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Epidemiologia e Medicina Preventiva


Prevenzione primaria, secondaria e terziaria. Misure in epidemiologia. Studi descrittivi. Studi analitici.
Studi sperimentali. Test di screening.
L’epidemiologia è lo studio, nelle popolazioni, dei diversi fattori (ambientali, genetici e comportamentali)
che condizionano la presenza e la diffusione delle malattie. Branca delle scienze mediche che ha per
oggetto lo studio dello stato di salute e di malattia di popolazioni umane in rapporto con i fattori genetici,
l’ambiente e le abitudini di vita; con il fine di individuare i fattori positivi di benessere e quelli causali delle
malattie, le loro modalità di intervento e le condizioni che ne favoriscono od ostacolano l’azione.

L’epidemiologia clinica è l’applicazione dei metodi epidemiologici all’attività clinica. Fornisce al medico
strumenti per leggere criticamente la letteratura scientifica, trarne preziose informazioni e contribuire allo
sviluppo della conoscenza scientifica.

Per eseguire un’indagine epidemiologica bisogna avere a disposizione:

• una popolazione;
• la frequenza degli eventi;
• caratteristiche individuali (biologiche, comportamentali e ambientali).

L’indagine epidemiologica può essere:

• descrittiva: descrizione della frequenza e della distribuzione della malattia nelle popolazioni al fine di
generare ipotesi di studio o indicare priorità per i servizi;
• analitica: comprensione della relazione tra esposizione e malattia al fine di individuare il nesso di
casualità e prendere decisioni cliniche.

In uno studio sull’associazione tra esposizione a una causa e la frequenza di una malattia, si può verificare
una condizione di confondimento. Un fattore di confondimento è una variabile in grado di generare
un’associazione apparente (confondimento positivo), oppure di mascherare un rapporto realmente
esistente (confondimento negativo) tra una certa esposizione ed una determinata malattia o esito clinico.
Per esempio, l’associazione tra abuso di alcool e cancro del polmone è dovuta all’effetto confondente del
fumo, Il fumo è correlato al carcinoma polmonare (è anch'esso un determinante*). Chi assume alcool fuma
di più di chi non ne assume.

*Caratteristica individuale oggetto della nostra osservazione

Il confondimento si verifica quando gli effetti di due esposizioni (fattori di rischio) non sono stati presi in
considerazione separatamente e quindi si conclude in modo non corretto affermando che quell'effetto è
dovuto all'una piuttosto che all'altra variabile. Per esempio, in uno studio sulla associazione tra il fumo di
tabacco e il cancro polmonare l'età sarebbe un fattore di confondimento se le età medie dei gruppi dei
fumatori e dei non fumatori nella popolazione studiata fossero molto diverse, poiché l'incidenza del cancro
polmonare aumenta con l'età.

In altre parole, il CONFONDIMENTO è il fenomeno per il quale la relazione VERA esistente tra l’esposizione
e la malattia risulta alterata per la presenza di un altro fattore, o variabile, detto appunto CONFONDENTE.
Si ha MODIFICAZIONE DI EFFETTO o INTERAZIONE quando la relazione tra esposizione e malattia dipende
dalla presenza o meno di un determinato fattore (detto modificatore di effetto).
Stato di salute

Stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non soltanto assenza di malattia.

Concetto di prevenzione

Ci sono tre livelli di prevenzione ad ognuno dei quali corrisponde lo stadio della malattia e il tipo di
interventi da effettuare.

• La prevenzione primaria si attua nello stadio di “suscettibilità” o “premalattia” mira a rimuovere le


cause di malattia o incrementare le difese individuali (usando dispositivi come mascherine, igienizzare
le mani, ecc.) prima ancora che insorga la malattia.
• La prevenzione secondaria agisce nello stadio “subclinico o latente della malattia” (fasi iniziali della
malattia) e consiste nell’individuazione e nella correzione di condizioni di rischio o di stati patologici in
fase preclinica ovvero prima che la malattia diventi sintomatica, attraverso test di screening
• La prevenzione terziaria limita le conseguenze fisiche e sociali della malattia attraverso la riabilitazione
e la limitazione della disabilità, nelle malattie già in atto ed irreversibili

Alcuni fattori di rischio quali genetici, ambientali, ambienti di lavoro e personali aumentano la probabilità di
contrarre una malattia.
Anche per le malattie cronico-degenerative esistono interventi di prevenzione, primaria, secondaria e
terziaria, con la differenza che in questo caso si guarisce difficilmente.

