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Guida di Psicologia dell’Emergenza

1. Etimologia di psicologia dell’Emergenza:


Emergenza: (dal latino ex mergere: uscire dall’acqua), ciò che viene a galla, ciò che si manifesta con
chiarezza ed evidenza, ciò che irrompe nella normalità. È un momento critico che richiede un intervento
immediato; riguarda le circostanze improvvise e inattese in cui vi è il pericolo o il rischio di morte o altre
minacce all’integrità fisica degli esseri umani.
Si fa riferimento sia ad eventi macroscopici come i disastri sia ad eventi più frequenti come gli incidenti o
gli atti di violenza (emergenze quotidiane).

2. Alla ricerca di una definizione:


A. “La psicologia dell’emergenza è la ricerca, la pratica e l’applicazione delle conoscenze psicologiche nei
contesti di emergenza. Essa si occupa principalmente di studiare le reazioni umane negli eventi avversi, di
promuovere la salute mentale e di rafforzare le competenze psicosociali prima che tali circostanze siano
avvenute o dopo il loro accadimento”. Pietrantoni e Prati.
B. “La psicologia dell’emergenza è uno specifico ambito di studio e di applicazione che mira - in un contesto
di emergenza a preservare e favorire l’equilibrio psichico delle vittime, dei parenti e dei soccorritori, in
seguito all’effetto destabilizzante di eventi catastrofici e traumatici in senso lato.
C. “La psicologia dell’emergenza è l’insieme delle pratiche e di saperi utili a comprendere e sostenere le
menti (individuali e collettive) che fronteggiano eventi potenzialmente distruttivi, prima, durante e dopo il
loro manifestarsi” (Sbattella, F., 2009, p.13)
D. “La psicologia dell’emergenza consiste nel prendersi cura delle persone che hanno attraversato o stanno
attraversando un evento drammatico, con rischio di vita personale o con la presenza reale di morte e
distruzione di altri”.
E. La psicologia dell’emergenza si rivolge a “persone normali che reagiscono normalmente a una
situazione anormale e all’identificazione delle persone che rischiano di incorrere in menomazioni
psicologiche o sociali gravi a causa dello shock della calamità”.

3. Gli eventi di psicologia dell’Emergenza sono:


A) Gli eventi traumatici individuali possono essere:
1-Gravi eventi esistenziali (aggressioni, stupro, incidenti, morti cruente, ecc.)
2-Gravi situazioni cliniche (morte o diagnosi infausta di persona cara, imminenza della propria morte)
L’evento critico è individuale, il trauma compromette l’assetto mentale, emotivo e affettivo, lo stato di crisi:
stravolgimento del modo di pensare, sentire e agire. Come dicono gli esperti del trauma: è una frattura tra
il prima e il dopo dal punto di vista narrativo
B) Gli eventi dell’emergenza collettiva possono essere:
-Comunità colpita da eventi estremi (evento critico collettivo, distruzione dei luoghi, stato di crisi:
stravolgimento del sistema sociale)
1. Situazioni traumatiche causate da catastrofi naturali: come terremoti, maremoti, uragani e alluvioni.
2. Situazioni traumatiche causate da catastrofi non naturali, come guerre, attacchi terroristici, ecc.
Conducono a … Natech = naturale + tecnologico (tipologia particolare, esempio Fukushima)

4. Psicologia dell’Emergenza in Italia


+La Protezione Civile nasce nel 1982 per coordinare le risorse nazionali utili a garantire l’assistenza alla
popolazione in caso di grave emergenza. Fino a quel momento potevano andare tutti gli enti (polizia,
carabinieri, marina…) senza coordinamento.
+Il ritardo nei soccorsi e la mancanza di coordinamento emersi in seguito al terremoto dell’Irpinia del 1980
avevano evidenziato la necessitò di istituire questa struttura permanente e non creata all’occasione.
Lo psicologo dell’emergenza deve conoscere i “Criteri di massima per l’organizzazione dei soccorsi sanitari
nelle catastrofi” specificati nel D.M: 13/02/2001 (vedi oltre) che stabiliscono la necessità di offrire supporto
psicologico a poche ore dall’evento catastrofico. → nascita psicologia dell’emergenza dal punto di vista
formale. Prima del 2001 non troveremo interventi fatti in Italia (primi interventi: scuola di san giuliano 2002,
Pirellone a Milano…)

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Nel 2006 (Direttiva del Presidente del Consiglio n.200, 29/08/2006) stabilisce che: “Nel contesto degli
interventi di sostegno alle vittime di eventi catastrofici è necessario prestare la massima attenzione ai
problemi di ordine psichiatrico-psicologico che possono manifestarsi nelle popolazioni colpite e sui loro
soccorritori.

5. In psicologia dell’Emergenza: i criteri di massima del 2001 specificano:


1. Definizione di Catastrofe e altri eventi critici
2. Reazioni all’evento critico (effetti psicologici-psichiatrici)
3. Introduzione delle EPE (Equipe Psicosociale Emergenza), funzioni, ambiti di intervento, formazione,
destinatari
4. Triage (psicologico)
5. Interventi specifici per soggetti a rischio
6. Catena dei soccorsi

6. Personale delle EPE (Equipe Psicosociale Emergenza):


A. La Regione individua, di norma, tra il personale dei servizi dipendenti i componenti dell’Equipe.
B. Il personale selezionato
C. Il personale dovrà essere adeguatamente formato sui compiti da svolgere in situazioni di catastrofe

7. Equipe Psicosociale Emergenza (EPE):


A. L’ equipe, per poter rispondere immediatamente in situazioni di emergenza, deve inquadrarsi all’interno
dell’organizzazione sanitaria delle maxiemergenze in modo da potersi avvalere di supporti logistici
B. Il suo responsabile, nell’area del disastro, opera nel rispetto delle linee gerarchiche
C. L’equipe avrà la sua sede di lavoro nei locali di una struttura fissa o mobile (tenda) e opera in prossimità
del Posto Medico Avanzato (PMA)
D. Ad essa deve essere garantita la sicurezza e la riservatezza per lo svolgimento delle attività di colloquio
oltre che un adeguato spazio per le attività di gruppo e di coordinamento
E. I suoi operatoti dovranno esser riconoscibili attraverso casacche o giubbotti di colore verde a cui va
apposta la sigla “PSIC” (bisogna essere identificati)

8. La psicologia dell’Emergenza dal punto di vista legislativo:


In Italia, la legge 225 del 24/2/1992 definisce ‘emergenza’ ogni situazione in cui è necessario attivare risorse
di soccorso fuori dall’ordinario (l’incidente anche grave affrontabile dalle normali forze predisposte non è
un’emergenza):
-Chiarisce quali soggetti ed in quali condizioni possono decretare uno stato di emergenza
-A questo scopo si distingue tra incidenti semplici, incidenti complessi e catastrofi (Art.2). nei primi due
spesso non è necessario dichiarare lo stato d’emergenza
Nel 2001 La “Gazzetta Ufficiale” ha fornito un’ulteriore classificazione dei disastri:
1. ‘eventi catastrofici a effetto limitato’
2. ‘eventi catastrofici che travalicano le potenzialità di risposta delle strutture locali’

9. Tipi di incidenti:
− Incidenti semplici: eventi dannosi naturali o connessi con l’attività dell’uomo, che possono essere
fronteggiati mediante interventi attuabili. Es.: piccole frane, incidenti stradali, incendio circoscritto.
+Pur non essendo scenari complessi essi possono rappresentare per l’individuo, la sua famiglia, i soccorritori,
un’esperienza esistenziale gravissima, negativa e inattesa.
+Le risposte psicologiche a tali eventi sono sovrapponibili a quelle delle grandi emergenze, mentre rispetto
a queste manca l’impatto sistemico dovuto alla numerosità delle persone coinvolte.
− Incidenti complessi: situazioni critiche in cui sono coinvolte contemporaneamente molte persone e che
possono essere fronteggiate con l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti (non
bastano i vigili del fuoco ma servono altre strutture). Es.: incidente stradale o industriale con decine di vittime
che coinvolge diverse organizzazioni, quali sanitari, vigili del fuoco, protezione civile, forze dell’ordine.
+L’ampiezza dei danni, tuttavia, non intacca la rete delle comunicazioni, dei trasporti e dell’accoglienza.
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− Disastri: disastri, calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere
fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.
+Anche se il numero di vittime è limitato vengono sconvolte le infrastrutture, i sistemi di comunicazione, le
organizzazioni e l’intero tessuto sociale
+Lo sconvolgimento complessivo genera molti bisogni quali: evacuazione, orientamento, ricongiungimento,
soccorso sanitario, estricazione, messa in sicurezza, ripristino delle reti di comunicazione
+Es.: terremoto (come quello dell’Aquila dove i soccorsi per la parte sanitaria e per tutto il resto sono arrivati
da tutta Italia), grave incidente industriale…
In seguito al territorio dell’Aquila, nel 2010 ci fu uno scandalo della protezione civile hanno deciso di
cambiare una parola nella legge “catastrofi e grandi eventi” (sono saltati i criteri per gli appalti… perché
grandi eventi potevano anche essere le olimpiadi!).

10. Tipi di vittime


1. Vittime di primo livello (persone che hanno subito direttamente l’evento critico)
2. Vittime di secondo livello (parenti e amici delle vittime di primo livello)
3. Vittime di terzo livello (soccorritori, professionisti e volontari, chiamati ad intervenire sulla scena
dell’evento traumatico)
4. Vittime di quarto livello (membri Della comunità, al di fuori dell’area colpita, che in qualche modo si sono
interessati o occupati dell’accaduto. C’è un’identificazione, un sentirsi coinvolti. Questo è successo quando
c’è stato il disastro delle torri gemelle, dove tutta New York si sentiva coinvolta)
5. Vittime di quinto livello (soggetti con condizioni pre-impatto critiche)
6. Vittime di sesto livello (persone che potrebbero essere state vittime ma casualmente non sono state
convolte)

11. Il Protocollo CISM (Critical Incident Stress Management)


È il protocollo globale all’interno del quale ci sono le attività CISD e CISO, viene definito da Mitchell come
un uno dei modelli di intervento sulla crisi più diffusi ed applicati. “È un modello di intervento per
l’attenuazione dello stress da eventi critici ‘globale, multicomponente e sistematico” (disastri, violenze,
decessi inattesi, calamità).
Comprende una decina di strategie classificabili in base alla scansione temporale:
1. Interventi di prevenzione primaria (prima dell’incidente critico)
2. Interventi post-evento: sostegno in fase acuta, incluso il Defusing (per la stabilizzazione della fase acuta)
ed il CISD (Debriefing), prevenzione secondaria.
Il CISM è suddiviso in tre fasi:
1. Fase pre-critica (interventi preventivi di formazione sulle reazioni traumatiche e psicoeducazione).
2. Fase critica (primo soccorso psicologico, defusing e debriefing).
3. Fase post-critica (consulenze di sostegno individuale o familiare, follows-up [Seguimento]).
I principi del pronto soccorso psicologico vanno utilizzati in tutte queste fasi e devono essere la cornice
generale. All’interno della tavola c’è la divisione:
1. La fase della stabilizzazione (prime 24-48 ore)
2. L’identificazione di abilità di coping e delle risorse (24 ore-12 settimane)
3. Sostegno del recupero (2-52 settimane)
 Passata questa prima fase di intervento, nella seconda fase c’è più tempo, la popolazione è stata conosciuta
e ci sarà pertanto un assesment più preciso. L’intervento fatto in gruppi sarà il debrifing dello stress da eventi
critici o CISD.
Rimane l’intervento individuale e di stabilizzazione per le persone in fase acuta. Le sessioni poi di
informazione/formazione (CISO).

12. Cos’è la Triage


+ In Pronto soccorso consiste in una rapida valutazione della condizione clinica dei pazienti e del loro rischio
evolutivo attraverso l’attribuzione di una scala di codici colore volta a definire la priorità di trattamento.

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+In psicologia è il Processo accoglitivo-valutativo-decisionale che, attraverso l’uso di criteri e modalità
prestabilite, consente una valutazione psicologica di un soggetto, articolata in momenti successivi e ben
definiti:
a) Accoglienza (disponibilità, empatia, rassicurazione, normalizzazione, ecce.)
b) Riconoscimento (dei segni, dei sintomi e del problema principale)
c) Attribuzione (del codice di priorità).
Si parla anche di priorità:
BASSA: con sintomi psicopatologici lievi che richiedono intervento di supporto psicologico.
MEDIA: sintomi psicopatologici di gravità intermedia che richiedono una valutazione specialistica.
ALTA: con gravi reazioni peritraumatiche che comportano marcata riduzione dell’autonomia individuali,
ridotta consapevolezza di malattia, compromissione delle funzioni cognitive, pericolosità per sé e per gli altri
e pertanto richiedono interventi immediati o valutazioni specialistiche.

