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come riflessione intorno al fatto educativo, e come <<disciplina>>. Il momento in cui si realizzano
le condizioni per la crescita di un atteggiamento riflessivo specifico sull’educazione coincide con
l’inizio dell’età moderna spiccato senso dell’ordine, della capacità umana di ordinare l’intero
universo ai fini dell’uomo la storia della pedagogia si basa sull’idea che la riflessione pedagogica
si identifica con il progetto antropologico ed etico della modernità in ciascuna fase di essa si
sviluppò un senso dell’educazione corrispondente alla consapevolezza che gli uomini dell’epoca
avevano raggiunto di questo progetto antropologico ed etico.
E’ necessaria una prospettiva interdisciplinaredefinita da Cives come <<mediazione
pedagogica>> suppone una concezione dei saperi pedagogici come discipline di frontiera
prospettiva più proficua anche sul piano strettamente storiografico l’orizzonte di questo lavoro è
la condizione dell’uomo contemporaneo in questo senso, il confine tradizionalmente stabilito tra
storiografia e sociologia si fa meno netto, anzi, le risultanze del lavoro sociologico possono fornire
validi spunti d’inizio per la ricerca storiografica.
la storia della pedagogia deve rientrare in un contesto di formazione che fornisca le basi e gli
strumenti per un lavoro proficuo con i più giovani ciò richiede la capacità di comprendere
criticamente il presente il progetto antropologico ed etico della modernità si basa sull’idea della
possibilità di un continuo cambiamento delle condizioni sociali, concepito come miglioramento e
trasformazione dell’esistente anche le idee pedagogiche che si sono avvicendate nel corso di
cinque secoli sono caratterizzate da questo carattere tipicamente <<moderno>> se oggi la
trasformazione passa attraverso una critica di questo stesso progetto di riforma continua, la storia
della pedagogia deve renderne conto, e concepire in questa prospettiva il proprio contributo a un
progetto di <<formazione dei formatori>> al passo coi tempi.
▪Tema centrale nella storia della pedagogia e dell’educazione occidentale: virtù e la loro
educazione per millenni essa è stata il centro dello sforzo degli educatori occidentali, tanto
nell’età precristiana (Grecia, Roma), quanto nel Medioevo cristiano, fino al secolo XVII-XVIII
si svilupparono teorie etiche che misero in discussione il concetto stesso di virtù, ed avviando una
svolta che ha portato all’etica postmoderna esaltazione dell’emotivismo e contrattualismo.
si può quindi notare come le virtù siano state per un tempo lunghissimo l’elemento centrale tanto
della riflessione sulla morale, quanto della riflessione sull’educazione, e che la costituzione e
l’esercizio delle virtù sia rimasto l’obiettivo fondamentale della morale e della prassi educative fino
alla crisi della modernità stessa la storia di queste vicende è stata ricostruita da studiosi come
MacIntyre e Taylor le loro opere sono essenziali non solo per la storia dell’etica, ma anche per la
storia della pedagogia. MacIntyre riflessione sui presupposti sociali della morale (intesa come
<<pratica>> condivisa), che si concentra su concetti come quello di <<tradizione>> (che implica
rapporti intergenerazionali) e quello di <<comunità>> (evoca il tema del rapporto interpersonale e
l’importanza della socializzazione nel formarsi delle personalità individuali e delle identità
collettive). Taylor interpretazione della modernità come <<età secolare>> dominata dal
processo di progressiva emarginazione della religione dalla sfera pubblica, fino alla situazione
odierna l’opzione atea appare come la più <<facile>> interpretazione della modernità tra le più
feconde dal punto di vista storiografico Taylor privilegia l’analisi storiografica come via di
accesso alle <<fonti di moralità>> beni che le società umane hanno identificato come dotati di
valore, e quindi come elementi privilegiati nella <<ricerca di senso>> che costituisce la vita morale
delle persone e delle comunità prospettiva che mira a ricostruire le <<fonti dell’io>> nell’età
moderna, il modo attraverso il quale si è venuta strutturando l’identità dell’uomo contemporaneo
la comprensione di sé che ha l’uomo moderno si basa su due cardini: 1)concezione dell’identità
dell’essere umano e della sua collocazione nel mondo 2)concezione del bene entrambe
fondamentali per la vita umana e la morale nella sua ricostruzione, emerge come l’età moderna si
sia inoltrata in un percorso che ha finito per indebolire e rendere sempre più fragile tanto il senso
dell’identità personale quanto la comprensione del bene, fino alla decisiva crisi contemporanea. La
visione che sta alla base della sua ricostruzione storiografica cerca di individuare gli elementi
fondamentali di una concezione <<adeguata>> dell’io nello spazio morale fino all’età moderna
concepiti nella corrispondenza tra lo spazio della moralità e l’ordine cosmico degli esseri con
l’età moderna, questo ordine viene scardinato, a seguito della scoperta die poteri di ordine e di
controllo da parte della ragione umana sulla realtà (razionalismo e scienza sperimentale) si
diffonde un atteggiamento <<distaccato>> dell’io di fronte al mondo rafforzerà, nel ‘700 e ‘800
la percezione dell’uomo come essere dotato di una particolare dignità in virtù della sua
razionalità con Locke e Cartesio il tema della dignità dell’uomo diventa esso stesso una <<fonte
di moralità>> la morale (e quindi il significato stesso dell’esistenza) si definisce a partire
esclusivamente dai dettami della ragione umana diventa così estranea alla realtà che la circonda e
alla dimensione trascendente del reale (messa in discussione nella sua ‘indimostrabilità’ sul piano
razionale) percorso di estraniazione che procede per gradi, per almeno due secoli se per
Cartesio e Locke l’enorme potere della ragione e della volontà è frutto dell’opera di Dio e
corrisponde al suo piano provvidenziale (prospettiva ancora teistica), per gli intellettuali moderni,
ragione e volontà costituiscono l’interiorità dell’uomo stesso fondamento morale non più
teistico, ma imperniato sull’uomo come fonte dell’agire e della morale. Per Taylor, inoltre, un’altra
fonte di moralità per l’età moderna è stata la <<natura>> antico principio ontologico,
cosmologico e morale di un ordine provvidenziale che si svolge attraverso una vasta rete di esseri
legati tra loro in una compagine unitaria in vista del bene di ciascuno e del <<sommo bene>>,
secondo un ordine teologico fondato ontologicamente promozione della vita in quanto tale, e
della felicità di creature dotate di percezione e sentimenti.
1. prima fase della modernità critica dei <<riformatori>> religiosi mette in crisi l’ordine
gerarchico degli esseri e degli stati di vita, e si afferma un nuovo ordine che revoca in
dubbio la preminenza della ragione;
2. a partire dal Settecento si sottolinea la presenza dell’uomo di istanze come la sua
<<natura>> interiore, in corrispondenza con la natura esteriore organismo
teleologicamente orientato fatto di fratture spesso non ricomposte.
Ciò che è importante sottolineare è che il bene è stato riconosciuto come naturale e
autosufficiente, e la natura come un <<ordine autosussistente di esseri interdipendenti>>
l’interiorità umana assume il ruolo di via d’accesso immanente alla realtà e al bene
premesse per una visione dell’etica priva di Autore, in cui la natura stessa è riconosciuta
come fonte di moralità.
3. Rousseau nella prospettiva di Taylor, da lui si diparte tutta la riflessione pedagogica
contemporanea (questione della <<natura>> e del suo assecondamento).
L’originalità ed importanza della ricostruzione tayloriana consiste nel fatto che entrambe
le prospettive da lui delineate come quadri di riferimento per comprendere il sorgere
dell’identità dell’uomo moderno (l’<<animale>> che si autointerpreta) e la sua
autocomprensione dell’agire morale affondino le loro radici nella cristianità ad es.
-dietro la svolta cartesiana si trova l’interiorità descritta da sant’Agostino;
- la concezione meccanicistica dell’universo fu concepita all’interno di quelle correnti
teologiche di fine Medioevo che puntavano ad affermare la volontà di Dio nello svolgimento
della vita cosmica; --la concezione del soggetto distaccato tipica del razionalismo porta sul
piano dell’immanenza prerogative e attributi prima propri di Dio;
-la natura come realtà e organismo unitario deriva dall’affermazione della vita comune tipica
della tradizione cristiana e del concetto di provvidenza.
la prospettiva storiografica deve comprendere come sia stato possibile lo slittamento di
concezioni, simboli e significati verso l’immanenza e la secolarizzazione Taylor rileva
come questa trasformazione riposasse all’interno della stessa prospettiva cristiana, e
che ciò che la rese necessaria fu il fatto che all’interno della società occidentale si
diffuse la convinzione che quelle fonti di moralità potevano essere concepite in una
forma non più teistica, e che l’abbandono di questa prospettiva trascendente e religioso
era l’unica strada per cogliere la loro validità morale non bastò l’opera di singoli
pensatori a provocare questi mutamenti epocali, ma fu necessaria una vera e propria
<<osmosi>> tra l’elaborazione teorica e la vita sociale ordinaria.
