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Nel 2006 (Direttiva del Presidente del Consiglio n.200, 29/08/2006) stabilisce che: “Nel contesto degli
interventi di sostegno alle vittime di eventi catastrofici è necessario prestare la massima attenzione ai
problemi di ordine psichiatrico-psicologico che possono manifestarsi nelle popolazioni colpite e sui loro
soccorritori.
9. Tipi di incidenti:
− Incidenti semplici: eventi dannosi naturali o connessi con l’attività dell’uomo, che possono essere
fronteggiati mediante interventi attuabili. Es.: piccole frane, incidenti stradali, incendio circoscritto.
+Pur non essendo scenari complessi essi possono rappresentare per l’individuo, la sua famiglia, i soccorritori,
un’esperienza esistenziale gravissima, negativa e inattesa.
+Le risposte psicologiche a tali eventi sono sovrapponibili a quelle delle grandi emergenze, mentre rispetto
a queste manca l’impatto sistemico dovuto alla numerosità delle persone coinvolte.
− Incidenti complessi: situazioni critiche in cui sono coinvolte contemporaneamente molte persone e che
possono essere fronteggiate con l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti (non
bastano i vigili del fuoco ma servono altre strutture). Es.: incidente stradale o industriale con decine di vittime
che coinvolge diverse organizzazioni, quali sanitari, vigili del fuoco, protezione civile, forze dell’ordine.
+L’ampiezza dei danni, tuttavia, non intacca la rete delle comunicazioni, dei trasporti e dell’accoglienza.
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− Disastri: disastri, calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere
fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.
+Anche se il numero di vittime è limitato vengono sconvolte le infrastrutture, i sistemi di comunicazione, le
organizzazioni e l’intero tessuto sociale
+Lo sconvolgimento complessivo genera molti bisogni quali: evacuazione, orientamento, ricongiungimento,
soccorso sanitario, estricazione, messa in sicurezza, ripristino delle reti di comunicazione
+Es.: terremoto (come quello dell’Aquila dove i soccorsi per la parte sanitaria e per tutto il resto sono arrivati
da tutta Italia), grave incidente industriale…
In seguito al territorio dell’Aquila, nel 2010 ci fu uno scandalo della protezione civile hanno deciso di
cambiare una parola nella legge “catastrofi e grandi eventi” (sono saltati i criteri per gli appalti… perché
grandi eventi potevano anche essere le olimpiadi!).
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+In psicologia è il Processo accoglitivo-valutativo-decisionale che, attraverso l’uso di criteri e modalità
prestabilite, consente una valutazione psicologica di un soggetto, articolata in momenti successivi e ben
definiti:
a) Accoglienza (disponibilità, empatia, rassicurazione, normalizzazione, ecce.)
b) Riconoscimento (dei segni, dei sintomi e del problema principale)
c) Attribuzione (del codice di priorità).
Si parla anche di priorità:
BASSA: con sintomi psicopatologici lievi che richiedono intervento di supporto psicologico.
MEDIA: sintomi psicopatologici di gravità intermedia che richiedono una valutazione specialistica.
ALTA: con gravi reazioni peritraumatiche che comportano marcata riduzione dell’autonomia individuali,
ridotta consapevolezza di malattia, compromissione delle funzioni cognitive, pericolosità per sé e per gli altri
e pertanto richiedono interventi immediati o valutazioni specialistiche.
>DEFUSING (disinnescare)
Momento strutturato di accoglienza tipico della psicologia d’emergenza che serve ad abbassare il livello di
impatto. È un intervento che si svolge subito dopo la situazione d’emergenza; dunque, viene chiamato
“intervento emotivo a caldo”.
Tecnica di intervento breve (20-40 minuti) perché deve abbassare la reattività
Entro poche ore dall’evento
Per: offrire sostegno, rassicurazione e informazione, riducendo il senso di isolamento → forma di pronto
soccorso psicologico dove non si vogliono elaborare le cose ma accogliere e contenere quello che la persona
porta
Variante informale e brevissima, sfruttando momenti di pausa (molti psicologi dell’emergenza girando
per la tendopoli ritirando il piatto del pasto chiedono “come va?”)
6 passi:
1. Stabilire il contatto
2. Assessment
3. Far emergere i fatti
4. Indagare i pensieri
5. Indagare gli stati d’animo
6. Sostenere, rassicurare e informare soprattutto sulle reazioni post traumatiche
Incontro o discussione di gruppo (20-45 min) condotta entro le primissime ore post-evento. Prevede tre fasi
(struttura a sandwich cognitivo-emozioni-cognitivo):
1. Fase Introduttiva → Presentazione del conduttore, descrizione degli obiettivi, garanzia della riservatezza,
libertà di non parlare.
2. Fase Esplorativa → I partecipanti descrivono ciò che è accaduto, si incoraggia la condivisione di
esperienze e reazioni, elaborazione cognitiva dell’evento, non si indaga eccessivamente sulle emozioni.
3. Fase di formazione → Viene spiegato che le reazioni sperimentate sono normali, insegnamento di
strategie di riduzione dello stress. Si torna sul cognitivo.
Si procede quindi dal livello cognitivo, si prosegue con la descrizione del proprio coinvolgimento ed
esplorazione delle reazioni per terminare a livello cognitivo (insegnamenti); ciò potenzia il contenimento
delle reazioni emotive in fase acuta.
>DEBRIEFING → avviene in una fase successiva
Ha come obiettivo di integrare la componente cognitiva con quella emozionale ed ha una strutturazione
diversa, rispetto al defusing, da un punto di vista temporale e organizzativo. Viene infatti chiamato
“intervento emotivo a freddo”.
24-76 ore dopo l’evento
Mai sulla scena del disastro, deve esserci la distanza che permetta maggior elaborazione emotiva da 1 a
2-3 ore, senza interruzione;
Per: aiutare a comprendere e gestire emozioni intense, adoperare strategie efficaci di fronteggiamento,
ricevere sostegno sociale
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Attraverso l’espressione e la verbalizzazione del trauma, sempre nel rispetto del livello di apertura e
disponibilità che le persone hanno (presupposto che vada tirato fuori tutto quando lo voglio io psicologo di
emergenza è letale). “mi è crollato il mondo, è successo questo…”.
EMDR: protocollo eventi recenti → c’è una storia traumatica conosciuta dal soggetto ma mai affrontata.
C’è un consolidamento nel tempo delle memorie emotive e fare questo intervento subito può evitare lo
stabilizzarsi. Target= bersaglio: vengono identificati i ricordi/impressioni disturbanti, i momenti più difficili
(es. momento in cui ho sentito i calcinacci durante il terremoto; dopo costa concordia evento che è stato un
trigger: crisi dopo che la persona entra in garage si spegne la luce e ha paura → target quando vede soffitto
che diventa pavimento e si spengono le luci.
