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Rischio, Sistema sanitario e progetto urbano

Pierluigi Matteraglia*
a
SM.SR spinoff Unipd/DICEA
Padova, Italia
e-mail: pierluigi.matteraglia@smsrspinoff.com

Abstract
L'articolo si propone di stabilire il rapporto tra rischio e sistema sanitario veneto.
L'analisi di questo rapporto, incentrata sulla vulnerabilità e sulla resilienza, evidenzia
gli aspetti critici su cui focalizzare le misure di riorganizzazione e rafforzamento
(presidio sanitario) per affrontare nuove pandemie e/o crisi sanitarie. Il rafforzamento
del sistema sanitario, che ha forti relazioni con la città, viene analizzato anche dal punto
di vista del progetto urbano. Il confronto tra le varie alternative di localizzazione.

Parole chiave

Analisi dei rischi, Strutture di Difesa, Sistema Sanitario, Progetto Urbano

1. Rischio, Sistema sanitario e progetto urbano


Keywords
Risk analysis, Defence Structures, Healthcare System, Urban Project
1.2 Introduzione

La pandemia covid-19 non è superata e probabilmente ritornerà in autunno o


inverno. Anche negli anni futuri ci dovremo aspettare attacchi virulenti, forse
diversi dal covid-19 come la storia degli ultimi 60 ci insegna.
Questa pandemia ha evidenziato che il Sistema sanitario delle regioni italiane è
strutturato e gestito in forme diverse. Anche le regioni più "virtuose" hanno
sofferto del sovraccarico imposto dall'emergenza. Dovranno quindi essere previsti
interventi per rafforzare il sistema sanitario, anche se in modo diverso da Regione
a Regione.
La domanda a cui questo articolo cerca di rispondere è: come rafforzare il
servizio sanitario sia con nuove strutture e sistemi organizzativi sia con nuove
modalità di distribuzione delle misure e degli interventi sul territorio. Il feedback
si articolerà su due livelli: quello dell'analisi del rischio e quello del
collegamento sanitario territoriale.
L'analisi del rischio (sanitario) è una funzione che dipende dalla probabilità e
dall'intensità di un determinato evento, ma soprattutto dalla vulnerabilità e dal
livello di organizzazione del sistema stressato (resilienza). La vulnerabilità è
caratterizzata dall'offerta di strutture sanitarie e la resilienza è la capacità di
rispondere e riabilitare il sistema stressato.

Una particolare attenzione sarà dedicata ai nuovi ospedali che, a mio avviso,
dovranno essere dedicati alle cure delle infezioni, comprese quelle virali, di
qualunque tipo. Per comprendere quanto le varie malattie impegnino la struttura
sanitaria, sono state osservate le cause di morte in Veneto (che è la regione
studiata in questo articolo)1 che per i tumori sono pari al 30%, per il sistema
circolatorio sono pari al 35,1%, per malattie infettive sono solo il 2,7%. Queste
ultime sono state oggetto di una strategia di eradicazione che ha permesso di
ridurre l’impegno della struttura sanitaria2. Si è osservato che il numero dei
contagi causati dal Covid-19, ha messo in crisi la disponibilità di accoglienza degli
ospedali per un periodo di tempo limitato (alcuni mesi) dopo il quale si è
ristabilita la “normalità”. Tuttavia, tale crisi evidenzia la necessità di creare, per il
futuro, delle strutture flessibili3 (nel seguito queste saranno chiamate Presidi
Sanitari).
La scelta dei luoghi dove localizzare tali nuovi Presidi Sanitari4 ha conseguenze
sia sull’efficienza del servizio5 che sulla funzionalità della città nel suo complesso.
Infatti gli ospedali sono luoghi pubblici con grande potere di attrazione di altre
funzioni complementari e determinano forti relazioni con la città.

Rischio
Ci sono eventi di origine naturale (terremoti, alluvioni, incendi, pandemie,
eruzioni vulcaniche) e di origine antropica (incidenti industriali, infrastrutturali, di
trasporto ecc). Questi eventi si manifestano con una certa intensità misurabile
dopo l’accadimento: energia rilasciata, livello di marea, aree allagate, area di
rilascio di sostanze inquinanti, cedimento di viadotti, popolazione infettata e
deceduta ecc.
E’ però incerto prevedere l’intensità, il luogo e il tempo in cui un certo evento
dannoso si manifesterà. La teoria del rischio aveva formulato la relazione che
l’elevata intensità dell’evento è legata ad un lungo periodo di ritorno. Eventi poco
dannosi sono molto frequenti e quelli molto dannosi sono rari. Nel caso delle
epidemie e delle pandemie si è osservato il loro ripetersi con frequenza sempre
più ravvicinata a causa, anche, dell’intenso sfruttamento delle risorse naturali 6.

Il primo studio scientifico in Italia sulla teoria del Rischio si deve a Luciano Di
Sopra7 il quale ha espresso in modo chiaro che il rischio è funzione dell’intensità
di un certo evento (che chiama magnitudo), della probabilità di questo

1
Relazione Socio Sanitaria, Regione Veneto, 2018.
2
Ibidem.
3
Cioè dotate di un certo numero di posti fissi e di un altro numero di posti variabili ma
immediatamente utilizzabili in strutture di pronto intervento.
4
Secondo le prime indicazioni della politica ci sarà un nuovo ospedale ogni milione di abitanti
5
E’ emerso (Dott. Avruscio presidente Anpo) che l’incide più basso di mortalità (17,5%) è
associato alla disponibilità delle plurispecialità di alto livello presenti nell’Azienda Ospedaliera
Universitaria di Padova.
6
Diamond, Crisi, Einaudi 2019
7
L. Di Sopra, Magnitudo di Impatto, F. Angeli, 1986.