È necessario invocare la dimensione transdisciplinare dello studio della storia della pedagogia ed
assumere una prospettiva <<filosofica>> sulla modernità riflettere sull’alienazione che l’ordine
della modernità provoca, a partire proprio dall’introduzione e dalla diffusione capillare di pratiche
educative. In tutti i paesi occidentali si è affacciato il dubbio sulla natura <<spersonalizzante>>
della scuola per tutti la vicenda della pedagogia del Novecento si può , forse, leggere come un
tentativo di porre rimedio a questa tendenza.
▪Uno dei problemi principali per la ricerca in ambito storico-educativo: esistono numerose
impostazioni ideali che propongono modelli educativi profondamente diversi tra loroquesta
ricostruzione storica considera come un <<punto di non ritorno>> l’attivismo pedagogico
movimento, variegato al proprio interno, detto anche dell’educazione nuova o delle scuole nuove
(del quale fecero parte figure come Dewey, Ferrière, Montessori), che cercò di liquidare la
tradizione pedagogica occidentale sulla base della consapevolezza dell’impossibilità di
un’educazione basata sul principio dell’autorevolezza dell’adulto in un’epoca in cui nessuna
traduzione e nessuna autorità in campo educativo si vedono riconosciute nel loro valore al di fuori
di un’adesione volontaria da parte dei giovani questo movimento rappresenta il punto culminante
della parabola della modernità pedagogica ed insieme il momento in cui è giunta a consapevolezza
la considerazione della crisi dell’educazione conseguenza dell’esasperata ricercata di autenticità
fine a sé stessa in cui è culminato l’individualismo contemporaneo, e che dura da decenni via
d’uscita: ripresa di quelle pratiche educative nate nel solco dell’attivismo stesso e
caratterizzate in senso compartecipato e democratico, tanto nella famiglia quanto nella scuola.
In definitiva, la riflessione sul senso della vita e sulla sua ricerca (che costituisce buona parte dei
fondamenti delle teorie dell’educazione), ha orientato l’insieme dei saperi che oggi intendiamo per
pedagogia e per scienze dell’educazione.
CAPITOLO I: LA PAIDEIA. SOCRATE E PLATONE
La società e la cultura greche diedero forma ad un modo di concepire l’educazione che è alla base
delle prime riflessioni su di essa e sulla formazione dell’uomo da quelle esperienze concrete e
dall’opera dei grandi pensatori classici emerse una visione dell’essere umano che ha influenzato
tutto il mondo occidentali. Paideia: da pais=bambino fu il processo di maturazione dell’essere
umano attraverso lo studio e la ricerca costanti della verità, e di cui la cultura esprimeva i contenuti
più validi sul piano religioso, morale, intellettuale, estetico i filosofi classici fecero di essa uno
dei principali temi della loro visione del mondo e dell’uomo la formazione dell’uomo greco
avviene in contatto con il divino presente nella realtà e nell’interiorità dell’uomo stesso tutta
l’educazione impartita dalla famiglia e dallo stato era volta a questa finalità, attraverso un percorso
che privilegiava discipline logico-espressive, ma anche la danza, il canto, le arti SCOPO
DELL’EDUCAZIONE GRECA: promuovere nei giovani lo sviluppo delle virtù intese come
<<forze>> interiori che permettono all’essere umano di agire bene e di vivere una vita buona
tutta la cultura e le doti fisiche e intellettuali devono essere rivolte a questo ideale al fine di una
armonia psicofisica per gli individui e di un benessere sociale e politico per le polis la riflessione
filosofica di Socrate, Platone e Aristotele svilupperà queste consapevolezze, dando loro una
impalcatura teorica che resisterà per millenni, e che si adeguerà ai cambiamenti sociali, culturali e
religiosi delle epoche successive.
Socrate (470 a.c): la prima problematizzazione della questione pedagogica è da attribuire a lui la
sua personalità è connessa alla sua filosofia diede vita, nel suo insegnamento, all’ideale di un
uomo capace di penetrare negli aspetti più profondi della realtà, incessantemente alla ricerca del
vero, osservando il controllo più completo su sé stesso, sulle proprie emozioni, e senza sottrarsi allo
sforzo fisico egli coltivò la fiducia nell’idea che la ragione, adeguatamente educata, possa e
debba essere il fattore più importante nel controllo di tutti gli aspetti della vita umana.
Socrate appare nei dialoghi platonici non avere alcuna paura della morte, neppure di quella
ingiusta condannato per aver <<corrotto>> i giovani con i suoi insegnamenti <<empi>> dagli
Ateniesi che non avevano compreso il suo messaggio, entrerà nella storia della cultura occidentale
come esempio di una ricerca della verità che non cede a compromessi l’ideale socratico è
alimentato dalla convinzione che una volta riconosciuta la virtù, sia impossibile non agire
virtuosamente fondamentale per stabilire quel nesso tra virtù e conoscenza che giustificherà
per secoli il discorso pedagogico, alla luce della convinzione che virtù e conoscenza non possano
stare l’una separata dall’altra. Socrate attribuisce la massima importanza a domande su cosa sia il
coraggio o la pietàse si riuscisse a rispondere a queste domande, si disporrebbe di tutto ciò che
occorre per vivere una vita buona l’atteggiamento intellettuale socratico è caratterizzato dalla
volontà di superare le apparenze e di ricercare le verità più profonde, anche a costo di mettere in
crisi credenze consolidate o di essere costretti a riconoscere la propria <<ignoranza>>.
egli è ricordato nella storia della filosofia come uno spartiacque spostò l’attenzione dalla
natura all’uomo stesso, attraverso un metodo di indagine caratterizzato dal dialogo tra interlocutori
paritari, alla ricerca della verità autentica, in un processo indefinito nelle sue conclusioni (spesso
definite come irraggiungibili ironia nei confronti delle verità solo apparenti dei suoi interlocutori,
ed anche di sé stesso, incapace di giungere a conclusioni definitive su nulla).
i dialoghi platonici esprimono lo spirito del metodo socratico, sebbene non siano resoconti fedeli
di ciò che Socrate disse tuttavia:
nei primi dialoghi platonici, in cui Socrate insiste nel dichiarare di non avere risposte
soddisfacenti alle questioni che egli stesso pone, Platone intende offrire un’immagine
aderente a quella del Socrate storico;
nei dialoghi della fase centrale dell’opera platonica e in quelli tardi, Socrate offre risposte
sistematiche a quelle stesse questioni qui Platone avrebbe usato il personaggio per
presentare concezioni che in gran parte erano sue personali (anche se sviluppate attraverso
l’impiego del metodo socratico);
Apologia dialogo che riporta il discorso tenuto da Socrate di fronte al tribunale Socrate
qui insiste nell’affermare di aver dedicato la propria vita a una questione sola a come egli
e gli altri suoi concittadini potessero diventare uomini buoni.
Le questioni che Socrate pone agli interlocutori sono poste nella speranza di acquisire una maggiore
saggezza e conoscenza attraverso il dialogo IMPORTANZA DEL METODO DIALOGICO
NELL’INSEGNAMENTO SOCRATICO-PLATONICO fondamentale per lo sviluppo della
riflessione sul rapporto educativo tra maestro e discepolo.
•Anima in Socrate: essenza autentica dell’uomo l’uomo è, nella sua essenza, un essere
spirituale da questa scoperta deriva anche il nuovo significato attribuito alla virtù cura
dell’anima in questo modo Socrate può elaborare una vera e propria nuova tavola di valori etici
che servirà ai suoi seguaci (specialmente a Platone) per costruire le fondamenta di una riflessione
sulla morale in cui la questione della giustizia diverrà preminente.
•Concezione del metodo della ricerca: definita da Socrate <<maieutica>> il maestro
<<estrae>> dall’allievo la verità che è in lui la maieutica mette in discussione le fondamenta della
concezione sofistica del sapere e dell’educazione, stabilendo l’esigenza di verità come elemento
essenziale dell’insegnamento e dell’apprendimento tutta la conoscenza, se autentica, è un
rispecchiamento della verità, e richiede una purezza d’animo e la disponibilità ad un esercizio
intellettuale e morale che non ammette compromessi.
Platone: La parabola esistenziale di Platone procede dall’interesse per la vita politica (ad Atene e
Siracusa, dove coltivò un sogno di società giusta, che domina anche la sua prospettiva filosofica)
dopo il fallimento del tentativo, egli si dedicò esclusivamente all’insegnamento della sua filosofia.