>DEFUSING (disinnescare)
Momento strutturato di accoglienza tipico della psicologia d’emergenza che serve ad abbassare il livello di
impatto. È un intervento che si svolge subito dopo la situazione d’emergenza; dunque, viene chiamato
“intervento emotivo a caldo”.
 Tecnica di intervento breve (20-40 minuti) perché deve abbassare la reattività
 Entro poche ore dall’evento
 Per: offrire sostegno, rassicurazione e informazione, riducendo il senso di isolamento → forma di pronto
soccorso psicologico dove non si vogliono elaborare le cose ma accogliere e contenere quello che la persona
porta
 Variante informale e brevissima, sfruttando momenti di pausa (molti psicologi dell’emergenza girando
per la tendopoli ritirando il piatto del pasto chiedono “come va?”)
 6 passi:
1. Stabilire il contatto
2. Assessment
3. Far emergere i fatti
4. Indagare i pensieri
5. Indagare gli stati d’animo
6. Sostenere, rassicurare e informare soprattutto sulle reazioni post traumatiche
Incontro o discussione di gruppo (20-45 min) condotta entro le primissime ore post-evento. Prevede tre fasi
(struttura a sandwich cognitivo-emozioni-cognitivo):
1. Fase Introduttiva → Presentazione del conduttore, descrizione degli obiettivi, garanzia della riservatezza,
libertà di non parlare.
2. Fase Esplorativa → I partecipanti descrivono ciò che è accaduto, si incoraggia la condivisione di
esperienze e reazioni, elaborazione cognitiva dell’evento, non si indaga eccessivamente sulle emozioni.
3. Fase di formazione → Viene spiegato che le reazioni sperimentate sono normali, insegnamento di
strategie di riduzione dello stress. Si torna sul cognitivo.
Si procede quindi dal livello cognitivo, si prosegue con la descrizione del proprio coinvolgimento ed
esplorazione delle reazioni per terminare a livello cognitivo (insegnamenti); ciò potenzia il contenimento
delle reazioni emotive in fase acuta.
>DEBRIEFING → avviene in una fase successiva
Ha come obiettivo di integrare la componente cognitiva con quella emozionale ed ha una strutturazione
diversa, rispetto al defusing, da un punto di vista temporale e organizzativo. Viene infatti chiamato
“intervento emotivo a freddo”.
 24-76 ore dopo l’evento
 Mai sulla scena del disastro, deve esserci la distanza che permetta maggior elaborazione emotiva da 1 a
2-3 ore, senza interruzione;
 Per: aiutare a comprendere e gestire emozioni intense, adoperare strategie efficaci di fronteggiamento,
ricevere sostegno sociale

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 Attraverso l’espressione e la verbalizzazione del trauma, sempre nel rispetto del livello di apertura e
disponibilità che le persone hanno (presupposto che vada tirato fuori tutto quando lo voglio io psicologo di
emergenza è letale). “mi è crollato il mondo, è successo questo…”.

13. Cos’è il Critical Incident Stress Debriefing - CISD:


Detto semplicemente ‘Debriefing psicologico’ è un intervento rivolto ad un gruppo omogeneo (8-10 persone)
per 60-180 minuti; è rivolto sia alle vittime sia ai soccorritori; si svolge da 1 a 10 giorni dall’evento;
solitamente condotto da due operatori. È articolato in sette fasi:
1. Introduzione
2. Fase dei fatti
3. Fase dei pensieri
4. Fase di reazione
5. Fase dei sintomi
6. Fase di formazione insegnamento
7. Fase di reinserimento e conclusione
Come il Defusing parte dal livello cognitivo, passa alla discussione delle reazioni emotive per tornare al
livello cognitivo, allo scopo di dare contenimento emotivo. Il CISD non va visto come un singolo intervento
che possa trattare efficacemente la risposta ad un evento critico ma come una parte della gestione più generale
delle risposte all’evento (CISM).

IES – impact of event scale →


È una scala psicometrica standardizzata, composta da 30 item, impiegata per indagare la presenza di una
sintomatologia post-traumatica. Questo strumento è auto somministrato (“self-rating”), ed è composto da tre
sottodimensioni (Ri-esperienza, Iperarousal, Evitamento).

Perché l’EMDR nella post-emergenza?


*Cos’è EMDR è la desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari. Esso viene impiegato
per il trattamento di traumi e stress psicologici di entità più o meno severa. Quest’approccio è basato sul fatto
che l’esperienza traumatica, grande o piccola che sia, può non essere elaborata e portare a ripercussioni sulla
salute psichica e fisica dell'individuo anche nel lungo termine. Scopo dell’EMDR è quello di consentire
all’individuo di elaborare correttamente il trauma e il suo ricordo.
La tecnica dell’EMDR si focalizza proprio sui ricordi del trauma o dell’evento stressante e, mediante
l’utilizzo di movimenti oculari o di altre forme di stimolazione alternata destra/sinistra, si pone l’obiettivo di
desensibilizzare tali ricordi, facendogli perdere la carica emotiva negativa che inevitabilmente possiedono.
- Perché l’EMDR nella post-emergenza?
A) Ridurre la sofferenza (trauma come situazioni dove l’evento supera la capacità di fronteggiamento della
persona → tutto ciò che riguarda solo la parte soggettiva e che stiamo oggi vivendo con la guerra; dal punto
di vista clinico questa rappresenta la definizione più utile)
B) Facilitare il processo di auto-guarigione → aiutare a mettere in moto risorse che fanno iniziare il processo
resiliente
C) Prevenire il precipitare di altre problematiche o disturbi mentali
D) Prevenire il consolidarsi di sintomi post-traumatici
E) Curare la sintomatologia post-traumatica
F) Rafforzare le capacità di resilienza della persona

EMDR: protocollo eventi recenti → c’è una storia traumatica conosciuta dal soggetto ma mai affrontata.
C’è un consolidamento nel tempo delle memorie emotive e fare questo intervento subito può evitare lo
stabilizzarsi. Target= bersaglio: vengono identificati i ricordi/impressioni disturbanti, i momenti più difficili
(es. momento in cui ho sentito i calcinacci durante il terremoto; dopo costa concordia evento che è stato un
trigger: crisi dopo che la persona entra in garage si spegne la luce e ha paura → target quando vede soffitto
che diventa pavimento e si spengono le luci.
-Il trattamento con EMDR può essere parte integrante dell’intervento in fase peri-traumatica e può essere
utilizzato nella rielaborazione dei target fin dalle prime esposizioni ad eventi critici.

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-La costruzione del protocollo per gli eventi recenti consente di intervenire rapidamente ed efficacemente sui
punti di disturbo innescati dall’esperienza traumatica già dal primo mese.
-Sviluppare un’ottica di intervento breve, specialistica orientata al trattamento della crisi e della componente
peri-traumatica velocizza nelle persone l’integrazione e desensibilizza quei segnali di disturbo già presenti
nelle prime settimane. Si ottimizzano i tempi della cura e si evita l’effetto cumulativo.
➔ Il protocollo consiste in 8 fasi:
1. Raccolta dell’informazione e anamnesi
2. Preparazione
3. Assessment
4. Desensibilizzazione
5. Istallazione cognitiva
6. Scansione corporea
7. Chiusura
8. Rivalutazione

14. Pronto soccorso psicologico (bisogna essere formati all’ascolto attivo ed empatico)
Obiettivi:
− Instaurare una relazione umana compassionevole e non intrusiva.
− Migliorare in modo immeditato e progressivo la sicurezza, provvedere al benessere fisico ed emotivo.
− Calmare e orientare i sopravvissuti che sono emotivamente sopraffatti o agitati
− Aiutare i sopravvissuti a comunicare in modo specifico quali sono le loro necessità e preoccupazioni e
raccogliere informazioni aggiuntive a seconda dei casi
− Quanto prima, mettere i sopravvissuti in contatto con reti di sostegno sociale, inclusi i membri della
famiglia, amici, vicini di casa, e le risorse di aiuto nella comunità.
− Sostenere il coping adattivo, riconoscere gli sforzi e punti di forza nel fronteggiamento, potenziare i
sopravvissuti, incoraggiare le persone ad assumere un ruolo attivo nel loro recupero.
L’obiettivo del pronto soccorso psicologico è quello di ridurre lo stress, assistere i bisogni attuali e
promuovere il funzionamento adattivo, non evocare i particolari delle esperienze traumatiche e delle perdite,
perché questa è una cosa riservata al defusing e debrifing con tutte le regole che abbiamo detto. Nel pronto
soccorso psicologico viene la persona che esce dal pullman dove cinque ore prima era sotto le bombe:
bisogna assolutamente ridurre lo stress, leggere i segnali dello stress e saperli riconoscere. Se le persone sono
fuori dalla finestra di tolleranza fare stabilizzazioni mirate.

*1) Connessione (con le persone), 2) calmare (regolare arousal), 3) sicurezza (fisica, devono stare in un
luogo sicuro), speranza (adesso sei al sicuro, possiamo fare qualcosa), 4) efficacia della comunità e di sé
stessi (alcuni profughi passato il primo momento di disorientamento si mettono a fare le cose insieme agli
altri).
un pronto soccorso psicologico ideale dovrebbe avere tutte queste componenti, garantite dal lavoro di
squadra. Dal punto di vista strettamente psicologico ci interessa il calmare, la connessione e l’efficacia.
+Comportamento professionale
1) Agire soltanto all’interno del quadro di riferimento del sistema di risposta ai disastri autorizzato.
2) Modellare risposte sane: siate calmi, gentili, organizzati e d’aiuto (dobbiamo essere i primi a rimanere
dentro la finestra di tolleranza e non è per niente facile.
3) Mantenere la riservatezza in modo appropriato.
3) Rimanere nell’ambito della propria competenza e del ruolo designato
4) Fare appropriati invii quando sono necessarie ulteriori competenze oppure se richiesto dal sopravvissuto
5) Essere informati e sensibili ai temi della cultura e della diversità
6) Prestare attenzione alle proprie reazioni emotive e fisiche, prendersi cura di sé. Esiste il trauma del
soccorritore, un PTSD del soccorritore: non si può pensare di essere ematici e di supporto e totalmente
impermeabili dall’altra parte).
+Comportamento da evitare
A) Non dare per scontato che tutti i sopravvissuti vogliono o hanno bisogno di parlare con l’operatore.
B) Non fare il “debriefing” chiedendo dettagli di quanto accaduto.
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C) Non speculare o fornire informazioni possibilmente imprecise.
+Segnali di sofferenza psicologica
1. Disorientamento (che ore sono, dove sono…)
2. Confusione (mentale, difficoltà ad organizzare il pensiero)
3. Irrequietezza o agitazione
4. Panico
5. Ritiro estremo, apatia, o "chiusura” (forme di ipoarousal)
6. Estrema irritabilità o rabbia
7. Eccessiva preoccupazione (segnali chiari di uscite dalle finestre di tolleranza, prevalentemente in alto e
una in basso).
+Popolazioni a rischio
a. Quelli che sono stati feriti
b. Quelli che hanno avuto numerose delocalizzazioni e spostamenti
c. Bambini e adulti con difficoltà mediche
d. Quelli con gravi malattie mentali
e. Quelli con disabilità fisica, malattie, o deficit sensoriali
f. Adolescenti con propensioni verso il rischio - Adolescenti e adulti con problemi di abuso di sostanze
g. Donne incinte - Madri con neonati e bambini piccoli
h. Personale assegnato alla risposta ai disastri
i. Quelli che hanno avuto una significativa perdita di beni
j. Quelli esposti personalmente a scene grottesche o a estremo pericolo di vita
k. Soprattutto nei gruppi economicamente svantaggiati, un’alta percentuale di sopravvissuti può aver vissuto
eventi traumatici precedenti (es. la morte di una persona cara, aggressione, disastro).
+Azioni principali
1. Contatto e coinvolgimento
2. Sicurezza e comfort
3. Stabilizzazione
4. Raccolta di informazioni
5. Assistenza pratica
6. Collegamento con reti di sostegno sociale
7. Informazioni sul coping
8. Collegamento con i servizi di sostegno
+Modellare il sostegno
− Commenti e domande di potenziamento:
“Che cosa hai fatto in passato per aiutarti a stare meglio quando le cose sono state difficili?”
“Ci sono delle cose che potrebbero aiutarti a sentirti meglio?” sono risorse: è importante dirlo. È un modo
ipnotico per spostare il focus.
“Ho un foglio informativo con alcune idee su come affrontare situazioni difficili. Forse ci sono un paio di
idee che ti potrebbero essere utili”. Materiale informativo sullo stress, sul coping…
+Informazioni
Le informazioni possono aiutare i sopravvissuti a gestire le loro reazioni di stress e affrontare i problemi in
modo più efficace. Tali informazioni includono
− Quali sono le conoscenze sull’evento in corso
− Cosa si sta facendo per assistere le persone
− Cosa, dove e quando sono disponibili i servizi
− Reazioni post-disastro e come gestirle (la persona che trema, ha un attacco di panico…)
− Cura personale, cura della famiglia e coping
+Informare sulle reazioni psicologiche comuni ad eventi traumatici e perdite → quando il contesto è più
stabile e lo permette, si possono fare degli incontri di informazione dove le persone possono chiedere. Si può
informare sull’esistenza di:
1. Reazioni intrusive sono modi nei quali l’esperienza traumatica torna alla mente.
2. Reazioni di evitamento e ritiro vengono spesso usate dalle persone per mantenere lontano o per proteggersi
dal disagio.
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3. Le reazioni fisiche di arousal sono cambiamenti fisici che rendono il corpo reattivo come se il pericolo
fosse ancora presente.
+Informare sulle reazioni psicologiche comuni ad eventi traumatici e perdite
A) Lutto
B) Lutto traumatico
C) Depressione
D) Ansia
E) Reazioni fisiche/somatiche
+Insegnare le Risorse Somatiche:
Esercitazione → Grounding e Alignment (questo serve per abbassare l’arousal, in ipoarousal invece si
cercano di attivare i muscoli facendo fare l’esercizio della sedia senza sedia).
1. GROUNDING (Radicamento): Stando seduti, spingete i piedi a terra. Notate la sensazione nelle gambe e
nella schiena mentre preme contro la sedia. Spingete le braccia contro i braccioli della sedia e notate il
cambiamento nella sensazione o nell’essere presenti nel corpo.
2. ALIGNMENT (allineamento): Alzatevi in piedi, rilassate i piedi a terra. Sentite il suolo attraverso i piedi
e le gambe. Sentite la forza di gravità sulle gambe e sui piedi, poi sul bacino e sul busto. Diventate
consapevoli di come il corpo sia “impilato”: le caviglie sopra i piedi, le gambe sopra i piedi e le caviglie, il
bacino appoggiato sulle gambe, il busto sul bacino, la testa sostenuta dalle spalle e dal busto, le braccia che
pendono dal busto. Immaginare che c’è un filo sulla testa che tiene dritto tutto ed è collegato al soffitto o al
cielo.