2
accadimento, della vulnerabilità del sistema colpito (composto di persone e
ambiente fisico) e della capacità di risposta che oggi viene chiamata resilienza.
Qualunque forma di danno determina una domanda sociale di assistenza a cui
deve essere data risposta dalle istituzioni. Come si vedrà in seguito, la domanda
sociale insorgente ha una relazione non semplice con la dimensione o la intensità
diretta del danno perché nel corso dell’emergenza si possono manifestare forme
secondarie di amplificazione del danno8.
La risposta istituzionale alle emergenze di massa è organizzata su due elementi:
la prevenzione e il pronto intervento9. Il danno produce una destabilizzazione del
sistema rispetto alla quale si può innescare una riabilitazione autonoma – se la
prevenzione è stata adeguata – o una riabilitazione assistita. Quest’ultima è
supportata da aiuti esterni al sistema che lo devono sostenere nella fase cruciale
della crisi, e che lo mettono progressivamente in grado di procedere
autonomamente.
La magnitudine del danno10 individua l’ampiezza demografica interessata e il
profilo dell’intensità del danno – nel caso specifico - la “capacità” di contagio del
virus.
Una volta che l’evento calamitoso si è manifestato – una pandemia dovuta ad un
virus altamente contagioso – le sue conseguenze immediate dipendono dalla
vulnerabilità che, si è osservato, è caratterizzata principalmente dalla dotazione
delle strutture sanitarie di attrezzature e posti in terapia intensiva, dall’età media
della popolazione che presenta pluripatologie11. In una fase immediatamente
successiva, il danno provoca la perdita di vite umane, e onde evitare un
sovraccarico insopportabile per le strutture sanitarie, si introducono rigide misure
restrittive dei contatti umani che provocano la interruzione delle attività
economiche e della vita sociale.
Appare evidente che a parità di intensità della virulenza, la diversa vulnerabilità
dei territori ha determinato danni diversi.
“Gli eventi estremi – sottolinea Di Sopra12 - non si collocano in un contesto
autonomo ed isolato rispetto alle normali condizioni di funzionamento delle
organizzazioni urbane e territoriali. Al contrario, gli eventi estremi ne rendono più
evidenti le condizioni generali di funzionamento, allo stesso modo in cui la
patologia concorre a meglio spiegare la fisiologia”.
Le normali condizioni di funzionamento di un sistema sociale sono garantite da
operazioni di autoregolazione detti processi di feed-back. Il sistema controlla il
flusso che lo attraversa tramite apparati di informazione, di decisione (per
adottare le scelte più opportune) e di azione per dare concreta attuazione alle
decisioni.
Questi tre fattori sono decisivi nell’emergenza ed essendo quelli che
caratterizzano la capacità di risposta (resilienza) del sistema allo stress esterno,

8
Ibidem, p. 21. Gli studi di analisi del rischio successivi a quello di Di Sopra sono numerosissimi
ed è impossibile citarli tutti. Si tengono corsi universitari sull’argomento, e vengono eseguite
sperimentazioni su casi concreti. Però quasi nessuno di questi, a mia conoscenza, ha messo in
risalto i fenomeni di feed-back del sistema e i loro effetto sul danno.
9
Di Sopra p. 26 distingue prevenzione primaria e prevenzione secondaria, ma per immediatezza
abbiamo adottato una terminologia comprensibile erga omnes.
10
Ibidem, p 37
11
I fattori di vulnerabilità sono questi (forse i più significativi) ma vene sono altri ancora.
12
Ibidem p 96.

3
possono accelerare la riabilitazione del sistema o al contrario possono innalzare la
sua vulnerabilità e di conseguenza il danno.
Se le difese strutturali e la capacità di retroazione si limitano solo a rispondere
agli eventi più probabili (normalità), a fronte di una situazione improbabile, si
conseguono elevati livelli di vulnerabilità. Se al contrario il sistema “conserva la
memoria” dei rischi maggiori (la sequenza e gli effetti delle pandemie degli ultimi
60 anni) e adotta misure che lo rendono meno vulnerabile, il rischio di
destabilizzazione sarà più basso.
Appare in tutta evidenza che la vulnerabilità dipende sia da una condizione
strutturale del sistema e anche dalla sua capacità di reazione allo stress esterno.
Quello che Di Sopra definisce risposta istituzionale all’insorgere della domanda
sociale provocata dal danno, è un insieme di misure che si attuano nell’asse del
tempo. L’effetto positivo o negativo di queste misure è stabilito da una precisa
sequenza di eventi e di azioni: l’impatto del contagio e l’emergenza sociale; le
misure di difesa dell’apparato sanitario e il lockdown; la riapertura progressiva
delle attività associata a misure di salvaguardia; il sostegno economico sociale e
culturale; la ripresa/riabilitazione del sistema in tutte le sue componenti. Un
errore nel tempo di attuazione delle misure di risposta-riabilitazione, amplifica il
danno. Un sistema complesso richiede informazione capillare, capacità di
sperimentazione e di previsione, informazioni non contraddittorie. Una inefficiente
gestione dei processi di feed-back diventa un amplificatore del danno.
In sintesi il rischio è una funzione di una probabilità di evento, di una sua
intensità, della vulnerabilità e della resilienza.
R = (f)(P,I,V,R)13

La memoria delle pandemie14

L'influenza asiatica
Registrato per la prima volta nella penisola di Yunan, in Cina, il virus
influenzale A (H2N2) di origine aviaria è comparso nel 1957 e in meno
di un anno si diffuse in tutto il mondo facendo registrare un milione di morti
in tutto il mondo.

L'Influenza di Hong Kong


La cosiddetta influenza di Hong Kong è una variazione del virus influenzale A
(H3N2) fu registrata in questa città nel 1968 e si diffuse in tutto il mondo con un
modello molto simile a quello dell'influenza asiatica. Un milione di persone le
vittime che causò questo nuovo ceppo di influenza.

13
Gli studi successivi a quello di Di Sopra, sono moltissimi ed è impossibile citarli ma in ognuno
di essi sono ripresi i concetti di rischio, probabilità intensità, vulnerabilità e resilienza.

14
http://www.univrmagazine.it/2020/03/30/dalla-sars-al-covid-19-cosa-insegnano-le-
epidemie-del-recente-passato/

4
Un altro grande flagello degli ultimi decenni è senz’altro il virus ebola, un
patogeno di origine animale che nell’uomo provoca una
grave febbre emorragica. La malattia è stata identificata ufficialmente
nel 1976, ed ha provocato diverse epidemie, con una mortalità variabile anche in
base al ceppo virale coinvolto.

