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Paolo Martinelli, OFMCap1

TEOLOGIA SPIRITUALE ED ESPERIENZA.


ALCUNI PUNTI CHIAVE

1. Il prof. Meiattini (OSB) ha mostrato nella sua relazione introduttiva


come la tematica della teologia spirituale in rapporto al concetto di esperienza, nella prospettiva di un fruttuoso dialogo interdisciplinare, sia stato assai vivo negli ultimi cinquantanni di ricerca teologica2. Nonostante le
molte difficolt linguistiche e concettuali, la questione dellesperienza appare vitale in teologia ed in teologia spirituale in particolare. Nel suo intervento sono stati notati alcuni approcci essenziali che aprono alla interdisciplinariet. Si tratta di approcci paradigmatici non privi di problematicit: la visione oggettivistica della fede che si d nellapproccio di Walter Kasper; la rilettura trascendentale dellesperienza come orizzonte dellintenzionalit conoscitiva di Bernhard Lonergan manifesta una forte potenzialit
interdisciplinare; lapproccio integrale tra oggetto e soggetto della esperienza in Balthasar tematizza il concetto di soggettivit archetipa di Ges
di Nazareth come criterio di discernimento di ogni esperienza ed introduce
lapproccio estetico della percezione: la Wahrnehmung; infine, lapproccio di
Gislain Lafont come esperienza liturgica, dove il rapporto mito-rito inserisce la chiave di lettura del bisogno antropologico di sentirsi narrare il proprio inizio. Il concetto di esperienza liturgica ha suscitato interesse e costituisce indubbiamente un fattore normativo dellesperienza spirituale: lex
orandi come punto di incrocio di lex credendi e lex vivendi. Questa affermazione del resto per molti aspetti del tutto tradizionale. Ricorda il gesuita Rupnik: la Chiesa faceva anticamente teologia sulla liturgia, una teologia rivelata in e attraverso la liturgia stessa, come espressione prima e
privilegiata della Chiesa, della sua fede e della sua vita, come norma vivente della Chiesa3.
1

La comunicazione tiene conto dei contributi dei Prof. ri Alvaro Cacciotti, ofm, Tedros
Abraha, ofmcap, Mario Cucca, ofmcap, e dei dottorandi Zacharie Kolantrin, ofmcap, e Alceo Grazioli, TOR.
2
Cf. il primo intervento in questo fascicolo.
3
M. RUPNIK, Teologia Spirituale, in G. BARBAGLIO - G. BOF - S. DIANICH (edd.), Teologia, (I

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2. Tuttavia qui si ripropone il problema della relazione di tale eventomediazione (levento rituale in relazione allevento originario) con la concreta esperienza storica. Qui emerge soprattutto la riflessione tesa a identificare il proprium della teologia spirituale. necessario uscire definitivamente dalla inadeguata concezione deduttivistica, che vedrebbe lo spirituale come il luogo in cui applicare ci che stato elaborato altrove. Tale impostazione, infatti, rischierebbe di condannare nellinsignificanza e irrilevanza teologica la quasi totalit di testi, scritti, poemi, prose, diari, regole proprie di autori spirituali e di mistici, in cui lesperienza spirituale si
attesta e si offre alla conoscenza e allo studio. Tale letteratura non pu essere considerata meramente ausiliaria o applicativa. Ora, non ci si deve nascondere che questa giusta attenzione apre, dallaltra parte, alla necessit
di cercare un elemento regolativo, non solo linguistico ma anche contenutistico, per affermare ci che pu essere giustamente riconosciuto come
spirituale cristiano, in un epoca in cui il carattere esperienziale non privo di ambiguit, come anche lo spirituale4. Cosa pu identificare lo spirituale cristiano, inteso come esperienza spirituale? Quale metodo permette
di arrivare a questa affermazione? Induzione, deduzione, analisi storica,
letteraria, psicologica dei fenomeni?
3. Vorrei qui accennare al fatto che la teologia spirituale, come la conosciamo oggi, certamente esito di una storia prima della quale non si dava una disarticolazione tra oggetto e soggetto della fede e della esperienza, ovvero tra fides qua e fides quae creditur5. E questo non certo in forza della impossibile deduzione dal dogma dellesperienza, ma per una ingenua
circolarit vissuta, la cui attestazione formale pi probante la struttura
dei quattro sensi in riferimento alla Sacra Scrittura6, in cui la Parola attestata veniva colta nel senso storico e spirituale e dove nello spirituale vi era

dizionari San Paolo), San Paolo, Cinisello Balsamo 2002, 1755.


