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CORONAVIRUS: SE LO CONOSCI, LO EVITI

Un virus è un'entità biologica di piccole dimensioni con caratteristiche di parassita obbligato, in quanto si
replica esclusivamente all'interno delle cellule degli organismi, sfruttandone il metabolismo. I virus possono
infettare tutte le forme di vita, dagli animali, alle piante, ai microrganismi. Quando non si trovano
all'interno di una cellula infetta o nella fase di infettarne una, i virus esistono in forma di particelle
indipendenti e inattive. Queste particelle virali, considerate non viventi, note anche come virioni, sono
costituite da un acido nucleico, DNA o RNA, a filamento singolo,doppio,lineare o circolare, ovvero lunghe
molecole che trasportano le informazioni genetiche e un rivestimento proteico, chiamato capside, che
circonda e protegge il materiale genetico.
A 17 anni dall’epidemia di SARS, un nuovo coronavirus tiene le autorità sanitarie di tutto il mondo con il
fiato sospeso: si tratta del coronavirus SARS-CoV-2, responsabile di una sindrome denominata
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) COVID-19 (CoronaVIrus Disease). Esso appartiene a una
vasta famiglia di virus, quella dei Coronaviridae, con genoma a RNA a singolo filamento positivo, con
aspetto simile a una corona al microscopio elettronico. In quanto positivo quest’ultimo non ha bisogno di
trascrivere il proprio genoma perché il suo RNA può essere tradotto immediatamente dai ribosomi della
cellula, a differenza di quello negativo in cui il genoma non può funzionare come mRNA.
I coronavirus sono naturalmente presenti nei pipistrelli, dai quali il virus può passare anche ad altri
mammiferi. Questo «salto di specie» avviene grazie a una modifica nel patrimonio genetico del virus che lo
rende in grado di infettare nuove specie animali, tra cui anche gli esseri umani. Questo tipo di eventi è
particolarmente comune nel caso dei virus a RNA, che hanno un tasso di mutazione molto elevato: quando
duplica il suo genoma, il virus commette numerosi errori, producendo così genomi altamente variabili.
Nel caso del virus SARS-CoV-2 si riteneva di aver identificato l’origine del virus in un evento naturale di
ricombinazione tra un coronavirus dei pipistrelli e un virus dei serpenti. Da questo scambio di materiale
genetico tra i due ceppi virali sarebbe derivato un nuovo virus in grado di infettare anche le cellule umane.
Tuttavia rimangono incerti il percorso evolutivo del coronavirus SARS-CoV-2 e la specie animale che ha fatto
da “ponte” tra i pipistrelli e l’uomo. Lo studio della sequenza del genoma di un nuovo virus, ovvero
l’insieme del patrimonio genetico che caratterizza un organismo, è uno strumento indispensabile per capire
alcune delle sue caratteristiche biologiche, infatti il genoma rappresenta anche una sorta di archivio dei
passaggi evolutivi che potrebbero far chiarezza sulla sua origine. In questo senso, studiare il genoma del
nuovo coronavirus ci permette di ottenere informazioni importanti per sviluppare nuovi farmaci e vaccini e
per evitare, quando possibile, che le circostanze che ne hanno favorito la formazione si ripresentino in
futuro. Partendo dallo strato più esterno e procedendo via via verso l’interno del virus, è possibile notare
diverse componenti:
 Glicoproteina S (“spike”), responsabile
dell’ingresso nelle cellule
umane(endocitosi) grazie alla sua
capacità di legarsi al recettore di
membrana umano ACE2;
 Proteina M: proteina di membrana;
 Dimero emagglutinina-esterasi (HE):
proteina di rivestimento, svolge una
funzione importante durante la fase di
rilascio del virus all’interno della cellula
ospite;
 Proteina E: aiuta la glicoproteina S (e
quindi il virus) ad attaccarsi alla membrana della cellula bersaglio;
 Envelope: è il rivestimento del virus.
Come avviene per la maggior parte delle infezioni respiratorie, anche il virus SARS-CoV-2 si trasmette
attraverso colpi di tosse e starnuti, che spargono nelle zone vicine goccioline che veicolano il virus.
Nonostante alcuni casi di trasmissione da parte di persone asintomatiche (ancora in via di accertamento) al
momento sembra comunque che il virus venga trasmesso da persone che presentano sintomi evidenti. Il
periodo di incubazione del virus SARS-CoV-2 (cioè il tempo che passa dal momento dell’infezione alla
comparsa dei sintomi) è stato stimato tra 2 e un massimo di 14 giorni.
Una delle caratteristiche che lo rende virulento è il suo alto tasso di contagiosità. Quest’ultimo viene
espresso tramite il parametro R0 che misura la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva. Il
cosiddetto R0, ovvero il “numero di riproduzione di base”, rappresenta il numero medio di infezioni
secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione completamente suscettibile cioè mai
venuta a contatto con il nuovo patogeno emergente. Per descrivere la dinamica di un’epidemia si utilizza un
modello matematico, il più semplice è il modello SIR (Suscettibili, Infetti, Rimossi). Alla base di questo
modello c’è l’ipotesi che la popolazione sia composta da N individui ripartiti in tre sottoinsiemi:
 S, i suscettibili, sono individui sani che possono contrarre il virus;
 I, gli infetti, sono individui che hanno contratto il virus e possono diffonderlo;
 R, i rimossi, sono individui che sono isolati dagli altri: sono quelli in ospedale, in quarantena e quelli
deceduti a causa del virus.
Dalla risoluzione di equazioni e di disequazioni matematiche, si calcola che il fattore è R 0 = aN/b, dove a
rappresenta la contagiosità del virus, b l'efficienza del Sistema Sanitario e N il numero di individui che
costituisce la popolazione. Si evince quindi che:
R0 > 1 indica un’epidemia a rapida diffusione e ciò accade quando a è grande (grosso numero di contatti che
ha un infetto) e b è piccolo (Sistema Sanitario poco efficace nell’individuare gli infetti e nel toglierli dalla
circolazione)
R0 = 1 indica una circolazione stabile ma continua (endemia),
R0 < 1 indica che la trasmissione si sta fermando e ciò accade quando a è piccolo (basso numero di contatti
che ha un infetto) e b è grande (Sistema Sanitario efficace nell’individuare gli infetti e nel toglierli dalla
circolazione).

