ideali che possono render conto dell’influsso esercitato da C e G sulla scuola italiane e sulla
cultura:
 affascinante concezione della filosofia e dell’attività intellettuale consapevolezza delle
molteplicità delle forme in cui si esprime la vita spirituale dell’uomo in questo consiste la
novità rispetto al positivismo;
 se Croce affidò alla sua teoria estetica la fama e l’influenza delle sue idee, impegnandosi
nella lunga elaborazione di un sistema che si configurò come espressione della civiltà
borghese e liberale, Gentile affidò al suo Sommario di pedagogia come scienza filosofica
(1913) la prima espressione compiuta della propria filosofia opera che ebbe una vasta eco
nel mondo filosofico ma ancor di più della scuola (sul piano politico ed organizzativo);
 caposaldo teorico della filosofia gentiliana “metodo dell’immanenza assoluta”
concezione della soggettività irriducibile della realtà.
Per quanto si presenti come fenomeno limitato all’Italia, il neoidealismo di C e G presenta le
caratteristiche di estrema affermazione della soggettività che si riscontrano in tutta la cultura del
primo Novecento caratteristiche che permettono di accostare lo spirito di questa filosofia alle
espressioni coeve di <<vitalismo>> ed <<espressionismo>>.
Gentile: Filosofia che afferma l’infinità e la libertà assoluta dell’io spirito umano come
“autocoscienza” che si conquista in un movimento storico, e che segue fedelmente l’ispirazione e
lo svolgimento del sistema hegeliano l’interesse per la riforma della scuola nazionale (tema
discusso nell’opinione pubblica italiana fin dagli ultimi anni dell’Ottocento) si basa sulla
riconduzione della pedagogia alla filosofia nella prospettiva di un movimento dialettico verso
l’assoluto Gentile concepisce la pedagogia come “scienza dello spirito” dell’uomo che si forma
secondo il suo “concetto”, come “coscienza di sé” e “autocoscienza” caratteristica di questa
filosofia è l’ambizione di eliminare tutte le antinomie presenti nella realtà, privilegiando il
momento della sintesi idealistica darà vita a paradossi su cui si costruirà il destino politico
dell’attualismo come giustificazione filosofica del fascismo:
 l’essere dell’uomo si compie soltanto identificandosi con il suo dover essere;
 destino dell’educando è identificarsi con il suo educatore;
 la libertà si attua solo nell’autorità dello stato etico;
 le scienze trovano la propria giustificata espressione solamente nell’autenticità della
pedagogia intesa come “filosofia” dello spirito, per giustificare a loro volta l’identificazione
retorica di eteroeducazione ed autoeducazione.
Al di là delle affinità, tra Croce e Gentile vi sono numerose differenze la più evidente riguarda la
netta differenza nelle scelte politiche concreteGentile collaborò subito con Mussolini, Croce
assunse un atteggiamento distaccato inizialmente benevolo, ma poi sempre più critico, fino a
rappresentare la voce più autorevole della fronda antifascista in Italia.
Riforma Gentile: frutto della collaborazione con Mussolini (la definì “la più fascista” delle
riforme) si trattò di una riforma organica la scuola disegnata da G era una scuola di stampo
fortemente conservatore, improntata alla distinzione tra le “due culture”, quella liberale-
umanistica, orientata all’esercizio delle professioni e quella popolare, con orizzonti ben più
ristretti fatta su misura delle finalità economiche e lavorative di uno Stato che non intendeva
incentivare la mobilità sociale. La scuola della riforma Gentile fu in effetti improntata anche ad un
criterio meritocratico l’appartenenza alle classi agiate non era sufficiente agli studenti dei licei
per finire gli studi, occorreva rigore, selettività ed impegno culturale; e il latino era eretto a criterio
“discriminante” per l’accesso agli studi universitari. Vi fu un’opposizione a Gentile anche
all’interno del regime dopo la fine del suo dicastero, infatti, i successori al ministero
dell’Educazione nazionale portarono avanti una politica di ritocchi volti a rendere meno denso il
curriculum e meno selettive le procedure di accesso e selezione nel 1933 furono vibrati anche
attacchi personali a Gentile (sia per l’operato di organizzazione della cultura nazionale, sia per la
sua filosofia) i suoi allievi più indipendenti dal regime furono boicottati per colpire il loro stesso
maestro fu il caso di Radice.
Radice: Aveva collaborato con Gentile nel periodo della riforma, predisponendo la redazione dei
programmi delle scuole elementari pedagogista “d’istinto” portò nel neoidealismo motivi
tipici delle scuole nuove, in particolare l’esaltazione della creatività infantile e la concezione del
bambino come “artista”, progettando un curriculum per le scuole elementari molto avanzato per i
tempi in realtà in Radice si trova anche l’eco dei motivi crociani es. nel caso della “critica
didattica” (sul modello della critica letteraria, come analisi del valore di singole esperienze
educative e d’insegnamento). Alcune idiosincrasie tipiche dell’impostazione gentiliana es
rifiuto della pedagogia “scientifica” propugnata dalla Montessori a suo avviso troppo legata ad
una psicologia malintesa perché non conforme all’articolazione delle scienze dello spirito
-fu il pedagogista che più di tutti nel corso del Ventennio mantenne viva la pratica dell’educazione
“attiva”, difendendola anche dalle ingerenze di regime.
Con la fine del fascismo, la morte di Gentile e l’affermazione dello “spirito del Quarantasei”
(Garin), la persistenza della scuola gentiliana nella cultura e nella scuola italiane si ridusse
decisamente ma continuò ad esprimersi nell’opera di allievi originali e diversi tra loro es
Calogero e Spirito.
Rapporto tra “educatore” ed “educando”: una delle tesi più controverse della pedagogia
gentiliana (e neoidealistica in generale) la differenza tra essi non è irriducibile, anzi, è possibile
una progressiva unificazione di essa attraverso l’atto educativo e l’assimilazione del modello
dell’educatore da parte dell’allievo (l’uno è inconcepibile senza l’altro) Gentile, partendo dalla
sua visione dell’educazione “autentica”, la intende come “sintesi spirituale” rispetto alla filosofia
crociana, quella di Gentile si caratterizza per la sua spasmodica ricerca della via che porta alla
risoluzione del molteplice empirico nell’unità spirituale (anche in ambito pedagogico) l’atto
autenticamente educativo, reale nella sua spiritualità, consente di superare il dualismo
apparentemente insuperabile di materia(allievo) e forma(maestro-modello) di qui una serie di
altre riduzioni dialettiche:
 Identificazione del processo di “liberazione” dell’allievo con la disciplina, vera
essenza della scuola stessa la crescita culturale è strettamente connessa con la disciplina,
e non si può dare l’una senza l’altra l’una si risolve nell’altra al fine di un autentico
“processo spirituale” (non ci è dato sapere quale debba essere il criterio di
autenticitàproblema affrontato da Radice).
 Istruzione all’educazione concepite alla luce dell’attualismo e del suo intellettualismo
etico la morale scaturisce dall’assimilazione dei modelli culturali da parte dei giovani
<<sapere etico è quello in cui si viene costantemente realizzando l’accordo pieno tra libertà
e legge, soggetto e oggetto: l’unità dell’autocoscienza e della coscienza>> questione
ancor più complessa che investe la concezione gentiliana dell’ontologia tendenza a
ricondurre la molteplicità (intesa come negatività) ad una sintesi di elementi unificati ad un
livello superiore il superamento dell’apparenza della molteplicità e della sua irriducibilità
empirica avviene nell’idea vero e proprio elemento taumaturgico del suo sistema
filosofico attraverso di esso viene a cadere perfino l’evidenza empirica della distinzione
dei corpi, a meno che non venga ricondotta all’interno della sintesi dell’elemento materiale
in quello spirituale questa cattiva apparenza cade una volta assunta la prospettiva dello
spirito in atto  lo spirito è il luogo della riconciliazione di tutti gli opposti.
 Vita relazionale dell’uomo come unificazione dell’Io nel suo rapporto con l’Io altrui,
osservando la personalità , dalla prospettiva dello spirito, nelle relazioni
interpersonali la corporeità non è separata dalla spiritualità nell’insieme della realtà e
delle relazioni tra gli enti, così come la singolarità dell’individuo è posta adeguatamente
soltanto con e all’interno di un insieme organico di persone in relazione Gentile è
consapevole dell’inevidenza della prospettiva che assume la sua filosofia dello spirito la
via d’uscita da questo smarrimento intellettuale e morale, è raggiunta con un appello al
“pensiero”nel neoidealismo di Gentile dunque troviamo echi agostiniani la loro
“trasvalutazione” in quella prospettiva del tutto immanente che scaturisce dalla riconduzione
di tutta la realtà all’interno del soggetto.