4
Si rileva dalla recente letteratura il dato che il lemma spiritualit viene applicato ad
una serie svariata di contenuti, anche estranei allesperienza cristiana. Spesso, ci avverte la
sociologia, la spiritualit acquista il significato di una sorta di democraticizzazione del
rapporto per lo pi individuale con il sacro, inclusa una sorta di emancipazione dallappartenenza religiosa istituzionale. Dal punto di vista dello spirituale cristiano invece occorre
sostenere la qualit spirituale dellumano, di cui il cristianesimo si sente custode, promotore, rivelatore. Cf. su questo gli interventi di G. Giordan e di P. Sequeri al recente convegno residenziale La spiritualit in Italia. Il suo studio, il suo insegnamento svoltosi a Milano presso la Facolt teologica dellItalia settentrionale (15-16 settembre 2009).
5
Per una breve ricognizione storica: P. MARTINELLI, La teologia spirituale, in G. LORIZIO
N. GALANTINO (edd.), Metodologia teologica. Avviamento allo studio e alla ricerca pluridisciplinari, Cinisello Balsamo (Mi) 32004, 541-576.
6
Cf. su questo gli studi insuperati di H. De Lubac sullesegesi medievale.

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il senso dogmatico (allegorico), morale (tropologico) ed escatologico (anagogico). Ora, a ragione Giovanni Moioli affermava che con il passaggio alla modernit la teologia delimita in concreto il proprio ambito alloggettivit cristiana, cio alla fede [] nel suo versante oggettivo, non prestando invece attenzione alla medesima realt della fede anche precisamente in quanto essa vive e si appropria linsieme dei valori cristiani7. Da
ci si comprende anche la sua proposta di vedere nella esperienza spirituale lappropriazione credente particolare e storicamente determinata delluniversale verit cristiana. Ma questa visione sfugge al rischio del deduttivismo
solo se si riconosce il legame tra verit ed esperienza (e libert credente)
come originario e non derivato. Vale a dire: la verit cristiana non pu mai
essere considerata a prescindere dalla figura intenzionata dalla rivelazione di Dio e che la fede8.
4. Ci reale solo se coglie inseparabilmente il dato e la libert, quale mediazione intrinseca di ogni esperienza. In tal modo lesperienza spirituale nella sua concretezza di forma storica non mai deducibile ma attestabile e riconoscibile. E questo il lavoro teologico spirituale. Nessuna esistenza cristiana nella sua fatticit deducibile n dal dogma, n dalla liturgia. Ma senza questi non si darebbe concreta esperienza cristiana: il dato o tradizione che, come spiegava Blondel9, il luogo di pratica e di esperienza.
Ricordiamo che anche lapproccio ermeneutico di Gadamer riconosce, a
sua volta, lappartenenza alla tradizione e il ruolo dellautorit come elementi
decisivi dellesperienza e dellinterpretazione stessa10. La libert, che la rivelazione cristiana postula, per natura sua non disponibile prima del suo attuarsi. Per questo ogni spiritualit manifesta linesauribile potenzialit del
Vangelo senza poter essere preventivabile poich la mediazione della libert non afferrabile prima del suo accadere. LOriginario si dispiega nelle sue
potenzialit nellesperienza spirituale, senza che questa possa mai esaurirlo11.

G. MOIOLI, Teologia Spirituale, in S. DE FIORES - T. GOFFI (edd.), Nuovo dizionario di Spiritualit, San Paolo, Cinisello Balsamo 1985, 1597-1609, qui 1599.
8
Ci piace ricordare a questo proposito che fu proprio il giovane studente Joseph Ratzinger a dimostrare nella sua Habilitationsschrift su san Bonaventura il fatto che il concetto
di rivelazione fino al medioevo, al contrario dellepoca moderna, non indica primariamente
un contennuto ma una azione che pertanto per natura sua implica il soggetto della sua
ricezione, ossia la libert credente, cui la verit di Dio destinata: Offenbarungsverstndnis
und Geschichtstheologie Bonaventuras.Die ungekrzte Habilitationsschrift und weitere Bonaventura-Studien, Herder, Freiburg iB. 2009.
9
Cf. M. BLONDEL, Storia e dogma, Queriniana, Brescia 1992, 103-137.
10
Cf. H.G. GADAMER, Verit e metodo, Milano 1987.
11
Qui si pone la decisiva questione di distinguere lInizio dallOrigine/Fondamento; termini che spesso vengono erroneamente confusi e ritenuti sinonimi.