-Il trattamento con EMDR può essere parte integrante dell’intervento in fase peri-traumatica e può essere
utilizzato nella rielaborazione dei target fin dalle prime esposizioni ad eventi critici.
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-La costruzione del protocollo per gli eventi recenti consente di intervenire rapidamente ed efficacemente sui
punti di disturbo innescati dall’esperienza traumatica già dal primo mese.
-Sviluppare un’ottica di intervento breve, specialistica orientata al trattamento della crisi e della componente
peri-traumatica velocizza nelle persone l’integrazione e desensibilizza quei segnali di disturbo già presenti
nelle prime settimane. Si ottimizzano i tempi della cura e si evita l’effetto cumulativo.
➔ Il protocollo consiste in 8 fasi:
1. Raccolta dell’informazione e anamnesi
2. Preparazione
3. Assessment
4. Desensibilizzazione
5. Istallazione cognitiva
6. Scansione corporea
7. Chiusura
8. Rivalutazione
14. Pronto soccorso psicologico (bisogna essere formati all’ascolto attivo ed empatico)
Obiettivi:
− Instaurare una relazione umana compassionevole e non intrusiva.
− Migliorare in modo immeditato e progressivo la sicurezza, provvedere al benessere fisico ed emotivo.
− Calmare e orientare i sopravvissuti che sono emotivamente sopraffatti o agitati
− Aiutare i sopravvissuti a comunicare in modo specifico quali sono le loro necessità e preoccupazioni e
raccogliere informazioni aggiuntive a seconda dei casi
− Quanto prima, mettere i sopravvissuti in contatto con reti di sostegno sociale, inclusi i membri della
famiglia, amici, vicini di casa, e le risorse di aiuto nella comunità.
− Sostenere il coping adattivo, riconoscere gli sforzi e punti di forza nel fronteggiamento, potenziare i
sopravvissuti, incoraggiare le persone ad assumere un ruolo attivo nel loro recupero.
L’obiettivo del pronto soccorso psicologico è quello di ridurre lo stress, assistere i bisogni attuali e
promuovere il funzionamento adattivo, non evocare i particolari delle esperienze traumatiche e delle perdite,
perché questa è una cosa riservata al defusing e debrifing con tutte le regole che abbiamo detto. Nel pronto
soccorso psicologico viene la persona che esce dal pullman dove cinque ore prima era sotto le bombe:
bisogna assolutamente ridurre lo stress, leggere i segnali dello stress e saperli riconoscere. Se le persone sono
fuori dalla finestra di tolleranza fare stabilizzazioni mirate.
*1) Connessione (con le persone), 2) calmare (regolare arousal), 3) sicurezza (fisica, devono stare in un
luogo sicuro), speranza (adesso sei al sicuro, possiamo fare qualcosa), 4) efficacia della comunità e di sé
stessi (alcuni profughi passato il primo momento di disorientamento si mettono a fare le cose insieme agli
altri).
un pronto soccorso psicologico ideale dovrebbe avere tutte queste componenti, garantite dal lavoro di
squadra. Dal punto di vista strettamente psicologico ci interessa il calmare, la connessione e l’efficacia.
+Comportamento professionale
1) Agire soltanto all’interno del quadro di riferimento del sistema di risposta ai disastri autorizzato.
2) Modellare risposte sane: siate calmi, gentili, organizzati e d’aiuto (dobbiamo essere i primi a rimanere
dentro la finestra di tolleranza e non è per niente facile.
3) Mantenere la riservatezza in modo appropriato.
3) Rimanere nell’ambito della propria competenza e del ruolo designato
4) Fare appropriati invii quando sono necessarie ulteriori competenze oppure se richiesto dal sopravvissuto
5) Essere informati e sensibili ai temi della cultura e della diversità
6) Prestare attenzione alle proprie reazioni emotive e fisiche, prendersi cura di sé. Esiste il trauma del
soccorritore, un PTSD del soccorritore: non si può pensare di essere ematici e di supporto e totalmente
impermeabili dall’altra parte).
+Comportamento da evitare
A) Non dare per scontato che tutti i sopravvissuti vogliono o hanno bisogno di parlare con l’operatore.
B) Non fare il “debriefing” chiedendo dettagli di quanto accaduto.
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C) Non speculare o fornire informazioni possibilmente imprecise.
+Segnali di sofferenza psicologica
1. Disorientamento (che ore sono, dove sono…)
2. Confusione (mentale, difficoltà ad organizzare il pensiero)
3. Irrequietezza o agitazione
4. Panico
5. Ritiro estremo, apatia, o "chiusura” (forme di ipoarousal)
6. Estrema irritabilità o rabbia
7. Eccessiva preoccupazione (segnali chiari di uscite dalle finestre di tolleranza, prevalentemente in alto e
una in basso).
+Popolazioni a rischio
a. Quelli che sono stati feriti
b. Quelli che hanno avuto numerose delocalizzazioni e spostamenti
c. Bambini e adulti con difficoltà mediche
d. Quelli con gravi malattie mentali
e. Quelli con disabilità fisica, malattie, o deficit sensoriali
f. Adolescenti con propensioni verso il rischio - Adolescenti e adulti con problemi di abuso di sostanze
g. Donne incinte - Madri con neonati e bambini piccoli
h. Personale assegnato alla risposta ai disastri
i. Quelli che hanno avuto una significativa perdita di beni
j. Quelli esposti personalmente a scene grottesche o a estremo pericolo di vita
k. Soprattutto nei gruppi economicamente svantaggiati, un’alta percentuale di sopravvissuti può aver vissuto
eventi traumatici precedenti (es. la morte di una persona cara, aggressione, disastro).
+Azioni principali
1. Contatto e coinvolgimento
2. Sicurezza e comfort
3. Stabilizzazione
4. Raccolta di informazioni
5. Assistenza pratica
6. Collegamento con reti di sostegno sociale
7. Informazioni sul coping
8. Collegamento con i servizi di sostegno
+Modellare il sostegno
− Commenti e domande di potenziamento:
“Che cosa hai fatto in passato per aiutarti a stare meglio quando le cose sono state difficili?”
“Ci sono delle cose che potrebbero aiutarti a sentirti meglio?” sono risorse: è importante dirlo. È un modo
ipnotico per spostare il focus.
