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IL RAPPORTO TRA

SPIRITUALITÀ E TEOLOGIA
 Spiritualità e Teologia si trovano in un rapporto dialettico
continuo, in una relazione dinamica permanente. L’una cerca
l’altra per la propria natura, comprensione e definizione.
L’una non può fare meno dell’altra per evitare cadere o nei
spiritualismi retorici (e spesso fanatici) e negli intellettualismi
infecondi, totalmente sganciati dalla vita cristiana. Per cui, fra
spiritualità e teologia non c’è un rapporto di dipendenza
come si ha detto alcune volte, ma di differenziazione e di
complementarità. Come ci spiega Charles Bernard, la
spiritualità non dipende mai da una teologia preesistente né
si presenta schematizzata in un sistema teologico. Anzi,
spesso una spiritualità nasce come reazione a una mentalità
teologica nominalista e troppo astratta. L’esperienza
spirituale precede la riflessione teologica.
BREVE EXCURSUS STORICO
SULL’EVOLUZIONE DEL RAPPORTO
TRA SPIRITUALITÀ E TEOLOGIA
 Dal secolo I al XI la spiritualità viene rifletta e
incorporata di modo latente tra diverse prospettive
del sapere teologico. Durante i secoli XII-XIII la
spiritualità no riceve maggiore attenzione dalla
nascente teologia scolastica delle università ma
conserva la sua importanza negli ambienti
monastici e nella cosiddetta teologia monastica, con
la sua caratteristica riflessione predominantemente
biblica, sapienziale e esperienziale. Alla fine del
secolo XIII il cristianesimo occidentale vide «la
scomparsa del teologo completo,... il teologo che è
anche un santo».
 Afferma Von Balthazar che, «la spiritualità, finché fu opera dei
Santi, rimase una teologia orante […] A un certo momento si
compì la svolta, e si passò dalla teologia prostrata in ginocchio a
quella seduta al tavolino», cioè il discorso teologico, come la
teologia dogmatica, comincia a prendere in considerazione
soltanto l’aspetto oggettivo della fede cristiana, senza dare
importanza all’aspetto vitale e di appropriazione personale del
dato oggettivo della fede e della rivelazione da parte del
cristiano, con i loro effetti nell’esperienza spirituale dei cristiani e
nel loro essere «creatura nuova in Cristo» (2 Cor 5,17). Questo
cambiamento avvenuto nel dodicesimo secolo passa a trattare la
riflessione teologica come un processo di speculazione
intellettuale. I centri di indagine intellettuale hanno cominciato a
spostarsi dai monasteri, che si sono ispirati alla tradizionale
lettura meditativa della Scrittura alle nuove «scuole» della
cattedrale che hanno sottolineato la disputa accademica.
 Con l’avvento della Devotio Moderna (secoli XIV-XV) in reazione
alla teologia scolastica decadente, la spiritualità diventa sempre più
associata all’esperienze e espressioni dei misteri divini con stile
devozionale e affettivo. Ad esempio il libro L’Imitazione di Cristo
diffidava delle costruzioni e delle discussioni teologiche. I secoli XVI
e XVII sono marcati, in vece, per l’aparizione di grandi mistici e
maestri della spiritualità spagnola e francesi soprattutto che
apportano una riapprossimazione tra spiritualità e teologia perché
diventano creatori sia di esperienza che di dottrina spirituale. Nei
due secoli seguenti (XVIII-XIX) spiritualità e teologia si ritrovano
collegate in numerosi trattati e compilazioni di ascetica e mistica,
scritti dai eruditi con eccellenti schemi teologici, ma poca
originalità in esperienza e pensiero, tranne personaggi come Santa
Teresa di Lisieux, la cui spiritualità, chiamata anche teologia della
"piccola via" o dell'infanzia spirituale ha ispirato numerose
persone.
Teresa proponeva di ricercare la santità, non
nelle grandi azioni, ma negli atti quotidiani e
perfino in quelli più insignificanti, proponendo
un ritorno al Vangelo e alla Sacra Scrittura, cosa
che in quel periodo non era affatto comune.