Il virus dell’Immunodeficienza umana (HIV)


Una delle più gravi e più recenti pandemie (1981) conosciute dalla società
odierna. L'ignoranza iniziale ha permesso che si diffondesse molto
rapidamente. Si stima che l'HIV abbia causato circa 25 milioni di morti in tutto il
mondo.
A fine 2002, la SARS causata da un coronavirus prima di allora sconosciuto. Colpì,
oltre alla Cina, altri paesi del mondo, fra i quali diversi Paesi del Sud Est asiatico,
il Canada, toccando anche parecchi Paesi europei ma alla fine si contarono 8098
casi, 774 decessi, e un tasso di mortalità del 9,6%.

Nel 2012, nella penisola arabica, comparve un nuovo coronavirus, denominato


MERS-CoV. Casi furono riportati in Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Oman,
Kuwait e rari casi di importazione nel Regno Unito, Francia, Germania, Grecia e
anche Italia. Il coronavirus della MERS si è rivelato molto più pericoloso: 2494
casi riportati, 858 decessi, mortalità del 34,4%.

Nel 2019, un nuovo coronavirus fa un ennesimo salto di specie, forse meno


letale, ma molto più contagioso, e nel giro di poche settimane è diventato
pandemico, un disastro a livello mondiale. Il SARS-CoV-2 sembra essere un po’
meno letale dei due precedenti, ma purtroppo appare invece altamente
contagioso e, per la legge dei grandi numeri, più persone infetta, più ne ucciderà,
in mancanza di cure e vaccini per contrastarlo. La differenza principale tra le
pandemie e gli altri eventi dannosi di origine naturale è che questi ultimi
colpiscono un’area circoscritta. Fin’ora abbiamo potuto constatare che tali eventi
si manifestano separatamente uno dall’altro ma non è stata presa in
considerazione la eventualità di una loro concomitanza. Eppure il Veneto ha visto
nel 2018 abbattersi la tempesta Vaia che ha abbattuto 14 ml di alberi,
interessando 41.000 ha e provocando 2,8 mld di danni.
Nel 2019 si è avuta un’acqua alta eccezionale di 191 cm a Venezia, che ha
sommerso circa l’80% della città antica, con una stima ancora imprecisa dei
danni che secondo alcuni arriva ad 1 mld di € e con l’opera MOSE non
completata.
In tali condizioni servono strumenti di monitoraggio e/o sorveglianza che
permettano di agire per tempo nei momenti critici.
L’intensità della virulenza
Il 91% dell’eccesso di mortalità da Covid-19 riscontrato a livello medio nazionale
si concentra nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia: 3.271 comuni, 37
province del Nord più Pesaro e Urbino. I decessi sono più che raddoppiati nel
mese di marzo 2020 rispetto alla media riscontrata a marzo nel quinquennio
2015-2019. Considerando il periodo 20 febbraio-31 marzo 2020 i decessi sono

5
passati da 26.218 a 49.351 (+ 23.133); poco più della metà di questo aumento
(52%) è costituito dai morti positivi al Covid-19 (12.156). 15
L’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 80 anni. Le donne
sono 10.936 (39,1%). L’età mediana dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2
è più alta di quasi 20 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto
l’infezione (età mediane: pazienti deceduti 81 anni – pazienti con infezione 62
anni).
Più specificatamente si nota che il contagio ha colpito in modo diverso la
Lombardia rispetto al Veneto. Su una popolazione di poco superiore ai 10 milioni
di abitanti (1/6 del totale della nazione) 8,2% sono i contagiati totali e lo 0,15% i
deceduti che corrispondono alla metà del totale nazionale:15 mila su 30 mila). In
Veneto su una popolazione di quasi 5 milioni di abitanti è risultato contagiato lo
0,45% e sono deceduti lo 0,04% della popolazione.

Questa differenza tra due regioni contigue ed economicamente molto sviluppate


ha suscitato non poche polemiche e scontri a livello politico, ma è evidente che
analizzando la differenza in termini di valutazione del rischio, la diversa incidenza
del covid-19 in Veneto rispetto alla Lombardia è dovuta due fattori: la
vulnerabilità e la resilienza.
La vulnerabilità è esprimibile anche come la fragilità, che è una caratteristica
intrinseca del sistema insieme strutturale e funzionale. Un sistema sanitario senza
adeguati posti in terapia intensiva (TI) ha una vulnerabilità maggiore di un
sistema con numero elevato di posti in TI. Inoltre la carenza di strutture di
ricerca, le ridotte scorte di dispositivi terapeutici come reagenti16, mascherine,
strumentazione per analisi rapide dei tamponi, sono tutti fattori che aumentano la
vulnerabilità del sistema.

Una ricerca del 2011 condotta nell’ambito del programma Epiair17 per la
predisposizione di un sistema di sorveglianza sanitaria dell’ASL 16 di Padova18 ha
fornito una indicazione credibile della situazione sanitaria della popolazione
afferente la città di Padova, che ammontava a 411.731 abitanti19.
Nel 2011 le malattie infettive rappresentavano una quota pari a circa il 7% del
totale, mentre i tumori rappresentavano l’11,3 % e le malattie del sistema
circolatorio rappresentavano quasi il 15% del totale.
I dati a livello Regionale mostrano una strategia volta alla l’eradicazione delle
malattie infettive. Infatti in Veneto le principali malattie infettive mostrano un
calo costante nel corso del tempo20.

15 https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/pdf/Rapporto_Istat_ISS.pdf
16
La produzione autonoma di reagenti da parte di un sistema sanitario, come ha dimostrato il
Prof. Crisanti, è decisiva sia per i costi che per le quantità da produrre.
17
www.epiari.it Sito di studio sugli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico.
18
Dal 2010 l’ALS 16 è divenuta ASL 6 comprendendo tutti i comuni della provincia di Padova.
19
Fonte: ISTAT (www.demo.istat.it)

20
Relazione Socio Sanitaria della Regione Veneto per l’anno 2018.

6
In questa situazione strutturale è intervenuta la pandemia che si è scaricata sulla
disponibilità di posti letto e soprattutto su quelli per la terapia intensiva e sulla
dotazione di strumenti e mezzi di analisi.

