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Anno II, numero 3 - Maggio 2013

ITALiAN JOURNAL OF EMeRGeNCY MeDiCiNe


Ofcial Journal of the Italian Society of Emergency Medicine
3 5 6 14 54 61 72 77 Editoriale Notizie dallUfcio Stampa Special Articles Articoli originali Area Nursing Area Giovani Sulle tracce dellECG Letteratura in Urgenza

ITALiAN JOURNAL OF EMeRGeNCY MeDiCiNe


www.itjem.org - e-mail: info@itjem.org Ofcial Journal of Italian Society of Emergency Medicine Registrazione del Tribunale di Milano, 401 24/06/2008 - Ownership and Copyrigth - Electronic Edition SIMEU, Societ Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza, Via Vittor Pisani 10, Milano The Electronic Edition is available at www.cgems.it e www.simeu.it Article disseminated via www.cgems.it are abstracted, indexed and referensed by many abstracting and information Service biblography networks, subscription agencies, library networks

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SOMMARiO
3 Editoriale Guardare al trauma da un punto di vista globale Paolo Groff 5 Notizie dallUfcio Stampa Chiusa la sperimentazione degli Ambulatori Med del Lazio: il bilancio di Simeu Silvia Alparone 6 Special Articles La Sincope: opportunit e limiti della gestione in emergenza-urgenza Paolo Pinna Parpaglia 14 Articoli originali Ematoma spinale epidurale spontaneo: una sda diagnostica Simona Uggeri Vantaggio economico, sociale e funzionale dellOBI negli accessi per trauma cranico in Pronto Soccorso F. Polo, G. Peralta, D. Matta, A. Arru Sepsis in Emergency Department: review Manuel Monti, Luciano Fioriti, Igino Fusco Moffa, Manolo Filippucci, Francesco Borgognoni 54 Area Nursing Fibrillazione atriale Giuseppe Mazzone, Massimiliano Girlanda, Enrico Vallaperta 61 Area Giovani Una strana aritmia Lucia Tassinari, Gianfranco De Rose Commento a cura di Federica Stella The use of noninvasive mechanical ventilation in blunt chest trauma. Experience in an elderly patient Di Zio Isabella, Groff Paolo 72 Sulle tracce dellECG Sindrome di Brugada Mauro Fallani, Sossio Serra, Federica Stella, Isabella Di Zio 77 Letteratura in Urgenza Clinical Outcomes Associated With Procalcitonin Algorithms to Guide Antibiotic Therapy in Respiratory Tract Infections. Philipp Schuetz, et al. JAMA 2013;309:717 Is Hospital Admission for Heart Failure Really Necessary? The Role of the Emergency Department and Observation Unit in Preventing Hospitalization and Rehospitalization. Sean P Collins, et al. J Am Coll Cardiol 2013;61:121

SOMMARiO
Interpreting arterial blood gas results. Nicholas J Cowley, et al. BMJ 2013;346:f16 The ability of the National Early Warning Score (NEWS) to discriminate patients at risk of early cardiac arrest, unanticipated intensive care unit admission, and death. Gary B Smith, et al. Resuscitation 2013;84:465 Haemorragic Complications in Emergency Department Patients Who Are Receiving Dabigatran Compared With Warfarin. Russell Berger, et al. Ann Emerg Med 2013;61:475 Revised criteria for suspicion of non-benign positional vertigo. A Soto-Varela, et al. QJM 2013;106:317 ED intensivists and ED intensive care units. Scott D Weingart, et al. Am J Emerg Med 2013;31:617 Commento a cura di Rodolfo Ferrari

Editoriale

Guardare al trauma da un punto di vista globale


Paolo Groff La lettura dellarticolo pubblicato da R. Norton e O. Kobusingye su NEJM dedicato al signicato globale del trauma come entit nosologica ed epidemiologica (1) stimola alcune considerazioni. Anzitutto di carattere puramente numerico: nel 2010 le morti per causa traumatica registrate nel mondo sono state 5,1 millioni, vale a dire circa una ogni 10 decessi, e tale numero ha largamente sopravanzato quello delle morti correlate allinfezione da HIV, alla tubercolosi e alla malaria prese assieme (3,8 milioni). I cosidetti paesi in via di sviluppo pagano il tributo maggiore con l11-12% di morti da causa traumatica sul totale, rispetto al 6% dei paesi a maggiore reddito. Si tratta di una patologia che colpisce prevalentemente i maschi (68%) tra i 10 e i 24 anni det (40% dei decessi in questa fascia det). Queste proporzioni rimangono sostanzialmente invariate, numericamente e come distribuzione geograca, straticando il dato rispetto alla tipologia di trauma, considerando cio i traumi come non intenzionali o intenzionali (comprendendo in questo caso anche quelli correlati a guerre e conitti), con la sola eccezione dei suicidi, tuttora pi frequenti nelle nazioni ad elevato standard socio-economico. Oltre ad essere la causa diretta di un numero sproporzionato di decessi, i traumatismi sono responsabili di unelevatissima prevalenza di disabilit e di altri esiti difcilmente computabili a livello statistico. stato dimostrato, ad esempio che le vittime di maltrattamento in et infantile soffrono di sequele psicologiche a lungo termine, come ad esempio decit di autostima, ansia e depressione ed i sopravvissuti a violenza sessuale in et infantile tendono ad avere, in et adulta, comportamenti sessuali ad alto rischio, promiscuit, gravidanze precoci e sono pi frequentemente vittime di aggressione sessuale in et adulta. Questi dati risultano ancora pi preoccupanti se si considera che il carico globale del trauma destinato a crescere nei prossimi 20 anni. Complessivamente, si stima che le morti per trauma correlato ad incidenti del trafco saranno al quinto posto tra tutte le cause entro il 2030, e le morti per suicidio al dodicesimo. Ancora, i paesi in via di sviluppo pagheranno il maggiore tributo in questo senso e ci, probabilmente, riette il previsto incremento della motorizzazione nei paesi a basso standard combinato con la crescente implementazione di efcaci programmi preventivi nei paesi sviluppati. A fronte di questi dati, il trauma come entit nosologica ha ricevuto no ad ora unattenzione discontinua da parte della comunit medica, come dimostra il fatto che molti curricula di studio non prevedono questo argomento e la scarsa copertura dello stesso sulle riviste mediche non di settore. Inoltre, quasi nessun paese prevede, a livello formativo il trauma come argomento specico di medicina preventiva. Come fatto signicativo in controtendenza rispetto a questo, il Global Burden of Disease study (GBD) ha posto il trauma sullagenda della sanit globale classicando le maggiori cause di morte e disabilit nel mondo in tre categorie: malattie trasmissibili, perinatali e nutrizionali; malattie non trasmissibili; traumatismi (2,3). Collateralmente al riconoscimento del peso del trauma a livello globale deve crescere il convincimento che rispetto a questo argomento deve essere sviluppato un approccio evidence-based al trattamento e alla prevenzione con unattenzione pari, almeno, a quella
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Editoriale

devoluta ad altre cause maggiori di mortalit e morbilit. A noi medici dellUrgenza, tradizionalmente e giustamente sensibilizzati alla punta delliceberg e cio alla fase del trattamento efcace, ove moltissimo vi ancora da fare, rischia di sfuggire, almeno a livello culturale, limportanza della parte sommersa del problema e cio la prevenzione. Questa, che dovrebbe avere la massima priorit, risulta efcace, come dimostrato dal dimezzamento della mortalit per incidenti stradali nelle ultime tre decadi in paesi come lAustralia, il Canada o gli Stati Uniti quale risultato di programmi multisettoriali focalizzati non soltanto sui conducenti di mezzi, ma anche sui veicoli, sul sistema stradale e, in misura minore sullorganizzazione e pianicazione del sistema dei trasporti. Bench un approccio metodologico rigoroso per valutare lefcacia di questi interventi preventivi risulti difcile ed i singoli provvedimenti siano stati adottati sulla base di un confronto tra prima e dopo dei loro effetti su una serie di outcomes non trauma-correlati (modicazione dei comportamenti, delle conoscenze ecc.), non pu sfuggire limportanza della costruzione di un modo global di guardare al trauma. Solamente procedendo con eguale energia allanalisi delle cause e delle possibili strategie per prevenirle, cos come allo studio dei possibili approcci di diagnosi e trattamento in urgenza-emergenza e nella fase riabilitativa potremo ritenere di avere nalmente dato al trauma il peso che merita nellallocamento delle risorse per le cure e la ricerca e nella nostra cultura.

Bibliograa
1. Norton R, Kobusingye O. Injuries. N Engl J Med 2013; 368; 1723-30. 2. Cause-specic mortality: regional estimates for 2008. Geneva: World Health Organization. 3. Lozano R, Naghavi M, Foreman K et al. Global and regional mortality from 235 causes of death for 20 ages groups in 1990 and 2010: a systematic analysis for the Global Burden of Disease study 2010. Lancet 2012; 380: 2095128.

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Notizie dallufcio stampa

Silvia Alparone Giornalista

Chiusa la sperimentazione degli Ambulatori Med del Lazio: il bilancio di Simeu


Il progetto regionale sperimentale Ambulatorio MED percorso veloce codici bianchi e verdi era stato attivato a partire dal 15 aprile 2012 in undici ospedali di Roma e provincia e prevedeva la presenza dalle ore 8 alle 20, per tutto larco della settimana, in un ambiente prossimo al pronto soccorso, di un medico di medicina generale, che doveva farsi carico dei pazienti con codici pi bassi, attribuiti in fase di triage dal personale dellemergenza: i codici bianchi e parte dei codici verdi. La chiusura degli Ambulatori Med lo scorso aprile, al termine del previsto anno di sperimentazione, ha provocato reazioni contrastanti sulla stampa romana e di settore. Tra i diversi commenti stata riportata anche quella di Simeu. La chiusura degli Ambulatori Med ha dichiarato Francesco Pugliese, presidente Simeu Lazio in una nota ufciale inviata ai giornali non provoca alcun disagio nella gestione dellemergenza ospedaliera. I dati diffusi su alcuni quotidiani parlano di 33 mila pazienti visitati nelle 11 strutture ospedaliere della regione Lazio in cui la sperimentazione stata condotta, nellarco di poco meno di un anno: signica 3.000 pazienti in media per ogni struttura, e quindi 8 pazienti visitati in 12 ore in ciascun ospedale. Non sono questi i numeri di unattivit che possa seriamente alleviare i problemi del Pronto Soccorso e ancora una volta abbiamo assistito a unoperazione di maquillage, che non incide sul problema del sovraffollamento. La sua sospensione non genera caos, come denunciato nei giorni successivi alla chiusura: il problema dei servizi di emergenza ospedaliera lo stazionamento dei pazienti in attesa di ricovero nei reparti, problema articolato, la cui soluzione implica una riorganizzazione dei percorsi allinterno dellospedale e sul territorio. Lattivit degli ambulatori Med non incideva affatto sui ussi di questi pazienti, che sono i casi pi gravi, quelli che risultano avere necessit di ricovero ospedaliero e a cui, in fase di triage, viene attribuito un codice di priorit pi alto, dal verde al rosso: i pazienti visti dai medici di Medicina generale negli ambulatori della sperimentazione erano prevalentemente codici bianchi, tutti casi cio che si rivolgono impropriamente ai pronto soccorso e che dovrebbero invece trovare risposta alle loro richieste sul territorio. Ed l quindi che gli ambulatori di Medicina generale dovrebbero essere aperti, nellambito dei distretti territoriali, non negli ospedali dove si rischia piuttosto di duplicare un servizio gi esistente quello dei servizi territoriali - con una conseguente duplicazione anche dei costi. Gi lo scorso anno, quando la sperimentazione degli Ambulatori Med era stata avviata, Simeu, in un comunicato congiunto con Fimmg, aveva preso posizione contro liniziativa: Il fatto che si tratti di una eredit degli Ambulatori Blu, attivati per lemergenza inuenzale vericatasi fra il 16 gennaio e il 16 marzo 2012 aveva dichiarato Giorgio Carbone in un comunicato per la stampa - avrebbe dovuto far pensare, dal momento che i dati dei ussi dei pazienti anche in quel caso non erano statisticamente signicativi: per il periodo compreso fra il 17 gennaio e il 13 marzo 2012, in sette strutture di pronto soccorso del Lazio (di cui due Dea di primo livello e tre Dea di secondo a Roma e tre PS/Dea in provincia) risulta che ogni ambulatorio avesse visto transitare in media due-tre pazienti al giorno. Nelle comunicazioni rivolte alla stampa Simeu ha sempre ribadito che creare percorsi differenziati in ospedale in base alla priorit assegnata ai casi di pronto soccorso al momento dellaccettazione inutile in particolare per quanto riguarda i codici verdi, cio quelli considerati di media entit. La valutazione di questi pazienti, stato sottolineato, pu cambiare in fase di diagnosi e lo sdoppiamento dei percorsi pu complicare, anche gravemente, la gestione del caso clinico.
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Special Articles

La Sincope: opportunit e limiti della gestione in emergenza-urgenza


Paolo Pinna Parpaglia UOC Pronto Soccorso e Medicina dUrgenza - PO SS Annunziata, ASL 1 Sassari

Abstract
Syncope in one of the most frequent ED complaining symptoms, nonetheless its management is still largely far from guidelines recommendations. The high admission rates and the amount of unnecessary diagnostic tests, together with a low diagnostic accuracy, challenge physicians to critically reconsider ED syncope diagnostic pathways. Given that prognosis of syncope is related mainly to the presence of an underlying heart disease, several clinical decision rule and scores have been proposed for risk stratication in the ED, in order to select patients who really need to be hospitalized. Low risk patients without a denite diagnosis, otherwise could be discharged and have their diagnostic pathway completed as outpatients. The Syncope Facility model has been successfully proposed as a multidisciplinary, standardized, evidence based, approach to syncope of unknown origin. Indeed this management model has proven to be of great value in improving diagnostic accuracy and reducing costs. ED observation units are therefore the natural setting where an exhaustive diagnostic work-up and a close patient monitoring encompass the Syncope Facility competences. Since syncope is a sporadic symptom, thus diagnostic tests are mainly provocative and therefore carry the intrinsic risk of misdiagnosis. The recognition of signicant cardiac arrhythmia during spontaneous syncope is the best way of doing a diagnosis based on its mechanism, thus allowing focused therapy. Very long ECG monitoring, i.e. with implantable loop recorder, is the best tool to catch and record a spontaneous fainting episode, but it could take several months to years before making a diagnosis. Keywords: Syncope, Syncope Facility, Observation Units, Emergency Department.

Aspetti epidemiologici
Per sincope si intende una perdita di coscienza improvvisa, talora preceduta da prodromi pi o meno tipici, caratterizzata da rapido e spontaneo ripristino dello stato di coscienza, che riconosce come causa una transitoria e globale ipoperfusione cerebrale. Dunque, qualsiasi condizione morbosa che determini un calo improvviso della gittata cardiaca, delle resistenze vascolari periferiche, ovvero delle due componenti variamente combinate, pu provocare una sincope (1). Il meccanismo eziopatologico distingue tre grandi categorie di sincope: cardiogena (aritmica, strutturale), neuromediata riessa (vaso-vagale, situazionale, sdr. seno-carotideo, forme atipiche), da ipotensione (ipotensione ortostatica, disautonomica, ipovolemica). In linea di principio il meccanismo eziopatologico ne caratterizza anche la prognosi. Nonostante lelevata incidenza del fenomeno, si calcola infatti che circa una persona su tre nella propria vita vada incontro ad almeno un episodio sincopale (2), il numero di pazienti che si rivolge ai pronti soccorsi (PS) relativamente basso. Uno studio olandese ha rilevato come appena lo 0,7% delle perdite transitorie di coscienza si rivolgerebbe al dipartimento di emergenza (DEA) (3). Il numero di pazienti con sincope che si presentano al PS comunque destinato ad aumentare nel prossimo futuro, in relazione alla maggiore sensibilizzazione dei cittadini nei confronti delle patologie cardiovascolari e cerebrovascolari acute ed allinvecchiamento della popolazione. Dopo i 70 anni, infatti, lincidenza della sincope subisce unimpennata (9). Attualmente circa l1-2% degli accessi ai PS italiani avviene per una perdita di coscienza transitoria e gran parte di questi pazienti viene poi ricoverata con conseguenti ed importanti ricadute sui costi sanitari (4, 6).

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Special Articles

Negli Stati Uniti la spesa annuale per la sincope simile a quella per lHIV ed determinata per circa i dai costi relativi al ricovero (7). Lalto tasso di ricovero, cos come leccessivo ricorso ad esami inutili o non indicati, esprime da una parte lincertezza del medico durgenza relativamente alla potenziale gravit della patologia causa di sincope, dallaltra la generale scarsa applicazione delle linee guida (8). Lelevata proporzione di sincopi di natura benigna, cio non dovute a situazioni pericolose per la vita, responsabile del pessimo rapporto costo/benecio del percorso diagnostico, per lo pi riconducibile alleccessivo ricorso allospedalizzazione. Nonostante il massiccio consumo di risorse per, la performance diagnostica nel paziente con sincope, ovvero la percentuale di diagnosi eziologiche ottenute alla ne del percorso, rimane piuttosto bassa e, escluse alcune realt di eccellenza in questo ambito, mediamente al di sotto del 50% (17, 18). evidente che un modello gestionale di questo tipo risulti fallimentare sia sul piano economico che su quello medico: il non raggiungimento di una diagnosi comporta la mancata attuazione dei provvedimenti terapeutici nalizzati a correggere il difetto che ha causato la sincope e a prevenire quindi gli eventi avversi ad essa correlati e le recidive. Per esempio, sappiamo che 1/3 delle sincopi responsabile di importanti traumi da caduta, soprattutto nel paziente anziano, con conseguenze drammatiche sulla qualit di vita, sullautosufcienza, sulla sopravvivenza e quindi sui costi socio-sanitari (7, 10). Lapplicazione integrale e standardizzata delle linee guida, invece, consentirebbe di ottimizzare la performance diagnostica con concomitante riduzione dei ricoveri, dei test diagnostici non necessari e quindi dei costi di gestione (8, 11).

Il ruolo del pronto soccorso, dellosservazione breve intensiva e la syncope unit


Lapplicazione integrale delle linee guida sulla sincope comporta per competenze, tecnologie diagnostiche e tempi di gestione che non sono propri del PS. Questa apparente incompatibilit, relativamente al processo diagnostico, fra ambiti professionali dove abitualmente viene gestito il caso sincope e quanto prevedono le linee guida, una delle principali ragioni della generale inadeguatezza del percorso clinico. evidente che il medico durgenza non pu e non deve farsi carico di tutto il percorso diagnostico, ed eventualmente terapeutico, del paziente che si rivolge al PS per una perdita di coscienza transitoria. Per, al pari di quanto accade per le altre condizioni morbose acute, il medico durgenza responsabile della valutazione iniziale e delleventuale stabilizzazione clinica, attivit che di per s parte integrante e irrinunciabile del percorso diagnostico-terapeutico della sincope. Attraverso gli esami clinici e strumentali propri della valutazione iniziale, si dovrebbe cercare di differenziare esercizio non sempre facile le perdite di coscienza di natura sincopale dalle perdite di coscienza che riconoscono meccanismi siopatologici diversi dalla ipoperfusione cerebrale (neurologiche centrali, metaboliche, tossiche, psicogene) e, per le forme sincopali, valutare se esistono i criteri per formulare una diagnosi. In tutti i casi devono essere individuate le condizioni cliniche ad alto rischio che richiedono un trattamento/ricovero in ambiente protetto/specialistico immediato (1). Unaccurata valutazione iniziale, basata essenzialmente su anamnesi (patologica e dettagliata sullevento), esame obiettivo ed elettrocardiogramma 12D, pu da sola consentire di giungere alla diagnosi eziologica nel 30-50% delle sincopi (12, 13). A questo proposito importante che anche il test della pressione arteriosa misurata in clinostatismo ed ortostatismo venga effettuato quanto prima in PS: in questo ambito pi probabile infatti che le condizioni emodinamiche che hanno favorito la sincope siano ancora presenti1. Nella maggior parte dei casi, per, liter diagnostico (e terapeutico) non si conclude con la valutazione iniziale. Una quota rilevante di sincopi rimane infatti indeterminata sul piano diagnostico, e il medico durgenza ha la responsabilit di decidere il miglior percorso successivo, che preveda un impiego razionale delle risorse disponibili e nel contempo garantisca la sicurezza del paziente. Dal momento che la sincope un sintomo che pu essere espressione di svariate condizioni morbose, dalle pi
1) Per i dettagli sugli accertamenti previsti nella valutazione iniziale e per i criteri diagnostici delle sincopi riesse e da ipotensione ortostatica si rimanda alle linee guida 2009 della Societ Europea di Cardiologia (ESC) (1).
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Special Articles

gravi alla pi benigne risposte neuro-autonomiche anomale a stimoli normali, la prognosi generalmente correlata alla malattia sottostante piuttosto che allevento sincopale in s. Le linee guida Europee (1) ed Americane (14) raccomandano lospedalizzazione, ovvero lesecuzione di accertamenti in regime intensivo, per tutti quei pazienti con sincope indeterminata considerati ad alto rischio. Indicando come pazienti ad alto rischio coloro che risultano affetti da cardiopatia ischemica, strutturale o scompenso cardiaco, con importanti comorbosit, o per i quali vi sia il sospetto clinico e/o elettrocardiograco di sincope aritmica. Se in PS ci si basasse soltanto su questi criteri piuttosto generici, la gran parte dei pazienti con sincope indeterminata (soprattutto gli anziani) verrebbe ricoverata, privilegiando cos la sicurezza del paziente nel breve periodo, ma senza garanzie sul lungo termine e sullappropriatezza diagnostica. Viceversa, la standardizzazione del percorso clinico, non necessariamente in regime di ricovero, consente di ottenere una migliore performance diagnostica attraverso un impegno pi razionale ed aderente alle linee guida delle risorse disponibili (8, 11, 19). Nello studio italiano EGSYS II, la rigorosa ed uniforme applicazione delle linee guida europee, con lausilio di un decision-making software e la supervisione di un esperto, ha consentito di arrivare ad una diagnosi compiuta in oltre il 95% dei casi con una signicativa riduzione dei test diagnostici del 39% (8). Sulla base di queste osservazioni, la Societ Europea di Cardiologia (ESC) sollecita listituzione negli ospedali di Syncope Facilities (o Syncope Unit), strutture funzionali che si avvalgono di percorsi clinici predeterminati e di unorganizzazione dei servizi diagnostici coordinata da esperti, nelle quali convergono competenze multidisciplinari (cardiologiche, mediche durgenza, neurologiche, geriatriche, ecc.). Il ruolo della Syncope Unit quello di orientare o gestire direttamente il percorso diagnostico-terapeutico delle perdite di coscienza transitorie di natura indeterminata e delle situazioni cliniche a particolare rischio (sincopi recidivanti, traumi da caduta frequenti, perdite di coscienza in categorie lavorative a rischio, ecc.). Le Syncope Unit dovrebbero essere punto di riferimento anche per il territorio e per gli ospedali limitro non adeguatamente attrezzati per la diagnostica completa delle perdite di coscienza, con i quali si dovrebbero attivare convenzioni nalizzate alla attuazione di percorsi diagnostico-terapeutici condivisi. Il mantenimento di un elevato standard di competenze e conoscenze implica che queste strutture si facciano anche promotrici di attivit culturali e portino avanti programmi di ricerca e di formazione specici (1). Limportanza strategica delle Syncope Unit negli ospedali stata confermata negli ultimi anni anche dalle esperienze italiane2 (15). Losservazione breve intensiva (OBI), per le sue caratteristiche funzionali e di essibilit gestionale, pu rappresentare lambito ideale dove la gestione diretta da parte del medico durgenza pu diventare non solo compatibile, ma anzi funzionale allapplicazione corretta delle linee guida sulla sincope, integrandosi con lattivit ambulatoriale della Syncope Unit. LOBI cio, si presta assai bene al ruolo di Syncope Observation Unit, da un lato consentendo il completamento delliter diagnostico in una quota rilevante di pazienti, e dallaltro garantendo, tramite un monitoraggio prolungato e lesclusione di patologie ad alto rischio, una dimissione sicura per i pazienti con sincope ancora indeterminata, che potranno quindi proseguire liter diagnostico in regime ambulatoriale presso la Syncope Unit (19).

