Indice:
Introduzione
2.1 Gli effetti psico-sociali di COVID-19 sugli atteggiamenti e sui comportamenti degli
adolescenti
2.2 Analisi e interventi sociali per gli adolescenti nel periodo successivo alla pandemia
3.1 Esperienza di isolamento sociale vissuta da educatori e ragazzi all’interno di una comunità
educativa
3.2 Interventi di gruppo nel settore
Conclusioni
Bibliografia
Metti annata vicino all’autore che nomino
Associazioni, istituzioni solo la prima lettera va maiuscola e data
Bibliografia:
Mettere cognome maiuscolo poi virgola e iniziale nome autore poi punto, (1999). Titolo maiuscolo
https://it.wikipedia.org/wiki/COVID-19
https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/10408363.2020.1783198 (The
COVID-19 pandemic)
Secondo Favretto A., Maturo A., Tomelleri S. (2021) il Covid è un evento sociale
senza dei confini temporali definiti, ed essendo un virus dunque è anche un
fenomeno biologico. Si crea così un bias epistemologico, ovvero noi siamo
soggetti e oggetti di studio contemporaneamente. Oltre al termine pandemia che
caratterizza ormai il nostro secolo si introduce anche quello di sindemia ovvero
l’incontro di due condizioni patologiche che si potenziano a vicenda con esiti
dannosi, come ad esempio possono essere i fattori di rischio legati alle condizioni
sociali. L’ipotesi che si viene a creare è che le caratteristiche fisiche
(obesità e malattie polmonari rendono i soggetti molto più fragili di fronte al
virus) vengano plasmate dallo stile di vita e che di conseguenza nascano le
diseguaglianze sociali. Queste criticità si verificano in modo più diretto con
persone di basso status socioeconomico, con soggetti più esposti al rischio del
virus e con persone/ vulnerabili a causa di patologie pregresse. Oltre a questa
tipologia di frattura la sociologia si occupa di porre ulteriormente lo sguardo sugli
effetti sociali e sanitari, sul mantenimento della stabilità sociale, sulla
distribuzione delle cure e la ripartizione delle risorse. È possibile ricostruire un
quadro generale della società in questa epoca se si prendono come riferimento le
esperienze individuali, gli elementi di sistema e le dimensioni istituzionali.
Lusardi e Bova illustrano come gli operatori abbiano affrontato gli effetti della
pandemia grazie alla riorganizzazione dei servizi stessi, più collaborazione tra i
professionisti e l’utenza e più responsabilità e sostegno da parte di quest’ultima.
L’aumento della forza e della densità dei legami intra professionali fa sciogliere il
peso della burocratizzazione e l’isolamento rispetto alle altre istituzioni sanitarie.
Oltre a questi fenomeni però una considerevole attenzione si deve porre anche alle
strutture generazionali. Tra le forme di pregiudizio più diffuse nell’epoca del
COVID possiamo trovare l’ageismo, ovvero la discriminazione nei confronti di
persone di veneranda età. Essi in breve tempo sono diventati il bersaglio più
semplice del virus ed emarginati di fronte alle forme di smartworking, l’accesso a
Internet, smartphone, computer e social che però in questi anni di emergenza
sanitaria hanno preso il sopravvento più che mai. Il punto focale su cui si
dovrebbe lavorare è tra il virus e la capacità delle politiche sociali di proteggere
tutti i più fragili con interventi adeguati senza vincoli di età. Gli autori prendono
in considerazione anche l’età adulta, focalizzandosi soprattutto sul lavoro e la sua
riorganizzazione. Per alcune fasce di lavoratori la salute e l’interruzione della vita
relazionale è causa di turbamento, mentre per i lavoratori più fragili il primo
pensiero va verso il reddito, la sicurezza e l’identità sociale. Libertà e
coscienziosità sono caratteristiche proprie dell’essere adulti che però durante il
periodo pandemico sono state represse da una costante richiesta di maggiore
controllo sociale per contenere il contagio, un orientamento normativo e una
notevole responsabilità individuale. Tutto ciò però forse in modo inconsapevole ci
sta inducendo ad accettare misure di sorveglianza formali, informali e di
autocontrollo sempre più evidenti. Il punto di arrivo dell’asse generazionale
riguarda la gioventù e la modalità di relazioni che vengono ad instaurarsi a seguito
dello sconvolgimento della vita quotidiana. Cardano ci presenta una ricerca
relativa all’influenza della vita di relazione per la salute mentale su un campione
di seimila studenti torinesi, la quale mostra attraverso i dati che un’importante
fonte d’ansia dichiarata dai giovani intervistati riguarda non soltanto aspetti di
natura relazionale, quanto l’aver sperimentato una battuta di arresto nelle proprie
performance individuali.
Tutto ciò causa effetti negativi sia dal punto di vista cognitivo, sia da quello
psicologico, sia da quello relazionale.
Anche la comunicazione assume un ruolo cruciale specialmente tra mass media e
social media poiché rappresenta la dimensione reale e la vita quotidiana. La
pandemia sta rivoluzionando l’assetto della realtà sociale stessa. La
comunicazione normalizza le scelte compiute e quelle che si presentano come
inevitabili nel futuro. A seguito di un’analisi dei messaggi di Twitter durante la
pandemia si è notato come nella prima fase lo scambio di informazioni si sia
diffuso in modo ordinato, mentre nella seconda fase quest’ultime sono state intinte
di rabbia e di paura. Da questo quadro emergono chiaramente fragilità strutturali,
tecnologiche, culturali ed economiche. Anche l’impatto della DAD mette gli
insegnamenti di fronte a un duplice incarico: offrire un seguito all’apprendimento
e continuare a stimolare la comunità di classe. Gli adolescenti infatti non trovano
appagamento nei loro bisogni di crescita e formazione, gli adulti sono costretti ad
adattarsi a una nuova tipologia di vita e gli anziani ad affidarsi alla società che
offre loro protezione e riguardo.
