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2° lezione 12/10/22
Nella scorsa lezione abbiamo parlato delle patologie, quali sono gli agenti eziologici e in particolare
abbiamo capito che i più subdoli sono proprio i virus. Inoltre, abbiamo descritto i concetti
fondamentali in terapia, come di tossicità selettiva poiché in terapia il farmaco ideale è quello che
deve avere una tossicità semplicemente sul virus, batterio, protozoo ecc. e non sulla cellula
eucariote, poi abbiamo parlato delle conseguenze di questa azione che sono abbastanza limitate in
termini di tossicità, ad eccezione degli antibatterici che causano un grosso problema: quale la
distruzione della flora batterica intestinale. Quest’ultima è importante che sia sana ed equilibrata
perché deve far funzionare bene il SI, la cui stazione preponderante si trova proprio a livello
dell’apparato digerente. I concetto più importante è che senza il SI la chemioterapia non ha ragione
di esistere perché il farmaco se non ha la collaborazione del SI non funziona. La prova è data proprio
dalla terapia dell’AIDS in cui il virus si va a modificare all’intero delle cellule del SI e quindi nello
stadio finale, ovvero quello in cui sono stati distrutti la maggior parte dei linfociti To macrofagi, si ha
che pur utilizzando dei farmaci energici a disposizione, il paziente muore per infezioni
opportunistiche, come magari un herpes, tonsillite ecc. Quindi, senza l’energica azione del sistema
immunitario i chemioterapici, antivirali, antielmintici, antibatterici, antiprotozoari ecc. da soli non ce
la possono fare. Abbiamo anche detto cosa è importante per mantenere il SI in funzione bene.

L’AIDS
È la malattia a trasmissione sessuale più temuta in questo momento, ancora non esiste un vaccino
per prevenirla o una terapia per debellarla, anche se molti progressi sono stati fatti per rallentare il
decorso dell’infezione e migliorare la qualità della vita delle persone contagiate.
È uno degli argomenti che la prof.ssa preferisce trattare all’inizio del corso perché può essere
interessante trattare di qualcosa che ci tocca da vicino, oggi più che mai, visto che ci troviamo inun
periodo in cui ci battiamo contro un virus SARS-CoV2 che ci ha cambiato la vita ma abbiamo
comunque delle risorse dalle quali possiamo attingere per risolvere questo problema.
• 1981 ad Atlanta si segnalarono i primi casi di una rara forma di polmonite da Pneumocystis
carinii in maschi omosessuali di Los Angeles
• 1982 nasce il termine AIDS, Acquired Immuno Deficiency Syndrome
• 1983 identificazione dell’HIV, un Retrovirus, probabilmente responsabile dell’AIDS
L’HIV è un evoluzione di un virus che interessava le scimmie e quindi è un virus che nel tempo si è
modificato per dar luogo ad un altro virus che attecchisce anche nell’uomo. L’HIV si sarebbe
formato attraverso un processo di evoluzione naturale, mediante mutazioni genetiche del virus SIV,
Simian immunodeficiency virus
Caratteristiche del virus ad RNA
Virus ad RNA appartenente alla famiglia dei Lentivirus Attualmente se ne conoscono due tipi: HIV-1
diffuso in tutto il mondo (è quello endemico in Europa e stati uniti d’America) ed HIV-2 endemico in
alcuni paesi africani e meno virulento del tipo 1
Un po’ di anni fa, negli anni 80, fu scoperto il virus HIV che è stato ritenuto responsabile dell’AIDS
Sindrome da immunodeficienza acquisita. È una patologia a trasmissione sessuale, quindi il virus HIV
responsabile può essere trasmessoattraverso il liquido spermatico, il liquido vaginale e attraverso il sangue.
Completamente diverso come mezzo di trasmissione rispetto al SARS-CoV2.
È un virus che cambia molto spesso e ancor di più rispetto al virus SARS-CoV2 e mentre per
quest’ultimo sono già riusciti a fare dei vaccini dopo un anno e mezzo, dagli anni 80 ad oggi abbiamo
solo molti farmaci ma non esiste un buon vaccino, ne sono stati formulati tanti ma non hanno dato
dei buoni risultati.
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Sono stati fatti molti progressi riguardanti sia il ciclo di replicazione del virus HIV che il trovare dei
farmaci adeguati alla cura dell’AIDS e oggi la malattia è diventata come il diabete, cioè una malattia
che si cura e ci si convive in modo cronico, questo significa che si è allungata la vita.
Sono morte per AIDS oltre 32 milioni di persone a causa di questo virus.
Il virus è subdolo perché si annida all’interno delle cellule del SI quindi debilita in profondità, inoltrela
prima infezione è asintomatica quindi spesso non ci si accorge di averlo contratto, questo è molto
grave e pericoloso perché diventa evidente l’infezione quando si manifestano i primi sintomi e si è
già in uno stato di immunodeficienza piuttosto grave.
I virus replicano facendo scoppiare la cellula, quindi i primi sintomi che rendono evidente lo stato di
immunodeficienza indicano che gran parte delle cellule del SI sono compromesse.
Il virus fu individuato per la prima volta o perlomeno si iniziò a capire che c’era un agente patogeno
da un medico che si occupava di omosessuali maschi che si trovava ad avere numerosissimi pazienti
affetti da polmonite da Pneumocystis carinii, un misto tra protozoo e batterio molto raro, non è
facile contrarre questa patologia ma in questi soggetti sì.
Nel 1982 si conia per la prima volta il termine AIDS e nel 1983 alcuni ricercatori individuano il virus
HIV responsabile dell’AIDS.
Questo virus è un retrovirus originatosi da un Simian immunodeficiency virus, un virus diverso da HIV
che attecchiva negli scimpanzé che è mutato, con una maggiore frequenza rispetto a SARS-CoV2 e
questo è il motivo per il quale non si riesce ad ottenere un vaccino anche perché gli Ab che si

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sviluppano con il vaccino non sono adeguati a garantire l’immunità a differenza dei vaccini per SARS-
CoV2, anche se quest’immunità non sembra durare a lungo, se più o meno di 6 mesi.
N.B. I paragoni che lei fa durante le lezioni sono importanti perché spesso li fa anche durante
l’esame e per stimolarci a farne alcuni in modo autonomo.
Caratteristiche del virus HIV:
È un virus che appartiene alla famiglia dei Lentivirus, se ne conoscono 2 isoforme principali:
-HIV-1 responsabile dei casi di AIDS in Europa e USA
-HIV-2 endemico responsabile dell’AIDS nei paesi più poveri.
Struttura dell’HIV
È costituito dall’envelope sul quale ci sono degli “ombrellini” costituiti da 2 proteine gp120 e gp41
che rappresentano delle “ventose” grazie alle quali il virus viene a contatto con le cellule che hanno
dei recettori con i quali queste proteine possono interagire e grazie alle quali avviene l’atterraggio
e poi la penetrazione del virus all’interno delle cellule ospite.