Problematiche aperte
Straticazione del rischio
La prognosi della sincope dettata dalla gravit della patologia che lha causata, e pertanto le sincopi riesse neuromediate e da ipotensione ortostatica sono considerate generalmente benigne, mentre quelle cardiogene potenzialmente maligne. La sincope di origine cardiogena ha infatti una prognosi decisamente peggiore (mortalit ad un anno 20-33%) rispetto alle altre cause (21). La necessit di effettuare una straticazione del rischio, ovvero denire la probabilit che un paziente con episodio sincopale manifesti successivamente un evento avverso grave, dettata dalla insostenibilit di una strategia troppo prudenziale che preveda lospedalizzazione per tutti i pazienti con diagnosi non determinata. I pazienti considerati a basso rischio potrebbero invece essere dimessi dal DEA in sicurezza.
2) Per le caratteristiche organizzative delle Syncope Unit si rimanda al documento di consenso AIAC-GIMSI (Associazione Italiana Aritmologia e Cardiostimolazione Gruppo Italiano Multidisciplinare per lo studio della SIncope) (16).
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Special Articles

Quindi, lobiettivo delle valutazione della sincope in PS sta progressivamente modicandosi: dalla ricerca della diagnosi alla straticazione prognostica (dallapproccio work to admit a quello work to discharge). Negli ultimi 15-20 anni numerosi gruppi di ricerca in tutto il mondo hanno cercato di mettere a punto degli score o delle clinical decision rule, con lintento di fornire al medico di PS uno strumento semplice ed afdabile per classicare i pazienti in base al rischio, basso ed alto, da impiegare nel processo decisionale successivo alla valutazione iniziale (22, 27). Gli score e le clinical decision rule derivano da studi prospettici e retrospettivi dove stato pesato il potere predittivo di alcune variabili cliniche, anamnestiche o derivate da test diagnostici semplici (1 livello), sulloutcome. Abbiamo oggi a disposizione una decina di score e rule, che si differenziano principalmente per loutcome considerato - mortalit nel lungo termine (23, 25) o eventi clinici maggiori nel breve termine (24, 26, 27) - e per le variabili prognostiche considerate - cliniche, anamnestiche, elettrocardiograche, ematochimiche. Gli score OESIL (Osservatorio Epidemiologico sulla Sincope nel Lazio) (23) ed EGSYS (Evaluation of Guidelines in SYncope Study) (25) derivano da studi italiani e si applicano ai pazienti con sincope indeterminata dopo la valutazione iniziale in PS; utilizzano variabili che riconducono sostanzialmente alla probabilit di sincope cardiogena per predire la mortalit ad un anno. Il SFSR (San Francisco Syncope Rule) (24) invece si applica a tutti i pazienti nel momento in cui si presentano al DEA per sincope, quindi prima della valutazione iniziale; considera variabili cliniche che identicano, oltre alla cardiopatia, anche altre comorbosit rilevanti nel predire gli outcome sfavorevoli, anche non fatali, ad una settimana. Il ROSE (Risk stratication Of Syncope in the Emergency department) rule (27) ha invece il merito di aver incluso fra le variabili prognostiche anche un marcatore bioumorale, il BNP, con un valore di cut-off di 300 pg/ml, al di sopra del quale sarebbe alta la probabilit di sincope cardiogena. Rimane da denire quanto il BNP elevato consenta di individuare sincopi potenzialmente cardiogene non gi individuabili dagli altri esami di primo livello. Sebbene lutilit pratica di questi ausili possa essere decisamente importante, prima di poterli impiegare nella pratica clinica necessario che vengano validati esternamente, cio in popolazioni differenti da quella dello studio che li ha prodotti, e che in questi nuovi studi riproducano gli stessi valori di sensibilit e specicit. Solamente lOESIL e il SFSR, ad oggi, sono stati validati esternamente, con risultati per contraddittori rispetto agli studi originali (28, 29). Oltre alla scarsa validazione esterna, gli studi che hanno prodotto gli score presentano anche altri limiti di tipo metodologico, fra i quali la mancanza di gruppi di controllo e, spesso, di cecit rispetto allo score nella valutazione delloutcome (30). La generale bassa specicit degli score, cio lelevato numero di pazienti rientranti nelle categorie ad alto rischio che in realt non andranno incontro ad eventi avversi, fa s che il loro impiego allo scopo di stabilire lindicazione al ricovero possa determinare un alto livello di inappropriatezza. Analizzando il rovescio della medaglia, questa bassa specicit per anche il principale punto di forza degli score attualmente disponibili: infatti la contropartita di un ottimo potere predittivo negativo. Un paziente con punteggio basso (al di sotto della soglia fra basso ed alto rischio) ha sicuramente una probabilit di andare incontro ad eventi avversi molto bassa. Sarebbe quindi auspicabile un consenso generale su uno score ideale, il quale dovrebbe avere caratteristiche di facile applicabilit, elevate sensibilit e specicit e convincente validazione esterna (31), che possa aiutare il medico durgenza a decidere quali pazienti ricoverare, quali avviare ad accertamenti intensivi e quali invece poter dimettere. In attesa di avere a disposizione lo score ideale, se mai lo si avr, potremmo utilizzare quelli esistenti, almeno per individuare i pazienti a basso rischio che potrebbero essere dimessi in sicurezza direttamente dal PS. Con questa nalit gli score OESIL ed EGSYS sarebbero i pi adatti: possiedono infatti, ai bassi punteggi, un elevato potere predittivo negativo sulla mortalit ad un anno e sono applicabili ai pazienti con sincope indeterminata dopo la valutazione iniziale. Una recente revisione della letteratura sulla prognosi dopo evento sincopale, commissionata dalla Societ Canadese di Cardiologia, ha fatto notare che un evento avverso non fatale si manifesta nel 7,5% dei pazienti gi durante la permanenza nel DEA, mentre solo nel 4,5% durante il mese successivo. Inoltre gli eventi fatali si vericano in appena lo 0,9% dei pazienti durante il mese successivo alla sincope (32). Questi dati sostanzialmente ci dicono che durante la valutazione iniziale dovremmo essere in grado di riconoscere la maggior parte delle patologie a rischio immediato di eventi avversi e che la mortalit nel breve periodo dopo un episodio sincopale, a prescindere dalla sua diagnosi, comunque molto bassa.
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Special Articles

La straticazione prognostica nel paziente con sincope, per, non pu essere nalizzata esclusivamente alla selezione del paziente da dimettere direttamente dal PS, perch a basso rischio di mortalit, ma deve essere il punto di partenza di percorsi diagnostici differenziati, possibilmente precostituiti, che abbiano come obiettivo comune il raggiungimento della diagnosi. La sincope, quando indeterminata, ha infatti una prognosi intermedia fra lelevata mortalit delle sincopi cardiogene accertate e la sostanziale ininuenza sulla sopravvivenza delle sincopi vaso-vagali accertate (21). Un recente studio epidemiologico danese effettuato su oltre 37.000 pazienti con sincope e assenza di comorbosit correlate, ha rilevato un signicativo incremento di eventi avversi nei 4-5 anni successivi, dalla mortalit allimpianto di elettrostimolatore e/o debrillatore, rispetto alla popolazione con pari caratteristiche ma senza sincope (33). Inoltre, particolari condizioni, anche in presenza di sincope benigna, devono essere considerate ad alto rischio di eventi secondari: la sincope nellanziano ed il rischio di trauma da caduta (34), le categorie professionali a rischio per danni a terzi (autisti, piloti, ponteggiatori, ecc.), le sincopi con recidive frequenti. Queste categorie dovrebbero essere gestite da strutture adeguate con la nalit di raggiungere una diagnosi certa e prevenire le recidive. Non bisogna quindi fare lerrore di considerare il basso rischio equivalente allo zero rischio. Esiste infatti un ampio ventaglio di situazioni cliniche a rischio non immediato e difcilmente quanticabile con precisione, che potremo denire a rischio intermedio, che si avvantaggerebbe certamente di un percorso diagnosticoterapeutico extraospedaliero approfondito e competente, quale quello che pu offrire la Syncope Unit, piuttosto che di un ricovero generico, costoso e molto spesso inconcludente. Peraltro non vi dimostrazione che il ricovero ospedaliero di per s abbia effetti favorevoli sugli outcome a lungo termine.

Diagnosi
La diagnosi il momento conclusivo delliter valutativo del paziente con sincope; con una diagnosi denitiva possiamo essere in grado di instaurare il trattamento pi efcace. Se si applicassero integralmente le linee guida, dovremmo teoricamente arrivare ad una diagnosi quasi nel 100% dei casi, come le esperienze delle Syncope Unit, anche in Italia, effettivamente sembrerebbero confermare. Ma allora perch siamo cos lontani da questo traguardo? Di seguito vengono elencate alcune delle possibili ragioni: La mancanza di un gold standard diagnostico rende obbligatorio un percorso per step che richiede competenze e tecnologie, non sempre disponibili. La scelta dei test diagnostici spesso guidata dalla disponibilit locale e/o da abitudini consolidate (un piccolo ospedale senza servizio di elettrosiologia far certamente meno studi elettrosiologici di quanti effettivamente indicati e, magari, avendo la disponibilit di un registratore-Holter far pi monitoraggi ECG/24 ore del necessario). Il percorso diagnostico spesso orientato ad escludere patologie pericolose per la vita piuttosto che a ricercare la causa della sincope. Questo atteggiamento difensivistico molto diffuso ed in gran parte responsabile dellelevato numero di test diagnostici non indicati e spesso inutili (p.es. TC cranio in assenza di trauma). La possibile coesistenza, nello stesso paziente, di differenti meccanismi alla base degli episodi sincopali (situazione frequente nellanziano). La difcolt nellinterpretazione dei test provocativi (come, ad esempio, dei test neuroautonomici). Per ovviare almeno in parte a questi problemi, come si detto, necessario adottare un percorso clinico standardizzato. Lo snodo cruciale del percorso diagnostico non pu essere ridotto infatti alla sola selezione del paziente da ricoverare o da non ricoverare, ma deve articolarsi su pi snodi decisionali consequenziali, basati sulla scelta e la tempistica dei test per ogni singolo caso. Il raggiungimento di una diagnosi denitiva pu per richiedere tempi anche molto lunghi. La sporadicit del sintomo rende infatti assai difcile documentare clinicamente levento, unica condizione per poter effettuare una diagnosi certa, basata cio sul reale meccanismo siopatologico. La necessit di giungere ad una diagnosi in tempi brevi determina spesso il ricorso a test diagnostici provocativi, che cercano cio di riprodurre il sintomo (sincope) attraverso una stimolazione articiale (tilt-test, massaggio del
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seno carotideo, studio elettrosiologico, ecc.). La positivit di un test provocativo non garantisce sempre sulleziologia della sincope sotto indagine, cos come la sua negativit non pu confutare un sospetto clinico. La mancanza di un gold standard diagnostico di riferimento rende infatti assai difcile misurarne sensibilit e specicit. Questo vale soprattutto per i test neuroautonomici (in particolare per il tilt-test ed il massaggio del seno carotideo), dove una positivit del test, con o senza la riproduzione della sincope, potrebbe essere espressione di una disfunzione a quel livello, non necessariamente responsabile dellevento sincopale (45, 46). Quindi, per ridurre il rischio di errore nellinterpretazione del risultato di un test provocativo, soprattutto se questo pu condizionare scelte terapeutiche impegnative, devono essere preventivamente valutate con attenzione lindicazione e la probabilit pre-test. La documentazione di una signicativa anomalia del ritmo cardiaco attraverso monitoraggio elettrocardiograco durante un evento sincopale spontaneo consente invece di far diagnosi del meccanismo che ha provocato la perdita di coscienza3. I test provocativi potrebbero quindi consentire una diagnosi rapida, ma non sempre certa, mentre i test che mirano a documentare le sincopi spontanee potrebbero richiedere anche molti mesi, o addirittura anni, prima di arrivare ad una diagnosi, che sarebbe per certa. Asistolie protratte e blocchi AV parossistici rappresentano il meccanismo pi frequente (in oltre il 50% dei casi) delle sincopi inspiegate ricorrenti. Una recidiva sincopale per si verica entro un anno solamente nel 30% dei pazienti, entro due anni nel 43% ed entro 3 anni nel 52% (35). Tanto pi lungo il monitoraggio ECGraco, quanto maggiori saranno le probabilit di catturare levento e registrarlo. Esistono diversi sistemi di monitoraggio ECGraco prolungato, che si differenziano principalmente per la durata: telemetria (raccomandata per tutti i pazienti ad alto rischio durante le prime ore del percorso diagnostico), ECGHolter di 24-72 ore, event recorder, loop recorder esterno e loop recorder impiantabile. Questultimo ha unautonomia di monitoraggio che pu superare i tre anni. La scelta del sistema di monitoraggio ECGraco dipende dunque dalla frequenza ipotetica delle recidive sincopali. Il loop-recorder impiantabile lo strumento pi efcace per stabilire il meccanismo delle sincopi ricorrenti di incerta natura, ove non esista una reale urgenza diagnostica. Esistono numerose evidenze sulla sua efcacia diagnostica e sulle rilevanti ricadute terapeutiche in questi casi (35, 42). Lo studio ISSUE-3 ha dimostrato che nelle sincopi indeterminate, nelle quali il loop recorder abbia registrato pause asistoliche/bradicardie signicative associate ad una successiva perdita di coscienza, limpianto di pace-maker ha ridotto le recidive di oltre il 50% (43). Limpossibilit di monitorare a distanza anche la pressione arteriosa e/o le resistenze vascolari periferiche rende probabilmente conto, almeno in parte, della quota di sincopi che rimangono indeterminate nei casi in cui il monitoraggio ECG prolungato non dimostri anomalie del ritmo. I test diagnostici molto spesso ricercano leziologia della sincope, per leziologia non sempre fornisce informazioni denitive circa il meccanismo alla base della perdita di coscienza e quindi utili per un trattamento mirato. Una stessa eziologia pu causare perdita di coscienza con diversi meccanismi, cos come lo stesso meccanismo sincopale pu essere condiviso da diverse eziologie. Ad esempio, la sincope ad eziologia vaso-vagale pu avere un meccanismo cardioinibitorio oppure vasodepressivo; il trattamento evidentemente molto diverso secondo il meccanismo prevalente. Lefcacia del trattamento dunque determinata dal meccanismo della sincope piuttosto che dalla sua eziologia. Se lobiettivo della diagnosi quello di indirizzare verso la scelta del trattamento pi efcace, allora probabilmente dovremo indirizzare il percorso diagnostico alla dimostrazione del meccanismo della sincope piuttosto che alla ricerca della sua eziologia (44). Gli avanzamenti tecnologici, con la diffusione di devices per il monitoraggio ECG prolungato sempre pi piccoli e con maggiore autonomia, potranno dare certamente un impulso notevole a questo tipo di approccio nel prossimo futuro.

3) Per indicazioni, modalit di esecuzione ed interpretazione dei test diagnostici, si rimanda alle linee guida ESC 2009 (1).

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Ematoma spinale epidurale spontaneo: una sda diagnostica


Simona Uggeri Pronto Soccorso di Mirandola, Dipartimento Emergenza Urgenza, Azienda USL di Modena

Abstract
Spontaneous Spinal Epidural Hematoma (SSEH) is a rare but serious condition, most often rst seen in emergency departments. SSEH is an accumulation of blood in the epidural space that can compress the spinal cord, leading sometimes to disabling neurological sequelae. The typical symptom of SSEH is severe back or neck pain, followed by symptoms and signs of spinal cord compression. Detailed history, taking and accurate neurologic examination, are important tools for early diagnosis, and magnetic resonance imaging (MRI) is currently the diagnostic method of choice. Rapid decompressive surgery is very important in achieving positive clinical outcomes. Here we present a case of a 52-year-old caucasian man who developed severe neck pain and progressive weakness and numbness over left arm and leg. MRI demonstrated an epidural mass extending from C3 through T1, causing spinal cord compression. Emergent decompressive laminectomy was performed. Optimal functional outcomes were obtained. Keywords: spinal epidural hematoma, neck pain, cord compression, diagnosis, magnetic resonance imaging, HUB.

Caso clinico
Paziente maschio caucasico, di anni 52, chiama il 118 per dolore cervico-dorsale molto intenso. La centrale operativa invia a domicilio unautomedica spoke, con equipaggio costituito da medico e infermiere. Il paziente riferisce un dolore cervico-dorsale mediano insorto da 3 ore, molto intenso e ingravescente. Paziente con dislipidemia e ipertensione arteriosa, in trattamento con statina e sartano; non assume terapia anticoagulante, n antiaggregante. Familiarit per patologie cardiovascolari: cardiopatia ischemica e aortica, con decessi nella quinta e sesta decade. Non fuma, ha sempre goduto di buone condizioni di salute, a parte occasionali episodi di cervicalgia e artralgie. Allesame clinico il paziente sofferente, ma vigile e collaborante. Orientato nel tempo e nello spazio. Presenta una posizione obbligata degli arti superiori, che si presentano estesi: il tentativo di riportare gli arti superiori a anco del tronco provoca un peggioramento della sintomatologia dolorosa cervico-dorsale. Riferisce parestesie e iniziale perdita di forza agli arti superiore e inferiore di sinistra. Non sono presenti altri sintomi neurologici. I polsi arteriosi centrali e periferici sono normosgmici. Pressione arteriosa 140/90 mm/Hg, frequenza cardiaca 60 bpm, saturazione dossigeno al pulsiossimetro 100%. Obbiettivit cardiovascolare nella norma. Nel sospetto di una patologia importante, viene trasportato in ambulanza, con accompagnamento di medico e infermiere al Pronto Soccorso Hub. In Pronto Soccorso, per dolore cervico-dorsale molto intenso e parestesie agli arti inferiori di sinistra, viene attribuito al caso un codice giallo. Alla visita del medico di guardia si riscontra dolore cervico-dorsale mediano, decit di forza agli arti superiore e inferiore di sinistra. Conferma lanamnesi familiare e farmacologica riferita in precedenza sul territorio. Riferisce inoltre che il giorno precedente ha sollevato un peso. I parametri vitali sono nei limiti: saturazione dossigeno al pulsiossimetro 98%, pressione arteriosa 145/90 mmHg, identica ai due arti superiori. Apiretico. Lobbiettivit cardiaca e toracica negativa. Polsi periferici normosgmici. orientato nel tempo e nello spazio. Non presenta segni di meningismo. Gli esami di laboratorio, comprensivi di emocromo, coagulazione, glicemia, funzione epatica e funzione renale sono nella norma. La sintomatologia non recede dopo terapia con ketoprofene. Alla rivalutazione clinica il paziente riferisce impaccio alla deambulazione, per ipostenia allarto inferiore sinistro. Il paziente viene quindi sottoposto a visita specialistica neurologica. Lo specialista rileva: non decit dei nervi cranici, in Barr pronazione a sinistra, decit di forza 4/5 allarto superiore sinistro, marcia falciante allarto inferiore sinistro, nulla da segnalare a destra. Si sospetta dunque una mielopatia cervicale, il neurologo pone indicazione a risonanza magnetica cervicale urgente, che rivela ematoma epidurale acuto posteriore e posterolaterale a sinistra, con estensione da C3 a D1, che impronta il midollo soprattutto nel tratto C4-C6 (g. 1). Il paziente viene quindi prontamente ricoverato in ambito neurochirurgico e sottoposto a intervento di
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decompressione e rimozione dellematoma. Il trattamento chirurgico stato intrapreso entro 12 ore dallinizio della sintomatologia. Il giorno successivo viene eseguito lesame di risonanza magnetica post-operatorio, che rileva una corretta decompressione. Dopo lintervento, il paziente ha avuto un ottimo recupero funzionale. Nel follow-up a 3 mesi, il paziente ha recuperato completamente la funzione motoria: si rileva anche che ha ripreso lattivit lavorativa e svolge attivit sportiva.