“Ho un foglio informativo con alcune idee su come affrontare situazioni difficili. Forse ci sono un paio di
idee che ti potrebbero essere utili”. Materiale informativo sullo stress, sul coping…
+Informazioni
Le informazioni possono aiutare i sopravvissuti a gestire le loro reazioni di stress e affrontare i problemi in
modo più efficace. Tali informazioni includono
− Quali sono le conoscenze sull’evento in corso
− Cosa si sta facendo per assistere le persone
− Cosa, dove e quando sono disponibili i servizi
− Reazioni post-disastro e come gestirle (la persona che trema, ha un attacco di panico…)
− Cura personale, cura della famiglia e coping
+Informare sulle reazioni psicologiche comuni ad eventi traumatici e perdite → quando il contesto è più
stabile e lo permette, si possono fare degli incontri di informazione dove le persone possono chiedere. Si può
informare sull’esistenza di:
1. Reazioni intrusive sono modi nei quali l’esperienza traumatica torna alla mente.
2. Reazioni di evitamento e ritiro vengono spesso usate dalle persone per mantenere lontano o per proteggersi
dal disagio.
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3. Le reazioni fisiche di arousal sono cambiamenti fisici che rendono il corpo reattivo come se il pericolo
fosse ancora presente.
+Informare sulle reazioni psicologiche comuni ad eventi traumatici e perdite
A) Lutto
B) Lutto traumatico
C) Depressione
D) Ansia
E) Reazioni fisiche/somatiche
+Insegnare le Risorse Somatiche:
Esercitazione → Grounding e Alignment (questo serve per abbassare l’arousal, in ipoarousal invece si
cercano di attivare i muscoli facendo fare l’esercizio della sedia senza sedia).
1. GROUNDING (Radicamento): Stando seduti, spingete i piedi a terra. Notate la sensazione nelle gambe e
nella schiena mentre preme contro la sedia. Spingete le braccia contro i braccioli della sedia e notate il
cambiamento nella sensazione o nell’essere presenti nel corpo.
2. ALIGNMENT (allineamento): Alzatevi in piedi, rilassate i piedi a terra. Sentite il suolo attraverso i piedi
e le gambe. Sentite la forza di gravità sulle gambe e sui piedi, poi sul bacino e sul busto. Diventate
consapevoli di come il corpo sia “impilato”: le caviglie sopra i piedi, le gambe sopra i piedi e le caviglie, il
bacino appoggiato sulle gambe, il busto sul bacino, la testa sostenuta dalle spalle e dal busto, le braccia che
pendono dal busto. Immaginare che c’è un filo sulla testa che tiene dritto tutto ed è collegato al soffitto o al
cielo.
3. Disturbo dell’adattamento
Si presentano quando una persona che è stata recentemente esposta a una o più fonti di stress non riesce ad
“adattarsi” all’esperienza, ma sviluppa una risposta emotiva e comportamentale anomala.
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I sintomi di questi disturbi si distinguono da reazioni normali a situazioni difficili perché causano una marcata
compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo, scolastico o in altre aree importanti della
vita dell’individuo.
Il quadro sintomatologico è caratterizzato da umore depresso, tristezza, preoccupazione, ansia, insonnia e
bassi livelli di concentrazione. Poiché si tratta di una “famiglia di disturbi”, e non di un disturbo singolo, il
DSM-5 richiede di specificare quali siano i sintomi prevalenti (umore depresso, ansia, misto di ansia e umore
depresso, disturbi della condotta, o misto di disturbi emotivi e della condotta).
4. Disturbo da lutto prolungato
A. La morte, al meno 12 mesi prima, di una persona che era vicina all’individuo (per i bambini e adolescenti,
al meno 6 mesi prima)
B. Dalla morte, lo sviluppo di una persistente risposta al lutto caratterizzata da uno o entrambi i seguenti
sintomi, che sono stati presenti la maggior parte dei giorni:
1. Intensa nostalgia/desiderio del defunto
2. Preoccupazioni per i pensieri o i ricordi della persona deceduta
C. Dal momento della morte, almeno tre dei seguenti sintomi sono stati presenti la maggior parte dei giorni:
1. Disgregazione dell’identità
2. Marcata senso di incredulità
3. Evitamento dei ricordi sul fatto che la persona sia morta
4. Intenso dolore emotivo
5. Difficoltà di reinserimento nelle proprie relazioni e attività dopo la morte
6. Insensibilità emotiva
7. Sentire che la vita è privata di significato come risultato della morte
8. Intensa solitudine come risultato della morte
D. Il disturbo provoca angoscia o compromissione nel funzionamento sociale, occupazione in altre aree.
E. La durata e la gravità della reazione al lutto superano chiaramente le norme sociali, culturali o religiose
previste per la cultura e il contesto di appartenenza
F. I sintomi non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale, come il disturbo depressivo maggiore o
il disturbo da stress port-traumatico e non sono attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza o un’altra
condizione medica
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significative nel disturbo d'ansia generalizzata; oppure preoccupazioni relativa all'avere una malattia nel
disturbo da ansia di malattia.
2. Il PTSD Complesso
1. Sentimenti di vuoto, impotenza, colpa (c’è nel borderline)
2. Ostilità, irritabilità e sfiducia in sé e negli altri (c’è nel borderline)
3. Sentimenti di indegnità → isolamento sociale e vergogna
4. Stati mentali dissociativi (distacco dissociativo: alienazione, senso di irrealtà)
5. Perdita di coerenza nelle rappresentazioni di sé (compartimentazione dissociativa)
6. Sintomi somatoformi (conversione → dissociazione somatoforme)
7. Problemi di regolazione delle emozioni
8. Vulnerabilità ad atti auto-lesivi e aggressioni esterne
9. Dipendenza coesistente con “fobia dell’attaccamento” (scissione: da una parte dipendenti e allo stesso
tempo essere fobici dell’attaccamento verso l’altro).
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4. PTSD in Remissione Parziale e Sottosoglia
1) PTSD in Remissione Parziale
Soggetti che stanno migliorando il loro quadro clinico di PTSD: non soddisfano più la diagnosi ma sono
ugualmente in situazione disturbante (criterio F)
2) PTSD Parziale (in remissione, in sviluppo, in situazione di compenso provvisorio)
A. Sintomi intrusivi e di evitamento, ma non l’iperarousal. La persona non riesce ad elaborare il trauma
e ne è condizionata
B. Sintomi di evitamento e iperattivazione ma non intrusivi. La persona è costantemente impegnata
nell’evitamento; può subire intrusioni momentanee (a causa di stimoli esterni) che non soddisfano i criteri
5. Disturbi dissociativi
1. Disturbo Dissociativo dell’Identità (DID)
2. Amnesia Dissociativa, che ora comprende anche la Fuga Dissociativa
3. Disturbo di Depersonalizzazione e Derealizzazione
4. Altre forme di Disturbo Dissociativo Specifico
5. Disturbo Dissociativo Non Specifico
Questi, presenti nel DSM, sono strettamente legati perché riguardano il post traumatico. Sono correlati ad
eventi traumatici.