Una matrice, che codifica per uno


strato proteico che circonda la
parte centrale del virus ed il core
che contiene il materiale genetico
e gli enzimi che il virus si porta
dietro e che sono indispensabili
per potersi replicare cioè:
-trascrittasi inversa
-integrasi
-proteasi

Sulla superficie dei macrofagi e


linfociti T ci sono proteine CD4 e corecettori e sono stati studiati in termini più recenti perché si è
capito che all’interno della popolazione (gli stessi omosessuali sono più predisposti anche perché
hanno rapporti sessuali più promiscui poiché cambiano spesso partner) si è visto che c’erano
persone protette che non prendevano l’AIDS pur essendo continuamente esposte a questi rischi
(perché magari avevano spesso rapporti omosessuali) e si è visto che esiste una piccola fetta della
popolazione nella quale questi co-recettori sono molto forti mentre nella maggior parte della
popolazione è abbastanza lungo per cui nell’avvicinamento di gp120 e gp41 al CD4 c’è anche un
contemporaneo avvicinamento del corecettore per cui si forma un complesso a 3 termini con un
ombrellino CD4 e corecettore per cui si apre la membrana di queste cellule (macrofago o linfociti T)
e avviene così l’infezione vera e propria. Entra il virus, si sveste e invia il suo genoma e proteine
essenziali all’interno del genoma della cellula ospite. Si è visto che questo corecettore che esiste in
forme diverse (nel macrofago si chiama CCR5 e sul linfocita T CXCR4): un omozigote corta che è
quella che naturalmente protegge dal contagiarsi dall’HIV e quindi è talmente corto che non fa
avvenire bene questa interazione, ragion per cui il virus non riesce a entrare all’interno della cellula.
Esiste un 5 % della popolazione mondiale che è naturalmente protetto perché ha la forma
omozigote corta, il CCR5 sul macrofago o CXCR4 sul linfocita T. Ciò significa che il virus ha difficoltà
nell’entrare nelle cellule ed infettare le persone. Invece, la forma omozigote lunga è quella che
maggiormente favorisce la penetrazione e quindi tali soggetti sono quelli che si contagiano
velocemente e poi esistono individui in cui ha una lunghezza intermedia in cui varia la probabilità di
infettarsi in relazione alla frequenza di interazione di questo complesso. Quindi, nell’ambito della
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popolazione ci sono persone che sono naturalmente protette dal virus ma è una piccolissima parte
della popolazione.
Essendo un retrovirus il genoma è costituito da 2 filamenti di RNA che codificano per:
-il gene env: per la gp160 che si scinde in gp120 e gp41
-il gene pol: che codifica per gli enzimi cruciali per la replicazione virale (trascrittasi inversa,
integrasi, proteasi)
-il gene gag: che codifica per la sintesi della proteina del nucleocapside.
La proteina gp120 si lega a CD4 e al il recettore per le chemochine; quindi, le cellule oggetto
dell’infezione sono quelle che presentano CD4 sulla loro superficie, una volta avvenuto il legame tra
gp120, CD4 ed il recettore per le chemochine avviene l’iniezione del materiale genetico all’interno
della cellula ospite.

La trascrittasi inversa trasforma la singola elica di RNA in DNA così il genoma del virus può essere inserito
all’interno del genoma della cellula, l’RNA deve prima diventare una doppia elica detta provirus che grazie
all’enzima integrasi verrà inserito nel genoma delle cellule che hanno sula superficie il recettore CD4.
Le cellule che presentano il recettore cd4 sulla superficie sono macrofagi e linfociti T e rappresentano il primo
bersaglio dell’infezione da virus HIV.
Una volta inserito nel genoma viene nuovamente sintetizzato l’RNA del virus e le proteine del virus e quindi per
come succede per qualsiasi infezione virale ci sarà la formazione di tutte queste piccole particelle virali a partire
da una singola grande proteina che contiene tutte le proteine del virus che vengono tagliate e vanno a formare
sia le proteine del nucleocapside che quelle essenziali per la replicazione del virus.
Quindi tantissime particelle virali si porteranno sulla superficie del macrofago o linfocita T e le farà esplodere.
Quando l’infezione avviene nei macrofagi non è molto grave perchè il macrofago si replica molto lentamente, a
differenza del linfocita T, se il virus entra direttamente nel linfocita T ci troviamo in una fase molto più critica.
Ci sono persone che contraggono il virus che entra nei macrofagi e non si moltiplica subito, può anche non
replicarsi, in altri casi si replica dopo un po’ e in altri ancora si replica subito.
Ci sono casi in cui si contrae l’HIV ma non si manifestano segni e sintomi, in altri casi si manifestano dopo poco
e in altri dopo 20 anni.
Non si capisce ancora il motivo dell’innesco della replicazione, si pensa che sia associato allo stato del SI del
paziente.
Patogenesi dell’AIDS:
La probabilità che si instauri l’infezione dipende da diversi fattori:
-Carica infettante, ovvero quanti virus entrano. Ci possiamo contagiare da una persona che ha un alta carica
infettante ma dipende anche dal:
-Numero di cellule recettive: quindi le cellule che i virus incontrano quando entrano nel nostro organismo, esse
sono in grado di far entrare il virus e quindi si tratta delle cellule infettate, può essere che sono stati infettati
pochi macrofagi che non si replicano subito quindi la patologia può restare silente, in altri casi il contrario.
-Condizione del sistema immunitario del ricevente: le difese immunitarie molto basse possono essere fatali
per il paziente.
Ci sono quindi persone che sono predisposti a prenderlo perché hanno una scarsa funzionalità dle SI, magari
vanno incontro ad una carica infettante del partner incontrato molto alto e non hanno quella protezione del
corecettore per cui più facilmente lo contraggono. Al contrario, ci sono soggetti che hanno una capacità
efficiente di far funzionare il SI, protezione del corecettore corto per cui non lo fanno entrare tanto velocemente
o hanno la fortuna di contrarre HIV da un soggetto con bassa viremia, ragion per cui non è detto che
contraggono l’infezione. Ciò serve per dire che quando si ha un contagio, non è detto che diventiamo
sieropositivi, da come stiamo, dalla carica virale e anche dalla funzionalità del SI o diversa isoforma delle
proteine di superficie del macrofago o linfocita T (CCR5 e CXCR4).
Bisogna tenere sempre la guardia molto alta sull’HIV perché attualmente è calata molto l’attenzione su questo
virus, come ci preserviamo dal SARS-CoV2.
Come l’HIV anche SARS-CoV2 probabilmente diventerà un virus con il quale dobbiamo convivere. Le cellule
infettate dal virus HIV sono quelle che presentano sulla loro superficie il recettore CD4, sono:
-macrofagi
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-monociti
-linfociti T
-cellule gliali