Levidenza
Lematoma spinale epidurale spontaneo una raccolta di sangue nello spazio epidurale vertebrale, in grado di causare una compressione del midollo spinale, non dovuta a traumi o a manovre iatrogene. In letteratura viene riportata una incidenza di 0.1 caso per 100.000 abitanti (1). Le sedi pi frequenti, secondo una distribuzione bimodale, sono C6 e T12 (2). Anche let di incidenza ha una distribuzione bimodale, con un picco a 15-20 anni e un picco a 65-70 anni (1). Viene riportata una maggior incidenza nella popolazione asiatica (1). Il rapporto maschio/femmina 1,5:1 (5). Leziologia dellematoma spinale epidurale spontaneo riconducibile a malformazioni vascolari (1), coagulopatie (2), assunzione di farmaci anticoagulanti (2) o antiaggreganti (2, 3). Sono stati riportati alcuni casi aneddotici avvenuti dopo manovre di manipolazione chiropratica (1). In letteratura sono attestati numerosi casi (1,2,3,4,5,6,9) in cui la sintomatologia insorge dopo aver effettuato esercizio sico. Dal punto di vista siopatologico, sono descritti tre meccanismi che portano a sviluppare un ematoma spinale epidurale: rottura di vene epidurali, rottura di arterie epidurali ed emorragie da anomalie vascolari (3). Alcuni studi sostengono che lematoma sia causato da rottura di vene epidurali e postulano un locus di minor resistenza che cede per la trasmissione di pressione intratoracica o intraddominale. Questo pu succedere in seguito a minimi sforzi durante la tosse o la defecazione o durante il sollevamento di un grave. Lipotesi del sanguinamento venoso supportata dal fatto che il plesso venoso epidurale diviso in una porzione posteriore pi larga e in una porzione anteriore pi stretta coperta dal legamento vertebrale longitudinale posteriore: questo corrisponde allosservazione che la maggior parte degli ematomi sono localizzati nella parte posteriore dello spazio epidurale. Da studi autoptici risulta che il plesso venoso posteriore vertebrale presenta la forma di ponti trasversali prominenti da C5 a T2: questo costituirebbe un locus di minor resistenza, in cui possibile il vericarsi di un sanguinamento (1, 2). Secondo altri autori la sintomatologia radicolare suggerisce un sanguinamento a livello delle arterie radicolari, che corrono lungo le radici dei nervi ed entrano nel canale spinale, formando arterie longitudinali a ponte che possono facilmente essere lese in corso di stimoli meccanici. Questa ipotesi viene supportata da evidenze operatorie, nelle quali si osservato come lematoma sia spesso in corrispondenza della radice dei nervi radicolari (1). In alcuni casi lematoma epidurale si forma per rottura di piccole anomalie vascolari epidurali, che rappresentano un locus di minor resistenza. Probabilmente le anomalie vascolari talora non vengono riconosciute, poich coperte dallematoma o distrutte (1). Attualmente non vi una spiegazione univoca sulla siopatologia dellematoma spinale epidurale spontaneo. La presentazione clinica caratterizzata da esordio con dolore al collo e/o al dorso improvviso e severo, che non recede con la terapia analgesica. Successivamente il dolore si accompagna a segni e sintomi di compressione midollare o di compressione radicolare (1). Il decit motorio e/o sensitivo, ingravescente nel giro di poche ore. La progressiva compressione midollare, se non trattata, pu portare a decit neurologici permanenti. La sintomatologia neurologica comprende paraparesi, disfunzione snteriale e tetraplegia. In alcuni casi la sintomatologia dolorosa pu essere assente (1). In alcuni casi lesito fatale, per lestensione ai livelli cervicali sopra a C5, per
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il coinvolgimento dei centri del respiro e la conseguente depressione respiratoria (1, 2). La diagnosi differenziale si pone con le seguenti patologie: emorragia spinale subaracnoidea, rottura acuta di disco intervertebrale, neoplasia epidurale, mielite trasversa, aneurisma disseccante dellaorta, spondilite, sindrome di Guillain-Barr, mielomalacia, frattura vertebrale patologica (3). Viene riportato, purtroppo, che la sintomatologia tipica compare solo nell88% dei casi (3). Nei rimanenti si hanno manifestazioni cliniche anomale (1): sono attestati casi di dolore toracico, dolore addominale, cefalea e anche casi di esordio senza dolore. In questi casi la diagnosi viene posta alla comparsa dei sintomi di compressione radicolare, talora dopo ore o giorni dallinsorgenza della sintomatologia. Il sospetto diagnostico posto dal clinico, spesso in Pronto Soccorso. La Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) spinale cervicale dorsale la metodica diagnostica scelta: essa evidenzia lestensione e la posizione dellematoma, la compressione del midollo, la presenza di edema e la presenza di malformazioni vascolari (1). Il trattamento chirurgico ed nalizzato alla rimozione dellematoma. La tecnica operatoria pi usata la laminectomia. Unaltra tecnica chirurgica descritta lemilaminectomia, decompressione interlaminare. La scelta del tipo di intervento una prerogativa dello specialista neurochirurgo, che valuta come ridurre al minimo il danno midollare. Non vi sono evidenze che supportano lutilizzo di corticosteroidi, come terapia addizionale (25). I fattori prognostici pi importanti sono rappresentati dal tempo che intercorre tra linsorgenza della sintomatologia e lintervento chirurgico e dalla severit dei decit neurologici presenti prima dellintervento (1,2,3,24,26). Kreppel (3) ha condotto uninteressante meta-analisi, in cui ha esaminato una casistica di 605 ematomi spinali, di cui 455 epidurali. Ha rilevato la completa ripresa funzionale nel 39.6% dei casi, decit neurologici permanenti nel 34.4%, nessun miglioramento funzionale nel 14.4%, decesso a causa dellematoma nel 5.5%, decesso per altre cause nel 6.1% dei casi. molto interessante in questo studio losservazione delloutcome in relazione alla tempestivit del trattamento chirurgico: i pazienti che hanno ricevuto il trattamento chirurgico entro 12 ore dallinizio dei sintomi, hanno avuto una completa ripresa funzionale nel 65.9% dei casi, hanno avuto un decit neurologico lieve nel 12.8% dei casi, invece nel 12.8% dei casi lesito stato sfavorevole (decit neurologico grave permanente o nessun miglioramento sintomatologico o decesso); i pazienti che sono stati trattati entro 13-24 ore dallinizio dei sintomi hanno presentato nel 36% dei casi completo recupero funzionale o lieve danno neurologico e nel 64% grave danno neurologico o morte. Anche lo stato neurologico pre-operatorio un fattore predittivo di outcome: i pazienti con paralisi dei quattro arti o completo decit sensitivo hanno esitato nella maggior parte dei casi in severi decit neurologici permanenti, o nel decesso; i pazienti con incompleta paralisi hanno avuto in percentuale un miglior esito.

La pratica
Lematoma spinale epidurale spontaneo una raccolta di sangue nello spazio epidurale vertebrale in grado di causare una compressione del midollo spinale, non dovuta a traumi o a manovre iatrogene. una patologia rara, talora associata a malformazioni vascolari, a farmaci antiaggreganti, a coagulopatie o ad assunzione di farmaci anticoagulanti, a manipolazione chiropratica oppure a sforzo sico. Allesordio si presenta con forte dolore al collo e/o al dorso e segni di ingravescente compressione midollare o radicolare. La progressiva compressione midollare pu portare a decit neurologici permanenti. La sintomatologia neurologica comprende paraparesi, disfunzione snteriale e tetraplegia. In alcuni casi lesito pu anche essere fatale, per estensione ai livelli cervicali alti, con interessamento dei centri del respiro. La diagnosi in prima istanza clinica e richiede una conferma diagnostica con RMN spinale cervico-dorsale. Fattori prognostici: tempo che intercorre tra linsorgenza della sintomatologia e lintervento chirurgico; inoltre severit dei decit neurologici presenti prima dellintervento. Trattamento di scelta: decompressione chirurgica dellematoma. Per un buon esito dunque necessario un corretto e rapido inquadramento clinico, una precoce diagnosi strumentale ed un rapido intervento neurochirurgico. I medici dellemergenza devono conoscere questa patologia, anche se rara, in quanto tempo-dipendente, invalidante e in alcuni casi mortale. Anche nellambito dellemergenza-urgenza sul territorio, lanamnesi approfondita e lesame obbiettivo sono sempre un importante strumento per impostare un percorso diagnostico. Qualora vi sia fondato sospetto di questa patologia, si deve eseguire una centralizzazione primaria verso un centro HUB dotato di RMN, un reparto di terapia intensiva o un reparto di neurochirurgia. In Pronto Soccorso lunico esame che ha consentito la diagnosi stata la RMN, un esame generalmente non indicato durgenza. Una precoce valutazione neurochirurgica e un corretto timing dellatto chirurgico sono indispensabili per il miglior esito della patologia. Si tratta quindi di una sda diagnostica per il medico demergenza e di una sda organizzativa per la struttura nosocomiale, in quanto una corretta gestione comprende lintervento di vari attori di discipline diverse.
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Vantaggio economico, sociale e funzionale dellOBI negli accessi per trauma cranico in Pronto Soccorso
F. Polo*, G. Peralta*, D. Matta*, A. Arru**
*Azienda Ospedaliera Brotzu, Cagliari, Struttura Complessa di Pronto Soccorso / OBI **Direttore Azienda Ospedaliera Brotzu, Cagliari, Struttura Complessa di Pronto Soccorso / OBI

Abstract
We evaluated the economic, social and functional impact derived from the introduction of protocols for managing diagnosis of mild head trauma in the short stay unit (OBI) of the rst level ED (DEA di 2 liv) of our hospital, which annually receives about 1650 patients with head injury (excluding multiple traumas). In addition to an economic saving of approximately 200,000 in two years, we have analyzed savings in the neurosurgery structure in terms of staff and resources and advantages of streamlining waiting lists for elective operations. Keywords: head trauma, short stay unit, neurosurgery, OBI. Lattivit delle Short Stay Units (Osservazione Breve Intensiva OBI) ha inizio negli anni Settanta negli ED degli USA, diffondendosi poi negli altri paesi occidentali. Le OBI si preggono di rendere i percorsi diagnostico-terapeutico in urgenza pi appropriati e sicuri per il paziente e meno dispendiosi per le strutture sanitarie, permettendo di conseguire corrette indicazioni al ricovero o alla dimissione, tramite monitoraggio clinico ed accertamenti diagnostici intensivi per frequenza di rilevazione, oppure la rapida e denitiva risoluzione di numerose sindromi acute, tramite terapie a breve termine, somministrate in ambiente protetto. Ne consegue la riduzione del numero dei ricoveri e soprattutto una maggiore appropriatezza. La gestione del paziente con trauma cranico lieve (1, 2), in presenza di segni o sintomi predittivi di lesione endocranica (3) - perdita di coscienza, episodi ripetuti di vomito, amnesia retrograda, cefalea diffusa, presenza di coagulopatie o trattamento con anticoagulanti e/o antiaggreganti, segni di intossicazione, et avanzata, convulsioni post-traumatiche, dinamica a rischio - impone un periodo di osservazione clinica e lesecuzione, o in determinati casi la ripetizione di una tomograa computerizzata del cranio volta ad evidenziare tempestivamente possibili lesioni intracraniche, che possono determinare un deterioramento neurologico. Prima del 2007, anno di attivazione della Osservazione Breve Intensiva nellAzienda Ospedaliera Brotzu, ci comportava un consistente onere lavorativo ed un proporzionale consumo di risorse a carico della Neurochirurgia: questo reparto era costretto ad effettuare ricoveri osservazionali destinandovi tempo e risorse assistenziali, sottratte alle attivit di istituto pi qualicate, con conseguente allungamento dei tempi dattesa per gli interventi pi complessi. Con listituzione dellOBI, invece, sono stati attivati numerosi percorsi gestionali alternativi al ricovero tradizionale, tra i quali quello attinente alla gestione del trauma cranico lieve. Lo scopo di questo lavoro quanticare il risparmio, in termini economici, funzionali e sociali, conseguente allutilizzo dellOBI in alternativa alla Neurochirurgia nella gestione del trauma cranico. Abbiamo preso in considerazione il biennio 2009-2010, successivo agli anni 2007-2008, scartati perch di introduzione e consolidamento delle nuove modalit assistenziali. In tale periodo abbiamo riscontrato che su 3.283 pazienti afferiti al Pronto soccorso con diagnosi principale di trauma cranico (esclusi i pazienti con traumi polidistrettuali), 2.213 (67.41%) sono stati direttamente dimessi, 291 (8.86%) sono stati ricoverati presso la Neurochirurgia e 779 (23.73%) sono stati trattenuti in OBI.

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Figura 1.

Di questi ultimi, 728 (93,45%) sono stati dimessi dopo un periodo variabile di osservazione e dopo essere stati eventualmente sottoposti a TAC; 51 (6,55%) sono stati successivamente ricoverati in Neurochirurgia; i dati da noi osservati sembrerebbero indicare un trend di miglioramento, con percentuali di ricovero presso la Neurochirurgia del 10,3% dopo la valutazione in PS e del 5,9% dopo la permanenza in OBI.

Figura 2. Per quanto riguarda laspetto economico i costi annuali (riferiti al 2010) a carico della S.C. Neurochirurgia sono stati pari a 7.031.710,96 , corrispondenti a circa 242.473 per posto letto. Per contro i costi annuali a carico della OBI sono stati 1.483.070,23 , corrispondenti a 148.307 per posto letto; il costo del posto letto in OBI stato pertanto del 39% circa inferiore rispetto a quello in NCH.

Tabella 1. Confronto fra i costi della degenza in NCH e in OBI S.C. NCH Totale annuo dei costi del centro Costo medio a posto letto Risparmio percentuale 7.031.711 242.473 S.S. OBI 1.483.070 148.307 39%
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In altri termini, il costo giornaliero di un posto letto in OBI stato di 406 a fronte di 664 di un p.l. della NCH; moltiplicando il primo valore per i 728 pazienti dimessi dallOBI, si ottiene un costo di 295.568 , rispetto ad un costo di 482.392 , ipotizzabile se si fosse fatto ricorso, come in passato, al ricovero in NCH. possibile quindi calcolare un risparmio di 187.824 su base biennale, nella gestione del trauma cranico lieve in OBI.

Figura 3. Costo giornaliero del posto

Tabella 2. Risparmio economico Costo giornaliero posto letto 664 406 Pazienti in osservazione 2009/2010 x 728 x 728

NCH OBI

483.392 295.568 = 187.824 .

Oltre al vantaggio prettamente economico, dobbiamo considerare altri aspetti ugualmente importanti, quali: La diminuzione di ricoveri non chirurgici, a basso DRG, in Neurochirurgia, responsabili di minori ricavi del centro di costo; Lulteriore riduzione dei ricavi dovuta al fatto che il rimborso dei DRG richiede almeno due notti di ricovero, mentre la maggioranza delle osservazioni per trauma cranico viene conclusa entro 24 ore; Il personale ad elevata specializzazione che opera in neurochirurgia viene riservato ad unattivit iperqualicata; La maggiore disponibilit dei posti letto permette lo snellimento delle liste di attesa a vantaggio dei ricoveri e degli interventi neurochirurgici elettivi pi complessi. Riteniamo pertanto che listituzione delle Strutture di OBI permetta la riduzione dei costi economici e sociali, in termini di durata delle ospedalizzazioni, un appropriato utilizzo delle risorse umane, strumentali e strutturali e di riduzione delle liste di attesa per gli interventi in neurochirurgici di elevata specialit. ragionevole concludere che la disponibilit dellOBI allinterno del Pronto Soccorso consenta di adottare numerose soluzioni assistenziali alternative al ricovero, altrettanto vantaggiose in tutte le patologie che benecino della peinture of time.

Bibliograa
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Sepsis in Emergency Department: review


Manuel Monti*, Luciano Fioriti**, Igino Fusco Moffa***, Manolo Filippucci*, Francesco Borgognoni* * Emergency Department AUSL Umbria 1, Assisi (PG) ** Laboratory analysis Department AUSL Umbria 1, Assisi ( PG) Director U.O. PS/118 AUSL Umbria 1, Assisi ( PG) *** Emergency Department ASL Acqui Terme (AL) ** Department for Prevention AUSL Umbria 1, (PG)

Protocollo per la gestione del paziente con sepsi nei PS/DEA


Studia la sepsi ed imparerai la Medicina dUrgenza

Introduzione
Nei DEA e nei Reparti di Medicina i Medici e gli Infermieri debbono confrontarsi quotidianamente con un numero sempre pi elevato di pazienti affetti da malattie infettive; ci presuppone che il personale debba possedere una conoscenza trasversale su tale argomento, partendo da una migliore comprensione dei principi di siopatologia e microbiologia, per avere padronanza nel richiedere i provvedimenti diagnostico-terapeutici specici pi appropriati, che si concludono con lutilizzo degli antibiotici pi adatti nelle varie situazioni. Lobiettivo globale della World Sepsis Alliance per il 2020 diminuire lincidenza della sepsi di almeno il 20% tramite un miglioramento delle misure igieniche e mediante programmi di vaccinazione e riduzione del tempo necessario per ricevere interventi di base antimicrobici e i uidi endovenosi in conformit alle Linee Guida di consenso internazionale. Per tale motivo questo articolo ha lo scopo di denire un Protocollo per la gestione del paziente con sepsi nei Pronto Soccorsi dellAzienda USL Umbria 1, tenendo conto della particolare organizzazione dellAzienda, dei vari Servizi presenti sul territori e delle specicit dei singoli Presidi Ospedalieri. In particolar modo stato svolto per la prima volta uno studio sullepidemiologia microbiologica locale insieme al Dipartimenti Prevenzione dellAzienda, che ha permesso di utilizzare schemi di terapia antibiotica specica per il nostro territorio. Gli strumenti del Medico che lavora nelle piccole realt ospedaliere, afnch possa riconoscere una patologia cos importante con una correlazione stretta tra linizio precoce del trattamento ed una prognosi assai pi favorevole, devono essere prevalentemente clinici e molto mirati e avvalersi delle tecniche diagnostiche di prima linea. Nel contempo estremamente importante identicare con sufciente precisione il focus che ha originato la sepsi ed il patogeno verso cui rivolgere la terapia antibiotica.

Fisiopatologia della sepsi


La sepsi una sindrome clinica caratterizzata da una serie di alterazioni secondarie ad un processo infettivo e provocata da una abnorme risposta inammatoria dellorganismo. Levoluzione pu essere progressiva verso la sepsi severa con comparsa di segni di disfunzione dorgano, ipotensione e alterazioni dellemostasi, no al quadro dello shock settico con ipoperfusione resistente al trattamento (1). La progressione della sepsi dipende da un riconoscimento e da una terapia tardiva, dallaggressivit del microrganismo in causa e dalle difese immunitarie del soggetto colpito (2). Jones ha denito in maniera brillante la sepsi come un complesso puzzle dove, in risposta ad una infezione, si scatena una serie di reazioni, come linammazione, la disfunzione endoteliale, le alterazioni del sistema coagulazione-brinolisi e altri fattori (3). noto che il processo settico si innesca con il riconoscimento del microrganismo o di parti di esso (Pathogen Associated Molecular Patterns) da parte dei Pattern Recognition Receptors delle cellule dellimmunit innata. Questa interazione attiva gli Intracellular Signalling Pathway (sistemi di comunicazione intracellulari) che stimolano i fattori di trascrizione per le interleukine e tutti i mediatori della ogosi (g. 1) (4).
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Figura 1. Adapted from Cinel I, Opal SM. Molecular biology of inammation and sepsis: a primer. Crit Care Med 2009;37(1):291304. Il bersaglio di tali mediatori della ogosi sembra essere un organo ubiquitario come lendotelio, che non ha soltanto funzioni strutturali, ma possiede un ruolo fondamentale nella OMEOSTASI e soprattutto nellEMOSTASI (5). Il contatto tra TNF e il suo recettore endoteliale facilita il rilascio di citochine proinammatorie (IL1, IL6, IL8), cos che la cellula endoteliale assume un ruolo centrale nellamplicare la risposta inammatoria. Lespressione di molecole di adesione sullendotelio facilita linterazione di questo con i leucociti, il rilascio di ulteriori mediatori con effetti anche vasomotori che determinano un aumento della permeabilit vasale e la formazione di edema interstiziale, con attivazione della via comune della cascata coagulativa che, unitamente ad un decit funzionale del sistema brinolitico, genera uno stato procoagulante che facilita la trombosi microvascolare (6). inoltre assai importante il ruolo dellOssido Nitrico (NO) nellevoluzione verso lo shock settico a causa dei suoi effetti citotossici e vasomotori, che comportano uneccessiva vasodilatazione con ipotensione refrattaria e ipossia tissutale. LOssido Nitrico prodotto dalle cellule endoteliali a seguito di uno stimolo meccanico esercitato dal usso sanguigno (shear stress) e dalla liberazione di numerosi mediatori chimici (ACh, BK, VIP (7). Recenti studi evidenziano come la carenza del recettore per le chemochine (CXCR2), che ha come principale conseguenza lincapacit del neutrolo di arrivare nel sito di infezione, sia legata alla produzione di NO (8, 9). Inoltre questultimo riduce la diapedesi neutrolia e lespressione di molecole di adesione endoteliali utili per mantenere lequilibrio della risposta inammatoria (g. 2) (10, 11).

Figura 2. Fisiopatologia della sepsi. Bertazzoni G, Boccardo C, Prevention and Research Supplement II Vol 2 N4 2012;34-37.
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Da un punto di vista clinico, queste alterazioni giocano un ruolo primario nella ridotta capacita dei settici di eradicare lorganismo infettante e spiegano la loro suscettibilit ad infezioni nosocomiali secondarie. Inoltre stato dimostrato come i pazienti settici mostrino una ridotta reazione di ipersensibilit di tipo ritardato e presentino spesso la riattivazione di virus quiescenti (herpes zoster e citomegalovirus) (12, 13). In conclusione, accanto ai meccanismi pro-inammatori e pro-coagulanti classicamente descritti, stanno emergendo negli ultimi anni meccanismi compensatori per bilanciare la risposta inammatoria che vengono deniti CARS (Compensatory Anti-inammatory Response Syndrome) e che possono diventare la causa stessa di unalterazione dellequilibrio tra il processo pro-inammatorio e la risposta anti-inammatoria, creando numerosi danni (g. 3) (14, 15, 16, 17, 18).

Figura 3.

Obiettivi del progetto


Lobiettivo del progetto, che richiama le indicazioni della Dichiarazione di Barcellona del 2009, la quale indica tra le priorit la denizione di Protocolli e Percorsi delle singole realt Ospedaliere, la stesura di un Protocollo per la gestione del paziente con sepsi nei Pronto Soccorsi dellAzienda USL Umbria 1. La speranza quella di aumentare lattenzione da parte del Personale Sanitario verso lelevata incidenza della sepsi e lalto tasso di mortalit ad essa legato, di permettere una pronta e accurata diagnosi con denizioni chiare ed universalmente accettate e di iniziare il trattamento pi adeguato possibile mediante lutilizzo di trattamenti terapeutici specici. Tali obiettivi verranno raggiunti attraverso la denizione di Linee Guide applicabili alla nostra realt ospedaliera e attraverso corsi di formazione per il personale sanitario interessato. Il monitoraggio del Protocollo avr alcuni indicatori di processo, che evidenzieranno annualmente il grado di aderenza ai protocolli diagnostici-terapeutici e alcuni indicatori di esito che correleranno il rapporto tra pazienti guariti e pazienti con sepsi.

Epidemiologia
Nonostante lepidemiologia della sepsi non sia ben conosciuta a causa dellassenza di studi di coorte prospettica della popolazione generale, emerso dalla letteratura un sostanziale aumento dellincidenza della sepsi durante gli ultimi decenni, seppur associato ad un calo complessivo della mortalit ospedaliera (19). Sebbene sia difcile quanticare accuratamente lincidenza di sepsi in Pronto Soccorso, i dati esistenti indicano circa 458.000 casi che annualmente giungono in Pronto Soccorso negli USA.