L’identificazione di educatore ed educando come fondamento dell’educazione troverà un interprete
estremamente sensibile in
Radice fu un pedagogista molto rilevante nello sviluppo teoretico del movimento attualistico in
Italia egli non solo diede vita ad un approfondimento in senso pedagogico e in campo educativo
della filosofia gentiliana, ma manifestò una decisa originalità rispetto al suo maestro data
soprattutto dal fatto che egli partecipò alla traduzione della prima condotta kantiana, insieme a
Gentile stesso impresa che servì alla diffusione stessa del neoidealismo in Italia. Radice sembra
riconoscere le ragioni di quel “cattivo” infinito che gli idealisti avevano rimproverato a Kant nel
contesto educativo la risoluzione dell’identità dell’allievo in quella del maestro non è mai data
definitivamente, e non è nemmeno auspicabile che lo sia: <<occorre che l’educatore conosca il
singolo alunno; altrimenti il suo lavoro di maestro potrebbe essere remoto dal punto di vista di
coscienza in cui si trova l’alunno, e non esserci passaggio fra questa e la parola del maestro>> 
la sua pedagogia si attesta sul riconoscimento dell’alterità come dato di fatto non passibile di
risoluzione il problema educativo consiste nella consapevolezza della possibile estraneità degli
individui qui emerge la radice liberale dell’attualismo (sempre soffocata da Gentile, ma rimasta
viva in alcuni suoi amici e discepoli)  se la dualità può generare estraneità, è per questo che
bisogna superarla, ma nella misura del lecito e del possibile. L’identificazione di maestro e allievo
può avvenire solo nella dimensione del comprendere interazione educativa descritta come
reciprocità di due persone che riconoscono la necessità e l’opportunità di uno sforzo che li
avvicini l’atto dell’unificazione avviene progressivamente e parzialmente, manifestandosi in
alcuni gesti concreti e circostanziati. L’unificazione interiore e con gli altri avviene nel
riconoscimento della dimensione temporale dell’esistenza, nella memoria di sé e nello slancio verso
chi è portatore di un’alterità.
Tesi che sostiene il processo tendenzialmente infinito dell’unificazione tra maestro e allievo 
testimonianza della sua vicinanza a G. e della volontà di integrare aspetti del suo sistema <<gli
altri diversi da noi, quando entrano in rapporto con noi, sono uno dei lati della nostra stessa
consapevolezza nella quale noi siamo altri a noi stessi. Va però considerato che ogni tatto
educativo, in quanto introduce nello spirito dell’alunno una nuova verità, se per quella verità lo fa
identico con lo spirito del maestro, per quella stessa verità inizia una nuova diversificazione >>
il senso della diversità non si perde nello spirito di <<sintesi>> tipico dell’attualismo apertura
culturale della pedagogia di R; costante confronto con filosofie ed esperienze educative diverse;
attivismo; volontà di integrare il sistema del suo maestro. Radice non seguì il suo maestro nella
scelta politica di aderire al fascismo, ma assumerà un atteggiamento di estraneità al regime,
coltivando relazioni intense con pedagogisti ed educatori democratici in Europa e negli Stati
Uniti manifestando un’altra vena presente nell’attualismo stesso vicinanza all’ispirazione della
pedagogia attivistica nell’esaltazione del valore espressivo del bambino e dello sviluppo della
personalità nella sua forma più autentica come fine dell’educazione stessa la sua opera è
fondamentale per comprendere il permanere di tracce neoidealistiche nella scuola e nella pedagogia
italiane durante il periodo repubblicano.
CAP XVII. IL NOVECENTO CATTOLICO: GUARDINI E IL PERSONALISMO
Guardini (1885-1968) non fu un pedagogista, tuttavia il suo influsso sull’educazione tra gli anni
Venti e gli anni Sessanta è stato notevole, e, adeguatamente contestualizzato, consente di cogliere
aspetti importanti del Novecento. Il suo impegno si concentrò soprattutto nell’ambito
ecclesialela sua opera assunse un ruolo primario nel panorama della cultura cattolica della metà
del Novecento tuttavia, è impossibile classificare la sua opera in un genere letterario o in una
disciplina specifici, in quanto i suoi scritti spaziavano dalla teologia, all’apologetica e pastorale, alla
filosofia morale, alla critica letteraria. Tuttavia egli deve la sua notorietà soprattutto alla sua opera
di formatore della gioventù cattolica, dapprima in Germania e poi in tutta Europa uno degli
emblemi culturali del periodo conciliare. Antinazista, perseguitato negli anni del regime e sensibile
alle problematiche economiche e sociali, egli è stato spesso accostato alla cultura fenomenologica
ed esistenzialistica (che si evince soprattutto nella sua visione pedagogica).
Visione pedagogica: non trova una formulazione sistematica, ma emerge da alcune opere di
carattere filosofico Mondo e persona; saggi di fondazione della teoria pedagogica, tra cui
Fondazione della teoria pedagogica (1928) sacerdote e pensatore, egli usa un metodo che si può
accostare a quello “fenomenologico” cerca di cogliere i caratteri essenziali dell’uomo in
un’antropologia che parte dal dato osservativo riguardante la costituzione dell’essere umano da
qui scaturisce il discorso della pedagogia. In realtà egli ha presente una vasta tradizione di pensiero
e letteraria che parte da Goethe, allorché assume come punto di riferimento il tema della “forma
vivente” punto essenziale di tutta la riflessione antropologica e morale la conoscenza
dell’uomo (anche di stampo scientifico) deve fare i conti con la questione della forma dell’essere
umano, in sé e rispetto agli altri esseri  affrontare il tema di quale sia la forma vivente propria
dell’uomo significa cogliere una delle questioni più grandi e delicate per il pensiero e per la ricerca
umani esigenza di una visione antropologica in grado di inquadrare la complessità dell’essere
umano <<la forma vivente è una unità costituita da una pluralità di elementi, che non può essere
frazionato>> la riflessione sulla forma dell’umano implica la constatazione di una pluralità di
gradi di approfondimento della ricerca stessa in corrispondenza della complessità e
pluridimensionalità dell’essere umano stesso rapida descrizione dei livelli fondamentali
dell’essere:
1. livello più bassosi manifesta come rigido impulso il processo di realizzazione della
forma visibile è la risultante delle cause chimico-meccaniche in azionelivello ineludibile
2. livello biologico e psicologico <<sul piano bio-psichico, l’essere vivente esiste in una
viva tensione fra l’interno e l’esterno. Vi è una differenza fra l’accadere fisico e il piano
psichico. L’atto vivente(percezione e azione) , la crescita, la conservazione e il decadimento
si attuano in questa polarità>> lo specifico umano comincia ad affacciarsi nel momento
in cui si entra nell’ambito della relazionalità umana l’essere umano mostra la sua
peculiarità in primo luogo attraverso l’intenzionalità, che sta alla base del suo rapporto con
la realtà esteriore  <<in quanto persona, esso possiede se stesso nella coscienza, nella
libertà e nell’azione >>
3. la specificità della natura umana è la libertà ciò che definisce la tematica pedagogica è
il fatto che la libertà umana si esprime sempre nei termini e nel contesto di una relazione.
Non si può comprendere la riflessione di G al di fuori della prospettiva religiosa la sua opera
infatti ebbe sempre come destinatario privilegiato il pubblico dei fedeli <<l’essenza dell’uomo è
unica ed originale. Con quanto detto, entriamo nella dimensione religiosa. Lo spirito è creato come
singolo, in quanto tale, riceve il suo nome da Dio>>.
Nedoncelle: Probabilmente il pensatore che più ha insistito sul valore intrinseco della persona
umana, sostenendone il carattere relazionale è la stessa natura di essere aperto all’altro, ad
un’alterità che si manifesta nelle cose e nelle altre persone (verso le quali il singolo si orienta
intenzionalmente) che rende la vocazione ad intrecciare relazioni intense con gli altri una specifica
dell’uomo tuttavia, questa è anche la fragilità dell’uomo e del cosmo minacciati
dall’imprevedibilità delle relazioni quella che N. chiama “reciprocità delle coscienze” richiama il
carattere indeterminato (libero) delle relazioni tra le persone, e il conseguente rischio di un destino
di fallimento. La filosofia di Nedoncelle si distingue da quella di altri per la sua esplicita attenzione
allo studio scientifico delle relazioni umane dedicò vari saggi alla discussione delle ricerche
psicologiche sulla personalità e sulla comunicazione fu uno dei collaboratori della rivista
“Esprit” fondata da Mounier (uno dei più importanti personalisti francesi).
L’apporto di Nedoncelle al personalismo è stato peculiare e forse più determinante di quello di
Mounier rinunciò quasi programmaticamente a costruire una filosofia <<sistematica>> (in quanto
riteneva quest’aspirazione contraddittoria rispetto ad una filosofia improntata ai valori della
persona), mentre Nedoncelle, pur mantenendosi fedele a questo spirito, sviluppò una filosofia che
non si presenta come “sistema”, ma che procede comunque in maniera rigorosa l’intento di
Mounier fu fortemente orientato in senso politico, così come la sua filosofia, e lo stesso vale per
Marrou (altro animatore dell’ <<Esprit>>, e forse più importante storico francese dell’educazione).
Marrou: La sua Storia dell’educazione nell’antichità si apre con una dedica alla memoria di uno
studente universitario ucciso dai nazisti egli dedicò una parte di rilievo della sua attività alla
riflessione sui principi e sul metodo della storiografia. Il personalismo novecentesco, anche nelle
forme più mediate, si presenta caratterizzato dalla preoccupazione di un adeguato inquadramento
del rapporto tra l’ “essenza” e l’ “esistenza” evocatore di una lunghissima tradizione filosofica
che il personalismo tentò di aggiornare sviluppando una forte sensibilità per la fragilità dell’essere
nel suo esistere concreto senza sposare la soluzione esistenzialistica del primato dell’esistenza
sull’essenza, ma rendendosi comunque conto delle contraddizioni del reale esprimendole col
linguaggio dell’ontologia filosofica, che si aprì al confronto con le scienze dell’uomo (psicologia,
sociologia, storiografia).
