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DOMANDE TEOLOGIA DELL’EDUCAZIONE

1) Capitolo primo: BREVE INTRODUZIONE ALLA TEOLOGIA CATTOLICA


1. La Teologia dell’Educazione (TdE) è una disciplina: [X] Teologica [ ] Pedagogica
La Teologia dell’Educazione (Tde), in quanto disciplina teologica, si occuperà dell’educazione in modo
differente da tutte le altre scienze: il suo oggetto e il suo metodo scientifico sono quelli della teologia, la TdE
non si occupa direttamente dell’educazione, ma piuttosto di quanto nella Rivelazione giudaico/cristiana si
riferisce direttamente o indirettamente all’educazione.
2. Indica le condizioni che rendono possibile una esperienza dal punto di vista antropologico: Essa deve
essere una realtà vissuta personalmente con intensità e globalità, riflessa e interpretata, ri-espressa,
trasformante.
3. Quali elementi caratterizzano un’esperienza “religiosa”? L’esperienza religiosa si può definire come
l’insieme dei comportamenti e degli atteggiamenti con cui una persona vive, la consapevolezza che ciò che dà
senso alla vita e consistenza alla speranza è collocato oltre la propria esistenza. Nasce all’interno del proprio
mondo soggettivo, perché si tratta di sperimentare un fondamento alla propria esistenza e alle esigenze che
l’attraversano. Si sporge però oltre la propria soggettività, poiché insufficiente.
4. Quali cause hanno prodotto la nascita di una riflessione critico-contemplativa nelle comunità
cristiane delle origini? L’impatto dell’esperienza di fede cristiana con le culture, e la natura misteriosa della
fede danno origine ad una riflessione critico-contemplativa sulla Parola di Dio, che origina la Teologia.
- Dovendo vivere la loro esperienza di fede all’interno delle differenti culture preesistenti, vanno superati i
problemi generati dal confronto inevitabile con le visioni del mondo, con la prassi e le istituzioni in campo
politico, economico, sociale, pedagogico di tale contesto culturale. Nasce così una riflessione critica. I
cristiani sono chiamati a dare soluzione a tali problemi e a prendere posizione nei confronti delle culture,
trovandosi di volta in volta ad accettarne o rifiutarne alcuni elementi, o a integrarli, modificarli.
- La fede, per la misteriosità dei suoi contenuti, spinge i cristiani a riflettere sui significati profondi di essa.
Si origina così una riflessione contemplativa.
5. Elenca ed esplicita almeno 3 espressioni innovative del cristianesimo come cultura: L’esperienza di
fede cristiana, considerata come adesione radicale a Dio, investe necessariamente tutta la persona e si
concretizza in una pluralità di espressioni di tipo culturale:
• A livello teorico, in una nuova visione del mondo, dell’uomo, di Dio;
• A livello pratico, in un nuovo tipo di comportamento etico e di costume;
• A livello istituzionale, in nuove istituzioni religiose e giuridiche;
• A livello materiale, in nuovi tipi di edifici sacri (Sinagoga = divinità nascosta, Chiesa cristiana= comunità
che partecipa);
• A livello comunicativo, in un linguaggio religioso nuovo o almeno arricchito di nuovi significati.
Un modo differente di considerare la divinità rispetto alle culture del tempo (dèi olimpici-Dio uno e trino); si
coniano parole nuove o nuovi significati (es. “sacramento”) all’interno della cultura nella quale si è
incarnata la fede cristiana, si produce una sub-cultura cristiana.
6. Indica i 3 criteri per l’identificazione della teologia: Tali riflessioni (critico-contemplative), nei secoli di
storia del Cristianesimo, si realizzano in contesti culturali e secondo generi letterari assai differenti
(predicazione, catechesi, conferenze, testi liturgici, definizioni magisteriali, meditazioni ascetiche ecc.), quindi
non sono mai state rubricate sotto un’unica denominazione. Tuttavia, tutti sono comunemente qualificati come
scritti o produzioni “teologici”, perché possiedono in comune alcuni tratti essenziali:
 Sono sempre frutto di un’attività intellettuale, esercitata da credenti all’interno della comunità
ecclesiale e in comunione con essa;
 Riguardano i contenuti della fede, e consistono in processi conoscitivi di riformulazione, chiarimento,
interpretazione, approfondimento e difesa di essi;
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 Questi processi utilizzano il sapere che fa parte del tessuto culturale in cui vivono i credenti.
Questi tratti comuni dei due tipi di riflessione costituiscono quel fondo comune di significato che permette di
rubricarli sotto l’unico nome di TEOLOGIA
7. Quali sono i due principali ambiti in cui si è sviluppata la teologia lungo la storia?
a. L’attività spirituale e pastorale, svolta principalmente da parte dei responsabili delle comunità
cristiane, in funzione edificativa del cristiano o polemica contro i pagani e gli eretici, mediante la
predicazione, la liturgia, gli interventi dogmatici, ecc.;
b. La “scuola”, cioè l’attività sviluppata da parte di “professionisti” del sapere e della scuola, che
riflettono sui contenuti della fede cristiana, utilizzando la cultura dotta del tempo principalmente nelle
scuole superiori e nelle università.
8. Il cristianesimo si configura come: [ ] una sub-cultura di tipo religioso [X] un’esperienza di fede [ ] una
religione monoteista. Teoricamente sono tutte corrette, ma le altre due non sono sufficienti.
9. Quando si può ipotizzare la nascita della teologia?
[ ] Nel XIII secolo, con la Scolastica [X] Con l’origine del cristianesimo
Perché? Va risolta una obiezione: qualcuno afferma che l’inizio della storia della teologia vada collegato col
sorgere della Scolastica del XIII sec. Tale datazione non convince per vari motivi: a) confonde una “figura” di
teologia con la teologia in quanto tale b) trascura la riflessione della comunità apostolica, degli evangelisti, dei
padri, dei grandi concili anteriori alla Scolastica.
Il problema risiede in gran parte nell’accezione che viene data al termine: se significa solo forma di sapere
prettamente organizzato-come-una-scienza, è chiaro che includere in una storia della teologia l’epoca
neotestamentaria e patristica farebbe problema; ma se invece “teologia” significa, in senso più ampio,
comprensione riflessa della rivelazione vissuta nella fede della Chiesa, allora bisogna rivedere radicalmente
il problema degli inizi della teologia e della sua storia, arrivando a collocarne l’origine nel processo formativo
del NT e nel contesto di sviluppo di tutto il pensiero cristiano.
10. Elenca i principali postulati-base (dogmi) della teologia: I postulati base sono dei presupposti
imprescindibili, di cui non si può fare a meno per chi vuole fare teologia. Quelli assolutamente necessari
perché ci possa essere teologia sono quattro:
1. Rivelazione
2. Fede
3. Ispirazione della Bibbia
4. Indefettibilità e infallibilità della Chiesa
11. Quali sono le tre principali conseguenze del fatto che la Parola di Dio e la fede risultano sempre
inculturate? La Parola di Dio non arriva all’uomo allo stato puro, ma sempre incarnata nel pensiero e nel
linguaggio umano di una determinata cultura. Da questo fatto derivano tre conseguenze:
 Il linguaggio umano manifesta un’incompiutezza nell’esprimere i contenuti della Parola di Dio. Bibbia,
prassi e istituzioni ecclesiali, per il fatto di essere prodotti umani, legati ad un determinato periodo
storico / cultura, non possono essere identificati con la Parola di Dio, pur contenendola. Inoltre, il Mistero
trascende qualunque formulazione linguistica che intenda esprimerlo, rimane sempre suscettibile di
formulazioni più adeguate. Tuttavia, affermare la “storicità” delle formulazioni linguistiche e delle
realizzazioni prassiche e istituzionali non vuol dire relativizzare la Parola di Dio contenuta nella Bibbia o
trasmessa nelle formule dogmatiche, ma soltanto salvaguardare la trascendenza misteriosa.
 Oggetto della fede non è la formula linguistica che esprime la Parola di Dio, ma il mistero che essa
contiene in modo imperfetto.
 Necessità di un continuo sviluppo “omogeneo” della comprensione dei contenuti della Parola di Dio da
parte della Chiesa.