Martin (20) ha identicato negli USA pi di 10.000.000 di casi di sepsi su una popolazione di 750.000.000
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pazienti ospedalizzati in un periodo di 22 anni, con un incremento della frequenza da 82,7 casi/100.000 a 240 casi/100.000 (incremento annuale dell8,7%) (Fig.4).

Figura 4. Dombrovskiy VY et Al, Clin Care Med 2007; 35:1244-1250 Numerosi studi successivi hanno confermato questo aumento (Tab.1). Tabella 1. Prevalence of severe sepsis several studies around the world. Dellinger P et Al 2009. Sepsis handbook.

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Uno studio osservazionale multicentrico prospettivo europeo (Vincent Soap Study 2006), condotto per valutare lepidemiologia della sepsi nelle ICUs, ha mostrato marcate differenze di frequenza della sepsi tra i diversi paesi europei, con una mortalit pi elevata nei paesi che presentavano una frequenza maggiore (g.5) (21).

Figura 5. Vincent Soap Study 2006. In pazienti con sepsi, il polmone il sito pi comune di infezione (68%), seguito dalladdome (22%). In questo studio sono risultate positive il 60% delle emocolture eseguite a pazienti con sepsi. Gli organismi pi comuni erano lo Staphylococcus aureus (30%, di cui 14% meticillino-resistente), i Pseudomonas (14%) e lEscherichia coli (13%) (22). Tradizionalmente, no alla ne degli anni Ottanta, i Bacilli GRAM- (Escherichia coli, Pseudomonas aeuriginosa, Klebsiella pneumonia) avevano una prevalenza maggiore rispetto ai GRAM+; negli ultimi decenni, invece, Guidet e numerosi altri studiosi hanno evidenziato che i pi comuni germi isolati con le emocolture risultano essere i

GRAM+ cocci (23, 24). In un recente studio francese stato evidenziato che i principali batteri presenti nelle emocolture sono lo Streptococcus pneumoniae (17,4%), lo Staphylococcus aureus meticillino-sensibile (11,6%) e meticillinoresistente (4,2%). I Bacilli GRAM- sono stati trovati nel 43,2%: Escherichia coli (15,8%), Klebsiella (5,3%) e Pseudomonas aeruginosa ticarcillina-sensibile (4,7%) e ticarcillina-resistente (3,7%); i Batteri anaerobi rappresentavano il 3,7% e la Candida era presente nel 2,6% dei casi (25). Sebbene sia difcile quanticare accuratamente lincidenza della sepsi, in Italia presso i Pronto Soccorsi esistono dati che consentono di registrare laccesso di 26.000 pazienti allanno nei reparti di terapia intensiva per pazienti affetti da sepsi severa (il 17,2%) e di 6.550 pazienti allanno ricoverati per shock settico. importante notare, inoltre, che circa il 60% dei casi di sepsi evolve in sepsi severa, ossia associata ad insufcienza multi organica. La mortalit complessiva in Italia varia tra il 40% per la sepsi severa ed il 70% per lo shock settico (26). Vi per un recente studio toscano che ha coinvolto 26 centri, in cui lapplicazione corretta dellEGDT (Early Goal Directed Therapy) ha permesso di avere unaltissima appropriatezza di ricovero dei pazienti affetti da sepsi severa/shock settico, raggiungendo in questultimo caso il 75% di ricovero entro sei ore in terapia intensiva, seppure sia ancora relativamente basso lo stretto rispetto nellattivazione dellEGDT (entro 6 ore) per i pazienti provenienti dal pronto soccorso. stato evidenziato come, nel rispetto della letteratura scientica internazionale, la mortalit nei pazienti in sepsi severa che ricevono terapie tardive oltre la sesta ora sia pi elevata (g.6) (27).
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Figura 6. Dati Servizio Sanitario Regione Toscana anno 2009.

Valutazione iniziale
Molti autori paragonano la Sepsi ad una condizione che necessita un trattamento dUrgenza-Emergenza alla pari dellIMA, dellICTUS Cerebri e dei Politraumi (28, 29, 30), ma sottolineano la difcolt nel rilevare i segni della sepsi, che sono spesso molto sottili. Dal 1991 presente una classicazione clinico-siopatologica della sepsi (g. 7):

Figura 7. Sepsi: stadi e denizioni. Bone e coll. Chest. 1992;101:1644 modicata.


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Lidenticazione del paziente durante la golden hour fondamentale, poich linizio precoce del trattamento si correla direttamente e strettamente ad una prognosi pi favorevole, mentre un ritardo nella terapia nelle prime ore pu signicare la progressione verso uninsufcienza dorgano (31). La Surviving Sepsis Campaign (SSC) dichiara limportanza di iniziare il trattamento entro sei ore dal ricovero per i pazienti con sepsi ed entro la prima ora in caso di shock settico (32): ci perch sei ore rappresentano la denizione operativa della golden hour nella sepsi. La terapia precoce detta goal-directed (EGDT), frase coniata per descrivere la costellazione di interventi nalizzati per il riconoscimento rapido del paziente con sepsi e per la care di prima linea degli operatori sanitari, condizioni fondamentali per migliorare loutcome del paziente con sepsi (33).

Criteri di identicazione
Triage
Gi dalla fase di Triage, il personale addetto deve sottoporre il paziente ad una valutazione anamnestico-obbiettiva che miri ad identicare eventuali elementi propri della condizione di un paziente infettivo ed il suo stato emodinamico. Ci avviene attraverso il consueto schema ABCD, prestando particolare attenzione alla misurazione della FC>90bpm, FR>20/min, TC ed altri dati utili (es. patologie immunodepressive e/o terapie immunosoppressive e/o valori di laboratorio indicanti GB<4000 o GB>12000). Alla conclusione della valutazione verr attribuito un codice colore di priorit (tab. 2): Tabella 2. Sospetto sepsi codici colore Triage Pronto Soccorso. Protocollo per lassegnazione dei codici colore al Triage di Pronto Soccorso. Azienda USL Umbria 1.

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Valutazione Medica
I criteri di identicazione iniziale per un paziente che si presenta in Pronto Soccorso o che si trova ricoverato in ambiente ospedaliero con possibile sepsi prevedono: A. Il riconoscimento di una sindrome inammatoria sistemica (SIRS) (34) (tab. 3): Tabella 3. SIRS: almeno 2 tra i seguenti criteri q TC >38,3 o <36 q Tachicardia (>90 bpm) q Tachipnea (>20/min) o PaCO2 <32 mmHg q GB >12x109/L, GB <4x109/L o >10% di forme immature

B. Il riconoscimento e, se possibile, lidenticazione di un episodio infettivo accertato o probabile (SEPSI) (g. 8).

Figura 8. Principali cause di morte nel mondo a causa di malattie infettive. Fauci AS, Morens DM. N Engl J Med 2012;366.454-461

C. La valutazione dei possibili danni dorgano (SEPSI SEVERA) o ipoperfusione severa (SHOCK SETTICO) (se stata identicata una condizione di sepsi probabile o accertata), attraverso il rilevamento dei parametri vitali o altri criteri di disfunzione dorgano:

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Tabella 4. Ferrer et al, JAMA 2008, 299:2294-2303 modicata. q Pressione sistolica <90mmHg o PMA <65mmHg o riduzione della Pressione sistolica >40mmHg dal valore usuale q Creatininemia >2mg/dl o oliguria <0,5mL/Kg/h per 2h; q Bilirubina >2mg/dl; q Conta piastrinica <100000/ml; q Lattato >2mmol/l; q Coagulopatia (INR>1,5 o aPTT >60sec); q Inltrati polmonari bilaterali con PaO2/FiO2 <300 o con nuova (o aumentata) necessit di O2 per mantenere SO2 >90%; q Aree di cute marezzata; q Tempo di riempimento capillare 3; q Brusca modicazione dello stato mentale o anomalie EEG; q Disfunzione cardiaca (ecocardiogramma). Di conseguenza, durante la visita medica iniziale, necessario eseguire: 1. Raccolta anamnestica dettagliata ed esame obiettivo completo; 2. Misurazione dei parametri vitali (PA, FC, FR, SpO2, TC); 3. Prelievi ematochimici: emocromo, funzionalit renale, pancreatica ed epatica, coagulazione, indice di ogosi, EGA con GAP anionico e dosaggio dei lattati, eventuali emocolture; 4. ECG; 5. Richiesta di indagini diagnostiche (RX torace, Eco-addome, eventuali rachicentesi e TC-Encefalo); 6. Eventuale inizio trattamento. Tra gli accertamenti microbiologici il ruolo fondamentale ricoperto dallesecuzione delle emocolture per la ricerca di germi aerobi/anaerobi, da eseguire il pi precocemente possibile da due accessi venosi periferici a distanza di 30 minuti, indipendentemente dalla TC e annotando lorario di esecuzione. In pazienti con CVC si render necessaria lesecuzione di emocoltura sincronizzata tra laccesso CVC e la vena periferica, segnalando lorario e i siti di prelievo. In caso di presenza di Catetere Vescicale o alterazione della diuresi, eseguire gli esami delle urine, lurinocoltura ed effettuare un tampone cutaneo per aerobi/anaerobi in caso di ulcere e/o ferite e/o siti cutanei verosimilmente infetti (35).

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Tabella 5. Flow-Chart per ottenere un prelievo venoso per emocoltura. Mermel LA, Maki DG,: Detection of bacteremia in adults. Consequences of culturing an inadeguate volume of blood. Ann Intern Med 1993; 119:270-272 modicato. Nunzio Passera Cap.18 (Prelevare campioni di laboratorio). Manuale di tecniche e procedura infermieristi Chendi Taylor, un approccio al processo di Nursing, di Pamela Lynn. Edizione italiana a cura di Ausilia M.L. Pulimeno. presentazione di Gennaro Rocco; IIed 2010 PICCIN modicato.

La somministrazione di antibiotici diminuisce, ma non annulla, la possibilit di emocoltura positiva, quindi il prelievo dovrebbe essere effettuato prima della terapia antibiotica, tenendo presente che le linee guida internazionali affermano che la terapia antibiotica non deve essere signicativamente ritardata nel caso gli esami colturali non possano essere effettuati tempestivamente (36). Inoltre, le indagini diagnostiche dovrebbero essere eseguite precocemente per determinare la sorgente dellinfezione e il microrganismo in causa. Dovrebbero essere effettuati studi di imaging e campionamenti di sorgenti probabili di infezione; tuttavia, alcuni pazienti possono essere troppo instabili per garantire certe procedure invasive o un trasporto fuori della Terapia Intensiva. Possono allora essere utili, in queste circostanze, gli studi al letto del paziente, come gli ultrasuoni (37). Un altro importante intervento precoce il controllo della sorgente del sito dellinfezione: ci comprende lallontanamento, ove possibile, di qualsiasi oggetto infetto (ad esempio un device), lo sbrigliamento del tessuto necrotico, il drenaggio di ascessi e la terapia antibiotica (38).
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stato dimostrato che le culture microbiologiche in pazienti sospettati fortemente di avere sepsi sono positive in circa la met dei casi, parzialmente a causa di problemi tecnici della cultura ed il tempismo di raccolta di campione; di conseguenza stato stabilito che per eseguire la diagnosi di infezione, essa pu essere sospettata solamente senza essere microbiologicamente confermata ed quindi possibile iniziare il trattamento terapeutico (39, 40, 41). I parametri fondamentali da considerare nel Paziente Settico in evoluzione verso lo shock sono lo stato emodinamico e lipossiemia. lo stato di riempimento vascolare ad inuenzare la perfusione e, quando questultima si altera, si gi instaurato il danno dorgano. Per valutare lo stato di riempimento sar necessario innanzitutto considerare la clinica del paziente (sensorio, temperatura, stato delle giugulari, polmoni umidi, edemi periferici, parametri vitali, diuresi), per procedere poi a valutazioni non cruente o cruente (monitoraggio della PVC): queste ultime hanno il limite di essere inuenzate dalla compliance ventricolare, dalla pressione intratoracica (per esempio in corso di ventilazione meccanica) e dal tono delle vene centrali, non riettendo con esattezza lo stato di riempimento vascolare del paziente. Tra le metodiche non cruente lecograa quella che suscita attualmente maggiore interesse per la sua capacit di distinguere con esattezza il paziente asciutto da quello bagnato. Esiste, infatti, una correlazione tra diametro della vena cava inferiore, il suo indice di collassabilit e PVC e ci permette di classicare come vuoto un paziente con diametro della vena cava minore di 15 mm, completo collasso durante linspirio, cui corrisponde un valore di PVC inferiore a 5 mmHg. Si classicano pieni pazienti con un diametro della vena cava inferiore maggiore di 25 mm, collasso assente durante linspirazione, cui corrisponde una PVC di 15-20 mmHg (g.9) (42, 43). Valori standard, che esprimono una normalit dello stato di riempimento, sono un diametro della VCI di 20 mm con collasso inspiratorio del 50%. Un altro aspetto utile dellecograa risiede nella valutazione dellimbibizione polmonare in base al numero di comete: queste vengono considerate assenti se minori di 5, parametro corrispondente alla normalit, lievi tra 5 e 15, moderate tra 15 e 30 e gravi se maggiori a 30; questi valori esprimono la quantit di acqua presente nel parenchima polmonare. Lecocardiograa consente invece una valutazione delle dimensioni e della performance dei ventricoli, della gittata sistolica e della frazione deiezione. Spesso si riscontra in questi pazienti uniniziale disfunzione diastolica, che progredisce man mano verso la disfunzione sistolica (44).

Figura 9. Correlazioni VCI e P.at. Dx (PVC)Reinhart K. et al. Continuous central venous and pulmonary artery oxygen saturation monitoring in the critically ill. Intensive Care Med 2004;30(8):1572-8 modicata.

Altro concetto fondamentale da considerare nel paziente con sepsi lipossia tissutale. In presenza di alterazioni del precarico, postcarico, contrattilit e trasporto di O2, le cellule mettono in atto meccanismi di compenso che si traducono in unaumentata estrazione di ossigeno dal sangue arterioso a livello tissutale. Questo ci che accade nella prima fase della sepsi dove, in conseguenza dellaumentata estrazione, la quantit di ossigeno che giunge in vena cava superiore (e che qui misurabile - ScvO2) risulta ridotta (fase iniziale della sepsi severa) (45, 46). Quando le alterazioni del microcircolo sono tanto avanzate da non consentire unadeguata estrazione di ossigeno a livello tissutale (e, quindi, un altrettanto adeguato utilizzo a livello mitocondriale), la ScvO2 aumenta a valori superiori al normale, segnando linizio della fase di shock. La saturazione venosa di ossigeno un parameITALiAN JOURNAL OF EMeRGeNCY MeDiCiNe - Maggio 2013

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tro misurabile posizionando un catetere in vena cava inferiore o superiore con esclusione totale di tutto il sangue reuo dal seno coronarico; viene, quindi, escluso il monitoraggio dellossigenazione miocardica, (che pu essere effettuato inserendo un catetere di Swan Ganz in arteria polmonare), fondamentale nel paziente settico, arrivando a sovrastimare il vero stato di ossigenazione tissutale (47). Un parametro misurabile in modo molto pi facile e che consente di stimare adeguatamente lo stato di perfusione tissutale globalmente considerato la concentrazione dei lattati. Questi tendono ad aumentare in ogni condizione di ipoperfusione tissutale e la clearance rappresenta un valido mezzo per comprendere levoluzione del quadro settico e la risposta ai trattamenti impostati, in quanto un loro aumento considerato la conseguenza metabolica del ridotto apporto di O2 alle cellule e/o dellincapacit di questultime di utilizzarlo a livello mitocondriale (lattati superiori a 4 mmol/l) (48). Qualunque sia la causa, il livello di lattato sierico un forte indicatore prognostico di mortalit nel paziente settico;inoltre esso indice di ipossiemia tissutale, precede le alterazioni dei parametri siopatologici e i suoi effetti sul microcircolo sono allorigine delle alterazioni dorgano che portano allinsufcienza multiorgano (MODS) e morte. Diversi studi hanno avvalorato il ruolo dei lattati nel predire loutcome e nel guidare la terapia nella sepsi (49). A livello clinico un punteggio ampiamente utilizzato per valutare la funzione dorgano invece il SOFA score (Sepsis Organ Failure Assessment), con cui possibile dare un punteggio da 1 a 4 ad ogni grado di insufcienza di 6 organi testati (neurologico, respiratorio, cardiovascolare, emocoagulativo, epatico, renale) (50). Tabella 6. Sofa Score. Vincent J.L., In care Med 1996

I fattori prognosticamente sfavorevoliche causano un aumento dellincidenza della sepsi risultano essere (51): Et avanzata Comorbidit Batteriemia Alto grado di isogravit Shock settico Sepsi severa Neutropenia severa Trattamento intempestivo e inadeguato
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Figura 10. Mortalit in base al punteggio Sofa Score. Vincent J.L. Soap Study, In care Med 1996

Ruolo dei biomarkers nelle infezioni


Negli ultimi anni sono stati effettuati numerosi studi per identicare un biomarker capace di identicare con certezza uninfezione, ma nonostante siano stati oggetto di studio diversi biomarkers, ad oggi non stato identicato il marcatore ideale a causa del complesso quadro siopatologico della Sepsi (52). Tra i marcatori studiati ricordiamo: La conta dei leucociti: marker aspecico incapace di distinguere stati inammatori sistemici da stati settici; non vi relazione tra il loro incremento e la gravit della noxa o la sua persistenza (nelle fase avanzate di sepsi, inne, va ricordato lo sviluppo di una down regulation della risposta immunitaria sepsi mediata); I lattati: frutto della glicolisi anaerobia che si attiva negli stati di ipossia e ipoperfusione tissutale; la loro misurazione e la valutazione della loro clearance sono correlate con la prognosi e loutcome dei pazienti con sepsi, con la severit di malattia, con la mortalit e con la risposta alla terapia (53, 54). Un ruolo fondamentale, come gi detto precedentemente, il dosaggio dei lattati: esso permette di studiare il grado di ipoperfusione tissutale con la specicit simile alla misurazione della ScvO2 (55, 56). Inoltre nello studio di Shapiro emerso che il tasso di mortalit (sia precoce che a 28 giorni) aumenta in maniera drammatica ed in stretta relazione con lincremento dei lattati (57).

Figura 11. Ruolo del lattato sierico. Shapiro et al, Enm Emerg med: 45:5: May 2005: 524-528
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Limportanza deilattatiderivasoprattuttodalla determinazione seriata di questi entro quattro ore, ovvero la cosiddetta clearance dei lattati; ci stato messo in evidenza dallo studio di Nguyen, dove pazienti con unalta clearance di lattati entro sei ore di trattamento in DEA avevano la migliore sopravvivenza (58, 59, 60). corretto per ricordare come lo stesso Rivers sottolinei che non tutti i pazienti con sepsi severa hanno una lattacidemia aumentata. Ci stato evidenziatoginel 2003 da Levraut su Critical Care Medicinee successivamente confermato da altri studi, nei quali il 24% dei pazienti gravemente settici aveva una lattacidemia normale, introducendo cos il concetto di alactemic sepsis (61, 62). PCR: pentaglobulina della fase acuta prodotta dal fegato; opsonina capace di legare la fosfocolina sulla parete dei batteri e di facilitarne la fagocitosi da parte dei macrofagi e di attivare la via classica del complemento; viene prodotta tra la quarta e lottava ora dopo linsulto patogeno e presenta un picco di espressione a 48 ore; i valori sierici normali variano da 5mg/l a 10mg/l; una molecola sensibile, ma aspecica, che si trova elevata sia in stati inammatori sia infettivi indistintamente. Nei diversi studi la sensibilit raggiunta del 94,3% e la specicit di 87,3% (63, 64, 65). PCT: pro-ormone peptidico, senza attivit endocrina, di produzione epatica e di altri tessuti non endocrini in risposta a noxae infettive; aumenta dopo la quarta ora e raggiunge il picco a 8-24 ore dalla noxa (in caso di sospetto clinico e bassi livelli di PCT utile ripeterne il dosaggio almeno tra la sesta e la dodicesima ora dalla noxa); incrementa per infezioni batteriche (GRAM- > GRAM+); risulta non elevata in caso di infezioni virali, di batteri intracellulari o di infezioni localizzate; i livelli possono risentire della insufcienza renale (66, 67). La Procalcitonina, il cui ruolo diagnostico stato alquanto ridimensionato poich nella maggioranza dei casi i dati clinici sono sufcienti per eseguire una corretta diagnosi, ha ancora importanza per il ruolo prognostico e di guida al trattamento antibiotico, riducendo la quantit di antibiotici utilizzata (68, 69, 70, 71). Tra i marcatori di recente scoperta riteniamo di segnalare: suPAR: forma solubile delluPAR (recettore di membrana implicato nel clivaggio e nellattivazione del plasminogeno); non ha polimorsmi genici; si ottiene in circa due ore; una molecola molto stabile anche se risente della emolisi del campione di sangue; il suo valore normale non supera i 4 ng/ml e presenta piccole differenze tra uomini e donne (72, 73). TREM1 (Triggering Receptor Expressed on Myeloid Cells 1): appartiene alla superfamiglia delle immunoglobuline, espresso nelle cellule mieloidi (neutroli e monociti maturi); amplica la risposta inammatoria acuta contro agenti microbici, agendo sinergicamente con altri recettori per prodotti microbici: Toll-likeReceptors (TLRs) ed Nod-likeReceptors (NLRs); viene prodotto e up-regolato, se vi lesposizione delle cellule mieloidi al LPS o altre componenti microbiche sia batteriche che fungine. TREM-1 altamente espresso nei fagociti che si accumulano nelle zone inammate, ma solo se linammazione causata da infezione fungina o batterica; non in quelle zone inammate, ma non infette. Esiste una forma solubile (sTREM-1) dosabile nei liquidi biologici. Livelli plasmatici di sTREM-1 superiori a 60 ng/ml sembrano essere pi accurati di qualsiasi altro dato clinico o di laboratorio nellidenticare i pazienti con uninfezione in corso. Inoltre, la valutazione dei livelli plasmatici in corso di terapia per sepsi sembrerebbe avere un signicato prognostico (74). PRESEPSINA: il sottotipo CD14 (sCD14-ST) una forma troncata del CD14 solubile (sCD14) ed costituito da 64 residui amminoacidici. Inammazione sistemica e sepsi sono caratterizzate da un precoce aumento signicativo della presepsina nel sangue e, quindi, questo piccolo polipeptide stato proposto come un biomarker afdabile per la gestione della sepsi (75, 76). In conclusione, lutilizzo di singoli biomarkers fondamentale solo se inserito in un contesto pi ampio, che non pu prescindere dalla clinica e dallutilizzo di altri mezzi diagnostici.