15. Cura del soccorritore


La salute mentale degli operatori di soccorso è una priorità. Il loro benessere è essenziale per continuare il
lavoro di soccorso (il rischio di burnout specifico è alto).
➔ Alle vittime vengono offerte “parole di conforto” e un ascolto specialistico. Inoltre, hanno diritto a essere
sconvolte. I soccorritori, invece no. Loro hanno il dovere di ascoltare e accogliere le emozioni del disastro,
ma per via dello show della loro forza sono costretti a negare le proprie.
➢ Compassion fatigue → sofferenza da empatia per la vittima, sovraccarico
➢ Traumatizzazione vicaria → è traumatico per me assistere al trauma dell’altro
➢ Burnout
Importante aiutare a:
− Gestire le risorse personali
− Fare piani per la sicurezza della famiglia/casa, includere la cura dei bambini e degli animali
− Fare adeguati esercizi fisici, curare la nutrizione e il rilassamento
− Utilizzare strumenti di gestione dello stress
− Fare auto- monitoraggio e dare ritmo ai propri sforzi.
− Mantenere confini: delegare, dire di no, evitare di lavorare con troppi sopravvissuti in un unico turno
− Fare regolare supervisione per condividere le preoccupazioni, individuare esperienze difficili e fare
strategie per risolvere i problemi.
− Praticare brevi tecniche di rilassamento durante la giornata lavorativa.
− Insegnare a cogliere i segnali di iperarousal e di sofferenza.
− Fare pause di rilassamento e di gestione dello stress, prendersi cura del proprio corpo e fare pause di ristoro.
− Utilizzare il sistema del compagno assegnato per condividere le risposte emotive sconvolgenti.
− Rimanere consapevoli dei limiti e dei bisogni (non andare nell’eroismo eccessivo).
Es.: Via Ventotene → Uno dei primi interventi di psicologia dell’emergenza in seguito ad un evento a impatto
limitato. Ore 9.20 del 27 novembre 2001 in Via Ventotene, nel quartiere romano di Montesacro, una fuga di
gas ha prodotto un’improvvisa e devastante esplosione all'altezza del piano stradale antistante il numero
civico 32 (zona centrale d’impatto)
Cosa da EVITARE:
A. Periodi prolungati di lavoro individuale senza colleghi (il contatto con l’altro è importante, la solitudine
è rischiosa)
B. Lavorare “ventiquattro ore su ventiquattro” con poche pause.
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C. Parlare a sé stessi in termini negativo rafforzando sentimenti di inadeguatezza o incompetenza.
D. Uso eccessivo di alimenti/sostanze per supportarsi.
E. Ostacoli attitudinali comuni alla cura di sé: “Sarebbe egoistico prendere del tempo per riposare”, “I bisogni
dei sopravvissuti sono più importanti dei bisogni degli operatori” “Posso contribuire di più se lavoro tutto il
tempo”. “Solo io posso fare x, y, z”.
GESTIONE dello STRESS – il dopo
1) Cercare e dare sostegno sociale.
2) Contattare altri colleghi per parlare del lavoro di sollievo.
3) Programmare del tempo per una vacanza o per il reinserimento graduale nella vita normale.
4) Essere pronti a vivere cambiamenti nel modo di vedere il mondo che potrebbero non essere rispecchiati
da altre persone nella propria vita.
5) Partecipare all’aiuto formale per prendersi cura della propria risposta al lavoro di sollievo se lo stress
estremo persiste per più di due tre settimane.
6) Aumentare le attività del tempo libero, gestire lo stress, fare esercizio fisico. Prestare particolare attenzione
alla salute e alla nutrizione.
7) Praticare buone abitudini del ciclo sonno-veglia.
8) Trovare del tempo per l’auto-riflessione.
9) Fare pratica di ricevere dagli altri
10) Trovare attività piacevoli o che fanno ridere.
11) Provare occasionalmente a non essere il responsabile o “l’esperto”
12) Aumentare esperienze che hanno un significato spirituale o filosofico
13) Chiedere aiuto per il proprio ruolo di genitore se si provano sentimenti di irritabilità o se si vivono
difficoltà di adattamento al proprio ritorno a casa
La DEATH COMPETENCE
Cerca di definire le caratteristiche (competenze) che gli operatori del settore debbono sviluppare per lavorare
eticamente nell’ambito del lutto e del fine vita.
A. È la specifica capacità di tollerare e gestire i problemi del cliente relativi a morte, morire e lutto
(bereavement)
B. È il prerequisito necessario per una pratica etica nel counseling e terapia con le persone in lutto (grief) e
con il morente
C. È essenziale per un intervento efficace: molti “fallimenti empatici2 ed interventi inefficaci sono legati a
scarsa competenza specifica
Secondo Gamino & Ritter la Death Competence (DC) è un modello professionale complesso e gerarchico
che si basa:
− Sulla Roccia della competenza cognitiva
− Sostenuta da un solido strato di competenza emotiva
E questa vada integrata con la ‘Competenza Esistenziale’: “La capacità di accogliere la propria e altrui
mortalità in uno specifico e idiosincratico ‘orizzonte di senso’

16. PTSD dal DSM-IV al DSM-5 (disturbo da stress post-traumatico)


Questi disturbi possono precedere, seguire o emergere in concomitanza con l’insorgenza del PTSD.
Il DSM-5 ha creato un nuovo capitolo denominato: DISTURBI CORRELATI A EVENTI TRAUMATICI
E STRESSANTI:
1. Disturbo da stress post-traumatico (PTSD)
È una patologia che può svilupparsi in persone che hanno subìto o hanno assistito a un evento traumatico,
catastrofico o violento, oppure che sono venute a conoscenza di un’esperienza traumatica accaduta a una
persona cara. Può capitare di vivere esperienze soverchianti, spaventose e percepite come al di fuori del
nostro controllo, come essere coinvolti in un incidente stradale o subire un’aggressione. In particolare, alcune
figure professionali: militari, membri delle forze dell’ordine, personale sanitario o vigili del fuoco, hanno
maggiori probabilità di essere esposti a episodi o dettagli particolarmente violenti e sconvolgenti. La maggior
parte delle persone riesce a superare lo shock iniziale senza necessità di supporto aggiuntivo; se però la
sofferenza della vittima si prolunga per oltre un mese dall’esposizione al trauma e interferisce
significativamente con la vita lavorativa, sociale o scolastica dell’individuo, va posta la diagnosi di PTSD.
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Criterio A – Esposizione a un evento traumatico
Esposizione a evento traumatico come a morte o minaccia di morte, grave lesione oppure violenza sessuale.
Criterio B – Sintomi di risperimentazione
La vittima si ritrova a rivivere ripetutamente il momento del trauma. Ad esempio, ciò può avvenire sotto
forma di flashback, cioè percezione di star risperimentando l’evento nel presente, fino alla completa perdita
di consapevolezza dell’ambiente circostante.
Criterio C – Sintomi di evitamento
Nel tentativo di evitare la risperimentazione del trauma, la vittima può cominciare a evitare situazioni esterne
(attività, conversazioni, persone, ecc.) che ricordano, simboleggiano o sono in qualche modo associate
all’evento traumatico.
Criterio D – Sintomi di alterazione negativa dei pensieri e delle emozioni
L’evento traumatico viene vissuto da molte vittime come uno spartiacque tra il “prima” e il “dopo”, tra la
“salute” e la “malattia”. La persona può sviluppare convinzioni o aspettative negative su se stessa, gli altri o
il mondo.
Criterio E – Sintomi di iperattivazione (arousal)
La persona sviluppa una sorta di ipersensibilità ai potenziali segnali di pericolo, che la porta a essere
costantemente in allerta, a rispondere in maniera esplosiva e rabbiosa anche in assenza di provocazione e a
vivere in uno stato di ipervigilanza e tensione che va a interferire con la capacità di calmarsi o di
addormentarsi.
Questo profilo di sintomi deve essere persistente (durare più di un mese; Criterio F), creare sofferenza e
interferire con il funzionamento della persona in aree importanti (Criterio G) e non essere attribuibile agli
effetti di sostanze stupefacenti o a un’altra condizione medica (Criterio H).

2. Disturbo da stress acuto


Si presenta dopo che la persona è stata esposta a morte reale o minaccia di morte, a una lesione grave o a una
violenza sessuale, sia per esperienza diretta o per essere venuta a conoscenza di un evento traumatico
accaduto a una persona cara. Poiché si tratta di una risposta acuta – e non cronica – a un evento traumatico,
la durata dei sintomi interessa un periodo di tempo che va da 3 giorni a 1 mese dall’esposizione al trauma.
Se i sintomi persistono per più di 1 mese si effettua la diagnosi di PTSD.
Differenze con il PTSD:
− Durata dei sintomi (da 2 giorni a 4 settimane); spesso precede il PTSD, ma non necessariamente
− Maggiore presenza di sintomi dissociativi
− Se dominano i sintomi psicotici: Disturbo Psicotico Breve (si differenzia da schizofrenia perché mancano
tempistica e alcuni sintomi)
− Può comunque verificarsi un PTSD anche senza che i sintomi peritraumatici del Disturbo Acuto lo
precedano
I sintomi la cui presenza aumenta la possibilità di un PTSD successivo sono:
1. Ottundimento emotivo
2. Agitazione motoria
3. Depersonalizzazione
4. Sensazione di rivivere l’esperienza traumatica
La psicologia d’emergenza lavora prevalentemente in situazioni di stress acuto per evitare che questo diventi
altro come ad esempio PTSD.
Gli eventi che possono causare il Disturbo Acuto da Stress includono violenze sessuali, aggressioni fisiche,
catastrofi naturali, combattimenti, incidenti, abusi infantili e rapimenti o prigionia, ma deve comunque
trattarsi di esperienze di natura estrema; in caso contrario, si applica la diagnosi di Disturbo
dell’Adattamento, che si riferisce appunto alle risposte patologiche ad eventi stressanti, ma non
necessariamente traumatici.

3. Disturbo dell’adattamento
Si presentano quando una persona che è stata recentemente esposta a una o più fonti di stress non riesce ad
“adattarsi” all’esperienza, ma sviluppa una risposta emotiva e comportamentale anomala.

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I sintomi di questi disturbi si distinguono da reazioni normali a situazioni difficili perché causano una marcata
compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo, scolastico o in altre aree importanti della
vita dell’individuo.
Il quadro sintomatologico è caratterizzato da umore depresso, tristezza, preoccupazione, ansia, insonnia e
bassi livelli di concentrazione. Poiché si tratta di una “famiglia di disturbi”, e non di un disturbo singolo, il
DSM-5 richiede di specificare quali siano i sintomi prevalenti (umore depresso, ansia, misto di ansia e umore
depresso, disturbi della condotta, o misto di disturbi emotivi e della condotta).
4. Disturbo da lutto prolungato
A. La morte, al meno 12 mesi prima, di una persona che era vicina all’individuo (per i bambini e adolescenti,
al meno 6 mesi prima)
B. Dalla morte, lo sviluppo di una persistente risposta al lutto caratterizzata da uno o entrambi i seguenti
sintomi, che sono stati presenti la maggior parte dei giorni:
1. Intensa nostalgia/desiderio del defunto
2. Preoccupazioni per i pensieri o i ricordi della persona deceduta
C. Dal momento della morte, almeno tre dei seguenti sintomi sono stati presenti la maggior parte dei giorni:
1. Disgregazione dell’identità
2. Marcata senso di incredulità
3. Evitamento dei ricordi sul fatto che la persona sia morta
4. Intenso dolore emotivo
5. Difficoltà di reinserimento nelle proprie relazioni e attività dopo la morte
6. Insensibilità emotiva
7. Sentire che la vita è privata di significato come risultato della morte
8. Intensa solitudine come risultato della morte
D. Il disturbo provoca angoscia o compromissione nel funzionamento sociale, occupazione in altre aree.
E. La durata e la gravità della reazione al lutto superano chiaramente le norme sociali, culturali o religiose
previste per la cultura e il contesto di appartenenza
F. I sintomi non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale, come il disturbo depressivo maggiore o
il disturbo da stress port-traumatico e non sono attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza o un’altra
condizione medica

Altre Categorie Diagnostiche Rilevanti


1. Disturbo d’ansia di separazione
Disturbo specifico dell’età evolutiva, anche se può persistere dopo i 18 anni.
Può svilupparsi dopo qualche evento di vita stressante
- Morte di un parente
- Malattia del bambino o di un parente
- Cambiamento di scuola, trasloco, immigrazione
In alcuni casi può persistere per molti anni
o Il DSM-IV non faceva alcun collegamento tra questo Disturbo e PTSD (e similari), neanche per la
diagnosi differenziale, nonostante la presenza richiesta di evento stressante
o Anche il DSM - 5 lo include tra i Disturbi d’Ansia
Criteri diagnostici:
A. Paura o ansia eccessiva e inappropriata rispetto allo stadio di sviluppo che riguarda la separazione da
coloro ai quali l’individuo è attaccato,
B. La paura, l’ansia o l’evitamento sono persistenti, con una durata di almeno 4 settimane nei bambini e
adolescenti, e tipicamente 6 mesi o più negli adulti.
C. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito
sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
D. Il disturbo non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale, come il rifiuto di uscire di casa a causa di
un’eccessiva resistenza al cambiamento nel disturbo dello spettro dell'autismo; deliri o allucinazioni
riguardanti la separazione nei disturbi psicotici; il rifiuto di uscire in assenza di un accompagnatore fidato
nell’agorafobia; preoccupazione riguardanti malattia o altri danni che possono capitare a persone

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significative nel disturbo d'ansia generalizzata; oppure preoccupazioni relativa all'avere una malattia nel
disturbo da ansia di malattia.