Chiare implicanze pedagogiche dell’antropologia personalistica: per quanto implicite e non
sviluppate sistematicamente, queste prospettive pedagogiche portarono alcuni esponenti del
movimento a formulare una interpretazione della relazione educativa nei termini di un
atteggiamento di “cura” nei confronti dell’altro non è un caso che si possa accostare il “pensiero
femminile” novecentesco al personalismo; alla letteratura di stampo laico e agnostico, religiosa
(ebraico-cristiana). Se la rilevanza di questo movimento di idee consiste nell’aver avanzato proposte
di profondo rinnovamento culturale (mettendo in crisi gli stessi presupposti della filosofia e delle
scienze dell’uomo) con la rivendicazione di un’antropologia e di un’etica della relazione e della
“cura”, è possibile individuare numerose figure emblematiche di questo nuovo atteggiamento
morale ed intellettuale:
 Edith Stein versante cattolico  scritti sulla donna e sulla condizione femminile
riflessione filosofica sistematica che apre la strada ad una comprensione della sua stessa
ontologia fenomenologica  sviluppata attraverso fasi diverse di maturazione che seguono
il percorso dalla conversione all’ingresso nel Carmelo e all’attività di studiosa e insegnante
di antropologia e pedagogia in istituzioni universitarie e cattoliche  <<filosofia al
femminile>> (e conseguente pedagogia) sul piano pedagogico i suoi scritti integrano la
riflessione ontologica ed antropologica ed aprono la prospettiva sul legame che intercorre tra
questa prospettiva e la sua prospettiva morale-religiosa, offrendo una visione
pluridimensionale della realtà (una delle caratteristiche più rilevanti dell’approccio
femminile alla riflessione filosofica).
 Girard personalismo del tutto sui generis antropologo e critico letterario francese che
ha influenzato il dibattito contemporaneo sulle scienze sociali la <<teoria mimetica>>
girardiana si propone sotto una duplice veste oggi: 1)prospettiva per una visione unitaria
dell’uomo e per un’integrazione delle scienze umane in un complesso coerente di
conoscenze; 2)prospettiva in grado di recuperare anche in senso critico una consapevolezza
adeguata e realistica circa l’importanza del cristianesimo (a partire dal motivo della sua fede
stessa) il tratto più promettente della prospettiva aperta da Girard per le scienze umane è
la sua analisi antropologica esigenza di comprendere dinamicamente l’uomo attraverso il
suo agire, dominato dal desiderio e dalla tendenza a seguire modelli nella realizzazione del
desiderio stesso in Girard vi è una riconsiderazione dei modelli educativi e della teoria
della virtù (che ha costituito per secoli uno dei capisaldi dell’educazione occidentale):
La strada maestra per comprendere la natura del desiderio, e quindi dell’uomo, è la progressiva
rivelazione che porta dalla legge del Decalogo alla legge evangelica la tradizione entro la quale si
deve concepire il lavoro di elaborazione scientifica è la comprensione che i cristiani hanno avuto
storicamente della rivelazione stessa in questo impegno di approfondimento la centralità di Cristo
consente di recuperare l’idea essenziale di “sequela” l’intera storia umana è letta dalla teoria
mimetica come esito cruento dei propositi di <<sequela>> che i gruppi sociali e gli individui
realizzano nell’arco della loro storia, mettendosi al seguito di <<modelli>> nella loro ricerca
della felicità caratteristica ontologica dell’essere umano Cristo si incarna in questa realtà,
proponendo sé stesso come l’unica via, in cui l’essenziale è fare la volontà di un Altro. Questa
trasformazione mette in evidenza come nella storia umana dominino tendenze distruttive alle quali
la civiltà e la cultura cercano da sempre di porre freno attraverso norme trovano il loro
rovesciamento nella logica veterotestamentaria del Decalogo e nella legge evangelica dell’amore
incarnata da Gesù.
La teoria mimetica evidenzia come la storia umana sia segnata dal contrasto e dall’equilibrio
tra il “desiderio” e la “legge” realtà complesse che costituiscono la cultura e la vita sociale in un
ordine “dimentico” della sua origine ma che tenta di incanalare la violenza a cui inesorabilmente
giunge il desiderio lasciato a sé stesso in strutture basate a loro volta sull’oppressione delle
coscienze e sulla vittimizzazione diffusa- smarrendo spesso il confine tra innocenza e
colpevolezza, producendo un gran numero di “capri espiatori”. La religione veterotestamentaria
è l’anticipazione storica di una nuova consapevolezza guida all’adorazione di un Dio non
violento, al rifiuto della logica sacrificale, al duplice riconoscimento del carattere ambiguo del
desiderio e della rivalità mimetica all’origine della vita sociale, fino all’attesa di Colui che avrebbe
consentito agli uomini di sfuggire alla logica totalizzante del desiderio la legge mosaica si basa
sul riconoscimento dell’ambiguità del desiderio, e propone una vita morale all’insegna della sua
gerarchizzazione in una vita virtuosa essa apre la strada alla speranza profetica realizzata
dall’Uomo che ha posto l’amore a fondamento della vita morale, ed è l’amore stesso a trasfigurarsi
nella legge nuova di Cristo la morale della legge viene integrata e superata dalla morale
dell’amore in Cristo unico modello adeguato per comprendere e seguire la novità evangelica
alla logica dei comandamenti subentra la logica umanizzante della sequela, cardine della mentalità
cristiana l’imitazione di Cristo si pone oltre l’egocentrismo del desiderio e oltre le delimitazioni
della legge, perché egli ha fatto non la propria volontà (quindi non ha seguito il proprio desiderio),
ma quella del Padre solo in questa logica di superamento di sé, di estasi, di dono, di obbedienza,
di sofferenza liberamente accolta, l’uomo può trovare la realizzazione autentica del proprio
desiderio la realizzazione di sé passa attraverso una logica di donazione, che può essere percorsa
attraverso una vita “buona”, non attraverso l’adempimento di norme occorre un impegno di
progressiva conformazione a Cristo (che permette, per la tradizione cristiana, di sviluppare le virtù).
Una tematizzazione storico-educativa dovrebbe dunque analizzare il dinamismo dell’agire nei
suoi tratti costitutivi il desiderio, il conflitto tra coscienza e norma, la sua risoluzione in un’etica
di “prima persona”, basta sul modello di Cristo il movente della crescita si trova nel desiderio
convergenza delle tesi di Girard con la prospettiva antropologica e morale agostiniana e tomistica
 il punto nodale di questa antropologia è la descrizione delle “vicissitudini” del desiderio da un
lato la sua ambizione di felicità, dall’altro l’impossibilità di realizzarla e il suo perdersi in spirali
che giungono fino alla violenza di fronte a quest’ambiguità, la risposta data dall’uomo è stato
l’argine delle leggi e di una morale del dovere in questa nuova prospettiva (che non nasce dalla
<<condanna>> della vita, ma dalla consapevolezza circa le sue insanabili contraddizioni) sorge la
morale dell’amore autentico promuove il bene dell’altro, la predisposizione del bene dell’amato
al proprio, fino a giungere al dono di sé in prospettiva trascendente. Nella teoria mimetica la figura
di Cristo assume centralità di segno positivo con essa è possibile recuperare il vasto capitolo
dell’educazione cristiana nella prospettiva della storia delle idee pedagogiche con
l’approfondimento del tema della conformazione a Cristo attraverso lo sviluppo delle virtù nella
vita buona , individuandone sviluppi e fraintendimenti nel corso dei secoli.
CAP XVIII. BISOGNI E INTERESSI: DALL’ATTIVISMO ALLA PSICOLOGIA
DELL’EDUCAZIONE
La figura di Claparede (1873-1940) è centrale nella storia dell’attivismo pedagogico della prima
metà del Novecento il suo funzionalismo merita di essere approfondito non solo in chiave storica,
ma anche per le sue tesi fondamentali riguardanti il rapporto tra la dimensione biologica e quella
mentale della vita umana, i percorsi dello sviluppo e il rinnovamento dell’educazione.
Nesso tra biologia e psicologia: punto di partenza di tutta la cerca di C.  in questo senso egli si
potrebbe intendere come un antesignano della teoria dei sistemi, individuando nell’autoregolazione
dell’organismo una caratteristica fondamentale della vita biologica e mentale egli sostiene che la
vita sia il continuo ristabilimento di un equilibrio continuamente rotto il punto di partenza dello
sviluppo individuale si può individuare nel “bisogno” rottura di equilibrio in un organismo da
queste considerazioni emergeva il carattere dinamico dell’uomo nell’educazione, questo suo
carattere attivo è da valorizzare <<Ogni bisogno tende a provocare le reazioni adatte a
soddisfarlo. Dai bisogni di sviluppano gli interessi durante l’infanzia e l’adolescenza>>in
Claparede, le nozioni di bisogno e di interesse sono concepite come distinte da quelle degli altri
organismi viventi, in quanto non sono legati a situazioni contingenti e ad esigenze immediate, la
tendono al superamento di se stesso da parte dell’individuo lo scopo dell’individuo è estensione
dell’io, lo sviluppo viene provato come un bisogno imperioso occorreva allora salvaguardare
l’interesse del bambino, ed il compito degli educatori era quello di stimolare la volontà di ampliare
e approfondire l’esperienza. L’attivismo ebbe sempre bisogno di presentare all’opinione pubblica
(educatori e famiglie prima di tutto) il proprio punto di vista con formulazioni sinteticamente
efficaci a questo scopo C elaborò un documento programmatico nel quale presentava le
concezioni educative originate dal suo funzionalismo:
 nei paesi civilizzati, la scuola consacra una serie eresie fisiologiche, psicologiche e
biologiche, contro cui le Leghe di igiene mentale dovrebbero lottare. Eresie anche
morali, perché la scuola ha ucciso nel fanciullo il piacere del lavoro;
 la scuola deve ispirarsi ad una concezione funzionale dell’educazione e
dell’insegnamento consiste nel prendere il fanciullo come centro dei programmi e dei
metodi scolastici , e nel considerare l’educazione come un progressivo adattamento dei
processi mentali a certe azioni e certi desideri;
 il fondamento dell’educazione non deve essere il timore del castigo, né il desiderio di
una ricompensa, ma l’interessa profondo per la cosa che si tratta di eseguire o
assimilare. La disciplina interiore deve sostituire la disciplina esteriore;
 la scuola deve preservare il periodo dell’infanzia spesso invece lo abbrevia bruciando
le tappe che dovrebbero essere rispettate.