Nel primo caso R0 < 1, il numero di infetti si


annulla rapidamente e l’epidemia non ha
luogo; nel secondo R0 > 1 e si sviluppa
l’epidemia.
Per esempio, un Sistema Sanitario efficiente
impedisce il diffondersi di un’epidemia agendo
su due fronti: da un lato adotta misure di
igiene pubblica che riducono la probabilità
di contagio (a diminuisce), dall’altro isola gli
infetti in zone rosse o in ospedali,
aumentando così la frazione dei rimossi (b
aumenta). L’effetto combinato è quello di
diminuire R0 .

Da quando l'epidemia del nuovo coronavirus (2019-nCoV) emerso in Cina ha cominciato a diffondersi e
sono iniziati a circolare i dati sui primi casi confermati, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e
numerosi istituti di ricerca di tutto il mondo hanno diffuso stime di R0 dell'infezione. Queste stime sono
comprese tra 1,4 e 3,8 nelle aree colpite in questa prima fase di diffusione.
In Italia, all’inizio dell’epidemia, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in collaborazione con la Fondazione Bruno
Kessler di Trento ha calcolato R 0 nelle regioni più o meno colpite dal virus. In Lombardia, secondo questa
stima, si è partiti da un valore iniziale di R 0 di 2,96, in Veneto di 2,51, in Emilia Romagna di 2,84, in Toscana
di 2,5, nel Lazio di 3 e in Puglia di 2,61. Dopo l’adozione delle misure di contenimento dell’infezione da
SarsCoV-2, il tasso di contagiosità è significativamente diminuito in tutta Italia.
Cosa si può fare per limitare il rischio di contagio?

La modalità di trasmissione del virus SARS-CoV-2 suggerisce che il passaggio del virus avviene tanto più
facilmente quanto più ci troviamo a contatto ravvicinato con una persona che è stata infettata. Per questo
motivo bisogna utilizzare opportune barriere fisiche come mascherine e guanti. Oltre all’uso della
mascherina, le misure più efficaci rimangono quelle di evitare assembramenti e contatti ravvicinati e di
lavarsi spesso e in modo accurato le mani. Già durante i primi giorni della pandemia sono apparsi manifesti
che spiegavano come lavarsi le mani e i disinfettanti sono scomparsi dai banconi dei supermercati. I
disinfettanti agiscono contro i virus attraverso la denaturazione delle proteine, ciò significa modificarne la
struttura tridimensionale, rompendo le forze intermolecolari e intramolecolari che ne costituiscono
l’impalcatura. Anche se i legami covalenti della molecola non vengono modificati, la proteina perde la sua
funzione originaria. La chimica, attraverso i disinfettanti, inattiva i virus; per farlo esistono due strategie:

 “Smontare” il capside: il disinfettante può denaturare le proteine causandone la coagulazione.


Agiscono in questo modo tutti gli alcoli e i fenoli. Queste molecole hanno un gruppo funzionale
idrossilico, –OH, in grado di creare efficacemente legami a idrogeno con gli amminoacidi. Questi
nuovi legami scalzano i legami ad idrogeno preesistenti tra gli amminoacidi, distruggendo la
struttura tridimensionale delle proteine.
 “Distruggere” il capside: il disinfettante può attaccare gli amminoacidi non solo distruggendone la
struttura tridimensionale, ma anche rompendo i legami covalenti che formano la molecola.
Agiscono in questo modo composti molto ossidanti, come l’acqua ossigenata (H2O2), lo iodio e il
cloro.

Tuttavia, non tutti i virus sono uguali. Il SARS-CoV-2, in particolare, è un virus “inviluppato”: ovvero il
capside proteico è circondato da una membrana fosfolipidica, detta pericapside. Questo virus, quindi, si
può inattivare anche distruggendo la membrana fosfolipidica. I detergenti svolgono questo compito. Essi
sono sali di sodio di acidi organici a catena lunga, anfifilici, ovvero contenenti sia un gruppo idrofilo e sia
uno idrofobo e quindi sono tensioattivi. Il gruppo idrofilo è costituito da una testa polare, mentre quello
idrofobo da una coda non polare. I detergenti dunque rendono solubili sia le membrane del pericapside che
il grasso che abbiamo sulle mani, nel quale il virus si potrebbe annidare, in modo che l’acqua possa portare
via tutti questi brandelli di membrane e grasso lasciando le nostre mani sia deterse (ovvero pulite) che
disinfettate.

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