2. Disturbo psicotico breve (con marcato fattore di stress)


Criteri diagnostici
A. Presenza di uno (o più) dei sintomi seguenti:
1) deliri
2) allucinazioni
3) eloquio disorganizzato (per es., frequenti deragliamenti o incoerenza)
4) comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico.
Nota: non si deve includere un sintomo che rappresenti una modalità di risposta culturalmente sancita.
B. La durata di un episodio del disturbo è di almeno un giorno, ma meno di un mese, con successivo pieno
ritorno al livello di funzionamento premorboso.
C. Il disturbo non è meglio giustificato da un Disturbo dell’Umore Con Manifestazioni Psicotiche, da un
Disturbo Schizoaffettivo, o da Schizofrenia, e non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per
es., una sostanza di abuso, un farmaco), o a una condizione medica generale.

Categorie Diagnostiche non ufficiali


1. Disturbo Post-Traumatico complesso o Disturbo da Stress estremo non altrimenti specificato
(DESNOS)
Proposto da Herman (1992) e ripreso da Van der Kolk et al (2005), include nel PTSD caratteristiche
tipicamente associate a Disturbi di Personalità, particolarmente il Borderline.
Criteri diagnostici per il CPTS/DESNOS (Van del Kolk)
1. Alterazione nella regolazione delle emozioni e del comportamento
2. Disturbi della conoscinza e dell’attenzione
3. Somatizzazioni
4. Alterazione della percezione di sé
5. Alterazioni nella percezione delle figure maltrattanti (attaccamento all’oggetto cativi)
6. Disturbi di relazione
7. Alterazioni nei significati personali

2. Il PTSD Complesso
1. Sentimenti di vuoto, impotenza, colpa (c’è nel borderline)
2. Ostilità, irritabilità e sfiducia in sé e negli altri (c’è nel borderline)
3. Sentimenti di indegnità → isolamento sociale e vergogna
4. Stati mentali dissociativi (distacco dissociativo: alienazione, senso di irrealtà)
5. Perdita di coerenza nelle rappresentazioni di sé (compartimentazione dissociativa)
6. Sintomi somatoformi (conversione → dissociazione somatoforme)
7. Problemi di regolazione delle emozioni
8. Vulnerabilità ad atti auto-lesivi e aggressioni esterne
9. Dipendenza coesistente con “fobia dell’attaccamento” (scissione: da una parte dipendenti e allo stesso
tempo essere fobici dell’attaccamento verso l’altro).

3. Disturbo Post-Traumatico complesso


La sindrome avrebbe origine da traumi gravi, prolungati e ripetuti, soprattutto di origine interpersonale
(abuso infantile cronico, maltrattamenti prolungati, prigionia, tortura)
Definisce una reazione ai traumi che esita in alterazioni gravi di
A) Del Sistema Comportamentale di Attaccamento
B) Della capacità di modulazione delle emozioni
È sovrapponibile ad altri disturbi simili:
+Disturbo Post-Traumatico di Personalità
+Disturbo da Stress Estremo
+Depressione Post-traumatica

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4. PTSD in Remissione Parziale e Sottosoglia
1) PTSD in Remissione Parziale
Soggetti che stanno migliorando il loro quadro clinico di PTSD: non soddisfano più la diagnosi ma sono
ugualmente in situazione disturbante (criterio F)
2) PTSD Parziale (in remissione, in sviluppo, in situazione di compenso provvisorio)
A. Sintomi intrusivi e di evitamento, ma non l’iperarousal. La persona non riesce ad elaborare il trauma
e ne è condizionata
B. Sintomi di evitamento e iperattivazione ma non intrusivi. La persona è costantemente impegnata
nell’evitamento; può subire intrusioni momentanee (a causa di stimoli esterni) che non soddisfano i criteri

5. Disturbi dissociativi
1. Disturbo Dissociativo dell’Identità (DID)
2. Amnesia Dissociativa, che ora comprende anche la Fuga Dissociativa
3. Disturbo di Depersonalizzazione e Derealizzazione
4. Altre forme di Disturbo Dissociativo Specifico
5. Disturbo Dissociativo Non Specifico
Questi, presenti nel DSM, sono strettamente legati perché riguardano il post traumatico. Sono correlati ad
eventi traumatici.

6. Disturbo dissociativo dell’identità


È caratterizzato da disgregazione dell’identità, caratterizzata da due o più stati di personalità distinti, che in
alcune culture può essere descritta come un’esperienza di possessione. I sintomi di questo disturbo sono:
1. Marcata discontinuità del senso di sé e della consapevolezza delle proprie azioni
2. Alterazioni dell’affettività, del comportamento, della coscienza, della memoria, della percezione, della
cognitività e/o del funzionamento senso-motorio
3. Vuoti nella rievocazione di eventi quotidiani

Il DID, disturbo dissociativo dell’identità, è il più raro e difficile da trovare. Es. caso clinico di SIBIL (?).
hanno trovato negli archivi di un ospedale psichiatrico che era stato un po’ indotto (non si erano mai viste 16
personalità). Il DID, inteso come presenza di più personalità che non si conoscono tra di loro oppure solo
alcune si conoscono è molto raro. Marcata discontinuità vuol dire che non mi riconosco, non so di essere
quella persona. Ricorrenti vuoti → es. persone che possono dire che mi ritrovo in un punto della città e non
so come ci sono arrivato; ho dei vestiti nell’armadio e non so come ci sono arrivati (uno compra i vestiti e
l’altro non sa perché sono lì). Le personalità multiple sono legate ad eventi estremi (come abusi) e hanno
reazioni estreme. È importante conoscere lo spettro dissociativo.
PTSD - FILM La finestra di fronte Drammatico, Italia (2003). Un giorno Giovanna e Filippo si imbattono
in un uomo sconosciuto, perso nel centro di Roma, senza memoria né documenti. Sarà lui, con gli strani
ricordi che lo perseguitano, a spezzare la rigidità della vita quotidiana di Giovanna, trascinata dalla voglia di
cambiamento. Quando parla con Lorenzo credendolo Simone questo è un flashback oltre che un aspetto
dissociativo e di perdita di senso di realtà. Nell’interazione con Giovanna quando inizialmente dice “non mi
piace il colore del maglione” sembrerebbe che sta lì, ma in che stato? Non è aderente alla realtà in quel
momento; dopo, quando lei torna, lui si dondolava fermo su sé stesso e non era in contatto con la realtà
(ottundimento, depersonalizzazione, derealizzazione; oppure era immerso in un flashback). Sara ha imparato
a vivere non fidandosi del mondo, sembra una persona rimasta bloccata. Davide anche prima di sentire la
sirena (trigger) era in uno stato dissociativo, in uno stato alterato di coscienza (ha fatto tantissime torte). Il
flashback può essere totalmente assorbente o parziale (in questo caso, quest’ultimo: aveva un senso del
contesto, sapeva chi era Giovanna e che aveva dei figli, ma pensava di essere nel 43 e che stessero arrivando
i nazisti).
I sintomi importanti in questo film erano legati ai luoghi dove erano stati vissuti gli eventi traumatici (trigger).

7. L’amnesia dissociativa

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È un disturbo dissociativo caratterizzato da incapacità di ricordare importanti informazioni autobiografiche,
di solito di natura traumatica o stressogena, non riconducibile a normale dimenticanza. Questo disturbo viene
diagnosticato laddove i sintomi non sono meglio spiegati dal disturbo dissociativo dell’identità, dal disturbo
da stress post-traumatico, dal disturbo da stress acuto, dal disturbo da sintomi somatici o dal disturbo
neurocognitivo maggiore o lieve.
+L’amnesia dissociativa si può presentare con o senza fuga dissociativa che è un viaggio intenzionale o un
vagare disorientato associati ad amnesia per la propria identità o per altre importanti informazioni
autobiografiche.
+L’amnesia può avere varie tipologie: amnesia circoscritta, amnesia generalizzata, amnesia sistematizzata e
amnesia continuativa.

8. Il disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione
È un disturbo dissociativo caratterizzato da esperienze di depersonalizzazione, di derealizzazione o di
entrambe le cose insieme.
− Le esperienze di depersonalizzazione sono esperienze di irrealtà, distacco, di essere un osservatore esterno
rispetto ai propri pensieri, sentimenti, sensazioni, corpo o azioni (es. alterazioni percettive, distorto senso del
tempo, senso di sé irreale o assente, ottundimento emotivo e/o fisico)
− Le esperienze di derealizzazione sono esperienze di irrealtà o distacco rispetto all’ambiente circostanze
(es. persone o oggetti vengono percepiti come irreali, onirici, nebbiosi, inanimati o deformati visivamente)
È importante sottolineare che, contrariamente ad altri disturbi come la schizofrenia, durante queste esperienze
l’esame di realtà rimane integro. Inoltre, le esperienze di depersonalizzazione/derealizzazione che vengono
sperimentare durante pratiche religiose o culturali non devono essere considerate per la diagnosi.

Aspetti clinici della Dissociazione


I sintomi dissociativi si possono avere sia che succeda una cosa molto grave oggi e possono anche essere la
conseguenza di una storia traumatica molto grave.
Continuum della Schizoidia
Amplificazione patologica dell’introversione (ritiro nel proprio mondo interno) + scissione della psiche
Continuum della Schizoidia.

Si va da + grave D. di Pers. Schizotipico D. di Pers. Schizoide a – grave


Schizofrenia D. di Pers. Evitante
Dist. Schizofreniforme
Dist. Schizoaffettivo
FUNZIONE del comportamento→ per quale motivo la persona dovrebbe fare questo? È possibile che sia
una strategia difensiva. Distaccarmi e separare sarà stata la migliore strategia che si poteva usare per
proteggersi.
- La parte meno grave si trova nell’evitante: persona che restringe il campo delle relazioni a poche persone
sicure e teme che esponendosi troppo l’altro lo svaluterà e lo metterà da parte e questo è abbastanza connesso
allo stile di attaccamento evitante (strange situation → bambino di 12/18 mesi disinnesca il sistema di
attaccamento, disinnesca la reazione, il pianto che rappresenta il grido di attaccamento. Quando torna la
mamma lui la evita come se lei non ci fosse; avrà imparato che nei momenti di difficoltà non attivo il sistema
di attaccamento perché l’accudimento non c’è stato quando c’era il bisogno: madre rifiutante, non disponibile
→ i bambini sono attivati in realtà ma si inibiscono).
L’evitante è la forma pi blanda di questo processo.
- Lo schizoide ha degli aspetti di ritiro ed estraneazione dalla realtà molto più impegnativi.
- Lo schizotipico nel DSM viene descritto tra i disturbi di personalità e quelli schizofrenici. La schizofrenia
era tra i disturbi di Asse 1 con temporaneità. Lo schizotipico sarebbe, blandamente, lo schizofrenico ma con
solo i sintomi negativi.
- Schizofrenia, Dist. Schizofreniforme, Dist. Schizoaffettivo sono la parte più grave.
Possiamo fare un continuum di situazioni nelle quali a livelli diversi di vulnerabilità e risposta individuale
abbiamo avuto un confronto con situazioni talmente gravi dove si è operata una distanza ma anche una

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scissione. Nel borderline anche c’è un uso massiccio della scissione (gli aspetti dissociativi e la scissione
sono stati definiti una fuga dove non è possibile una fuga).

Quattro modi per descrivere la “dissociazione”


1. Restringimento dell'attenzione → Assorbimento / senso di intontimento / esclusione /
2. Blocco / Collasso → Risposta dorso vagale (freezing, risposta senso motoria)
3. Depersonalizzazione → Distorsioni percettive: sentirsi irreali
4. Dissociazione del sé / della personalità →
− Stati dell'Io (tutti li hanno)
− Parti dissociative / stati sé (solo nei disturbi correlati al trauma)
La dissociazione strutturale
La dissociazione strutturale implica un particolare tipo di organizzazione intrapsichica, ossia una
(incompleta) divisione tra una parte (o più parti) della personalità o del sé che sono:
A. Parte apparentemente normale (ANP): focalizzata principalmente sulla vita quotidiana (può esserci
uno stato di ottundimento, evitamento o alta disregolazione, spesso c'è almeno un certo grado di amnesia), e
B. Parte emozionale (EP): fissata sul trauma, riattualizza e risperimenta ricordi traumatici, blocco nello
stato di difesa
Dissociazione Strutturale, dunque, prevede tre forme di dissociazione:
1) La dissociazione strutturale primaria. È la divisione più semplice, per cui la personalità si divide in una
singola ANP e in una singola EP a seguito di un trauma avvenuto una sola volta nella vita (si può riscontrare
in alcuni casi di PTSD)
2) La dissociazione strutturale secondaria. Questo tipo di dissociazione si presenta quando i traumi sono
gravi e prolungati (si può riscontrare, per esempio, in alcuni casi di CPTSD/DESNOS e DBP);
3) La dissociazione strutturale terziaria. Si tratta di un quadro di dissociazione grave conseguente a esperienze
traumatiche complesse e soverchianti (si può riscontrare in alcuni casi di DID)

17. TRAUMA
Il trauma è ubiquitario: da una parte si ritiene un evento eccezionale, dall’altra parte se guardiamo la storia
umana ci rendiamo conto che è parte integrante della natura umana (nella letteratura e nella poesia è ben
evidente: basti guardare l’Iliade o l’Odissea).
+Se lo si definisce in modo ampio, come “esperienza in grado di lacerare il senso di continuità
dell’esistenza” (Williams, p. XV), allora è intrinseco alla vita in quanto quasi tutti ne sperimenteranno una
qualche forma (separazioni, lutti, violenze, abusi perdita di appartenenza, crisi o perdita di un progetto di
vita, crollo di ideali, minacce all’integrità biologica).
Soprattutto chi ha riflettuto sul tema in termini filosofici (Arendt, Adorno, Ricoeur, Frankl, ecc.) ha però
anche evidenziato come proprio questi eventi ci mettono in contatto con l’essenza della condizione umana:
finitezza, precarietà e unicità; ciò costituisce quindi anche una opportunità di sviluppo e di maturità.