La crisi sanitaria reclama un ripensamento della società italiana proprio perché è
avvenuta una profonda rottura dell’equilibrio in ogni settore della sfera di vita. In
questo volume la sociologia indaga sulle possibilità di interazione a livello
personale, gruppale, organizzativo e ambientale; ricercare delle strategie di
risoluzione dei problemi sociali; riorganizzare lo spazio sociale per rispettare il
protocollo sanitario; riformulare il proprio tempo. La resilienza di fronte a questi
periodi non può che essere fondamentale perché rappresenta un processo sociale
di azione e reazione delle persone, dei gruppi, delle organizzazioni e delle
istituzioni di fronte ad eventi sfavorevoli, ma se invece aumenta l’incertezza delle
risorse, delle istituzioni allora la vulnerabilità sociale inizia a dilagare.
Quest’ultima può avere una natura sistemica e complessa. La risposta sociale che
ha generato il Covid è differente in base alle caratteristiche dei gruppi sociali,
dell’ambiente, delle istituzioni e delle politiche sociali ed economiche, ma non
esclude nessuno, anzi sono tutti travolti in una fenomenologia del rischio. Per
affrontare nel miglior modo una crisi sanitaria di questo tipo occorre capire come i
problemi si intersechino tra loro e quali interventi mettere in atto per gestire al
meglio l’impatto sociale che la pandemia ha provocato. Si cerca specialmente di
ricostruire gli assetti socio economico del pre-pandemia riconoscendo che le
società neoliberiste fossero già fragili.
Fabrizio Battistelli, Maria Grazia Galantino “Sociologia e politica del coronavirus” Tra
opinioni e paure (mettere bene bibliografia del libro)
Brown nel suo editoriale “ Studying COVID-19 in light of critical approaches to risk and
uncertainty: research pathways, conceptual tools, and some magic from Mary Douglas”
ci mostra come il rischio venga studiato dalle scienze sociali per essere attenuato. Esso
implica particolari configurazioni di probabilità, categorie, tempi e valori.
I media costruiscono una spaccatura tra la percezione del rischio personale e l’aumentata
percezione del rischio in se. L’umanità viene ignorata dal rischio tramite la
considerazione sui “fattori”. L’età è uno dei fattori principali per classificare il rischio.
“La percezione del rischio è un costrutto psicologico soggettivo influenzato da variazioni
cognitive, emotive, sociali, culturali e individuali sia tra individui che tra paesi diversi.”
Esso è inoltre correlato con fattori socioculturali di ogni paese e dipende se si è avuto
esperienza diretta col virus.
https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/13698575.2020.1745508
La precauzione è il miglior principio per la gestione del rischio. I rischi subiscono delle pressioni
che sono amplificate dalla libertà e dalla disponibilità dell’informazione pubblica. Esso può
tollerare un danno derivante da circostanze abbastanza prevedibili, mentre l’emergenza si
manifesta come situazione imprevista. Se ci si trova di fronte ad una pandemia come nel nostro
caso, si interviene nella prima fase dell’evento. Come si è visto però i sistemi sanitari non erano
pronti a intervenire efficacemente in questa situazione e la percezione di un ipotetico rischio è
stata sottovalutata. Le misure regionali effettuate per la salvaguardia dei cittadini di fronte al
virus hanno previsto molte limitazioni alle libertà individuali senza offrire una proporzione tra i
sacrifici e i benefici. Nel caso dell’emergenza Covid il principio di precauzione non è riuscito a
prevenire restrizioni illegittime dei diritti e libertà fondamentali.
https://journals.uniurb.it/index.php/pea/article/view/2322/2167
A livello globale notiamo quanto tra gli operatori sanitari la maggior parte di questi siano
donne, quindi esse sono maggiormente esposte al rischio di essere infettate e di essere
sottoposte al disturbo da stress post traumatico. Gli uomini invece secondo il Global
Heart sono i soggetti più predisposti al virus. La ricerca sociologica ha inoltre mostrato
interesse verso i giovani e sul loro patrimonio di valori che trasmettono di generazione in
generazione, mostrando quanto essi siano diventati i protagonisti di questa era Covid. Le
generazioni tra di loro si tramandano il patrimonio etico e morale. Ciò che viene appreso
dalle generazioni successive viene racchiuso nella dimensione valoriale o normativa, ma
a loro volta queste forniscono continuità e rilancio. La generazione z ad esempio è quella
che si riferisce a coloro che sono nati tra il 1995 e il 2010 e le cui caratteristiche sono:
autonomia, determinazione, motivazione. Il loro scopo è quello di sviluppare un processo
di crescita sia come individuo sia come gruppo e il raggiungimento del proprio potenziale
umano in ogni ambito della vita quotidiana. Attraverso l’analisi condotta sui dati Evs
dello studio di caso sugli studenti dell’Università cattolica di Milano, si cerca di
riconoscere quali sono i valori più rilevanti per i giovani della generazione z. Ciò che
nasce dalla ricerca è che la dimensione relazionale e quella individuale sono le più
significative. L’ultima parte dell’indagine cerca di studiare il cambiamento dei valori
successivi al Covid, tramite due quesiti. Nel primo si chiede ai partecipanti se avessero
contratto il virus e si nota come solo il 13% affermi di si. La religione, la società e
l’impegno sociale diventano fattori influenti per coloro che hanno vissuto in prima
persona l’emergenza. Nella seconda domanda si cerca di comprendere se i ragazzi
avvertano un cambiamento di valori durante l’emergenza e circa l’89% risponde
positivamente. Ciò che si evince è che l’amicizia, l’indipendenza, la libertà, il tempo
libero, lo studio, il rispetto per gli altri e l’attenzione per l’ambiente siano i componenti
principali di questo millennio. Nel primo gruppo i giovani hanno messo al primo posto
valori principali del benessere universalmente accettati, nel secondo gruppo l’importanza
viene posta sulla religione, politica e meno per l’impegno sociale. Si può notare infatti
quanto sia presente una trasmissione culturale di generazione in generazione.