Finalmente, dagli inizi del secolo XX a oggi la
spiritualità riprende sempre di più la sua
importanza, ricchezza e solidità nel campo
teologico, raggiungendo il suo status proprio
come disciplina specifica, pur rimanendo molto
cammino da percorrere.
L’IMPORTANZA DELLA TEOLOGIA
PER LA SPIRITUALITÀ
 La separazione tra teologia e spiritualità, avvenuta a
partir dell'undicesimo e dodicesimo secolo fino ai
nostri giorni, come abbiamo detto prima, fece con che
questa ultima diventasse oggetto di un approccio
piuttosto negativo e deprecativo nel mondo
accademico, non suscitando interesse, già che per
molti il vocabolo «spiritualità» evocava un'area inutile
dalla vita, come un qualche cosa di poco definito, non
meritevole di far parte della teologia come scienza o
condannata a essere relegata in una sfera quasi
marginale di questa, come un settore guardato con un
certo diniego, riservato all'interesse di pochi «raffinati
spirituali», anziché essere l'espressione di una vera
teologia assimilata e portatrice di vitalità.
 In fatti, gradatamente l’idea di spiritualità passò
ad essere associata a qualcosa esoterica o esotica,
consuetamente riferita ad immagini collegate con il
paranormale, il mistico, il pio, il santo, perciò
qualcosa di aggiuntivo, marginale, opzionale.
Dall’altra parte, la sottovalutazione della
spiritualità significava anche un probabile rigetto di
un certo tipo di pratiche, veicolate in passato da
manuali ascetici e devozionali non ancorate ai più
ricchi filoni della tradizione spirituale della Chiesa e
inadeguatamente rifacentisi alle fonti autentiche
della vita dello spirito: sacra Scrittura e dogma.
In questo contesto, spesso le «esortazioni spirituali»
avevano un carattere soltanto devozionale, anziché
esposizioni teologico spirituali. Tutta questa dicotomia che
è divenuta realtà fra lo studio della teologia e le esperienze
spirituale dei cristiani fa risalire il bisogno di poter contare
con una sorta di criterio teologico di valutazione e
interpretazione della nostra esperienza, evitando che la
spiritualità non discenda in una mera ricerca narcisistica di
realizzazione personale. La teologia serve, dunque, alla
spiritualità cristiana perché porta rigore logico alle sue
condizioni essenziali, verificando le sue presunte forme o
modalità pratiche sulla base del riferimento alla
Rivelazione di Dio in Cristo Gesù, il Figlio mandato dal
Padre a salvare il mondo, nella potenza dello Spirito Santo.
 La spiritualità quando separata dalla teologia perde il
contatto con la Grande Tradizione" della fede. La teologia
fornisce indubbiamente criteri per valutare la esperienza
spirituale. E la spiritualità ne ha ovviamente bisogno di questi
strumenti per analizzare e valutare diverse tradizioni, testi e
pratiche. Tali criteri sono basati su principi teologici centrali
sviluppati all'interno della comunità di fede. Di fatto, la pluralità
degli approcci contemporanei alla spiritualità e l'apparente
novità di alcuni di essi fa che la questione dei criteri per
valutare ciò che è «autentico» da una prospettiva cristiana
assuma un significato maggiore. La particolarità del
cristianesimo richiede, pertanto, che la teologia fornisca i criteri
di interpretazione primari per la spiritualità, sento meglio
studiata all'interno di una combinazione di discipline teologiche
come la sistematica, l'etica e la storia del cristianesimo.
L’IMPORTANZA DELLA
SPIRITUALITÀ PER LA
TEOLOGIA
 La teologia, come si ha visto, era andata gradualmente
sviluppandosi in modo tale da divenire piuttosto una scienza
riguardante verità da conoscere e non già, come la sua natura stessa
lo richiede, verità da vivere. Dobbiamo ricordare, però, che la
conoscenza da sola non determina la nostra relazione con Dio.