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12. Da che cosa sono causate le precomprensioni del teologo? Le precomprensioni sono lecite nella
ricerca? Il teologo non opera mai in uno spazio asettico, culturalmente, psicologicamente e sociologicamente
neutro, ma con tutta una serie di precomprensioni, determinate da tante cause: dalla sua psicologia, dalla sua
cultura, dalla società in cui vive, ecc. Tali precomprensioni possono tramutarsi in pregiudizi. Inoltre, compie il
suo lavoro di riflessione critica e contemplativa a partire da un modo di pensare e vivere i contenuti della fede
propri della comunità cristiana a cui appartiene.
13. In che cosa consiste l’orientamento alla prassi della teologia? La fede cristiana non comporta soltanto
nuove luci sul mistero di Dio, dell’uomo e del mondo, ma anche il progetto di un’umanità nuova e di una
nuova prassi in tutti campi della vita. Perciò ogni riflessione teologica completa deve comprendere sempre
anche una teologia della promozione umana, della maturazione dell’uomo come singola persona e come
comunità.
14. Quali gli obiettivi del livello filologico-storico del metodo ermeneutico? È necessario perché la Parola
di Dio è accessibile solo attraverso la parola umana. Ha lo scopo di chiarire il senso oggettivo dei testi del
passato che contengono la Parola di Dio (Bibbia) e la trasmettono (Tradizione), dopo aver accertato la loro
autenticità. Spesso ciò che è scritto è frammentato, si tratta dunque di capire cosa manca in quelle parole,
quale è il significato oggettivo.
Deve anche scoprire l’intenzione comunicativa degli autori umani di tali testi in rapporto alla Parola di Dio
(ad esempio, i Vangeli riportano la vita di Gesù in maniera un po’ diversa, soprattutto sulla base dei
destinatari che avevano). L’indagine riguarda solo l’autore umano perché la ricerca filologico-storica non
consente acquisizioni ulteriori. Si ottiene questo risultato attraverso un serio lavoro di critica testuale.
15. Quali gli obiettivi del livello teologico? Costituisce il centro della ricerca ermeneutica della teologia,
perché ha lo scopo di scoprire, nelle parole umane che la contengono, la Parola di Dio, la sua intenzione
comunicativa. Si tratta di:
a) scoprire ciò che Dio ha voluto dire “allora” nei testi biblici, attraverso il senso oggettivo di quei testi e
l’intenzione comunicativa degli autori umani che li hanno scritti; esempio: San Paolo dice che le donne
dovevano essere velate, cosa voleva dire Dio? Non tanto indicare uno stile di abbigliamento, quanto uno
stile di vita ispirato a valori religiosi.
b) capire ciò che la comunità cristiana “di quel tempo” ha ritenuto come Parola di Dio e quindi come
supremamente normativa per la sua fede e la sua vita.
c) Siccome però la Parola di Dio supera i significati ad essa attribuiti dai credenti del passato, il teologo si
chiede se la Parola di Dio non contenga nuovi significati che aiutino a risolvere i problemi che assillano
oggi le comunità cristiane.
16. A che serve il momento teologico sistematico?
o Ha anzitutto lo scopo di scoprire i nessi logici che collegano tra loro le “molteplici Parole di Dio”,
pronunciate e trasmesse lungo i secoli, interpretandole alla luce delle Parole di Gesù Cristo.
o In secondo luogo, tenta di cogliere quello che potrebbe essere il nucleo centrale dei contenuti della
Parola di Dio, cioè la verità fondamentale che dà senso e giustifica in qualche modo l’insieme dei
contenuti della rivelazione e permette di raggruppare tutte le altre verità attorno ad essa in una sintesi
logica coerente, in un sistema.
o In terzo luogo, in dialogo col sapere umano, tenta di portare il suo contributo alla costruzione di
un’umanità migliore, coi metodi propri del sapere umano (filosofia, scienze umane teoretiche e
pratiche), costruire un nuovo modo di vedere la realtà e di vivere la vita.
17. In che cosa consiste la difficoltà di accettare la “scientificità” della teologia al secondo livello? È
difficile dare una valutazione sulla scientificità della teologia per varie ragioni:
• l’idea di scientificità «non risponde più ad un modello univoco»

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• la teologia non è un blocco monolitico, ma è costituita da un complesso di discipline diverse, con metodo
e oggetto differenti
• le “figure” che la teologia sta assumendo sono assai diversificate e privilegiano un metodo scientifico
diverso
• è la storia stessa della teologia che testimonia come non si sia ancora riusciti a trovare una soluzione
comune al problema epistemologico
Nell’affrontare questa tematica, ci si riferisce alla proposta del Groppo, che si fonda a sua volta sul Ladriére.
Ciò che rende “scientifico” un sapere sono alcuni “tratti di famiglia”: criticità, sistematicità e capacità di
autocrescita.
La conoscenza teologica sembra possedere questi tratti, quindi può considerarsi una scienza. Però, quale tipo
di scienza? La Teologia è riflessione critica e contemplativa. Sulla scientificità di questi due momenti non
tutti concordano:
 per alcuni solo il primo darebbe vita a una teologia-scienza
 altri considerano la riflessione critica e la contemplazione mistica come un unico movimento
intellettuale, da cui scaturirebbe un’unica teologia  entrambi componenti della scientificità della
teologia.
Si ritiene che sia corretta la seconda ipotesi: teologia come sapere critico e contemplativo, che è scienza nei
suoi tre livelli, ma non allo stesso modo.
1. Al primo livello la teologia è scienza di tipo filologico-storico. La Parola di Dio è contenuta nella Scrittura
e nella Tradizione, le quali rappresentano le fonti su cui si applica il teologo, e vanno studiate secondo la
metodologia delle scienze che si occupano delle fonti. A questo livello la ricerca del teologo non si
differenzia dalla ricerca di un qualsiasi filologo o storico.
2. Al secondo livello la scientificità è più difficile da dimostrare. Non è estranea al sapere scientifico, ma è
sempre intuizione intellettuale non dimostrabile. Inoltre, il teologo ha la certezza di aver trovato il vero
intento comunicativo di Dio solo quando il risultato della sua ricerca viene ratificato dalla Chiesa. Ciò
significa che questa certezza si fonda su una motivazione non scientifica ma di fede. Però, l’intuizione
teologica non è totalmente estranea al sapere scientifico: è la conclusione del lavoro filologico-storico e
può diventare punto di partenza di un sistema teologico e quindi far parte della scienza teologica al suo
livello sistematico.
3. Al terzo livello la teologia è scienza in senso vero ma analogo alle scienze umane, in quanto il teologo
assume i risultati del secondo livello dell’ermeneutica teologica come postulati-base del sistema teologico
che intende costruire.
18. Quali le conseguenze dell’affermazione della storicità della teologia? Le differenti formulazioni
dell’unica fede cristiana a livello biblico e della tradizione ecclesiale, come pure il pluralismo delle culture e il
continuo progresso del sapere umano, esigono una sempre rinnovata interpretazione teologica della Parola di
Dio. Perciò la teologia deve concepirsi come una scienza sempre in cammino. Solo la fede ha la dote della
perennità, intesa non come un oggetto da museo, ma come un seme che cresce e si sviluppa.
Una seconda conseguenza dei due fatti sopra elencati è il pluralismo dei sistemi teologici e, per conseguenza,
la loro strutturale incapacità ad esprimere adeguatamente la complessità e la ricchezza del mistero cristiano. In
conclusione, si può affermare che la teologia, così come l’abbiamo descritta, si rivela una scienza omologa
alle altre scienze, quindi in grado di dialogare alla pari con ciascuna di loro.

2) Capitolo Secondo: IDENTITÀ DELLA TEOLOGIA DELL’EDUCAZIONE


1. Definisci la Teologia dell’Educazione (TdE): La TdE è una riflessione nella fede, operata in modo critico
e sistematico, direttamente sulla Parola di Dio in riferimento all’educazione, e indirettamente sugli apporti