Il trauma è il risultato mentale di un evento o una serie di eventi improvvisi


T: trauma con data, evento specifico, giorno e ora in cui l’evento così impattante solitamente è collegato con
il PTSD.
t: traumi comulativi, dell’attaccamento, legati ad un modo, ad esempio, di essere regolarmente picchiati,
abbandonati, umiliati, svalutati… abusi psicologici che divengono regolari e abituali.

18. Tipi di Trauma:


1. Trauma di tipo I: evento traumatizzante singolo, si manifesta una volta nella vita. (con la T maiuscola)
2. Trauma di tipo II: eventi traumatizzanti ricorrenti, di solito a partire dalla prima infanzia; abusi fisici e / o
sessuali, negligenza emotiva, essere stati testimoni di violenza, esperienze di guerra a lungo termine, rifugiati,
indottrinamento e lavaggio del cervello nei prigionieri politici (con la t minuscola)

Charles Dickens subì un grave incidente ferroviario nel 1865 e descrisse chiaramente gli attuali sintomi
PTSD. I medici attribuirono tali sintomi a una lesione organica causata dal trauma: “railway spine”, anche
se tale lesione non fu mai identificata chiaramente → John E. Erichsen's On Railway and Other Injuries of

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the Nervous System, published in 1864 (se tu hai un incidente ferroviario avevi un danno alla spina dorsale
che avrebbe danneggiato i nervi e creato un danno fisico che giustificava i sintomi post traumatici… e questo
poteva essere verificato solamente sul cadavere).
− Charcot sostenne che la “railway spine” era in realtà isteria:
I sintomi PTSD erano legati allo stato ipnotico. Le vittime dopo l’incidente sono in uno stato suggestionabile:
la loro stessa idea del tipo di danno fisico che avevano subito funzionava da autosuggestione ipnotica; questa
era alla base dei sintomi.
− L’incidente fu gravissimo: il treno cadde da un ponte sul fiume, Dickens era in una delle carrozze che
rimase appesa sul fiume, riuscì a scappare e a soccorrere i feriti e raccogliere i morti. Un anno dopo Dickens
confessò: “Ho improvvisi indeterminati attacchi di terrore, anche quando sono su una carrozza di piazza, che
sono del tutto irragionevoli ma del tutto insormontabili”. La figlia disse: “I nervi di mio padre non sono stati
più gli stessi – lo abbiamo visto spesso, Tornando a casa da Londra, cadere improvvisamente in un
parossismo di paura, tremare tutto, stringere convulsamente i braccioli della carrozza ferroviaria, con grosse
gocce di sudore sul viso, mentre soffre le angosce del terrore. Noi non gli parliamo ma gli tocchiamo
delicatamente la mano ogni tanto. Sembra che non abbia idea della nostra presenza, per un po’ non vede
niente se non quella terribile scena” (Questo sarebbe tecnicamente un flashback con totale perdita della
consapevolezza del momento).
Charcot dimostrò che l’isteria non era solo un fenomeno femminile documentando molti casi di uomini con
isteria a seguito di incidenti sul lavoro
Charcot influenzò molto il giovane Freud:
• “Gli isterici soffrono principalmente di reminiscenze” (1895).
• I sintomi isterici sono dovuti alle memorie represse di eventi traumatici
• Tali memorie sono troppo dolorose per essere riconosciute e quindi troveranno espressione sotto forma di
sintomi (specificamente sintomi in conversione di aspetti fisici). Con questa ipotesi erano già sul pezzo!
Freud poi ha cambiato strada e andare dietro al secondo Freud ha fatto perdere molti anni: marcia
indietro… la DELU mi fa morire
La psichiatria britannica rivalutò queste idee freudiane solo in seguito ai fenomeni traumatici documentati
dopo la I guerra mondiale:
+Soltanto in Gran Bretagna vennero identificati 80.000 casi di soldati colpiti da “shell-shock” (shock da
granata)
+Una tale massa di soggetti sofferenti, prima forti e coraggiosi, mise in crisi la nozione di degenerazione del
sistema nervoso o di cervello difettoso
+Ci si rese conto che era necessaria una sorta di elaborazione della loro esperienza in guerra e ricorsero a
tecniche come l’abreazione e la catarsi
+W. Riviers fece riferimento al secondo Freud vedendo i sintomi come conseguenza del conflitto inconscio
dovere/paura e dell’attivazione della difesa della repressione: le esperienze dolorose erano convertite in
sintomi.

19. Modello di trauma in Freud


I primi a scrivere sulle conseguenze di vita opprimenti furono il filosofo e psichiatra francese Janet, il cui
lavoro è fondamentale per la comprensione e il trattamento dei disturbi legati al trauma, e il neurologo
francese Charcot, il quale fu l’ideatore del termine Isteria traumatica, dovuta ad un forte shock. Charcot notò
che la paralisi corporea non era sempre dovuta a incidenti che procuravano lesioni organiche ma, a volte, si
poteva verificare una paralisi anche in assenza di un trauma organico; da qui dedusse che le paralisi isteriche
post-traumatiche erano dovute ad uno shock psichico.
Il primo modello di trauma in Freud compare negli “Studi sull’isteria” (1895), in linea con le ipotesi
Charcot. L’ipotesi era che ci fosse stato un abuso sessuale (teoria della seduzione)
− La reazione al trauma non avviene al momento stesso (come sappiamo oggi, spesso si va in freezing, può
esserci un aspetto dissociativo…), ma successivamente, quando è rivissuto come ricordo
− Il sintomo isterico = risultato dei ricordi rimossi, non erano più nella coscienza e bloccati nel sintomo di
conversione (es non sono riuscita a scansare la persona abusante con il braccio e ora è bloccato)

Freud elabora tre diverse visioni del trauma:

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1. Visione basata sul modello topografico (inconscio, preconscio, conscio) (fattori esterni, seduzione);
quantitativo (1895) (la somma dell’eccitazione della catexi…)
2. Visione basata sui fattori interni, quantitativo (1920) (era più un problema di capacità di elaborazione
dell’Io o di pulsioni più o meno forti che creava il problema piuttosto che il fattore esterno)
3. Visione basata sul modello strutturale tripartito quantitativo e qualitativo (1926) (accento sulle dinamiche
di tipo pulsionale e alle difese dell’Io per difendersi dalle pulsioni… maggiormente fattore interno)
Nel Primo modello Freud utilizza un approccio quantitativo al trauma:
• Trauma = rottura della barriera contro gli stimoli
• La psiche viene sopraffatta dalla percezione dell’evento
• Questo attiva le misure difensive (rimozione)
(es: compulsione a ripetere = fissazione al trauma alternata con difese miranti ad evitare il ricordo del
trauma)
- Per ottenere la guarigione → provocare l’abreazione della percezione bloccata (metodo catartico), cioè
il ricordo del trauma (modello idraulico)
- Esempio: Braccio paralizzato di un giovane = desiderio rimosso di colpire il padre; recuperando il
desiderio dall’inconscio (catarsi) verbalizza la rabbia e recupera l’uso del braccio
Abreazione: è la scarica emozionale attraverso la quale un soggetto si libera di un trauma antico i cui termini
essenziali sono rimasti inconsci.

Il modello strutturale tripartito (1926) rappresenta la posizione psicoanalitica tradizionale che si focalizza
su bisogni, pulsioni, desideri e relative difese secondo il processo ipotizzato:
- Conflitto tra le Istanze Es, Io, Super Io (rispetto all’ espressione dell’aggressività / sessualità
- Angoscia → segnale per l’Io che attiva i meccanismi di difesa (di diversi livelli)
- Difesa → crea Sintomi
Le tre istanze il conflitto tra loro Es, IO, Super-Io: Il (1) conflitto provoca (2) angoscia il segnale di angoscia
avverte l’IO di Attivare una (3) difesa ciò porta alla formazione di un (4) compromesso tra Io e ES e questo
produce il (6) Sintomo = formazione di compromesso che contemporaneamente dipende dal desiderio che
emerge dall’ES Soddisfa il desiderio in forma mascherata Es: impiegato ossessivo-compulsivo che Tenta di
controllare la rabbia deglutendo 100 volte di fila
Se: “gli effetti del trauma sulla psiche sono determinati dalla forza dell’Io e dalla validità delle difese”.
Allora: Gli eventi traumatici vissuti durante l’infanzia hanno un impatto maggiore rispetto al trauma vissuto
a adulti: nel bambino l’Io ha minori risorse per gestire l’esperienza.
In questo modo Freud considerò anche l’aspetto qualitativo del trauma oltre a quello quantitativo
(iperstimolazione libidica, debolezza dell’Io) e delinea una sequenza evolutiva di situazioni di pericolo (dalla
perdita dell’oggetto al senso di colpa)
- Gerarchia evolutiva dell’ansia
- Ansia superegoica (funzionamento psicotico)
- Angoscia di castrazione (funzionamento psicotico)
- Paura di perdere l’amore (funzionamento borderline)
- Paura di perdere l’oggetto (ansia di separazione) (funzionamento borderline)
- Angoscia persecutoria Angoscia di disintegrazione (bambino piccolo che non ha difese attive e se esposto
a non accudimento e sostegno può rischiare la disintegrazione psicotica)
Nella visione dell’inconscio oggi largamente condivisa lo si concettualizza in termini di Sistemi di Memoria
e Neurobiologia Interpersonale in termini di:
A) Memoria dichiarativa → dalla quale possono essere rimossi eventi che causerebbero conflitto
B) Memoria procedurale → contiene gli schemi inconsci relativi alle Relazioni Oggettuali: ricordi
procedurali che si ‘ripetono’ in diverse situazioni interpersonali’ (cfr. teoria duale della memoria, Brewin).
Rispetto alla questione del focus psicodinalimico diviso tra eziologia che privilegia:
- il ruolo della fantasia intrapsichica e del conflitto intrapsichico - Il ruolo degli eventi reali
Il rinnovato interesse attuale per il PTSD e i Disturbi Dissociativi sposta il focus più dalla parte del ‘reale’.
La visione psicodinamica attuale (Gabbard, 2015) concorda sulla complessa interazione tra variabili di
rischio individuali e ambientali, inclusa la ‘cumulatività’ dei traumi.

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TRAUMA - Definizione integrativa
In base alle scoperte sulla neuropsicologia della memoria e della dissociazione e basandosi sul lavoro di
Seligman, van der Kolk, Herman e altri, sulla helplesness/inescapability deriva una:
Definizione funzionale del trauma:
“Alla base dell’esperienza traumatica c’è l’impossibilità di elaborare le componenti emotive e cognitive di
un evento a causa dell’impatto disorganizzante che esso esercita sul sistema di risposta dello stress e di
adattamento comportamentale alla minaccia ambientale incombente”. C’è qualcosa che è rimasto non
elaborato quindi, questa ricorda la definizione che parla di un evento che supera la capacità del soggetto di
farvi fronte. Si cerca di focalizzarsi sulla soggettività: mi interessa che questo evento era eccessivo per la
capacità della persona di superarlo, non mi interessa sapere che evento fosse.
Il punto-chiave dell’esperienza traumatica sembra essere la perdita di connessione con le figure di
riferimento e l’impossibilità di ricevere aiuto da esse; si perde la possibilità di ristabilire la sicurezza e il
controllo contando su di sé e su una figura di riferimento → libro di Williams si chiama “trauma e relazioni”.