Epidemiologia

Scienza che studia le malattie e i fenomeni ad esse correlati attraverso:

• Osservazione della distribuzione e dell’andamento delle patologie nella popolazione


• Individuazione dei fattori di rischio
• Programmazione interventi preventivi e curativi (epidemiologia sperimentale e epidemiologia dei
servizi)

Ambiti di applicazione dell’epidemiologia

• Studio dei fenomeni epidemici


• Ricostruzione della storia naturale delle malattie e della loro diffusione
• Identificazione dei fattori di rischio e di quelli protettivi
• Valutazione degli interventi sanitari preventivi, diagnostici e terapeutici
• Indicazione per la definizione delle priorità in sanità pubblica
• Determinazione di parametri per la valutazione di efficacia, efficienza e qualità dei servizi sanitari
• Valutazioni tecniche per la soluzione di problemi legali
Definizione di tasso

Può essere:

VS

Differenza tra tasso di incidenza e prevalenza

• Incidenza: numero di nuovi casi di una malattia in una popolazione a rischio (in una coorte di persone
sane), in un determinato periodo di tempo.

• Prevalenza: numero di casi di malattia presenti sulla popolazione totale, in un determinato istante.
Poiché il fattore «tempo» non è importante nel calcolo della prevalenza, questa misura è una
«proporzione» (assume un valore compreso fra 0 e 1)
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑖 𝑖𝑛 𝑢𝑛 𝑎𝑛𝑛𝑜
• Tasso di mortalità: il tasso di natalità è analogo
𝑝𝑜𝑝𝑜𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑎 𝑚𝑒𝑡à 𝑎𝑛𝑛𝑜

𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑟𝑡𝑖 𝑛𝑒𝑙 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑜 𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑣𝑖𝑡𝑎


• Mortalità infantile: 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑛𝑎𝑡𝑖 𝑣𝑖𝑣𝑖 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑎𝑛𝑛𝑜

• Tasso di attacco: è un particolare tasso di incidenza che misura la frequenza di una malattia, di una
condizione cronica o di un trauma, in una particolare popolazione e in riferimento ad un limitato
intervallo di tempo, ad esempio durante un'epidemia. Nel calcolo del tasso di attacco, il numeratore è
costituito dal numero di nuovi casi del problema sanitario oggetto di studio nel corso dell'epidemia e il
denominatore è la popolazione all'inizio del periodo.
Fonti dei dati epidemiologici

Già raccolti:
Censimento e statistiche anagrafiche
Certificati di nascita e morte
Denunce malattie infettive
Registri di patologia (es. tumori)
Fonti ospedaliere (SDO, registri, cartelle cliniche, ecc.)
Ministeri, assicurazioni, INAIL, INPS, associazioni ecc...
Parametri ambientali

Non disponibili: si possono raccogliere con:


Questionari
Esami fisici (peso, altezza ecc.)
Esami ematochimici
Misurazioni ambientali
Osservazione diretta
Misurazione da parte di terzi
Diari (es. alimentari)

Come effettuare misure epidemiologiche di rischio

Bisogna porsi come obiettivo quello di stabilire un rapporto causale tra una variabile ed una malattia, e
trovare un’associazione. Per associazione si intende il grado di dipendenza statistica tra due o più eventi
variabili. L’associazione può essere:

• Associazione secondaria o indiretta: due o più eventi sono in relazione tra loro perché esiste un fattore
causale comune.
• Associazione non causale (artificiale): una circostanza esterna (fattore di confondimento) crea
un’associazione tra due variabili.
• Associazione causale diretta: una ben definita esposizione provoca o aumenta il rischio di un
determinato effetto.

Un fattore causale può essere:

• necessario: quando un determinato effetto deve sempre essere preceduto da una particolare causa.
(ad esempio il diabete è un fattore causale necessario per l’insorgenza del diabete)
• sufficiente: quando produce inevitabilmente un particolare effetto.

Le cause necessarie sono frequenti nelle patologie infettive, ma non in quelle cronico-degenerative, dove i
singoli fattori causali non sono né necessari né sufficienti. Per tali motivi i fattori causali delle malattie
croniche sono normalmente denominati FATTORI DI RISCHIO. I Fattori di Rischio di una malattia possono
essere caratteristiche della persona o essere elementi a cui la persona è esposto, che aumentano la
probabilità di comparsa di una malattia o di una determinata condizione. Possono essere distinti in:

• Componenti genetiche o ereditarie


• Fattori ambientali
• Fattori nocivi presenti negli ambienti di lavoro
• Abitudini individuali
I fattori di rischio devono esaudire una serie di criteri:

Sequenza temporale: Il presunto fattore di rischio deve sempre precedere temporalmente l’insorgenza
della malattia.

