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Virus e Pandemie

Il Covid-19 e gli effetti delle pandemie sugli animali


La pandemia da COVID-19
Che cos’è un virus e da cosa è composto

I virus sono le cellule più piccole che sono presenti sulla terra (dai 20 ai 250nm).
Essendo presenti in ogni tipo di ambiente vengono riuniti nella vitrosfera.
Ne sono stati classificati circa 5000 diverse specie virali (secondo gli esperti ne esistono almeno 1
milione).
Attraverso il microscopio elettronico si è scoperto che hanno diverse varietà di forme ma quasi sempre
presentano un capside, che racchiude una molecola di DNA o di RNA.
Un virus non può riprodursi da solo: ha bisogno di penetrare all’interno di una cellula e usare le strutture
cellulari per replicare il proprio genoma e produrre le proteine del capside (processo chiamato infezione).
Molte specie di virus innocue, altre causano gravi malattie umane e altre arrecano danni alle economie
derivate (allevamenti e agricolture).
La pandemia da COVID-19
Le origini

I coronavirus sono una famiglia di virus molto comuni a RNA che devono il nome alle proteine che
ricordano una corona, sono presenti in diverse specie animali (soprattutto i pipistrelli), ma talvolta
possono infettare anche gli esseri umani effettuando il “salto di specie” (o spillover).
Fino al 2019 erano noti 6 tipi di coronavirus umani, a questi si aggiunge il nuovo SARS-CoV-19 che ha
causato la pandemia di COVID-19 .
I primi casi sono stati registrati il 31 dicembre 2019 in Cina, a Wuhan, dove il focolaio ha probabilmente
avuto origine nel mercato cittadino.
A fine gennaio non era ancora chiaro come si fosse evoluto, ma i dati epidemiologici delle autorità
sanitarie cinesi confermavano la trasmissione diretta da umano a umano. Il governo cinese avviò misure
straordinarie di contenimento, ponendo sotto quarantena Wuhan e altre città.
Fino alla fine di gennaio la maggior parte dei casi è rimasta confinata al territorio cinese. I casi registrati
in altri Paesi erano tutti “casi importati” (riguardavano persone che erano entrate in Cina dove avevano
contratto l’infezione).
La pandemia da COVID-19
Le prime fasi della pandemia in Italia

I primi casi di COVID-19 in Italia furono due turisti Cinesi (curati allo Spallanzani di Roma) mentre un
paziente di Codogno (chiamato “paziente 1”) è risultato positivo al coronavirus pur non avendo viaggiato
in Cina.
La ricerca del paziente 0 non ha portato ad alcun risultato certo e come suggeriscono le prime indagini
epidemiologiche, è probabile che il virus fosse in circolazione nel nostro Paese già da alcune settimane.
Inizialmente, l’emergenza era confinata a due focolai nel Nord: uno a Codogno (Lombardia) e uno a Vo’
Euganeo (Veneto) per cui vennero prese misure di quarantena, fino a che la diffusione rapida non
costrinse il premier Conte con un decreto chiamato Io Resto A Casa a estendere le misure di limitazione a
tutta Italia.
L’11 marzo 2020 con un’altro decreto vennero chiuse tutte le attività non essenziali, inoltre l’OMS
dichiara ufficialmente il COVID-19 come una pandemia vista la diffusione a livello globale.
Il 17 marzo l’UE chiude le frontiere con tutti i paesi membri.
La pandemia da COVID-19
Come funziona il COVID-19 e come si trasmette

Le prime analisi condotte sul genoma SARS-CoV-2 nel febbraio 2020 hanno evidenziato una somiglianza con
il virus SARS-CoV, responsabile dell’epidemia di SARS (con cui il condivide il 79,6% del genoma) e una
somiglianza maggiore (96%) con un altro rinvenuto nei pipistrelli.
In uno studio successivo, pubblicato dalla rivista Nature Medicine, l’analisi bio-informatica della proteina
spike virale (la proteina che il virus usa per legarsi alle cellule umane) ha riscontrato un adattamento rispetto ad
altri, ovvero la capacità di legarsi al recettore umano ACE2 (lo stesso usato dal virus responsabile della SARS).
Secondo analisi precedenti, la capacità di SARS-CoV-2 di legarsi ad ACE2 avrebbe dovuto essere inferiore
rispetto a quella del virus della SARS.
Il risultato ha quindi indirettamente confermato che il virus è il prodotto di un imprevedibile evento di
selezione naturale (e non di una manipolazione genetica condotta in laboratorio) che ha modellato una parte di
legame precedentemente sconosciuto.
Il virus SARS-CoV-2 si trasmette attraverso la saliva, i colpi di tosse e gli starnuti, che spargono nell’ambiente
goccioline (droplet) che veicolano il virus, queste goccioline possono cadere a distanze diverse.
La trasmissione può avvenire per contatti diretti e ravvicinati con persone infettate dal virus oppure tramite
contatti indiretti mentre la trasmissione tramite aerosol (con il virus in sospensione nell’aria) non è ancora stata
dimostrata.
La pandemia da COVID-19
Il rapporto tra pandemia, ambiente ed economia
Da alcuni anni utilizzo insostenibile del territorio aumenta il pericolo di diffusione delle zoonosi (come
la rabbia, leptospirosi, antrace, SARS, MERS, la febbre gialla e l’influenza).
Il 75% delle malattie umane deriva da animali e il 60% delle malattie emergenti è stato trasmesso da
animali selvatici.
La deforestazione delle aree tropicali e la rapida diffusione delle attività umane in territori prima
dominati dagli alberi, e dalle specie animali a loro legate, aumenta le probabilità di contatto tra gli esseri
umani e gli animali “serbatoio”.
La distruzione o il degrado dell’habitat forestale di una specie può spingerla ad avvicinarsi alle città.
Il cambiamento climatico a facilita la diffusione di virus e batteri zoonotici in territori precedentemente
non interessati da queste malattie.
Anche il commercio di specie selvatiche può causare il diretto contatto con parti di animali ed esporre gli
esseri umani al contatto con virus o altri agenti patogeni di cui quell’animale può essere un ospite.
Virus e animali
Il rapporto tra pandemia, ambiente ed economia: qualità dell’aria e cosa ci aspetta nel futuro
Uno dei primi effetti della quarantena è stata la riduzione del traffico e il rallentamento o la chiusura di
molte attività industriali.
Lo stop ha causato una forte riduzione degli ossidi di azoto, capace di irritare il nostro apparato
respiratorio, provocare bronchiti croniche, asma ed enfisema polmonare, la riduzione è compresa tra il 30
e il 40% rispetto alla media.
La riduzione di alcuni tipi di inquinanti come effetto della quarantena ha spinto alcuni a concludere che
la pandemia avrebbe dimostrato quanto sia facile migliorare la qualità dell’aria che respiriamo.
Le politiche di lockdown per risolvere l’emergenza climatica non sono attuabili perché difficilmente la
società accetterebbe misure drastiche che dovrebbero essere praticamente definitive. Non sono efficaci
perché, come sta dimostrando la Cina, l’interruzione del 75% delle attività produttive è risultata in una
diminuzione delle emissioni di CO2 di appena il 25%.
L’emergenza sanitaria in atto e la continua minaccia della crisi climatica ci inducono a ritenere che le
uniche soluzioni sostenibili sono quelle sistematiche, ossia significa compiere una radicale
decarbonizzazione della nostra economia entro i limiti che favoriscono il benessere umano.
Virus e animali
La pandemia ha avuto ripercussioni sulle specie animali, spingendo molti studiosi a riconsiderare il nostro rapporto con gli animali