“Why Older People Managed to Stay Happier Through the Pandemic” è un articolo
contenente degli studi sul modo in cui gli anziani hanno vissuto il periodo di emergenza
sanitaria. Da questo traspare che nonostante gli anziani siano i soggetti più fragili di
fronte al Covid, essi sono riusciti a trascorrere questa crisi senza troppe ansie e paure, a
differenza degli adolescenti. Gli anziani durante la pandemia hanno manifestato di avere
una notevole stabilità emotiva, privilegiando le emozioni positive a discapito di quelle
negative che anch’essi sono stati costretti ad affrontare. Questo non significa che non
abbiano sofferto per la situazione, ma che la loro età gli ha lasciato un bagaglio di
esperienze che ha permesso loro di saper reagire positivamente ad ogni evento stressante
della vita. Le persone di una certa età, più di chiunque altro, hanno dovuto resistere al
distanziamento anche con i propri cari pur di tutelare la propria salute, nonostante li
sentano comunque vicini a loro emotivamente. Inoltre molti di questi anziani si sono
ritrovati a dover fare i conti con la tecnologia, unica fonte accessibile per restare in
contatto. Essi quindi cercano di gestire in modo diverso la quotidianità, cambiando le
priorità e accettando il futuro. L’invecchiamento è una risorsa essenziale per la società.
https://ilbolive.unipd.it/it/news/resilienza-anziani-fronte-pandemia
https://deliverypdf.ssrn.com/delivery.php?
ID=6871010670081020220240260030790930900960550580470230430310910051090861050290880271210610530000000330970521170731270240200
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Ciò consente di disciplinare gli individui in una logica del vincolo esterno. Da un lato la
popolazione acquisisce il ruolo di infante da “educare” sotto la rigida gestione dello stato.
Dall’altra invece si trasferisce l’attenzione dalla dimensione macro della pandemia a
quella micro dell’individuo. Non è certo che il distanziamento porti ad una netta
diminuzione del contagio ma indubbiamente le sue ripercussioni sono notevoli
specialmente per le relazioni e i beni relazionali. In secondo luogo esso non permette che
si creino aggregazioni di qualsiasi genere.
Distanziamento sociale: il mezzo o il fine? 4 giugno 2020 Brian Cepparulo
Il blocco delle attività economiche ha portato alla chiusura delle imprese, aumentato
notevolmente la disoccupazione e accentuato le disuguaglianze di genere e di classe.
Negli Stati Uniti la possibilità di fare smartworking varia tra i vari strati socioeconomici,
mentre in Cina e in Italia dipende dal greenpass.. Ciò che sembra ormai far parte delle
nostre giornate è il termine distanziamento poiché secondo la logica attuale esso ci pone
al riparo da eventuali contaminazioni del virus. La mascherina è diventata infatti il
simbolo di questa lontananza fisica e di difesa del singolo. Simmel introduce tra i primi il
concetto di “Soziale Distanz” e pensa allo spazio come ad un contenuto psichico col
quale l’anima fa esperienza. Il distanziamento sociale può essere di vari tipi: affettivo,
normativo, interattivo, culturale.
Nel primo caso Emory Bogardus condusse uno studio attraverso il quale valutó la
distanza sociale su scala, analizzando le reazioni di persone ad altre persone. Del secondo
caso si sono dedicati Simmel e Durkheim giungendo alla conclusione che non si tratta di
una distanza affettiva, bensì strutturale. Nel caso della distanza interattiva l’attenzione
viene posta sulla frequenza e intensità delle relazioni tra gruppi. La quarta tipologia di
distanziamento è quello culturale proposto da Bourdieu che racchiude anche il tema delle
disuguaglianze.
Per molte culture la vicinanza fisica, il contatto con l’altro rappresenta benevolenza nei
confronti di un’altra persona, ma in altre culture come quella giapponese non è così, anzi
la distanza è richiesta come manifestazione dei propri spazi vitali conferendo a ciò un
valore salvifico.
https://sociologiaclinica.it/wp-content/uploads/2020/07/MdP20-Cleto-Corposanto-
DISTANZA-SOCIALE-O-DISTANZA-FISICA.pdf
La ricerca sulla distanza sociale in Italia coinvolge sette aree urbane nelle quali sono stati
esaminati due gruppi sociali: upper e lower per scoprire la tattica di distanziazione
sociale. Quest’ultima rappresenta lo spazio che sussiste tra soggetti che appartengono a
gruppi sociali diversi, spazio che i loro membri concorrono attivamente.
Secondo Simmel la costruzione dei gruppi sociali e delle loro relazioni rappresenta il
prodotto dei processi di distanziamento. Il termine distanza sociale evidenzia
l’indisponibilità e la chiusura relazionale di una persona nei confronti di altri che non
sono riconosciuti simili alla propria categoria sociale. Essa risulta l’esito dell’intreccio tra
la dimensione fisica, simbolica e geometrica. In Europa il tema della distanza sociale si
associa principalmente alla diversa distribuzione del potere economico, politico e
culturale fra i ceti e alla stratificazione sociale. Bottero e Prandy realizzano un’analisi
sulla distanza sociale esaminando il sistema di interazioni e le distanze tra gli individui
nello spazio sociale. Questo modello cerca di comporre le strutture concepite
dall’interazione degli individui che generano differenze gerarchiche. Stewart (1973) ad
esempio applica una misurazione della distanza sociale in relazione alle occupazioni
svolte dal gruppo di amici di un individuo. In altri studi invece viene esaminata la
distanza geografica come generatrice di distanza sociale poiché la lontananza tra la
popolazione delle aree rurali e urbane è differente. In altri ancora viene posta l’attenzione
sulla performance scolastica per distinguere ciò che causa distanziamento.