Il DID, disturbo dissociativo dell’identità, è il più raro e difficile da trovare. Es. caso clinico di SIBIL (?).
hanno trovato negli archivi di un ospedale psichiatrico che era stato un po’ indotto (non si erano mai viste 16
personalità). Il DID, inteso come presenza di più personalità che non si conoscono tra di loro oppure solo
alcune si conoscono è molto raro. Marcata discontinuità vuol dire che non mi riconosco, non so di essere
quella persona. Ricorrenti vuoti → es. persone che possono dire che mi ritrovo in un punto della città e non
so come ci sono arrivato; ho dei vestiti nell’armadio e non so come ci sono arrivati (uno compra i vestiti e
l’altro non sa perché sono lì). Le personalità multiple sono legate ad eventi estremi (come abusi) e hanno
reazioni estreme. È importante conoscere lo spettro dissociativo.
PTSD - FILM La finestra di fronte Drammatico, Italia (2003). Un giorno Giovanna e Filippo si imbattono
in un uomo sconosciuto, perso nel centro di Roma, senza memoria né documenti. Sarà lui, con gli strani
ricordi che lo perseguitano, a spezzare la rigidità della vita quotidiana di Giovanna, trascinata dalla voglia di
cambiamento. Quando parla con Lorenzo credendolo Simone questo è un flashback oltre che un aspetto
dissociativo e di perdita di senso di realtà. Nell’interazione con Giovanna quando inizialmente dice “non mi
piace il colore del maglione” sembrerebbe che sta lì, ma in che stato? Non è aderente alla realtà in quel
momento; dopo, quando lei torna, lui si dondolava fermo su sé stesso e non era in contatto con la realtà
(ottundimento, depersonalizzazione, derealizzazione; oppure era immerso in un flashback). Sara ha imparato
a vivere non fidandosi del mondo, sembra una persona rimasta bloccata. Davide anche prima di sentire la
sirena (trigger) era in uno stato dissociativo, in uno stato alterato di coscienza (ha fatto tantissime torte). Il
flashback può essere totalmente assorbente o parziale (in questo caso, quest’ultimo: aveva un senso del
contesto, sapeva chi era Giovanna e che aveva dei figli, ma pensava di essere nel 43 e che stessero arrivando
i nazisti).
I sintomi importanti in questo film erano legati ai luoghi dove erano stati vissuti gli eventi traumatici (trigger).
7. L’amnesia dissociativa
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È un disturbo dissociativo caratterizzato da incapacità di ricordare importanti informazioni autobiografiche,
di solito di natura traumatica o stressogena, non riconducibile a normale dimenticanza. Questo disturbo viene
diagnosticato laddove i sintomi non sono meglio spiegati dal disturbo dissociativo dell’identità, dal disturbo
da stress post-traumatico, dal disturbo da stress acuto, dal disturbo da sintomi somatici o dal disturbo
neurocognitivo maggiore o lieve.
+L’amnesia dissociativa si può presentare con o senza fuga dissociativa che è un viaggio intenzionale o un
vagare disorientato associati ad amnesia per la propria identità o per altre importanti informazioni
autobiografiche.
+L’amnesia può avere varie tipologie: amnesia circoscritta, amnesia generalizzata, amnesia sistematizzata e
amnesia continuativa.
8. Il disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione
È un disturbo dissociativo caratterizzato da esperienze di depersonalizzazione, di derealizzazione o di
entrambe le cose insieme.
− Le esperienze di depersonalizzazione sono esperienze di irrealtà, distacco, di essere un osservatore esterno
rispetto ai propri pensieri, sentimenti, sensazioni, corpo o azioni (es. alterazioni percettive, distorto senso del
tempo, senso di sé irreale o assente, ottundimento emotivo e/o fisico)
− Le esperienze di derealizzazione sono esperienze di irrealtà o distacco rispetto all’ambiente circostanze
(es. persone o oggetti vengono percepiti come irreali, onirici, nebbiosi, inanimati o deformati visivamente)
È importante sottolineare che, contrariamente ad altri disturbi come la schizofrenia, durante queste esperienze
l’esame di realtà rimane integro. Inoltre, le esperienze di depersonalizzazione/derealizzazione che vengono
sperimentare durante pratiche religiose o culturali non devono essere considerate per la diagnosi.
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scissione. Nel borderline anche c’è un uso massiccio della scissione (gli aspetti dissociativi e la scissione
sono stati definiti una fuga dove non è possibile una fuga).
17. TRAUMA
Il trauma è ubiquitario: da una parte si ritiene un evento eccezionale, dall’altra parte se guardiamo la storia
umana ci rendiamo conto che è parte integrante della natura umana (nella letteratura e nella poesia è ben
evidente: basti guardare l’Iliade o l’Odissea).
+Se lo si definisce in modo ampio, come “esperienza in grado di lacerare il senso di continuità
dell’esistenza” (Williams, p. XV), allora è intrinseco alla vita in quanto quasi tutti ne sperimenteranno una
qualche forma (separazioni, lutti, violenze, abusi perdita di appartenenza, crisi o perdita di un progetto di
vita, crollo di ideali, minacce all’integrità biologica).
Soprattutto chi ha riflettuto sul tema in termini filosofici (Arendt, Adorno, Ricoeur, Frankl, ecc.) ha però
anche evidenziato come proprio questi eventi ci mettono in contatto con l’essenza della condizione umana:
finitezza, precarietà e unicità; ciò costituisce quindi anche una opportunità di sviluppo e di maturità.
Charles Dickens subì un grave incidente ferroviario nel 1865 e descrisse chiaramente gli attuali sintomi
PTSD. I medici attribuirono tali sintomi a una lesione organica causata dal trauma: “railway spine”, anche
se tale lesione non fu mai identificata chiaramente → John E. Erichsen's On Railway and Other Injuries of
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the Nervous System, published in 1864 (se tu hai un incidente ferroviario avevi un danno alla spina dorsale
che avrebbe danneggiato i nervi e creato un danno fisico che giustificava i sintomi post traumatici… e questo
poteva essere verificato solamente sul cadavere).
− Charcot sostenne che la “railway spine” era in realtà isteria:
I sintomi PTSD erano legati allo stato ipnotico. Le vittime dopo l’incidente sono in uno stato suggestionabile:
la loro stessa idea del tipo di danno fisico che avevano subito funzionava da autosuggestione ipnotica; questa
era alla base dei sintomi.