La vulnerabilità
Il primo parametro relativo alla vulnerabilità del sistema sanitario per
fronteggiare la pandemia è dato dai posti letto in terapia intensiva, i quali
nel corso della pandemia sono stati considerevolmente aumentai in tutte le
regioni. In Veneto si è passati da 494 a 825 con un aumento di 331 posti,
determinando un rapporto di 14,5 posti TI su 100.000 abitanti; in Lombardia si è
passati da 861 a 1299 con un aumento di 438 determinando un rapporto posti TI
6,6 su 100.000 abitanti21.
Purtroppo non si dispone di dati omogenei e risultano delle marcate differenze tra
quelli riportati dalla Protezione Civile e quelli ufficiali della Regione Veneto, ma se
si dovesse far fede ad entrambi risulterebbe che dal 2016 al 2020 i posti in
terapia intensiva (TI) nel Veneto sono progressivamente diminuiti nel tempo, per
essere immediatamente ricostituiti durante il lock down.
Oltre e a ciò, il controllo della diffusione del virus è avvenuto anche con una
precisa “logistica” che si è concretizzata nella definizione di percorsi di
ingresso ed egresso, dei pazienti covid separati da quelli del resto dell’ospedale,
come l’esperienza della città di Wuhan aveva a suo tempo chiaramente
dimostrato.

La resilienza
La resilienza è la capacità del sistema di ripristinare le condizioni pre impatto e
anche di diminuire la vulnerabilità a fronte del ripetersi o del protrarsi dello stesso
evento nel futuro. Vulnerabilità e resilienza sono strettamente correlati.
Il controllo dei flussi e dei tempi delle comunicazioni è un elemento fondamentale
per indirizzare correttamente i comportamenti sociali. Ma è indispensabile che sia
chiara la differenza tra informazione e comunicazione22 cioè del fatto che è
necessario che l’emittente del messaggio usi un codice comprensibile al
destinatario del messaggio stesso. Chi parla, ciò di cui si parla, a chi si rivolge23
sono i fattori della comunicazione; se chi parla usa un codice incomprensibile al
ricevente si ottiene solo l’effetto di provocare rumore24.
Inoltre quando gli annunci delle misure di risposta alla crisi non si attuano25 nei
tempi dichiarati, si ottengono due effetti: il primo è l’aggravamento del danno26 e
il secondo la sfiducia sociale27.

21
I dati evidenziati non vogliono esprimere una denuncia ma semplicemente un differenza che
aiuta a comprendere la situazione.
22
Nicoletta Cavazza, Comunicazione e persuasione, Il Mulino 1997
23
Ibidem
24
Accenniamo solo ai concetti basilari della comunicazione senza entrare in dettagli di quanto è
avvenuto nel conso della pandemia che merita un discorso a parte. Ma la discrasia informazione-
comunicazione si è manifestata non solo in Italia.
25
Decisione e attuazione sono due dei tre elementi che sostengono le retroazioni di un sistema (
V Di Sopra) e sono i canali entro cui corre la resilienza.
26
Uno per tutti Mario Draghi sul Financial Times del 25-3-2020
27
Anche questi sono aspetti che esulano dal tema affrontato in questo articolo e richiedono uno
spazio molto più ampio, ma è evidente il loro enorme peso nella situazione attuale.

7
La elevata “potenza” contaminante del virus e la conseguente richiesta di posti in
TI, richiede aiuti esterni sia per sopperire all’emergenza che per ripristinare le
condizioni preesistenti. Quindi serve un sistema di pronto intervento
attrezzato e capace di attivare meccanismi di aiuto e collaborazione al fine di
spostare risorse dai sistemi non danneggiati (preferibilmente nei limiti del loro
surplus) verso i sistemi danneggiati. Nel caso del Covid-19 questo spostamento
ha mostrato dei precisi limiti obbligando all’interruzione delle cure tradizionali,
come quelle tumorali e cardiovascolari (che sono quelle che impegnano
maggiormente il sistema sanitario in termini di ricoveri), malattie che non
diminuiranno nel tempo, ma presumibilmente tenderanno ad aumentare in
seguito all’invecchiamento della popolazione. Queste non potranno sopportare a
lungo la cessione di risorse come i posti letto in TI al settore degli infettivi.
Bisogna perciò stabilire un numero aggiuntivo di posti letto per ricoveri e per TI
da pandemie. Inoltre questi posti letto aggiuntivi dovranno essere di due
tipi: stabili e flessibili. Cioè la struttura dovrà essere tale da rispondere ad una
domanda aggiuntiva immediata di posti letto ogni 5-10 anni e mantenere una
offerta di posti letto fissi (strutturali) che risponda alla domanda standard.
Bisogna tra l’altro considerare la disponibilità di personale medico
emergenziale che nel caso veneto è stato reclutato dai corsi di specializzazione
postlaurea in medicina, che sono stati di grande aiuto.
La resilienza quindi riduce la vulnerabilità e si basa su due elementi: il pronto
intervento e la prevenzione che devono essere sostenuti da un attento e
costante monitoraggio.

L’articolo di Binkin, Michieletto, Salmaso e Russo28 conferma se pur con le


attenzioni delle prime analisi che "i sistemi sanitari occidentali sono stati costruiti
intorno al concetto di assistenza centrata sul paziente, ma un'epidemia richiede
un cambiamento di prospettiva verso un concetto di assistenza centrata sulla
comunità".

La maggiore integrazione dei servizi sanitari e ospedalieri del Veneto a


livello locale e la presenza di una forte infrastruttura sanitaria pubblica, hanno
favorito l'implementazione di un iniziale approccio comunitario. Esso è basato su
solidi principi epidemiologici: test a tappeto, tracciamento dei contatti e
limitazione del contatto con le strutture sanitarie, ove possibile attraverso team
diagnostici mobili e un attento monitoraggio a domicilio. Il tutto facilitato da una
rapida comunicazione attraverso un sistema informatico che collegava il
laboratorio, i medici di base e le unità sanitarie pubbliche locali.

La questione monitoraggio

28
Fonte: Nancy Binkin, Stefania Salmaso, Federica Michieletto, Francesca Russo, "Protecting our
health care workers while protecting our communities during the COVID-19 pandemic: a
comparison of approaches and early outcomes in two Italian regions, Italy, 2020".