Non sempre però la distanza sociale individuale rappresenta una distanza del gruppo di
appartenenza. Allo stesso modo la distanza fra gruppi non procura inevitabilmente una
distanza fra individui che fanno parte di gruppi distanti. Rummel ci mostra quali sono gli
ambiti in cui la distanza sociale può espandersi:
Personal distance: la distanza a partire dalla quale si invade il territorio altrui;
psicological distance: la distanza tra due persone in termini di motivazione, abilità,
manifestazioni stati umorali; interests distance: la distanza tra le persone riguardo i
desideri, negli obiettivi; affine distance: la distanza nel grado di simpatia, di affetto;
social attribute distance: la distanza tra due persone in relazione al reddito ; status
distance: riguarda la differenza tra le ricchezze e il potere; class distance: riguarda il
grado rispetto al quale una persona può essere superiore di un’altra; cultural distance:
comprende le differenze nei valori, nelle norme.
Questo processo rievoca allo stesso tempo la mobilità sociale presente nelle società
moderne e una riflessione sulla stratificazione sociale poiché all’interno si creano forme
di distanziamento sociale. Sorokin (1981) riteneva che i soggetti occupano una posizione
sociale generata dalla distanza sociale. Quest’ultima ha un carattere processuale e
multidimensionale e può essere influenzata anche dalla dimensione culturale,
dall’istruzione e da altri fattori. La percezione di distanziamento varia in base ad una
differenziazione simbolica che le interazioni e gli scambi impiegano dentro ogni singolo
gruppo sociale o struttura relazionale. Coloro che autorizzano la distanza sociale sono
quelli che hanno vissuto forme di esclusione e disuguaglianza oggettiva, mentre coloro
che sono meno inclini a ciò non si identificano all’interno di una società urbana che
discrimina.
https://www.academia.edu/280510/
Le_espressioni_della_distanza_sociale_Un_approccio_analitico_testuale_tramite_luso_di
_T_LAB
https://www.romolocapuano.com/la-distanza-sociale-in-sociologia/
https://www.cambridge.org/core/journals/international-psychogeriatrics/article/
loneliness-and-social-isolation-during-the-covid19-pandemic/
47ED3121405BEF3CC628A2E73E176594
Per misurare il distanziamento sociale si possono applicare vari tipi di interventi:
incentivare l’igiene delle mani o l’utilizzo delle mascherine, la sorveglianza dei contatti,
la quarantena, la chiusura totale delle attività e la didattica a distanza per le scuole.
L’aggettivo sociale si riferisce a ciò che è adatto a vivere in società o che riguarda la
società stessa, mentre il termine distanziamento sociale viene associato ad una
separazione di classi sociali. Con il termine distanziamento sociale non si intende
necessariamente una riduzione del contatto sociale ma prevalentemente di quello fisico.
Legato all’isolamento sociale riscontriamo nella solitudine un fattore fondamentale
perché rappresenta uno stato adattivo che ci segnala una minaccia o alle volte incentiva
forme di comportamento che contrastano l’isolamento. L’UCLA loneliness scale
(Russell,1996) è un questionario composto da dieci item che provano a misurare la
percezione dei partecipanti di essere socialmente isolanti. Nel 2018 è diventata la scala di
solitudine unidimensionale più usata in tutto il mondo. Comprende un insieme di venti
elementi differenti che richiedono alla persona in questione come si sente in ogni
situazione. Si è verificato che le condizioni di depressione e solitudine trovano conferma
nelle stesse persone. Per quanto riguarda le forme di isolamento e solitudine esiste un
fenomeno di ritiro sociale noto in Giappone che prende il nome di Hikikimori, termine
che significa “stare in disparte” ed é stato inventato da Saito. Negli anni settanta
hikikimori si diffuse notevolmente. Questo fenomeno comprende: uno stile di vita
racchiuso in casa, scarsa motivazione nel frequentare le attività scolastiche o lavorative,
durata dei sintomi superiore a sei mesi, nessuna relazione esterna. Colpisce
principalmente la fascia tra i quattordici e i trent’anni e riguarda principalmente i ragazzi.
Inizialmente veniva considerata come una corrente culturale, ma in seguito viene
associata ad un forte disagio. In Italia ad esempio il fenomeno del ritiro sociale è
riconciliabile alla dipendenza di internet. Solitamente gli hikikomori sono giovani maschi
primogeniti di ceto sociale medio-alto, di età compresa tra 19 e 30 anni(con un forte
incremento tra gli under 19 negli anni duemila) con la prima manifestazione del disagio
nel 23% dei casi già al primo anno delle scuole medie inferiori. Solo il 10% dei soggetti
interessati è di sesso femminile e di solito il periodo di reclusione è limitato; è possibile
comunque che molti casi di hikikomori tra ragazze non siano riconosciuti come tali, in
quanto i giapponesi percepiscono il ritiro in casa delle donne una consuetudine all'interno
della propria società. Uno studio condotto dal Ministero della salute, del lavoro e delle
politiche sociali del Giappone nel 2003 in tutti i centri di salute mentale del Paese ha
dimostrato che vi sono state oltre 14 000 consultazioni per hikikomori in un anno, non
includendo il numero di consultazioni dei genitori. In Italia si stima che un individuo ogni
250 sia soggetto a comportamenti a rischio di reclusione sociale; altre stime parlano
invece di un individuo su 200. Nel 2013, secondo la Società Italiana di Psichiatria, circa 3
milioni di italiani tra i 15 e i 40 anni soffrivano di questa patologia.
Molte ricerche hanno inoltre posto l’attenzione sulla solitudine definita come ritiro
sociale e isolamento sottolineando il rischio di sentimenti di solitudine di tipo negativo.