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delle SdE, verso le quali esercita una funzione critica, stimolatrice e integrativa, in vista di un dialogo
interdisciplinare.
Direttamente perché esistono documenti della Chiesa e passi della Scrittura che parlano di educazione, anche
come metafora (Dio educatore). Nel dialogo con le SdE invece se ne occupa indirettamente, poiché vi si
confronta nonostante l’educazione non sia il suo oggetto principale.
La TdE si configura come una riflessione teorico-pratica, non semplicemente speculativa, perché intende
fondare, motivare e orientare cristianamente l’attività educativa della Chiesa e dei suoi membri. La TdE
diviene, nel suo momento sistematico (terzo livello), il luogo naturale dell’incontro e del dialogo
interdisciplinare tra la Teologia e le SdE.
2. Qual è il punto di partenza della TdE? È quello della teologia in generale, cioè i contenuti
dell’esperienza di fede della comunità cristiana, con i suoi problemi e le attese che suscitano nell’ambiente.
Si tratta, però, di contenuti dell’esperienza di fede circoscritti al campo educativo e contenuti nelle prassi e
nelle concezioni educative della comunità cristiana.
3. Elenca i passi dell’itinerario logico che percorre la TdE nell’affrontare i problemi: L’itinerario logico
che va percorso prevede i seguenti passaggi:
 Si parte dalla prassi contemporanea: problematica perché obsoleta nella teoria e delle realizzazioni (es.
famiglia: oggi tante modalità di intenderla); soggetta a critiche dalle SdE (es. omosessualità secondo la
Psicologia non è una patologia)  il teologo sente il bisogno di interrogare la Parola di Dio
sull’educazione, perché le formule e la prassi tradizionale sembrano obsolete o sono oggetto di critiche da
parte delle SdE.
 Il teologo deve definire bene le domande “reali” su problemi che al momento non trovano soluzioni.
Queste domande sono reali se nascono dai problemi e dalle attese che la comunità cristiana si trova ad
avere in campo educativo e che non riesce a risolvere, sulla base delle soluzioni escogitate nel passato.
 Solo dopo quest’operazione preliminare, il teologo dell’educazione è in grado di porre alla Parola di Dio
domande concrete, sia sul fenomeno educativo nella sua complessità, così come si presenta oggi, sia
sulla rilevanza pedagogica dell’antropologia e della teleologia cristiane, così come sono state interpretate
dalla comunità cristiana del passato.
4. Qual è l’oggetto della TdE? Il suo oggetto è la Parola di Dio (da raggiungersi nei suoi differenti stati
d’inculturazione), in quanto riguarda, direttamente o indirettamente, l’educazione umana tutta, non solo quella
nota col nome di “educazione cristiana”.
4A. Quali sono le due parti componenti la Parola di Dio?
1. Sacra Scrittura
2. Tradizione ecclesiale
4B. Cosa significa avere un approccio “ideologizzato” alla Parola di Dio? Significa tentare di ricavare
direttamente dalla Scrittura teorie pedagogiche o strategie educative cristiane che riducono la fede a ideologia
di sostegno di istituzioni o teorie o prassi educative, pensate come le uniche che meritino il nome di cristiane
4C. Che significa e cosa comporta un approccio “riduttivo” alla Parola di Dio? Un approccio riduttivo
trascura il fatto che i contenuti della Rivelazione sono inculturati, e così si corre il rischio di non trovare nella
Bibbia o nelle tradizioni educative soluzioni per i problemi attuali.
4D. Indica (ed esemplifica) le tre modalità con cui la Parola di Dio si interessa di educazione La Parola di
Dio s’interessa dell’educazione a tre livelli:
1. In sé stessa: cioè nella pluralità dei suoi aspetti e delle sue dimensioni (attività educante, processo di
crescita personale, sistema educativo…). Si trova cioè la parola “educazione”.
2. Nei suoi presupposti: cioè può riguardare la valenza educativa dei suoi fondamenti antropologici e dei suoi
orizzonti teleologici (la natura/il fine dell’uomo).
3. Come metafora: cioè nell’uso che ne fanno la Bibbia e la Tradizione della Chiesa per esprimere l’azione
salvifica di Dio o la risposta dell’uomo.
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5. Spiega l’espressione: la TdE s’interessa direttamente e indirettamente dell’educazione. Direttamente
perché esistono documenti della Chiesa, passi della Scrittura che parlano di educazione, anche come metafora
(Dio educatore). Nel dialogo con le SdE invece se ne occupa indirettamente, poiché vi si confronta nonostante
non sia il suo oggetto principale. Con la sua antropologia e teleologia si esprime circa i presupposti delle
teorie pedagogiche.
6. Su quali elementi si fonda il pluralismo dell’educazione cristiana? Nell’ambito dell’unica fede cristiana,
sono di diritto possibili (e di fatto si sono realizzati) una pluralità di tipi di educazione cristiana e di teorie e
progettazioni pedagogiche che possono dirsi legittimamente cristiane. La ragione sta nel fatto che l’oggetto
diretto e principale della Parola di Dio riguardante le realtà umane e le istituzioni temporali (tra cui
l’educazione) non è mai la soluzione diretta dei problemi che esse pongono all’uomo, ma il piano salvifico di
Dio per tutta l’umanità. L’oggetto principale è la salvezza delle persone. La soluzione concreta dei problemi
umani, che nascono dall’impatto della fede con le differenti culture, è da Dio affidata alla forza creativa
dell’intelligenza umana, nutrita dal sapere e dalle abilità che l’umanità ha faticosamente raccolto lungo i
millenni della sua storia. Per questo la TdE deve operare un dialogo interdisciplinare con le SdE, in una
ricerca che non termina mai, che non è mai definitiva, ma sempre correggibile e integrabile.