Il sospetto che i primi contagi possano essere avvenuti al mercato di Wuhan (dove erano venduti anche
animali vivi) è stato determinante nel richiamare l’attenzione sui rischi sanitari causati dal commercio di
animali.
Il commercio di specie selvatiche espone ad una serie di rischi che includono la trasmissione di zoonosi.
Il commercio moltiplica le occasioni di contatto e quindi di infezione per tutte le persone che entrano
nella filiera.
Nel 2007 l’Unione Europea aveva vietato l’importazione di volatili a seguito dell’epidemia di influenza
aviaria causata dal virus H5N1, mentre in Cina l’epidemia di SARS del 2002-2003 aveva portato a un
divieto di caccia, vendita, trasporto ed esportazione di animali selvatici, revocato al termine
dell’emergenza sanitaria.
Con la pandemia di COVID-19, la Cina ha vietato il commercio e il consumo di specie selvatiche e
l’allevamento di specie selvatiche terresti a scopi alimentari. Inoltre è stata accompagnata da una
revisione della lista delle specie protette, che ha elevato al massimo grado di tutela il pangolino (indagato
come possibile ospite intermedio di SARS-CoV-2) e lozigolo dal collare, due animali a rischio critico di
estinzione a causa della caccia a scopo alimentare.
Virus e animali
La perdita degli habitat e il ruolo degli allevamenti

Limitare il commercio di animali selvatici non risolve il problema alla radice infatti è necessario fermare
la deforestazione e l’urbanizzazione che causano il degrado o la perdita di habitat essenziali per molti
animali.
Le specie che non soccombono si trovano ad avere popolazioni più dense, concentrate in un areale
ridotto, dove la circolazione di patogeni è facilitata, mentre gli insediamenti umani risultano più a
contatto con animali che possono veicolare patogeni pericolosi.
Il fattore umano influenza l’emergere e la diffusione delle malattie infettive non solo di origine
zoonotica: i cambiamenti climatici modificano gli areali e i periodi di attività di diverse specie come nel
caso delle zanzare.
Il rischio sanitario come è risultato evidente dopo i contagi avvenuti negli allevamenti di visoni non
riguarda solo le specie selvatiche: dopo essere stati contagiati i visoni hanno nuovamente trasmesso il
coronavirus agli operatori dell’allevamento, ma in una forma mutata (anche chiamato antropozoonosi nel
quale è l’essere umano a trasmettere un patogeno a un’altra specie, rischiando di creare un serbatoio
biologico dal quale il virus può riemergere in qualsiasi momento).
Virus e animali
Progetti di conservazione, bracconaggio e gli effetti del lockdown

Uno studio italiano dimostra che per alcuni animali c’è stato un aumento di attività nelle ore diurne e
l’espansione in aree dove difficilmente si sarebbero mostrati in presenza di umani.
Lo studio dimostra che anche le specie invasive potrebbero avere beneficiato di un ambiente con una
minore pressione umana. Si tratta della conseguenza di uno degli aspetti forse più negativi del lockdown
per la conservazione della biodiversità, ossia l’interruzione o il rallentamento dei progetti di
conservazione.
Diversi esperti hanno inoltre denunciato il rischio di un aumento del bracconaggio, a causa della
diminuzione dei controlli, nonché del generale impoverimento delle comunità locali.
In altri casi il bracconaggio è diminuito: è avvenuto in Sudafrica per il rinoceronte, in parte grazie al
lockdown che ha limitato il movimento dei bracconieri. Secondo un rapporto dell’organizzazione
Wildlife Justice Commission le restrizioni ai trasporti internazionali hanno ostacolato anche il traffico
illegale di fauna selvatica che nei primi mesi del 2020 è diminuito.
La pandemia ha dimostrato che siamo legati a doppio filo con gli ecosistemi nei quali viviamo e che
condividiamo con gli altri animali che popolano il pianeta.

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