Anche la vita di Platone sarà caratterizzata dalla ricerca della verità e della giustizia, in chiave
politica, nel governo degli uomini ciò esporrà anche lui in due occasioni a rischiare la vita e a
salvarsi con molta difficoltà. Concezione dell’uomo: come Socrate, è convinto che l’uomo sia un
essere spirituale anima divisa in 3 parti distinte:
1. concupiscibile sede dei desideri e volta al soddisfacimento di essi;
2. irascibile sede del coraggio e della fortezza, e volta a proteggere l’individuo nelle
difficoltà e nei pericoli;
3. razionale dovrebbe governare le prime due
La Repubblica: opera principale di Platone che compendia l’intera filosofia platonica, nonché la
principale esposizione delle sue vedute sull’educazione in essa Platone pone continuamente ai
suoi lettori il problema della giustizia descrive la società ideale articolata in 3 classi: produttori,
guerrieri e governanti-filosofi corrispondenti alle 3 anime dell’uomo uno dei grandi capitoli
della pedagogia platonica è proprio l’educazione di queste 3 classi di cittadini:
produttorinon meritano grande attenzione viste le loro funzioni (le più basse secondo il
filosofo), i loro bisogni (di natura meramente materiale), e il loro ruolo nello stato
(produzione e consumo di beni è la funzione più bassa ed elementare).
le altre due classi devono ricevere una formazione specifica i futuri guerrieri-custodi
devono essere attentamente osservati e sottoposti ad un rigoroso addestramento, volto
soprattutto a sviluppare le virtù necessarie in battaglia; i filosofi, che avranno il compito di
reggere le sorti della repubblica, richiedono un addestramento più lungo (che dura
addirittura fino alle soglie dei 50 anni), curato non soltanto sotto il profilo intellettuali, ma
con un’attenzione allo sviluppo globale della personalità, del corpo e dello spirito.
in Platone c’è un costante parallelismo tra la visione politica e quella antropologica
la costruzione dello Stato ideale corrisponde alla costruzione della città interiore
dell’anima il mito della caverna, insieme a quello della biga alata, rappresenta in questo
senso l’indole e il messaggio dell’opera platonica si affida alla narrazione di <<miti>>
nella rappresentazione delle parti più rilevanti del suo pensiero, per mostrare che non è
possibile dimostrare le verità più profonde tuttavia, esse non vanno trascurate.
Mito della caverna: gli uomini sono rappresentati come vittime di una cecità dalla quale possono
emanciparsi pochi individui (i filosofi) che hanno il coraggio di avventurarsi al di là delle apparenze
e delle mere opinioni essi hanno il dovere morale, una volta ‘illuminati’ dalla verità, di
richiamare i loro simili all’emancipazione dall’errore, necessaria per una vita degna d’essere
vissuta.
Mito della biga alata: rappresenta le 3 anime come una biga trainata da due cavalli, uno bianco e
uno nero, che attraversa i cieli guidata da un cavaliere cavallo nero: simbolo dell’anima
concupiscibile, tende verso il basso; cavallo bianco: simbolo dell’anima irascibile, verso l’alto il
compito del cavaliere (l’anima razionale) è quello di tenere entrambi in linea per far procedere la
biga nella direzione giusta.
Importanza della prospettiva platonica in ambito pedagogico essa ha definito, nel Fedro e nel
Convito, forse per la prima volta nella storia del pensiero occidentale, la formazione come un
fenomeno individuale e personale da questi dialoghi emerge la convinzione che la formazione
umana abbia un carattere spirituale (non soltanto intellettuale) e richieda lo sviluppo della vita
interiore in un ambiente adeguato in questo senso l’Accademia, scuola di formazione filosofica,
che ebbe una storia di 8 secoli, rispondeva a questa esigenza.
Platone condivide con Socrate la convinzione che il grande bisogno dei suoi tempi sia la
formulazione di un nuovo ideale di vita (specialmente sul piano etico) che colmi il vuoto
formato dal rifiuto della convezione tradizionale dell’antica morale greca da parte del nuovo
individualismo, portato dalla vita mercantile e dalla cultura sofistica ad Atene come Socrate,
crede che questo nuovo modo di vita debba essere basato sulla verità universale raggiungibile da
parte di ogni uomo con la sua intelligenza la virtù, secondo Platone, consiste nella
conoscenza richiede sforzo da parte dell’uomo, perché la vera conoscenza è posta in contrasto
dialettico con la semplice opinione (erronea e portatrice di mali per la società umana).
Platone poi, a differenza di Socrate (che si limitò a questa formulazione di un ideale
dell’educazione e della vita e si accontentò di sviluppare la capacità di raggiungere una tale
conoscenza nei pochi allievi diretti), portò la sua ricerca molto più lontano egli accetta ed
elabora la dialettica di Socrate (discorso continuo tra uomini che cercano la verità, ma anche
dialogo interiore con sé stessi), ma considera che il desiderio di un bene supremo, di
raggiungere la conoscenza più elevata, possa trovarsi solo in pochi esseri umani per lui,
questa visione della verità eterna è una sorta di <<senso delle idee>>, di intuizione impostazione
di segno politicamente conservatore in effetti, il suo schema ideale tratteggia una sorta di governo
aristocratico nella sua repubblica ideale, i filosofi devono essere i legislatori.
Filosofo per Platone: colui che conosce il bene più alto, ed il solo che può determinare fino a che
punto l’esistenza fenomenica si avvicini all’idea, e dunque riesca a raggiungere il bene la società
deve essere organizzata su basi nuove, in modo che i filosofi controllino e dirigano le attività e le
relazioni nella società l’educazione dovrebbe avere per scopo lo sviluppo di questo senso delle
idee in ogni individuo, e dovrebbe preparare a dirigerlo (attraverso la guida dei filosofi) alla
realizzazione di quei doveri che per natura ognuno deve soddisfare La Repubblica (dialogo sulla
giustizia) è l’esposizione platonica di una società ideale conforme a questi requisiti l’anima
dell’uomo è distinta in 3 parti (anima razionale alla quale corrisponde la virtù della prudenza;
anima irascibile virtù della fortezza; anima concupiscibile virtù della temperanza) quando,
nella vita dell’uomo, l’anima razionale controlla le passioni e i desideri pienamente, le azioni sono
controllate e virtuose, e le passioni sono alleate dell’intelletto, allora le virtù di ciascun individuo
sono sviluppate al massimo grado e la giustizia dirige la vita personale e collettiva lo stesso
dovrebbe accadere anche nella società anch’essa divisa in 3 classi filosofi, dediti alla ricerca
della conoscenza, la cui virtù è la saggezza; guerrieri, dediti alla difesa della repubblica, la cui virtù
è la fortezza; lavoratori, dediti alla produzione e al commercio, la cui virtù è la laboriosità per il
benessere della comunità se la classe dei filosofi governasse, la classe dei guerrieri proteggesse la
città in accordo alle direttive dei filosofi, e la classe dei lavoratori obbedisse e desse sostegno alle
altre due, allora si raggiungerebbe la giustizia sociale far parte di queste classi non è una
questione di nascita le classi della repubblica platonica sono caratterizzate da una selezione
continua in base alle doti e ai meriti di ciascuna persona un sistema educativo che individua e
sviluppa le qualità degli individui al fine di inserirli nella classe per cui sono naturalmente adeguati
permetterebbe di raggiungere pienamente la virtù negli individui e la giustizia nella società.
▪Educazione: è così investita di una responsabilità sociale molto più ampia e profonda rispetto a
prima l’educazione dei bambini e dei giovani (periodo che va dall’infanzia fino alla fine
dell’adolescenza) è delineata ne La Repubblica con caratteri simili a quelli dell’Atene di Platone
ginnastica e musica sono la sua sostanza principale l’educazione più elevata è distinta in 2 fasi:
1. periodo dello studio scientifico tra i 20 e i 30 anni d’età include materie come
aritmetica, geometria, musica e astronomia;
2. periodo dello studio filosofico successivo al periodo scientifico, dura 5 anni studio della
dialettica.
Prima formulazione di un curriculuum di studi rimasto in vigore fin quasi ai nostri giorni
ideale educativo <<liberale>> rivolto alla formazione di uomini liberi, autonomi, non asserviti al
volere altrui, e partecipi al destino della polis.
▪Leggi: altro capolavoro pedagogico di Platone carattere molto più angusto e conservatore
rispetto a La Repubblica ideale educativo che sembra voler tornare alle esperienze e ai valori
della Grecia più antica, e una forma di governo che si avvicina alle monarchie mitiche dei primi
tempi della storia greca.
L’importanza degli scritti di Platone sull’educazione deve essere ricercata nei principi fondamentali
riformulati dal filosofoPRINCIPIO ETICO FONDAMENTALE: ciascun individuo dovrebbe
dedicare la vita a ciò per cui egli è disposto per natura:
perseguire il bene
raggiungere il massimo compimento di sé
portare a compimento il proprio compito nei confronti della società
L’educazione deve dunque determinare ciò che per ciascun individuo è naturalmente più portato, ed
orientarlo a questo fine nel servizio del bene comune egli inoltre prevede la stessa educazione
tanto per le donne che per gli uomini.
La Repubblica deve essere considerato uno dei più importanti trattati pedagogici egli ha
influenzato l’educazione dei secoli successivi, preparando la strada alle prime espressioni
dell’ideale educativo della Chiesa cristiana analogie: nella Repubblica i filosofi appaiono al di
fuori del rango dei cittadini, ed in effetti, con l’organizzazione delle scuole filosofiche, apparve
un’istituzione in qualche modo <<esterna>> allo Stato, persino alla società far parte di queste
scuole finì per essere considerato particolarmente degno per le aspirazioni degli uomini migliori
quando la religione cristiana fu introdotta nell’Occidente, essa fu scambiata come un’altra di queste
scuole, con ideali di condotta nettamente differenti dai costumi sociali diffusi il tipo di vita
proposto dai cristiani si considerò come superiore alla vita dei cittadini ordinari o di diverso
orientamento morale e religioso.