 l’educazione deve tendere a sviluppare le funzioni intellettuali e morali, più che a
riempire la testa di una massa di cognizioni che rimangono (quando non dimenticate)
completamente remote, corpi estranei senza riferimento alla vita;
 la scuola deve essere attiva, deve essere un laboratorio più che un uditorio. Per questo
potrà trarre vantaggio dal gioco, che stimola al massimo l’attività del fanciullo;
 la scuola deve far amare il lavoro troppo spesso insegna a detestarlo.
 poiché la vita che attende il fanciullo all’uscita della scuola è una vita in seno
all’ambiente sociale, il lavoro e le materie di studio vanno presentate sotto il loro
aspetto sociale, come degli strumenti di azione sociale.
 la funzione del maestro è completamente trasformata deve essere uno stimolatore di
interessi, un risvegliatore di bisogni intellettuali e morali non deve essere più un
onnisciente incaricato di impastare l’intelligenza e di riempire la mente di cognizioni la
sua principale virtù sarà l’entusiasmo, non l’erudizione.
 trasformazione completa nella formazione di maestri ed insegnanti deve essere
innanzitutto psicologica.
 è necessario che la scuola tenga maggiormente conto delle attitudini individuali e si
avvicini all’ideale della <<scuola su misura>> vi si giungerà lasciando nei programmi
(accanto ad una parte minima di programma comune e obbligatorio che riguardi le materie
indispensabili) un certo numero di materie a scelta, che gli interessati potranno approfondire
di loro iniziativa, mossi dall’interesse e non dall’obbligo di sostenere in esse un esame
 una democrazia ha bisogno di un’elite intellettuale e morale è dunque nell’interesse
della società e degli individui selezionare fanciulli ben dotati e di porli nelle condizioni più
adatte allo svilupparsi delle loro speciali attitudini;
 le riforme saranno possibili solo se il sistema degli esami verrà trasformato la necessità
dell’esame spinge gli insegnanti a sovraccaricare la memoria più che a sviluppare
l’intelligenza gli esami dovrebbero essere sostituiti da una valutazione data in base ai
lavori individuali fatti durante l’anno, oppure per mezzo di studi adeguati;
 la psicologia sperimentale è in grado di fornire alla pedagogia pratica dei metodi adatti
al controllo del valore dei metodi didattici e del rendimento scolastico fornisce anche
dei metodi per la valutazione mentale.
 le Leghe di igiene mentale dovranno intraprendere un’intensa propaganda in favore
delle idee nuove.
La riflessione di Cleparede appare ancora oggi di estrema attualità nella sua forte sottolineatura del
nesso tra corporeità e vita mentale, tra interessi e competenze, tra intelligenza e personalità ideale
di scuola e di educazione a partire dagli interessi del bambino e in corrispondenza con le fasi
dell’età evolutiva ha trovato una notevole varietà di espressioni:
Ferriere: forse il più appassionato esponente della nuova pedagogia cercò di stabilire un comune
denominatore delle esperienze che a partire dalla fine dell’Ottocento e lungo tutta la prima metà del
Novecento si svilupparono in Europa e negli Stati Uniti i suoi Trenta Punti riassumono il suo
ideale di educazione “progressiva”, “funzionale”, “su misura” del bambino e “per la vita”.
L’attivismo si può dunque considerare uno spartiacque nella storia dell’educazione moderna ha
posto in modo nuovo il problema del rapporto tra le generazioni, dando l’avvio ad un processo di
rinnovamento profondo, delle pratiche e delle conoscenze <<scientifiche>> intorno all’età
evolutiva anche le relazioni più “oggettive” (quelle che legano l’individuo ai propri genitori)
sono considerate da 1 secolo a questa parte come prive di senso la mentalità contemporanea è
portata a concepire anche i legami più intensi come qualcosa di costantemente disponibile, e quindi
anche revocabile, da parte degli individui coinvolti si fa una distinzione tra <<individuo>> e
persona>> nei critici della situazione attuale considerano la revocabilità dei legami oggettivi
come fonte di ostacoli per lo sviluppo completo ed armonioso della persona fatta di relazioni
<<indisponibili>>, trascendenti l’intenzionalità dell’individuo stesso (altrimenti condannato ad un
individualismo egocentrico senza uscite).
Condizione odierna: esasperazione del potere di scelta dell’individuo, funzionale alle finalità
immediatamente economiche della società dei consumi tutto si può consumare, logorare
l’uomo stesso cambia continuamente e bisogna riconoscergli il diritto di farlo (anzi, è il primo
diritto dell’essere umano secondo la filosofia della globalizzazione) essere se stessi, autentici,
significa non avere un’identità stabilita si arriva così al paradosso dell’impossibilità di essere
autenticamente se stessi questo modo di pensare, da 2 generazioni a questa parte, ha influenzato i
rapporti familiari, i legami tra le generazioni e le pratiche educative.
Autorità e obbedienza sono parole che suscitano a priori un’avversione diffusa questo perché è
venuto meno il contesto sociale, il legame interpersonale comunitario che in passato dava un senso
evidente e positivo all’esercizio di un’autorevolezza riconosciuta (e il suo rispetto da parte id tutti)
a prescindere dalle preferenze soggettive.
La ragione delle pedagogie “attivistiche” e “non direttive”, diffusesi in tutto il mondo nel secolo
scorso, risiede proprio nel riconoscimento dell’impraticabilità di approcci fondati sull’autorevolezza
in un mondo che ormai non riconosce più alcuna forma di autorità esteriore indebolimento delle
tradizioni e dell’autorità nel corso dell’età moderna, e soprattutto nel Novecento, dovuto allo
svuotamento di significato che esse hanno subito attraverso secoli di accettazione estrinseca e priva
di interiorità le tradizioni costituivano la copertura ideologica dell’ordine costituito la forma
più consapevole e appropriata della crisi delle tradizioni e dei legami comunitari che le tenevano
vive si trova in Carl R. Rogers (meglio conosciuto come E. Frankl per la sua prassi
psicoterapeutica) :
Rogers: L’influsso dell’attivismo su ampi settori della psicologia contemporanea è testimoniato dal
fatto che Rogers si formò sotto la guida di Kilpatrick, uno dei più stretti collaboratori di Dewey ( e
dopo la sua morte fu uno dei continuatori più fedeli) secondo R è necessario liberare le pratiche
terapeutiche, superano i limiti di un’impostazione medicalistica e costituire un deposito di
conoscenze utili per lo sviluppo delle relazioni umane e delle “relazioni d’aiuto” tra le quali
rientrano quelle educative (genitori-figli, insegnanti-allievi) la sua prospettiva cerca di fondare la
consistenza dei gruppi e delle comunità sulla qualità delle relazioni  oggi, nell’impersonalità delle
metropoli e del mondo globale è impossibile fondarla sulla base di un’identità condivisa.
le idee di Rogers in campo educativo ebbero enorme valore egli ha formulato la più sistematica
proposta di educazione, non basata su principi autoritari, ma recuperando l’intera tradizione
dell’attivismo pedagogico unica strada percorribile in un tempo come il nostro, in cui l’atomismo
sociale è la condizione più comune dell’esistenza e allo stesso tempo l’ostacolo più forte contro la
realizzazione della persona umana e della felicità, e quindi anche di un’educazione armoniosa e
completa i più autorevoli esponenti del movimento rogersiano che si sono occupati
dell’educazione e della sua crisi nella società contemporanea furono psicologi e pedagogisti (es
Carkhuff e Gordon). Una delle caratteristiche più interessanti dell’opera di R consiste nella capacità
di organizzare associazioni ed enti che, dagli inizi degli anni Sessanta, a vario titolo e nei più
svariati ambiti delle << relazioni d’aiuto>>, diffusero le sue idee le applicarono nei contesti locali in
decine di Stati, dall’occidente all’Asia, alle Americhe.
Carkhuff: La sua opera ha avuto un ruolo centrale nella continuazione dell’orientamento di
Rogers inserì le teorie di R in uno studio sistematico delle relazioni umane, dedicandosi
prevalentemente a porre le fondamenta delle attività di helping asse portante della formazione di
operatori sociali ed educativi. Egli inoltre definì attraverso una nomenclatura concettualmente
innovativa gli ambiti, le pratiche e gli standard di comportamento degli educatori se Rogers
rifuggì dagli eccessi di standardizzazione delle pratiche cliniche vigenti negli anni Cinquanta,
auspicando piuttosto un modello di crescita interiore ed umana per gli stessi operatori professionali
e in vista della loro professione, Carkhuff ha tentato con successo di fissare un percorso di
formazione praticabile entro limiti contenuti di tempo e corrispondente ai tempi di maturazione
della personalità individuale e delle relazioni interpersonali.