3) Capitolo terzo: MODELLI DI RAPPORTO TRA TEOLOGIA E SCIENZE UMANE


1. Che cosa è una tradizione di ricerca? Un insieme di assunti generali sulle entità e sui processi presenti in
un determinato dominio di studio (una “ontologia”) e sui metodi appropriati da usarsi per la soluzione dei
problemi mediante la costruzione delle teorie riguardanti tale dominio.
Il concetto di tradizione di ricerca (TdR) del Laudan costituisce un’interpretazione di ciò che era stato
constatato fin dall’inizio di questo secolo: le teorie scientifiche non operano mai da sole ma sempre a gruppi,
nei quali si completano, si precisano, si sostengono. Ognuno di questi gruppi prende il nome di “tradizione di
ricerca”.
La storia del sapere scientifico, perciò, è un incessante sviluppo di “tradizioni di ricerca”, le quali, sotto
l’azione generale di una o più visioni del mondo (filosofiche o teologiche), si succedono, si trasformano, si
contendono i consensi degli studiosi. Ciascuna di esse alimenta, provoca e guida teorie specifiche e stabilisce
quali siano i problemi rilevanti che le teorie devono affrontare, quali siano i metodi più appropriati da seguire,
quali i criteri di applicazione delle affermazioni teoriche effettuate da esse.
Le varie teorie non sono così legate e dipendenti dalla tradizione in cui sono nate da non potere separarsene.
Molto spesso possono essere distaccate dalla tradizione di origine e inserite in nuove tradizioni di ricerca
grazie a ritocchi all’apparenza minimi. Questo rende possibile che una tradizione di ricerca si possa arricchire
di teorie elaborate in altre tradizioni di ricerca e diventi capace di sostituirle.
2. Fornisci un esempio di tradizione di ricerca: Esempi di TdR in opposizione possono essere: empiristi e
innatisti in filosofia; behaviorismo e psicologia del profondo.
3. A quali condizioni è possibile avere una tradizione di ricerca? Solo ontologia e metodologia affini
creano una tradizione di ricerca. Una tradizione di ricerca fornisce un insieme di direttive per costruire teorie
specifiche. Tali direttive sono metodologiche ed ontologiche: osare ciò che è proibito dalla metafisica e dalla
metodologia di una tradizione di ricerca significa collocarsi al di fuori di tale tradizione (es. se un behaviorista
parlasse di impulsi inconsci).
4. Quali sono le funzioni della Teologia dell’educazione nel dialogo interdisciplinare con le SdE?
All’interno di questo dialogo sia la TdE che le SdE esercitano una triplice funzione reciproca: critica,
stimolatrice e integratrice.
1. La funzione critica  Si tratta di un atteggiamento critico sia verso la propria antropologia e teleologia
che verso quella del partner. È necessario vedere prima di tutto se non sia possibile scoprire, all’interno della
Parola di Dio, un’antropologia e una teleologia rinnovata, che permetta una più profonda comprensione del
mistero dell’uomo, della sua condizione esistenziale, dei suoi fini, entro cui interpretare la Parola di Dio
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sull’educazione.
In secondo luogo, l’atteggiamento critico è verso le antropologie e le teleologie sottese alle diverse teorie
pedagogiche/psicologiche, chiedendosi fin dove e in che modo la concezione dell’uomo veicolata da queste
teorie sia in consonanza con la Parola di Dio.
Nell’uno e nell’altro caso questo lavoro di revisione critica viene fatto in funzione di una eventuale
collaborazione, che potrebbe concludersi nella costruzione di teorie pedagogiche condivise.
2. La funzione stimolatrice  Lo studio sempre più approfondito della Parola di Dio sull’educazione offre al
teologo la possibilità di scoprire, all’interno delle inculturazioni di questa Parola, prospettive inedite
sull’educazione, che egli comunica, mediante il dialogo, ai cultori delle SdE in funzione della costruzione di
teorie pedagogiche atte a risolvere i problemi educativi concreti.
3. La funzione integratrice  La TdE è impegnata a ricavare dalla Parola di Dio sull’uomo e sul suo destino
un valido orizzonte ultimo di senso per tutta l’attività umana, quindi anche per l’educazione, (obiettivi e
strategie metodologiche). Inoltre, esercitando le due funzioni precedenti nei confronti della SdE, la TdE può
entrare in collaborazione con esse per la costruzione di teorie pedagogiche e strategie didattiche che possano
qualificarsi anche come cristiane, perché studiano i processi di maturazione umana all’interno dei processi di
conversione e di crescita cristiana.
5. In cosa consiste l’accusa il cosiddetto “criterio pseudo-apologetico” della Teologia? L’esperienza
mette in luce un approccio da parte del teologo alle scienze umane che pare ispirarsi a un criterio pseudo-
apologetico, che risulta problematico dal punto di vista scientifico. Il teologo, cioè, s’informa sulle varie
tendenze delle teorie che intende studiare dal punto di vista teologico, e sulla base di un’interpretazione
teologica dell’uomo, opera una selezione fondata sul grado di compatibilità della teoria con tale
interpretazione, giungendo (e qui sta la gravità) a esprimere un giudizio di valore sulle teorie: sarebbero non
scientifiche quelle in contrasto col dato di fede, mentre lo sarebbe quella da lui scelta. La scientificità è così
valutata non in base a criteri interni della scienza, ma a partire dal giudizio teologico previo.
6. Indica le caratteristiche principali del “modello” conflittuale: I modelli di rapporto tra Teologia e
Scienze Umane possono essere distinti in due grandi categorie: conflittuali e di coesistenza pacifica. I modelli
di coesistenza pacifica possono essere di tipo gerarchico o egualitario. I modelli di tipo egualitario possono
essere modelli di tipo non-dialogico o dialogico.
I modelli conflittuali sono quelli caratterizzati dall’esclusione vicendevole, dall’ignoranza reciproca. Il
modello conflittuale descrive un rapporto tra teologia e scienze umane di tipo concorrenziale: le singole
scienze hanno la pretesa, conscia o inconscia, di rappresentare l’unico autentico approccio alla realtà.
7. Descrivi uno dei due modelli gerarchici: Schilling: modello gerarchico e analogico
Secondo il modello gerarchico, la pedagogia è concepita come «scienza della realtà educativa», una scienza
di tipo normativo, la quale si riferisce e dipende da una visione del mondo che può essere una filosofia o una
fede. Così è la «pedagogia cristiana»: una scienza dell’educazione, dipendente dalla visione cristiana del
mondo e dell’uomo (e quindi dalla fede e dalla teologia) nei suoi principi fondamentali, e tuttavia autonoma
nella formulazione dei suoi assiomi, delle sue leggi, dei suoi metodi. La teologia, in questo caso, assume il
ruolo di norma normans, mentre la pedagogia appare come una norma normata. Il rapporto è detto
gerarchico, perché la teologia assume la funzione di scientia domina nei confronti della pedagogia cristiana,
vista nel ruolo di scientia ancilla.
A fondamento del modello analogico sta invece un’interpretazione particolare della rivelazione cristiana. In
particolare, il punto di riferimento è Clemente Alessandrino (III sec. d.C.), che concepisce la storia della
salvezza come intervento educativo di Dio e la rivelazione come insegnamento, norma educativa: Cristo è
l’educatore dell’umanità e il Vangelo la sua pedagogia. Con l’impiego di tutti i mezzi della sua sapienza,
l’educatore dell’umanità (il nostro Logos divino) s’è adoperato per salvarci: il Signore si comporta verso di
noi come noi verso i nostri figli. Questo pensiero è stato ripreso in epoca moderna come fondamento di una

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pedagogia cristiana come scienza puramente teologica, derivandola totalmente dalla Bibbia e dalla Tradizione
dottrinale della Chiesa.
I contenuti della Rivelazione furono pensati come un programma generale di educazione e di formazione
dell’uomo: Dio Padre, attraverso la mediazione di Cristo, fu concepito come il supremo educatore
dell’umanità, la Chiesa fu vista come la più alta istituzione educativa, i sacramenti e la Parola di Dio
divennero mezzi privilegiati di educazione. La paedagogia Dei, che emerge dalla Bibbia, fu intesa come
norma suprema del metodo educativo. Si è di fronte ad un caso di analogia di proporzionalità: Dio/Salvatore –
destinatario della salvezza, analogo del rapporto educativo educatore – allievo.
8. Che differenza sussiste tra utilizzazione “strumentale” e “funzionale” tra scienze? Il dato che fa
problema è che esiste un utilizzo strumentalizzante da parte della teologia nei confronti delle scienze umane,
che non ha nulla a che vedere con l’utilizzazione funzionale. Un’utilizzazione strumentalizzante è messa in
atto da una teologia che crede di possedere già la soluzione vera dei problemi educativi (ricavata dalla Bibbia
o dalla Tradizione cristiana) e che, tuttavia, cerca conferme laiche nelle scienze umane. Diversi sono i
caratteri di un uso funzionale. Distinguiamo due modelli principali:
a) la comunicazione unidirezionale tra scienze (hearing)
b) il modello delle cosiddette scienze ausiliarie o della subalternazione
9. Puoi esemplificare un caso di comunicazione unidirezionale tra scienze (hearing)? Ci sono varie
finalità per cui una scienza può consultarne un’altra: per utilizzarla come dato preliminare certo e come
presupposto costitutivo; come puro stimolo per la propria indagine, un semplice punto di partenza; come
elemento di contrasto in funzione delle proprie ricerche, ecc.
Ciò che caratterizza questo rapporto è la qualità del puro ascolto (hearing): una disciplina consulta l’altra
senza che questa esca dal ruolo d’informatrice e l’altra di ascoltatrice. È uno dei fenomeni più diffusi nel
mondo della cultura e della scienza. Questo procedimento dell’ascolto delle altre discipline, pur essendo
unidirezionale, non esclude in futuro il dialogo, anzi ne costituisce la premessa necessaria. (Es. la teologia
deve ascoltare ciò che dice la fisica).
10. Cosa s’intende per multidisciplinarità? Multidisciplinarità è quel tipo di dialogo nel quale i
rappresentanti di ognuno dei due tipi di scienze diventano di volta in volta informatori e ascoltatori in
funzione della conoscenza più completa di un comune campo d’indagine. Nel nostro caso il campo è l’uomo e
i suoi problemi.
Secondo Schilling sia la teologia sia le scienze umane possiedono al loro interno un’antropologia: teologica e
pedagogica. Si possono dire entrambe scienze antropologiche, pur restando differenti l’oggetto e il metodo
propri: a) l’antropologia pedagogica concepisce l’uomo come un essere che si forma mediante l’educazione,
s’interroga sulla sua educabilità e sui processi di maturazione della sua personalità; b) l’antropologia
teologica concerne l’uomo nel suo rapporto con Dio. Sono aspetti differenti della realtà umana, inconfondibili
tra loro, tuttavia non sono totalmente estranei, per il fatto di essere aspetti complementari dell’unica e
indivisibile personalità: l’uomo nella sua integralità.
11. Quali sono le 4 condizioni che rendono possibile un dialogo tra scienze?
1.Teologi e rappresentanti delle scienze umane rinunciano alla pretesa di considerare la loro disciplina come
l’unico approccio scientificamente valido e accettano il principio della multidisciplinarità
2.Consapevolezza della provvisorietà dei risultati: non esistono risultati definitivi per nessuno dei due tipi di
sapere; bisogna continuare a lavorare, è sempre possibile trovare qualcosa di ulteriore
3.Il confronto deve avvenire sul piano concreto delle realizzazioni storiche, cioè tenendo conto della
molteplicità dei sistemi teologici e la pluralità di scienze umane; non dialogano le scienze, ma le teorie
concrete su problemi concreti
4.Gli scienziati devono poter comprendere e parlare, oltre il linguaggio scientifico della propria specialità,
anche quello dell’altra disciplina (bilinguismo scientifico)