Si considera che quando entriamo con l’HIV, esista un compartimento attivo e uno di latenza. Nel corso
dell’infezione da HIV si formano 2 compartimenti:
-uno è il compartimento attivo cioè il virus entra nel sangue, entra nelle cellule, si duplica subito e va a
danneggiare le cellule del sistema immunitario che esplodono e i virus liberati si troveranno in vicinanza di altre
cellule che presentano CD4, questa forma è fortemente debilitante e progressiva. Infatti, qualunque virus che
entra nella cellula ospite, si moltiplicherà e farà migliaia di copie di esso fino a quando la cellula verrà distrutta.
Poiché in questo caso si parla di cellule del SI, il tutto è molto grave per cui, se il contagio è fatto con una carica
virale molto alta e vengono interessate molte cellule del SI, si ha una rapida caduta delle cellule del SI che
procede ad una velocità di gran lunga superiore a quella con la quale le cellule del SI vengono riformate. Questo
determina l’AIDS conclamato. Cosa stabilisce se questo avvenga subito o dopo magari 20 anni? Questo non è
stato ancora capito perché ci sono persone che già da subito il momento in cui si sono contagiate manifestano
immunodeficienza e altri effetti, ragion per cui il processo evolve velocemente eppure il processo di replicazione
del virus non è veloce perché, come vedremo dal video, il virus entra grazie alla presenza del CD4 e corecettore,
inietta le due singole eliche di RNA accompagnate dalle 3 proteine (trascrittasi inversa, proteasi e integrasi poi
che fa? Poiché il suo genoma è sottoforma di RNA non lo può inserire nel DNA della cellula ospite ma grazie alla
trascrittasi inversa trasforma l’RNA in DNA corrispondente. Dalle singole eliche di RNA fa prima singole eliche
di DNA totipotente, dopo di che le mette insieme e le fa penetrare all’interno del genoma della cellula ospite,
grazie all’integrasi. A questo punto comincia a replicare: in alcuni soggetti rimane silente li dentro anche 20 anni
e non si replica ma questo sembra più probabile quando sono interessati dall’infezione i macrofagi e monociti
poiché sono cellule a più lenta rpelicazione. Invece, quando si tratta di cellule a più attiva replicazione, ovvero
quando il contagio interessa i linfociti T, la replicazione sarà più veloce, il virus replica, sintetizza RNA, proteine
di superficie ecc. e si formano tutte le particelle virali che fanno scoppiare la cellula nel SI e così la distruggono.
Chiaramente, questo avviene contemporaneamente per tante cellule del SI e si ha quindi come segnale
dell’AIDS l’immunodeficienza e la caduta dei linfociti CD4. Quindi, si parla di compartimento attivo quando si
ha subito la replicazione del virus o abbastanza velocemente a distanza di mesi o nano dal contagio mentre ci
sono persone in cui il virus si è nascosto nel genoma delle nostre cellule del SI e quindi non è facile accorgersene.
-in alcuni casi, non si sa quali siano le condizioni per cui si forma l’uno piuttosto che l’altro, si sviluppa un
compartimento di latenza quindi il genoma del virus si inserisce nella cellula, la cellula non si duplica subito
(come per l’Herpes) e solo quando ci debilitiamo avviene l’innesco. Questo è il motivo per cui al momento del
contagio, se si ha il sospetto del contagio, bisogna fare l’esame entro qualche giorno in quanto è l’unica
finestrella nella quale si può individuare il virus nel sangue nell’organismo. Passati due o tre giorni, se il virus si
è nascosto nel genoma delle nostre cellule, non lo vediamo più a meno che non si riattivi. Se si riattiva e aumenta
quindi la viremia, vuol dire che ha già cominciato a distruggere le cellule del SI. Si deve fare molta attenzione e
quindi se si ha un sospetto, bisogna subito fare un controllo e non devono passare molti giorni dal rapporto
sospetto di contagio.
Questo avviene anche nella fase successiva a quella di AIDS conclamato perché il virus va ad annidarsi anche in
organi e tessuti non prediletti inizialmente, come le gonadi, il cervello ecc.
Sembrerebbe che ci siano virus HIV che sono maggiormente capaci di interagire con CD4 e CCR5 e questi virus
preferiscono infettare i macrofagi. Si parla di fase M trofica. Generalmente questa fase procede più lentamente
e quindi è una fase in cui non si ha subito una sintomatologia da immunodeficienza e infetta quando ci siamo
contagiati con HIV, abbiamo una prima e unica risposta immunitaria efficiente (che ci viene come se fosse un
influenza), dopo di che vuol dire che si è conclamato l’AIDS per cui dopo c’è un crollo delle difese immunitarie.
Si parla di una fase M trofica quando il gp120 ha una maggiore affinità per CCR5 oltre che per CD4 mentre si
parla di una fase T trofica quando gp120 e gp41 hanno una maggiore affinità per CXCR4. Questa evoluzione è
naturale e all’intero di un organismo qualsiasi procede abbastanza velocemente mentre in alcuni più
lentamente. IN alcuni soggetti magari vengono interessati prima i macrofagi, c’è inserimento del genoma e
proteine virali e una volta inserito il genoma, il virus ha inserito tutta l’informazione, sia quella che riguarda le
proteine sia quella che riguarda il suo genoma. A quel punto anche se non si attiva per molti anni, comunque è
avvenuto il contagio e improvvisamente in seguito a problemi immunospecifici si può riattivare e facilmente
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può passare da una fase M trofica a T trofica, ancor di più se questa persona è trattata con farmaci
antiretrovirale. Ciò accade perché, come direbbe Darwin, ovviamente la terapia funzionerebbe su quei virus
che sono sensibili e che allora hanno quegli enzimi tali per cui vengono bloccati da quei farmaci e dunque morirà
quella forma di virus ma sopravviverà quel virus con enzimi mutati nel sito catalitico per cui non vengono più
bloccati da quei farmaci. Dunque, si selezionano dei virus resistenti. Quando si parla di patologie molto serie
come questa, abbiamo bisogno di un grosso armamento terapeutico per fare in modo che anche con la
mutazione spontanea (che, come aveva previsto Fleming, sopraggiungono a seguito dell’uso di farmaci) perché
dopo massimo 1 anno quel cocktail di farmaci utilizzato comincerà a non funzionare più perché è stato
selezionato un ceppo resistente e quindi verrà cambiato tuto il cocktail. Si comincia ad avere un improvviso
aumento della viremia, calo dei linfociti e per evitare la morte del paziente si deve utilizzare un altro cocktail
antivirale. Questi cocktail sono composti da 3-4 anche 5 farmaci, ragion per cui dobbiamo disporre di molti
farmaci e per questo motivo il gruppo dei farmaci antiretrovirale comprende varie categorie.
Quindi, La resistenza di molte persone è legata alla presenza di geni mutati per CCR5, l’omozigosi per il mutante
corto protegge i pazienti perché le proteine non sono in grado di interagire con gp120. Quello che produce
l’infezione da HIV è un grave grado di immunodeficienza, il motivo di morte principale dei pazienti soprattutto
nelle fasi di AIDS conclamata sono le infezioni opportunistiche (dissenteria batterica, bronchite), si muore per
patologie che normalmente in un soggetto immunocompetente sono facilmente curabili.
Per consentire l’ingresso del virus nella cellula c’è bisogno di un co-recettore, non basta il recettore CD, questi
co-recettori sono diversi sulla superficie dei macrofagi e dei linfociti T.
Uno studio del 1996 ha osservato che alcuni omosessuali con abitudini promiscue e molto esposti all’infezione
da HIV non lo contraevano perché attraverso l’esame genetico delle cellule linfocitarie si è visto che i co-recettori
CXCR4 (linfociti T) e CCR5 (macrofagi) esistevano in varie isoforme, in particolare una forma molto corta, una
forma intermedia ed una forma lunga.
Questo secondo i ricercatori spiegava perché alcuni soggetti con abitudini promiscue o con partner contagiati
contraevano rapidamente l’infezione mentre altri no.
Probabilmente perchè il co-recettore sulla superficie del macrofago CCR5 era abbastanza lungo da favorire
l’interazione tra virus, CD4 e CCR5 e far entrare rapidamente il virus all’interno della cellula ospite, i ricercatori
osservarono che questi omosessuali altamente a rischio non avevano contratto il virus perché avevano una
forma particolarmente corta del co-recettore che non permetteva la formazione di un complesso a tre, quindi
nell’ambito della popolazione si è stabilito che un 5% (percentuale molto bassa) della popolazione ha questa
forma omozigote corta di CCR5 e CXCR4 a seconda della cellula interessata che impedisce la formazione delle
condizioni ideali per l’internalizzazione del virus, nella forma omozigote lunga i soggetti sono più predisposti
all’infezione (70-80% della popolazione).
Quelli che hanno co-recettori con una lunghezza intermedia che potranno essere infettati a seconda della
frequenza dei contatti con l’HIV.
Non si è capito come fare per capire se si è naturalmente protetti dal contagio perché gli esami genetici sono
complessi.
Quest’analisi è servita per sviluppare dei farmaci che agissero da antagonisti del co-recettore, perchè bloccando
il co-recettore, rendendolo indisponibile, non è possibile internalizzare il virus, purtroppo non vengono molto
utilizzati perchè questi recettori sono importanti per la comunicazione delle cellule del SI e bloccandoli avremo
una forte immunodeficienza.
Immunodeficienza
Come già detto, l’HIV si manifesta con un profondo stato di immunodeficienza che fa sì che il paziente sia
suscettibile a qualunque tipo di infezione. Per questo motivo si muore di AIDS perché si va incontro a infezioni
opportunistiche, urinarie, tonsillari o dermatologiche che non si possono curare perché il farmaco esiste, si
somministra ma non c’è la funzionalità del SI e quindi questa è la riprova di quello detto nella prima lezione
sull’essenzialità del ruolo dell’integrità del SI per fare buone chemioterapie.
Quando parliamo di farmaci per la chemioterapia, abbiamo una grande capacità dei farmaci di curare le
patologie in oggetto purché abbiamo un SI immunocompetente.
Questa patologia ci ha fatto capire l’importanza del SI, questo è importante non solo per il programma di
chemioterapia ma anche perché ci sono molte patologie derivanti da disfunzioni del SI e molti tossici anche quelli
presenti negli alimenti devono la loro tossicità alle interazioni e disfunzioni del SI.
Per essere in salute dobbiamo avere un SI adeguato e competente, la prima stazione e la più importante del SI
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si trova nel nostro intestino, quindi avere una buona funzionalità gastrointestinale significa anche aver un buon
SI funzionante, l’intestino è essenziale assorbire i nutrienti ma anche per evitare l’internalizzazione di sostanze
tossiche che attraverso il circolo sanguigno possano raggiungere altri siti.