Gordon: Si è dedicato all’applicazione delle idee di Rogers e Carkhuff all’ambito dell’educazione,
con particolare riguardo ai suoi 3 settori principali:
1. informale della famiglia;
2. scolastico;
3. attività associative giovanili e delle comunità.
Gordon sottolinea l’eccessiva concentrazione delle politiche formative sui contenuti, a scapito della
considerazione del clima relazionale propone il “metodo Gordon” sensibilizzare il mondo dei
formatori intorno all’esigenza di un metodo “democratico” in famiglia, a scuola e nel tempo libero,
ed instaurare coerenza tra la società adulta reale e gli ideali di una democrazia sempre più
minacciata dalle contraddizioni della vita economica e politica. Altri nomi notissimi nel mondo
della formazione sono quelli di Piaget, Vygotskij, Bruner e Gardner:
Piaget: Continuatore dell’opera di Claparede nell’Istituto Rousseau di Ginevra “epistemologia
genetica” uno dei capitoli più rilevanti della ricerca psicologica novecentesca egli ha elaborato
alcuni capisaldi teorici dell’attuale psicologia dell’età evolutiva, descrivendo gli stadi dello sviluppo
cognitivo come un passaggio dal concreto all’ astratto secondo tappe sequenziali e ordinate. Sul
piano pedagogico, un aspetto controverso della sua psicologia riguarda la convinzione circa
l’impossibilità di qualsiasi accelerazione dello sviluppo individuale su questo punto negli anni
Sessanta si aprì un celebre confronto con Bruner, altro esponente della ricerca in questo
settoreidentificava la finalità dell’educazione in un processo di arricchimento guidato
dall’adulto sia Bruner che Vygotskij facevamo tesoro delle pratiche dell’educazione attiva per
descrivere le forme più adeguate ed efficaci dell’interazione tra insegnanti e allievi nel contesto
scolastico l’arricchimento del percorso evolutivo, e la sua accelerazione, passavano per
l’individuazione degli aspetti caratterizzanti delle pratiche educative più valide.
Negli anni più vicini a noi gli studi di Gardner hanno permesso di individuare sul piano scientifico
il significato e il fondamento dell’istanza dell’insegnamento individualizzato in grado di seguire
gli interessi del bambino, mettendo definitivamente in discussione la concezione unitaria
dell’intelligenza e la validità di strumenti come il calcolo del quoziente intellettuale formula
invece una teoria delle intelligenze multiple riconosce la compresenza in ciascun individuo di
forme specifiche d’intelligenza (molto più varie del prevalere dell’asse logico-linguistico) e la
necessità di privilegiare i punti di forza individuali, e di concepire l’intero percorso formativo nei
termini di un arricchimento adeguato delle intelligenze prevalenti e di quelle secondarie la
valutazione dovrebbe tenere conto delle molteplicità delle intelligenze, e relativizzare e
ridimensionare le materie letterarie e scientifiche rispetto ad altre forme espressive (da quelle
motorie a quelle relazionali).
Al di là del mondo scolastico, negli ultimi 30 anni, alcune tendenze della ricerca psicologica hanno
messo in questione lo stile e la qualità della vita nella società contemporanea aspetto di rilievo di
un orientamento umanistico presente anche oggi nella psicologia l’umanesimo psicologico (di
cui Rogers fu uno degli esponenti principali) ha tentato di scardinare la tendenza riduzionistica
presente in questa scienza uno degli elementi comuni alle scuole antiriduzionistiche è stata la
consapevolezza del carattere relazionale dell’essere umano alcuni psicologi e psicoterapeuti, nel
corso della seconda metà del Novecento, hanno definito una vera e propria antropologia che mette
al centro dell’attenzione la natura dell’uomo come essere che si pone in relazioni con i suoi simili e
con le cose che compongono il suo mondo importanza essenziale delle forme della
comunicazione interpersonale a partire dagli anni Sessanta sono diventate l’oggetto di studio
psicologico e psicoterapeutico. L’affermazione di questa nuova prospettiva ha dato vita ad indirizzi
che pongono l’accento sul carattere “ecologico” della vita mentale l’essere umano vive del
rapporto con i suoi simili, con le persone per lui/lei più significative, fino al punto che lo sviluppo
individuale non è distinto dallo sviluppo delle sue relazioni con gli altri CONSEGUENZA: non
disgiungere l’analisi della condizione individuale da quella dell’ambiente in cui vive, e sottolineare
l’esigenza di un sistema di relazioni efficaci per la crescita della persona (con ovvie ricadute sul
piano educativo) questi orientamenti della psicologia contemporanea evidenziano una carica
“critica” nei confronti della società e delle sue istituzioni, oltre che nei confronti delle scienze
sociali.
Analisi transnazionale: indirizzo che ha conseguito grandi risultati in campo educativo sorto da
Berne egli è un esempio di quanto i saperi e i linguaggi scientifici possano rappresentare possano
rappresentare ostacoli nella ricerca della verità egli ha riformulato in maniera estremamente
originale l’antropologia freudiana ha eliminato il substrato naturalistico del pensiero di Freud e
ha reinterpretato le 3 famose istanze della psiche (es, io, super-io) nei termini di una teoria della
comunicazione nella quale sono all’opera le figure significative dell’esistenza umana (genitori,
persone che ci circondano, la realtà con i condizionamenti che essa pone continuamente a tutti gli
esseri umani). Nella rielaborazione, anche pedagogica, della struttura psichica descritta da Freud,
Berne legge la mente alla luce della complessa e contradditoria interazione tra il Bambino (ciò che
ciascuno è fin dalla nascita, con la sua curiosità, i desideri, la spontaneità dell’infanzia, fonte di tutta
la vita psichica successiva) il Genitore (deposito delle relazioni, degli atteggiamenti, dei permessi e
dei divieti ricevuti, in famiglia ma anche a scuola e nelle esperienze quotidiane) e l’Adulto (istanza
del senso della realtà, con la sua consapevolezza, dolorosa ma necessaria, di un tempo opportuno
per ogni cosa)  la vita psichica in questa prospettiva è animata dall’interazione continua tra le
istanze (G-A-B) di ciascun individuo e delle persone che interagiscono nelle occasioni formali e
informali della vita relazionale.
Due sono gli aspetti che allontanano questa riformulazione dalla psicoanalisi classica (e che la
liberano dal retaggio del positivismo di Freud e dei suoi successori):
1. sviluppo della personalità che procede lungo un arco di tempo assai più lungo dei
primi 3 anni di vita (come aveva immaginato Freud) può ristrutturarsi anche negli anni
della piena maturità, attraverso un processo di coscientizzazione praticabile da chiunque;
2. il peso della vita sessuale è relativo rispetto alla vasta molteplicità e varietà degli altri
ambiti dell’esperienza comunicativa piuttosto che uno sviluppo psicosessuale inteso
come cartina di tornasole universale, si impone la <<competenza relazionale >> di ciascuno
(capacità di interagire positivamente con gli altri e di orientare se stessi nel dialogo e nei
conflitti interiori)
Indirizzo ecologico: negli studi psicologici legato a Sullivan, Bateson, Laing, Watzlavick la
loro ricerca ha costituto un punto d’approdo per lo sviluppo dell’approccio sistemico-relazionale
(ancora oggi ampiamente diffuso nell’analisi e nella cura dei percorsi educativi)l’approccio
ecologico ha puntato l’attenzione sulle disfunzioni dei sistemi relazionali ed educativi, sulla
famiglia e sulla scuola, perché in questi contesti si affermano modalità di comunicazione e pratiche
educative <<patologiche>>la prospettiva ecologica analizza le forme distorte nella
comunicazione umana e prospetta le vie più praticabili per una pratica comunicativa ed educativa
efficace.
Il secolo scorso avrebbe dovuto essere il “secolo del bambino” questione dell’infanzia come
emergenza sociale (accanto alla questione proletaria e a quella femminile) la sua conclusione
mostra quanto la realtà sia rimasta lontana dalle aspettative tuttavia, il secolo delle guerre
mondiali ha visto una grande trasformazione dei rapporti tra le generazioni e delle pratiche
educative l’inizio del Novecento, con le esperienze avanguardistiche in campo educativo, vede
nell’attivismo pedagogico il punto di non-ritorno di tutta la storia dell’educazione oggi, tanto in
positivo quanto in negativo, il presente è caratterizzato dal retaggio di quelle esperienze di circa un
secolo fa  si affacciò per la prima volta esplicitamente una critica severa delle distorsioni
educative determinate dall’eccessivo autoritarismo degli adulti e dal peso esagerato delle
tradizioni la psicoanalisi (con l’enfasi sulla rilevanza dei rapporti affettivi)e l’attivismo
(affermazione dell’importanza predominante dei metodi sui contenuti dell’educazioni, e la centralità
del bambino rispetto all’adulto, la consapevolezza del primato dell’autonomia e della libertà tra i
valori educativi) contribuirono al diffondersi di un costume educativo sempre più libertario.
Libertarismo pedagogico: funzionale alle esigenze della globalizzazione fornisce una
giustificazione culturale e pedagogica ad una visione dell’uomo che privilegia il futuro rispetto al
passato e il fare rispetto alle altre forme dell’agire e dell’esistenza umana. Per questi motivi occorre
riconsiderare storicamente il senso dell’educazione attiva e porla come cartina di tornasole di tutta
la storia dell’educazione occorrerebbe “rifare l’attivismo” (Mounier) rilevarne le
contraddizioni e i motivi di indubbia validitàle tradizioni e le comunità non sono ancora morte
del tutto, anche se viviamo in una società individualizzata disagio e sofferenza, perché la vita non
può essere vissuta pienamente se è priva di relazioni l’atteggiamento “moderno” pone in risalto i
valori della libertà e dell’autenticità, senza rendersi conto che questi valori trovano senso soltanto
nel contesto di un legame organico con le <<radici>> dell’individuo al di là dell’individuo stesso.