− L’incidente fu gravissimo: il treno cadde da un ponte sul fiume, Dickens era in una delle carrozze che
rimase appesa sul fiume, riuscì a scappare e a soccorrere i feriti e raccogliere i morti. Un anno dopo Dickens
confessò: “Ho improvvisi indeterminati attacchi di terrore, anche quando sono su una carrozza di piazza, che
sono del tutto irragionevoli ma del tutto insormontabili”. La figlia disse: “I nervi di mio padre non sono stati
più gli stessi – lo abbiamo visto spesso, Tornando a casa da Londra, cadere improvvisamente in un
parossismo di paura, tremare tutto, stringere convulsamente i braccioli della carrozza ferroviaria, con grosse
gocce di sudore sul viso, mentre soffre le angosce del terrore. Noi non gli parliamo ma gli tocchiamo
delicatamente la mano ogni tanto. Sembra che non abbia idea della nostra presenza, per un po’ non vede
niente se non quella terribile scena” (Questo sarebbe tecnicamente un flashback con totale perdita della
consapevolezza del momento).
Charcot dimostrò che l’isteria non era solo un fenomeno femminile documentando molti casi di uomini con
isteria a seguito di incidenti sul lavoro
Charcot influenzò molto il giovane Freud:
• “Gli isterici soffrono principalmente di reminiscenze” (1895).
• I sintomi isterici sono dovuti alle memorie represse di eventi traumatici
• Tali memorie sono troppo dolorose per essere riconosciute e quindi troveranno espressione sotto forma di
sintomi (specificamente sintomi in conversione di aspetti fisici). Con questa ipotesi erano già sul pezzo!
Freud poi ha cambiato strada e andare dietro al secondo Freud ha fatto perdere molti anni: marcia
indietro… la DELU mi fa morire
La psichiatria britannica rivalutò queste idee freudiane solo in seguito ai fenomeni traumatici documentati
dopo la I guerra mondiale:
+Soltanto in Gran Bretagna vennero identificati 80.000 casi di soldati colpiti da “shell-shock” (shock da
granata)
+Una tale massa di soggetti sofferenti, prima forti e coraggiosi, mise in crisi la nozione di degenerazione del
sistema nervoso o di cervello difettoso
+Ci si rese conto che era necessaria una sorta di elaborazione della loro esperienza in guerra e ricorsero a
tecniche come l’abreazione e la catarsi
+W. Riviers fece riferimento al secondo Freud vedendo i sintomi come conseguenza del conflitto inconscio
dovere/paura e dell’attivazione della difesa della repressione: le esperienze dolorose erano convertite in
sintomi.
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1. Visione basata sul modello topografico (inconscio, preconscio, conscio) (fattori esterni, seduzione);
quantitativo (1895) (la somma dell’eccitazione della catexi…)
2. Visione basata sui fattori interni, quantitativo (1920) (era più un problema di capacità di elaborazione
dell’Io o di pulsioni più o meno forti che creava il problema piuttosto che il fattore esterno)
3. Visione basata sul modello strutturale tripartito quantitativo e qualitativo (1926) (accento sulle dinamiche
di tipo pulsionale e alle difese dell’Io per difendersi dalle pulsioni… maggiormente fattore interno)
Nel Primo modello Freud utilizza un approccio quantitativo al trauma:
• Trauma = rottura della barriera contro gli stimoli
• La psiche viene sopraffatta dalla percezione dell’evento
• Questo attiva le misure difensive (rimozione)
(es: compulsione a ripetere = fissazione al trauma alternata con difese miranti ad evitare il ricordo del
trauma)
- Per ottenere la guarigione → provocare l’abreazione della percezione bloccata (metodo catartico), cioè
il ricordo del trauma (modello idraulico)
- Esempio: Braccio paralizzato di un giovane = desiderio rimosso di colpire il padre; recuperando il
desiderio dall’inconscio (catarsi) verbalizza la rabbia e recupera l’uso del braccio
Abreazione: è la scarica emozionale attraverso la quale un soggetto si libera di un trauma antico i cui termini
essenziali sono rimasti inconsci.
Il modello strutturale tripartito (1926) rappresenta la posizione psicoanalitica tradizionale che si focalizza
su bisogni, pulsioni, desideri e relative difese secondo il processo ipotizzato:
- Conflitto tra le Istanze Es, Io, Super Io (rispetto all’ espressione dell’aggressività / sessualità
- Angoscia → segnale per l’Io che attiva i meccanismi di difesa (di diversi livelli)
- Difesa → crea Sintomi
Le tre istanze il conflitto tra loro Es, IO, Super-Io: Il (1) conflitto provoca (2) angoscia il segnale di angoscia
avverte l’IO di Attivare una (3) difesa ciò porta alla formazione di un (4) compromesso tra Io e ES e questo
produce il (6) Sintomo = formazione di compromesso che contemporaneamente dipende dal desiderio che
emerge dall’ES Soddisfa il desiderio in forma mascherata Es: impiegato ossessivo-compulsivo che Tenta di
controllare la rabbia deglutendo 100 volte di fila
Se: “gli effetti del trauma sulla psiche sono determinati dalla forza dell’Io e dalla validità delle difese”.
Allora: Gli eventi traumatici vissuti durante l’infanzia hanno un impatto maggiore rispetto al trauma vissuto
a adulti: nel bambino l’Io ha minori risorse per gestire l’esperienza.
In questo modo Freud considerò anche l’aspetto qualitativo del trauma oltre a quello quantitativo
(iperstimolazione libidica, debolezza dell’Io) e delinea una sequenza evolutiva di situazioni di pericolo (dalla
perdita dell’oggetto al senso di colpa)
- Gerarchia evolutiva dell’ansia
- Ansia superegoica (funzionamento psicotico)
- Angoscia di castrazione (funzionamento psicotico)
- Paura di perdere l’amore (funzionamento borderline)
- Paura di perdere l’oggetto (ansia di separazione) (funzionamento borderline)
- Angoscia persecutoria Angoscia di disintegrazione (bambino piccolo che non ha difese attive e se esposto
a non accudimento e sostegno può rischiare la disintegrazione psicotica)
Nella visione dell’inconscio oggi largamente condivisa lo si concettualizza in termini di Sistemi di Memoria
e Neurobiologia Interpersonale in termini di:
A) Memoria dichiarativa → dalla quale possono essere rimossi eventi che causerebbero conflitto
B) Memoria procedurale → contiene gli schemi inconsci relativi alle Relazioni Oggettuali: ricordi
procedurali che si ‘ripetono’ in diverse situazioni interpersonali’ (cfr. teoria duale della memoria, Brewin).