CAP II- LA PAIDEIA E IL SISTEMA ARISTOTELICO
La filosofia aristotelica fu assunta durante l’epoca medievale come punto di riferimento di ogni
sapere la rilevanza pedagogica di Aristotele deriva dall’enorme influenza da lui esercitata sulla
filosofia dei millenni successivi egli fu precettore di Carlo Magno.
Visione dell’uomo e della società: molto più realistica e disincantata di quella platonica egli
giustifica la schiavitù come un dato di fatto e di necessità filosofare è un’attività per pochi uomini
liberi e dotati delle attitudini necessarie. Non vi è nessuno slancio utopistico nel sistema aristotelico,
né tensione dialettica tra essere e dover essere. Ciò che ha reso grande la conoscenza del pensiero
aristotelico è la sua sistematicità, e la vastità della rappresentazione del mondo che propone
la sua filosofia fu considerata la più completa e sistematica esposizione del sapere scientifico
posseduto dall’umanità classica e medievale compendia tutte le conoscenze sul mondo, sulla
natura, sull’uomo, sulla divinità che erano state acquisite dai Greci nel corso dei secoli visione
dell’uomo e del mondo articolata e complessa.
Filosofia per Aristotele: non era un sapere a sé, quanto piuttosto la ricerca dei fondamenti di tutti i
saperi in questa prospettiva assumeva un ruolo primario la logica( per il suo apriorismo astratto
diverrà il primo obiettivo polemico delle scienze sperimentali nell’età moderna) articolata intorno
alla nozione del sillogismo struttura basilare del ragionamento la sua autoevidenza ha condotto
gli aristotelici ad essere insensibili alle esigenze dell’evidenza empirica e sperimentale, rendendo
quindi la logica un ostacolo all’avanzamento del sapere.
Logica: essa ebbe un vasto influsso anche in campo educativo all’inizio del Medioevo divenne
uno dei pilastri dell’insegnamento superiore ad essa venne dedicata una serie di scritti raccolti
sotto il titolo Organon ad indicare il carattere strumentale della logica per tutta l’attività
d’indagine (fisica, scienza del vivente, psicologia ricevettero da Aristotele una trattazione che
rimase imperante a lungo). Alle varie trattazioni dedicate alla descrizione del reale faceva seguito
l’esposizione della metafisica disciplina su cui si reggeva l’intero sistema aristotelico (è la
disciplina che studia l’essere) il nome è dovuto alla collocazione dell’opera dopo quella dedicata
alla fisica.
Teologia cristiana: caratterizzata da un grande confronto (che fu anche un dissidio) tra l’influenza
esercitata da Platone e quella esercitata da Aristotele tuttavia, dal momento in cui si affermò il
metodo scolastico ed il sistema universitario medievale, l’aristotelismo cristianizzato divenne la
forma ortodossa del pensiero e della cultura europei il prevalere di Aristotele fu dovuto a
diversi fattori, tra cui il fatto che egli offriva la possibilità di concepire il mondo e l’uomo in
una forma compatibile con la rappresentazione cristiana, armonizzando le esigenze della
ragione con la fede.
Metafisica aristotelica: vi si trovano i concetti fondamentali di quello che sarà il nucleo della
rappresentazione scolastica del mondo e della teoria dell’educazione cristiana materia e forma,
potenza e atto consentono ai teologi cristiani di leggere l’universo in coerenza con l’attività di
Dio creatore e redentore. Ogni essere è destinato ad una crescita che dia sviluppo ed armonia
alle sue risorse interiori, che altrimenti rimarrebbero ad uno stato grezzo (materia), se non
passassero dal loro stato di immaturità (potenza) ad una piena esplicazione di ciò che è in loro
(atto) tutto ciò è possibile, sul piano cosmico, soltanto attraverso l’opera di Dio RISVOLTO
PEDAGOGICO: il bambino assume progressivamente la propria identità e sviluppa le sue
potenzialità passaggio dalla pura potenzialità (incompleta e imperfetta) ad un’attuazione di sé
(che esprime pienamente la personalità dell’uomo).
Si è discusso molto, nell’ambito degli studi storico-filosofici, del rapporto tra la metafisica platonica
e quella aristotelica concepita da molti come de vie divergenti che daranno vita a sistemi
concettuali distinti e talvolta contrapposti nella storia del pensiero cristiano, invece, queste due
strade sono state accostate sulla base di un elemento messo in evidenza da Tommaso d’Aquino: Se
Platone aveva concepito il mondo della materia e quello delle forme come separati, e potenza e atto
come paralleli tra loro, Aristotele scopre che queste realtà ontologiche convivono sullo stesso piano
e nello stesso mondo sensibile. Il ruolo della divinità, in entrambi i casi, è quello di armonizzare i
contrasti e le contraddizioni, per indirizzare la realtà a divenire ciò che è il suo destino di
maturazione e di pienezza
Assimilazione cristiana del pensiero aristotelico: avviene attraverso un’integrazione in:
1)campo ontologico la concezione di Dio è integrata con il dato biblico Dio è anche persona, e
la creazione degli esseri viventi non avviene attraverso un processo di subordinazione, ma in vista
di una diffusione del bene attraverso l’universo stesso.
Etica Nicomachea: principale tra gli scritti aristotelici dedicati alla morale Aristotele sostiene che
il fine essenziale dell’essere umano, e il suo bene più alto, è la felicità l’argomentazione è molto
significativa dal punto di vista pedagogico, perché la diretta conseguenza della definizione del bene
come e fine e come oggetto principale dell’agire umano implica l’esigenza che tutti gli uomini siano
educati in vista della ricerca del bene autentico di fronte alla varietà estrema dei beni possibili e di
quelli disponibili l’agire morale è orientato in base all’educazione ricevuta dovrebbe
corrispondere al buon senso di cui ogni uomo è dotato e che dovrebbe permettere il riconoscimento
intuitivo del bene. L’etica aristotelica cerca di definire i principi che consentono di riconoscere
il bene una volta acquisito, permette il perseguimento della felicità bene e felicità si
richiamano a vicenda la felicità è il fine dell’agire, e il bene è il mezzo attraverso il quale la
felicità è possibile DIFFICOLTA’: nella vita pratica, la molteplicità di impulsi cui l’uomo è
soggetto, e la varietà dei beni esteriori, portano l’uomo a perdersi, fare scelte sbagliate, o inseguire
la felicità laddove non è possibile trovarla.
Altra caratteristica dell’etica aristotelica: rifiuto dell’intellettualismo estremo (caratteristica
dell’etica socratico-platonica) la vita morale non dipende dall’adeguatezza della conoscenza, ma
dalla costituzione pulsionale e affettiva dell’essere umano la responsabilità etica non è della
società e della cultura, ma dei singoli individui la volontà individuale può governarsi attraverso il
buon senso anche quando quest’ultimo venisse a mancare nella società è però vero che la vita
buona è possibile quasi soltanto all’interno di una società buona.
Riflessione politica sulla forma di governo migliore: è necessario curare l’intero contesto della
città per sperare che anche i singoli individui possano essere in grado di vivere secondo le esigenze
della vita morale per Aristotele è necessario che l’uomo intenzionato a vivere una buona vita
fruisca dei beni che sono a sua disposizione senza eccedere, né rinunciare oltre il dovuto ad essi (la
cosiddetta dottrina del <<giusto mezzo>>).
Virtù: concetto fondamentale dell’etica aristotelica capacità di compiere l’azione adeguata nella
situazione e nel momento adeguati tra le virtù ci sono la prudenza, la fortezza, la temperanza, la
giustizia tutte sono caratterizzata dalla capacità di vivere evitando gli eccessi di ogni tipo ogni
virtù avrebbe il vizio ad essa corrispondente RAPPRESENTAZIONE DELLA VITA MORALE
BASATA SU UNA SCELTA SOSTANZIALE TRA VIRTU’ E VIZI a differenza di Socrate e
Platone, la scelta tra virtù e vizi non dipende dalla comprensione intellettuale di ciò che è il bene e
ciò che è il male, ma dall’esercizio la virtù è un costume e si acquisisce con l’esperienza.