8
In Veneto la situazione è monitorata da un programma, in uso dalla Regione
dal 24 febbraio, subito dopo il primo decesso per Covid-19 a Vo’ Euganeo, e
attivo dall’8 marzo. Evidenzia il numero di contagi aggiornato di ora in ora. Il
sistema permette di stringere il focus sui quartieri, con le vie e i numeri civici
dove ci sono gli infetti. Spunta l’identità di ogni caso positivo e una lista di
informazioni collegate: età, tessera sanitaria, medico curante, conviventi e, da
ultimo, luogo e datore di lavoro.
Le persone mappate da questo sistema di geolocalizzazione al 5 maggio erano 18
mila, ma aumentano di giorno in giorno. Sapere dove abitano i positivi consente
di identificare i loro contatti stretti, di scovare i micro focolai di contagio, e
spegnerli sul nascere. La sorveglianza è stata accompagnata dalla politica dei
tamponi diffusi, anche sugli asintomatici. I reagenti vengono prodotti
autonomamente. Sono stati incrociati i dati di tre archivi: l’anagrafe sanitaria per
avere i numeri civici dei contagiati e dei conviventi, quella del personale sanitario,
e il database di Veneto Lavoro, l’agenzia regionale che raccoglie le informazioni di
tutti i dipendenti delle aziende e dei datori29.

In sintesi si possono evidenziare gli elementi che caratterizzano la


vulnerabilità/resilienza a fronte della pandemia covid-19, col seguente elenco:

 posti letto in terapia intensiva ordinari e di emergenza


 logistica dei percorsi
 plurispecialità di alto livello
 personale medico sanitario di riserva
 assistenza centrata sulla comunità
 integrazione dei servizi sanitari e ospedalieri
 pronto intervento
 monitoraggio epidemiologico, dei materiali e delle attrezzature

Definizione dei criteri che caratterizzano la vulnerabilità e la resilienza

 posti letto in terapia intensiva (TI) ordinari e di emergenza: i posti TI


ordinari sono quelli presenti nelle strutture ospedaliere che saranno ulteriormente
incrementati nei nuovi ospedali covid o per meglio dire per le malattie infettive. Il
loro numero sarà definito non solo sulla base dell’esperienza degli ultimi mesi, ma
di parametri di previsione più articolati. I posti TI di emergenza, invece, sono
quelli necessari ai picchi influenzali che dovranno essere approntati in tempi
molto rapidi e successivamente smontati e conservati in magazzini. Le norme in
corso di approvazione (DL Rilancio del 16-5-2020) hanno introdotto la possibilità
di riutilizzare tramite adeguamento anche alberghi non in attività.
 logistica dei percorsi: questo criterio concerne due elementi il primo dei quali
afferisce agli ingressi e agli egressi dalla struttura ospedaliera che dovranno
essere non solo separati tra loro ma nettamente distinti da tutti gli altri
dell’ospedale onde evitare ogni forma di contagio. In secondo luogo fa
riferimento anche alla rete infrastrutturale locale e alla sua connessione sia con
l’ospedale che con la viabilità di grande scorrimento:

29
M. Gabanelli, Data Room Corriere della Sera del 9-5-2020

9
 plurispecialità di alto livello: concerne la presenza di competenze di alto
livello normalmente, anche se non esclusivamente, presenti nelle Aziende
Ospedaliere Universitarie.
 personale medico sanitario di riserva: si tratta di personale con competenze
mediche di base sufficienti a garantire la cura e l’assistenza dei pazienti nei
momenti di picco influenzale.
 assistenza centrata sulla comunità: questo parametro riguarda la rete
sanitaria pubblica che ha mostrato queste differenze tra le due regioni Lombardia
e Veneto: Laboratori di Sanità Pubblica: Lombardia 1/ 3 ogni ml/ab e Veneto 10/
3 ogni ml/ab. Dipartimenti di Prevenzione Sanitaria Pubblica: Lombardia 1/1,2
ml/ab e Veneto 9/ 1,2 ml/ab. Assistenza Domiciliare Integrata: Lombardia 1/
100.000 ab e Veneto 3,5/100.000 ab30.
 integrazione dei servizi sanitari e ospedalieri: test a tappeto, tracciamento
dei contatti e limitazione del contatto con le strutture sanitarie, team diagnostici
mobili e monitoraggio a domicilio. Rapida comunicazione attraverso un sistema
informatico che collega il laboratorio, i medici di base e le unità sanitarie
pubbliche locali.
 pronto intervento: disponibilità di mezzi, personale e organizzazione per
rendere efficiente l’integrazione dei servizi sanitari.
 monitoraggio epidemiologico: creazione di un sistema di sorveglianza del
numero di contagi, con localizzazione dei quartieri, le vie e i numeri civici dove ci
sono gli infetti. Con identificazione dell’identità di ogni caso positivo e
disposizione di una lista di informazioni collegate: età, tessera sanitaria, medico
curante, conviventi e, da ultimo, luogo e datore di lavoro.
 monitoraggio dei materiali e delle attrezzature: riguarda il controllo
costante dei materiali e delle attrezzature indispensabili per fronteggiare
l’insorgenza di picchi influenzali, con liste di fornitori certificati.
 disponibilità di aree: fattore questo decisivo nel rapporto sanità/territorio in
quanto la messa a disposizione delle aree, meglio se in forma gratuita, è un
aspetto procedurale molto importante ai fini dell’accelerazione dei tempi.

La popolazione di riferimento
Dal 2011 al 2016 la struttura sanitaria delle ULSS è stata modificata
riaccorpandole in relazione alle Provincie per cui l’ULSS 16 è diventata ULSS 6
Euganea coincidente con il perimetro della Provincia che conta 936.000 abitanti.
L’area metropolitana comprende 13 Comuni ed ha una popolazione è oggi di circa
430.000 abitanti, quindi i rimanenti 507.000 sono distribuiti tra l’Alta Padovana
che è più popolosa e il resto della provincia. Tutti questi distretti sono dotati di
una struttura ospedaliera “ordinaria”.

Le alternative
Prima alternativa: uso delle aree di perequazione della città

Questa soluzione prevede la dislocazione di una o alcune strutture presidiali


nelle zone semiperiferiche della città. Dal punto di vista urbanistico sono funzioni

30
Come detto prima il confronto tra Veneto e Lombardia è usato solo spiegare meglio la
situazione e non vuole essere, in nessun modo una denuncia.