La solitudine durante l’adolescenza può essere imposta, subita oppure può suscitare
timore ed è soprattutto in questa fascia d’età che viene data molta più importanza alle
relazioni con i pari e alla visione di sé nel mondo. È molto probabile che il giovane per
crescere abbia bisogno di fare esperienza con la solitudine per poter affrontare il normale
processo di crescita e nell’adattamento psicologico. Nelle relazioni con i pari infatti i
ragazzi strutturano un fattore protettivo contro la depressione, l’alienazione e i
comportamenti devianti. Lo stesso vale per quanto riguarda il rapporto con la famiglia
che è di primaria importanza nel generare fiducia e abilità con la quale essi si troveranno
a fronteggiare la vita adulta. Per l’adolescente i momenti di solitudine possono essere un
modo per riflettere su se stessi, diventare autonomi, crearsi un proprio pensiero, facendosi
carico delle proprie azioni e responsabilità. Da uno studio di Corsano et al. nel quale si
studia la relazione tra autodeterminazione al comportamento solitario, sentimento di
solitudine e attitudine nei confronti dell’esperienza di solitudine, emerge che più il
giovane si autogestisce nel comportamento solitario, tanto meno si percepisce solo e di
conseguenza riesce a considerare positivamente l’esperienza. Se invece questo
comportamento lo subisce, può essere esposto più facilmente ad un maggior disagio nelle
relazioni con i pari. In sostanza, la solitudine può assumere connotati positivi se risponde
ad un bisogno di sviluppo e riesce a promuovere il benessere psicologico. Al contrario,
può essere un fattore di rischio se la condizione di isolamento è stata imposta, come nel
caso in questione della pandemia da coronavirus. È emerso che la timidezza è un dato che
spesso si associa alla solitudine. La studiosa Ester Buchholoz sostiene che la solitudine
permette di crescere in tutte le fasi dello sviluppo.
2.1 Gli effetti psico-sociali di COVID-19 sugli atteggiamenti e sui comportamenti degli
adolescenti
“Dalla sofferenza sono emerse le anime più forti, i personaggi più massicci sono segnati
da cicatrici”( Kahlil Gibran). Tra queste anime emergono inaspettatamente i bambini, i
quali sono considerati una risorsa essenziale di qualsiasi nazione sin dai tempi antichi.
L’infanzia è celebrata come il momento di maggior fioritura della mente umana. Questa
fase della vita è apprezzata per l’apprendimento del decoro sociale, dei valori,della
morale, dei principi e della visione di vita positiva.
I bambini sono degli esseri fragili che spesso tendono a non condividere le loro emozioni
con i loro cari e questi ultimi molte volte tendono a non ascoltarli e a sottovalutare ciò
che sentono. Spesso l’adulto tende addirittura a scaricare sul bambino le proprie tensioni,
non rendendosi conto del male che può procurare loro, poiché essi le assorbono
completamente senza remore. Ciò non fa altro che sovraccaricare i bambini di una
notevole tensione emotiva. I bambini molte volte hanno la necessità di esternare ciò che
sentono pur di sentirsi liberi dal punto di vista emotivo, ma conseguentemente desiderano
qualcuno che gli insegni come affrontare la vita. In questi casi è necessario il sostegno di
un operatore che avendo vissuto la stessa esperienza traumatica è disposto ad ascoltare e
confortare il giovane. Pur essendo ancora piccoli, essi dimostrano di possedere un
linguaggio semplice e diretto che il più delle volte però non possono adoperare con chi si
prende cura di loro per paura di ferire. Questo meccanismo fa sí che si tengano tutto
dentro, finché con l’arrivo di un aiuto esterno essi possono finalmente sfogarsi. I bambini
però sono anche proiettati verso il futuro con nuove speranze e aspettative, come se fosse
un trampolino di lancio verso nuove esperienze. Spesso dovremmo guardare il mondo
con i loro occhi per riacquisire più tenerezza, fiducia e speranza, quasi come se fossero
loro le nostre guide.
https://www.francoangeli.it/Area_PDFDemo/239.340_demo.pdf
Anche loro però mostrano segni di debolezza di fronte ad un evento traumatico. Rabbia e
irritabilità sono le prime reazioni dei bambini di fronte ad un evento stressante. Una volta
percepite, essi tendono ad esprimerle urlando, buttandosi a terra, scappando e
rinchiudendosi dietro al silenzio. Noia e insicurezza sono ulteriori sentimenti che i
fanciulli provano una volta che sono costretti a dover stare rinchiusi in casa, ma è bene
che essi imparino a conviverci poiché l’imprevedibilità del contesto crea disagio e
confusione. Molti per vincere la noia tentano di ripercorrere la loro vecchia routine nel
precedente lockdown creando così una mappa delle vecchie abitudini. Succede in questo
periodo che i ragazzi perdono facilmente la pazienza, siano più suscettibili e nervosi,
facciano fatica a concentrarsi. Possono anche avvenire regressioni sia nel comportamento
che nell’utilizzo di determinati giochi. Anche la stanchezza e l’affaticamento, difficoltà
nelle interazioni sociali e l’isolamento sono normali conseguenze del vissuto durante il
Covid e si verificano con una incessante voglia di sdraiarsi spesso sul letto. Tutte queste
emozioni possono celare anche la difficoltà a prendere sonno, probabile conseguenza di
un animo agitato. Bambini e ragazzi possono far fatica ad addormentarsi, oppure si
svegliano frequentemente durante la notte a causa di incubi. Allo stesso modo anche
l’ipersonnia non è un buon segnale per i bambini. Nelle bambine possiamo riscontrare
maggiori problemi col cibo attraverso una perdita dell’ appetito o un modo di mangiare
inconsapevole. In questa nuova situazione c’è il rischio che il bambino abbandoni il senso
di efficacia del suo processo di risoluzione dei problemi e del suo agire. I bambini hanno
un bisogno evolutivo di rispecchiamento e riconoscimento con chi li circonda, in modo
tale che essi possano sentirsi più sicuri e più forti. È fondamentale che il bambino,
specialmente in momenti come questi, sviluppi autoconsapevolezza, empatia, auto
motivazione e controllo degli impulsi, purtroppo però il distanziamento sociale impedisce
lo svolgimento di giochi fisici, generando maggiore irrequietezza e sintomi
psicosomatici. Anche la separazione da chi si prende cura di loro può generare uno stato
di crisi che potrebbe aumentare i rischi di disturbi psichiatrici, disturbi da adattamento e
sofferenza. Il 30% infatti assolve criteri clinici per il disturbo da stress post traumatico.