Plausibilità biologica: La possibilità logica che l’esposizione in studio possa causare la malattia.

Forza o grado dell’associazione: Maggiore incidenza della malattia in studio nel gruppo degli esposti
rispetto a quello dei non esposti.

Consistenza: Presenza del supposto rapporto di associazione in diverse condizioni.

Relazione dose-risposta: Aumento dell’effetto all’aumentare dell’esposizione.

Reversibilità: Riduzione dell’incidenza della malattia alla eliminazione della causa, dopo un necessario
periodo di latenza.

Assenza di fattori di confondimento: Non c’è confusione tra due variabili supposte causali, tale che parte o
tutto l’effetto attribuito ad una delle due, è nei fatti dovuta all’effetto dell’altra.

Come si possono misurare i rapporti causa-effetto?


Tipologie di rischio attribuibile
Valutazione del rischio

Un fattore di rischio è un fattore che aumenta la probabilità dei soggetti a esso esposti di contrarre una
determinata malattia. Può essere rappresentato da una condizione geneticamente determinata, da una
abitudine personale, da un particolare stile di vita, da un evento accidentale, ecc.

Come si fa a stabilire che l’insorgere di una malattia sia favorita da un determinato fattore di rischio?
Attraverso l’epidemiologia analitica, ossia quella disciplina che ci fornisce il corretto metodo di indagine per
stabilire l’eventuale relazione causa-effetto esistente fra fattori di rischio e malattie.

Per indagare una relazione causa-effetto, bisogna innanzi tutto determinare se fra i due eventi esiste una
associazione statistica. Dimostrando che tra due eventi esiste un certo livello di associazione, non facciamo
altro che dimostrare che il contemporaneo verificarsi dei due eventi non è legato al caso, ma che invece
esiste fra di essi un certo grado di dipendenza.
Tuttavia, dimostrare e misurare l’associazione statistica (cioè che i due eventi si verificano
contemporaneamente in un individuo e che tale associazione non è legata al caso) non vuol dire però
necessariamente che fra le due variabili esista una relazione causa-effetto:
• Quando l’associazione fra due eventi è realmente causale (ossia è il fattore di rischio a determinare la
malattia) si parla anche di associazione eziologica.
• Al contrario, può spesso verificarsi che pur esistendo fra due eventi un’associazione statisticamente
significativa, essa risulti non causale: si parla in questi casi di associazioni indirette e di associazioni
spurie. Esistono in letteratura numerosi studi che hanno messo in evidenza associazioni statistiche poi
risultate non eziologiche: un classico esempio di associazione indiretta è rappresentato
dall’associazione fra consumo di caffè e infarto del miocardio. In questo caso il reale fattore di rischio
era rappresentato dal fumo di sigaretta: il maggiore consumo di caffè riscontrato nel gruppo dei
soggetti malati era in realtà associato al maggior consumo di sigarette in questo gruppo (la vera
relazione era dunque quella esistente fra caffè e fumo). In questo caso si parla di associazione indiretta,
ovvero di relazione “mediata” dal reale fattore di rischio.
• Esiste poi la possibilità che l’associazione sia spuria, ovvero sia il risultato dell’intervento di un vero e
proprio errore nella conduzione dello studio.
Ma come fare a distinguere un’associazione indiretta o spuria da una vera associazione eziologica?
È possibile validare un’associazione statistica quale associazione causale, valutando attentamente alcuni
parametri:

- forza: essa coincide con il valore della misura di associazione utilizzata nello studio.
- consistenza: si può affermare che un’associazione sia consistente quando il risultato di uno studio viene
confermato da studi successivi; coincide cioè con la consistenza dei risultati di studi condotti in tempi
diversi o da gruppi di ricerca differenti.
- relazione temporale:
- plausibilità biologica: il riscontro di un’associazione statistica fra un fattore di rischio e una malattia
dovrebbe essere sempre preceduto (o al massimo seguito) da una serie di indagini sperimentali che
possano far ipotizzare un nesso di causalità. L’associazione fra l’esposizione a una sostanza e l’insorgenza di
cancro, per esempio, deve sempre essere accompagnata da prove di cancerogenicità in vitro.
- relazione dose-risposta: un’ulteriore prova che l’associazione sia causale è data dalla dimostrazione che
all’aumentare della dose di esposizione aumenti anche la probabilità di malattia.

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