10
di un certo rilievo per la loro capacità di riqualificare gli insediamenti nei quali si
collocano.
Il Comune di Padova ha predisposto nel tempo una serie di aree, dette di
perequazione integrata e ambientale (in colore arancione e verde), come nella
cartografia dell’immagine riportata sotto.

Aree di perequazione nel Comune di Padova-in arancione la perequazione integrata e in


verde la perequazione ambientale.

La perequazione impostata a Padova come in molte città capoluogo di Provincia


del centro e nord Italia, prevede l’accorpamento delle proprietà di cui il 70% della
superficie viene ceduta gratuitamente al Comune e il restante 30% è edificabile
dal consorzio dei privati. Si tratta di aree con varie dimensioni ma che possono
raggiungere in vari casi i 150.000 mq complessivi delle quali più di 100.000
possono essere messi a disposizione per uno o più ospedali locali.

Seconda alternativa distribuzione delle strutture presidiali sull’area metropolitana

La seconda alternativa prevede la localizzazione le Strutture Presidiali in un’area


coincidente con quella della Città Metropolitana che comprende Padova e tutti i
13 comuni della prima cintura. La differenza fondamentale dalla prima alternativa
consiste in una possibile maggiore diffusione sul territorio ma introduce il
problema urbanistico della disponibilità delle aree perché tutti gli altri comuni
della Provincia, compresi quelli della cintura, sono sprovvisti di forme di cessioni
gratuite delle aree.

Terza alternativa appoggiata ai presidi sociosanitari e distribuita nella Provincia


Collegare le strutture presidiali ai distretti sociosanitari prevedendo una sezione
per infettivi separata funzionalmente dal resto della struttura con dotazioni

11
specialistiche anche in terapia intensiva e con uno spazio per l’installazione di un
ospedale da campo per le emergenze sanitarie.
Il distretto è una struttura che opera su una specifica area territoriale diffusa su
tutta la Provincia e sull’ASL che è dotato di autonomia tecnico-gestionale e opera
per l’assistenza primaria, in ambulatorio e a domicilio, attraverso medici di
medicina generale (MMG), pediatri di libera scelta (PLS), servizi di guardia medica
notturna e festiva e presidi specialistici ambulatoriali; coordina gli MMG e i PLS
con le strutture operative a gestione diretta e con i servizi specialistici
ambulatoriali e le strutture ospedaliere ed extraospedaliere; ed eroga le
prestazioni sociosanitarie e assistenza infermieristica.

Gli scenari

Gli scenari presi in considerazione sono due: uno di breve periodo che ipotizza
una recrudescenza dell’infezione nei mesi dell’autunno-inverno al quale può
essere data risposta solo con un rafforzamento del pronto intervento e dei
parametri di resilienza ad esso associati come ospedali da campo, personale di
riserva ecc.
Il secondo scenario invece è di medio periodo (2-3 anni) nel quale sia possibile
realizzare le opere ospedaliere necessarie e tutti quegli interventi che riducono la
vulnerabilità strutturale.

I criteri considerati nel breve periodo sono i seguenti e tutti afferenti alla capacità
di risposta (resilienza): Posti in TI di emergenza, personale medico di emergenza,
pronto intervento, logistica dei percorsi, monitoraggio epidemiologico,
monitoraggio materiali e attrezzature.

Nella logica del metodo di confronto adottato – analisi multicriteri aggregativo


compensatoria – i criteri evidenziati nella figura xx acquistano maggiore
importanza rispetto agli altri come è evidenziato nella colonna degli autovalori
espressi in percentuale.

Tabella xx

Criterions Importance
Structural intensive care unit 3,7%
Vulnerability

Research and training 3,7%


Multi-specialty 2,7%
Comunity assistance 1,7%
Integration of health and hospital service 1,7%
Avalability of areas 1,7%
Emergency intensive care unit 15,9%
Resiliency

Emergency medical staff 15,9%


First aid 15,9%
Route logistics 7,0%
Epidemiological monitoring 13,9%
Monitoring of materials and equipment 16,3%
TOTAL 100,0%

12
Scenario di medio periodo

In questo scenario si suppone che vengano effettuati gli interventi strutturali e


cioè quelli che abbassano la vulnerabilità strutturale e funzionale che
risulteranno nella logica della multicriteri come un aumento di importanza dei
criteri relativi. La Figura yy evidenzia questo cambiamento di importanza relativa.

Tabella yy

Urban area Metropolitan area Country


Criterions importance performance performance perfomance
Structural intensive care units 13,9% 0,0580 0,0402 0,0402
Vulnerability

Research and training 13,9% 0,0731 0,0461 0,0193

Multi-speciality 9,3% 0,0562 0,0236 0,0149

Community assistance 6,4% 0,0172 0,0178 0,0206

Integration of health and hospital services 6,7% 0,0193 0,0193 0,0193

Availability of areas 7,1% 0,0431 0,0181 0,0114

Intensive emergency care units 6,6% 0,0191 0,0191 0,0191


Resiliency

Emergency medical staff 6,6% 0,0346 0,0191 0,0105

First aid 7,1% 0,0376 0,0237 0,0100

Route logistics 5,8% 0,0170 0,0170 0,0170


Epidemiological monitoring 8,4% 0,0243 0,0243 0,0243

Monitoring of materials and equipment 8,4% 0,0243 0,0243 0,0243

TOTAL 100,0% 0,4239 0,2927 0,2310

Nel confronto tra le alternative risulta preferibile una localizzazione della struttura
ospedaliera nell’area urbana e i fattori determinanti (evidenziati in rosso nella
Figura yy) sono:
1. I posti in TI strutturali;
2. La prlurispecialità: che è un fatto legato alla vicinanza con i centri di alta
specializzazione interni alla funzione universitaria ospedaliera della città;
3. La ricerca e la formazione.
4. La disponibilità di aree: fattore questo decisivo in quanto, come spiegato in
precedenza, la città dispone nell’immediato di aree libere a costo zero e senza
necessità di variazioni del piano urbanistico.
5. Il personale medico di emergenza: che nel caso della città è prevalentemente
costituito dagli specializzandi presenti solo nelle strutture universitarie mediche.
6. Il pronto intervento: che è legato alla logistica e a percorsi stradali favorevoli.
Altri criteri fattori sono indipendenti dalla localizzazione come il numero dei posti
TI di emergenza, la logistica e il monitoraggio.