Rispetto alla questione del focus psicodinalimico diviso tra eziologia che privilegia:
- il ruolo della fantasia intrapsichica e del conflitto intrapsichico - Il ruolo degli eventi reali
Il rinnovato interesse attuale per il PTSD e i Disturbi Dissociativi sposta il focus più dalla parte del ‘reale’.
La visione psicodinamica attuale (Gabbard, 2015) concorda sulla complessa interazione tra variabili di
rischio individuali e ambientali, inclusa la ‘cumulatività’ dei traumi.
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TRAUMA - Definizione integrativa
In base alle scoperte sulla neuropsicologia della memoria e della dissociazione e basandosi sul lavoro di
Seligman, van der Kolk, Herman e altri, sulla helplesness/inescapability deriva una:
Definizione funzionale del trauma:
“Alla base dell’esperienza traumatica c’è l’impossibilità di elaborare le componenti emotive e cognitive di
un evento a causa dell’impatto disorganizzante che esso esercita sul sistema di risposta dello stress e di
adattamento comportamentale alla minaccia ambientale incombente”. C’è qualcosa che è rimasto non
elaborato quindi, questa ricorda la definizione che parla di un evento che supera la capacità del soggetto di
farvi fronte. Si cerca di focalizzarsi sulla soggettività: mi interessa che questo evento era eccessivo per la
capacità della persona di superarlo, non mi interessa sapere che evento fosse.
Il punto-chiave dell’esperienza traumatica sembra essere la perdita di connessione con le figure di
riferimento e l’impossibilità di ricevere aiuto da esse; si perde la possibilità di ristabilire la sicurezza e il
controllo contando su di sé e su una figura di riferimento → libro di Williams si chiama “trauma e relazioni”.
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Es: “Devo aver fatto qualcosa per farlo succedere, quindi, non era veramente uno stupro”
Flashback = tentativi di integrazione quando l’assimilazione fallisce
2) ACCOMODAMENTO
Lo Schema è alterato per accomodarsi alla nuova informazione incompatibile
Es: “Il mondo è un posto imprevedibile e a volte cose terribili succedono a brave persone”
Rispetto ai contenuti cognitivi, le aree (relative a sé e all’altro) che vengono disorganizzate dalla
vittimizzazione sono:
– Sicurezza
– Fiducia
– Potere
– Stima
– Intimità
In queste aree si cerca di alterare l’informazione per farla adattare allo schema preesistente nel tentativo di
assimilare. Nel film “la finestra di fronte” la governante diceva al suono del campanello “quale sarà la
tragedia?” → non aveva fiducia negli altri e si aspettava solo disgrazie
Se tra informazione l’assimilazione fallisce rimane il conflitto ricevuto dal trauma e schemi precedenti →
Questo conflitto se rimane aperto in questa teoria vengono letti sintomi di intrusione, evitamento e arousal
(segno che il conflitto in corso sta attivando tutto il sistema limbico). L’evitamento è un modo per staccarsi:
è un processo, nel lutto bisogna ad esempio favorire l’oscillazione adattiva tra questo e l’assimilazione.
Per Horowitz il PTSD = fallimento nell’integrare l’evento traumatico negli schemi cognitivi esistenti
In questo tentativo si alternano due fasi:
1. Intrusione – ripetizione: tentativo di elaborare l’evento attraverso la ripetizione della mente conscia con
l’attivazione di forte emotività negativa
2. Evitamento (negazione-ottundimento): attivazione di meccanismi di difesa (sistemi di controllo
inibitori interni) per evitare la sopraffazione da parte delle emozioni negative (controllano la mente conscia
per graduare l’assimilazione)
L’alternarsi delle due fasi → comporta oscillazione tra intrusività ed evitamento dovrebbe favorire
l’integrazione del materiale mnestico incompatibile con gli schemi (Sé -mondo) preesistenti al trauma (anche
se le persone hanno spesso una preferenza, alcune sono spostate verso l’intrusività altre verso
l’ottundimento/evitamento → connessione con i pattern di attaccamento: gli evitanti hanno una strategia di
deattivazione dell’attaccamento e pertanto de attivano tutto il sistema di attaccamento e se ho il PTSD avrò
più sintomi di evitamento/ottundimento – il pattern invece più legato a sintomi di intrusione, cioè che pensi,
torni sulla cosa, hai emozioni forti e hai strategie di attivazione di attaccamento ambivalente).
Critiche a Horowitz
Sostengono che il modello più che spiegare il PTSD lo descrive: non chiarisce perché alcune persone riescono
ad integrare le memorie traumatiche e altre no
Non è chiaro perché una incongruenza tra schemi cognitivi dovrebbe causare tanta difficoltà: vedi il conflitto
tra l’informazione della nostra mortalità e il vivere da immortali; spesso risolviamo le dissonanze cognitive
con varie operazioni senza che necessariamente si attivi il processo oscillatorio ipotizzato da Horowitz
Secondo altri autori la minaccia delle nuove informazioni non integrabili attiverebbe processi dissociativi,
come amnesie parziali, che eviterebbero di dovere accomodare gli schemi → processi dissociativi (vedi
dissociazione di primo, secondo e terzo grado)
W. Joseph propone un modello più complesso dove le variabili soggettive (temperamento, schemi, strategie,
ecc.) modulano l’impatto dell’evento traumatico.
Briant & Harvey evidenziano ancora meglio le variabili di maggior rilievo sottolineando il ruolo dei fattori
di rischio (ad esempio la tendenza a dissociarsi) nello sviluppo del PTSD e dell’interazione tra questi e il
livello di gravità dell’evento stressante. Nel loro schema un eccessivo evitamento bloccherebbe l’attivazione
del ‘fear network’ (circuito della paura) che, attraverso un certo grado di risperimentazione favorirebbe
l’integrazione dell’esperienza traumatica → principio alla base delle terapie basate sull’esposizione.
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Per esposizione possiamo intendere dalla classica esposizione comportamentale (desensibilizzazione) che
quelle che avvengono in AT, un po’ Gestaltiche, un po’ psicoanalitiche…
Il problema è: come riattivo la situazione traumatica quel tanto da poter favorire l’integrazione? In quali
condizioni?
NON USARE TERMINE PROCESSAMENTO: si chiama ELABORAZIONE!
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Nel PTSD fallisce l’integrazione del ricordo nella memoria VAM e quasi tutta l’informazione è nella
memoria SAM, con relativa inibizione della corteccia prefrontale.
Nella dissociazione peritraumatica e nella rievocazione del trauma in terapia (percezioni rallentate, sentirsi
esterni al corpo, fenomeni intrusivi, senso soggettivo di impotenza; evitamento) è compromesso il
trasferimento di informazioni dal sistema SAM al VAM.