Sapere che i propri cari possono stare male o essere affetti da coronavirus procura nei
bambini ansia e attacchi di panico. Non possiamo trascurare che ad aggravare l’ansia nei
bambini vi è anche la mancanza di organizzazione dovuta all’assenza della routine
scolastica. Quest’ultima priva a ciascuno di loro di un punto di riferimento importante
nelle loro vite unito per la strutturazione del loro senso di identità. I bambini tra i tre e i
sei anni se vengono esposti troppo spesso a fonti di stress tendono ad essere più a rischio
di uno sviluppo atipico permanente dato che il loro cervello non si è ancora sviluppato
pienamente. In relazione a ciò i sintomi che possono insorgere sono diversi ovvero: un
eccessivo attaccamento; il timore che i propri cari possano contrarre l’infezione;
disattezione; irritabilità; domande frequenti. Possono ulteriormente comparire
comportamenti esternalizzanti di tipo aggressivo e litigioso al posto del pianto, della
tristezza o della preoccupazione. In quest’ottica è stata avviata una indagine con lo scopo
di monitorare l’impatto della pandemia sullo stato psicologico e sociale dei bambini, con
attenzione su famiglie con figli portatori di malattia cronica a circa tre settimane dal
lockdown. Ciò che è emerso è che nel 65% e nel 71% dei bambini con un’età inferiore ai
sei anni, i disturbi più diffusi sono stati quelli relativi al sonno, all’ansia, all’irritabilità,
difficoltà di addormentarsi, risvegli notturni. Nei bambini con una fascia d’età compresa
tra i sei e i diciott’anni i disturbi più marcati hanno colpito la componente somatica ( ad
esempio la mancanza d’aria) e i disturbi del sonno ( difficoltà di risveglio per iniziare le
lezioni per via telematica a casa) dovuti ad una sorta di “jet lag” domestico. Sopra i sei
anni invece i comportamenti disfunzionali dei bambini coincidevano con lo stato d’animo
dei genitori, indipendentemente dalla presenza di disturbi psichici di questi ultimi.
https://www.gaslini.org/wp-content/uploads/2020/06/Indagine-Irccs-Gaslini.pdf
https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/pediatria/il-covid-19-ha-ampliato-
le-disuguaglianze-anche-nei-bambini
https://www.aslcittaditorino.it/wp-content/uploads/2018/07/Report-Giovani-e-
Pamdemia-1.pdf
https://www.recentiprogressi.it/r.php?v=3608&a=35873&l=344702&f=allegati/
03608_2021_05/fulltext/RPM_0521.09_Rassegna%20-%20Minozzi.pdf
La minaccia del lockdown e la presenza saltuaria della scuola provoca nei ragazzi una
maggiore difficoltà nell’acquisizione di competenze educative e scolastiche, specialmente
per gli studenti del Sud d’Italia. La scuola infatti offre una finestra di libertà, possibilità di
interazione con compagni e anziani, conforto psicologico oltre a fornire pedagogia e
scolastica. Promuovono l’importanza dell’igiene personale, dell’attività fisica, del cibo
sano e delle abitudini corporee. Gli effetti negativi di questo fenomeno si riscontrano
nell’aumento della dispersione scolastica (34.000 studenti sono a rischio dispersione) e
nella dispersione implicita ovvero coloro che terminano gli studi ma senza aver acquisito
le competenze necessarie che il percorso di studi dovrebbe fornire. Inoltre viene colpito il
diritto all’istruzione da cui derivano anche le disuguaglianze educative. A causa
dell’assenza dell’istituzione scolastica, sono aumentati gli abusi sui minori, l’abbandono
dell’istruzione formale, l’indulgenza verso l’alto. Anche la frustrazione che aleggia
nell’ambiente domestico è un fattore importante se ci riferiamo alla violenza domestica
sui bambini in concomitanza con aggressioni psicologiche e punizioni fisiche da parte
delle figure genitoriali provocando in essi disturbi psicosomatici e neuropsichiatrici.
Perdite di affetto, l’interruzione della scuola, i problemi relazionali, costituiranno il
rischio di sfruttamento sessuale e gravidanze adolescenziali. La pedopornografia ha preso
il sopravvento in questo periodo perché l’utilizzo informatico è aumentato tra i bambini e
quindi molti adulti si approfittano di questa condizione per importunarli. Oltre a ciò, ci
troviamo di fronte a diversi milioni di bambini richiedenti asilo e sfollati che sono stati
costretti a convivere segregati in luoghi sovraffollati o centri abusivi senza beni primari e
servizi medici. Le misure di prevenzione difficilmente potevano essere realizzabili in
queste condizioni e le autorità assistenziali per l’infanzia spesso non acconsentono di
offrire riparo a bambini migranti non accompagnati. Ci sono purtroppo anche molti
bambini che a causa di questa infezione hanno perso i genitori, diventando presto vittime
di abbandono, traffico di minori, accattonaggio forzato e lavoro minorile. Un altro fattore
negativo riguarda gli alti livelli di inattività fisica con conseguenze deleterie sull’obesità
infantile, sulla qualità e quantità del sonno, sull’utilizzo esasperato delle tecnologie ed
episodi di autolesionismo. L’impatto che più preoccupa sulla salute mentale dei ragazzi
riguarda l’incremento di casi di depressione e ansia oltre a disturbi dell’alimentazione.