20. Modello di trauma cognitivo-comportamentale


Spiega i sintomi del PTSD con i principi dell’apprendimento classico e strumentale.
A) Condizionamento classico:
Stimolo (neutro) → associato con → Stimolo incondizionato che evoca paura
– Nell’evento traumatico un insieme di stimoli neutri vengono associati con la paura e il disagio
– Successivamente gli stimoli neutri possono evocare intense risposte di paura e ansia
Mowrer descrive un secondo stadio caratterizzato dall’apprendimento strumentale:
B) Condizionamento strumentale:
Comportamenti di fuga ed evitamento (o ottundimento) → Riducono l’esposizione allo stimolo condizionato
negativo → Vengono rinforzati selettivamente (imparo che se vado in ottundimento mi protegge e quindi lo
rinforzo; non passo dove è morta questa persona ed evitando non mi viene l’ansia e lo rinforzo).
Keane ipotizza un condizionamento e generalizzazione dello stimolo di livello superiore per cui stimoli
non presenti al momento del trauma possono scatenare memorie e reazioni fisiologiche legate al trauma:
− Lavorando con i reduci del Viet-Nam osservò come i soggetti esposti a una situazione minacciosa per la
vita può diventare condizionato a molti stimoli presenti durante il trauma (odori, suoni, ecc.)
− Questi diventano associati all’evento traumatico e suscitano la stessa reazione
− Il livello di generalizzazione dello stimolo (> nel PTSD che nella Fobia) è spiegato dall’intensità del
trauma:
-Maggiore è la durata e l’intensità dello stimolo incondizionato
-Maggiore è la risposta di evitamento
Secondo il modello cognitivo le persone inquadrano l’esperienza traumatica secondo tre dimensioni:
1. Fonte (esterna – interna)
2. Temporalità (stabile – instabile)
3. Situazione (globale – specifica)
Soffre di più la persona che fa attribuzioni: interne, stabili, globali
Alle attribuzioni interne di eventi catastrofici sono associati i pensieri intrusivi, depressione e ansia, colpa e
vergogna
Dallo studio del “cognitive appraisal” = processo di assegnazione di significato ad un evento (trauma)
emerge:
• Il PTSD sarà più grave se la situazione era definita “sicura”: es. autobus scolastico = situazione ordinaria
senza allarme
• Gli schemi cognitivi preesistenti al trauma influenzano la risposta al trauma e la capacità di elaborarlo
Secondo la Cognitive Processing Theory:
L’evento traumatico crea un conflitto tra
- Nuova informazione (apportata dal TRAUMA)
- Schemi precedenti (es. il mondo è un posto sicuro e ordinario) Il conflitto viene affrontato attraverso i
processi di:
1) ASSIMILAZIONE
L’informazione è alterata per adattarla allo schema precedente

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Es: “Devo aver fatto qualcosa per farlo succedere, quindi, non era veramente uno stupro”
Flashback = tentativi di integrazione quando l’assimilazione fallisce
2) ACCOMODAMENTO
Lo Schema è alterato per accomodarsi alla nuova informazione incompatibile
Es: “Il mondo è un posto imprevedibile e a volte cose terribili succedono a brave persone”
Rispetto ai contenuti cognitivi, le aree (relative a sé e all’altro) che vengono disorganizzate dalla
vittimizzazione sono:
– Sicurezza
– Fiducia
– Potere
– Stima
– Intimità
In queste aree si cerca di alterare l’informazione per farla adattare allo schema preesistente nel tentativo di
assimilare. Nel film “la finestra di fronte” la governante diceva al suono del campanello “quale sarà la
tragedia?” → non aveva fiducia negli altri e si aspettava solo disgrazie
Se tra informazione l’assimilazione fallisce rimane il conflitto ricevuto dal trauma e schemi precedenti →
Questo conflitto se rimane aperto in questa teoria vengono letti sintomi di intrusione, evitamento e arousal
(segno che il conflitto in corso sta attivando tutto il sistema limbico). L’evitamento è un modo per staccarsi:
è un processo, nel lutto bisogna ad esempio favorire l’oscillazione adattiva tra questo e l’assimilazione.

Per Horowitz il PTSD = fallimento nell’integrare l’evento traumatico negli schemi cognitivi esistenti
In questo tentativo si alternano due fasi:
1. Intrusione – ripetizione: tentativo di elaborare l’evento attraverso la ripetizione della mente conscia con
l’attivazione di forte emotività negativa
2. Evitamento (negazione-ottundimento): attivazione di meccanismi di difesa (sistemi di controllo
inibitori interni) per evitare la sopraffazione da parte delle emozioni negative (controllano la mente conscia
per graduare l’assimilazione)
L’alternarsi delle due fasi → comporta oscillazione tra intrusività ed evitamento dovrebbe favorire
l’integrazione del materiale mnestico incompatibile con gli schemi (Sé -mondo) preesistenti al trauma (anche
se le persone hanno spesso una preferenza, alcune sono spostate verso l’intrusività altre verso
l’ottundimento/evitamento → connessione con i pattern di attaccamento: gli evitanti hanno una strategia di
deattivazione dell’attaccamento e pertanto de attivano tutto il sistema di attaccamento e se ho il PTSD avrò
più sintomi di evitamento/ottundimento – il pattern invece più legato a sintomi di intrusione, cioè che pensi,
torni sulla cosa, hai emozioni forti e hai strategie di attivazione di attaccamento ambivalente).

Critiche a Horowitz
Sostengono che il modello più che spiegare il PTSD lo descrive: non chiarisce perché alcune persone riescono
ad integrare le memorie traumatiche e altre no
Non è chiaro perché una incongruenza tra schemi cognitivi dovrebbe causare tanta difficoltà: vedi il conflitto
tra l’informazione della nostra mortalità e il vivere da immortali; spesso risolviamo le dissonanze cognitive
con varie operazioni senza che necessariamente si attivi il processo oscillatorio ipotizzato da Horowitz
Secondo altri autori la minaccia delle nuove informazioni non integrabili attiverebbe processi dissociativi,
come amnesie parziali, che eviterebbero di dovere accomodare gli schemi → processi dissociativi (vedi
dissociazione di primo, secondo e terzo grado)

W. Joseph propone un modello più complesso dove le variabili soggettive (temperamento, schemi, strategie,
ecc.) modulano l’impatto dell’evento traumatico.
Briant & Harvey evidenziano ancora meglio le variabili di maggior rilievo sottolineando il ruolo dei fattori
di rischio (ad esempio la tendenza a dissociarsi) nello sviluppo del PTSD e dell’interazione tra questi e il
livello di gravità dell’evento stressante. Nel loro schema un eccessivo evitamento bloccherebbe l’attivazione
del ‘fear network’ (circuito della paura) che, attraverso un certo grado di risperimentazione favorirebbe
l’integrazione dell’esperienza traumatica → principio alla base delle terapie basate sull’esposizione.

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Per esposizione possiamo intendere dalla classica esposizione comportamentale (desensibilizzazione) che
quelle che avvengono in AT, un po’ Gestaltiche, un po’ psicoanalitiche…
Il problema è: come riattivo la situazione traumatica quel tanto da poter favorire l’integrazione? In quali
condizioni?
NON USARE TERMINE PROCESSAMENTO: si chiama ELABORAZIONE!

Brewin: la Teoria della Rappresentazione Duale della memoria


Questo filone di studi sul PTSD ha identificato due tipi di memoria paralleli:
1. Un sistema di ricordi accessibile verbalmente → VAMs, sul quale ci basiamo per riflettere in modo
deliberato sulla nostra esperienza (ripensare e raccontarla); basata e mediata dalla struttura dell’ippocampo.
(dove hai vissuto il compleanno dei 10 anni? Ah… mi ricordo… sono andata là con… vengono agganciati
dei punti: codificato e verbalizzato). Memoria episodica completa.
2. Un secondo sistema situazionalmente accessibile → SAMs, che è responsabile dei sintomi di flashback,
del rivivere immagini, incubi traumatici (sintomi specifici del PTSD); basata sull’amigdala. (io posso entrare
in un ambiente, sentire un odore e piombare in uno stato emotivo molto forte senza capire il perché o avendo
un’immagine intrusiva: trigger emozionale). La situazione mi evoca un vissuto, l’amigdala è molto legata al
canale di immagini.
3. Davanti ad uno stimolo i due sistemi competono, inconsapevolmente, per il recupero: se prevale la SAM
avremo immagini intrusive e flashback, se prevale la VAM avremo ricordo verbale ed episodico

Caratteristiche delle VAMs e SAMs


VAMs
- Senso del contesto, del presente e del passato
- Interagiscono con altre informazioni autobiografiche
- Possono essere richiamate deliberatamente, rielaborate e proiettate nel futuro
SAMs
- Assenza del contesto (sento l’angoscia ma non so perché, non la collego con niente)
- Rivissute nel presente con un’intensità non coerente con il presente
- Dati sensoriali frammentati o ‘video clips’
- Non interagiscono con il sistema di memoria autobiografico
- Non possono essere richiamate direttamente o elaborate (edited) a meno che non vado a posta a farlo in
terapia.
+Nella risposta all’evento traumatico avviene il rilascio di glucocorticoidi che hanno effetto negativo
sull’ippocampo e sulla completezza e organizzazione dei ricordi ‘verbali’ (deficit di memoria in periodi di
estrema attivazione emotiva). Quando un evento è veramente soverchiante possiamo avere una grande
difficoltà a recuperare i pezzi perché c’è un’inibizione dell’ippocampo.
+In questa fase di emozione intensa è più probabile che l’amigdala venga attivata da elementi che richiamano
il trauma e che la persona si senta in pericolo nel presente (il sistema automatico deve essere sempre attivo:
dal punto di vista evoluzionistico per sopravvivere l’organismo deve sempre essere attivo, se non fosse così
morirebbe). È un sistema fatto per farci sopravvivere. Sistema Darwiniano di sopravvivenza che ci protegge
ma ci espone anche tanto.
+I flashback potrebbero avere la funzione di trasferire l’informazione dalla memoria SAM alla VAM, dove
l’esperienza viene contestualizzata, elaborata e collocata correttamente nel passato e tolta dall’iperreattività
del presente.
+Tuttavia, poiché l’informazione viene trasferita tramite la memoria di lavoro (sistema a capacità limitata)
possono essere necessari molti flashback perché la corteccia ne elabori una rappresentazione completa e
inibisca l’amigdala
+Se un ricordo è costituito da 20 elementi specifici (C1-C20) e la memoria VAM ne contiene solo 7, ci
saranno gli elementi 8-20 che possono attivare l’amigdala e provocare un flashback (FIGURA): il corpo
reagisce come se il pericolo fosse presente
+Quando la rappresentazione VAM sarà 1-20 e il ricordo del trauma sarà consolidato tramite l’ippocampo,
ci sarà una rappresentazione corticale stabile che inibisce l’amigdala in modo rapido e stabile

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Nel PTSD fallisce l’integrazione del ricordo nella memoria VAM e quasi tutta l’informazione è nella
memoria SAM, con relativa inibizione della corteccia prefrontale.
Nella dissociazione peritraumatica e nella rievocazione del trauma in terapia (percezioni rallentate, sentirsi
esterni al corpo, fenomeni intrusivi, senso soggettivo di impotenza; evitamento) è compromesso il
trasferimento di informazioni dal sistema SAM al VAM.
Oscillare tra il forte disagio e l’evitamento/ottundimento come forma ‘autoprotettiva’ aumenta il rischio di
PTSD. In generale: i fattori che interferiscono con la costruzione di un ricordo dettagliato e accessibile al
sistema VAM porta ad un esito più grave.

21. TRAUMA - Modello evolutivo dello stress traumatico


Il modello include in un’unica matrice:
• Il bambino
• L’ambiente
• Le aspettative familiari e sociali
Visti nel loro continuo cambiamento e nel legame tra sviluppo normale e alterato.
Un ruolo centrale è rivestito dalla formazione di aspettative collegate al trauma → Esse sono espresse nei
pensieri, nelle emozioni, nel comportamento e nella biologia del bambino che si sviluppa
Le esperienze traumatiche possono far deviare le aspettative del bambino:
• Sul mondo
• Sulla sicurezza della vita interpersonale
• Sul senso di integrità personale
Queste aspettative secondo Bowlby: “contribuiscono ai nostri piani interni del mondo, modellano i concetti
di sé e degli altri e fanno previsioni sul futuro che hanno una potente influenza sul comportamento attuale e
futuro. Dopo l’esposizione al trauma, queste aspettative alterate mettono il bambino a rischio di sviluppare
disturbi prossimali e distali”.
Secondo i modelli evolutivi attuali le aspettative nascono dalla concettualizzazione progressiva di esperienze
in prototipi (Stern).
L’esperienza traumatica compromette la formazione di questi prototipi: “La formazione di aspettative
traumatiche rappresenta una frattura nella “media” schematica, distorcendo i concetti emotivi, cognitivi e
morali così come le rappresentazioni interne di Sé, delle relazioni oggettuali e dell’ambiente sociale”
(Pynoos). I bambini tendono ad attribuire a Sé: questa cosa mi succede perché sono cattivo.
Particolarmente rilevante è il rischio che il trauma induca una preclusione prematura dello sviluppo vitale
(se ho un trauma impegnativo nel periodo della latenza, come affronto l’adolescenza?) e delle revisioni
esperienziali.
*Tutta la psicoterapia infonda una psicoterapia sul trauma. Tutte le terapie si devono porre l’obiettivo di
integrare le varie parti della persona che possano elaborare e gestire questo evento: obiettivo è la crescita
post traumatica, perché il trauma è ineliminabile; pertanto, si deve promuovere una particolare resilienza.
Non si tratta di recuperare il prima, ma integrare l’esperienza traumatica arricchendo la personalità.