Oscillare tra il forte disagio e l’evitamento/ottundimento come forma ‘autoprotettiva’ aumenta il rischio di
PTSD. In generale: i fattori che interferiscono con la costruzione di un ricordo dettagliato e accessibile al
sistema VAM porta ad un esito più grave.
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e di cominciare a giocare" (Winnicott, 1965 che parlava dell’accesso diretto allo stato dell’Io bambino di
AT) Es di “racconto”: brano 1 (ml)
Fasi e caratteristiche:
1. Alleanza
2. Regressione, ingresso nelle scene traumatiche o di carenza di qualche ingrediente fondamentale dello
sviluppo
3. Rielaborazione e conclusione
Esempi (queste fasi di lato sono anche le fasi di ogni singola seduta oltre che della terapia)
Ponte dell’affetto (altro modo per chiamare l’elastico): partendo dal sentimento dominante, in questo
momento, bisogna stare con questo sentimento e chiederci “quando mi sono sentita così? E ancora?”
INTEGRAZIONE NUOVA ESPERIENZA → l’EMDR non funzionava quando la De Luca lavorava. Cosa
faceva? Dava induzioni, suggestioni facilitanti di tipo ipnotico (puoi mettere insieme le cose che abbiamo
fatto oggi? Puoi collegare tutto?). il cliente si ritira dalla relazione, chiude gli occhi e fa un lavoro
intrapsichico in trans profonda e fa gli stessi movimenti oculari dell’EMDR e del sonno REM profondo. Si
accede allo stesso processo in modi diversi.
Processo di immersione e riemersione. Lo psicotico non è in grado di fare questo, per loro c’è bisogno di
un contesto residenziale, che però funziona allo stesso modo.
“Mi dai la mano”: passaggio dalla vecchia alla nuova situazione. Questa è l’esperienza di giustapposizione,
esperienza che disconferma quella traumatica iniziale e le sinapsi vengono deconsolidate (Luca).
*Cos’è la Finestra della tolleranza:
Immaginate di ricordare buona parte delle esperienze personali con un flusso emotivo incontrollabile.
Quando ci troviamo in uno stato di iper-attivazione, siamo fuori dalla nostra finestra di tolleranza. Quando
siamo dentro di essa, invece, la situazione ottimale.
La finestra di tolleranza rappresenta il range di intensità emotiva che ognuno di noi è capace di sperimentare.
All’interno di questo ventaglio, ci sentiamo sicuri, possiamo imparare e goderci meglio la vita.
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1. Stabilire una buona alleanza terapeutica
2. Esplorare il problema e dei sintomi
3. Definire un contratto: creare un accordo specifico rispetto al cambiamento che si vuole raggiungere oggi.
4. Individuare i Sentimenti, Pensieri, Comportamenti, Sensazioni Sensomotorie non appropriate al qui ed
ora.
5. Ricontattare una scena arcaica (elastico). Immaginiamo un ascensore, siamo al piano 22 (i miei anni)
quando ricontattiamo una scena arcaica torniamo ad es. al piano 2 (dove c’è una situazione sospesa). Rientro
in una situazione protettiva nel flashback. La persona deve rientrarci nella finestra di tolleranza, altrimenti si
ritraumatizza. Bisognerebbe stare nella parte alta della finestra di tolleranza
6. Riconoscere la saggezza delle decisioni di copione: Conrad sperimentava oggi che lui si sentiva in colpa
per essere sopravvissuto. Pertanto, bisogna riconoscere la saggezza della strategia di sopravvivenza che io
ho. i flashback ci fanno capire che c’è qualcosa che non va, per questo sono importanti.
7. Contattare le emozioni e i bisogni autentici che sono stati messi da parte.
8. Recuperare il proprio potere (attivando l’Adulto, cortecce prefrontali) rispetto alla vulnerabilità del
passato per affermare cosa è vero oggi (ridecisione alla luce di una nuova esperienza).
9. Ancorare la ridecisione
10. Applicare la ridecisione alla situazione attuale
La nuova esperienza potrebbe essere, per la paziente della De Luca, potrebbe essere lei da grande che
accudisce la bambina del passato (che non è magari stata accudita dai genitori), la coccola, la abbraccia, la
considera… questo è il passaggio chiave che crea l’apertura delle sinapsi per creare nuovi apprendimenti che
saranno alla base del cambiamento. prima la persona deve rendersi conto cognitivamente (corteccia) e poi
sperimenta (sistema limbico) che veramente era la miglior cosa che potesse fare.
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Le sinapsi che codificano un apprendimento emotivo implicito (che sostiene i sintomi di oggi), possono
essere convertite da uno stato bloccato, consolidato e stabile ad uno stato sbloccato, deconsolidato e labile,
suscettibile al cambiamento. le sinapsi si aprono e per un periodo di circa 5 ore rimangono aperte. In queste
5 ore lo schema originale può essere aggiornato e sostituito da uno nuovo (“cancellato”).
➔ Al termine delle 5 ore la codifica neuronale si ri-consolida automaticamente e si stabilizza il nuovo
apprendimento.
Il ricordo dell’apprendimento emotivo (tipo mamma non mi filava) c’è. Le memorie non possono essere
cancellate, ma l’attivazione emotiva corrispondente a quel tipo di memoria non è più attiva (stesso obiettivo
dell’EMDR, il target non mi attiva più anche se io ricordo bene il trauma, il circuito emotivo abbinato non è
più automatico).
I neuroscienziati hanno scoperto qual è la sequenza specifica di esperienze che attiva questo processo
(mediatori e meccanismi). Hanno sia identificato il processo di cambiamento in psicoterapia, sia la sequenza
di esperienze che lo attiva.
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Questo in terapia, quello che avviene alla fine è che abbiamo entrambi i cambiamenti: sia la pallina verde
che quelle gialle intorno. Non c’è più quello originario ed ho nuove risorse. Sono terapie ricostruttive,
avviene una crescita post-traumatica.
Oggi sappiamo come promuovere l’attivazione di queste diverse forme di neuroplasticità, e scegliere quando
lavorare su una e/o sull’altra.