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Anche se utilizziamo chemioterapici, antibatterici, antivirali, antitumorali questi non funzionano se
non abbiamo un SI adeguato.
La causa principale dell’immunodeficienza è dovuta alla velocità di distruzione dei linfociti T da parte
del virus che è molto maggiore rispetto alla velocità di produzione.
La causa principale di immunodeficienza non è tanto nella distruzione delle cellule ospiti tanto
quanto la velocità con cui vengono distrutte dal virus è di gran lunga superiore alla vlecoità di
produzione delle nuove cellule del SI. Come si fa la diagnosi?
La diagnosi di AIDS:
-test per la ricerca di Ab (test immunoenzimatico ELISA) che si vanno a formare contro gli antigeni
virali, in particolare la proteina gp120 e gp41,
se abbiamo il sospetto di aver avuto un rapporto con una persona infetta o toccato sangue infetto,
l’analisi dev’essere fatta rapidamente perchè esiste una piccola finestra che consente di identificare
il virus subito, dopo il virus si annida nella cellula e diventa latente, quindi non viene percepito dal
SI che non ha organizzato una risposta adatta, ci sono alcuni casi in cui non avviene e resta silente
quindi se non ci preoccupiamo di fare subito l’indagine non possiamo seguire sin da subito
l’andamento della funzionalità del SI.
Il motto per trattare l’AIDS è “hit early, hit hard” quindi colpisci presto colpisci forte, sapere subito
che c’è stato contagio per evitare la distruzione di troppe cellule del SI perhcè altirmenti ci troviamo
già in una fase grave dell’infezione.
Presenta una sensibilità del 95% ma in alcuni casi si possono avere risposte errate (falsi positivi/falsi
negativi)
-test con Western Blot per evidenziare la presenza degli Ab diretti control le proteine virali. Ha una
maggior sensibilità.
-determinazione dell’Ag p24, cioè la proteina del core virale e la sua presenza nel sangue indica che il
virus si sta replicando attivamente. Se la troviamo nel sangue, significa che il virus è in attiva
replicazione, sebbene questo sia un test non molto seguito in quanto sono preferiti test più
economici.
-viremia: è un test basato sulla PCR, cioè la replicazione del genoma del virus, che dà un’idea del
grado di infezione a cui si trova il paziente ma è anche un test che viene routinariamente effettuato
nel paziente che fa la terapia per capire quando la terapia non va più bene perché se la viremia
rimane basse, significa che la terapia sta andando bene ma se si alza la viremia, significa anche è
subentrato un ceppo virale resistente ad uno di quei farmaci che costituisce il cocktail e quindi si
deve cambiare terapia. È una determinazione dell’RNA di HIV, è probabilmente il più utilizzato e
funzionale. La viremia è importante anche per stabilire l’andamento della terapia perchè di solito è
una politerapia, quindiun cocktail di farmaci, che possono perdere la loro efficacia ed è possibile
verificarlo attraverso la viremia ogni 2 o 3 mesi. Se il numero di HIV-RNA aumenta vuol dire che tutto
il cocktail di farmaci utilizzato non e più efficace nel trattamento della patologia e dev’essere
cambiato.Tra i test più utilizzati per stabilire il valore della viremia troviamo :
-Q-PCR: sensibilità tra 300 e 1 milione di copie
-bDNA: sensibilità tra 500 e 500mila copie
-NASBA: meno utilizzato, più costoso che ci consente di individuare un basso numero di copie di
RNA, dell’ordine di 80 copie.
-L’isolamento virale è il metodo migliore e più preciso per stabilire di aver contratto l’infezione
virale. Il metodo più corretto è quello di individuare l’RNA del virus ma l’unica cosa negativa è che è
il più costoso, ragion per cui non viene usato nella pratica clinica oltre che pe rle difficoltà operative.

Epidemiologia:Il virus HIV è diffuso in tutto il mondo ma in Asia ed Africa è endemico il virus
dell’HIV2. Anche in questo caso si sviluppano i focolai.
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Modalità di contagio:
-Rapporti sessuali non protetti
-Contatti con sangue infetto, trasfusioni (quando non si faceva il controllo dell’HIV), scambio di
siringhe nei tossicodipendenti
-Trasmissione verticale: dalla madre al feto durante il parto. Infatti, nelle donne sieropositive si
fanno partorire con il cesareo proprio per evitare che il bambino si possa contagiare nel passaggio
attraverso il canale del parto.
Non si trasmette con baci (come accade nel caso del virus epstein barr che causa mononucleosi),
starnuti, scambio di stoviglie, con le piscine, non la trasmettono glianimali, in bagno, strette di
mano tantomeno toccandoci. Ci vuole quindi con un rapporto più profondo e soprattutto se c’è
cute non integra. Infatti, nel rapporto sessuale ci sono mucose che sono molto più permeabili,
ragion per cui anche se sono integre ci può essere il passaggio del virus.
Quadro clinico dell’infezione:
Quando ci contagiamo, sopravvengono degli stadi. Distinguiamo 5 stadi clinici:
-infezione acuta primaria: Stadio iniziale acuto, con sintomatologia simil-influenzale che indica il
primo contatto. È la prima risposta immunitaria che di solito è adeguata e si pensa che si abbia
l’influenza, sebbene se si abbia il sospetto di aver contratto tale infezione tramite un rapporto con
una persona che non conosceva, bisogna fare un controllo perché una terapia iniziale in questa fase
può avere un esito superiore, riuscendo a non far distruggere le cellule del SI. Quindi,
preferenzialmente bisogna accorgersene in questa fase, altrimenti si passa alla fase successiva.