L’età delle rivoluzioni, momento cruciale della modernità pone l’accento sul piano politico sui
valori di libertà, uguaglianza e fraternità dei 3, l’ultimo è stato messo tra parentesi e poi
rinnegato, mentre i due restanti sono stati concretizzati in forme paradossali la libertà è un guscio
vuoto che non trova contenuti se non nell’affermazione dell’esigenza di un’autenticità che a sua
volta non riesce a declinare sé stessa se non in contrapposizione con le identità altrui in questo
modo rinnega il valore dell’uguaglianza .
La società individualizzata è caratterizzata dalla scomparsa delle tradizioni e delle
comunitàsofferenza dovuta al vivere in una vita priva di senso che può portare alla patologia
l’educazione non può essere pensata a prescindere da questa situazione.
Logoterapia frankliana: affermatasi negli anni Cinquanta-Sessanta grazie allo psichiatra austriaco
Frankl si formò in un ambiente medico, quindi propenso ad una visione organicistica e
naturalistica della mente umana in età giovanile aderì al movimento psicoanalitico, in particolare
alla scuola adleriana ebbe modo di constatare l’incapacità delle psicologie contemporanee di
rendere conto della dignità dei motivi che avevano guidato l’agire di molti ebrei reclusi in
condizioni disumane fondò una scuola psicoterapeutica che pone al centro della clina la questione
del senso della vita la radice di alcune forme di nevrosi e di psicosi è la “sofferenza di una vita
senza senso” la prospettiva terapeutica frankliana è aperta ad un certo eclettismo metodologico
si propone come una catarsi attraverso la scoperta dell’insensatezza di dilemmi esistenziali
insolubili tipici di una condizione nevrotica e come una riflessione esplicita sul senso e sul valore
dell’esistenza nel dialogo tra il paziente e il terapeuta la psicologia frankliana, di matrice
fenomenologico-esistenzialistica, parte dalla constatazione che, mentre in passato (fino ai primi
decenni del Novecento) le persone erano sorrette dalla consapevolezza di esser parte di un tessuto
sociale in cui potevano rispecchiarsi e confrontarsi, il gigantismo industriale aveva spazzato via
tutto questo sradicamento delle famiglie, inurbamento caotico, spostamento dalle campagne di
intere popolazioni, segregazione della gioventù negli spazi artificiali e ristretti dei quarti popolari
<<vuoto esistenziale>> come condizione difficilmente eludibile dell’uomo contemporaneo la sua
prospettiva quindi salda la prospettiva scientifica con quella filosofica (la sua riflessione è tuttora
una delle fonti più valide per comprendere i problemi dei giovani d’oggi).
Erikson: studioso di matrice psicoanalitica classica annoverato tra i neofreudiani individua
nell’adolescenza un periodo di crisi d’identità attraversa tutta l’età giovanile ed ha per effetto la
progressiva strutturazione dell’identità nel confronto spesso aspramente dialettico con gli altri, con
il mondo adulto e con quello dei pari la scoperta di Erikson ha trasformato la prospettiva
psicoanalitica circa lo sviluppo psichico della persona, giungendo a conclusione che lo sviluppo
della mente umana procede lungo tutto l’arco dell’esistenza (persino nella fase della vecchiaia
l’essere umano si trova alle prese con il problema di trovare un senso unificante per a comprensione
della propria vita). In questo modo E. ha fornito un contributo essenziale al miglioramento delle
pratiche educative, sottolineando il valore fondamentale di
 un’accettazione incondizionata dell’altro del figlio da parte del genitore, dell’allievo da
parte dell’insegnante, e viceversa);
 sviluppo della fiducia di base dovrebbe affermarsi già nei primissimi anni di vita
dell’uomo in quanto energia più preziosa.
La società individualizzata rappresenta l’ultimo stadio di un processo di decomposizione del tessuto
sociale che già mezzo secolo fa aveva preso avvio viviamo oggi in un tempo in cui il vuoto
esistenziale è enorme, ed è colmato con una molteplicità infinita di surrogati (soprattutto beni di
immediato e facile consumo) la vita comunitaria è ridotta ai minimi termini, nessun individuo
riesce a pensare agevolmente a se stesso, a cogliere la propria identità a partire da una tradizione ed
un gruppo che la incarna (i genitori innanzitutto).
CAP XIX: AL FEMMINILE. ARENDT E ZAMBRANO
Nello studio del Novecento è inevitabile ricorrere alla metafora del “caos” vita culturale di
un’epoca in cui gli eventi drammatici della storia sociale, economica e politica hanno influenzato
profondamente l’attività letteraria ed artistica ed il pensiero filosofico. Tra le correnti culturali si è
affermata una cultura “femminista” ha dato importanti apporti anche in ambito pedagogico se
ancora oggi non si può parlare del raggiungimento della parità tra i sessi, si può però registrare un
profondo cambiamento di situazione e di mentalità, legato alle trasformazioni economiche e
produttive che permisero un massiccio inserimento delle donne nel mercato del lavoro dei paesi più
avanzati. Secondo gli storici dell’economia, la Prima guerra mondiale ebbe conseguenze
drammatiche nell’organizzazione del lavoro industriale trasferimento repentino di milioni di
lavoratori al fronte, mentre occorreva una crescita esponenziale della produzione industriale per
l’economia di guerra le donne furono allora impiegate per sostituire gli uomini nelle fabbriche
specialmente nei paesi vincitori, poi, la manodopera femminile rimase al suo posto anche alla fine
delle ostilità il ricorso alle donne divenne per la prima volta strutturale le nuove lavoratrici
furono pienamente inserite nel processo produttivo da questo momento in poi, almeno negli Stati
Uniti (potenza mondiale ) e nelle altre nazioni industrializzate (Inghilterra e Francia) il lavoro delle
donne non fu più un tabu, e non rimase confinato a quelle professioni che già in passato erano per
tradizione considerate adatte alla natura femminile (cura dei malati negli ospedali o insegnamento
elementare).
La storia sociale e delle mentalità, accanto alle trasformazioni avvenute nel mercato del lavoro,
registra anche una serie di fenomeni concomitanti rappresentano una progressiva emancipazione
delle donne dal ruolo casalingo e familiare gli anni Venti furono un momento cruciale (dalla
conquista del diritto di voto alla diffusione di atteggiamenti e comportamenti nuovi) durante il quale
si sviluppò con forza il movimento femminista già attivo ed influente dalla fine dell’Ottocento,
ma fino ad allora animato principalmente da donne intellettuali di origine borghese saldatura
tra il nuovo femminismo di massa diffuso tra le donne lavoratrici a partire dagli anni Venti e i
movimenti politici d’ispirazione socialista  a partire dagli anni Trenta le donne cominciarono a
ricoprire incarichi politici di rilievo e nelle amministrazioni pubbliche. I cambiamenti negli equilibri
politici comportarono l’adozione di nuove norme che modificarono significativamente il diritto
familiare in tutto l’Occidente in particolare, la minore dipendenza economica delle donne
lavoratrici dai loro mariti determinò un aumento delle separazioni ed una crescita del peso delle
motivazioni sentimentali nella scelta del coniuge.
Ambito scolastico e universitario: cambiamento particolarmente rilevante la crescente attrattiva
di un lavoro che rendesse la donna indipendente spinse molte giovani a perseguire l’accesso ai
livelli più elevati dell’istruzione cominciò a diffondersi la presenza delle donne nel lavoro
intellettuale (artistico, letterario, giornalismo, cinema, mezzi di comunicazione di massa).
questi fenomeni avvennero a velocità diverse da nazione a nazione, fino a raggiungere il punto
più alto negli anni del boom economico successivo alla 2° guerra mondiale rivoluzione sessuale.
Storia delle idee: il femminismo organizzato guadagno in questo ambito sempre più consistenza,
fino a diventare vero e proprio soggetto politico, ispirando l’opera di donne intellettuali che
avevano ricevuto una formazione d’eccellenza e che si erano introdotte con successo nel panorama
culturale del loro tempo (Montessori). Il femminismo non diede vita ad una corrente di pensiero o
estetica unitaria al di là delle rivendicazioni di carattere sociale e politico, ciascuna pensatrice
seguì percorsi personali nell’ambito della filosofia contemporanea, con un rilievo per la teoria
dell’educazione e per la riflessione sulle pratiche educative alcune Arendt e Zambrano hanno
influenzato durevolmente il loro campo di studi e la cui presenza dura ancora oggi.
Arendt: Testimone dell’Olocausto, a cui scampò, e come molti altri intellettuali ebrei si rifugiò
negli Stati Uniti dopo una giovinezza trascorsa negli studi universitari come allieva dei maggiori
filosofi esistenzialisti del suo tempo tutta la sua vita trascorse all’insegna dell’incontro (spesso
problematico) tra le sue radici europee ed il contesto statunitense (nel quale non le fu sempre facile
vivere e discutere le proprie idee) il dibattito generato dalle sue opinioni intorno al totalitarismo
(nazista soprattutto) alla modernità, all’uso della violenza in politica, fu vivace e contraddittorio.