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5. Se questa lesigenza che si manifesta nella storia della spiritualit,


allora necessario cercare di rigorizzare il senso delle espressioni utilizzate. Credo si possa partire dalle insuperate riflessioni di Jean Mouroux12,
che definiva lesperienza autentica nella sua forma elementare come esperienza esperienziale, la quale va oltre lesperienza meramente empirica, quale livello incipiente in cui si d il mero provare ancora inconsapevole e passivo, ma che non si attesta nemmeno al livello sperimentale, che si d nellesperienza cosciente suscettibile di misura, proprio del
sapere scientifico e dellesperimento, controllato e ripetuto dal soggetto.
Il livello esperienziale dellesperienza elementare un cogliersi in rapporto con
s, con il mondo e con Dio. un accorgersi. In tal senso una categoria decisiva appare essere quella dellincontro della persona con il mondo. Lesperienza religiosa appare essere lesperienza elementare colta nel suo aspetto ultimativo. Lesperienza spirituale cristiana si iscrive allinterno di questo
incontro in cui Dio viene nel mondo offrendosi alla relazione libera con
luomo, la cui figura compiuta quella dellalleanza: legame tra due libert
nella forma della reciprocit asimmetrica.
6. Lesperienza spirituale pu essere intesa, dunque, come cogliersi
che percezione, oserei dire, estetica. Questo cogliersi non si attesta innanzitutto in un concetto ma in una testimonianza, che dice e scrive di s:
si mostra in forme che si offrono alla percezione. Per questo nella testimonianza lesperienza spirituale si riconosce, vale a dire si coglie in essa
una modalit dellunica verit di Dio. Nellaccostare un diario, un poema
mistico, una regola di vita scritta da un fondatore riconosco ci che conosco gi in modo nuovo, antropologicamente e teologicamente. In tal
senso lesperienza spirituale non applicativa della dogmatica ma non le
originariamente estranea. ci che ne permette il riconoscimento.
7. Qui andrebbe esplicitato il carattere spirituale dellesperienza con
un riferimento esplicito al vivere secondo lo Spirito (san Paolo). Qui non
si pu che fare un breve accenno al fatto che lelemento pneumatologico
dellesperienza cristiana va indubbiamente esplicitato in quanto dimensione che permette tale esperienza e la sua testimonianza. Il concetto che
pi pu aiutare a comprendere lazione dello Spirito in questo contesto
quello di ispirazione relativo alla Sacra Scrittura. Se il testo sacro parola
attestata, nella consapevolezza che tale Parola coincide con levento cristologico, allora anche lesperienza spirituale non pu che accadere in forza di un dono dello stesso Spirito che agisce nella libert credente e che si

12

J. MOUROUX, Lesperienza cristiana. Introduzione a una teologia, Brescia 1956.

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attesta a sua volta in particolari testimonianze. Nella tradizione giovannea


interessante rilevare che lo Spirito Santo che rende originariamente testimonianza (Gv 15,26) e rende i discepoli capaci di testimonianza.
Si dovrebbe ancor aggiungere che, come per la Sacra Scrittura, anche la
testimonianza dellesperienza spirituale non compresa fino in fondo se
non quando interpretata nello stesso spirito nella quale stata data. E ci
presuppone una certa affinit di esperienza con quella narrata nel testo. Vale anche qui il principio affermato per cui la giusta conoscenza di un testo
accessibile solo a colui che ha unaffinit vissuta con ci di cui parla il
testo13.
8. Da qui si pone il problema dellermeneutica delle attestazioni dellesperienza spirituale. A questo punto appare evidente tutto linteresse per la storia
e per la lettera che deve caratterizzare il lavoro teologico spirituale. Ma andiamo con ordine: questo pone il problema delle fonti della teologia spirituale.
In quanto teologia ha le stesse fonti della teologia come tale: la rivelazione,
Parola di Dio scritta e trasmessa, la viva Tradizione ecclesiale, la liturgia,
con la normativa istanza interpretativa del magistero. E poich tale lavoro
teologico tematizza lappropriazione libera del dono universale di Dio,
essa studier la forma storica, letteraria, iconografica di tale attestazione
come forme di Ri-scrittura della scrittura (delloriginario, senza mai superarlo), che non relativizza quella canonica ma la esalta, come san Francesco riscrive il Vangelo con la sua vita e nei suoi scritti stabilendo un itinerario singolare tra un versetto della Scrittura e un altro. Qui certamente
la scienza storica ci fornir gli strumenti per cogliere le testimonianze che
lesperienza d di s, cos lanalisi dei testi, dei linguaggi, dei generi letterari.
8.1. A questo punto si pongono anche i suggerimenti provenienti dallapproccio fenomenologico, che pi di altri pone a tema il riconoscimento dellesperienza nelle sue attestazioni. Essa non deduce ma studia la coscienza nella sua intenzionalit conoscitiva, nella sua disposizione a cogliere lessenza nel concreto.
8.2. Altrettanto decisiva appare qui la questione ermeneutica nei confronti delle attestazioni. Qui mi sembra possibile ancora una volta fare un
discorso analogico a quello che viene effettuato per la Sacra Scrittura. La
questione inerente la relazione tra metodo storico e sue nuove integra-

13
PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Linterpretazione della bibbia nella Chiesa, Citt del Vaticano 1993, II,A,1.