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12. Che cosa qualifica la inter-disciplinarità e la trans-disciplinarità? Nel dialogo interdisciplinare si
suppongono tutte le condizioni precedenti. La differenza con il modello multidisciplinare consiste nella
volontà comune di instaurare un vero dialogo in funzione di un fine comune: si concentra su problemi e non
su discipline, si passa dalla comunicazione alla collaborazione. La transdisciplinarità è la qualità che
caratterizza i risultati della collaborazione interdisciplinare (es. maturazione umano-cristiana, che tiene conto
di diverse antropologie e teleologie).
Da quanto sin qui detto, consegue l’esclusione di alcuni modelli: della conflittualità, dell’utilizzazione
strumentalizzante, dei modelli gerarchico e analogico così come sono stati descritti dallo Schilling. Al
contrario, si assiste all’accettazione generalizzata dell’approccio multidisciplinare alla realtà,
dell’utilizzazione funzionale di una scienza da parte di un’altra, del dialogo multidisciplinare e
interdisciplinare.
13. Perché è utile la conoscenza della teoria di Larry Laudan nel corso di TdE? La prospettiva di Laudan
realizza una svolta profondamente innovatrice nello sviluppo della riflessione sulla scienza, in particolare sul
“progresso scientifico”, per cui merita di diventare oggetto di una seria considerazione per la sua forza di
provocazione e di stimolo. La novità della prospettiva di Laudan dipende in misura notevole dall’importanza
attribuita alla conoscenza della storia della scienza, e non solo di quella moderna (quella che parte da Galileo).
14. Prova a disegnare uno schema rappresentativo dell’insieme dei modelli che descrivono i rapporti
intercorsi tra Teologia e SdE lungo la storia.
In estrema sintesi, i modelli di rapporto tra Teologia e Scienze Umane possono essere distinti in due grandi
categorie: conflittuali e di coesistenza pacifica. I modelli di coesistenza pacifica a loro volta possono essere
di tipo gerarchico oppure di tipo egualitario. I modelli di tipo egualitario possono essere modelli di tipo non-
dialogico o dialogico.
Ai modelli non-dialogici, che realizzano una utilizzazione funzionale, appartengono:
a) la comunicazione unidirezionale tra scienze (hearing)
b) il modello delle cosiddette scienze ausiliarie o della subalternazione
Per quanto riguarda i modelli dialogici, distinguiamo tre tipi di dialogo:
 tra scienziati in quanto persone colte
 multidisciplinare
 interdisciplinare

4) Capitolo quarto: COMPITI GENERALI E SPECIFICI DELLA TdE OGGI


1. Quali sono i compiti generali della Teologia dell’educazione?
a) recensire e valutare criticamente i problemi e le attese della comunità cristiana, che nell’ambito di una
determinata cultura interpellano la fede in campo educativo e pedagogico, allo scopo di chiedere alla
Parola di Dio luci per poter collaborare con le SdE all’elaborazione di una risposta soddisfacente.
b) ricercare la Parola di Dio sull’educazione allo scopo di trovare illuminazioni da utilizzare per risolvere i
problemi e rispondere alle attese, presenti nella comunità cristiana in campo educativo e pedagogico.
Questa ricerca deve essere fatta nel pieno rispetto del metodo ermeneutico della teologia, tenendo per
conseguenza presenti le seguenti regole: la Parola di Dio sull’educazione, contenuta nella Bibbia, non si
trova allo stato puro ma sempre in stato di inculturazione; la Parola di Dio trascende però tutte le sue
inculturazioni e contiene significati ulteriori e più profondi, che le generazioni cristiane che si succedono
lungo i secoli hanno il compito di scoprire; l’interpretazione della Parola di Dio sull’educazione, contenuta
nei molteplici linguaggi della Tradizione della Chiesa, anche quando è autentica è sempre parziale, cioè
non è mai in grado di esaurirne i significati; l’interpretazione autentica della Parola di Dio sull’educazione,
contenuta nella Tradizione cristiana, possiede sempre orientamenti “autorevoli”, i quali, pur non essendo
definitivi, non possono tuttavia essere trascurati.