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-Infezione asintomatica perchè può capitare in cellule quiescenti, non si replica subito ecc.
-C’è una riattivazione, sono si sa quale sia lo stimolo che la provoca con linfadenopatia generalizzata
quindi le cellule del SI sono carenti. Ci si ritrova di fronte ad una malattia abbastanza complessa.
-Complesso AIDS-correlato: sono interessati tutti gli organi perché la funzionalità del SI è essenziale per
mantenere integri gli organi e quindi si ha un problema generale.
-AIDS stadio finale: se le terapie non funzionano, è uno stadio che prelude alla morte.
Terapia dell’AIDS:
L’OMS, farmacologi e i ricercatori hanno stabilito che la chiave del trattamento di questa patologia è “hit
early hit hard” per evitare la distruzione delle cellule del SI, se blocchiamo rapidamente il ciclo di
replicazione del virus le probabilità di sopravvivenza e longevità sono maggiori. Quindi con una
politerapia retrovirale si può mantenere in vita il paziente per molti anni e cronicizzare la malattia. Si è
arrivati ad avere moltissimi farmaci, molti per ogni categoria per consentire la formazione di diversi
cocktails, si parte sempre dal farmaco di più vecchia generazione in modo che può avere un’efficacia
terapeutica di almeno 6 mesi, perché si può sviluppare una farmaco-resistenza dovuta a mutazioni del
virus sensibile che diventa insensibile.
Il virus mutato può avere una resistenza ai farmaci che diventa inefficace e quindi la terapia non è più
efficace perché non impedisce la proliferazione del virus e quindi aumenta la viremia. Quindi il medico a
seconda dei valori di viremia stabilisce se cambiare i farmaci o meno.
Terapia dell’AIDS
Farmaci:
I farmaci utilizzati per l’AIDS saranno inibitori degli enzimi cruciali per la replicazione virale:
 Inibitori della transcrittasi inversa (nucleosidici e non)
 Inibitori nucleotidici della trascrittasi inversa
 Inibitori delle proteasi
 Inibitori della fusione
 Antagonisti dei recettori per le chemiochine
 Inibitori delle integrasi
 Inibitori dei processi di trascrizione e trasduzione del virus
 Sostanze naturali
La terapia contro HIV è sempre una politerapia in quanto l’uso di più farmaci rallenta l’insorgenza di
resistenza e limita gli effetti collaterali. Si cerca di associare farmaci con diverso meccanismo d’azione e
diversa tossicità
La terapia contro l’HIV si può concretizzare con il motto: “Hit Early, Hit Hard”, cioè colpisci presto, colpisci forte. Secondo le
linee guida dell’OMS occorre iniziare al più presto una terapia antiretrovirale in modo da bloccare la replicazione virale
quando il sistema immunitario è ancora pienamente efficiente e prima che insorgano mutazioni nella popolazione virale.
Inoltre, bisogna utilizzare un insieme di farmaci e non solo uno per essere sicuri di limitare quanto più possibile la replicazione
del virus. (questo vale anche per infezioni batteriche, per esempio quelle causate da Streptococcus emolitico, oppure in alcuni
tumori, in modo da colpire la cellula tumorale su vari puntidel suo ciclo di replicazione; da questo punto di vista la terapia
retrovirale somiglia molto ad una terapia antitumorale). FARMACI: spesso si usano cocktail di farmaci
chemioterapici antivirali (sinergismo terapeutico). Questo cocktail conterrà almeno un inibitore della
trascrittasi inversa, almeno un inibitore delle proteasi o delle integrasi o un antagonista del recettore
delle chemochine etc. (target diversi!) Quand’è che si parla di una polichemioterapia? In genere quando
si tratta di una patologia che mette seriamente in pericolo la vita del paziente,per cui dobbiamo cercare
di agire efficacementee inbreve tempo, altrimenti si distrugge una gran parte delle cellule del sistema
immunitario e questo fa procedere più rapidamente la malattia; inoltre un altro vantaggio della
polichemioterapia è che usando più farmaci per più target contemporaneamente, possiamo usarli a
dosaggi più bassi e quindi con meno effetti collaterali; bisogna sempre avere l’accortezza di non
abbinare farmaci che abbiano gli stessi effetti collaterali.

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Nessuna delle categorie di farmaci che vedremo può essere usato da solo. Ovviamente nei primi anni
‘80 si usavano monoterapie, ma oggi assolutamente no, al punto che addirittura esistono delle
combinazioni già pronte per l’uso. Ciascun farmaco avrà una propria emivita e una propria
farmacocinetica, per cui si tratta di terapie complesse che potrebbero non incontrare la compliance
del paziente, che si trova magari a dover prendere numerose volte al giorno farmaci diversi,
soprattutto in quei pazienti che ancora si trovano relativamente in salute e quindi percepiscono meno
l’esigenza di curarsi, sebbene siamo proprio questi soggetti quelli in cui è più importante intervenire
per limitare quanto più possibile la replicazione virale; in questi casi sono quindi utili queste forme
combinate che consentono di ridurre il numero di somministrazioni a cui il paziente deve sottoporsi.
INIBITORI DELLA TRASCRITTASI INVERSA
La trascrittasi inversa è una DNA-polimerasi RNA-dipendente. Possiamo utilizzare in questo caso
degli inibitori nucleosidici, non nucleosidici e nucleotidici, che saranno dei profarmaci. In ogni
categoria abbiamo la necessità di avere molti farmaci e questo è dovuto al nostro andare inevitabilmente
incontro alla resistenza perché il virus muta rapidamente; quindi, quando un farmaco non funziona più,
cosa che può avvenire anche dopo solo sei mesi di terapia, possiamo passare al farmaco successivo. Quindi
nella terapia nell’ambito di ciascun gruppo si parte sempre dal più vecchio (nel prosieguo i farmaci sono
riportati in ordine di utilizzo).
Spesso si utilizzano due inibitori di trascrittasi inversa perché questo è lo step cruciale dell’infezione e quindi
vogliamo essere sicuri di eradicare quanto più possibile l’infezione.
INIBITORI NUCLEOSIDICI DELLA TRASCRITTASI INVERSA
Si tratta del primo gruppo di farmaci ed essi inibiscono l’enzima chiave poiché è il primo passaggio della
replicazione virale. La trascrittasi inversa è l’enzima che converte l’RNA in DNA. Infatti, se il virus si porta
dietro l’enzima che trasforma l’informazione genetica che possiede sottoforma di RNA in DNA ma esso
viene bloccato con farmaci, viene bloccata l’infezione vera e propria perché non trasformandolo in DNA
che è stato integrato nella nostra doppia elica di DNA, non c’è l’infezione, sebbene il virus sia in circolo,
poiché non ha fatto il processo indispensabile per l’infezione vera e propria a livello cellulare. I farmaci di
questa classe sono substrati della trascrittasi inversa. La trascrittasi inversa converte l’RNA virale in DNA
pro-virale prima della sua incorporazione nel cromosoma della cellula ospite, di conseguenza sono in grado
di prevenire la replicazione attiva in cellule suscettibili, ma hanno meno effetto su cellule già infettate. In
aggiunta a questo enzima c’è l’integrasi che è importante in quanto è l’enzima che integra il DNA che ha
copiato dall’RNA per integrarlo nel genoma. Altri farmaci importanti sono le inibitori di proteasi poiché il
virus deve sintetizzare proteine, innanzitutto la trascrittasi inversa, integrasi e proteasi e le proteine di
superfice. Sintetizza un'unica grande proteina la cui informazione è codificata nell’RNA che poi diventa DNA
ma poi deve frammentare questa grande proteina per dar luogo alle varie proteine indispensabili per fare
le copie dei virus. È quindi importante che vengano bloccate le proteasi per impedire la maturazione del
virus. Quindi, le tre principali di categorie di farmaci, che sono anche quelle più vecchie, sono appunto gli
inibitori di trascrittasi inversa, proteasi, di integrasi e poi sono stati fattigli inibitori di co-recettori, inibitori
di fusione e altre sostanze. Non si usa mai un solo farmaco perché è importante che non subentri la
farmacoresistenza. Se uso un solo farmaco non sono molto efficace ma si deve compire forte e presto,
ragion per cui si danno contemporaneamente anche 4 farmaci che preferenzialmente agiscano su enzimi
diversi del virus e quindi siano in grado di bloccare il virus in una delle tante tappe di replicazione. Questo
è quanto accade per l’AIDS ma vedremo altre tipologie di terapie che vengono fatte in maniera combinata,
ma quando si fa ciò, vista anche la delicatezza della materia e argomento di cui stiamo parlando?
Utilizzammo più farmaci contemporaneamente per avere un azione forte e rapida, ovvero quando c’è in
pericolo la vita del paziente.