Pur non coltivando la ricerca propriamente storiografica, Arendt fu un’interprete controcorrente
della modernità ha contribuito notevolmente al superamento del cliché ereditato
dall’Illuminismo modernità che avrebbe trionfato sull’oscurità del Medioevo l’era moderna
appare ai suoi occhi come l’età della vita attiva, il cui fare prevale su tutte le altre forme
d’interazione tra l’uomo e il mondo e nelle relazioni tra persone. Sul piano filosofico, Arendt
riconosce che, se il pensiero moderno riuscirà a potenziare quasi a dismisura le capacità dell’uomo,
questo successo avrà un prezzo molto alto i saperi che permettono all’uomo di contemplare e
soggiogare il cosmo, di piegare la natura ai propri disegni, sono costituiti su un’ipotesi di
solipsismo l’uomo nell’universo è un essere solo con sé stesso la realtà gli appare solo dopo
che egli ha affermato sé stesso vincendo il proprio dubbio radicale sulla consistenza della realtà con
la constatazione della sua attività di pensiero pensare, per Arendt, significa non uscire da se
stessi, non andare incontro ad alcuna realtà, perché fuori di sé l’uomo non trova nulla, ed è costretto
a rientrare in una soggettività che lo rende un essere tragico soggettivismo moderno:
conseguenza di questo atteggiamento gnoseologico e morale la filosofia moderna è una filosofia
della soggettività che perde il rapporto con la realtà, la nega, e la fa dipendere dalla soggettività
stessa del soggetto l’esito paradossale è una deriva che indebolisce sempre più la stessa
concezione della propria soggettività che la cultura e la scienza contemporanee hanno di sé
determina la crisi dei fondamenti antropologici su cui si è sempre retta la vita umana l’uomo
finisce per concepire se stesso come un essere privo di senso e senza destino, la cui sola finalità è
vivere comodamente, e semmai contribuire alla sopravvivenza della specie in un universo senza
scopo il soggettivismo diviene quindi, sul campo morale, emotivismo, e mette in crisi l’idea
stessa di un’etica basata su fondamenti oggettivi il dibattito recente sull’etica delle virtù (avviato
da MacIntyre) ha ripreso numerosi spunti presenti nell’opera di Arendt, evidenziando come la
chiusura nella soggettività del pensiero moderno abbia portato progressivamente ad un
indebolimento dell’idea di razionalità stessa crisi della razionalità manifestata come affermazione
dell’emotivismo fondamento della morale stessa e fonte principale dell’agire morale.
Nella filosofia di Arendt trova allora ampio spazio la storia della modernità e del pensiero moderno,
rispetto alla quale si afferma una visione distante dagli stereotipi della storiografia filosofica per
molto tempo ha esaltato la modernità come superamento delle contraddizioni dell’antico regime
uno degli aspetti più dirompenti della sua interpretazione critica si coglie nel
Tema del totalitarismo: il totalitarismo non è una deviazione contingente del corso del pensiero
moderno e dell’evoluzione della società e della politica negli ultimi due secoli esso è l’esito
coerente della modernità, una volta cancellato il presupposto del legame tra morale e politica ed una
volta affermatosi un orientamento irrazionalistico dell’intera visione del mondo della nostra età la
filosofia di A. denuncia una deriva irrazionalistica che permea il lavoro dei singoli intellettuali, la
vita quotidiana, le strutture della vita sociale e il dibattito politico il totalitarismo (miscela di
irrazionalità e cinismo politico) si è manifestato nel corso del Novecento sotto le forme
ideologicamente opposte del nazismo e del socialismo reale sovietico.
Analisi del nazismo: esso non fu un regime dittatoriale retto da pochi uomini la cui ferocia
derivava dalla loro follia esso fu un’espressione “logica” dell’evoluzione dello stato moderno
sempre orientato verso l’attuazione di una forma totalitaria è interessante soprattutto l’analisi del
ruolo giocato dall’educazione totalitaria nel modellare le coscienze in modo che accettino la
dittatura e i suoi crimini come normalità Arendt accettò di assistere come giornalista al processo
contro uno dei più feroci aguzzini dei campi di concentramento nazisti, Eichmann trasse dalle
udienze il materiale per la Banalità del male il capo SS si dimostrò agli occhi di Arendt un
piccolo impiegato profondamente convinto della validità delle idee professate dal nazismo, e pronto
a trasformare le atrocità volute da Hitler contro gli ebrei in un problema di carattere tecnico-
amministrativo Eichmann sembrò ad Arendt preoccuparsi sostanzialmente della soluzione pratica
dei problemi logistici connessi alla decisione di deportare e uccidere di fame, di fatica, o con il gas
milioni di ebrei, senza porsi alcun problema di carattere morale. Sarà questa anestesia morale a
costituire una delle derive più pericolose dell’emotivismo etico e del soggettivismo gnoseologico
moderni la modernità appare destinata alla dissoluzione dell’umano attraverso il totalitarismo
politico e la sua profonda persuasività morale e pedagogica l’uomo moderno è attratto al primato
dell’azione sulla contemplazione se l’uomo antico e quello medievale guarderanno il mondo con
stupore e ammirazione, l’uomo moderno sarà sempre più attratto dalla possibilità di rendere la
natura mera materia a disposizione dell’opera plasmatrice dell’uomo homo faber, dal tragico
destino esso sarà anche l’homo consumens, del consumismo e dell’edonismo contemporanei,
pronto a qualsiasi strumentalizzazione parabola della condizione umana nella modernità che A.
descrive nel suo libro dedicato alla vita activa futuro incerto per l’uomo anche nelle società
democratiche, a causa del libertarismo contemporaneo indebolisce l’identità dell’uomo e lo rende
pronto a ridursi a poco più che un animale o una macchina per produrre e consumare. Le tesi
scomode di A riguardano buona parte del pensiero filosofico-politico moderno nonostante il
grande affetto che A nutrì nei confronti degli Stati Uniti, si dedicò all’analisi delle contraddizioni
della vita e della società statunitensi CONSEGUENZE DELLA CRITICA SUL PIANO
PEDAGOGICO Arendt non scrisse quasi nulla di specifico al riguardo delle questioni
educative, ma dedicò uno scritto breve all’analisi delle difficoltà del sistema formativo
statunitense la domanda da cui parte è provocatoria: perché alcuni bambini, nonostante la
scolarizzazione diffusa e la continua elaborazione di nuove tecniche didattiche, impiegano
anni per imparare a scrivere e talvolta vi riescono solo con molta fatica e stentatamente? 
risposta disincantata la società contemporanea professa idee errate intorno all’educazione, e le
sue pratiche sono spesso negative ai bambini è stata consentita una libertà eccessiva e prematura
che non fa il loro interesse il risultato è quasi una profanazione dell’infanzia porta ad una
maturazione stentata, parziale, a lungo andare dannosa per l’intera società.
Ad Arendt mancò il tempo necessario per articolare la propria posizione sul piano teoretico la sua
opera di maggior respiro al riguardo rimase incompiuta. Le fu anche rimproverato di essere molto
orgogliosa e piena di sé, specialmente a proposito delle idee sul nazismo e sull’olocausto. La
filosofia di A ha una prospettiva più ampia, e non intende caratterizzarsi solo come espressione del
femminile ciò che conta è l’uomo nella sua attualità concreta, con le sue grandezze e i suoi limiti,
le ansie e le paure il compito del pensiero, della politica e dell’educazione è quello di fornire
lo spazio adeguato allo sviluppo dell’umanità dell’individuo portato più autentico della
prospettiva culturale espressa dalle donne intellettuali nel Novecento lo stesso si potrebbe dire di
un altro emblema della cultura “al femminile” novecentesca Zambrano non fu una filosofa
“femminista”
Zambrano: Nasce sotto l’influenza di Josè Ortega y Gasset (capostipite del pensiero spagnolo
insieme a Miguel de Unamuno) il legame con Ortega rimase al fondo del pensiero e della
produzione di Zambrano la sua filosofia segue un metodo molto influenzato da Ortega rifugge
da qualsiasi velleità sistematica e risponde a criteri che non sono quelli del rigore speculativo
tradizionalmente inteso Ortega è considerato come un antesignano dell’esistenzialismo
tuttavia, la filosofia di O. ha una consistenza sua propria che alimentò la giovane studiosa negli anni
della sua formazionein particolare la sua affermazione dell’impossibilità di incasellare
l’individualità in definizione l’essere umano non è definibile attraverso alcuna determinazione
biologica o culturale l’identità del singolo rifugge da ogni tipo di caratterizzazione il contributo
alla filosofia al femminile di Zambrano afferma costantemente questo principio dell’insuperabile
difficoltà che i saperi intorno all’uomo incontrano nel superare il carattere <<idiografico>> della
loro indole per comprendere l’umano occorre comprendere la singolarità degli individui in carne
ed ossa. Il contributo del pensiero femminile alla cultura novecentesca sempre infatti essere stata
l’affermazione forte e commossa dell’individualità, dell’irriducibilità dell’individuo a qualsiasi
caratterizzazione. Zambrano è una voce significativa anche del pensiero politico del secolo scorso
la sua posizione si potrebbe definire un liberalismo ispirato alla tradizione del pensiero laico
spagnolo (fu questo il credo di Ortega) una delle caratteristiche che accomuna Z e O è una
visione della Spagna sempre in bilico tra la sua tradizione e le contraddizioni del presente.