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c) tentare di definire la «valenza (significato) pedagogica» della antropologia e della teleologia cristiane,
assumendole da un sistema teologico ben definito, in quanto queste costituiscono il fondamento e
l’orizzonte ultimi di qualunque sistema pedagogico che presupponga come metateoria (riflessione che ha
come oggetto una teoria) una concezione cristiana dell’uomo.
d) entrare in dialogo interdisciplinare con le SdE, esercitando verso di esse una triplice funzione: critica,
stimolatrice e integratrice, allo scopo di contribuire alla formulazione di teorie pedagogiche, generali e
particolari, riguardanti gli obiettivi, i mezzi, i metodi e le istituzioni in campo educativo, che costituiscano
un progresso sul passato, in quanto offrono soluzioni migliori dei problemi pedagogici e risposte più
adeguate alle attese delle comunità cristiane.
2. Quando i compiti generali diventano specifici? Questi compiti da generali diventano specifici nel
momento in cui il teologo si sforza di dare risposta ai problemi in ambito educativo tipici della propria
cultura contemporanea. Ogni comunità cristiana, lungo la storia, si è dovuta confrontare con questi problemi
educativi, cercando di risolverli alla luce della Parola di Dio. Ne scaturisce la constatazione di un accentuato
pluralismo. Il teologo si chiede: quali di queste prassi e teorie educative passate e presenti va ritenuta più
fedele alla Parola di Dio? Adempiendo a questi compiti specifici, la TdE contribuisce alla ricerca di risposte
sempre più adeguate ai problemi della cultura contemporanea e alle attese delle comunità cristiane attuali in
campo educativo e pedagogico.
3. Indica i cinque tratti più rilevanti della cultura contemporanea. Motiva le scelte
 Ruolo determinante dell’economia e la società liquida  società liquida” = società priva di qualsiasi
fondamento valoriale “solido” condiviso da tutti. La liquefazione dell’attuale società post-moderna ha
origine nell’orientamento impresso alla società dal ruolo egemonico dell’economia nella prima modernità,
che esigeva l’eliminazione di qualsiasi realtà stabile. L’emarginazione del sacro e della tradizione, intesa
come sedimento del passato nel presente, era inevitabile. Una conseguenza del ruolo dominante esercitato
dall’economia nelle nostre società è l’affermarsi dell’utile e dell’efficienza come valori assoluti, con
l’ossessione della performance e con una ricaduta negativa sulle istituzioni educative, orientate a loro volta
secondo criteri riduttivi.
 Soggettivismo radicale, individualista e libertario  La cultura contemporanea sembra rifiutare ogni
riferimento a ciò che trascende l’individuo. L’idea di libertà è proclamata come il tratto distintivo della
nostra condizione e la scelta individuale è il valore fondativo della nostra epoca. Si afferma la matrice
antistituzionale mentre viene meno il valore educativo del principio di autorità. In questo modo l’individuo
contemporaneo vive in un ambiente nel quale sono sempre meno i valori comuni stabilizzati nelle
istituzioni, sempre più fragili gli apparati normativi restrittivi, e si indebolisce il limite posto dal confronto
con la natura. La libertà viene intesa come autorealizzazione. Ognuno è costretto a trovare la propria
personale sintesi, indipendentemente da ogni quadro societario unitario.
 La società del rischio e un futuro minaccioso  Cadute le certezze costituite dalle ideologie, la nostra
società appare permeata da un malessere diffuso, da un senso di impotenza e incertezza che induce a
rinchiudersi in se stessi, a vivere il mondo e il futuro come una minaccia. Il futuro non è più considerato
come una promessa, ma come una minaccia, perché le conoscenze tecnico-scientifiche, esponendo
l’individuo ad un nuovo tipo di incertezze, alimentano la tristezza e il pessimismo in un contesto di perenne
emergenza. Il rischio copre una gamma vastissima di situazioni e rappresenta la condizione permanente di
chi non ha più il posto fisso, ma un posto flessibile, fragile. Il rischio diventa realtà attraverso i mass
media, che permettono di conoscere direttamente gli avvenimenti e vedere le conseguenze della crisi. Nella
società attuale non è determinante la presenza di certi pericoli, ma la percezione che la popolazione ha di
essi. Il passato perde il proprio potere di determinare il presente e ne prende il posto il futuro: qualcosa di
non-esistente, costruito e fittizio.
 Analfabetismo emotivo  Si assiste oggi alla pubblicizzazione dell’intimità, conseguenza e causa della
neutralizzazione della differenza tra interiorità ed esteriorità, e all’allargarsi del “deserto affettivo” che
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coinvolge soprattutto le nuove generazioni. Alla base c’è una mancata crescita emotiva: il cuore non è in
sintonia con il pensiero e il pensiero con il comportamento, perché è fallita la comunicazione emotiva, e
quindi la formazione del cuore come organo che, prima di ragionare, ci fa sentire che cosa è giusto e che
cosa non è giusto, chi sono io e che cosa ci faccio nel mondo.
 Cristianesimo marginalizzato  Si assiste alla progressiva scomparsa della “società cristiana” (l’ambiente
cristiano, non la religione in sé), che si rifaceva esplicitamente ai valori evangelici. Nella società
contemporanea dell’Europa, il cristianesimo tende a privatizzarsi nella vita pubblica, e a soggettivizzarsi
nella vita ecclesiale. Le ricerche denunciano una progressiva marginalizzazione del cristianesimo, poco
significativo culturalmente, ridotto a fatto privato ed esposto al rischio di diventare solamente una delle
tante risorse per il benessere dell’individuo. All’interno della stessa Chiesa si diffondono atteggiamenti che
hanno sostituito l’ateismo nel suo aspetto di principale problema socio-religioso: la non appartenenza
istituzionale (agnosticismo) e l’indifferenza religiosa. Inoltre, lo spirito obiettivo e critico tipico della
cultura contemporanea mette in discussione la categoria del “mistero”, centrale nel cristianesimo. Il
cristianesimo è sfidato dalla compresenza di altre religioni. Si vanno diffondendo forme di “nomadismo”
religioso, di ricerca cioè di sempre nuove esperienze ed emozioni religiose.
Perché: (Comprendono anche i tratti: dipendenza dai media, complessità sociale, relativismo valoriale,
presente interminabile, non-luoghi, debolezza educativa degli adulti).
4. Quali sono i 4 “pilastri” dell’educazione secondo J. Delors?
1. Imparare a vivere insieme, sviluppando la comprensione del punto di vista degli altri. Il confronto con gli
altri attraverso il dialogo e il dibattito è uno degli strumenti necessari per l’educazione del XXI secolo.
2. Imparare a conoscere: nella prospettiva dei rapidi cambiamenti della società, bisogna conciliare
un’educazione generale sufficientemente ampia con la possibilità di lavorare in profondità su un
determinato numero di discipline particolari. Questo tipo d’apprendimento implica non tanto l’acquisizione
d’informazioni, quanto il venire in possesso degli strumenti stessi della conoscenza (mezzo e fine della vita
umana). Imparare ad imparare.
3. Imparare a fare, nel senso di acquisire una competenza che consenta all’individuo di affrontare una varietà
di situazioni imprevedibili e di lavorare in gruppo. Dall’abilità alla competenza.
4. Imparare ad essere, nel senso di saper agire con autonomia e capacità di giudizio. Lo sviluppo
dell’individuo, che ha inizio dalla nascita e continua per tutta la vita, è un processo dialettico che comincia
con il conoscere se stessi e si apre ai rapporti con gli altri. In tal senso, l’educazione è soprattutto un
viaggio interiore, le cui tappe corrispondono a quelle della continua maturazione della personalità.
5. Quali sono gli obiettivi più propriamente educativi della Dichiarazione del Millennio (2000) e della
«Agenda 2030»? Il quarto obiettivo dell’Agenda 2030 si prefigge di fornire un’educazione di qualità, equa ed
inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti.
6. Quali sono i tre passaggi più significativi in ambito ecclesiale sulla liberazione-salvezza? Uno dei
compiti principali della TdE è quello di recensire con senso critico le attese della comunità cristiana di oggi
circa la salvezza (meta dell’esistenza) e la santità (punto di arrivo).
I tre passaggi principali:
1. abbandono di una concezione abbastanza tradizionale della salvezza cristiana: privatistica, dicotomica
e puramente escatologica
2. critica da parte dell’autorità ecclesiastica di una concezione della salvezza cristiana che la identifica
con la liberazione umana di tipo economico-sociale-politico
3. apertura verso una concezione “integrale” della salvezza cristiana che ne salvi i contenuti e il
significato “misterico”, e che includa un autentico processo di liberazione e crescita umana integrale:
salvezza di tutta l’umanità, di tutto l’uomo, graduale e progressiva, terrestre e celeste, dono di Dio e
impegno dell’uomo.
7. Indica i capisaldi delle cosiddette “teologie della liberazione”
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 Ripensare sistematicamente i principali temi della teologia, in particolare la cristologia (Gesù Cristo
“liberatore”) e l’ecclesiologia (Chiesa come “sacramento della liberazione integrale”).
 Le TdL dell’America Latina pongono il problema della Chiesa in un mondo segnato dalla povertà e il
problema dell’ingiustizia (la Chiesa era legata a regimi che sfruttavano i più poveri)  necessità di
conversione di tutta la Chiesa a favore dei poveri, al fine di raggiungere la loro liberazione integrale
(III Conferenza Latino-americana di Puebla, 1979).
 L’ecclesiologia presentata dagli esponenti di questa teologia comprende la Chiesa come “sacramento
(= segno) della liberazione integrale”, e con questo intende superare un triplice riduzionismo:
soprannaturale, che riduce la salvezza all’ambito soprannaturale; ecclesiocentrico, che identifica la
Chiesa con il regno di Dio; escatologista, secondo il quale la salvezza ha carattere solo oltremondano.
 Il metodo: articolare una lettura della realtà a partire dai e per la liberazione dei poveri; in funzione di
questo utilizza le scienze dell’uomo e della società, medita teologicamente e postula azioni pastorali
che aiutino il cammino degli oppressi. La teologia contemporanea parte dalla sfida del non-credente,
che mette in questione il mondo religioso esigendo da esso una purificazione e un rinnovamento
profondi; in America Latina la sfida viene invece principalmente dal non-uomo, cioè da chi non è
riconosciuto come uomo da parte dell’ordine sociale imperante (il povero, lo sfruttato). Il non-uomo
mette in questione il nostro mondo economico, sociale, politico, culturale, e per questo spinge alla
trasformazione rivoluzionaria delle basi di una società disumanizzante.
8. Quali sono le 4 caratteristiche di una concezione di salvezza correttamente intesa? Oggi si va verso
una concezione integrale della salvezza cristiana, che ne salvi i contenuti e il significato “misterico” ma che
includa un autentico processo di liberazione e crescita umana integrale. I suoi tratti caratteristici sono:
- salvezza comunitaria: è la salvezza di tutta l’umanità, fin dalle sue origini, in Cristo. Israele e la
Chiesa sono dei segni della presenza dello Spirito di Cristo nella storia umana
- salvezza totale: di tutto l’uomo in Cristo e non solo dell’anima
- salvezza graduale e progressiva: terrestre e celeste
- salvezza intesa come dono di Dio e impegno dell’uomo: comincia dalla conversione come risposta
dell’uomo; trova esplicitazione in un impegno di amore a favore della promozione umana integrale, della
liberazione totale di quelli che sono oppressi, in qualsiasi modo.
9. Presenta il significato educativo della pericope biblica di Ef 6,1-4.
1 Figli, ubbidite ai vostri genitori nel Signore (en Kyrío), poiché ciò è giusto; 2 Onora tuo padre e tua
madre: è questo il primo comandamento associato a una promessa; 3 affinché tu sia felice e goda di una
vita lunga sopra la terra; 4 E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell’educazione e nella
disciplina del Signore (ektréfete autà en paideía kaì nouthesía Kyríou).
Il brano del NT si inserisce fra le “tavole domestiche”, ossia codici di comportamento circa diritti e doveri di
coloro che vivono nella stessa casa. Il brano riguarda la relazione genitori-figli. L’azione educativa è
inquadrata in uno schema di reciprocità (doveri e diritti per genitori e figli): i figli sono invitati a obbedire e
onorare i genitori; i genitori sono invitati a realizzare una relazione pedagogicamente efficace con essi; per
entrambi il riferimento è una ragione cristiana a cui si aggiunge una promessa biblica (perché tu sia felice e
goda di una vita lunga)  per l’uomo della Bibbia tanti figli, tanti soldi e vita lunga sono un dono di Dio e
segno di beatitudine.
Il Signore non è l’obiettivo dell’azione educativa, né un pedagogo. Kyriou è un genitivo di limitazione o
qualità = educazione di educatori umani, ma qualificata dal Signore, sviluppata in un orizzonte illuminato da
Cristo.  Questo brano contiene la regola fondamentale di tutta l’educazione cristiana: il Signore (Kyrìos) è
la misura radicale di tutto; l’amore (agape) è l’atteggiamento ultimo che deve compenetrare impegni e
strutture educative. Il riferimento al Kyrìos vale come impostazione, animazione, verifica del compito