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• Ad esempio, l’endocardite che è una patologia molto seria provocata da un batterio, quale
lo streptococco beta emolitico, è un infezione batterica ma poiché avviene a livello del cuore,
se non curo subito in maniera energica ed efficace tale infezione, il cuore non funziona più e
il soggetto muore se non si fa un trapianto di cuore. Anche in questo caso si utilizzano due
antibiotici molto efficaci per ottenere un “colpisci presto e con efficacia”, azione energica.
Quindi, si utilizza un polichemioterapia quando si deve ottenere rapidamente l’obiettivo
terapeutico.
Infatti, nel caso dell’AIDS ciò è utile per evitare la morte delle cellule del SI e noi mettiamo a repentaglio
la vita del paziente se procediamo lentamente. Dobbiamo agire in maniera energica ma possibilmente
utilizzando diversi farmaci. Qual è l’obiettivo terapeutico quando utilizziamo più farmaci?
Generalmente li possiamo utilizzare ad un dosaggio più basso perché riusciamo comunque ad ottenere
un sinergismo nell’azione finale (n questo caso è retrovirale) e poi, poiché tutti questi farmaci sono
tossici, utilizzarli ad un dosaggio più basso riusciamo a ridurre gli effetti collaterali e di certo anche la
tossicità. Questi, infatti, sono farmaci che i pazienti dovrebbero prendere per tutta la vita e, come
vedremo, si tratta di farmaci con tossicità quasi paragonabile a quella degli antitumorali. Quindi, ci
sono più motivazioni per fare una polichemioterapia ma bisogna capire quali sono le condizioni in cui
il medico sente l’esigenza di effettuale questa polichemioterapia che è diversa dalla farmacoterapia
perché in quest’ultimo caso c’è bisogno magari di un effetto ipertensivo con due farmaci perché uno
darebbe troppi effetti collaterali e quindi si mischiano. Ci sono formulazioni a base di ACE inibitori e
diuretico che sono venduti come formulazione unica per lenire gli effetti collaterali sia dell’uno che
dell’altro ma l’effetto che si vuole è antipertensivo. In questo caso dobbiamo ottenere un azione molto
energica con minori effetti collaterali pur avendo sempre la stessa azione (antiretrovirale). Quindi,
agiscono con meccanismi d’azione diversi ma su target diversi ma perché? Se subentra una resistenza
per una mutazione che interessa un enzima, allora non sarà resistente anche a quell’altro farmaco che
fa parte del cocktail, ragion per cui riusciamo a non avere un danneggiamento enorme del sistema
immunitario e la viremia non si alza molto, sebbene, come detto prima, il controllo della viremia in
corso di chemioterapia retrovirale viene fatto inizialmente quando la terapia viene fatta all’inizio per
vedere se funziona quello schema perché, se non funzionasse, significa che c’è un ceppo resistente.
Descriviamo ora la prima classe di farmaci, ovvero gli inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa.
Come detto prima, sono substrati della trascrittasi inversa nel secondo che bloccano l’allungamento
della catena. Essi sono elencati di seguito:
Nel corso di un cocktail si parte sempre dal primo termine della serie proprio per avere la possibilità di
passare al secondo, terzo e così via. Per avere quindi un ampia prospettiva terapeutica, ovvero avere
la possibilità di trattare il paziente per molti anni poiché ci si augura che va per molto tempo.
Sono profarmaci, simili alle basi azotate, devono Essi sono:
essere fosforilati 3 volte per dare il corrispondente Zidovudina (AZT)
nucleotide (diventano nucleotidi trifosfato) che Didanosina
poi verrà inserito nel DNA, bloccando la sintesi Stavudina
del DNA. In queste condizioni l’infezione non può Zalcitabina
procedere. Sono attivi soprattutto nelle cellule in Lamivudina
proliferazione in cui il virus sta replicando, Abacavir
saranno meno efficaci per quelle cellule in cui il Emtricitabina
genoma del virus è già stato incorporato nel DNA BHC-10652
cellulare.
Amdoxovir

1) ZIDOVUDINA (AZT)
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È un profarmaco analogo sintetico della timidina attivo contro HIV-1, HIV-2 e contro il virus
linfotrofico delle cellule T umane (HTLV) (causa una forma di leucemia). Farmaco di prima scelta. È
un profarmaco, deve subire tre reazioni di fosforilazione per essere attivato e diventare AZT
trifosfato che è un inibitore di trascrittasi inversa.
Ha 2 meccanismi d’azione, questo è il motivo per cui AZT è ancora molto utilizzato e molto efficace.
Si chiama sinergismo con potenziamento, perché voi sapete che un prodotto può inibire un enzima
competendo con quello che è il normale substrato, ma può agire anche inibendo l’enzima che
produce il substrato fisiologico:

- L’AZT trifosfato inibisce la trascrittasi inversa e blocca l’allungamento della catena di DNA
competendo con il normale substratoTPP.
- Però l’AZT ha un altro vantaggio. La forma monofosfato (primo prodotto di fosforilazione) blocca la
timidilato sintetasi che normalmente sintetizza TTP. Quindi, blocca la formazione del TPP che è il
substrato normale con cui compete AZT trifosfato per la sintesi del DNA.
È un farmaco selettivo in quanto presenta una maggiore affinità per la trascrittasi inversa virale
rispetto alla DNA polimerasi cellulare (che non è RNA dipendente). E ovvio che in presenza di grandi
quantità di AZT trifosfato ci può essere anche una certa inibizione di DNA polimerasi umana, e questo
è responsabile della tossicità di questo farmaco.
Meccanismo di resistenza
La resistenza all’AZT si manifesta dopo 6 mesi di terapia, a causa di mutazioni dell’enzima trascrittasi
inversa rispettivamente ai codoni 41-67-70-215-219. Quando sono modificati questi codoni, subentra la
resistenza. Questo può essere rilevato con l’aumento della viremia, per questo il paziente deve
continuamente andare a controllo, e in tal caso si deve cambiare la terapia.
Quindi, questo farmaco è tra i più efficaci nei pazienti che non hanno ancora ricevuto il trattamento e ad un certo
punto dopo 6 mesi o un anno subentra un ceppo resistente che quasi sicuramente ha una modificazione a questi
livelli.