La filosofia aristotelica è caratterizzata dalla consapevolezza che l’essere umano non è puro
intelletto, né una natura esclusivamente spirituale è un essere la cui natura è formata di
materia, e richiede un governo non facile, la cui responsabilità è attribuita al singolo individuo
(attraverso un’adeguata formazione) l’etica aristotelica ha formato le coscienze per circa 2
millenni quando si consumò lo scisma delle Chiese protestanti, la morale insegnata dai pastori
delle nuove confessioni evangeliche fu sostanzialmente quella delle virtù e dei vizi di Aristotele
l’importanza pedagogica di questa prospettiva risiede anche nell’indicazione di un obiettivo chiaro
per l’insegnamento l’obiettivo della formazione non è la trasmissione di cultura, o la
preparazione ad un mestiere, ma lo sviluppo delle virtù essenziali per la vita morale e mentale, unite
all’agire pratico della persona. Aristotele distingue le virtù dianoetiche della fronesis e della sofia
reggono, rispettivamente sul piano pratico e su quello conoscitivo, l’intera vita umana esse
rappresentano la fortezza e la saggezza (fondamentali per la vita buona). Aristotele si colloca a
cavallo tra la fine dell’età classica e l’inizio di quella ellenistica il tramonto della polis di fronte
all’assolutizzazione del potere nelle mani di Alessandro il Macedone induce Aristotele da un lato a
riconsiderare il tema della migliore forma del governo in una prospettiva molto realistica e
descrittiva, e dall’altro a ripensare l’etica nella prospettiva di un agire all’insegna dell’autonomia
morale. Il problema della morale è quello di riconoscere il carattere dei diversi beni e l’ordine
gerarchico che vige tra loro ogni essere è un bene in sé, ma questo carattere è in stretta
connessione con la situazione contingente del soggetto cui spetta il compito di riconoscere i beni
da perseguire come vie per la propria felicità quest’etica sfocia, dunque, nell’affermazione di una
questione educativa prioritaria che si configura come educazione alle virtù da avviare già
nell’infanzia e da proseguire nell’adolescenza, in un contesto sociale favorevole.
Grecia classica: era fiorente da secoli un insieme di pratiche educative che, dopo i primi anni di
vita dei bambini (affidati alle cure materne e domestiche), vedevano il passaggio dei giovani
attraverso un insieme di istituzioni che non avevano ancora l’aspetto della scuola propriamente
intesa (sono i Romani a dare alla scuola aspetto di istituzione a se stante) il concetto di
curriculum prevedeva una presenza forte di discipline artistiche (danza e musica), che i Greci
consideravano essenziali per lo sviluppo armonioso della persona, insieme agli studi letterari e
scientifici visione dell’uomo che i Greci indicavano con il termine paideia (che definiremmo
<<olistica>>) essa si rivolgeva alla crescita equilibrata di tutte le facoltà, ed aveva il fine di
mettere l’essere umano con le sfere più elevate della realtà, con il divino, con ciò che di più nobile
era considerato far parte della vita umana la concretizzazione dell’ideale educativo di Aristotele
si può cogliere nel Peripato (o Liceo) formazione di altissimo livello riservata a pochi
privilegiati e selezionati, privi di necessità materiali, e quindi in grado di dedicare tutto il loro tempo
a studi estremamente impegnativi ideale aristocratico che giungerà fino al cristianesimo quasi
intatto. Influsso culturale di Aristotele: parzialmente offuscato dal successo di altre scuole
filosofiche (stoicismo prima di tutto) presenza ripresa in pieno Medioevo e riconosciuta come il
principale strumento di comprensione e ricerca del mondo in età moderna l’aristotelismo divenne
l’emblema del sapere <<dogmatico>>, opposto alla ricerca libera e all’evidenza sperimentale
(tendenza ostile che prevalse durante il periodo illuministico) il discredito in cui cadde la filosofia
aristotelica dal momento in cui le nuove scienze osservative e sperimentali la confutarono su
questioni essenziali non impedì che continuasse a resistere un interesse storico e teoretico nei suoi
confronti in effetti, in campo pedagogico si possono menzionare studiosi novecenteschi (es
Livingstone) che hanno tratto numerosi spunti dalla sua opera per analizzare le problematiche
educative contemporanee il Novecento è stato il secolo in cui si è registrato un rinnovato
interesse nei confronti di Aristotele, soprattutto nell’ambito della filosofia pratica ripresa della
teoria delle virtù ha influenzato il dibattito sull’etica negli ultimi 30 anni circa.
CAP III- IL CRISTIANESIMO E L’EDUCAZIONE: SANT’AGOSTINO E SAN
TOMMASO
Il cristianesimo ha una valenza pedagogica in quanto pone al centro della sua attenzione il problema
della formazione dell’uomo i primi fedeli furono infatti dei convertiti nella prassi della Chiesa
primitiva un posto di rilievo fu la formazione dei catecumeni, ossia coloro che avrebbero dovuto
ricevere il battesimo dopo un’adeguata istruzione sui contenuti della fede questo interesse
pedagogico si sviluppò ulteriormente nel contatto col il mondo e la cultura classici il problema
dell’educazione è da questo momento in poi visto nella prospettiva della salvezza integrale della
persona presupposto: natura dinamica dell’esistenza umana la persona umana è un essere che
vive nel tempo e cresce, prende forma la fede, allora, cresce nel tempo insieme alla persona
esistenza umana come percorso di crescita interiore (sul piano fisico psichico e spirituale) il
cristianesimo a questo proposito riprende la visione <<classica>> (soprattutto platonica) dell’essere
umano anima come <<forma>> del suo stesso organismo psico-fisico i temi portanti della
spiritualità e della morale cristiane saranno nel Medioevo (e per un lungo tratto dell’età moderna) le
fonti principali dell’educazione occidentale.
Famiglia: valorizzata nella sua funzione sociale di ambiente educativo privilegiato i rapporti tra i
coniugi si pongono su basi diverse rispetto alla civiltà greco-romana figura materna ha un valore
più importante che in passato la famiglia è una <<prima società>>, sul della famiglia di
Nazareth questo ruolo della famiglia è strettamente associato, nell’educazione, a quello
dell’intera comunità dei credenti Chiesa come dimensione costitutivamente comunitaria
Primi secoli: i cristiani non si posero un problema specifico a proposito della scuola e del
curriculum culturale, perché la formazione dei figli avveniva nell’ambito della famiglia e delle
comunità quando però entrarono a farne parte anche famiglie patrizie, ricche ed influenti si pose
la questione di quale istruzione fornire, e quale rapporto potesse darsi tra fede cristiana e cultura
classica la questione fondamentale per le prime comunità cristiane fu quella della testimonianza
della propria fede i problemi sorsero nel momento in cui i giovani cristiani cominciarono a
frequentare le scuole pagane la questione era la legittimità di una istruzione che esprimeva una
cultura immorale agli occhi dei cristiani gli dei dell’Olimpo pagano erano dotati di tutti i vizi, e la
mitologia appariva come seria minaccia per l’integrità della fede e della vita morale dei giovani
cristiani il contrasto tra cultura pagana e quella cristiana fu risolto nell’incontro con il
pensiero filosofico classico conteneva una critica della mitologia e della poesia mitologica gli
intellettuali cristiani cominciarono allora a concepire il cristianesimo come religione dotta, filosofia
autentica, compimento di un sapere che nel paganesimo non era stato possibile raggiungere a causa
delle impalcature mitologiche.
Rapporto tra cristianesimo e cultura classica: rapporto di confronto filosofico e teologico:
1. il cristianesimo adotta le categorie della razionalità filosofica costruendo così una
pedagogia che si alimenta del progetto educativo descritto nell’opera e nella scuola
filosofica platoniche;
2. la cristianizzazione delle scuole pagane fu un momento decisivo nello sviluppo della
pedagogia cristiana i cristiani modificarono il contenuto delle scuole romane tradizionali
Sant’Agostino: Tra la fine del IV e l’inizio del V sec. egli fece la prima sistemazione teorica al
riguardo dell’educazione nel De magistro appare per la prima volta la questione del rapporto tra
maestro e discepolo, e di ciò che si può definire come <<didattica>>.
In Agostino è centrale il tema della <<terza navigazione>> visione della verità che implica un
percorso non solo conoscitivo, ma d’amore la vita intellettuale non è mai disgiunta da quella
affettiva e morale tutto l’essere umano è desideroso d’amore, ed è l’amore stesso che il singolo
uomo cerca nella sua esistenza la verità è Dio e Dio è amore l’uomo porta a compimento se
stesso nell’amore lo fa simile a Dio e capace di trovare la veritàla ricerca esistenziale
dell’uomo è una <<navigazione>> al di là dell’apparente che coincide con una vita vissuta
nell’esercizio dell’amore. Il cristianesimo agostiniano è fondato su una visione personalistica
dell’essere umano tipica della fede questo lo porterà a scrivere la prima autobiografia
propriamente detta Confessionidialogo fiducioso e continuo con Dio, meditazione sul senso
della vita nella prospettiva della visione cristiana della verità e del mondo, della creazione e della
redenzione l’antropologia cristiana è caratterizzata dalla consapevolezza che la descrizione della
natura dell’uomo non esaurisce la ricchezza e la profondità della persona umana, immagine di Dio.
Riflessione di Agostino sulla Trinità divina: la relazione con l’altro è alla base sia dell’identità
della Persona divina, sia della persona umana carattere relazionale dell’essere umano uno degli
aspetti più originali del pensiero e della cultura cristiani (molto più che nelle scuole filosofiche
<<classiche>>) l’analisi del rapporto tra maestro e discepolo mette in rilievo il carattere
relazionale dell’opera educativa l’educazione è innanzitutto un rapporto tra persone, a
prescindere dagli altri caratteri che può avere sul piano sociale.