Come dice il detto popolare, «i grandi studiosi non necessariamente
fanno i più grandi amanti». Dunque, la nostra comprensione di Dio
ha luogo a un livello molto più profondo della nostra comprensione
intellettuale. Diceva Riccardo di San Vittore, uno dei più importanti
teologi mistici del secolo XII, che è inutile sapere di Dio se non
abbiamo un desiderio appassionato per lui, perché «è vano che
cresciamo nelle ricchezze della conoscenza divina, a meno che da
loro il fuoco dell'amore non sia aumentato in noi». Per ciò, la
teologia deve sempre essere più che un esercizio intellettuale e lo
studio e l'approfondimento della teologia dovrebbero evitare ogni
forma di unilaterale intellettualismo.
Ecco il motivo per il quale la teologia deve essere strettamente
legata alla spiritualità e alla realtà del discepolato quotidiano e dalla
vita nel mondo. La rivelazione cristiana è un messaggio di vita e per
ciò stesso un tutt'uno indivisibile, che abbraccia tutto l'essere umano,
l'intera sua esistenza, corporale e spirituale, intellettuale, volitiva e
affettiva, individuale e sociale. La spiritualità aiuta la teologia a creare
questo collegamento con i sentimenti, con gli affetti, come pure con il
pensiero, formulando questioni di credenza ma anche di
comportamento, di testa ma ugualmente di cuore. In effetto, essere
una persona teologica implica qualcosa di più delle capacità
intellettuali. Un teologo deve essere una «persona teologica» e non
solo qualcuno che usa strumenti teologici. Questo vuol dire che la sua
investigazione teologica deve stare inestricabilmente legata alla sua
fede personale. Inoltre, è imperioso che tutto ciò che ci viene
proposto da Dio nella rivelazione sia accolto e approfondito come
comunicazione di una verità che deve essere conosciuta sì, ma per
essere personalmente assimilata e vissuta nella carità.
 La teologia deve essere vissuta e studiata in stretto rapporto con
la spiritualità, altrimenti diventerebbe astratta e disincantata. Di
fatto, la teologia nel suo complesso è performativa piuttosto che
puramente informativa; Il teologo deve essere interessato all'azione
piuttosto che alle semplici idee. La sua riflessione è sempre fondata
e sostenuta dall'esperienza spirituale, per cui il suo compito come
teologo non dovrebbe implicare semplicemente in analisi
specializzate svolte a una distanza personale dal soggetto. La
spiritualità offre alla teologia l’aiuto per evitare di lanciarsi in una
stratosfera di verità senza tempo o definizione astratta, perché
tante volte la riflessione teologica non tratta esplicitamente
dell'aspetto vitale delle verità rivelate, vuol dire, delle ripercussioni
di queste nella vita vissuta. Anche nei seminari e nelle case di
formazione e di studio, spesso si relega ciò che spetta alla
esperienza di incontro con Dio alle soliti esortazioni spirituali
lasciando fuori della riflessione teologica.
 Inoltre, la spiritualità ha una capacità unica di integrare
le molteplici discipline teologiche che sono diventate
frammentarie o persino reciprocamente sospette tra di
loro, perché il modo in cui la spiritualità «parla» di Dio è
radicalmente diverso dalla teologia. La spiritualità
riconosce che ciò che è implicito nella parola «Dio» non
può essere pronunciato completamente. La spiritualità alla
fine spinge la teologia oltre le parole, al silenzio, non il
silenzio della mancanza di significato, ma quello che,
paradossalmente, parla di presenza infinita. La spiritualità
è il fattore unificante che sta alla base di tutti i tentativi di
fare teologia o, più propriamente, di essere un teologo,
perché la teologia, alla fine, è sempre destinata ad essere
vissuta e non appena pensata.
CONCLUSIONE
 Storicamente, la crescita della scolastica
medievale e l'intensificarsi della spiritualità
focalizzata sull'esperienza e l'affettività individuali ha
generato una spirale reciproca sfiducia tra spiritualità
e teologia che permane anche oggi, mentre la
tradizione ortodossa orientale ha continuato a
evitare qualsiasi distinzione di spiritualità dalla
riflessione teologica, sostenendo che chi è un
teologo prega e colui che prega è un vero teologo.
Dalla panoramica che abbiamo presentata, possiamo
arrivare a una prima conclusione che riguarda il
rapporto fra teologia e spiritualità.