Ecker ha visto in che modo tutti i modelli terapeutici attivano questi 3 passi anche se ci sono metodi
differenti. I modelli terapeutici sono mediatori del cambiamento nel modo in cui portano avanti tecniche e
processi. Il principio attivo è lo stesso: il RICONSOLIDAMENTO DELLA MEMORIA:
1. Riattivazione dello schema emotivo target
2. Attivazione della conoscenza disconfermante
3. Ripetizione dell’esperienza di giustapposizione
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-Persistenza di sentimenti di torpore emotivo insieme a difficoltà incapacità di accettare la realtà della perdita
-Frantumazione degli assunti fondamentali con perdita di direzione e significato della vita
Il Disturbo da Lutto Persistente Complicato nel DSM-5 (2013) Caratteristiche del disturbo:
Criterio A → L’individuo ha vissuto la morte di qualcuno con cui aveva una relazione stretta
Criterio B → dal momento della morte presenza (almeno 12 mesi) di almeno 1 su 4 sintomi:
1. Persistente desiderio/nostalgia
2. Tristezza e dolore emotivo intensi (questi primi due relativi Attaccamento)
3. Preoccupazione per il deceduto
4. Preoccupazione per le circostanze della morte (questi ultimi due relativi a PTSD - intrusività)
Criteri che appartenevano a 2 cluster:
Sofferenza reattiva alla morte
1. Difficoltà nell’accettare la morte
2. Incredulità/torpore emotivo
3. Difficoltà ricordi positivi
4. Amarezza/rabbia
5. Valutazione negativa di sé (colpa)
6. Evitamento ricordi della perdita
Disordine sociale/dell’identità
1. Desiderio di morire (riunione)
2. Difficoltà nel provare fiducia (negli altri, nella vita, perché provoca dolore e perdita)
3. Sensazione di essere soli/distaccati (“nessuno mi capisce”)
4. Sensazione della vita come vuota, senza senso; non farcela
5. Confusione circa proprio ruolo/ identità (prima ero la mamma di… adesso chi sono)
6. Difficoltà nel perseguire interessi/ fare piani per il futuro
Criterio D→ causa disagio clinicamente significativo/compromissione funzionamento sociale, lavorativo
Criterio E → La reazione di lutto è sproporzionata o non coerente con le norme culturali, religiose, età
Specificare se: Con lutto traumatico (omicidio, suicidio o pensieri su natura traumatica della morte)
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E. Compromissione funzionale
F. Ridotta qualità della vita
G. Tentativi di suicidio
Numerosi studi (Grossi et al, in preparazione) evidenziano il significativo aumento di queste malattie nei
1224 mesi successivi alla perdita.
1. Adattamento alla perdita
2. Persistenza di
Continuum normalità-patologia nel lutto sentimenti di
Lutto acuto solitudine/mancanza
1. Desiderio/nostalgia della persona perduta 3. Buon funzionamento
2. Tristezza/dolore emotivo intenso Lutto normale/integrato capacità di gioire
3. Immagini, impressione di sentire/vedere 4. Ricordi dolceamari
la persona accessibili
4. Difficoltà ad accettare la perdita/rabbia/ 5. Maggiore sofferenza
Incredulità
5. Sintomi somatici: perdita di appetito,
disturbi del sonno, digestivi, spossatezza, Lutto prolungato/complicato Persistenza
irrequietezza. sintomi del lutto
➢ Obiettivo: noi vogliamo partire dalla situazione traumatica, dal lutto persistente complicato e promuovere
l’esito della Crescita Posttraumatica
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“La trasformazione positiva che le persone possono sperimentare nel loro affrontare il dolore e altre
circostanze di vita altamente stressanti”.
Gli eventi traumatici sono intesi in modo più ampio che nel DSM-IV: “Circostanze di vita che sfidano
gravemente le risorse delle persone, specialmente i loro modi generali di intendere i mondo e il proprio posto
in esso”.
PostTraumatic Growth
Dimensioni Cambiamenti nella Cambiamenti nella Cambiamenti nella
qualitative percezione di sé relazione con gli altri Filosofia di vita
Fattoriali +Nuova comprensione di sé +Cambiamenti positivi +Maggior apprezzamento
stessi come più forte e più nella relazione con gli della vita
capaci altri +Crescita nella
+Avventurarsi in nuovi dimensione spirituale-
aspetti della vita esistenziale
Elaborare il lutto
Secondo il “Modello Duale”: la persona in lutto passerà alternativamente tra il coping orientato alla perdita
e il coping orientato alla ricostruzione. A volte affronterà gli aspetti legati alla perdita e a volte li eviterà
(idem per la ricostruzione). L’oscillazione tra i due tipi di stressor è necessaria per il coping adattivo.
Il “Legame che Continua” (Klass)
Nuove osservazioni dimostrano come le persone normali mantengano spesso una forma di legame con la
persona scomparsa
Il problema clinico del lutto è esploso in occidente nella misura in cui è svanita l’importanza della vita dopo
la morte.
Dopo l’esame delle forme di continuazione del legame nell’antichità occidentale e nelle altre culture
individua 4 forme di prosecuzione del legame riscontrate attualmente (e 5 forme infantili)
1. “Sentire la presenza” → sensazione riferita in stato di veglia, di solito confortante
2. “Parlare” con la persona → esperienza molto comune, si condividono pensieri, si informa sugli eventi
familiari.
3. Viverla come “guida morale” → rappresentazione interna che svolge 4 funzioni: modello di ruolo, guida
in situazioni specifiche; chiarificazione dei valori; formazione di memorie
4. Parlare della persona → ricostruire la narrazione della vita della persona e del ruolo che ha avuto nella
propria
“Strategie di connessione” nei bambini:
1. Collocazione in un luogo → solitamente il “cielo” nel quale immaginarla
2. Sperimentare la presenza → dal suo luogo, può vedere il bambino e partecipare alla sua vita (reagire agli
eventi)
3. Mantenere il contatto (to reach out) → visitare la tomba; parlare con il genitore
4. Risvegliare le memorie → ricordare le caratteristiche; identificazione consapevole e in evoluzione
5. Oggetti che legano → oggetti personali, soprattutto nel primo anno
Lutto e Crescita PT
- Dal Modello Duale sappiamo dunque che le persone in lutto hanno bisogno di “fare la spola” in modo del
tutto idiosincratico tra ‘perdita’ e ‘ricostruzione’
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- Dal “Legame che Continua” sappiamo che la meta del lavoro non è separarsi dalla persona perduta ma
ristrutturare in nuove forme il legame
Nel processo di Crescita PostTraumatica in seguito a lutto è quindi importante accettare che coesistono:
- Crescita
- Sofferenza
- Trasformazione positiva
- Dolore
Il dolore può essere il “motore” della crescita (vedi la curva del “Recupero”); questo implica abbandonare
visioni lineari o stadiali del lutto e l’idea che “crescita” = “più felicità”
Chi sono i Resilienti?
Sappiamo dalla letteratura sulla resilienza infantile il legame tra resilienza e fattori protettivi. Altre
caratteristiche identificate nei resilienti:
- La “Robustezza” (Hardiness)
- L’Auto-valorizzazione (Self-Enhancement)
- Il Coping Repressivo
- L’ Emozione positiva e il ridere
@pmemo
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