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Trattamento del paziente critico con sepsi severa/shock


Il trattamento iniziale del paziente affetto da sepsi severa o shock, alla luce delle linee guida 2008 riguardo la campagna internazionale sul management della sepsi, basato sul concetto di bundle o pacchetto: per bundle intendiamo un insieme di interventi applicati ad un processo morboso, con evidenza scientica dimostrata che, se usati contemporaneamente, danno risultato migliore dal punto di vista delloutcome rispetto alle singole applicazioni individuali (77). Nella gestione della sepsi possiamo distinguere due tipi di bundle: 1. il resuscitation bundle da applicare entro le 6 ore (tab. 7); 2. il management bundle da applicare entro le 24 ore. 1. Il resuscitation bundle ha come scopo: a. La stabilizzazione dei parametri vitali (PAM, PVC, SvO2, diuresi). Ci viene raggiunto tramite lattuazione della Early Goal Directed Therapy EGDT, che descrive la terapia di supporto dorgano di prima linea (g.12): Figura 12. Rivers E. et al. Early goal-directed therapy in the treatment of severe sepsis and septic shock. N Engl J Med 2001; 345:1368-1377

b. Il controllo, ove possibile, del focus infettivo attraverso la rimozione, aspirazione o drenaggio. importante considerare lanamnesi del paziente per identicare possibili fattori di rischio, il contesto clinico, la sospetta localizzazione della sepsi, la somministrazione di recenti terapie antibiotiche e la tipologia del paziente, in particolar modo let (>50 anni e <8 anni), la presenza di eventuale diagnosi di Diabete Mellito, leucocitosi (GB >15000), granulociti maturi >1500, splenectomia, persone che fanno uso di droghe ed alcol (78). Azioni terapeutiche da intraprendere (79). La rianimazione di un paziente con sepsi severa/shock settico (ipotensione o acidosi lattica) dovrebbe iniziare immediatamente dopo lidenticazione della sindrome e per nessun motivo il trattamento deve essere dilazionato in attesa del ricovero del paziente, pena la drammatica riduzione delloutcome del paziente stesso: 1. Ossigenazione: se SpO2 <90%, somministrazione di O2 ad elevate concentrazioni o intubazione precoce in pazienti in shock settico o ad alto rischio. 2. Circolo: se ipotensione (PAM <65mmHg) e/o lattati >4mmol/l, infondere ev cristalloidi (30mL/Kg) in 30 minuti: Se non presente ipotensione e se i lattati risultano <2mmol/l, si somministrano liquidi ed antibiotici, rivalutando periodicamente i parametri ed i lattati (80).
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Se persiste, dopo il bolo di liquidi, una PAS <90mmHg o lattati >4mmol/l o danno 2 organi, iniziare lEGDT: A. Reperire accesso venoso centrale; B. Continuare somministrazione di liquidi no a pvc 8-12 mmhg o ecogracamente d vci 15mm (vedi g.10); C. Infondere ev noradrenalina (0,5-1,5 g/kg/min) o dopamina (5 g/kg/min) no a pam >65mmhg; D. Se la scvo2 <70%, infondere ev dobutamina (2,5-20 g/kg/min) no a scvo2 >70%; E. Se la scvo2 <70% ed emoglobina hb <7 g/dl, trasfondere emazie con lobiettivo di raggiungere un valore di emoglobina hb 7-9 g/dl in assenza di emorragia acuta, sca o ipoperfusione tissutale. N.B. Unadeguata terapia uid resuscitation un aspetto fondamentale del management emodinamico nel paziente con shock settico/sepsi severa; deve essere raggiunto prima di utilizzare agenti vasopressori ed inotropi (81). Tabella 7. Resuscitation bundle. Rivers E. et al. N Engl J Med 2001; 345(19):1368-77 mod.

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La logica comune e la letteratura scientica sostengono attraverso molti argomenti che, nei PS in cui risulta difcoltoso eseguire un monitoraggio invasivo, luso della clearance del lattato un sostituto della ScvO2 per valutare lefcacia della terapia EGDT (82). Jones, su Chest 2010, ha evidenziato come principale conclusione del suo lavoro che lobiettivo della normalizzazione della clearance dei lattati e lobiettivo della normalizzazione della ScvO2, (parametro che conferma lefcacia della terapia EGDT), non avevano differenza nelloutcome (83). La formula della clearence del lattato : Clearance lattato: Lattato start Lattato 2h/Lattato start (%) Una diminuzione della clearance del lattato del 10% o pi in due ore considerato pari al raggiungimento e/o mantenimento della ScvO2 >70% (84). Nonostante le dovute precauzioni, ci sentiamo di consigliare luso della clearance del lattato come lobiettivo pi appropriato e di pi semplice utilizzo da scegliere in caso di rianimazione precoce della sepsi negli ospedali dove risulta difcoltosa lintroduzione di un catetere venoso. In conclusione si pu quindi affermare che, allo stato attuale, nel paziente settico, che sia ancora in Pronto Soccorso o ricoverato in Medicina dUrgenza o in Reparto di Medicina Interna, le certezze derivano da metodiche non invasive: ecograa (VCI, torace, cuore) e clearance dei lattati. Tabella 8. Protocollo non invasivo. Protocollo non invasivo. La nostra proposta Azienda USL Umbria 1.

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De Backer et al. confermano che lutilizzo della Noradrenalina riduce la mortalit del paziente settico rispetto allutilizzo della Dopamina (85). LAdrenalina viene considerata come possibile agente vasopressore, agendo come -agonista da aggiungere alla Noradrenalina o Dopamina in caso di ipotensione refrattaria, anche se questa in grado di provocare un aumento del metabolismo cellulare e quindi di peggiorare le condizioni di anaerobiosi, aumentando di conseguenza la produzione lattati. Il dosaggio consigliato 0,1-0,5 g/Kg/min (86). Lutilizzo degli Steroidi nella sepsi tuttora oggetto di discussione poich diversi studi non hanno evidenziato benecio nella somministrazione degli stessi (87, 88). Daltro canto uno studio recente ha evidenziato che limpiego di steroidi a dosi siologiche pu ridurre la mortalit di pazienti con shock settico refrattario, per i quali necessario limpiego di vasopressori e della ventilazione meccanica prolungata (89). Ad oggi consigliabile valutare la somministrazione di un breve ciclo (da 7 a 10 gg.) di basse dosi di Idrocortisone (200 mg/die) in pazienti vasopressori dipendenti (dosaggio di noradrenalina o equivalente superiore a 0,1 mg/kg/minuto) entro 12 ore dalla comparsa di shock (90). Questa strategia sembra diminuire la dipendenza dai farmaci vasopressori e non aumenta la mortalit o il rischio di superinfezioni (91, 92). Gli steroidi devono essere interrotti nei pazienti la cui dipendenza dai vasopressori non sia migliorata dopo due giorni di trattamento steroideo (93). Negli ultimi anni numerosi studi hanno evidenziato come luso di soluzioni contenti Albumina per la rianimazione dei pazienti con sepsi sia associata ad una pi bassa mortalit rispetto ad altri regimi rianimazione uidi (94, 95, 96, 97). Lo studio italiano Albios (Albumin Italian Oucome Sepsis Study 2012) riporta che il dosaggio di Albumina utilizzato in sostituzione delle soluzioni cristalloidi era di 60 gr in infusione e 40-60 gr giornalmente, per mantenere il livello di albumina intorno ai 30 gr/lt (98). Nei pazienti con sepsi severa consigliabile somministrare in maniera prolattica sacche di piastrine quando la conta di esse <10.000 mm3 in assenza di sanguinamenti o quando la conta <20.000 mm3 se il paziente ha una alto rischio di sanguinamento (99, 100). Nei pazienti chirurgici (SICU) stato evidenziato da Hermans nel 2007 che mantenere i livelli di glicemia compresi tra 80 e 110 mg/dL si associa ad una minore morbilit e mortalit (mortalit per batteriemia 12.5% vs 29.5% nei pazienti sotto stretto controllo glicemico rispetto ai controlli). Nei pazienti medici (MICU) mantenere un livello di glucosio tra 80-110 mg/dL ha beneci solo dopo cinque giorni nel gruppo in cui si agito in maniera pi aggressiva (inferiore a tre giorni vi un aumento della mortalit) (101). I nuovi studi evidenziano laumento della mortalit a tre mesi nel gruppo di pazienti mantenuti con target glicemico tra 80 e 108 mg/dl rispetto al gruppo di pazienti mantenuto con target glicemico inferiore ai 180 mg/dl (102). Di conseguenza lobiettivo da raggiungere nei pazienti settici ottenere un valore glicemico <180 mg/dl. consigliabile monitorizzare la glicemia, attraverso prelievo venoso, frequentemente dopo linizio dellinfusione, da protocollo ogni 30-60 e regolarmente ogni 4 ore, nch la glicemia non stabilizzata. In pazienti con sepsi severa va effettuata prolassi per TVP con eparina a basso peso molecolare (103). Nel 2011 a seguito dello studio Prowess-shock pubblicato su Intensive Care Medicine, la casa farmaceutica produttrice dello Xigris ha deciso il ritiro del farmaco a causa dellassenza di risultati favorevoli (104, 105).

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Trattamento antibiotico
oramai certo che i pazienti che ricevono lantibiotico-terapia nelle primissime ore dalla valutazione in triage hanno un maggior tasso di sopravvivenza (106). Ogni ora di ritardo dellinizio della terapia antibiotica in pazienti con ipotensione determina un aumento della mortalit dell8% (107); per tale motivo non si deve attendere il ricovero del paziente settico, ma deve essere iniziata entro tre ore (entro unora in caso di sepsi severa o shock) la terapia antibiotica, ragionata in base alla sede sospetta dinfezione e agli studi epidemiologici della ora locale. La scelta empirica degli antibiotici dipende da complesse problematiche legate allanamnesi del paziente (incluse eventuali intolleranze a farmaci), alle comorbidit, alla sindrome clinica ed al tipo di resistenze possedute dai microrganismi presenti nella comunit, nellospedale od in altre strutture sanitarie. La scelta iniziale di un regime antimicrobico empirico dovrebbe mirare ad uno spettro abbastanza ampio di patogeni, seguendo i suddetti criteri e agendo su tutti i micro-organismi possibili, poich il margine derrore ammissibile nel trattamento dei pazienti critici molto piccolo. Per contro, non iniziare prontamente una terapia antibiotica appropriata (per esempio una terapia che sia attiva contro lagente causale patogeno) ha effetti estremamente negativi sulla prognosi della malattia, secondo i dati tratti dallevidenza (108, 109, 110, 111). Kumar su Chest nel 2009 evidenzi che il 20% dei pazienti non riceveva lantibiotico giusto e che in questi casi la sopravvivenza si riduceva di cinque volte (con un aumento di quasi il 50% nella mortalit, se non trattato entro le sei ore) (112, 113). Tutti i pazienti dovrebbero ricevere una dose piena di carico per ciascun antibiotico. Tuttavia, i pazienti con sepsi severa o con shock settico spesso hanno una funzione renale o epatica ridotta e possono avere alterati volumi di distribuzione dovuti allaggressiva rianimazione con i uidi (114, 115, 116). La riduzione del numero degli antibiotici ed il restringimento dello spettro della terapia antibiotica rappresentano una strategia importante, da attuare al ne di limitare lo sviluppo di patogeni resistenti ed al ne di controllare i costi (terapia mirata); infatti, una volta identicato lagente eziologico, non esiste alcuna evidenza che la terapia antibiotica combinata sia pi efcace della monoterapia e, in ogni caso, bisogna effettuare una de-escalation therapy non oltre il quinto giorno di terapia (117). Normalmente in assenza di fattori di rischio la terapia durer 7-10 giorni, mentre in caso di fattori di rischio come neutropenia, immunodecienza, foci difcilmente drenabili o una risposta clinica lenta, la terapia pu proseguire oltre il decimo giorno (118). Luso pre-ospedaliero degli antibiotici nella sepsi, sebbene abbia un suo fondamento razionale, al momento non ancora supportato da studi clinici randomizzati (119). preferibile che il trattamento antibiotico avvenga attraverso una porta vascolare supplementare (120). La terapia antimicrobica empirica deve includere uno o pi farmaci che abbiano attivit contro tutti i possibili agenti (batteri, funghi e/o virus). Un ruolo fondamentale il tener conto dei dati epidemiologici locali, la resistenza di bacilli GRAM- ai -lattamici ed ai carbapenemici in alcune comunit e Staphylococcus aureus Meticillinoresistente o Vancomicino-resistente. Nei pazienti con fattori di rischio (immunosoppressione, neutropenia, recente terapia antibiotica intensa) dobbiamo considerare una terapia anti-funginea (Fluconazolo) (121). Nella sepsi da batteri GRAM- non esiste superiorit scienticamente provata della politerapia rispetto la ionoterapia, ad eccezione dellinfezione da Pseudomodas aeruginosa, che invece prevede lutilizzo di terapia associata (122, 123). La pi alta probabilit di avere emocolture positive dipende dal contesto clinico; ad esempio, nel paziente con shock settico, emocolture positive si aggirano intorno al 69%, riducendosi progressivamente in pazienti con sepsi severa o sepsi (124).
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Dallo studio delle emocolture che sono state eseguite nel corso di 13 mesi nellex territorio AUSL Umbria 2, che coinvolgeva gli ospedali di Assisi, Media Tevere Valle e Castiglione del Lago (Ott.2011-Sett.2012) abbiamo evidenziato i seguenti risultati:

Emocolture eseguite nei Pronti Soccorsi, Reparti e Dialisi dellex AUSL Umbria 2
Tabella 9. Emocolture eseguite nel periodo Ott.2010-Set.2011 = 836; la differenza non statisticamente signicativa; lintervallo di condenza al 95% nei reparti di Pronto Soccorso risulta essere assai ampio per il ridotto numero di emocolture eseguite in PS.

Tabella 10. La positivit pi bassa viene registrata nellospedale di Assisi. Tale differenza risulta statisticamente signicativa rispetto alla media generale.

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Tabella 11. possibile evidenziare una lieve prevalenza di positivit tra le Femmine vs Maschi, seppur non statisticamente signicativa.

Tabella 12. In accordo con la letteratura internazionale vi una prevalenza di GRAM+ rispetto ad i GRAM- nei pazienti a cui sono state effettuate il prelievo per emocoltura; il riscontro di miceti molto basso.

Tabella 13. La distribuzione delle positivit per microrganismo fa registrare una netta prevalenza di E. coli, S. maltophilia tra i Gram- e di Staloccocchi, Enterococchi e Streptococchi tra i Gram+. Le emocolture positive per miceti sono poche.
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Tabella 14. Linee Guida al trattamento antibiotico empirico. Royal United Hospital Bath NHS Trust. Guidelines for the Empirical Treatment of Infections in Adults.August 2010.

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Tabella 15. Linee Guida al trattamento antibiotico empirico. Royal United Hospital Bath NHS Trust. Guidelines for the Empirical Treatment of Infections in Adults.August 2010.

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Tabella 16. Linee Guida al trattamento antibiotico empirico. Royal United Hospital Bath NHS Trust. Guidelines for the Empirical Treatment of Infections in Adults. August 2010.

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Tabella 17. Linee Guida al trattamento antibiotico empirico. Royal United Hospital Bath NHS Trust. Guidelines for the Empirical Treatment of Infections in Adults, August 2010.

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Tabella 18. Linee Guida al trattamento antibiotico empirico. Royal United Hospital Bath NHS Trust. Guidelines for the Empirical Treatment of Infections in Adults. August 2010.

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Tabella 19. Linee Guida al trattamento antibiotico empirico. Royal United Hospital Bath NHS Trust. Guidelines for the Empirical Treatment of Infections in Adults, August 2010.

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Tabella 20. Protocollo non invasivo sepsi grave in PS. Riassunto sul Protocollo non invasivo per la gestione del paziente con sepsi nei PS/DEA AUSL Umbria 1. Pz. >18 anni con Lattati>4 e/o PAS <90 o PAM<65 dopo somministrazioni di cristalloidi (30mL/Kg) in 30 Preleva emocolture e altre colture appropriate Considera possibilit di rimuovere focus settico (raccolta, cateteri, ecc.) Somministrare terapia antibiotica appropriata Calcola punteggio SOFA Esegui Eco-Vena Cava e Eco-torace Se VCI >33% g somministrare cristalloidi (30mL/Kg) in 30 Se la SaO2 <90% in ossigenoterapia considera NIV o intubazione Esegui Eco-Vena Cava ed Eco-Torace prima di ogni bolo di fluidi Proseguire con boli di cristalloidi (30 mL/Kg) ogni 30 fino a quando si rileva collassabilit VCI <33% o compaiono linee B polmonari o vi sono segni clinici di scompenso cardiaco. (Valutare somministrazione di Albumina). Se PAM <65 o PAS <90 dopo adeguato riempimento volemico (CVI 33%) inizia infusione di Considera SWITCH a strategia invasiva (CVC Controlla i lattati ogni 2h Se la clearance dei lattati >10% e PAM OK g vai a Monitor Monitor Se la clearance dei lattati <10%: considera trasfusione emazie concentrate se Hb <7 g/dL considera inotropi (dobutamina) (specie se cuore ipodinamico allecografia) considera SWITCH a strategia invasiva (CVC) Se PAM persiste <65 o scarsa clearance dei lattati o paziente in strategia invasiva (CVC) g considera ricovero TI Se PAM >65 o clearance dei lattati >10% g proseguire monitoraggio e terapia in Medicina dUrgenza: controllo regolare di PAM, SaO2, diuresi (0,5 mL/Kg/h), GCS e lattati se lattati in crescita o PAM in riduzione g riprendere protocollo

Chi

Subito

SaO2

Fluidi

Check PAM noradrenalina.

Lattanti

Monitor

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Fibrillazione atriale
Giuseppe Mazzone*, Massimiliano Girlanda**, Enrico Vallaperta*** *UO Pronto Soccorso BT Azienda Ospedaliera Integrata di Verona **UO Pronto Soccorso BT Azienda Ospedaliera Integrata di Verona ***UO Pronto Soccorso BT Azienda Ospedaliera Integrata di Verona

Abstract
Atrial brillation is a cardiac arrhythmia characterized by a complete irregularity in the electrical activation of the atria. In the course of atrial brillation the risk of stroke has been demonstrated to increase. The external electrical cardioversion is able to restore the hearts electrical sinus rhythm in patients with atrial brillation and atrial utter. The position of the electrodes during cardioversion is not uniquely dened, with variable possibilities, especially after the indroduction of self-adhesive disposable plates. To address this question a literature search of PubMed, CINAHL, and Cochrane was performed and the 6 most important papers on the subject were reviewed. For electrical cardioversion the use of anterior-posterior position of the plates, in particular when using a monophasic debrillator, showed an advantage. When using a biphasic debrillator, the position of the electrodes seems to be less inuent. A weak advantage is seen in the treatment of atrial utter using the front side.

Background
La brillazione atriale unaritmia cardiaca caratterizzata da una completa irregolarit dellattivazione elettrica degli atri. In presenza di tale anomalia, le normali contrazioni atriali vengono sostituite da movimenti caotici, completamente inefcaci ai ni della propulsione del sangue, che aumentano il rischio di ictus cerebri e inuenzano negativamente lemodinamica cardiovascolare. La brillazione atriale sul piano epidemiologico ha uninuenza molto elevata: viene stimato che essa rappresenta il 25-30% di tutte le aritmie e che il 44,8% dei soggetti anziani ne affetto. I fattori di rischio sono rappresentati dal diabete e dallipertroa ventricolare sinistra e un ruolo favorevole giocato dallet. La prevalenza, infatti, risulta essere del 5% in pazienti no ai 65 anni, arrivando a percentuali del 9-15% nei pazienti over 80. Alta risulta essere lincidenza nei pazienti con recidive. In pazienti con multiple patologie la prognosi risulta essere nettamente sfavorevole. Il utter atriale, invece, viene denito come una tachicardia sopraventricolare con una regolare attivazione atriale ad alta frequenza (240-300 batt/min), usualmente condotta ai ventricoli con blocco AV variabile. Il utter atriale presenta un rischio tromboembolico inferiore a quello della brillazione atriale e, dal punto di vista epidemiologico, ha una prevalenza che si aggira intorno al 5,2% della popolazione affetta da aritmie. AllECG si presenta con formazioni di onde identiche, regolari e a dente di sega. La terapia, nei casi di brillazione atriale di recente insorgenza o di soggetti in terapia anticoagulante orale, viene solitamente attuata tramite cardioversione farmacologica. Quando la terapia farmacologica risulta inefcace, pu essere utilizzata la cardioversione elettrica esterna (1). Qualora le condizioni cliniche del paziente risultino emodinamicamente instabili, invece, la cardioversione elettrica viene effettuata in regime durgenza. La cardioversione elettrica esterna una terapia elettrica cardiaca in grado di ristabilire il ritmo cardiaco in pazienti affetti da brillazione atriale e utter atriale, attraverso il posizionamento di due elettrodi sul torace ed il rilascio di energia attraverso un debrillatore. La posizione degli elettrodi per effettuare la cardioversione non univocamente denita, ma esistono delle varianti, conseguenti soprattutto allintroduzione di piastre auto-adesive monouso. Nelle attuali linee guida (ERC 2010) vengono citate diverse opzioni per il posizionamento degli elettrodi (antero posteriore, antero laterale, ascellare media destra e sinistra e antero scapolare destra o sinistra). Nella pratica clinica per, le due posizioni maggiormente utilizzate sono quella antero laterale e antero posteriore. Lefcacia della cardioversione legata ad alcuni aspetti che ne migliorano la tecnica, tra cui: la tricotomia toracica, la forza applicata alle piastre (8 Kg), lutilizzo di gel conduttivo, la fase respiratoria che riduce limpedenza transtoracica durante la fase nale dellespirazione, la grandezza (non inferiore a 150cm2) e la posizione delle piastre, le quali dovrebbero includere nel mezzo la porzione del cuore che deve ricevere la corrente elettrica.
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Materiali e metodi
stata effettuata una revisione della letteratura tramite PubMed, utilizzando le keywords electrodes position, the optimal electrodes position, external cardioversion, debrillation tecnique, transthoracic impedence, antero lateral vs antero posterior position. Limiti della ricerca sono stati: anno di pubblicazione dal 2000 al 2012, et dei pazienti, compresa tra 18 e 80 anni. Sono stati esclusi i pazienti portatori di pacemaker, donne in gravidanza, pazienti con unimportante compromissione emodinamica o gravi squilibri idroelettrolitici. La ricerca stata estesa a debrillatori monofasici e bifasici, con elettrodi adesivi o piastre manuali. Sono stati esclusi tutti quegli studi che utilizzavano come tecnica debrillatoria quella endocavitaria e transesofagea. La ricerca stata riproposta su Cinhal utilizzando come quesito which is the best positions of the electric pads for a cardioversion success in patients with atrial brillation? (atrial utter?). Per maggiore completezza si cercato sulla libreria Cochraine revisioni inerenti allargomento. La ricerca condotta ha recuperato 130 articoli: 80 sono stati scartati dopo la lettura dellabstract e, tra i 70 esaminati, sono stati selezionati i 6 lavori pi rilevanti per la presente trattazione. Tabella 1. Studi presi in esame Autori e anno di pubblicazione S. Siaplaouras, A. Boub, C. Rotter, M. Bohm, J. Jung 2005 (2) P. Kirchhof, L. Eckdart, P. Loh, K.Weber, R.J. Ficher, K.H. Seidl, D. Bocker, G.. Brethardt, W. Haverkamp, M. Broggefe 2002 (3) Tipo di studio Campione dello studio Obiettivo proposto dallo studio Risultati Efcacia AP=AL bifase