Problema della catechesi e della pastorale (V sec) : problema a cui è dedicata un’altra opera di
indole pedagogica del corpus agostiniano la catechesi per Agostino deve rivolgersi a tutti per
poter essere effettivamente una guida per la vita ogni uomo deve raggiungere la verità e la
felicità, e la dottrina deve essere espressa in modo adeguato a questa ricerca universale Agostino
pone così una preoccupazione pastorale.
Punto di partenza di tutta la riflessione agostiniana: la ricerca umana è desiderio del bene
soltanto esso può permettere di raggiungere la felicità autentica l’educazione deve essere
orientata quindi a rendere i giovani consapevoli del legame tra la verità, il bene e la felicità essa è
ricerca del senso della vita attraverso il perseguimento del bene più grande ed autentico Dio.
Importanza di Agostino:
1. sviluppò con precisione la nozione costitutiva si sacramento e diede a quello di penitenza
una base solida e coerente;
2. a lui si deve inoltre la distinzione chiara tra precetti e consigli, tra peccato mortale e peccato
veniale;
3. elaborò la dottrina della grazia, della predestinazione , e della vita soprannaturale
La città di Dio: ultimo e forse più grande capolavoro agostiniano frastornato dal sacco di Roma
(410), il mondo si chiedeva se non fosse stato il rifiuto cristiano degli antichi dei il responsabile di
quella rovina Agostino, in questa che può essere considerata la prima teoria dello Stato, fonda la
stabilità della città eterna di Dio, contrapponendola a tutto il mondo transeunte Agostino dunque
sposta il centro di gravità della cristianità da Oriente a Occidente da quel momento in poi la
cristianità occidentale parlerà la lingua latina egli
a) salvò il patrimonio culturale (soprattutto filosofico) della Grecia antica e di quella più recente, e
romanizzò entrambe le tradizioni
b)tracciò l’orientamento del misticismo cattolico successivo
c)infuse nell’agire cristiano il modo di pensare teologico, ispirando una vera e propria
<<scolastica>>, intesa come scuola di pensiero.
De magistro (1839) e De catechizandis rudibus: due fonti primarie sulle vedute agostiniane in
materia di filosofia dell’educazione e metodi educativi:
1. il primo è scritto in forma di dialogo si basa su una conversazione tra Agostino e il figlio
Adeodato discussione non tecnicistica di carattere epistemologico (sul processo di
apprendimento);
2. il secondo è un trattato di indole più pratica riguarda la catechesi fornita agli accedentes
(coloro che venivano ammessi alla prima fase del catecumenato).
Mentre il primo dialogo sul maestro porta l’impronta della informalità socratica, il secondo è più
formalizzato. Agostino è convinto che colui che apprende possieda già un’apprensione interiore
della veritànon è guidato dalle parole del maestro, ma dalle cose stesse che Dio ha reso
intimamente manifeste in lui tuttavia, la verità non è soggettiva viene da Dio, la cui eterna
verità (Cristo) abita nelle menti preparate a riceverlo questa è una espressione della distinzione
agostiniana tra fede e ragione dobbiamo credere prima di essere in grado di comprendere la
natura e le ragioni della nostra fede. Agostino inoltre sostiene che le parole, in se stesse, sono
strumenti inadeguati dell’insegnamento, perché sono strumenti per comunicare ciò che ciascuno
sente e conosce interiormente, e per mezzo di esse un uomo è semplicemente messo in grado di
aumentare la sua conoscenza e di apprendere i segni diversi dalle parole possono essere utili
nell’insegnamento, perché esso avviene attraverso la relazione ( ovviamente, Agostino non aveva le
nostre compiute consapevolezze del significato dei fattori non verbali e non cognitivi
dell’apprendimento) l’apprendimento, secondo Agostino, implica molto più che l’assenso
verbale implica un cambiamento di atteggiamenti e di comportamenti il maestro deve fare
dell’amore un fine a cui rimandare tutto ciò che si insegna, e deve impartire tutta l’istruzione in
modo che gli ascoltatori <<da ciò che ascoltano credano, da ciò che credono sperino, e da ciò che
sperano amino>> in questo modo fede, speranza e amore (virtù teologali) sono incluse nei fini
dell’educazione la conoscenza di sé è l’inizio della conoscenza in qualsiasi campo la verità
religiosa si apprende dall’interno Agostino poi insiste che la fede è necessaria al di sopra e al di là
di tutto ciò che possiamo apprendere attraverso i sensi e la ragione.
Dottrina della grazia: è così centrale nella teologia agostiniana che non può essere separata dalla
sua teoria educativa è solo per il dono di Dio fatto all’uomo che egli è in grado di acquisire ciò
che più tardi è stato inteso come <<salto>> nella fede Dio opera per la nostra volontà e la nostra
fede attraverso l’induzione di impressioni di cui facciamo esperienza che l’esperienza sia esterna
(esortazione evangeliche) o interna (idee che entrano nella mente di per sé), è Dio che opera sulla
coscienza ragionevole per indurla a credere la funzione del maestro è dunque di fornire
impressioni esterne a cui colui che apprende possa rispondere nella fede.
Metodo educativo secondo Agostino:
1. l’insegnante deve essere autenticamente interessato a ciò che insegna, e provare gioia in
questo insegnamento, perché soltanto in tal modo può davvero superare l’inadeguatezza
delle parole nel comunicare tutto ciò che occorre;
2. scrisse nelle sue catechesi che il catechista deve riconoscere l’importanza del suo lavoro, e
non deve consentire che alcunché lo turbi o lo distragga nell’insegnamento se è turbato
dal fatto che qualcuno ha perso o rinunciato alla sua fede, deve lasciare che la venuta di cui
vuole essere ammesso nella Chiesa tolga la tristezza per chi è venuto meno, sperando che
faccia progressi nella fede;
3. egli deve inoltre rispettare nella maniera più autentica e totale l’allievo;
4. deve usare un linguaggio vario, ed adattarsi alle esigenze e all’indole di ciascun allievo
(quindi deve conoscere lo stato di vita di quest’ultimo);
5. il maestro deve portare i suoi allievi ad esprimersi, ed incoraggiarli a manifestare sé stessi
liberamente si deve tirar fuori l’allievo dalla sua timidezza eccessiva , che gli impedisce
di esprimere persino le sue opinioni personali nel De catechizandis rudibus vi è un’intera
sezione dedicata al benessere psichico degli studenti egli suggerisce (contrariamente a
gran parte della pratica popolare allora in voga e degli usi scolastici) che il maestro
riconosca e rispetti l’affaticamento degli allievi, e li assecondi nei ritmi di apprendimento
individuali.
Agostino concepiva una teoria dell’educazione religiosa come una vita di dialogo tra maestro
e allievo, tra allievo e allievo, tra Dio e l’uomo i veicoli umani dell’insegnamento (il maestro e le
sue idee) sono semplici strumenti terreni, ma sono comunque uno dei mezzi con i quali Dio esercita
la sua influenza in ogni caso, finché l’insegnamento non trascende tutti questi mezzi esteriori
(incluse le parole) non si può dire che sia un insegnamento cristiano.
La filosofia e la teologia agostiniane hanno avuto un destino del tutto particolare nel panorama della
cultura cristiana del primo millennio ruolo egemone che orientò tutta la speculazione cristiana in
ogni campo del sapere.
Secolo XII: rinascita dell’interesse per Aristotele adeguamento dell’aristotelismo alla visione del
mondo cristiana sforzo di Tommaso d’Aquino riuscì a cogliere la continuità possibile tra la
tradizione agostiniana (che aveva ricevuto apporti originali soprattutto nell’ambito del pensiero
benedettino) e la tradizione aristotelica (rinnovata attraverso i commentatori cristiani e arabi)
l’influenza di Aristotele sulla cultura medievale è , del resto, un fatto già assodato l’XI secolo fu
il momento decisivo dell’assimilazione del pensiero aristotelico ad opera di filosofi e teologi
cristiani per la sistematicità rigorosa dell’opera aristotelica, per la ricerca di un’immagine del
mondo esaustiva e unitaria (che né il platonismo né lo stoicismo offrivano) fu la sintesi tomistica
(destinata ad improntare tutto il pensiero cristiano dei secoli successivi e ad esercitare un’influenza
egemonica sul pensiero cattolico ben oltre l’epoca dello scisma occidentale, fino al secolo scorso) a
trovare le vie di un adattamento della visione del mondo di Aristotele con quella cristiana
Tommaso d’Aquino trasse inoltre importanti spunti pedagogici dal pensiero del filosofo.
Tommaso D’Acquino: Considerato quasi unanimemente il principale teologo medievale la sua
opera principale, la Summa Theologica, ha avuto nella Chiesa un’autorevolezza quasi indiscussa
per molti secoli nel sistema che si dirà aristotelico-tomistico, egli riprende le conoscenze circa la
realtà fisica, la visione del mondo e dell’uomo, la metafisica e la concezione di Dio.