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educativo, ma non come concreta soluzione, che è da inventare volta per volta avvalendosi dell’ingegno
dell’uomo.
10. Commenta l’attribuzione di “Maestro” a Gesù Cristo. Il tema di Gesù Maestro è ricorrente nelle
riflessioni degli esperti, soprattutto in ambito pastorale. Va sempre tenuto presente che non si possono
attribuire a Gesù intenzioni o categorie che sono frutto del progresso pedagogico recente e tipiche della
nostra cultura (il Vangelo non è un trattato di pedagogia); tuttavia, i suoi comportamenti possono costituire
fonte di ispirazione per uno stile di educazione che voglia avere il Vangelo come orizzonte di riferimento.
11. Quali sono gli elementi qualificanti la Gravissimum educationis (1965)? Il documento mostra un
atteggiamento positivo verso l’educazione e la pedagogia contemporanee e distingue l’educazione
autenticamente umana da quella cristiana.
Caratteristiche fondamentali di un’educazione cristiana: autenticamente umana e attuale, realizzata in un
clima di fede cristiano e in un orizzonte teleologico specificamente cristiano, rispettosa delle leggi della
gradualità, della duttilità al cambio e della crescita continua.
Cinque dimensioni qualificanti l’educazione cristiana:
• iniziazione al mistero della salvezza
• iniziazione alla vita liturgico-sacramentale
• apprendimento di una vita morale autenticamente cristiana
• iniziazione all’apostolato ecclesiale
• iniziazione alla diaconia degli autentici valori umani per una società e una cultura più umane
12. Quali esigenze rispetto all’educazione emergono dalle riflessioni di Benedetto XVI e Francesco?
Benedetto XVI parla di un’emergenza educativa e di frattura fra le generazioni. Tra le cause: le
responsabilità personali (e dei genitori) e una mentalità e una forma di cultura che non consentono la
trasmissione di valori condivisi da una generazione all’altra. Permane la domanda di un’educazione che
risponda a criteri di vicinanza e fiducia sgorganti dall’amore, che consideri le grandi domande riguardo alla
verità, che affronti la sofferenza. Il punto più delicato dell’opera educativa è individuato nel difficile
equilibrio da raggiungere tra libertà e disciplina. Tutto ciò richiede nell’educatore la maturazione
dell’autorevolezza e del senso di responsabilità, che va richiesta anche all’educando.
Papa Francesco parla della promozione di un evento mondiale nella giornata del 14 maggio 2020, che avrà
per tema “Ricostruire il patto educativo globale”: un incontro per ravvivare l’impegno per e con le giovani
generazioni, rinnovando la passione per un’educazione più aperta ed inclusiva, capace di ascolto, dialogo
costruttivo e mutua comprensione. Mai come ora, c’è bisogno di unire gli sforzi in un’ampia alleanza
educativa per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il
tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna.

5) Capitolo quinto: PROCESSI DI CONVERSIONE CRISTIANA E DI MATURAZIONE UMANA


(compito specifico)
1. Per quali motivi ci interessiamo di “conversione” e di “salvezza” nel corso di TdE? Il teologo
dell’educazione che ricerca ermeneuticamente nella Bibbia i riferimenti all’educazione, si accorge che il
contesto prossimo e remoto è quello della conversione all’interno della salvezza cristiana. Queste
costituiscono dei “luoghi teologici”. Il contesto prossimo nel quale la Parola di Dio si è occupata, direttamente
o indirettamente, dei processi di liberazione, crescita e maturazione umana, è quello della conversione. Il
contesto remoto nel quale la Parola di Dio si è occupata dell’educazione è quello della salvezza, che nel NT
diviene la “salvezza cristiana”.
2. Quali sono gli aspetti distinti ma inseparabili della salvezza cristiana? La salvezza cristiana è anzitutto
dono gratuito di Dio in Cristo per mezzo dello Spirito, ma dono che attende la libera e responsabile
accettazione dell’uomo mediante la fede, la speranza e la carità. La salvezza possiede un contenuto misterico

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(è partecipazione alla vita divina per mezzo di Cristo nello Spirito) ma anche una dimensione umanizzante (è
un processo di liberazione dalle oppressioni e di promozione e maturazione umana). Si attua già fin d’ora,
quaggiù sulla terra (solo parzialmente per quanto riguarda il contenuto misterico e la maturazione umana) e
attende, nella speranza, il compimento finale con il ritorno glorioso di Cristo e la resurrezione.
3. Elabora una riflessione sulle molteplici componenti del processo di conversione
La conversione è:
• Dono di Dio e risposta libera e responsabile dell’uomo
• Realtà eminentemente personale, però contemporaneamente ecclesiale (comunitaria) e acculturata
• In quanto opzione libera e responsabile dell’uomo, è fede, speranza e amore
• Coinvolge la totalità della vita dell’uomo
• Come risposta dell’uomo può essere considerata nella sua essenza o nella sua concretezza esistenziale
• Ha come meta la crescita e maturazione cristiana fino alla perfezione, personale e comunitaria, in Cristo.
4. Quali sono i principali temi biblici sulla conversione?
 Diventare immagini di Dio e di Cristo. Il processo di conversione diviene un processo di progressiva
assimilazione dell’immagine perfetta di Dio che è Cristo. L’indicativo di grazia (l’uomo che si converte
diventa in Cristo immagine di Dio) si fa imperativo etico (l’uomo deve instaurare in sé un processo di
assimilazione a Cristo, per portare a compimento l’immagine ricevuta allo stato germinale). Il punto di
arrivo è principalmente escatologico: si raggiunge solo nella resurrezione.
 Crescere e perfezionarsi fino ad arrivare all’uomo perfetto in Cristo: la vita cristiana è interamente
comandata da una legge di progresso, di crescita verso la perfezione. Obiettivo dell’esistenza cristiana è
diventare credenti adulti. Si tratta di passare dall’immaturo nella vita cristiana all’uomo perfetto. San
Paolo indica le caratteristiche dell’uomo maturo in Cristo: è maturo chi sa farsi ammaestrare dalla
sapienza della Croce; a livello di maturità morale, colui che è capace di agàpe e di discernimento per
l’edificazione della comunità; colui che possiede una mentalità escatologica, per cui tende sempre verso
una ulteriore perfezione.
 Essere santi mediante l’imitazione di Cristo: la santità cristiana possiede una duplice dimensione:
ontologica ed etica. La santità ontologica (oggettiva) è frutto del dono di Cristo alla Chiesa ed è
fondamento della seconda; la santità etica (soggettiva) consiste nella risposta dell’uomo all’amore di Dio
mediante la fede, la speranza e l’amore.
 La meta terrena della santità cristiana è espressa anche attraverso le categorie di sequela e imitazione di
Cristo. Diventano l’orizzonte di senso entro il quale il convertito dovrebbe organizzare la sua vita di uomo
nuovo, a livello spirituale ed etico.
La meta della conversione è la crescita e maturazione cristiana fino alla perfezione, personale e comunitaria,
in Cristo. Essa è duplice:
• terrena, imperfetta: la maturità cristiana, la perfezione in Cristo, l’essere adulti in Cristo, la “santità”
sono categorie che indicano una meta mai definitiva, una perfezione o maturità sempre imperfetta, che
consiste in un crescere continuo
• escatologica, definitiva: si realizza al termine della storia, con la resurrezione e il mondo definitivo
(“nuovi cieli e nuova terra”)
5. Quali sono le principali componenti comunitarie della maturazione umano-cristiana?
La comunità cristiana deve essere anzitutto animata da una forte tensione evangelizzatrice, che però includa
un impegno realistico di promozione e liberazione umana. Devono essere comunità a misura d’uomo, in cui
la comunione tra i membri sia reale ed evidente, in cui un certo numero di persone abbia già fatto un certo
cammino di maturazione, in cui ci sia una direzione spirituale rinnovata. In terzo luogo, deve essere una
comunità nella quale domini il dialogo come
• atteggiamento (apertura e accettazione dell’altro)
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• comunicazione (procedimento attraverso il quale si scambiano informazioni, emozioni, e si realizza un
vero rapporto interpersonale)
• comunione/collaborazione (è il punto di arrivo dei due punti precedenti: è difficile la collaborazione se
non c’è la comunione)
6. Quali sono le componenti della maturazione personale umano-cristiana? Elemento centrale è la
conversione. L’opzione globale della fede ha un carattere radicale e totalizzante e per questo viene ad essere
un vero progetto di vita che ha la funzione di unificare tutta la personalità. Sembra che l’apporto più
significativo stia nella risorsa unificante di cui la fede è portatrice. Un incontro autentico con Dio induce un
riassetto completo della struttura di personalità. L’atteggiamento religioso autentico muove sempre da ragioni
interiori, è consapevolezza di una presenza interpellante, con cui comunque può essere intessuto un dialogo
singolare, tanto da instaurare un rapporto che tende a farsi totalizzante. Rimane però una distanza tra ciò che
si vuole essere (nuova creatura in Cristo) e ciò che ancora si è. L’itinerario di maturazione umano-cristiana
prevede ancora un lavoro di acquisizione di quelle strutture dinamiche o disposizioni permanenti che
orientano il cristiano a vivere (pensare e agire) secondo le logiche della propria fede.
L’obiettivo del processo di conversione è la imitazione di Cristo. Ciò non vuol dire che si deve perseguire un
modello prefabbricato di perfezione cristiana, ricoprendo un tipo ideale di cristiano, e neppure integrare il
convertito in un sistema politico-religioso, munito dell’etichetta cristiana. È di fondamentale importanza, nel
cammino di maturazione la cui meta è la santità, acquisire quella struttura dinamica che è la libertà cristiana o
creatività.
7. È possibile educare la fede? In che senso? Si può parlare di educazione della fede soltanto in senso
secondario e strumentale, nell’ambito cioè di quelle mediazioni umane che possono facilitare, aiutare,
togliere ostacoli, ecc., nel processo di risveglio e crescita dell’atteggiamento di fede, ma sempre al di fuori di
ogni possibile intervento diretto sulla fede stessa, che rimane sempre legata all’azione gratuita di Dio e alla
libera risposta dell’uomo (= si può lavorare sul contesto, non sulla fede stessa).
Indicazioni per una proposta pastorale-educativa: le componenti del processo di maturazione umano-cristiano
possono essere individuali (riguardano la maturazione della persona singola) o di natura sociale
(condizionano la maturazione delle comunità e la sua capacità educativa e formativa). Sono strettamente
connesse e costituiscono la condizione necessaria perché si instauri un autentico processo di maturazione.
8. Quali sono i principali tratti caratteristici della maturità di fede?
a) La fede matura costituisce un tratto centrale della personalità. L’atteggiamento di fede è maturo se si
presenta integrato nell’insieme della personalità, come punto centrale di riferimento di tutti gli aspetti
della vita e dell’azione. Là dove non si raggiunge l’integrazione, la fede e la religiosità rimangono
marginali, dissociate, ridotte a qualche angolo di condotta o di emotività, ma senza influsso sul
comportamento globale della personalità.
b) La fede matura sviluppa in forma coerente le tre dimensioni dell’atteggiamento: cognitiva, affettiva e
comportamentale. Non è concepibile la maturità della fede se non crescono insieme e in forma integrata
l’approfondimento del sapere religioso, l’affermarsi di sentimenti e affetti religiosi, il momento
comportamentale. I prossimi punti sono sviluppi di questo stesso (c, d, e, interpretabili come b1, b2, b3):
c) La fede matura sviluppa e approfondisce la dimensione conoscitiva, e quindi valutativa e motivazionale,
dell’atteggiamento (in opposizione alla religiosità fideistica o irrazionale). In concreto si vuole intendere:
una fede informata, approfondita (non superficiale, infantile o irrazionale), differenziata, capace di
discernimento, non monolitica né integralista. Una fede critica e autocritica, non ingenua, acritica o
passiva. La capacità di spirito critico ha come fondamento sia il continuo riferimento alla parola
giudicatrice di Dio, sia l’uso responsabile degli strumenti umani di valutazione e di confronto.
d) La fede matura sviluppa in forma integrale la dimensione affettivo-emotiva dell’atteggiamento. La fede
matura gode di autonomia motivazionale, non ha un ruolo puramente funzionale o compensatorio, facile