22. TRAUMA - terapia


La regressione sistematica
Modello che Integra elementi provenienti da diversi contributi (Winnicott, Balint, Ferenczi, Blanck, Gedo &
Goldberg, Bowlby, Stern, Schiff) il terapeuta costruisce con il paziente una 'mappa' delle sue aree di
competenza evolutiva e le sue aree' bloccate' (es. non ha raggiunto la costanza dell’oggetto) per poi
sintonizzarsi su gli specifici bisogni evolutivi del paziente (aree “pre-fulcro”: prima della costanza
dell’oggetto).
Si inizia con un contratto molto particolare, il paziente ha già fatto una parte di terapia e per questo fa una
mappa con il terapeuta.
Il Sè narrativo è il veicolo d’accesso ai diversi sensi del sé più arcaici (spesso preverbali): "l'analista può
parlare al vero sé solo al falso sé del paziente. È come se una balia portasse un bambino, e dapprima
l'analista discutesse il problema del bambino senza prendere contatto con lui. L'analisi non ha inizio finché
la balia non lascia il bimbo solo con l'analista e fino a che il bambino non è in grado di restare solo con lui

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e di cominciare a giocare" (Winnicott, 1965 che parlava dell’accesso diretto allo stato dell’Io bambino di
AT) Es di “racconto”: brano 1 (ml)
Fasi e caratteristiche:
1. Alleanza
2. Regressione, ingresso nelle scene traumatiche o di carenza di qualche ingrediente fondamentale dello
sviluppo
3. Rielaborazione e conclusione
Esempi (queste fasi di lato sono anche le fasi di ogni singola seduta oltre che della terapia)

Ponte dell’affetto (altro modo per chiamare l’elastico): partendo dal sentimento dominante, in questo
momento, bisogna stare con questo sentimento e chiederci “quando mi sono sentita così? E ancora?”
INTEGRAZIONE NUOVA ESPERIENZA → l’EMDR non funzionava quando la De Luca lavorava. Cosa
faceva? Dava induzioni, suggestioni facilitanti di tipo ipnotico (puoi mettere insieme le cose che abbiamo
fatto oggi? Puoi collegare tutto?). il cliente si ritira dalla relazione, chiude gli occhi e fa un lavoro
intrapsichico in trans profonda e fa gli stessi movimenti oculari dell’EMDR e del sonno REM profondo. Si
accede allo stesso processo in modi diversi.
Processo di immersione e riemersione. Lo psicotico non è in grado di fare questo, per loro c’è bisogno di
un contesto residenziale, che però funziona allo stesso modo.
“Mi dai la mano”: passaggio dalla vecchia alla nuova situazione. Questa è l’esperienza di giustapposizione,
esperienza che disconferma quella traumatica iniziale e le sinapsi vengono deconsolidate (Luca).
*Cos’è la Finestra della tolleranza:
Immaginate di ricordare buona parte delle esperienze personali con un flusso emotivo incontrollabile.
Quando ci troviamo in uno stato di iper-attivazione, siamo fuori dalla nostra finestra di tolleranza. Quando
siamo dentro di essa, invece, la situazione ottimale.
La finestra di tolleranza rappresenta il range di intensità emotiva che ognuno di noi è capace di sperimentare.
All’interno di questo ventaglio, ci sentiamo sicuri, possiamo imparare e goderci meglio la vita.

23. Il cambiamento in psicoterapia: il modello della Ridecisione e il Riconsolidamento della


Memoria Terapia della Ridecisione
“La Scuola della Ridecisione” mette insieme i principi ed i metodi della terapia della Gestalt con quelli
dell’Analisi Transazionale. Lo scopo terapeutico è quello di aiutare la persona a prendere nuove decisioni
pensando, sentendo e comportandosi in modo diverso da quanto aveva deciso nel passato.
Il Bambino (stato dell’Io bambino) traduce/ridefinisce l’esperienza traumatica sotto forma di ingiunzioni –
messaggi ingiuntivi, che sono divieti che il bambino riconosce rispetto alla relazione con le figure di
attaccamento o rispetto ad eventi traumatici. In contesti di traumi con la T maiuscola o con la t minuscola, la
persona ridefinisce l’esperienza attraverso messaggi (non esistere, non essere intimo, non fidarti…).
Nell’ambiente arrivano milioni di messaggi (cosa devi fare per essere ok, cosa non devi fare) e il Bambino
decide qual è la migliore strategia per non ritrovarsi più in situazioni traumatiche.
Le decisioni di copione (decisioni precoci, schemi) sono le strategie migliori per sopravvivere, per ridurre
l’intensità e la sofferenza del trauma e per mantenere la relazione con le figure di attaccamento.
CAMBIAMENTO
Rispetto alla gestalt possiamo concettualizzare questi eventi traumatici come bisogni che non vengono
soddisfatti (soprattutto quelli con la t minuscola) e non si riesce a chiudere la gestalt. Lo fa attraverso delle
decisioni di copione. Senza il contesto sano e protettivo diventa ri-traumatizzante.
Terapie espositive – ricostruttive → risperimentare le esperienze negative in un contesto sano e protettivo:
ritornarne ad una scena traumatica con nuove risorse, sia interne che esterne che promuovano una modifica
dell’esperienza emotiva
Ridecidere: recuperare l proprio potere e prendere nuove decisioni alla luce della nuova esperienza. Questo
è il modo in cui l’esperienza traumatica veniva
“Un processo in cui agevoliamo il cliente ad entrare nel suo stato dell'lo Bambino. Da quello stato, rivive
una vecchia scena e cambia la sua parte in essa”.

Passi-Fasi della Terapia della Ridecisione

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1. Stabilire una buona alleanza terapeutica
2. Esplorare il problema e dei sintomi
3. Definire un contratto: creare un accordo specifico rispetto al cambiamento che si vuole raggiungere oggi.
4. Individuare i Sentimenti, Pensieri, Comportamenti, Sensazioni Sensomotorie non appropriate al qui ed
ora.
5. Ricontattare una scena arcaica (elastico). Immaginiamo un ascensore, siamo al piano 22 (i miei anni)
quando ricontattiamo una scena arcaica torniamo ad es. al piano 2 (dove c’è una situazione sospesa). Rientro
in una situazione protettiva nel flashback. La persona deve rientrarci nella finestra di tolleranza, altrimenti si
ritraumatizza. Bisognerebbe stare nella parte alta della finestra di tolleranza
6. Riconoscere la saggezza delle decisioni di copione: Conrad sperimentava oggi che lui si sentiva in colpa
per essere sopravvissuto. Pertanto, bisogna riconoscere la saggezza della strategia di sopravvivenza che io
ho. i flashback ci fanno capire che c’è qualcosa che non va, per questo sono importanti.
7. Contattare le emozioni e i bisogni autentici che sono stati messi da parte.
8. Recuperare il proprio potere (attivando l’Adulto, cortecce prefrontali) rispetto alla vulnerabilità del
passato per affermare cosa è vero oggi (ridecisione alla luce di una nuova esperienza).
9. Ancorare la ridecisione
10. Applicare la ridecisione alla situazione attuale
La nuova esperienza potrebbe essere, per la paziente della De Luca, potrebbe essere lei da grande che
accudisce la bambina del passato (che non è magari stata accudita dai genitori), la coccola, la abbraccia, la
considera… questo è il passaggio chiave che crea l’apertura delle sinapsi per creare nuovi apprendimenti che
saranno alla base del cambiamento. prima la persona deve rendersi conto cognitivamente (corteccia) e poi
sperimenta (sistema limbico) che veramente era la miglior cosa che potesse fare.

➔ Legge di Hebb (cambiamento incrementale).


Fino alla fine del secolo scorso l’unico meccanismo di cambiamento si basava sulla legge di Hebb. Si riteneva
che i ricordi emotivi fossero indelebili. E che fossero consolidati in circuiti irrevocabilmente bloccati (i
neuroni che si accendono insieme rimangono con un potenziamento a lungo termine… la strada è scorrevole
come un’autostrada). L’idea è che una volta che è stata costruita quest’autostrada non la smonti più, puoi
solo contrastarla con altri circuiti emotivi.
Il cambiamento consiste nel creare e rinforzare nuovi apprendimenti, nuovi circuiti neuronali collaterali che
vanno a competere con quelli esistenti.
Questo tipo di cambiamento ha dei limiti → l’amico di Luca (cartone) gli dice che ha un “Bruno in testa”
(genitore critico). Gli crea un nuovo apprendimento che rinforza talmente tanto… (non sentire il Bruno!!
Non hai più il Bruno!)
Il cambiamento incrementale comporta - sforzo per il suo mantenimento
− Si possono verificare ricadute perché l’apprendimento originario, lo schema per il quale Luca non vuole
scendere rimane lì
− Riduzione parziale del sintomo (in momenti sotto stress non si riesce ad accedere alle cose più nuove e si
può ricascare nel pattern antico e originario)
Il cambiamento incrementale è tutta quella parte che poi permette di arrivare ad un cambiamento
trasformativo, è un meccanismo di cambiamento che conosciamo, che ha un enorme vantaggio ed è
indispensabile per fare l’altro (alleanza terapeutica fa parte di un cambiamento incrementale)

➔ Riconsolidamento della memoria (cambiamento trasformativo).


A partire dal 2004, i neuroscienziati hanno scoperto un nuovo meccanismo, una nuova forma di
neuroplasticità in grado di sbloccare, sostituire e aggiornare un apprendimento emotivo consolidato.
Dunque, un cambiamento che non bypassa lo schema originale creandone uno nuovo collaterale, ma
modifica e aggiorna i circuiti dello schema originale.
Questa nuova forma di neuroplasticità è nota come RICONSOLIDAMENTO DELLA MEMORIA.
“È il meccanismo incorporato nel cervello per sbloccare la codifica di ciò che è stato precedentemente
appeso e codificato nella memoria, permettendo la revisione del contenuto della memoria esistente da parte
dell’esperienza prima che la codifica si riblocchi”.

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Le sinapsi che codificano un apprendimento emotivo implicito (che sostiene i sintomi di oggi), possono
essere convertite da uno stato bloccato, consolidato e stabile ad uno stato sbloccato, deconsolidato e labile,
suscettibile al cambiamento. le sinapsi si aprono e per un periodo di circa 5 ore rimangono aperte. In queste
5 ore lo schema originale può essere aggiornato e sostituito da uno nuovo (“cancellato”).
➔ Al termine delle 5 ore la codifica neuronale si ri-consolida automaticamente e si stabilizza il nuovo
apprendimento.
Il ricordo dell’apprendimento emotivo (tipo mamma non mi filava) c’è. Le memorie non possono essere
cancellate, ma l’attivazione emotiva corrispondente a quel tipo di memoria non è più attiva (stesso obiettivo
dell’EMDR, il target non mi attiva più anche se io ricordo bene il trauma, il circuito emotivo abbinato non è
più automatico).
I neuroscienziati hanno scoperto qual è la sequenza specifica di esperienze che attiva questo processo
(mediatori e meccanismi). Hanno sia identificato il processo di cambiamento in psicoterapia, sia la sequenza
di esperienze che lo attiva.

La sequenza di trasformazione (processo di riconsolidamento terapeutico)


Il naturale processo di cambiamento trasformativo di un apprendimento emotivo esistente (schema target) ha
3 fasi:
1. Riattivazione: riattivare esperienzialmente lo schema emotivo target come esperienza sentita e
coscientemente verbalizzata (circuito acceso, torniamo in contatto con la scena arcaica e scopriamo la
decisione di copione)
2. Attivazione di una conoscenza disconfermante: le decisioni di copione si costruiscono sulla base di
cosa mi permette nel futuro di sopravvivere. Guidare un’esperienza di giustapposizione tra lo schema
emotivo target e una conoscenza disconfermante crea un errore di previsione, una mancata corrispondenza.
Questo sblocca (de-consolida) i circuiti della memoria dello schema. Se ho un’esperienza oggi vissuta alla
stessa temperatura emotiva di quella arcaica allora sblocco le sinapsi.
3. Ripetizione delle coppie di mancata corrispondenza: ripetere alcune volte l’esperienza di
giustapposizione. In questo modo lo scema emotivo target viene aggiornato attraverso nuovi apprendimenti.
In clinica magari prima di arrivare a conoscere lo schema emotivo target possono passare anche 6 mesi. In
terapia accade che:
Processo di Riconsolidamento terapeutico:
1. Sequenza di accesso:
A. Identificazione dei sintomi
B. Ricupero di uno schema target
C. Identificazione di una conoscenza disconfermante
2. Sequenza di trasformazione
1. Riattivazione dello schema target
2. Attivazione della conoscenza disconfermante, mancata corrispondenza con lo schema target
3. Ripetizione delle coppie di mancata corrispondenza
3. Fase di verifica
Verifica dell’annullamento dello schema:
• Cessazione dei sintomi
• Non riattivazione dell’apprendimento target
• Mantenimento senza sforzo

Van der Kolk


Tutto questo cosa implica in termini di cambiamento? che il cambiamento è trasformativo: lo schema
originario è stato cambiato, i pacchetti di neuroni che prima si attivavano in un modo adesso si attivano in
modo diverso, non mi attivano più emotivamente. I marker del cambiamento trasformativo sono 3, sono il
controaltare del cambiamento incrementale:
- Cessazione dei sintomi: i sintomi comportamentali, emotivi, somatici e cognitivi
- Non riattivazione
- Mantenimento senza sforzo

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Questo in terapia, quello che avviene alla fine è che abbiamo entrambi i cambiamenti: sia la pallina verde
che quelle gialle intorno. Non c’è più quello originario ed ho nuove risorse. Sono terapie ricostruttive,
avviene una crescita post-traumatica.
Oggi sappiamo come promuovere l’attivazione di queste diverse forme di neuroplasticità, e scegliere quando
lavorare su una e/o sull’altra.
Ecker ha visto in che modo tutti i modelli terapeutici attivano questi 3 passi anche se ci sono metodi
differenti. I modelli terapeutici sono mediatori del cambiamento nel modo in cui portano avanti tecniche e
processi. Il principio attivo è lo stesso: il RICONSOLIDAMENTO DELLA MEMORIA:
1. Riattivazione dello schema emotivo target
2. Attivazione della conoscenza disconfermante
3. Ripetizione dell’esperienza di giustapposizione

Fasi della terapia: convergenza di vari modelli


1. Costruzione dell’alleanza terapeutica
2. Stabilizzazione dei sintomi (persona deve imparare che può regolare l’onda e stabilizzarsi)
3. Lavoro sulle memorie traumatiche (parte alta o sopra della finestra di tolleranza)
4. Integrazione degli stati dell’io dissociati (non c’è più bisogno di avere le EP o le parti del bambino scisse,
perché il paziente ha incorporato e messo in sicurezza quella parte di sé)
5. Assistenza nell’esercizio delle capacità acquisite durante la vita quotidiana Ogni teoria possiamo
integrarla con l’altra.