Determinare il miglior Trial clinico 123 pazienti con posizionamento delle randomizzato brillazine atriale piastre nella cardioversione 108 pazienti con brillazione atriale persistente Trial clinico randomizzato di et media 60 anni (18 e 80 anni) Determinare il miglior posizionamento degli elettrodi nella cardioversione

Efcacia AP>AL monofase

Determinare lefcacia N.J. Alp, S. Rahman, J.A. Bell, 59 pazienti con Trial clinico dei due posizionamenti M. Shahi brillazione atriarandomizzato per una cardioversione 2000 (4) le persistente di successo I.A. Vogiatzis, V. Sachpekidis, I.M. Vogiatzis, E. Kampidsi, T. Karamitsos, D. Samanidis, V. Tsagaris, O. Simeonidou 2008 (5) L.C. Hunt, A.L de Jongh Curry 2004 (6) Determinare il miglior 62 pazienti affetti Trial clinico posizionamento degli da brillazione randomizzato elettrodi e le conseguenatriale persistente ze nella cardioversione Studio sperimentale Modello del torace umano 96 pazienti (72 uomini e 24 donne) con et media di 62 anni affetti da utter atriale Determinare il miglior posizionamento degli elettrodi Determinare il miglior posizionamento degli elettrodi nella cardioversione in pazienti con Flutter atriale

Efcacia AP<AL monofase Efcacia AP>AL Monofase

Efcacia AP>AL

T. Risius, K. Mortensen, T.F. Schwemer, M.A. Aydin, Trial clinico H.U.Klemm, R.Ventura, randomizzato A.Barmeyer, B.Hoffmann, T.Rostock, T.Meinertz, S.Willems 2009 (7)

Efcacia AP<AL Bifase

Legenda: AP=antero posteriore; AL=antero laterale

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Analisi degli studi


Il trial clinico randomizzato di S.Siaplaouras et al (2) stato sviluppato per determinare il migliore posizionamento degli elettrodi nella cardioversione in pazienti affetti da brillazione atriale, utilizzando come debrillatore un modello bifasico. Sono stati inclusi 123 pazienti e dichiarati cardiovertiti quando, dopo la seconda scarica, il ritmo cardiaco tornato sinusale. La cardioversione ha avuto successo in 116 pazienti su 123, corrispondente al 94,3%. Percentuali di successo: posizione antero posteriore (AP) = 94.9%, posizione antero laterale (AL) = 95.2%; p = 0,73. In 94 pazienti (77.2%) la cardioversione ha avuto esito positivo al primo tentativo: AP = 78,3%, AL = 74,6%, p = 0,65. Il numero degli shock non varia nelle due posizioni (AP 1,30,7 vs AL 1,40,9; p = 0,33), mentre c una differenza in relazione allenergia media necessaria (AP = 171116W vs AL = 198163W; p = 0,73). La ricaduta della brillazione atriale (ERAF) si era vericata in 10 dei 123 pazienti, corrispondenti all8,1%, con una prevalenza superiore in posizione antero posteriore (11,6%), rispetto a quella antero laterale, dove il valore risultato essere del 4,8%, con una p = 0,28.

Figura 1. Relazione tra cardioversione e posizioni degli elettrodi impiegate. Legenda Colonna A: posizione antero laterale; Colonna B: posizione antero posterire; 1=120W; 2=150W; 3=200W; 4=200W.

Anche il trial clinico effettuato da P. Kirchhof (3) ha lobiettivo di determinare il miglior posizionamento della piastre elettriche nella posizione antero laterale e antero posteriore in pazienti affetti da brillazione atriale. La cardioversione veniva eseguita tramite debrillatore monofasico con piastre in acciaio di 12cm2 coadiuvate da gel conduttore. Gli shock erogati partivano da un valore di 50J no ad massimo di 360J. Se la brillazione atriale perdurava allultimo shock veniva effettuato un cross over delle posizioni. Il successo cardioversivo veniva considerato tale quando, dopo lo shock, il ritmo tornava immediatamente sinusale. Lo studio randomizzato ha esaminato 108 pazienti con unet media di 60 anni (tra i 18 e 80 anni), con brillazione atriale persistente con una durata media di 5 mesi. La cardioversione ha avuto successo in posizione AP su 50 dei 52 pazienti (96%), mentre la posizione AL ha avuto successo su 44 dei 56 pazienti (78%) (signicativit statistica p = 0,009), con una differenza dei tassi di successo pari al 23,7%.
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Tabella 2. Percentuali di successo nelle due posizioni. Posizione antero laterale AL (n=56) Successo cardioversivo 44/56 Posizione antero posteriore AP (n=52) Percentuale 96% p=0,009 Signicativit statistica

Percentuale Successo cardioversivo 78% 50/52

Lenergia media utilizzata nelle due posizioni uguale, AP: 212J105 vs AL: 211J94. 60 pazienti prima della cardioversione sono stati trattati con farmaci antiaritmici, di questi 25 sono stati cardiovertiti con le piastre in posizione AP, mentre 35 in posizione AL. Il successo in posizione AP stato del 100% (25/25), mentre stato dell80% (28/35) in posizione antero laterale; p = 0,02. Per i 49 pazienti che non assumevano farmaci non vi signicativit statistica (p=0,11). 25 su 27 [93%] sono stati cardiovertiti con le piastre in posizione in posizione AP e 16 su 21 [76%] in posizione AL. Tabella 3. Relazione tra i pazienti che assumevano terapia e successo cardioversivo. Pazienti in trattamento farmacologico AL (n=35) Successo cardioversivo 28 su 35 % 80% Pazienti in trattamento farmacologico (n=21) Successo % cardioversivo 16 su 21 76% Pazienti non in trattamento farmacologico (n=25) Successo % cardioversivo 25 su 25 100% Pazienti non in trattamento farmacologico (n=27) Successo cardioversivo 25 su 27 % 93% 0,02 0,11

Il trial clinico randomizzato sviluppato da N.J. Alp (4) ha lobiettivo di determinare quale delle due posizioni avrebbe avuto maggior successo nella cardioversione dopo un singolo shock a 360J, con lutilizzo di piastre manuali in pazienti con brillazione atriale. Qualora vi fosse stato un insuccesso dopo il primo shock, ne era previsto un secondo con cross over delle posizioni. Lenergia media utilizzata stata: AP = 583J vs AL = 504J; p = 0,11. Il cross over da AL ad AP, per i 12 pazienti a cui era fallita la prima cardioversione, ha avuto un successo pari a 5/12 [41,7%], rispetto ad un successo del cross over da AP ad AL, per 19 pazienti, pari al 21% (4/19). Totale di insuccesso: 15 pazienti in AP e 7 pazienti in AL. Tabella 4. Risultati dello studio di NJ Alp et al. Successo di cardioversione Antero laterale n=30 1st shock 2nd shock Totali percentuale 18 su 30 5 su 12 23 su 30 77,00% Antero posteriore n=29 10 su 29 4 su 19 14 su 29 48,00% Signicativit statistica p <0,05 0,22 0,02

Lo studio randomizzato di I.A. Vogiatzis (5) stato effettuato su 62 pazienti con lobiettivo di determinare quale posizione delle piastre consenta una cardioversione di maggior successo. La cardioversione stata effettuata tramite lutilizzo di un debrillatore monofasico con piastre monouso di 12 cm di diametro; sono stati somministrati shock ad energia crescente a partire da 200 J no ad un massimo di 360 J.
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Allinterno dello studio, lefcacia cardioversiva con maggior specicit statistica complessiva stata del 98,4% (61 su 62), con utilizzo di corrente a 300 J per i gruppi con posizionamento delle piastre in antero-posteriore. Tabella 5. Raggruppamento dei risultati dello studio. Shock 200 J 300 J 360 J Gruppo A antero laterale 14/32 43,8% 20/32 62,5% 31/32 96,9% Gruppo B antero posteriore 15/30 50% 28/30 98,4% 30/30 100% Signicativit statistica p 0,79 <0,01 1

Figura 2. Tassi di successo della cardioversione nei due gruppi di pazienti. Legenda Colonna A: posizione antero laterale; Colonna B: posizione antero posteriore; 1=200J; 2=300J; 3=360.

Conclusioni
I sei studi proposti, cinque sulla brillazione atriale e uno sul utter, hanno riportato i seguenti riscontri: la posizione antero posteriore risultata pi efcace in tre studi (di cui due comprendenti il debrillatore monofasico). La posizione antero laterale stata maggiormente efcace nello studio sul utter atriale con debrillatore bifasico e su un altro studio avente come patologia la brillazione atriale, dove stato utilizzato un debrillatore monofasico. Permangono invariati i risultati con debrillatore bifasico nel primo studio, dove i risultati di entrambe le posizioni si equivalgono. Risulta dunque evidente come, attualmente, non esista una procedura terapeutica uniforme, che possa chiarire con esatta certezza quale dei posizionamenti sia effettivamente pi efcace. Nei pazienti affetti da brillazione atriale lutilizzo di un debrillatore monofasico tenderebbe a far prediligere la posizione antero posteriore, mentre nello studio proposto S. Siaplaouras (2) londa bifasica ha permesso di riequiITALiAN JOURNAL OF EMeRGeNCY MeDiCiNe - Maggio 2013

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librare le due posizioni sia in termini di percentuali di energia somministrata che di numero di shock. Ci potrebbe essere spiegato con il fatto che londa bifasica richiede minore energia proprio per la sua propriet intrinseca di attraversare due volte il tessuto cardiaco rispetto a quella monofasica. Molti studi, tra i quali quello svolto da Botto (9) sono concordi sul fatto che, a parit di onda utilizzata, la posizione antero posteriore abbia una maggiore efcacia rispetto a quella antero laterale in pazienti affetti da brillazione atriale, poich latrio, essendo posto posteriormente, viene raggiunto da una quantit di corrente maggiore. Viene inoltre riscontrato dallo studio proposto da Vogiatzis (5) che lutilizzo delle piastre in posizione antero posteriore causa minor danno al muscolo scheletrico, non intaccando per il muscolo cardiaco come dimostrato dai valori troponinici e di ck mb. Condizione importante al ne di limitare le complicanze post cardioversione. Discorso inverso pu essere fatto per i pazienti affetti da utter atriale, nei quali lo studio di T. Risius (7) dimostra un chiaro vantaggio a favore della posizione antero laterale, tanto per minori quantit energetiche erogate, quanto per numero di shock: viene sostenuta lipotesi che, a differenza della brillazione atriale, il utter richiede meno tessuto da ripolarizzare e, di conseguenza, la posizione antero laterale sembra lideale per cardiovertire i pazienti affetti da tale patologia. Unaltra situazione clinica stata analizzata in uno studio compiuto da L. A. Pagano-Carlo (8), svolto su pazienti di sesso femminile: limpedenza transtoracica risultava essere maggiore quando lelettrodo veniva posizionato a livello del capezzolo. Essendo limpedenza un fattore predittivo negativo per una cardioversione di successo, il posizionamento degli elettrodi sulle donne deve avvenire lontano dal tessuto mammario, prediligendo la posizione laterale al seno o sotto di esso. Concludendo si pu affermare che, sulla base degli studi individuati, la posizione antero posteriore risulta pi efcace nel cardiovertire il paziente affetto da brillazione atriale, mentre lo studio sul utter ha dimostrato che si raggiunge un maggior successo cardioversivo nella posizione antero laterale (questultima affermazione avrebbe bisogno di essere supportata da ulteriori studi, in quanto un unico studio non permette una valutazione esaustiva). Ci che si pu affermare con certezza che non vi sono studi che dimostrino con chiarezza tutti i vantaggi dei due posizionamenti e con assoluta certezza quale di essi risulti essere pi efcace, ancor pi se a cardiovertire il paziente un debrillatore bifasico. In questa situazione permangono ulteriori dubbi poich, a differenza dellutilizzo del debrillatore monofasico, dove i risultati permettono di sbilanciare lesito sul posizionamento da adottare, lutilizzo di quello bifasico ha ridotto il divario tra le due posizioni, ma ha reso i risultati dello studio equivalenti. Dagli studi proposti, per cardiovertire un paziente affetto da brillazione atriale, la posizione antero posteriore delle piastre sembrerebbe pi indicata, mentre nei soggetti affetti da utter atriale la posizione antero laterale sembrerebbe da prediligere.

Implicazioni nella pratica


Dallanalisi degli articoli riportati si traggono le seguenti conclusioni, che possono essere inserite nella pratica clinica: Prediligere la posizione antero posteriore per cardiovertire il paziente affetto da fibrillazione atriale, se il debrillatore monofasico; Per i pazienti affetti da flutter atriale la posizione antero laterale sembra essere teoricamente pi efficace (anche se servirebbero pi prove per supportare questa tesi); Luso di defibrillatori bifasici ristabilisce il ritmo con energie minori. Londa bifasica risulta ridurre il divario tra la posizione antero posteriore e quella antero laterale. Se viene utilizzato un debrillatore bifasico entrambe le posizioni offrono unimportante efcacia terapeutica; Lutilizzo di energie defibrillatorie minori implicano minor danno al tessuto muscolare; Lutilizzo di piastre adesive nelle donne deve essere effettuato a distanza del tessuto mammario, prediligendo la posizione sotto al seno o lateralmente ad esso; Lutilizzo di piastre autoadesive facilita e rende pi sicuro latto cardioversivo.

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Area Nursing

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Una strana aritmia


Lucia Tassinari*, Gianfranco De Rose* *Pronto Soccorso - Ospedale Maurizio Bufalini - Cesena

Abstract
Torsade de pointes is an uncommon form of polymorphic ventricular tachycardia (VT) characterized by a gradual change in the amplitude and twisting of the QRS complexes around the isoelectric line. Frequently may degenerate into ventricular brillation. Torsade is associated with a prolonged QT interval, which may be congenital or acquired. A very large number of drugs may be responsible of acquired long-QT. This is a case of a torsade de pointes due to concomitant use of methadone and antiretroviral drugs. Parole chiave: torsione di punta, metadone, antiretrovirali, QT lungo acquisto. Keywords: torsade de points, methadone, antiretroviral drugs, acquired long-QT.

Introduzione
Lambulanza medicalizzata del 118 arriva in Pronto Soccorso con un uomo di 48 anni che lamenta malessere generale ed episodi presincopali da diverse ore. Il paziente affetto da epatopatia cirrogena mista HCV correlata, storia di abuso di sostanze esotossiche, malattia HIV stadio C3; seguito dal SERT e sottoposto a trattamento con Metadone 60 mg/die, antiretrovirali (reyatzad 200X 2 e truvada) e propanolo. Allarrivo dei soccorsi si presenta vigile, con cute asciutta senza segni di vasocostrizione, PA 100//60 mmHg, FC 67 bpm, saturazione 98%, lievemente dispnoico. Il medico del 118, in seguito al riscontro di episodi di tachicardia ventricolare non sostenuta associati a breve perdita di coscienza, somministra amiodarone 225 mg ev (1+1/2 ) (gura 1). Allarrivo in PS il paziente si presenta vigile, orientato, senza segni di vasocostrizione e con obiettivit cardiorespiratoria e neurologica nella norma, PA 100/65 mmHg, FC 65 bpm, saturazione 98 con FR 28. Viene eseguita unemogasanalisi che presenta Ph 7,65; pCO2 17,28 mmHg; pO2 86,5 mmHg; bicarbonato 19,3 mmol/L; Na 135,2 mmol/L; K 3,47; Ca 4,3 mg/dl; Cl 104 mmol/L; Lattati 3,81 mmol/L, glicemia190 mg/dl. Nella fase di Pronto Soccorso il paziente continua a presentare ogni 2-3 min episodi di tachicardia non sostenuta. LECG mostra ritmo sinusale con FC di 65 bpm, anomalie aspeciche della ripolarizzazione con QT prolungato (gura 2). Il medico di PS alla luce dei dati acquisiti decide di somministrare una ala di Magnesio Solfato in 250 cc di s. in 2-5 min. Terminata linfusione di Magnesio Solfato il paziente continua a presentare episodi tachiaritmici circa ogni 2 min. Gli episodi vengono avvertiti dal paziente che sin dai primi battiti urla: Arrivaaa! (gura 3). Il medico di PS sulla base dei valori dellemogasanalisi decide di somministrare una ala di Calcio Cloruro in 100 cc di s. in 2 min. Durante un episodio tachiaritmico della durata superiore a 6 sec il paziente presenta un episodio di trisma ed un irrigidimento similconvulsivo, Sindrome di Morgagni-Adams-Stokes (gura 4). Il medico di PS decide di elettrostimolare il paziente applicando lo SCE (placche posizionate in antero-posteriore; frequenza di stimolazione 100 bat/min; stimolazione a demand; aumento progressivo dellenergia 10-20-40 no ad 80 mAmp). Scarso leffetto dellelettrostimolatore: il paziente tollera male lo SCE nonostante lanalgosedazione, e pertanto si sospende la stimolazione elettrica. Nel frattempo arrivano gli esami: RBC 3.560.000, WBC 4.320 Hb 13,2 g/ dl, MCV 108,7, PLT 116000, Creatinina 0,68 mg/dl, glicemia 168 mg/dl, sodio 132 mEq/L, potassio 3,2mEq/L, calcio 8,5 mg/dL, PT-INR 1,77. Il paziente viene ricoverato in UTIC, dove, alla luce dei dati acquisiti, si decide di infondere Isoprenalina alla velocit iniziale di 6mcg/ora (5 FL in 100 cc 36ML/H), regolando linfusione sino ad ottenere un aumento della FC da 67 batt/min a 75-80 batt/min; questa viene sospesa dopo alcune ore. Durante il ricovero si provvede alla correzione dello squilibrio elettrolitico mediante infusione di magnesio e potassio, con cessazione degli episodi aritmici.

Conclusioni
In sesta giornata il paziente viene dimesso con diagnosi di aritmie ventricolari (torsione di punta) in paziente con QT lungo iatrogeno e concomitante ipokaliemia.

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Discussione
La torsione di punta una forma insolita di tachicardia ventricolare caratterizzata da oscillazioni ad elevata frequenza dei complessi QRS rispetto alla linea elettrocardiograca di base, che pu esitare in unaritmia polimorfa. Di solito ha inizio con un battito ventricolare prematuro nellambito di una ripolarizzazione ventricolare anomala caratterizzata dal prolungamento dellintervallo Q-T. Pu essere secondaria a forme di QT lungo congenito (Sindromi di Jerwell-Lange-Nielsene Romano-Ward), a forme acquisite su base disionica (ipokaliemia, ipomagnesiemia, ecc.), a farmaci ( vedi lista ), ma anche a lesioni del sistema nervoso centrale, miocardite, ischemia del miocardio e marcata bradicardia. La rimozione delle cause e la correzione della disionia sono alla base del trattamento (Solfato di Magnesio: bolo e.v. 1-2 g in 5-10 min seguito da infusione 1-2 g/h per 4-6 ore + Cloruro di Potassio: 10 m Eq/h no a correzione della disionia). Altra strategia terapeutica lincremento della frequenza cardiaca (Isoproterenolo: 0,01-0,02 microg/Kg/min per infusione continua no a stabilizzazione, oppure Atropina e.v.: bolo e.v. 0,5 mg, ripetibile ogni 10 min no ad un max di 3 mg). Si pu anche considerare lelettrostimolazione temporanea (100-120/min: atriale o ventricolare). Nelle forme congenite e nellintossicazione da antidepressivi triciclici si possono adoperare betabloccanti (esmololo, metoperololo). Nel caso riportato la causa del QT prolungato, che ha generato la torsione di punta, da ritenersi in prima ipotesi secondaria allutilizzo di farmaci. La lista dei farmaci in grado di allungare il QT veramente sterminata: tra questi vanno annoverati anche gli antiretrovirali ed il metadone, che il paziente assumeva in terapia domiciliare. Una puntualizzazione a parte merita lamiodarone usato nella fase territoriale: questo sicuramente controindicato per la sua azione bradicardizzante e, talora, di allungamento del QT. Fortunatamente gli effetti pro-aritmici sono stati limitati dallazione dellamiodarone, farmaco poliedrico dotato anche di effetti stabilizzanti sulleccitabilit di membrana. A nostro giudizio la lieve ipokaliemia ha contribuito solo in parte alla genesi dellaritmia, che sembrerebbe piuttosto correlata al prolungamento del QT dovuto alla terapia con antiretrovirali e metadone.

Figura 1. Tracce monitor 118.


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Figura 2. ECG allarrivo in PS.

Figura 3. Tracce monitor in PS.

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Figura 4. Tracce monitor in PS. Tabella 1. Classi di farmaci associati con la torsione di punta. Classe IA: chinidina, disopiramide, procainamide chinidina, disopiramide. Classe III: sotalolo, amiodarone (rare), ibutilide, dofetilide, almokalant. Altre classi di farmaci associate con la torsione di punta includono: Antibiotici: eritromicina, claritromicina, azitromicina, levofloxacina, moxifloxacina, gatifloxacina, trimetoprim-sulfametossazolo , clindamicina, pentamidina, clorochina. Antifungini: ketoconazolo, itraconazolo. Antivirali: amantadina, farmaci antiretrovirali. Antipsicotici: aloperidolo, fenotiazine, tioridazina, trifluoperazina, sertindolo , zimeldina, ziprasidone. Antidepressivi triciclici e tetraciclici. Antistaminici (antagonisti dei recettori istaminici H1): terfenadina, astemizolo, difenidramina, idroxizina. Antagonisti colinergici: cisapride, organofosfati (pesticidi). Diuretici: indapamide, idroclorotiazide, furosemide. Antipertensivi: bepridil, lidoflazina, prenilamina, ketanserina. Litio. Anticonvulsivanti: fenitoina, carbamazepina (possibile). Ipoglicemizzanti orali. Citrato (massicce trasfusioni di sangue). Cocaina, metadone. Vasopressina (possibile). Fluoxetina (possibile). Alcuni farmaci (per esempio lamiodarone) prolungano di routine il QT, ma sono meno comunemente associati a conseguenze cliniche dovute al QT lungo.