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rifugio di persone insicure o frustrate che cercano nella vita religiosa una risposta ai loro problemi non
risolti; la fede matura appare creativa, non immobile o conformista. Non ha paura del cambiamento, lo
considera legge normale di crescita vitale e condizione di autenticità; la fede matura è costante, capace di
impegno a lungo termine, non capricciosa o istintuale; la fede matura è aperta al dialogo e al confronto,
non autosufficiente o intollerante.
e) La fede matura sviluppa in forma coerente la dimensione comportamentale-operativa
dell’atteggiamento (in opposizione alla religiosità inoperante o incoerente). La maturità del momento
operativo della fede può essere così esplicitata: la fede matura è dinamica e attiva, non passiva o sterile.
Costituisce in se stessa una fonte continua di motivazioni che spingono all’azione o rafforzano l’azione già
intrapresa; la fede matura è consequenziale nel suo versante operativo, non incoerente o dissociata;
suppone un rapporto di profonda coerenza tra la fede professata e la fede vissuta, tra il pensiero e l’azione,
tra il progetto evangelico e l’organizzazione della propria attività.
9. Quale rapporto sussiste tra maturità umana e cristiana? Va affermato che queste due maturità, pur
essendo distinte sul piano formale, sul piano esistenziale costituiscono un unico processo. Il cristiano deve
mirare a essere santo, perfetto in ogni azione; ma, per le conseguenze del peccato originale e del mondo, non
lo sarà mai totalmente nella sua vita terrena. Il cristiano si trova sempre in situazione di perfezione relativa,
che si può chiamare anche “maturità cristiana”, nel senso di anticipazione profetica, possibile nella
situazione concreta della vita presente, di quella maturità piena che si realizzerà solo nella resurrezione.
10. Prova a definire chi è l’adulto maturo e maturo nella fede
La persona matura è quella che non solo ha la capacità di cogliere chiaramente le aspirazioni autenticamente
umane della persona, unificandole in un progetto generale di vita, ma possiede pure l’effettiva capacità di
tradurre nella pratica tale progetto di vita. In altri termini è la persona che è riuscita a colmare il vuoto tra le
aspirazioni autentiche e la sua condotta effettiva.
L’adulto maturo nella fede è colui che ha fatto della sua fede un tratto centrale della personalità, punto di
riferimento di tutti gli aspetti della vita. La sua fede si sviluppa in modo coerente nelle tre dimensioni
dell’atteggiamento: cognitiva, affettiva e comportamentale, in forma integrata.
11. Quali tra le indicazioni operative per una formazione umano-cristiana ti sembra particolarmente
significativa a tal punto da privilegiarla in vista di un (tuo) intervento formativo?
 Un approccio sistemico per affrontare il cambiamento in atto, che non si riduce a presentare uno dopo
l’altro gli elementi in gioco, ma li considera all’interno del sistema di rapporti che li collega, tra di loro e
con quelli già esistenti. In questo modo emergono le ambivalenze ed è possibile prendere sul serio i punti
controversi: in un sistema, infatti, una variazione in un punto provoca dei cambiamenti altrove, e in
qualche misura su tutto l’insieme. A un vantaggio in un punto può corrispondere uno svantaggio in un
altro. È una mentalità sanamente critica da acquisire e da applicare sempre, persino per le proposte
pastorali indicate ufficialmente dai documenti del magistero ecclesiale: ai problemi complessi non si
possono dare soluzioni univoche ed è indispensabile un serio lavoro di discernimento.
 Rispetto per un modo “adulto” di apprendere: c’è bisogno di una catechesi capace di rivolgersi a
persone adulte, che apprendono in modo differente rispetto alle nuove generazioni. Il rispetto per il modo
“adulto” di apprendere obbliga i formatori a non dimenticare che l’adulto è in grado di dirigersi da solo e
che, comunque, resta il primo responsabile della sua fede. È quindi opportuno coinvolgerlo nella stessa
organizzazione della proposta formativa, venendo incontro ai suoi bisogni, ottimizzando il tempo che
riesce a mettere a disposizione per la formazione e tenendo in considerazione che l’adulto ha sempre
bisogno di percepire l’utilità di quello che fa.
Un lavoro imprescindibile per l’evangelizzatore contemporaneo sarà quello di destrutturare l’immaginario
religioso delle persone, perché l’annuncio non viene fatto in un terreno vergine, ma inquinato da presunta
conoscenza, fraintendimenti e pregiudizi nei confronti del cristianesimo.

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 Comunità in cui si fanno esperienze trasformanti: l’ambito naturale e indispensabile in cui sviluppare le
esperienze è la comunità cristiana, e molto dipende dalla qualità della sua vita e della sua testimonianza; è
importante che le persone vengano in chiesa per scelta e non per tradizione, dovere o paura. È importante
che scoprano nella Chiesa uno spazio in cui si vivono realtà che non si sperimentano in nessun altro luogo
e che dona qualità e pienezza alla vita.
 Attivazione di una pastorale integrata, attenta alle persone: elaborare nuove proposte, con una forte
attenzione alla vita concreta delle persone.

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