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zioni e lermeneutica della fede appare decisiva affinch si mantenga la


tensione tra le parole umane e la Parola divina. Cos nelle attestazioni storico-letterarie dellesperienza spirituale avviene un processo analogo, che
deve essere colto in relazione alla scrittura sacra: non avremo compiuto lo
studio delle attestazioni fin quando non avremo effettuato una ermeneutica della fede, che sar informata dagli elementi obiettivi. E qui si pu riscoprire il primato allazione liturgica, nella quale la lex orandi contiene nella forma dellazione (libert) la proclamazione della Parola di Dio e la celebrazione del sacramento unitamente allofferta che ogni fedele fa della
propria vita.
8.3. Da ci si evince un carattere peculiare: nella percezione (estetica) della testimonianza avviene in un certo senso una partecipazione alla riscrittura propria dellesperienza spirituale che si sta studiando. In tal senso il
riconoscimento dellesperienza attestata implica la propria esperienza. In
tal senso, parafrasando lespressione di Gregorio Magno, anche lesperienza
spirituale si dilata in coloro che ri-scrivono la testimonianza, la quale si attesta cos come il vero culmine dellesperienza spirituale stessa.
Rahner aveva detto che il cristiano del futuro o sarebbe stato mistico o
non sarebbe stato; a ci mi sembra doveroso aggiungere che in realt il cristiano sar tale solo se testimone. Qui a mio avviso si coglie il valore intrinsecamente formativo dellesperienza spirituale e dello studio dellesperienza spirituale.
8.4. Questa impostazione presuppone lassumere approcci differenti al
dato dellesperienza spirituale. Lasciandosi alle spalle una visione deduttivistica, si deve poter elaborare un metodo che sappia valorizzare sia listanza fenomenologica che ermeneutica e non disdegni lattestazione ontologica. Anche se esse storicamente hanno genesi differenti, oggi le loro
istanze possono e devono essere integrate.
Un autore che andrebbe utilizzato maggiormente in teologia spirituale
con tutta probabilit Paul Ricoeur che, ad esempio in un saggio come lErmeneutica della testimonianza, non indugia su una ermeneutica come rinuncia allattestazione veritativa, in quanto ncora il processo interpretativo alla mediazione dellimmediato che si attesta, prima del quale non si d nulla
da interpretare e vede pertanto il senso filosofico (assoluto) della testimonianza nei contrassegni che lassoluto d di s nella storia, interpretando i
quali il soggetto ermeneutico comprende se stesso14. In questa prospettiva

14

Cf. P. RICOEUR, Ermeneutica della testimonianza, in Testimonianza Parola e Rivelazione. Introduzione e traduzione di F. Franco, Dehoniane, Roma 1997, 73-108.

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sul nostro tema andrebbero studiati anche autori come Romano Guardini,
Edith Stein e Jean Luc Marion.
9. Assai interessanti sono i contributi che si prospettano dal punto di vista biblico. Un primo contributo quello inerente, come gi si fatto cenno, al significato del testo sacro, alla scrittura in relazione allevento originario dellAlleanza, come evento dellincontro tra Dio che si rivela e luomo
che si lascia coinvolgere in questa relazione. La struttura dellalleanza appare come particolarmente significativa per comprendere la struttura della esperienza spirituale nei termini in cui ne abbiamo parlato. Lesperienza maggiormente attestata del Patto del Sinai e dal suo fallimento: Solo a
partire dalla fine, infatti, possibile fare una (ri)lettura globale del tutto; in
tal senso esattamente lesperienza finale per eccellenza della storia biblica, cio la tragedia dellesilio, interpretato come lesperienza della rottura definitiva dellalleanza o meglio, della relazione suggellata nellalleanza a far emergere la fisionomia specifica di una alleanza originaria,
la cui figura anticipatrice rintracciabile nellalleanza stipulata con Abramo e con Davide, ma il cui compimento oggetto della promessa di una
alleanza nuova ed eterna15. Sempre in ambito biblico si propone uno studio sulla categoria di Popolo che indica una struttura determinante dellesperienza religiosa (mai meramente individualistica), particolarmente
eloquente oggi in relazione al movimento migratorio di popoli e al sorgere di nuove istanze di appartenenza16.
Con quanto affermato si perimetrato uno spazio che pu, spero, permettere un affronto di alcune nuove frontiere della teologia spirituale, di
cui vorrei ricordare innanzitutto la qualificazione dellesperienza cristiana
in relazione ai contesti multi religiosi in cui ci troviamo sempre di pi a vivere, alla secolarizzazione e alle sue opportunit per lesperienza spirituale e la credibilit delle sue testimonianze.

15
16

losservazione fatta nella discussione in seminario dal prof. Mario Cucca.


losservazione fatta nella discussione in seminario dal prof. Tedros Abraha.

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