24. Lutto Complicato (Parkes, 2007)


Molta ricerca ha dimostrato che la perdita di una persona amata (evento che capita a tutti anche se siamo in
una cultura fobica: la gente è culturalmente e costantemente impreparata) può causare disagio duraturo e
problemi di salute fisica e mentale. Ha anche dimostrato che la perdita può portare a miglioramenti nella
maturità e nella forza psicologica. Come tutte le forme di trauma e come tutti gli eventi traumatici può creare
un avanzamento della salute mentale prendendo forma di una crescita post traumatica. Perdita e trauma
possono essere trasformativi perché mettono davanti i limiti umani, ti dà un’opportunità per fare un salto.
Il lavoro di ricerca si è concentrato negli ultimi anni su tre domande:
− C’è un tipo di lutto (grief) che può essere considerato disturbo mentale?
− Come va classificato e differenziato dagli altri disturbi? Proposte:
1. Lutto traumatico
2. Lutto Complicato
3. Lutto Prolungato. Più come danno all’attaccamento
Nel 2009 hanno fatto una proposta congiunta così che fosse più probabile che l’accettassero. Hanno proposto
il disturbo da lutto persistente complicato. Abbiamo un intreccio di studi, di fonti che vanno dalla Tanatologia
(studio del Lutto), alla Psicotraumatologia e Psicologia dell’emergenza (che studiano il Trauma) che
convergono nel Lutto Traumatico:
1. Morte improvvisa
2. Violenza, mutilazione
3. Prevedibilità/Casualità
4. Perdita di un figlio
5. Morti multiple
6. Incontro con la morte (per minaccia diretta a sé o secondaria alla morte dell’altro)

Lutto complicato convergenza su alcuni criteri e autori:


(Prigerson è chiaramente differenziabile dalla depressione ed è inquadrabile come un Disturbo
dell’Attaccamento. Horowitz è una Sindrome di Risposta allo Stress e ne sottolinea i sintomi post-traumatici).
1. Persistente struggimento per la persona perduta
2. Deve essere trascorso un periodo di sei mesi o più dal lutto
3. La sindrome danneggia gravemente la capacità del soggetto di funzionare nei ruoli e nelle responsabilità
lavorative e familiari
4. Sono anche richiesti criteri di traumatizzazione:

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-Persistenza di sentimenti di torpore emotivo insieme a difficoltà incapacità di accettare la realtà della perdita
-Frantumazione degli assunti fondamentali con perdita di direzione e significato della vita

Il Disturbo da Lutto prolungato nell’ICD-11 Criteri diagnostici:


1. Morte di una persona vicina
2. Risposta di dolore (grief) persistente e pervasiva accompagnata da desiderio/nostalgia o preoccupazione
per il defunto.
3. Dolore emotivo intenso (tristezza, colpa, rabbia, negazione, biasimo, difficoltà ad accettare la morte, senso
di aver perso una parte di sé)
4. Minimo 6 mesi dopo la morte, con un disagio che supera chiaramente le norme sociali, culturali e religiose
del soggetto.
5. Danno significativo nel funzionamento personale, familiare, sociale, professionale o di altro tipo

Il Disturbo da Lutto Persistente Complicato nel DSM-5 (2013) Caratteristiche del disturbo:
Criterio A → L’individuo ha vissuto la morte di qualcuno con cui aveva una relazione stretta
Criterio B → dal momento della morte presenza (almeno 12 mesi) di almeno 1 su 4 sintomi:
1. Persistente desiderio/nostalgia
2. Tristezza e dolore emotivo intensi (questi primi due relativi Attaccamento)
3. Preoccupazione per il deceduto
4. Preoccupazione per le circostanze della morte (questi ultimi due relativi a PTSD - intrusività)
Criteri che appartenevano a 2 cluster:
 Sofferenza reattiva alla morte
1. Difficoltà nell’accettare la morte
2. Incredulità/torpore emotivo
3. Difficoltà ricordi positivi
4. Amarezza/rabbia
5. Valutazione negativa di sé (colpa)
6. Evitamento ricordi della perdita
 Disordine sociale/dell’identità
1. Desiderio di morire (riunione)
2. Difficoltà nel provare fiducia (negli altri, nella vita, perché provoca dolore e perdita)
3. Sensazione di essere soli/distaccati (“nessuno mi capisce”)
4. Sensazione della vita come vuota, senza senso; non farcela
5. Confusione circa proprio ruolo/ identità (prima ero la mamma di… adesso chi sono)
6. Difficoltà nel perseguire interessi/ fare piani per il futuro
Criterio D→ causa disagio clinicamente significativo/compromissione funzionamento sociale, lavorativo
Criterio E → La reazione di lutto è sproporzionata o non coerente con le norme culturali, religiose, età
Specificare se: Con lutto traumatico (omicidio, suicidio o pensieri su natura traumatica della morte)

Il Disturbo da Lutto Persistente Complicato nel DSM-5. Diagnosi differenziale:


1. Lutto normale: Gravi reazioni per oltre 12 mesi
2. Disturbi depressivi: In comune: tristezza, crisi di pianto, pensieri suicidari ma focalizzati sul tema della
perdita
3. Disturbo da Stress Post-traumatico: Co-presenza dei due disturbi se la morte è traumatica; entrambi
presentano pensieri intrusivi e evitamento; nel PTSD manca desiderio struggente
4. Disturbo da ansia da separazione: Invece dell’ansia da separazione dalla Figura di Attaccamento, c’è
dolore per la separazione dal deceduto
*Rischi associati al Disturbo da Lutto Persistente Complicato. Controllate le variabili della depressione e
dell’ansia, il DLPC risulta associato a:
A. Infarto miocardico e insufficienza cardiaca congestizia
B. Disfunzione del sistema immunitario
C. Uso e abuso di sostanze
D. Ipertensione essenziale

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E. Compromissione funzionale
F. Ridotta qualità della vita
G. Tentativi di suicidio
Numerosi studi (Grossi et al, in preparazione) evidenziano il significativo aumento di queste malattie nei
1224 mesi successivi alla perdita.
1. Adattamento alla perdita
2. Persistenza di
Continuum normalità-patologia nel lutto sentimenti di
Lutto acuto solitudine/mancanza
1. Desiderio/nostalgia della persona perduta 3. Buon funzionamento
2. Tristezza/dolore emotivo intenso Lutto normale/integrato capacità di gioire
3. Immagini, impressione di sentire/vedere 4. Ricordi dolceamari
la persona accessibili
4. Difficoltà ad accettare la perdita/rabbia/ 5. Maggiore sofferenza
Incredulità
5. Sintomi somatici: perdita di appetito,
disturbi del sonno, digestivi, spossatezza, Lutto prolungato/complicato Persistenza
irrequietezza. sintomi del lutto

Perdita 6 mesi 12/15 mesi

Esiti del lutto:


1. Cronico → Distress acuto, non se ne esce (PTSD;
Lutto Complicato)
2. Recupero → Sofferenza meno intensa, periodo più
breve (Recovery)
3. Ritardato → Pronto recupero seguito da problemi
(Delayed)
4. Resiliente → Resistenza all’impatto dell’evento e
mantenimento di buon adattamento (Resilience)

Perdita, Trauma e Resilienza


George Bonanno (2004; 2005) ha riesaminato la letteratura di ricerca e ha sintetizzato in 4 prototipi i possibili
esiti dell’impatto di lutti e traumi nell’arco di due anni. I punti chiave del suo contributo sono:
1. La resilienza è diversa dal recupero
2. La resilienza è un esito comune (35-55%)
3. Ci sono molti percorsi, a volte inattesi, verso la resilienza
➢ Resilienza e Recupero Resilienza
Resilienza
− Capacità di mantenere un equilibrio stabile (livelli stabili di funzionamento fisico e psicologico sano)
− Non è uguale ad “assenza di patologia”
− Sperimentano perturbazioni transitorie nel funzionamento normale (diverse settimane di preoccupazione,
sonno agitato ecc.) ma la traiettoria è stabile
− Mostrano capacità generativa ed emozioni positive
Ricupero
− Il funzionamento normale temporaneamente lascia spazio a patologia sopra e sottosoglia (depressione,
PTSD, ecc.) per alcuni mesi
− Segue un graduale ritorno ai livelli di funzionamento pre-evento

➢ Obiettivo: noi vogliamo partire dalla situazione traumatica, dal lutto persistente complicato e promuovere
l’esito della Crescita Posttraumatica
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“La trasformazione positiva che le persone possono sperimentare nel loro affrontare il dolore e altre
circostanze di vita altamente stressanti”.
Gli eventi traumatici sono intesi in modo più ampio che nel DSM-IV: “Circostanze di vita che sfidano
gravemente le risorse delle persone, specialmente i loro modi generali di intendere i mondo e il proprio posto
in esso”.
PostTraumatic Growth
Dimensioni Cambiamenti nella Cambiamenti nella Cambiamenti nella
qualitative percezione di sé relazione con gli altri Filosofia di vita
Fattoriali +Nuova comprensione di sé +Cambiamenti positivi +Maggior apprezzamento
stessi come più forte e più nella relazione con gli della vita
capaci altri +Crescita nella
+Avventurarsi in nuovi dimensione spirituale-
aspetti della vita esistenziale

Il Modello Duale - Stroebe e Schut 2001


Mette in evidenza la continua oscillazione tra due poli, uno orientato a sperimentare il dolore e uno teso ad
evitarlo. Questi due poli coesistono e sono necessari entrambi: la persona oscilla continuamente tra essi,
anche durante la stessa giornata. Due poli:
1. “Orientamento alla perdita” → concentrazione sugli aspetti della perdita (teoria dell’attaccamento; lavoro
del lutto)
2. “Orientamento alla ricostruzione” → concentrazione sugli stressor secondari conseguenti al lutto.
Entrambi sono fonti di stress e sono associati con disagio e ansia; sono coinvolti nel processo di coping in
quantità variabili a seconda degli individui e delle culture

Elaborare il lutto
Secondo il “Modello Duale”: la persona in lutto passerà alternativamente tra il coping orientato alla perdita
e il coping orientato alla ricostruzione. A volte affronterà gli aspetti legati alla perdita e a volte li eviterà
(idem per la ricostruzione). L’oscillazione tra i due tipi di stressor è necessaria per il coping adattivo.
Il “Legame che Continua” (Klass)
Nuove osservazioni dimostrano come le persone normali mantengano spesso una forma di legame con la
persona scomparsa
Il problema clinico del lutto è esploso in occidente nella misura in cui è svanita l’importanza della vita dopo
la morte.
Dopo l’esame delle forme di continuazione del legame nell’antichità occidentale e nelle altre culture
individua 4 forme di prosecuzione del legame riscontrate attualmente (e 5 forme infantili)
1. “Sentire la presenza” → sensazione riferita in stato di veglia, di solito confortante
2. “Parlare” con la persona → esperienza molto comune, si condividono pensieri, si informa sugli eventi
familiari.
3. Viverla come “guida morale” → rappresentazione interna che svolge 4 funzioni: modello di ruolo, guida
in situazioni specifiche; chiarificazione dei valori; formazione di memorie
4. Parlare della persona → ricostruire la narrazione della vita della persona e del ruolo che ha avuto nella
propria
“Strategie di connessione” nei bambini:
1. Collocazione in un luogo → solitamente il “cielo” nel quale immaginarla
2. Sperimentare la presenza → dal suo luogo, può vedere il bambino e partecipare alla sua vita (reagire agli
eventi)
3. Mantenere il contatto (to reach out) → visitare la tomba; parlare con il genitore
4. Risvegliare le memorie → ricordare le caratteristiche; identificazione consapevole e in evoluzione
5. Oggetti che legano → oggetti personali, soprattutto nel primo anno

Lutto e Crescita PT
- Dal Modello Duale sappiamo dunque che le persone in lutto hanno bisogno di “fare la spola” in modo del
tutto idiosincratico tra ‘perdita’ e ‘ricostruzione’
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- Dal “Legame che Continua” sappiamo che la meta del lavoro non è separarsi dalla persona perduta ma
ristrutturare in nuove forme il legame
Nel processo di Crescita PostTraumatica in seguito a lutto è quindi importante accettare che coesistono:
- Crescita
- Sofferenza
- Trasformazione positiva
- Dolore
Il dolore può essere il “motore” della crescita (vedi la curva del “Recupero”); questo implica abbandonare
visioni lineari o stadiali del lutto e l’idea che “crescita” = “più felicità”
Chi sono i Resilienti?
Sappiamo dalla letteratura sulla resilienza infantile il legame tra resilienza e fattori protettivi. Altre
caratteristiche identificate nei resilienti:
- La “Robustezza” (Hardiness)
- L’Auto-valorizzazione (Self-Enhancement)
- Il Coping Repressivo
- L’ Emozione positiva e il ridere

@pmemo

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