 Il contenuto comune è suscettibile di un duplice approccio:
o la ricerca di una comprensione critica che costruisce
un’esposizione scientifica accessibile a tutti, o
un’appropriazione personale della fede che è propria della vita
cristiana personale. Oggi molti teologi si sforzano di giungere
sino al senso esistenziale, esperienziale; per cui, invece di dire
che la spiritualità dipende dalla teologia, sarebbe più giusto
riconoscere che la teologia si avvicina alla spiritualità e se ne
ispira. Tutti abbiamo bisogno di una spiritualità teologica e
d’una teologia spirituale. La riflessione teologica e il
rinnovamento spirituale sono, idealmente parlando, intesi
come un tutto unico. La maggior parte degli studiosi concorda
sul fatto che è importante superare la divergenza tra
l'esperienza della fede e la riflessione intellettuale su di essa.
 Le identità sia della teologia che della spiritualità sono
cambiate negli ultimi decenni. Ognuno si è allontanato dalla
teoria astratta per una maggiore riflessione sull'esperienza.
Dagli anni '50 in poi gli studiosi contemporanei di spiritualità
non solo accettano la natura auto-implicante del loro campo,
ma ci ricordano che la teologia nel suo complesso è auto-
implicante. Ma in che modo teologia e spiritualità si
riferiscono in realtà? Ci sono in generale due scuole di
pensiero. Il primo difende la spiritualità come un campo
separato dalla teologia sia come disciplina che come
metodologia. Il secondo preferisce trattare la spiritualità come
un elemento distinto ma non autonomo della teologia.
Ambedue, però, credono che la spiritualità e la teologia siano
partner reciprocamente interattivi che rispettano l'autonomia
reciproca.
 Riguardo gli aspetti tecnici (inserzione
accademica, istituzionalizzazione, specializzazione)
la teologia ha più età e maturità che la spiritualità.
Per quanto riguarda, invece, alla sapienza ed
esperienza cristiana, è la spiritualità la più matura.
Il fatto è che la crescente presenza e uso della
spiritualità in teologia «rendi più necessaria la sua
coltivazione intensa a vantaggio di tutti. Come
successo con la dimensione biblica, pastorale,
liturgica, che si sono sviluppate allo stesso tempo
come specializzazione e come dimensione
essenziali di tutta la teologia».
 Nel suo recente discorso alla comunità di questa Pontificia Università Gregoriana,
il Papa Francesco ha menzionato tra gli aspetti importanti della vita delle tre
istituzioni del Consorzio Gregoriano l’aspetto del rapporto tra studio e vita spirituale.
Diceva il Santo Padre:
 «Vostro impegno intellettuale, nell'insegnamento e nella ricerca, nello studio e nella
più ampia formazione, sarà tanto più fecondo ed efficace quanto più sarà animato
dall’amore a Cristo e alla Chiesa, quanto più sarà solida e armoniosa la relazione tra
studio e preghiera. Questa non è una cosa antica, questo è il centro! Questa è una
delle sfide del nostro tempo: trasmettere il sapere e offrire una chiave di
comprensione vitale, non un cumulo di nozioni non collegate tra loro. C'è bisogno di
una vera ermeneutica evangelica per capire meglio la vita, il mondo, gli uomini, non
di una sintesi ma di una atmosfera spirituale di ricerca e certezza basata sulle verità
di ragione e di fede. La filosofia e la teologia permettono di acquisire le convinzioni
che strutturano e fortificano l’intelligenza e illuminano la volontà...ma tutto questo è
fecondo solo se lo fa con la mente aperta e in ginocchio. Il teologo che si compiace
del suo pensiero completo e concluso è un mediocre. Il buon teologo e filosofo ha un
pensiero aperto, cioè incompleto, sempre aperto al maius di Dio e della verità,
sempre in sviluppo... Questo è il teologo che ha la mente aperta. E un teologo che
non prega e che non adora Dio finisce afiondato nel più disgustoso narcisismo. E
questa è una malattia ecclesiastica. Fa tanto male il narcisismo dei teologi, dei
pensatori, è disgustoso».

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