Tra i bambini più piccoli si riscontrano invece: irrequietezza, ansia da separazione,
sintomi di stress, irritabilità e disturbi del sonno oltre ad un disorientamento di fronte al
fenomeno pandemico. I disturbi del sonno possono avere un impatto sulla salute emotiva
e sulla funzione immunitaria. Il sonno insufficiente può provocare il rischio di malattie
cardiometaboliche sia nei bambini che negli adolescenti, provocando oltretutto ansia e
sbalzi d’umore. https://welforum.it/wp-content/uploads/2021/10/SET2_EPIDEMIA.pdf
https://www.minervamedica.it/it/freedownload.php?cod=R15Y2020N03A0226
Sprang e colleghi sostengono che i bambini che sono stati isolati durante la pandemia
avranno più probabilità di sviluppare disturbi dell’adattamento e del dolore e disturbi acuti
da stress. Di fronte a questo quadro sociale, in questo periodo si sviluppa il sentimento del
“languishing”, termine coniato da Corey Keyes che corrisponde ad uno stato di assenza di
benessere, o meglio, uno stato mentale nel quale ci si sente demotivati, apatici, vuoti e senza una
meta definita. Si colloca a metà tra benessere e patologia; non indica un disturbo psicologico, ma
è tipico di chi mostra bassi livelli di benessere (Keyes,2002). Aleggia una mancanza obiettivi e
di scopi. Questo succede perché da troppo tempo si è dovuto fare a meno di molti aspetti
positivi: la socializzazione, la programmazione di obiettivi, l’interesse per la vita, difficoltà di
concentrazione e influenza negativamente le relazioni. Secondo Grant il rimedio più efficace al
languishing è il flow, ovvero lo stato di abbandono che proviamo quando siamo immersi in una
attività che ci fa star bene. Questo meccanismo ostacola l’assenza di benessere e ci mostra una
nuova prospettiva.
https://www.psyeventi.it/articoli/languishing-l-emozione-di-chi-non-prova-emozioni
c9638.html
https://www.recentiprogressi.it/r.php?v=3608&a=35873&l=344702&f=allegati/
03608_2021_05/fulltext/RPM_0521.09_Rassegna%20-%20Minozzi.pdf
https://doi.org/10.7346/-fei-XVIII-03-20_08
https://link.springer.com/article/10.1007/s00592-020-01522-8
Oltre agli aspetti negativi della pandemia si può osservare come la difficoltà nel gestire
questa crisi abbia a sua volta offerto l’opportunità di rafforzare il senso di comunità e
coesione tra i bambini e le loro famiglie, stimolando resilienza e supporto sociale.
Anche l’istruzione domiciliare può avere agevolato bambini che hanno subito atti di
bullismo o altre situazioni di stress. Il superamento del trauma associato alla pandemia
può inoltre agevolare la crescita personale e lo sviluppo psicologico che di conseguenza
sfociano in fiducia in se stessi e resilienza di fronte ad ulteriori minacce del genere.
Sottovalutare l’impatto del covid tra i più giovani fa si che nasca non solo una crisi
economica dovuta alla pandemia ma anche una crisi dei diritti dei bambini e dei ragazzi.
Si intravedono diversi rischi: cadere in sentimenti di impotenza e solitudine
(helplessness); porre sull’altro uno sguardo invidioso; essere assorbiti dalla sindrome
della capanna ovvero di diffidenza, insicurezza e isolamento. Alcuni oscillano tra
claustrofilia e claustrofobia, altri invece obbligati a passare molte ore davanti allo
schermo, si sono accorti che la vita da remoto non basta e che vorrebbero riavere la vita
estroversa che avevamo prima. Alcuni racconti narrati dai genitori riguardo le esperienze
dei propri figli, hanno riportato sentimenti di disorientamento dato dalla discontinuità
dello svolgimento delle giornate e incertezza per la situazione sanitaria presente. “
Vedendomi a casa e non andando più a scuola mia figlia non capiva cosa stava
succedendo”. Nelle parole dei genitori i bambini tendono a parlare molto e velocemente
per colmare i vuoti e controllare il cielo affacciandosi dalla finestra o chiedendo
costantemente di verificare le previsioni sull’app del cellulare. Molti bambini riescono ad
affrontare la solitudine accedendo a vissuti immaginari. L’ascolto della voce di alcuni
insegnanti, grazie al progetto condotto in relazione alla didattica a distanza ha consentito
di conoscere ancora di più i vissuti dei bambini durante il periodo di isolamento in
relazione alla didattica a distanza. Gli insegnanti hanno evidenziati punti di forza e di
debolezza nelle loro esperienze ovvero tra gli aspetti positivi troviamo la possibilità
seppur diversa, di mantenere contatti con gli insegnanti e con gli altri studenti. Anche
l’uso della didattica a distanza viene considerata all’interno di questi aspetti poiché
rappresenta un nuovo modo di imparare. È necessario essere creativi però per stimolare
gli studenti a far utilizzo di nuovi mezzi didattici. In relazione agli aspetti negativi invece
sono stati nominate le troppe ore concesse all’utilizzo delle tecnologie e la mancanza di
contatti fisici, della comunicazione corporea, il contatto diretto, elementi fondamentali
per lo sviluppo delle abilità socio emotive nei bambini. Gli insegnanti della scuola
dell’infanzia della Norvegia e della California hanno ribadito che per i bambini è
necessario il contatto in presenza nelle scuole dal momento che le relazioni sono il fulcro
vitale dell’insegnamento specialmente nelle prime fasi di vita( Pramling Samuelsson,
Wagne e Eriksen Odegaard,2020).