Bibliograa
Tzivoni D, Banai S, Schuger C, Benhorin J, Keren A, Gottlieb S, et al. Treatment of torsade de pointes with magnesium sulfate. Circulation. 1988 Feb; 77(2): 392-7. Gupta A, Lawrence AT, Krishnan K, Kavinsky CJ, Trohman RG. Current concepts in the mechanisms and management of drug-induced QT prolongation and torsade de pointes. Am Heart J. 2007 Jun; 153(6): 891-9.
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Wegener HT, Ehrlich JR, Hohnloser SH. Amiodarone - associated macroscopic T - wave alternans and torsade de pointes unmasking the inherited long QT syndrome. Europace, 2008. 2 voll. 10, n. 1, 112113. Prosser JM, Mills A, Rhim ES, Perrone J. Torsade de pointes caused by polypharmacy and substance abuse in a patient with human immunodeciency virus. Int J Emerg Med. 2008; 1: 217-220. Krantz MJ, Lewkowiez L, Hays H, et al. Torsades de pointes associated with very-high-dose methadone. Ann Intern Med. 2002; 137(6): 501-4. Fanoe S, Hvidt C, Ege P, Jensen GB. Syncope and QT prolongation among patients treated with methadone for heroin dependence in the city of Copenhagen. Heart. 2007; 93: 1051-1055.

Commento
a cura di Federica Stella Medico in Formazione Specialistica, Scuola di Specializzazione in Medicina di Emergenza-Urgenza, Universit degli Studi di Padova Il caso clinico dei colleghi del PS di Cesena ci permette alcune riessioni sulla gestione del paziente che si presenta con torsione di punta. Trattandosi di unaritmia peculiare che prevede un trattamento diverso dalle altre aritmie ventricolari, questa deve essere identicata prontamente per poter essere correttamente trattata. Lesatta epidemiologia della torsione di punta non nota, in quanto esordisce spesso con un episodio sincopale o con sincopi ricorrenti in ambito extraospedaliero. Ci serve a sottolineare, ancora una volta, come lesecuzione precoce di un ECG ed il posizionamento di un monitoraggio ECGraco in continuo permettano di evidenziare cause aritmiche alla base di episodi sincopali. La torsione di punta laritmia di tipica insorgenza in corso di sindrome del QT lungo, e si manifesta per una complessa interazione tra fattori strutturali, metabolici, genetici e farmacologici. Cause scatenanti che generano instabilit elettrica, come disionie, ischemia miocardica ed assunzione di farmaci che inducono allungamento del QT sono ben riconosciute e studiate dalla letteratura. Il rapido riconoscimento e trattamento di tali cause riveste un ruolo primario per il controllo e la risoluzione dellaritmia. Come nel caso presentato, le disionie ed i farmaci possono coesistere nello scatenarne linsorgenza e nel sostenerne gli episodi subentranti. Lesecuzione di un EGA allarrivo del paziente permette una rapida valutazione ed eventuale correzione degli squilibri idroelettrolitici. La raccolta di unaccurata anamnesi farmacologica quindi di cruciale importanza per il riconoscimento e la ricerca di eventuali cause iatrogene dellallungamento del tratto QT. La pronta identicazione e sospensione del farmaco potenzialmente responsabile di allungamento del QT permettono il ripristino della stabilit elettrica e quindi linterruzione della aritmia, con le tempistiche correlate allemivita plasmatica del principio attivo. Nel caso vi sia il sospetto di una sindrome congenita del QT lungo (long QT syndrome - LQTS), ad esempio in pazienti con storia familiare di morte improvvisa, o in pazienti con allungamento del tratto QT senza cause evidenziabili, pu essere ruolo del medico di PS suggerire una valutazione aritmologica, al ne di sottoporla ad un eventuale studio genetico. Nel caso di sindromi congenite, infatti, deve essere importata una terapia con antiaritmici in cronico e deve essere valutata la possibilit dellimpianto di un ICD. Cogliamo inne loccasione per ricordare che, se lallungamento del QT riveste un ruolo noto e riconosciuto dalla letteratura internazionale nella genesi della torsione di punta, si stanno studiando ed identicando sia ulteriori sindromi caratterizzate da alterazioni del tratto QT, sia i geni responsabili di tali alterazioni, che sottendono ad altrettanta instabilit elettrica. In particolare laccorciamento del tratto QT, che congura la sindrome del QT corto (short QT syndrome - SQTS), a sua volta correlata con linsorgenza di aritmie ventricolari, non di tipo torsione di punta, ma bens brillazione ventricolare.

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Take home message del caso clinico


in caso di episodi sincopali ricorrenti, eseguire un monitoraggio ECGraco in continuo permette di evidenziare episodi aritmici che altrimenti resterebbero misconosciuti; ricercare allungamento del tratto QT e le possibili cause reversibili di tali alterazioni; correggere eventuali cause sottostanti che giustichino linsorgenza dellallungamento del tratto QT.

Bibliograa
Sauer AJ et al. Clinical and Genetic Determinants of Torsade de Pointes Risk. Circulation. 2012 Aug; 125: 1684-1694. Bhatia A et al. Repolarization syndomes. Curr Probl Cardiol. 2012; 37(8): 317-62. doi: 10.1016/j.cpcardiol. 2012.03.004. Brenyo AJ. Congenital long and short QT syndromes. Cardiology. 2012; 122: 237247.

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The use of noninvasive mechanical ventilation in blunt chest trauma. Experience in an elderly patient
Di Zio Isabella, Groff Paolo Emergency Department Ospedale Madonna del Soccorso San Benedetto Del Tronto, Italy

Abstract
Traumatic events in elderly population are steadily increasing for the sharp increase in the proportion of this population on the whole, and for the very active lifestyle that it is now adopting, and represent a signicant clinical and prognostic challenge for operators in the ER. Falls are the most common cause of trauma in the elderly, with particular regard to blunt chest trauma with rib fractures, the prognosis of which linearly worsens with the number of fractures involved. Chest trauma in the elderly triggers a series of consequential pathophysiological mechanisms that determine the early onset of dramatic respiratory failure. The use of non invasive ventilation (NIV) in this condition is still poorly investigated. We describe a case of blunt chest trauma with ail ribs in an elderly patient successfully treated with NIV, occurred in our Emergency Department. Keywords: Blunt chest trauma, Non invasive ventilation, Elderly patients, Emergency Department.

Background
Evidence is growing on the use of NIV in patients with chest trauma: Some studies conrm the advantage of this technique compared both to simple oxygen therapy and conventional ventilation, with signicant improvements in blood gases, heart rate and respiratory rate, already at 1 h after beginning, and a lower in- hospital mortality and rate of nosocomial infection (1, 2, 3, 4). Further more, reported complications related to NIV are milder than in intubated patients, mainly nasal ulcers and gastric distension. For these reasons, NIV has been proposed as rst choice treatment in the absence of contraindications. In the lack of clinical response or patients compliance intubation is to be indicated (1). Our experience conrms the efcacy and good tolerability of NIV in blunt chest trauma also in a variety of patients as complex as that of the elderly, characterized by signicant comorbidities.

Case Presentation
An 87 years old woman presents to the ER accompanied by her son, reporting a commotive head injury and closed chest trauma as a consequence of an accidental fall at home getting out of bed. She mostly complains of chest pain, exacerbated by breaths and trunk movements. The clinical history of the patient shows HCV liver disease, cognitive impairment, COPD in OTLT. Vitals at presentation are: BP 140/90; HR 77; RR 25; O2-saturation 93% breathing with a 24% Venturi mask; NRS (Numeral Rating Scale) 6; ISS (Injury Severity Score) 25; GCS 13/15. The patient undergoes primary and secondary surveys according to ATLS guidelines. EKG, laboratory tests, BGA are performed (gure 1); peripheral venous catheter, urinary catheter and cervical collar are positioned; O2 therapy is administered. The patient is subjected to EFAST: negative for traumatic abnormalities. Figure 1.
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Investigations
The chest CT scan shows multiple rib fractures, with bifocal character, from the III to the V, in the left hemithorax. No traumatic lesions of the sternum. Moderate pleural effusion in the left hemithorax. No signs of PNX on a framework of COPD (gure 2 and 3).

Figure2.

Figure 3.

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The brain CT scan shows a millimeter layer of subdural left hyperdensity on a framework of marked cerebral leukoencephalopathy (gure 4).

Figure 4. No injuries of the cervical spine at CT scan.

Differential diagnosis
One difculty in this patient is to establish the priorities for action: head injury or chest trauma. The patient presents with head injury complicated by a minimal hemorrhagic lesion and acute on chronic respiratory failure due to ail chest. GCS is 13 at presentation and the patient slightly confused (probably related to dementia), but BGA and respiratory signs tell us that this patient is not breathing well. Thoracic lesions lead to life-threatening pathophysiological changes such as hypoxia, hypercapnia and acidosis. It is therefore essential to stop the cascade of events to prevent the evolution to SIRS-MOF giving priority to the stabilization of respiratory function.

Treatment
The therapeutic intervention was aimed at ensuring adequate oxygenation and ventilation through the application of NIV, and reducing pain to improve chest compliance and tolerance to treatment through the administration of opioids, in order to prevent possible complications such as infections and atelectasis (5) .

Outcome and follow-up


Our patient is therefore subjected to NIV with a full-face mask, 24 cm H2O pressure support, 5 cm H2O PEEP, 26% inspired oxygen fraction, with short breaks for aerosol therapy and nutrition, for 5 days. In the PSV mode, the patient triggers the ventilator to deliver a variable ow of gas until the airway pressure reaches the selected limit. The setting is adjusted to provide the lowest pressure necessary to get a better gas exchange and patient comfort. The results are checked by continuous monitoring of pulse oximetry and expired tidal volumes. BGA is assessed one our after starting ventilation and subsequently every four hours. A gradual improvement of pH is observed which is nally returned to normal values with a concomitant gradual reduction of CO2 tension to the supposed usual level. Oxygen partial pressure remains that expected in a COPD patient in OTLT (gure 5- table 1).

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Figure 5. Table 1.

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Discussion
Respiratory function is supported by the cooperation between bones and muscles. The skeletal section participates mainly through the movement of the ribs. The contraction of the respiratory muscles combined with the internal and external rotation of the ribs around their axis are the determinants of inspiratory and expiratory movements of the chest wall. In the ail chest a segment of the rib cage is broken in multiple sites detaching from the rest of the chest wall and moving independently from it in the opposite direction during inspiration and expiration, causing a movement that is dened as paradox (5, 6). The damage to the bone structure of the thorax induced by rib fractures disrupt the rib cage and substantially affect the respiratory mechanics, causing decreased lung compliance, increased work of breathing, hypoxia an hypoventilation. Particularly dramatic is the case in which these alterations occur in an elderly patient wherein osteoporosis, sarcopenia and comorbidities contribute to decrease the physiological reserves and ability to tolerate the consequences of the traumatic event. In these patients the chest wall is stiffer, the elasticity of the lungs is reduced and systemic vascular resistance increased. Further more, a deterioration of endocrine function with reduced response to trauma and a reduction in glomerular ltration for the urinary excretion of toxic catabolites have been described (7). The paradoxical movement and the presence of pain may determine a shallow breathing with formation of atelectatic areas in the lung parenchyma. The pulmonary contusion in combination with a simultaneous increase in vascular permeability of the pulmonary capillaries in the injured area, leads to extravasation of uid and the activation of a systemic inammatory response. The disturbance of diffusion, the reduction in compliance and functional residual capacity and the ventilation-perfusion mismatch create an intrapulmonary shunt with consequent PaO2 reduction and lately PCO2 increase. In addition, the pain resulting from fractures contributes to hypoventilation and prevents expectoration (5). Therefore, respiratory failure in chest trauma is the consequence of the association of pain, atelectasis and pulmonary contusion. NIV prevents airway collapse counteracting the onset of atelectasis, restoring the functional residual capacity and normalizing the ventilation-perfusion ratio. In our case, the setting of the ventilator followed the necessity to reach a compromise between the aim to obtain patients tolerance to the ventilatory treatment and the fact that she was already suffering of chronic respiratory failure, accepting a moderate level of permissive hypercapnia. Pain management in this patient was also difcult: elderly patients with dementia usually do not adequately express the pain. In this case it was seen that adequately treating pain led to a reduction of accesses of delirium and a better predisposition to ventilatory treatment.

Take home message del caso clinico


Falls are a frequent cause of multiple trauma in the elderly The traumatized elderly patient should be managed taking into account comorbidities and setting a target different from the young patient NIV in chest trauma provides a valuable therapeutic option.

References
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Sulle tracce dellECG

Sindrome di Brugada
Mauro Fallani*, Sossio Serra**, Federica Stella***, Isabella Di Zio**** * Responsabile UOS Medicina durgenza, Ospedale Ceccarini di Riccione - AUSL Rimini ** Dirigente Medico Medicina durgenzaPronto Soccorso, Ospedale M.Bufalini di Cesena *** Medico in Formazione Specialistica Scuola di Specializzazione in Medicina di Emergenza-Urgenza, Universit degli Studi di Padova **** Dirigente Medico Medicina durgenza Pronto Soccorso Ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto del Tronto Parole chiave: ECG, Sindrome di Brugada, morte cardiaca improvvisa. Keywords: ECG, Brugada Syndrome, sudden cardiac death.

Figura 1.

Interpretazione
Ritmo sinusale con fc di 75 bpm, turbe incomplete della conduzione destra, con sopraslivellamento di ST nelle precordiali destre.

Breve storia clinica


Angelo, 46 anni, giunge in Pronto Soccorso per cardiopalmo. In passato egli ha gi presentato episodi analoghi, per i quali ha effettuato anche degli accessi in Pronto Soccorso e delle visite cardiologiche, risultate sostanzialmente negative per patologie del ritmo; la settimana prossima ha un appuntamento per eseguire un HolterECG. Lanamnesi familiare fornisce il dato della morte improvvisa, allet di 42 anni, di una zia materna, senza particolari in merito. Al triage i parametri risultano i seguenti: PA 150/80 FC 75 bpm FR 28\min SO2 98% AA. Lesame obiettivo risulta sostanzialmente nella norma. Angelo viene sottoposto ai seguenti esami diagnostico-strumentali: valutazione seriata degli indici di necrosi cardiaca; ecocardiogramma risultato sostanzialmente nella norma; monitoraggio multiparametrico da cui si evince una progressiva normalizzazione del tratto ST. Con il sospetto di sindrome di Brugada il paziente viene trattenuto in OBI e nella giornata seguente viene sottoposto, presso il Servizio di Aritmologia, a studio elettrosiologico completato con test alla ecainide (bolo ev. lento 2 mg\kg), che evidenzia nuovamente la comparsa delle alterazioni del tratto ST, gi rilevate in Pronto Soccorso. Il paziente viene afdato ai cardiologi per il successivo iter terapeutico e il follow-up.
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Sulle tracce dellECG

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Figura 2. Differenze del tratto ST nella Sindrome di Brugada e nellinfarto miocardico anteriore. (Oreto et al, modicato).

Ipotesi diagnostiche
Lanomalia ECGraca che preoccupa il medico di guardia in Pronto Soccorso sicuramente rappresentata dalla sopraelevazione del tratto ST. La prima diagnosi da escludere una SCA STEMI ANTERIORE. La differenza risiede principalmente nella morfologia del sopraslivellamento: nel Brugada il punto J sopraslivellato, soprattutto in V1 e V2, poi londa scende in modo ripido no a raggiungere londa T negativa. NellIMA anteriore, invece, il punto J sopraslivellato, maggiormente in V3, ma dal punto J londa pu continuare a salire per formare una T positiva alta, oppure rimanere per un tratto orizzontale e poi discendere no allisoelettrica o no a unonda T negativa. Inoltre nellinfarto si assiste successivamente alla comparsa di unonda Q, evento che non accade mai nel Brugada (gura 2). Sappiamo bene che anche la pericardite presenta un ECG caratterizzato da sopraslivellamento del ST, che per risulta diffuso; inoltre in nostro aiuto interviene sicuramente la clinica del paziente. Disionie: liperkaliemia pu evocare di rado la comparsa dellonda J e del sopraslivellamento di ST nelle precordiali destre. Lipercalcemia pu provocare il sopraslivellamento di ST nelle precordiali destre, per cui si manifesta un apparente rallentamento terminale del QRS, che rende il quadro simile al pattern di Brugada. Pertanto andrebbero sempre valutati gli elettroliti sierici nei pazienti con sopraslivellamento del tratto ST nelle derivazioni precordiali destre. La ripolarizzazione precoce si manifesta con un sopraslivellamento del punto J spesso seguito da unonda positiva soprattutto nelle derivazioni inferiori e in V3-V4. stata spesso considerata come una variante non patologica, legata allincremento del tono vagale, sebbene recentemente alcuni studi labbiano correlata ad unelevata incidenza in soggetti con brillazione ventricolare idiopatica. La distinzione fra Sindrome di Brugada e ripolarizzazione precoce molto importante, soprattutto negli sportivi. Un trucco utile consiste nello spostare gli elettrodi in alto (gli elettrodi da V1-V4 vanno spostati uno o due spazi pi in alto, ad es. V1 e V2 nel secondo e terzo spazio intercostale, anzich nel quarto): nel Brugada le alterazioni in genere permangono, mentre nella ripolarizzazione precoce si riducono o scompaiono del tutto (1). Ipotermia: la caratteristica onda dellipotermia (onda di Osborn) appare come una deessione positiva nella parte terminale del complesso QRS con elevazione del punto J ed generata da un meccanismo simile a quello del Brugada. Lipotermia non pone tuttavia problemi rilevanti di diagnostica differenziale, poich nellipotermico londa J diffusa a pi derivazioni e si associa a QT allungato (2). Malattie che coinvolgono il ventricolo destro: il fenomeno di Brugada stato descritto in diverse patologie che interessano il ventricolo destro: displasia aritmogena del ventricolo destro, contusione miocardica, tumore mediastinico (3).
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Sulle tracce dellECG

Discussione
Nel 1992 stata descritta dai fratelli Brugada una sindrome nuova composta da episodi sincopali e/o morte improvvisa in pazienti con cuore strutturalmente normale e un caratteristico elettrocardiogramma (ECG) con un blocco di branca destra completo o incompleto, con unelevazione del segmento ST da V1 a V3 (4). Nella sindrome di Brugada, la diagnosi si basa sulla storia di morte improvvisa con il tipico pattern elettrocardiograco di elevazione del segmento ST in V1-V3 con o senza blocco di branca destra (4). Tuttavia in alcuni casi la diagnosi diversa, perch certi individui possono presentare un elettrocardiogramma anormale, pur essendo completamente asintomatici; talvolta, se si osservano i criteri elettrocardiograci, c una storia di morte improvvisa in famiglia (4,5). La sintomatologia estremamente variabile: in alcuni casi i pazienti sono del tutto asintomatici, in altri presentano una sintomatologia aspecica caratterizzata da cardiopalmo o vertigini; in altri ancora il sintomo di esordio la sincope o larresto cardiaco, in una percentuale prossima al 20% dei pazienti si pu riscontrare brillazione atriale. Le caratteristiche ECGrache della Sindrome di Brugada sono prevalentemente: 1- Presenza di onda J con sopralivellamento del tratto ST convesso a tenda (Brugada tipo 1) o concavo a sella (Brugada tipo 2 e 3). Viene considerato diagnostico per Brugada un sopraslivellamento dellST > 2 mm in V1-V2-V3. Tuttavia il sopralivellamento del tratto ST nel Brugada pu modicarsi nel tempo ed anche pseudonormalizzarsi. 2- BBD completo o incompleto. 3- PR lungo con BAV di I grado e DAS (presente nel 50% dei casi) (3). La Sindrome di Brugada stata associata a mutazioni a carico del gene SCN5A, che codica per il canale del sodio cardiaco (6); sembra che tali mutazioni siano responsabili della inattivazione del canale del sodio, con una riduzione della sua attivit nella fase precoce del potenziale dazione. La contemporanea presenza di canali del sodio normali con canali del sodio mutati aumenterebbe la durata del periodo refrattario, innescando cos un meccanismo aritmogeno (gure 3, 4).

Figura 3. Schema del gene SCN5A, cromosoma 3p21.

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Sulle tracce dellECG

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Figura 4. Canale del sodio cardiaco. Diverse situazioni cliniche sono in grado di smascherare o esacerbare il pattern ECG della sindrome di Brugada: iperpiressia, iperventilazione iperkaliemia, ipokaliemia, ipercalcemia, intossicazione da cocaina, esotossicosi alcolica, uso di alcuni farmaci, tra cui bloccanti dei canali del sodio, agenti vagotonici, agonisti alfa-adrenergici, bloccanti beta-adrenergici, antidepressivi triciclici (7, 8, 9). stato ipotizzato che lo scatenarsi delle aritmie nel Brugada sia dovuto ad un meccanismo di rientro in fase 2, dovuto ad una diversa ripolarizzazione tra endocardio ed epicardio. Tale anomalia comporterebbe una dispersione della ripolarizzazione e della refrattariet con il conseguente instaurarsi di un periodo vulnerabile durante il quale un impulso anomalo pu instaurare un circuito da rientro e, quindi, unaritmia ventricolare (9, 10). La diagnosi di Sindrome di Brugada non semplice a causa della variet della sintomatologia e della transitoriet del quadro ECGraco. Attualmente la diagnosi si basa su criteri dellECG basale, da sforzo e studio elettrosiologico (10). In particolare, il gold standard per la diagnosi resta attualmente il test provocativo mediante infusione endovenosa di farmaci bloccanti i canali del sodio. Nei pazienti con mutazioni a carico del gene SCN5A, che gi hanno una riduzione della corrente di sodio in entrata, questi farmaci (ecainide 2 mg/Kg ev in bolo lento) riducono ulteriormente tale passaggio di ioni, causando di conseguenza la comparsa o laccentuazione del sopraslivellamento del tratto ST. Attualmente lunica terapia di dimostrata efcacia nei pazienti con diagnosi di Sindrome di Brugada limpianto di ICD, sulla base di una straticazione prognostica (Figura 5).

Figura 5. Schema per la straticazione del rischio nei pazienti con Sindrome di Brugada. (modicata da Priori SG) (13)
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I pazienti ad alto rischio devono prendere in considerazione limpianto di ICD. I pazienti a basso rischio vengono seguiti in follow-up regolari per evidenziare tempestivamente eventuali modicazioni allECG o linsorgere di una nuova sintomatologia. In assenza ancora di una univoca operativit, la gestione dei pazienti a rischio intermedio viene afdata al giudizio clinico (12,13). In Pronto Soccorso non cos infrequente il sospetto di sindrome di Brugada (questo caso ne la dimostrazione). Pi frequentemente il medico durgenza pu trovarsi a gestire pazienti con sindrome di Brugada nel contesto di scenari clinici di ogni tipo. Per questi pazienti non va mai dimenticato che condizioni assai comuni e banali possono precipitare in aritmie fatali e pertanto va sempre attuato un accorto monitoraggio con particolare attenzione al: Controllo degli squilibri idro-elettrolitici; Controllo della temperatura corporea in corso di iperpiressia; Controllo dei farmaci che vengono somministrati (nel sito www.brugadadrugs.org viene continuamente aggiornata la lista dei farmaci che andrebbero evitati).