Pedagogia tomasiana: concezione dell’allievo a eccezione della undicesima questione De
Veritate (sul <<maestro>>), Tommaso non si interessò mai direttamente all’insegnamento e
all’apprendimento il suo pensiero appare piuttosto interessato all’ampiezza e la natura della verità
e della conoscenza, e su come l’uomo la acquista l’educazione, anche alla luce del pensiero
tomistico, si potrebbe definire come lo sviluppo dell’uomo secondo le sue potenzialità, come un
passaggio da potenza ad atto la metafisica di Tommaso, di stampo aristotelico, come pure la sua
psicologia e la morale (sviluppata in senso filosofico e teologico) sono la prima fonte di una teoria
dell’educazione cristiana. Visione teocentrica dell’uomo il suo concetto di gerarchia, con Dio
inteso come Creatore, ne fonda anche il pensiero pedagogico il posto dell’uomo nella gerarchia lo
rende la più nobile tra le creature, perché non solo possiede tutti i poteri degli altri esseri viventi, ma
anche un intelletto e una volontà che lo rendono riflesso di Dio stesso (sorgente e fine di tutti gli
esseri). Per penetrare le implicazioni di significato e le ramificazioni dottrinali della teologia e della
rivelazione, Tommaso utilizzò le categorie aristoteliche in particolare i principi di causalità e di
potenza /atto Dio è la prima causa efficiente e finale di tutta la creazione, e l’uomo può
partecipare all’azione causale di Dio come una seconda causa efficiente di potenza ordinata
all’atto Dio è la causa ultima di tutti gli esseri viventi all’interno della natura teologica
dell’essere si trovano fini intermedi l’uomo può partecipare alla loro creazione per
comprendere la natura, il fine e le azioni dell’uomo inteso come allievo, si deve comprendere la
costituzione metafisica, psicologica e fisiologica dell’uomo.
Carattere metafisico e psicologico dell’uomo come essere intellettuale: contenuto essenziale
dell’indagine di Tommaso:
attraverso l’attività di Dio (causa prima), l’uomo riceve la potenza <<attiva>>, o intelletto
agente agisce sull’immaginazione derivante dalla conoscenza sensibile e la rende
intelligibile;
i primi concetti della comprensione (embrione di tutta la conoscenza scientifica) preesistono
nell’uomo e sono conosciuti immediatamente attraverso la luce dell’intelletto agente;
la conoscenza preesiste nell’allievo in potenza, in senso attivo altrimenti egli non sarebbe
capace di acquisire conoscenza in maniera autonoma;
vi sono due modi di acquisire conoscenza: 1)scoperta la ragione naturale di per sé
raggiunge la conoscenza di cose sconosciute in questo caso, la procedura che ciascuno
segue prevede l’applicazione di principi generali autoevidenti a qualche oggetto o motivo
determinato da questi poi procede a conclusioni particolari; 2)apprendimento attraverso
l’istruzione quando qualcuno aiuta la ragione naturale di colui che apprende
Virtù umane per Tommaso: sulla scia di Aristotele, esse sono qualità acquisite che dispongono
l’uomo ad agire in maniera adatta a raggiungere un fine la virtù dimostra una certa perfezione
della potenza, e la perfezione di qualcosa è da considerare principalmente in relazione al fine il
fine della potenza è l’atto di conseguenza, la potenza è perfetta nella misura in cui è determinata e
adeguata all’atto le potenze razionali (proprie dell’uomo) sono orientate indifferentemente a
molte azioni, e sono determinate ad atti per mezzo di abitudini le virtù umane sono, allora,
abitudini, modificazioni della personalità acquisite attraverso la ripetizione.
5 virtù intellettuali:
1. virtù speculative: comprensione, scienza e saggezza (quest’ultima considera le cause più
elevate) perfezionano l’intelletto speculativo in vista della considerazione della verità
soggetta ad una duplice considerazione: a)conosciuta in sé stessa in questo caso l’abito
che perfeziona l’intelletto è chiamato comprensione; b)conosciuta attraverso altro
compresa dall’intelletto grazie all’indagine della ragione (è quindi un fine);
2. virtù dell’intelletto praticoarte (virtù del produrre) e prudenza (virtù dell’agire).
Queste virtù sono acquisite attraverso la ripetizione dell’atto virtuoso e l’eliminazione di quelli ad
essa contrari per acquisirle, gli atti ad esse corrispondenti devono essere compiuti con una certa
intensità per Tommaso, è meglio giungere alla conoscenza poco a poco il progresso deve
avvenire gradualmente dal più facile al più difficile bisogna impegnarsi costantemente,
comprendere tutto ciò che si sente e si legge, e quando si è un dubbio, cercare di penetrare la verità.
L’uomo può acquisire la conoscenza attraverso la scoperta personale o l’istruzione, e in questo è
aiutato dall’acquisizione consapevole delle virtù intellettuali colui che insegna non è causa della
verità, ma della conoscenza della verità in chi apprende la verità non dipende dalla conoscenza
che l’uomo ha di essa, ma esiste prima di essere conosciuta, dipende dall’esistenza delle cose.
Acquisizione della virtù intellettuale: non è mai completa tuttavia, l’insegnante può ampliare
l’area della conoscenza progressivamente, con il dispiegarsi di disposizioni appropriate nell’allievo.
-Primo principio dell’insegnamento: l’insegnante è guidato dalla natura di chi apprende sviluppa
una conoscenza di ciò che gli è sconosciuto mettendolo il collegamento con la sua conoscenza già
acquisita nei termini di un’affermazione o negazione dei principi di base che egli già possiede in
questo senso, l’insegnante riconduce questa conoscenza nuova ad uno stato in cui i primi principi
autoevidenti sono attivati dallo stesso studentema in un certo senso l’uomo provoca
effettivamente la conoscenza in un altro uomo mostrando segni sensibili e portando ad attualità
ciò che era contenuto implicitamente nei principi l’insegnamento, dunque, è un’arteil prodotto
dell’arte dell’insegnamento non è la conoscenza <<per sé>> nello studente, ma quella che
l’insegnante presenta all’intelligenza dello studente i segni sensibili, la loro selezione,
accomodamento e presentazione, diventano oggetto dell’intelligenza di chi apprende così,
attraverso la strumentalità di ciò che gli viene detto, la ragione naturale dell’allievo arriva alla
conoscenza delle cose che non conosceva quando l’insegnante non è guidato dalla natura di colui
che apprende e propone idee o conclusioni che non sono contenute in questi principi seminali, primi
e autoevidenti, non insegna, ma indottrina presenta la sua opinione, o quella che è reputata
valida per fedese qualcuno propone ad un altro conoscenze che non sono incluse in principi
autoevidenti, non causerà conoscenza, ma forse, opinione o fede .
Stile dell’insegnamento per Tommaso: la natura dell’insegnamento è un’arte guidata dalla natura
di chi apprende e dalla maniera in cui lo stesso insegnante apprende egli considera anche la
questione del contenuto dell’insegnamento (il <<curriculuum>>) bisogna però ricordare che egli
scrive ed insegnava rivolgendosi a studenti molto avanzati nel loro percorso formativo (passati cioè
attraverso il curriculuum delle arti liberali e in procinto di conseguire un grado accademico in
teologia, quello più elevato) commento tomasiano al De Trinitate di Boezio analizza le
scienze, la loro divisione e ordine alla maniera medievale, e il metodo appropriato per il loro
studiol’ordinamento gerarchico delle scienze viene basato su principi metafisici, mentre i metodi
di varie scienze su principi epistemologici Tommaso scrive che le 7 arti liberali non costituiscono
una divisione adeguata della materia filosofica, ma sono raggruppate insieme perché coloro che
vogliono apprendere la filosofia devono essere prima istruiti in esse le arti sono i percorsi che
introducono la mente principiante nel mondo della filosofia affermazioni in armonia con
quanto sostenuto da Aristotele nella Metafisica bisogna investigare il metodo del pensiero
scientifico e i contenuti delle scienze prima di volgersi alla filosofia.
Scienza nel Medioevo: conoscenza delle cose alla luce e attraverso le loro <<cause>> l’ordine in
cui le scienze avrebbero dovuto essere studiate e apprese derivava dal fatto che la conoscenza della
realtà da parte dell’uomo è radicata nell’esistenza delle cose la sua conoscenza della realtà
comincia dalle cose sensibili benchè la scienza divina sia per natura la prima di tutte le scienze,
l’ordine di questa scienza vuole che sia appresa dopo le scienze naturali ( spiegano molte cose
riguardanti la metafisica) e dopo la matematica Tommaso scrive che noi dovremmo apprendere la
scienza naturale dopo la matematica, in quanto i dati estensivi sui quali essa si fonda sono per
natura meglio conosciuti delle entità matematiche astratte dalla materia sensibile soltanto dopo
questo lavoro di base lo studente può essere pronto per la <<prima>> filosofia metafisica solo
dopo che lo studente ha sviluppato una conoscenza di base che gli permette di distinguere la forma
dalla materia, vale a dire, di concepire le entità matematiche, egli è in grado di cominciare lo studio
della forma pura (oggetto specifico della metafisica) la conoscenza intellettuale di colui che
apprende è radicata nella conoscenza sensibile dunque bisogna prima acquisire una
conoscenza del mondo materiale prima di avanzare nel mondo dell’astrazione, della matematica e
della metafisica (che considera gli esseri a prescindere dalla materia, come pure forme).