L’Unicef, nel documento Protezione dei bambini durante la pandemia di coronavirus ha
affrontato l’impatto della pandemia sui bambini da un punto di vista socio ecologico:
a livello di singolo bambino bisogna considerare una maggiore disattenzione e negligenza
da parte degli adulti e conseguenze negative sullo sviluppo; a livello familiare vengono
prese in considerazione le separazioni del bambino dalla famiglia, episodi di violenza
domestica, l’aumento del disagio psicologico dei genitori; a livello di comunità è presenta
una perdita di fiducia generale; a livello di società può avvenire una lotta di
approvvigionamenti di risorse limitate; a livello di norme socio culturali possono
insorgere episodi di stigmatizzazione. In questo documento sono elencati i rischi rivolti ai
bambini e tra questi ritroviamo: maltrattamenti fisici ed emotivi; violenza di genere;
aumento del disagio psico sociale dovuto ad una sensazione di angoscia per quello che
sta accadendo; aumento del lavoro minorile; aumento delle separazioni dei minori dalle
proprie famiglie ed esclusione sociale e stigmatizzazione. Questo contesto ha consentito ai
bambini di conoscere molte emozioni negative che a quell’età non dovrebbero nemmeno
riguardare loro. Precedenti studi hanno rilevato che i che bambini soffrivano di stress post
traumatico avevano sintomi più forti tra che aveva vissuto il lockdown rispetto a chi
invece non ne ha fatto esperienza. In concomitanza con la quarantena si osservano
maggiori incubi, irritabilità,abbassamento del tono dell’umore e ansia generale. Uno
studio
svolto in Cina ha evidenziato la presenza di difficoltà psicologiche con sentimenti di
paura,
maggiore attaccamento alle figure familiari, difficoltà di attenzione nella maggior parte
dei
compiti. Un ulteriore studio(Spinelli et al.,2020) mette in risalto i risultati di un
questionario
online compilato da 854 genitori di bambini dai due ai quattordici anni riguardo alla
situazione a casa e a come stavano vivendo questo periodo, sulle conseguenze
dell’isolamento e sulle problematiche emotive e comportamentali che ritrovavano nei loro
figli. Dai dati si nota che vivere in un luogo dove è elevata la presenza del virus determina
forte stress per genitori e bambini e quindi diventano maggiori le conseguenze emotive
e comportamentali che ricadono su questi ultimi. Ciò avviene perché i genitori a causa delle
preoccupazioni incessanti non riescono a comprendere i bisogni dei propri figli e a
prendersene cura. I figli possiedono infatti meno risorse personali per affrontare qualsiasi
situazione gli si presenti davanti. Come gli adulti però anche i bambini provano diverse
emozioni a partire dall’angoscia determinata dall’ansia e dalla paura della propria salute
fisica, quella dei propri cari. L’ansia infatti funge da segnale d’allarme in caso di pericolo. Tra
le altre emozioni c’è l’ansia da separazione, reazione fisiologica poiché di fronte allo spavento
si ricerca assiduamente la figura di attaccamento. Questo però non è stato sempre possibile o
per lavoro o per malattia, molti bambini si sono soluti staccare dal proprio caregiver di
riferimento. L’irritabilità insieme alla rabbia invece rappresentano emozioni scatenate per via
delle continue limitazioni. I problemi di concentrazione e di attenzioni sorti durante la
pandemia dipendono da pensieri intrusivi e al rimuginamento. I problemi legati al sonno invece
sono correlati all’ansia e all’irritabilità per questo è necessario scandire una routine. Un fattore
positivo riguarda invece lo sviluppo cognitivo, poiché molti ritengono che i bambini di oggi
siano più intelligenti, che sviluppino rapidamente un linguaggio verbale e che impara a
manipolare presto molti oggetti. Il modo di in cui i bambini apprendono avviene sempre su base
osservativa dell’ambiente e delle azioni e sulla capacità di riprodurre sequenze. Usano quindi
predisposizioni innate per apprendere ma le applicano nel contesto in cui vivono. Per questo è
importante aggiornare il nostro sistema educativo e preoccuparci della sicurezza dei bambini. Il
passaggio da bambini ad adolescenti viene influenzato anche dal contesto scolastico. Le ricerche
dimostrano infatti che la didattica a distanza ha provocato una perdita dell’apprendimento del
35%. A differenza di molti alunni, gli studenti DSA che faticano ad andare a scuola, si sono
ambientati facilmente alla nuova tipologia di didattica, poiché con gli strumenti tecnologici essi
possono fermare le lezioni, riascoltarle e memorizzare meglio. Ciò che manca invece alla
maggior parte dei bambini è il contatto, la socializzazione , i lavori di gruppo. Per quanto
riguarda appunto i bambini con disturbi dell’apprendimento ciò che è emerso sono
problematiche relative alla comprensione della pandemia, ai motivi che hanno generato un
cambiamento nelle loro abitudini, barriere nell’accesso alle misure di protezione sociale,
notevole stress arrecato dalle restrizioni e dispersione scolastica. Una rete globale di
organizzazioni che lavorano per offrire un’istruzione qualitativa in situazioni di emergenza,
aveva affermato che fosse alto il rischio che le persone con disabilità venissero trascurate ed
emarginate durante questo periodo di crisi. Questi dati, se vengono considerati a lungo termine
possono ridurre le opportunità di accesso al mondo del lavoro per questi soggetti. Per bambini e
adolescenti aventi un certo tipo di funzionamento, si possono riscontrare alcuni ostacoli
nell’interazione delle loro caratteristiche e i sistemi di e-learning. Calvani(2020) afferma che
l’autonomia nello studio, buone competenze tecnologiche, l’organizzazione del lavoro scolastico
sono pilastri che stentano ad coesistere tra i bambini con difficoltà cognitive. Secondo l’indagine
di Besic e Holzinger(2020) svolta in Austria, la motivazione ad apprendere online di studenti con
difficoltà cognitive era migliore se venivano incentivati percorsi di condivisione. Al contrario, la
mancanza di contatto aveva provocato una riduzione della capacità di apprendimento, maggiore
isolamento e solitudine. Si stima che circa il 44% degli alunni con disabilità è stata inclusa nelle
modalità didattiche attivate nonostante il 60% ha riportato una regressione nell’apprendimento,
nelle autonomie e nella comunicazione. Ciò che si può appurare è che lo sviluppo è un processo
che si interfaccia a diversi vincoli, a livello di attività genetica, funzioni psicologiche, attività
neurale, esperienze ambientali e molto altro. A causa del lockdown si è sviluppata invece una
forma di sviluppo atipico per l’intero arco della vita dei bambini, con un impatto notevole e di
conseguenza é caratterizzato da periodi sensibili per lo sviluppo sensoriale, motorio, psicologico,
cognitivo, affettivo e sociale(Thomoson e Nelson,2001).
Vicari,S., Di Vara,S. “Bambini e adolescenti e Covid-19. L’impatto della pandemia dal punto di
vista emotivo, psicologico e scolastico” 2021 Edizioni centro studi Erickson.