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Somministrazione: per os, rapidamente assorbito a livello GI. I picchi sierici si raggiungono dopo
un’ora.
Escrezione: è piuttosto rapida, eliminazione renale per filtrazione glomerulare e secrezione
tubulare. Sapete infatti che quando l’escrezione avviene anche per secrezione attiva, l’emivita si
abbassa drasticamente.
Emivita: 1- 1,5h per cui si somministra 4 volte al giorno, il che è una cosa molto scomoda perché parliamo
di cocktail di farmaci che il paziente comincia a prendere quando gli viene diagnosticato l’AIDS e poi
dovrà continuare a prenderlo per tutta la vita. Bassa compliance del paziente. Si tratta di farmaci che
hanno farmacocinetiche diverse per cui magari ci vuole un’agendina per prenderli separatamente.
Questo è il motivo per cui si cerca di formulare farmaci insieme per ottenere una compliance migliore.
Effetti collaterali: sono principalmente dovuti al fatto che potrebbe legarsi alla DNA polimerasi
umana e dunque abbiamo mielodepressione, macrocitosi, nausea, vomito, acidosi, insonnia, cefalea
frequente, neurotossicità, mialgia, miopatia, miocardiopatia, epatite, edema. Inoltre, è teratogeno,
mutageno e promotore tumorale. È quindi buono utilizzarlo a dosaggi bassi insieme agli altri farmaci
perché sebbene sia vero che abbia una buona efficacia antitumorale perché ha un duplice
meccanismo d’azione, è un farmaco molto tossico.
Schema terapeutico:
AZT + altri inibitori della trascrittasi inversa + antivirali
AZT + inibitori non nucleosidici
AZT + inibitori delle proteasi
Riassumendo, lo scopo è di raggiungere un buon risultato terapeutico ad un dosaggio sufficientemente basso da
consentire una buona tollerabilità e quindi una migliore compliance, soprattutto da parte del paziente ancora
relativamente in salute.

2) DIDANOSINA
Profarmaco. Analogo purinico attivo contro HIV-1, HIV-2, HTLV e virus resistenti alla Zidovudina.
Quindi, se non funziona l’AZT, si passa alla didanosina. Meccanismo d’azione: Deve subire tre
fosforilazioni per essere attivato. La forma trifosfato blocca l’allungamento della catena di DNA
competendo con il normale substrato. Viene somministrato in seconda battuta quando sia
sopraggiunta resistenza all’AZT. Meccanismi di resistenza
La resistenza alla Didanosina è dovuta a mutazioni che interessano i codoni 74-135-184 della
trascrittasi inversa. Queste mutazioni spontanee avvengono durante la sintesi proteica, oppure
durante la trascrizione dell’RNA messaggero, questo significa un amminoacido diverso nel sito
catalitico dell’enzima e quindi non avviene più bene l’interazione farmaco recettore.
Farmacocinetica
È un farmaco un po’ più delicato dal punto di vista farmacocinetica:
Somministrazione: è acido labile per cui viene somministrata per via orale con opportuni sistemi
tampone sottoforma di compresse masticabili
Escrezione: eliminazione renale per filtrazione glomerulare e secrezione tubulare
Emivita: variabile e dose dipendente, generalmente viene somministrata 2 volte al giorno (250mg)
e quindi ha un’emivita più lunga dell’AZT. Effetti Collaterali: pancreatite, neuropatia periferica
reversibile, diarrea, iperamilasemia, disturbi del SNC, danno epatico, renale, cardiaco e a carico del
midollo osseo. Attraversa la BEE, non è teratogena.
3) STAVUDINA
Profarmaco. Analogo nucleosidico della timina. È attivo contro le forme di HIV mutate.
Può dar luogo a resistenza per mutazione del codone 75.
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Meccanismo d’azione: La Stavudina trifosfato funziona da falso substrato per la trascrittasi inversa
e dunque blocca la sintesi del DNA. Inibisce inoltre la DNA-polimerasi mitocondriale (ciò significa
che può dare cardiotossicità) e può bloccare la fosforilazione ossidativa, in alcuni soggetti può quindi
dare problemi cardiaci perché le cellule del cuore sono particolarmente suscettibili ai danni
mitocondriali.
Somministrazione: per os
Escrezione: eliminazione renale per filtrazione glomerulare e secrezione tubulare
Emivita: più breve di AZT, ovvero è di 1h. Generalmente viene somministrata in base al peso corporeo,
nella dose di 60mg/die (< 60Kg) oppure80mg/die (>60Kg)
Effetti collaterali: non sono pochi anche in questo caso ed infatti si può avere nauropatie,
pancreatite, anemia, artralgia, febbre, rush cutanei, aumento delletransaminasi, anomalie
cromosomiche per cui non si deve somministrare in gravidanza.
4) ZALCITABINA
Profarmaco. Analogo della citosina, attivo su HIV-1, HIV-2 e virus dell’epatite B (HBV).
M e c c a n i s m o d ’ a z i o n e : La Zalcitabina trifosfato funziona da falso substrato per la trascrittasi
inversa e dunque blocca la sintesi del DNA competendo con il d-CTP.
Inibisce inoltre la DNA-Polimerasi mitocondriale e umana, è quindi molto tossica.
Somministrazione: per os. L’assorbimento è diminuito dalla presenza di cibo e antiacidi.
Escrezione: eliminazione renale per filtrazione glomerulare e secrezione tubulare. Non passa la BEE.
Effetti collaterali: nauropatia, febbre, nausea, rash cutanei, stomatiti, tossicità ematopoietica,
pancreatite, ulcera, epatiti, cardiomiopatie. Danneggiando la DNA polimerasi mitocondriale,
poiché il mitocondrio rientra nel metabolismo ossidativo delle cellule, può dare effetti tossici a
livello cardiaco perché li è molto importante la funzionalità dei mitocondri.
È teratogena ed embriotossica.
Usi terapeutici: NON somministrare con Didanosina, buona somministrazione con AZT. Infatti,
condivide con la didanosina molti effetti collaterali, quindi senza avere un grande potenziamento
dell’attività, avremmo un enorme potenziamento degli effetti collaterali.
5) LAMIVUDINA
Analogo pirimidinico, attivo contro HIV-1, HIV-2 e virus dell’epatite B. Meccanismo d’azione: Entra
nelle cellule mediante trasporto passivo ed in forma trifosforilata inibisce la trascrittasi inversa agendo
da falso substrato.
Somministrazione: per os. La sua farmacocinetica è più semplice perché l’assorbimento non è
influenzato dalla presenza di cibo.
Il cotrimossazolo* ne aumenta la concentrazione plasmatica dal punto di vista farmacocinetico. (Il
cotrimossazolo è il Bactrim, ossia trimetoprim e sulfametoxazolo) che molto spesso viene associato in
questi pazienti, così da abbassare le dosi di Lamivudina necessaria perché ne aumenta la
concentrazione plasmatica e contemporaneamente tiene sotto controllo una possibile infezione
batterica; tuttavia questa concentrazione plasmatica maggiore è da tenere in conto per quanto
riguarda gli effetti collaterali).
Escrezione: eliminazione renale per filtrazione glomerulare e secrezione tubulare. Diffonde nel
liquor per cui agisce anche a livello del SNC. (utile nelle fasi avanzate dell’AIDS in cui sono colpite
anche le strutture nervose, infatti la lamivudina è uno degli ultimi termini di questo gruppo, è più
recente di altri farmaci più antichi).
La lamivudina risulta meno tossica rispetto agli altri farmaci della serie.
Effetti collaterali: astenia, nausea, diarrea, anemia, alterazioni epatiche e renali. Gli organi emuntori
vengono in generale messi molto sotto sforzo da questi cocktail di farmaci, inoltre consideriamo che
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la lamivudina è usata spesso nelle fasi finali quando questi organi sono già molto provati. Comunque,
ha meno effetti collaterali di altri.
Usi terapeutici: la Lamivudina viene solitamente associata all’AZT (nel COMBIVIR). Buona
l’interazione anche con Didanosina e Zalcitabina.
6) ABACAVIR
Inibitore nucleosidico della trascrittasi inversa, usato in adulti e bambini che non rispondono ad altre
terapie o cocktail di farmaci. Mai usati come prima scelta. Può causare reazioni di ipersensibilità
anche fatali.
Gli ultimi farmaci di questo gruppo sono stati sintetizzati sia con lo scopo di bypassare la resistenza,
sia di ridurre gli effetti collaterali e quindi migliorare la compliance del paziente. Bisogna essere
trattati con la terapia più forte quando si sta bene, non aspettare di stare male! L’HIV, infatti, si
nasconde nelle cellule, ci sono dei reservoirs silenti nelle cellule, e appena l’organismo si debilita o si
stressa, quindi appena le difese immunitarie si riducono, il virus può riprendere il sopravvento sul
sistema immunitario debilitato. Un po’ come fanno i virus erpetici. Bisogna sempre avere cura del
proprio sistema immunitario, perchè non ha importanza avere molti farmaci chemioterapici se poi
non si ha un sistema immunitario competente e in salute. Il farmaco chemioterapico serve solo per
dare un supporto. La cosa più importante è dormire e avere una buona regolarità dell’alvo, infatti se
si ha la diarrea oppure la stipsi, si ha uno stato infiammatorio localizzato, provocato in un caso da
qualche agente patogeno, che provocherà una permeabilità alterata che fa andare in circolo anche
cose che non devono andare, mentre nella stipsi c’è un accumulo di scorie che rimanendo tanto a
lungo nell’intestino provocano assorbimento di schifezze. Questo attiva il sistema immunitario, con
produzione di TNF alfa, IL-1 ecc.
7) EMTRICITABINA
Analogo nucleosidico, recentemente approvato per il trattamento delle infezioni da HIV.
Si somministra per os, generalmente una volta al giorno (200mg).
Reagisce sinergicamente con gli altri farmaci antiretrovirali, è ben tollerato e ha una lunga emivita.
8) REVERSET (RVT)
Farmaco derivato dal BCH-10652, scoperto recentemente come agente selettivo contro l’HIV usato
in caso di resistenza ad AZT o Lamivudina. Viene rapidamente convertito nel derivato 5’-trifosfato
che rappresenta la forma attiva del farmaco. Somministrato per os una volta al giorno (50mg),
insieme ad altri inibitori nucleotidici.
9) AMDOXIVIR
Analogo purinico convertito dall’enzima adenosina deaminasi in DXG. Il derivato trifosfato è il
metabolita attivo. Agisce contro ceppi resistenti ad AZT e Lamivudina.