Bibliograa
1. Sangwatanaroj S, Prechawat S, Sunsaneewitayakul B, Sitthisook S, Tosukhowong P, Tungsanga K. New electrocardiographic leads and the procainamide test for the detection of the Brugada sign in sudden unexplained death syndrome survivors and their relatives. Eur Heart J. 2001; 22: 2290-6. 2. Priori SG, Napolitano C, Gasparini M et al. Natural History of Brugada Syndrome. Insight for risk stratication and management. Circulation. 2002; 105: 1342-1347. 3. Noda T, Shimizu W, Tanaka K, Chayama K. Prominent J wave and ST segment elevation: serial electrocardiographic changes in accidental hypothermia. J Cardiovasc Electrophysiol. 2003; 14: 223. 4. Brugada P, Brugada J. Right bundle branch block, persistent ST segment elevation and sudden death: a distinct clinical and electrocardiographic syndrome. J Am Coll Cardiol. 1992; 20: 1391-1396. 5. Priori SG, Barhanin J, Hauer RNW et al. Genetic and molecular basis of cardiac arrhythmias impact on clinical management. Circulation. 1999; 99: 674-681. 6. Martini B, Nava A, Cannas S et al. La syndrome Morte improvvisa giovanile, blocco di branca destra e sopraslivellamento del tratto ST. GIAC. 1999; 3. 7. Chen Q, Kirsch GE, Zhang D et al. Genetic basis and molecular mechanism for idiopatic ventricular brillation. Nature. 1998; 392: 293-296. 8. Dumaine R, Towbin JA, Brugada P et al. Ionic mechanisms responsible for the electrocardiographic phenotype of the Brugada Syndrome are temperature dependent. Circ Res. 1999; 85: 803-809. 9. Kasanuki H, Ohmishi S, Ohtuka M et al. Idiopathic ventricular brillation induced with vagal activity in patients without obvious hearth disease. Circulation. 1997; 95: 2277-2285. 10. Remme CA, Wever EF, Wilde AA et al. Diagnosis and long term follow up of the Brugada Syndrome in patients with idiopatic ventricular brillation. Eur Heart J. 2001; 22: 400-409. 11. Antzelevich C. The Brugada Syndrome: ionic basis and arrhythmia mechanisms. J Cardiovasc Electrophysiol. 2001; 12: 268-272. 12. Wilde AAM, Antzelevitch C, Borggrefe M et al. For the Study Group on the Molecular Basis of Arrhythmias of the European Society of Cardiology. Proposed diagnostic criteria for the Brugada Syndrome. Consensus Report. Circulation. 2002; 106: 2514-2519; Eur Heart J. 2002; 23: 1648-1654. 13. Priori SG, Napolitano C, Gasparini M et al. Natural History of Brugada Syndrome. Insight for risk stratication and management. Circulation. 2002; 105: 1342-1347.

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Clinical Outcomes Associated With Procalcitonin Algorithms to Guide Antibiotic Therapy in Respiratory Tract Infections. Philipp Schuetz, et al. JAMA 2013;309:717
Nelle infezioni del tratto respiratorio (RTI) un sovrautilizzo del trattamento antibiotico espone a diversi rischi, primi fra tutti quello di sviluppare resistenze agli antibiotici stessi ed infezione da Clostridium difcile. Limpiego della procalcitonina (Pct) raccomandato allinterno di diversi algoritmi decisionali ( presente ad esempio in documenti di riferimento e linee guida che fanno capo anche alla European Respiratory Society ed alla Surviving Sepsis Campaign) per quanto riguarda lintraprendere ed il cessare la prescrizione di antibiotici, con evidenze documentate anche nel contesto del Dipartimento di Emergenza (ED) ed in particolare nei pazienti affetti da polmonite acquisita in comunit (CAP). I vantaggi dimostrati negli studi sino ad ora pubblicati in letteratura, relativi appunto allutilizzo della Pct sul piano decisionale, riguardano la riduzione sia del tasso di fallimento che di esposizione agli antibiotici (riducendone la prescrizione soprattutto nei casi di riacutizzazione di broncopneumopatia cronica ostruttiva e di bronchite, sia nel setting delle cure primarie che per i casi di infezioni meno severe), che di durata del trattamento (sia in ED, che in Unit di Terapia Intensiva, che per le CAP); il tutto senza che sia stato riscontrato un conseguente aumento della mortalit per RTI. Va sottolineato come, negli studi qui citati e commentati, non siano inclusi pazienti immunocompromessi e pediatrici, ed i casi di infezioni non respiratorie; va ricordato inoltre come non sia ancora stato chiaramente dimostrato limpatto di costo-efcacia degli algoritmi basati sullutilizzo della Pct nei casi di RTI in contesti differenti per caratteristiche e logistica (in particolare in ambienti diversi per intensit di cura e per localizzazione geograca).

Is Hospital Admission for Heart Failure Really Necessary? The Role of the Emergency Department and Observation Unit in Preventing Hospitalization and Rehospitalization. Sean P Collins, et al. J Am Coll Cardiol 2013;61:121
Ecco un punto di vista, da Autori Statunitensi, sulla ottimizzazione auspicabile della gestione dei casi acuti di insufcienza cardiaca (HF). Non vi chiarezza n uniformit di comportamento riguardo alle indicazioni al ricovero ospedaliero in urgenza nei casi di HF. Se in alcuni (ma sostanzialmente ben pochi) casi vi sono elementi che rendono lospedalizzazione indiscutibile (edema polmonare, ischemia miocardica, shock cardiogeno, indicazione a test o a procedure invasive o a monitoraggio intensivo, necessit di agenti inotropi endovena o di supporto circolatorio meccanico o di monitoraggio emodinamico), molti sono invece i casi in cui laccesso al Dipartimento di Emergenza (ED) indotto dal peggioramento della congestione in un quadro di HF cronica, meritevole del solo trattamento decongestionante e sintomatico, che per spesso esita in ricovero nel timore di eventi avversi post-dimissione: in questi casi, nel tempo della degenza, anche a fronte di eventuali rilevanti e complesse comorbosit, spesso il solo trattamento effettivamente intrapreso quello diuretico endovenoso. Molti e rilevanti sono gli aspetti controversi nella gestione in acuto dei pazienti con HF: la mancanza di trattamenti oggettivamente efcaci nei casi con funzione sistolica integra, lassenza di provvedimenti terapeutici evidentemente efcaci specicamente attuabili nel ED, lelevato tasso di eventi avversi che occorrono post-dimissione (nel 33% dei casi nuova ospedalizzazione o decesso a 60-90 giorni), la mancata evidenza che lospedalizzazione sia di per s in grado di ridurre il tasso di eventi avversi a breve e lungo termine e conseguentemente modicare la storia di malattia. Ad oggi, solo il 10-20% dei casi di HF dimesso al domicilio direttamente dal ED; questi pazienti presentano un aumentato tasso di eventi avversi rispetto a quello (20-30%) registrato nei dimessi al domicilio a seguito di un ricovero ospedaliero. Molti dei casi di HF dimessi da ED, poi, vi ritornano presto per essere quindi ricoverati, ma ci che appare pi interessante che nel 40% dei casi lindicazione al ricovero viene a quel punto posta per motivi non cardiologici. Unappropriata straticazione del rischio per i pazienti con HF nel ED quindi necessaria, per poter indirizzare i casi a basso rischio verso percorsi alternativi allospedalizzazione che ne garantiscano per un analogo esito clinico.
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Gli Autori propongono allora una valutazione standardizzata che valorizzi: cause precipitanti importanti quali ischemia, aritmie non controllate ed infezioni; condizioni emodinamiche alla presentazione quali ipossia, ipotensione e shock cardiogeno; altre condizioni rilevanti quali insufcienza renale, iponatriemia, broncopneumopatia cronica e diabete. Allo stesso modo necessario, per un completo inquadramento dei casi, intraprendere il trattamento con diuretici endovena e nitroglicerina sublinguale, per poi poter rivalutare il quadro complessivamente dopo il trattamento stesso e rafnare allora la straticazione del rischio. possibile identicare un primo gruppo di casi con HF a basso rischio, che rispondono rapidamente alla terapia tornando alle condizioni preesistenti senza manifestare alcuna condizione ad alto rischio; questi pazienti potranno allora essere dimessi al domicilio direttamente o dopo un breve periodo di osservazione nel ED. Vi sar poi un secondo sottogruppo intermedio di casi che risponderanno parzialmente alla terapia nel ED, in cui i sintomi si risolveranno in parte, senza che si sviluppino condizioni a rischio elevato; anche per questi pazienti potranno essere presi in considerazione percorsi alternativi al canonico ricovero ospedaliero. Un terzo ed ultimo gruppo risulter ad alto rischio e svilupper un peggioramento clinico nonostante la terapia intrapresa; questi pazienti dovranno ovviamente essere ospedalizzati per approfondire liter sia terapeutico che diagnostico. Gli Autori a questo punto propongono, per i casi di HF che non siano risultati ad alto rischio, un percorso breve che garantisca unappropriata straticazione del rischio, volta ad identicare il livello di intensit di cure pi adeguato, e fornisca nel frattempo allo stesso modo gli stessi cardini dellospedalizzazione: ottimizzazione dello stato volemico, risoluzione dei sintomi, ripristino delle condizioni preesistenti per consentire un sicuro rientro al domicilio. Per questo breve periodo di osservazione e trattamento dei pazienti con HF, il ED identicato come contesto ideale ed il medico durgenza (EP) come fulcro del percorso: gi documentato come una quota rilevante di casi migliori la condizione di dispnea dopo il trattamento standard somministrato in ED, e molti giungano a risoluzione completa nellarco di 24 ore; il monitoraggio dei parametri vitali (ma anche della risposta diuretica, e del peso corporeo) usualmente garantito nelle aree di osservazione breve allinterno del ED, cos come la possibilit di eseguire indagini laboratoristiche e strumentali e seguirne levoluzione longitudinale; anche la fase di educazione e di follow up usualmente possono seguire percorsi ben deniti di continuit delle cure post-dimissione. ovvio che un percorso di questo tipo imponga un circolo virtuoso di collaborazione a livello locale tra EP, cardiologo, internista, e medico di medicina generale, ed a livello pi ampio richieda protocolli ampiamente condivisi, nonch unattenta analisi dei risultati, soprattutto in termini di rapporto rischio / benecio e costo / efcacia.

Interpreting arterial blood gas results. Nicholas J Cowley, et al. BMJ 2013;346:f16
Se i cultori pi ni della materia potranno anche indignarsi, i principianti possono invece trarre certamente qualche stimolo da questa sintesi attraverso la quale gli Autori propongono un approccio sistematico, una sorta di scaletta ed una chiave di lettura dei risultati di una gasanalisi arteriosa. A partire da un caso clinico, si passa dallinterpretazione della condizione di ossigenazione a quella del pH, poi dei bicarbonati standard e delleccesso di basi (NB: gli Autori sono Anestesisti - Intensivisti), poi della pressione di anidride carbonica, inne degli altri dati riportati sul referto dellesame gasanalitico. Premetto che metto subito le mani avanti: da una rivista prestigiosa come il BMJ ci si poteva aspettare anche di meglio, ma in 7 paginette (tabelle comprese) credo che lo sforzo sia encomiabile ed il risultato indiscutibilmente interessante. Si tratta necessariamente (e lo era evidentemente anche nellintento degli Autori) di una estrema semplicazione mirata ad incrementare la diffusione della cultura della gasanalisi arteriosa a partire da un punto zero; il rischio principale che vi connaturato ovviamente quello di scadere in alcune parti in una sorta di banalizzazione (credo risulti particolarmente fragile e quindi esposta anche a pericolosi potenziali fraintendimenti la parte dedicata ai compensi dei disturbi acido-base), ma ovvio che si tratta di un punto di partenza per stimolare i lettori ad un successivo approfondimento. Tra i punti di particolare interesse, gli Autori sottolineano alcuni aspetti cruciali e spesso trascurati quali, la necessit di rivalutare evolutivamente il dato, e le principali cause di errore nellanalisi dei campioni arteriosi. Come annotazione nale, per chi leggendo larticolo avesse notato un range inusuale di valori numerici per quanto riguarda il rapporto P/F (PaO2/FIO2), va ricordato come le pressioni parziali dei gas arteriosi siano espresse avendo come unit di misura i kPa e non i mmHg.
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The ability of the National Early Warning Score (NEWS) to discriminate patients at risk of early cardiac arrest, unanticipated intensive care unit admission, and death. Gary B Smith, et al. Resuscitation 2013;84:465
Lutilizzo e la standardizzazione dei sistemi a punteggio di allarme precoce (Early Warning Scoring Systems) raccomandato come supporto obiettivo, nella cosiddetta catena della prevenzione, per identicare e trattare con tempismo ed efcacemente i pazienti in rapido deterioramento clinico. Viene valorizzata, con un sistema pesato a punti, lalterazione pi o meno marcata dei segni e parametri vitali (inseriti in un apposito database) al ne di evidenziare lindicazione ad attivare precocemente un sistema organizzativo che porti alla risposta in emergenzaurgenza di un gruppo di esperti specicamente formato (Medical Emergency Team, Rapid Response Team) per la gestione e la presa in carico dei pazienti critici o ad elevato rischio evolutivo, cos da migliorarne lesito. Gli Autori di questo lavoro monocentrico hanno sviluppato e testato nel tempo diversi scores a punteggio no allattuale, il National Early Warning Score (NEWS) (che include frequenza respiratoria, saturazione periferica in ossigeno, necessit di ossigeno supplementare, temperatura corporea, pressione arteriosa sistolica, frequenza cardiaca, stato di vigilanza e coscienza secondo il sistema AVPU), che in questo articolo viene valutato per la capacit predittiva nelle 24 ore successive riguardo ad esiti quali la mortalit intraospedaliera, larresto cardiaco e la necessit di ricovero in Unit di Terapia Intensiva (ICU). In poco meno di 26 mesi sono state analizzate 198755 raccolte di parametri vitali di 35585 pazienti: nellarco delle successive 24 ore in 199 casi si vericato arresto cardiaco, in 1161 ricovero imprevisto in ICU, in 1789 decesso. La capacit predittiva (misurata con larea sotto la curva ROC - receiver-operating characteristic) da parte del NEWS risultata superiore rispetto ad altri 33 scores posti a confronto, sia per la combinazione dei 3 esiti che per ogni singolo esito, eccetto che per larresto cardiaco. Da notare alcuni aspetti di rilievo sui criteri di inclusione ed esclusione: lanalisi relativa a pazienti acuti in ambito internistico, con leccezione dei pazienti di et < 16 anni, dei ricoveri avvenuti direttamente in ICU, e dei casi chirurgici; sono invece stati compresi nellanalisi i casi DNAR (Do Not Attempt Resuscitation).

Haemorragic Complications in Emergency Department Patients Who Are Receiving Dabigatran Compared With Warfarin. Russell Berger, et al. Ann Emerg Med 2013;61:475
Cresce linteresse verso i nuovi anticoagulanti ed allo stesso tempo aumentano i dati e le osservazioni disponibili relativi al loro utilizzo nella quotidiana pratica clinica. Questo studio riguarda il dabigatran (D), inibitore per competizione diretta della trombina, indicato come alternativa al warfarin (W) nella prevenzione dello stroke cardioembolico nei pazienti affetti da brillazione atriale: il D rispetto al W presenta maggiore semplicit di dosaggio, minore necessit di monitoraggio laboratoristico e minori interazioni con altri farmaci e cibo non essendo sottoposto al metabolismo epatico del citocromo P 450. Il D ha una dose ssa somministrata 2 volte al d, unemivita plasmatica di 12-17 ore ed uneliminazione primariamente renale: non ne esiste un antagonista diretto che ne possa annullare leffetto anticoagulante, e poco si sa relativamente alle complicanze emorragiche per quanto ne riguarda i fattori di rischio, le caratteristiche cliniche e la gestione terapeutica, soprattutto in urgenza e nel Dipartimento di Emergenza (ED). Nel periodo di 7 mesi dello studio sono stati identicati 15 pazienti in trattamento con D giunti in ED per un evento emorragico; i casi sono stati confrontati con un campione di 25 pazienti in trattamento con W, anchessi giunti in ED a causa di un sanguinamento. La sede pi frequente di sanguinamento risultata essere quella gastrointestinale (80% dei pazienti con D, 48% dei casi in W). I pazienti in trattamento con D hanno presentato, rispetto a quelli con W: minor tasso di emorragia intracranica (nessun caso; 8 invece nei 25 pazienti in trattamento con W, di cui in 5 casi traumatica ed in 3 spontanea), simile mortalit (12% versus 13%), degenza pi breve (con differenza particolarmente marcata in caso di emorragia digestiva), trasfusione di un minor numero di unit di plasma fresco congelato e di eritrociti concentrati, minor tasso di complicanze a rischio vita (27% versus 56%), simile tasso di danno renale acuto (53% versus 42%), nessuna infusione di complessi protrombinici concentrati, n fattore VII ricombinante attivato, n emodialisi. Nei soggetti in trattamento con D, let avanzata e lalterazione della funzionalit renale (cronica ed acuta, incidendo sul prolo farmacocinetico) rappresentano i principali fattori di rischio emorragico.
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Interessante la discussione relativa alla ridotta durata della degenza nei pazienti con emorragia in corso di terapia con D; varie sono le ipotesi ed interpretazioni possibili menzionate dagli Autori: la breve durata dazione e la presumibile minore durata anche del sanguinamento; il fatto che, non avendo a disposizione test coagulativi specici cui fare riferimento, lopportunit di dimettere al domicilio si valuti essenzialmente sulla sola risposta clinica; o anche che, non avendo ancora sufciente esperienza e condenza con lutilizzo e gli eventi avversi del D, si tenda ad ospedalizzare anche i casi meno severi.

Revised criteria for suspicion of non-benign positional vertigo. A SotoVarela, et al. QJM 2013;106:317
La diagnosi differenziale delle diverse forme di vertigine (in particolare se benigne o meno) si basa fondamentalmente sulle caratteristiche cliniche che emergono da anamnesi, esame obiettivo e risposta al trattamento (in particolare le manovre di riposizionamento). In alcuni casi selezionati, il sospetto di una genesi dal sistema nervoso centrale (per lo pi sclerosi multipla, tumori cerebrali e stroke del tronco encefalico) pone indicazione allesecuzione di indagini strumentali, tra le quali la risonanza magnetica risulta essere di particolare efcacia. Dopo una breve ed interessante analisi siopatologica dei caratteri delle vertigini posizionali parossistiche benigne (BPPV), gli Autori passano in rassegna e discutono criticamente i classici criteri diagnostici proposti nel 1952 da Dix ed Hallpike, relativi in particolare alle caratteristiche del nistagmo indotto dalle manovre, sottolineandone gli aspetti pi ambigui in rapporto al rischio di falsi negativi. Gli Autori (di estrazione Otorinolaringoiatrica) giungono quindi a proporre nuovi criteri per sospettare una vertigine posizionale che non sia benigna: presenza di altri sintomi e segni di anomalie neurologiche (con particolare attenzione a cefalea, diplopia, alterazione a livello dei nervi cranici e della funzione cerebellare), comparsa di nistagmo in assenza di capogiri ai test posizionali, direzione atipica del nistagmo (posizionale verticale battente verso il basso, multidirezionale ai test posizionali eseguiti in momenti diversi), scarsa risposta alle manovre, frequente ricorrenza dei sintomi (confermata dai test posizionali in almeno 3 occasioni).

ED intensivists and ED intensive care units. Scott D Weingart, et al. Am J Emerg Med 2013;31:617
Secondo quanto emerso dalle esperienze maturate negli Stati Uniti dAmerica, gli Autori analizzano come allinterno dei Dipartimenti di Emergenza (ED) si siano create negli anni settori specicamente approntati per garantire cure intensive destinate ai pazienti critici, per tutto il tempo di permanenza in ED no a che non ne sia possibile il trasferimento, una volta resosi disponibile un posto letto in Unit di terapia Intensiva. Se no a non molti anni fa il medico durgenza (EP) era lo specialista delle fasi di rianimazione/diagnosi/stabilizzazione del paziente critico e della prima decisiva ora di trattamento, adesso, dato il sovraffollamento delle strutture ospedaliere e la limitazione delle risorse disponibili, deve inevitabilmente farsi carico anche delle fasi successive (ore e giorni), mantenendo il medesimo livello di attenzione e di prestazione, in attesa che si renda disponibile una pi denitiva allocazione del paziente stesso allambiente di cura ritenuto pi adeguato. Due sono i modelli principalmente adottati: il primo prevede la gura del EP intensivista, gura medica di esperienza e riferimento che si fa carico dei pazienti critici o collabora con la propria consulenza, partecipa ai programmi formativi ed organizzativi specici allinterno del ED, fungendo da elemento di connessione tra il ED e gli altri ambienti di cura, intensivistici o meno, allinterno dellospedale. Il secondo modello invece prevede unarea del ED destinata ai soli pazienti critici, spesso con staff medico ed infermieristico dedicato (almeno per parte della giornata), in grado di fornire unassistenza praticamente sovrapponibile a quella dei letti di ICU di cui si attende la disponibilit; quando il EP intensivista non sia presente, larea gestita analogamente dagli altri EP secondo protocolli condivisi. Queste aree rappresentano oggigiorno unimprescindibile valvola di sfogo per tutto lospedale, dato il sovraffollamento ubiquitario e la carenza dei posti letto intensivistici, ma soprattutto rappresentando un ponte diretto delle cure del paziente critico a cui altrimenti non sarebbero garantite alternative adeguate; allo stesso modo questo settore pu rappresentare lambiente dal quale, dopo alcune ore di trattamento con elevata intensit di cura ed evoluzione favorevole, sia possibile il trasferimento ad unarea di trattamento al di fuori della ICU.
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Dopo avere affrontato i principali scenari clinici relativi ai pazienti critici, la cui valutazione e trattamento devono essere garantiti da tutti i EP, gli Autori si soffermano su altre considerazioni estremamente interessanti, tra le quali alcune meritano di essere menzionate: la necessit di un percorso formativo specico specialistico per i EP intensivisti, il loro ruolo allinterno dellospedale anche al di fuori dellED, lutilit e lopportunit di protocolli condivisi, limpatto di tali modelli organizzativi in termini di costi e risparmio, nonch di effetti sulla gestione ottimale e di esito dei pazienti.

Riassunto, recensione e commento a cura di Rodolfo Ferrari. Medicina dUrgenza e Pronto Soccorso. Policlinico SantOrsola Malpighi. Azienda Ospedaliero Universitaria di Bologna.

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