13
Infine il criterio dell’Assistenza alla comunità, che dipende dalla vicinanza al
territorio, mostra una maggiore efficacia quanto più è diffuso sull’intera provincia.
L’analisi multicriteri si presta per verificare anche se alla variazione di importanza
dei criteri varia anche la perfomance delle alternative.

Tabella ii
Urban area Metropolitan area Country
Criterions importance performance performance perfomance
Structural intensive care units 9,4% 0,0395 0,0274 0,0274
Vulnerability

Research and training 10,8% 0,0571 0,0360 0,0151

Multi-speciality 7,3% 0,0439 0,0184 0,0116

Community assistance 20,2% 0,0587 0,0587 0,1363

Integration of health and hospital services 20,7% 0,0601 0,0601 0,0601

Availability of areas 4,6% 0,0135 0,0135 0,0135

Intensive emergency care units 4,2% 0,0121 0,0121 0,0121


Resiliency

Emergency medical staff 4,2% 0,0220 0,0121 0,0067

First aid 4,7% 0,0250 0,0158 0,0066

Route logistics 3,8% 0,0110 0,0110 0,0110

Epidemiological monitoring 5,4% 0,0158 0,0158 0,0158

Monitoring of materials and equipment 4,6% 0,0135 0,0135 0,0135

TOTAL 100,0% 0,3722 0,2944 0,3297

La tab ii riporta una attribuzione di importanza che privilegia l’assistenza alla


comunità e l’integrazione dei servizi ospedalieri con valori percentuali
superiori al 20% rispetto al 6% della tabella yy. Sulla base di questa valutazione
le perfomance totali della alternativa Country si innalza quasi a raggiungere
quella dell’alternativa Urban. Però la distribuzione complessiva dei valori totali di
perfomance tra le alternative della tab yy e della tab ii non cambia. Ma la
maggiore importanza attribuita alla “Comunity assistance” e alla “Integration of
health and hospital services” potrebbe riflettere una valutazione di strategia
sanitaria – che non è possibile definire nell’ambito di questo articolo - che
privilegiando questi criteri fa presumere che sia necessario attribuire maggiori
risorse finanziarie a questa componente rispetto ad altre. In questo caso il valore
di perfomance diventa un parametro di confronto tra le diverse dotazioni presenti
nelle regioni e dei relativi impegni di rafforzamento per fronteggiare le future
epidemie/pandemie.
I criteri di vulnerabilità e di resilienza, adottati, che fanno riferimento al
potenziamento della struttura ospedaliera (Strutture Presidiali) privilegiano
l’alternativa urban. I criteri che fanno riferimento al potenziamento dell’assistenza
alla comunità e all’integrazione dei servizi privilegiano una distribuzione diffusa
sul territorio provinciale. Gli altri criteri inerenti funzioni logistiche e di
monitoraggio sono equipollenti tra le alternative considerate ma questo non
significa in assoluto che su di esse si possa rinunciare al rafforzamento. Al
contrario le funzioni di monitoraggio sono fondamentali perché permettono di
tenere sotto osservazione costantemente il funzionamento del sistema sanitario,
permettono di delineare tendenze e di verificare il raggiungimento di obiettivi
prefissati e di conseguenza di agire tempestivamente per apportare correttivi.

14
Il rapporto sanità territorio
Le nuove strutture presidiali contro le infezioni, dovrebbero svolgere una serie di
attività sanitarie tali da configurare queste strutture come ospedali veri e propri e
tali da evitare l’effetto “lazzaretto” e in più per essi vanno previsti spazi nei quali
allestire gli ospedali da campo da utilizzare per le emergenze e per sopperire a
sovraccarichi.
L’organizzazione dei presidi è una risposta insieme preventiva e anche di
emergenza. Preventiva perché mette in atto una struttura territoriale più vicina al
cittadino e alle sue esigenze sanitarie “quotidiane” e alleggerisce la struttura
centrale di tutte queste funzioni, permette un monitoraggio sul posto, ma anche
dal punto di vista dell’emergenza può fornire supporto a picchi improvvisi di
infezioni.

La questione localizzazione apre immediatamente il tema della disponibilità di


aree e il conseguente rapporto con il governo del territorio. Uno degli ostacoli
maggiori per la rapidità di realizzazione di opere del tipo sanitario ma non solo
queste, è la eccesiva burocratizzazione dell’Amministrazione Pubblica. La quale
apre una biforcazione nel processo decisionale: seguire la strada della deroga ai
Piani Urbanistici (sollecitata da molte forze politiche e imprenditoriali) oppure
predisporre varianti incentrate sul principio del progetto urbano. Il pericolo della
prima soluzione è che sfugga per sempre la possibilità di combinare i nuovi
interventi con la qualità urbana. Per questo motivo abbiamo aggiunto tra i
parametri della vulnerabilità quello della “Disponibilità delle aree”.
Gli ospedali sono stati progettati e realizzati fin’ora come strutture autoreferenti e
mai a fianco di spazi (le piazze) di “mediazione” delle relazioni interpersonali e
sociali che sono il naturale prolungamento della funzione primaria, pubblica,
verso il contesto urbano31. La piazza è il luogo di organizzazione di irradiazione
delle relazioni dell’ospedale con la città. L’ospedale (che deve mantenere
comunque una serie di accessi separati dalla piazza) fino ad oggi è stato
concepito formalmente come una struttura che “volta le spalle” alla città pur
avendo con essa relazioni molto intense.
Tali strutture, data la loro capacità attrattiva vanno inserite all’interno di spazi
relazionali precisi, con percorsi di ingresso e uscita differenziati, luoghi di
relazione sociale (piazze) e di localizzazione delle funzioni complementari:
commercio di prodotti sanitari, ristorazione e ospitalità, studi medici e sanitari
collegati, posteggi e ambiti per il transito di mezzi pubblici e privati non
conflittuali, percorsi ciclopedonali riservati ecc.
I più recenti progetti e le relative realizzazioni di ospedali sono pensati come
luoghi autoreferenti come se fossero collocabili in qualunque luogo o territorio
non tenendo
conto ne delle relazioni urbane e nemmeno dei processi speculativi che
innescano. I

31
Nelle città gran parte delle funzioni centrali pubbliche si affacciano su piazze le quali non sono
spazi vuoti qualsiasi. Lo spazio di relazione nel quale consiste la piazza è un insieme coordinato di
percorsi da e verso il contesto urbano circostante, di percorsi che dallo spazio vuoto della piazza
danno accesso agli edifici perimetrali anche tramite portici, androni, gallerie. Inoltre la dimensione
della piazza deve essere tale da permettere l’uso temporaneo di mercati, di assemblee all’aperto,
di plateatici, di manifestazioni pubbliche anche nelle modalità di distanziamento da covid-19.