CAP IV - ERASMO E L’IDEALE UMANISTICO
L’umanesimo quattrocentesco è considerato come il punto di partenza della cultura moderna, e della
storia dell’educazione l’umanismo pedagogico in effetti è caratterizzato dall’ideale di
un’educazione <<giocosa>>, in cui fossero ripudiate la pedanteria e le pratiche coercitive da sempre
proprie della scuola tradizionale.
Erasmo da Rotterdam (1467-1536): Esponente più significativo dell’intero movimento umanistico
europeo nella sua opera letteraria delinea i principi della cultura e dell’educazione umanistiche
secondo Taylor, l’umanesimo è caratterizzato dal riconoscimento critico dei limiti della visione del
mondo tipica del Medioevo, e si avvia verso la <<piccola riforma>> 2 fonti ispiratrici:
1. cultura classica usata per mettere in rilievo la sclerotizzazione della cultura ereditata dal
Medioevo;
2. ideale della vita evangelica compresa nella prospettiva di una critica alla fede e alle
impalcature teologiche della religione medievale nell’auspicio di un ritorno alla
semplicità delle origini.
In Erasmo si possono cogliere entrambi gli elementi: a)avversione nei confronti della
cultura dotta <<tradizionale>>; b)impegno nel recupero della cultura classica
attraverso lo studio personale delle sue radici linguistiche, l’applicazione del metodo
filologico, e il proposito di ritornare alla centralità del messaggio evangelico.
Elogio della follia: capolavoro di Erasmo, in cui lui descrive la sua religiosità (egli non aderisce
pienamente né ai cattolici, né ai riformati) e la sua concezione della vita. Quello di Erasmo è
un’ideale di educazione <<del vero cristiano>> la consapevolezza dell’onnipresenza della follia
nella vita e nella società, insieme al tedio provato nei confronti della retorica scolastica (asservita ad
un sistema di potere rispetto al quale l’uomo colto avrebbe fatto meglio a distanziarsi), trovavano un
equilibrio armonioso nell’ideale di una vita semplice e serena vissuta all’insegna del vero
Vangelo, nel contatto con le fonti della Scrittura e nell’esercizio della saggezza naturalmente
propria dell’uomo Erasmo (cosmopolita e interessato alle lingue classiche, riconosciute come
veicolo espressivo universale) coltivò il sogno di una cultura comune a tutta l’Europa egli era
convinto che il latino classico e la cultura latina potessero costituire un mezzo perfetto per
l’espressione del pensiero umano superamento della <<barbarie>> diffusa nel nord Europa
attraverso il tentativo di importare in quei paesi la cultura diffusa in Italia e l’umanesimo italiano
in Erasmo, inoltre, la motivazione religiosa dell’impegno culturale è estremamente forte lo studio
è il mezzo per corrispondere alla grazia di Dio, e per raggiungere la salvezza tra i più
importanti compiti dell’istruzione si trova quello di far penetrare il <<seme della carità>> nella
mente giovanile, suscitando l’amore e la conoscenza il più possibile completa degli studi liberali
necessari per prepararsi ai doveri della vita richiede l’assimilazione delle regole di convivenza e
delle buone maniere per Erasmo la <<gentilezza>> dei modi è un segno che mostra la
preminenza della carità nell’animo umano.
Erasmo era inoltre grande conoscitore delle lingue classiche, e dedicò la massima attenzione alle
questioni relative all’insegnamento delle lingue.
Curriculum erasmiano: metteva in dubbio le tradizionali distinzioni medievali (trivio e quadrivio),
proponendo un’articolazione molto dinamica e funzionaleegli faceva poi riferimento ad un
rapporto tra le generazioni basato sulla fiducia e la confidenza, rifuggendo il più possibile dalla
violenza fisica e dalle punizioni corporali l’educazione deve iniziare dalla più tenera età, e
privilegiare giochi e racconti come veicoli espressivi per le prime forme di apprendimento lo
studio delle lettere potrebbe avvenire in modo più efficace sotto la guida dei genitori i maestri
dovrebbero essere chiamati in causa solo laddove non riesce ad arrivare l’impegno familiare.
formazione dell’individuo per Erasmo:
inclinazione naturale allo studio;
esercizio fedele applicazione delle norme educative e delle direttive disciplinari;
pratica applicazione spontanea dell’attività.
Qualsiasi traguardo può essere raggiunto con l’applicazione volontaria ciascun uomo ha
doti particolari per i singoli saperi, e l’educazione non deve mortificare le peculiarità di
ciascuno, ma valorizzarle pertanto, la questione educativa è un problema che riguarda
tutta la società i figli appartengono non soltanto alla famiglia, ma hanno doveri verso la
patria e verso Dio la trasmissione della cultura ha dunque un fine morale e politico, oltre
che religioso.
Erasmo sottolinea la natura dell’importanza dell’educazione familiare, ma non ha una comprensione
del problema sul piano istituzionale non si domanda quali vie siano percorribili sul piano
<<politico>> e amministrativo egli promuove l’<<aristocrazia delle lettere>> senza rendersi
pienamente conto del problema rappresentato dalla cultura dell’uomo <<medio>>, specialmente
nella situazione sociale del nord Europa, dinamico e imprenditoriale.
Egli è inoltre convinto che l’infanzia ha notevoli potenzialità, e che quindi è necessario iniziare
presto l’opera di formazionei primi anni di vita sono i più intensi sul piano psichico, e quindi il
bambino è più capace di apprendere dall’adulto il maestro efficace deve essere un uomo di
carattere buono ed integro, e cultura non volgare In Erasmo vi è una esaltazione della ragione come
guida verso la felicità, attraverso la coltivazione e l’esercizio costanti l’educazione è una sorta di
<<equipaggiamento>> per affrontare la vita la sua visione privilegia l’acquisizione di una
sapienza <<morale>> non innata, ma raggiungibile solo attraverso un’adeguata formazione
costante impegno personale per il miglioramento di sé stessi, in quanto la condizione umana è
ambigua, e non è auspicabile che l’uomo impari tutto dall’esperienza (che potrebbe addirittura
essere dannosa) egli sottolinea il valore della vera saggezza (presente nel mondo naturale) in
vista della felicità il tratto più distintivo dell’uomo secondo Erasmo è il suo essere un animale
irrazionale, e quindi la cosa più pericolosa per lui è l’irrazionalità.
Compito dell’educatore, del genitore, del precettore o dell’insegnante: guidare le persone verso
una ragionevolezza in sintonia con la natura autentica dell’uomo la difficoltà dell’opera educativa
è pertanto inevitabile, in quanto spesso i bambini imparano i comportamenti cattivi, a seguito di
relazioni inadeguate con gli adulti.
egli, inoltre riconosce la diversità delle caratteristiche personali, e del <<carattere>> di
ciascuno propende verso un precoce orientamento delle intelligenze individuali a seconda delle
propensioni personali, nella convinzione che sia molto più facile l’apprendimento di ciò per cui si è
naturalmente dotati.
la ragione (esaltata alla luce delle conquiste tecniche dell’uomo, segno del dominio sulla natura) è
sostenuta anche attraverso la raccomandazione della pratica e del metodo nello studio e nella
formazione occorre coltivare l’esercizio fin dalla più tenera età.
Approccio nei confronti dei bambini: nei primi anni, la duttilità dell’animo infantile deve essere
stimolata dagli esempi e dai modelli strumenti principali e più efficaci per l’educazione,
soprattutto quella morale Erasmo sembra dunque consapevole del fatto che gran parte della
formazione dell’identità avviene attraverso l’assimilazione di esempi e comportamenti altrui,
più che attraverso discorsi e lezioni lo stesso vale per ciò che concerne la progressione nella
consapevolezza di sé e del proprio rapporto con gli altri cresce attraverso i piccoli fatti della vita
quotidiana per lo sviluppo di una personalità sana e per vivere una vita felice, è necessario
acquisire buone abitudini.
Concezione dell’’essere umano in Erasmo: il carattere individuale è malleabile l’essere umano
è in realtà un essere indeterminato, forgiato dalla vita in direzioni molteplici e anche contrastanti
<<nei primissimi anni si è tanto più disposti ad imparare tali cose poiché si è spontaneamente
malleabili e pronti ad assumere qualsiasi atteggiamento, poiché il terreno non è ancora occupato
da vizi[…]. Come di solito ci si abitua ai vizi prima ancora di sapere cosa sia il vizio, così, quasi
con la stessa facilità ci si potrà abituare alle virtù. La cosa migliore, poi, è abituarsi subito al
meglio>>. Erasmo usa la metafora della <<coltivazione >> dell’uomo e dello sviluppo
<<artificiale>> dell’essere umano.