(Ricordiamo che nella Spagna della prima metà del Novecento la lotta politica sarà caratterizzata
dall’impiego della forza e della violenza che poi sfoceranno nel regime franchista, analogo per
molti versi a quello fascista, ma caratterizzato dalla scelta di tenere la Spagna al di fuori del
confronto tra le nazioni occidentali, evitando così le distruzioni della guerra mondiale). Zambrano
fu sempre legata ad una concezione della politica che poneva l’amore per la sua patria come una
variabile essenziale che distingueva tanto la storia del pensiero politico dal resto del pensiero
politico europeo, quanto la ricerca di vie nuove della dialettica tra conservatori e progressisti
affermatisi in quasi tutta l’Europa tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. La Spagna era
intesa dalla Zambrano non soltanto come un luogo geografico o come uno Stato politico, e
nemmeno come una nazione, ma come elemento pervasivo e caratterizzante dell’identità degli
spagnoli stessi (ai quali spettava il dovere di esserne consapevoli e di darvi compimento) il
destino tragico della Spagna nel Novecento (dal momento dell’esilio) si pose come l’aspetto più
problematico di un’esistenza che era la prima fonte ispiratrice della stessa ricerca filosofica
intrapresa da Zambrano l’indole del pensiero di Z porterà la questione del distacco da una patria
avvolta nell’isolamento politico ad assumere valenze simboliche e quasi metafisiche metafora
della condizione personale della filosofia e di un destino esistenziale che accomuna gli esseri umani
in cerca di una risposta autentica alla domanda sul senso dell’essere.
Filosofia per Zambrano: sapere che consiste paradossalmente nel porre domande derivazione
socratica evidente nella sua opera è posta allusivamente una questione di metodo se domandare
è l’essenza della filosofia, non appartiene alla filosofia la possibilità di scoprire le risposte questo
compito e questa possibilità sono invece riservati alla poesia forma di pensiero che corrisponde
all’enigmaticità del reale. Zambrano dunque è una convinta sostenitrice:
 del carattere creativo del pensiero;
 della convenzionalità di tutte le distinzioni tra discipline e linguaggi il linguaggio
poetico è la più valida ed autentica continuazione del linguaggio filosofico;
 in questo modo, pur non potendosi considerare una pensatrice religiosa, Z è una voce che
ha dato un contributo originale alle discussioni contemporanee intorno alla
fenomenologia del divino proviene da una cultura profondamente intrisa di cattolicesimo
e misticismo (lo stesso vale per Ortega nella sua laicità sarà comunque attento al
contributo della tradizione mistica spagnola alla formazione della cultura nazionale)  la
risposta “poetica” alle domande filosofiche abilita lo stesso linguaggio religioso nella ricerca
della verità.
La questione del metodo si pone radicalmente alla luce del rapporto sempre problematico tra
verità e realtà e linguaggio con il linguaggio allusivo della poesia, la filosofa spagnola arriverà a
porre anche la questione della metodologia della riflessione etica una delle sue più famose
affermazioni sarà che l’attitudine alla domanda presuppone l’apparizione della coscienza il
domandare implica la consapevolezza dell’alterità dell’essere umano rispetto a tutto il resto del
reale richiama parzialmente la lezione della fenomenologia a proposito del rapporto tra l’uomo e
il mondo esiste una ragione poetica nel contesto della riflessione filosofica, anche se non è stata
adeguatamente valorizzata la crisi novecentesca delle scienze potrebbe essere superata attraverso
il riconoscimento delle ragioni del sapere poetico il valore consiste nella sua capacità di
mantenere inalterato il carattere enigmatico della realtà e del rapporto che l’uomo ha con esso
insieme alla poesia, Z valorizza altre forme dell’esperienza e del rapporto col reale es. il sogno
ben più che uno stato di coscienza, bensì una vera e propria struttura d’esistenza. L’attività del
“domandare” senza certezze consente la rivelazione dell’uomo in quanto tale rivelazione
mostra il carattere non manifesto della realtà il rispetto dell’enigmaticità della persona consente la
creazione della persona, come Zambrano spiegherà in Chiari del bosco compiuta
rappresentazione del rapporto complesso tra razionalità e storia, e rappresentazione della
fenomenologia del tempo risvolto etico di questa posizione filosofica: la questione fondamentale
della riflessione sulla morale riguarda il dinamismo dell’agire, il momento di quell’azione
essenziale nel quale l’uomo patisce la sua trascendenza l’uomo è un essere orientato al di là di se
stesso e della propria finitudine limite: morte.
La filosofia è una preparazione alla morte il filosofo è innanzitutto l’uomo maturo per la
morte ma non in una prospettiva nichilistica, né secondo un’accezione heideggeriana di essere-
per-la-morte la morte è quell’esperienza che l’uomo in realtà patisce e attraverso la quale
trascende se stesso e il mondo verso l’unità agognata o la ricostituzione di quello stato che il
sorgere della coscienza impedisce di sperimentare nella vita uomo nella sua essenza un
mendicante dell’unità con il tutto nella sua ricerca dell’assoluto.
Riflessioni di Zambrano sul fine dell’educazione: educare significa suscitare nell’uomo
l’attitudine alla domanda, alla ricerca di una dimensione non banale dell’esistenza rende la vita
pienamente umana, ricca di significati anche grazie alla versatilità del linguaggio tematica che
offre spunti utili per definire una prospettiva di maturazione personale attraverso la riflessione sul
senso della vita e della realtà. Il punto focale di una ricostruzione del percorso compiuto dal
femminismo in ambito pedagogico resta l’opera di Maria Montessori forse la più famosa
educatrice del Novecento e certamente l’esponente più in vista di una pedagogia della libertà che è
stata al centro del dibattito pedagogico novecentesco e che ancora vi rimane oggi M portò nella
pedagogia del primo Novecento una sensibilità femminile che era rimasta pressochè assente nei
secoli precedenti femminista convinta (anche se piuttosto eterogenea rispetto al movimento
femminista del suo tempo ed anche rispetto agli sviluppi successivi del femminismo occidentale) M
visse una vita del tutto inusuale per una donna dei tuoi tempi fu docente universitaria, e portò
nella cultura primo-novecentesca una sensibilità profondamente impregnata dalla rivendicazione dei
diritti femminili e dalla convinzione che le donne avrebbero portato un rinnovamento sostanziale
alla società, alla politica, alla cultura e, in primo luogo, all’educazione.
“Pedagogia Montessori”:
 rivendicazione della libertà del bambino vero e proprio motore della pedagogia
montessoriana;
 rinnovare la società attraverso l’educazione, realizzando concretamente un rapporto
nuovo tra le generazioni all’insegna della liberazione della donna e del bambino è
l’obiettivo generale dell’opera montessoriana Montessori sottolinea a più riprese la
necessità che queste due esigenze di liberazione trovassero forme di concretizzazione “dal
basso” attraverso
 l’impegno di tutte le donne e di tutti i bambini, a prescindere dalle posizioni sociali e
dalle qualità individuali;
 bisogno urgente di un profondo cambiamento di mentalità per attuare qualsiasi
programma di riforme sociali di cui il rinnovamento dell’educazione avrebbe dovuto
essere il fondamento di tutte le altre.
Non si trattò di una panacea contro le contraddizioni del potere maschilistica fino ad allora
operante, ma l’opera di figure come la Montessori riuscì effettivamente ad introdurre una riflessione
antropologica, etica e pedagogica ricca di nuove idee e portatrice di una nuova sensibilità i cui esiti
si sono consolidati nel corso del Novecento:
1. cura e protezione dei più deboli  sentimento forte della giustizia sociale e fondamento
della società nell’amore;
2. percezione problematica del legame tra le generazioni, non più basato sull’autorità ma sul
dialogo.
L’ultima espressione di questa corrente di pensiero è l’opera di Noddings.
Noddings: Studiosa forse ancora poco nota in Italia, ma di grande fama negli Stati Uniti da oltre
vent’anni considerata una delle grandi voci del femminismo nordamericano (anche se esprime
istanze singolari che non si inquadrano semplicemente nell’ambito delle teorie che hanno sostenuto
la rivendicazione dei diritti delle donne). Sul piano pedagogico, Noddings è autrice di studi
significativi di filosofia dell’educazione in cui ha promosso una ripresa che si posta come
alternativa all’imperante egemonia dello sperimentalismo e delle tecniche/tecnologie didattiche
secondo lei incapaci di attuare una pratica educativa rispondente a ad una coerente scala di fini
impostazione che da un lato si appoggia sulla tradizione dello sperimentalismo americano; dall’altro
fa propri altri indirizzi di pensiero pensiero dialogico buberiano fondazione dell’etica della
cura che pone a base della sua teoria dell’educazione.
L’opera di Noddings:
 segnala l’esigenza che l’educazione abbia una fine esplicito e fondamentale felicità
verso la quale ogni uomo è naturalmente orientato compito dell’educazione è indicare ai
giovani e offrire loro occasioni per fare concretamente l’esperienza della felicità e della vita
buona durante la giovinezza, e porre le basi per una possibile felicità futura lungo l’arco
dell’intera esistenza.
 mostra la possibilità di tracciare un percorso unitario di riflessione che unisca teoria,
pratica e ricerca storica intorno ai problemi dell’educazione deve passare attraverso
una riflessione critica sulla modernità e l’assimilazione dei risultati della ricerca sociologica
sul nostro tempo da questa posizione scaturisce la ripresa di quei filoni di idee che
permettono di ripensare i problemi irrisolti del moderno fino alla loro specificazione e
chiarificazione pedagogica privilegiando gli studi sulla teoria delle virtù, sulla persona e
sull’etica della cura elementi principali di un nuovo approccio all’educazione e di
un’interpretazione storiografica che superi i limiti del decostruzionismo.

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