15
motori delle grandi trasformazioni urbane come gli ospedali, mettono in gioco
notevoli interessi e considerevoli forme di pressione, perché fanno scattare verso
l’alto i valori immobiliari. Questo apprezzamento per i privati, che deriva
dall’investimento di danaro pubblico, deve avere come contropartita un beneficio
per la comunità, prima di tutto, in termini di qualità urbana.
Per questo motivo il progetto di un nuovo ospedale deve essere anche e
soprattutto un progetto urbano. Con questo termine si intende non solo
una prefigurazione della forma e dei metodi costruttivi, ma soprattutto dei modi
in cui il la nuova opera si relaziona con la città esistente, degli impatti ambientali
che produce e deve tener conto della consultazione pubblica. Per essere chiari al
massimo diciamo che l’effetto di un nuovo ospedale si può paragonare alla
introduzione del turbo su un motore aspirato: affinchè l’auto così potenziata non
vada per conto suo, bisogna adeguare freni, sospensioni, telaio, scarichi,
pneumatici, introdurre un controllo elettronico. E’ in discussione il rapporto del
motore con tutto il resto. Fuor di metafora solo così si ottiene la qualità urbana e
si innesca l’effetto città32 che è un esito multiplo come multipla è la città33. La
città è diventata sempre più un prodotto-merce da vendere sul mercato
all’interno del rapporto domanda offerta che non suscita heimat34 e ricerca di
nuovi bisogni35 ma spaesamento. Al contrario la città è un insieme di
agglomerazione e interazione spaziale in uno spazio fisico multiplo,
composito, articolato che nello stesso tempo è il luogo di vita e di lavoro dei
cittadini, il luogo della prossimità, la condizione generale da cui ognuno tra
risorse e nella quale si riconosce, e a questo fine le sue parti devono essere
organizzate.

Conclusioni

La normativa di fronteggiamento della pandemia è in continua evoluzione e non è


escluso che saranno introdotti in futuro nuovi provvedimenti che potrebbero
modificare in parte il quadro di riferimento di questo articolo. Rimane il fatto che
una serie di elementi sono ormai stati definiti (i criteri di valutazione relativi alla
vulnerabilità e alla resilienza) rispetto ai quali crediamo che non ci saranno
profondi cambiamenti.
Durante la stesura di questo articolo è iniziata in Italia la Fase 2 ovvero la ripresa
progressiva delle attività sospese col lockdown. I timori della ripresa del contagio
sono ancora elevati e permangono ancora molte incertezze sul piano scientifico-
medico, economico e sociale in generale. Poi non si sa ancora come sarà
impostata la Fase 3 che dovrebbe portare alla “normalizzazione”. Ma si sa già
che una buona parte delle attività economiche dei servizi ad alta intensità di
lavoro subirà un notevole ridimensionamento e dovrà affrontare costi crescenti.
Non tutte le attività industriali riprenderanno e con ogni probabilità ci sarà una

32
Su questo argomento è stato scritto moltissimo ma segnalo F. Archibugi, La città ecologica,
Bollati Boringhieri, 2002.
33
R. Camagni, Economia Urbana, Il Mulino 2002.
34
Eigler parla di heimat come intersezione tra memoria e spazio, De Gruyter 2012
35 G. Duso, La Rappresentanza politica. Genesi e crisi del concetto, Franco Angeli, 2003, nella

raccolta del CIRLPGE di Unipd

16
caduta del reddito e della domanda interna. La Fase 3 dovrà affrontare la
questione di una nuova politica fiscale e della sburocratizzazione delle procedure.
In un momento così delicato l’emergenza quotidiana non permette di guardare
lontano e per questo motivo si è cercato di affrontare il rapporto tra sanità e
territorio con un certo rigore scientifico per offrire al decisore politico gli
strumenti che poggiano su basi solide.
E’ evidente che il luogo di vita della popolazione, la città, sarà lo spazio fisico sul
quale si sperimenterà il cambiamento indotto dalla pandemia. Di questo spazio il
sistema sanitario è una parte rilevante come strutture fisiche sia concentrate che
distribuite; come competenze36; come sistemi di monitoraggio e comunicazione;
come apparati di pronto intervento di assistenza e di integrazione dei servizi e per
tutto l’indotto che genera.
L’applicazione dell’analisi multicriteri non va intesa, in questo caso, come metodo
per escludere o preferire una alternativa sull’altra, bensì per capire, a fronte dei
criteri di vulnerabilità e resilienza selezionati, come ristrutturare questo sistema
nelle varie regioni del paese la dove si sono evidenziate le maggiori criticità e
come questa ristrutturazione o rafforzamento inciderà sul territorio.

Author’s profile
Author name: Arch Pierluigi Matteraglia
Author profile: He is currently CEO of SM.SR srl Spinoff of the University of Padua. He has collaborated with the Civil
Protection in the preparation of risk forecasting models. Expert in Territorial Planning and Environmental Assessment.

References
Capra F., Luisi PL., (2014) Vita e natura, Una visione sistemica, Aboca
Diamond, (2019) Crisi, Einaudi
Di Sopra L., (1986) Magnitudo di Impatto, F. Angeli,
Cavazza N., (1997) Comunicazione e persuasione, Il Mulino
Archibugi F., (2002) La città ecologica, Bollati Boringhieri, .
Camagni R.,(2002) Economia Urbana, Il Mulino 2002.
Duso G., (2003)La Rappresentanza politica. Genesi e crisi del concetto, Franco Angeli, ,
Saaty, T.L., (1980). “The Analytic Hierarchy Process.” McGraw-Hill, New York.

36
Si pensi alla nuova domanda di occupazione che si può attivare.

17

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