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INIBITORI NON NUCLEOSIDICI DELLA TRASCRITTASI INVERSA

Gli inibitori non nucleosidici, non sono molto


diversi dagli inibitori nucleosidici. Essi sono Essi sono:
delle molecole che non necessariamente  Nevirapina
devono essere fosforilate e la loro azione  Efavirenz
risiede nell'andare a bloccare la trascrittasi  UC-781
inversa, inducendo un cambiamento
 Capravirina
conformazionale che la inattiva. Questi farmaci
 DPC083
saranno utilizzati quando vorremo associare ad
un inibitore nucleosidico un inibitore non  Etravirina
nucleosidico, oppure nel momento in cui  RILPIVIRINA
subentra una resistenza. In questo caso,
dobbiamo cambiare il cocktail chemioterapico
antiretrovirale che stiamo adoperando,
costituito da 4-5 farmaci, perché si è
riscontrato un aumento della viremia.
Quindi, in primis effettuiamo una determinazione della viremia prima dell’inizio della terapia.
Sapremo dunque, quante copie di RNA del virus ci sono nel sangue.
Nel periodo in cui la terapia funziona e quindi il ciclo di replicazione del virus viene bloccato, abbiamo
un brusco abbassamento della viremia e con molta probabilità un aumento dei CD4 (oppure non si
riducono di molto). Quando la terapia non funziona più perché si è sviluppata la resistenza verso quel
cocktail, cominceremo a vedere un abbassamento dei linfociti CD4 e un aumento della viremia.Ciò
significa che dobbiamo cambiare il cocktail chemioterapico antiretrovirale. Questo avviene in genere
sicuramente dopo un anno, o in alcuni casi molto prima, dopo soli sei mesi dall'inizio della terapia.
Gli inibitori non nucleosidi sono in linea generale meno potenti, è come se la competizione con il
normale substrato rendesse più efficace l’inibizione, mentre il cambiamento conformazionale può
essere più facilmente bypassato dalle mutazioni.

1) NEVIRAPINA
Farmaco usato in associazione sia con gli inibitori nucleosidici che con gli
inibitori delle proteasi.
Meccanismo d’azione: Diffonde all'interno delle cellule e si lega al sito
catalitico dell'enzima, ciò provoca dei cambiamenti conformazionali che
inattivano la transcrittasi. Provoca inoltre un aumento del numero delle cellule
CD4+. CD4+ è un recettore indispensabile affinché il virus HIV possa
penetrare all’interno delle cellule. Per le cellule che non lo possiedono, la
penetrazione del virus non può avvenire bene. Inoltre, ci deve essere la
contemporanea vicinanza del co-recettore CCR5 sulla superficie del macrofago
adiacente a CD4 e del co-recettore CXCR4 sulla superficie del linfocita.
Somministrazione: per via orale, nella dose iniziale di 200 mg/die e poi di 400 mg/die.

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Escrezione: eliminazione renale per filtrazione glomerulare e secrezione tubulare. Supera la BEE e
placentare, infatti passa nel latte materno.
Effetti Collaterali: meno gravi di altri o comunque simili, Febbre, rush cutanei, congiuntiviti,
malessere generale, lesioni orali, rare alterazioni epatiche e renali. Infatti, reni e fegato già di base
sono deputati alla degradazione ed eliminazione di sostanze tossiche per l’organismo, bisogna fare
sempre integrazione di vitamine e Sali minerali per aiutare il fegato a lavorare meglio (per esempio
nelle malattie ematiche si fanno somministrazioni di glutatione per limitare lo stress ossidativo a
carico del fegato)
Inibisce la concentrazione plasmatica degli inibitori delle proteasi e dei contraccettivi orali. È infatti
un induttore del citocromo CYP 3A4. Quindi, accelera il metabolismo diminuendo l’emivita e la
concentrazione di quei farmaci metabolizzati dal CYP3A4. Poiché questi pazienti hanno la necessità
di assumere più farmaci contemporaneamente, per esempio gl ianticontraccettv possono essere
assunti da una donna sieropositiva in corso di terapia antiretrovirale per eivtare di avere un
bambino, ovviamente sono molto pericolosi.
Usi terapeutici: Non deve essere associata a Saquinavir (inibitore delle proteasi), ma può essere
usata insieme ad altri inibitori delle proteasi.
2) EFAVIRENZ
È anch'esso in grado di aumentare il numero di linfociti CD4+ e di diminuire la carica virale.
Passa la Barriera ematoencefalica ed ha una lunga Emivita (40 ore) e grossa affinità per le Proteine
Plasmatiche, inoltre è un induttore del citocromo CYP3A44. (Quando parleremo delle interazioni
farmacocinetiche, vedremo che essere uninduttore del citocromo significa che fa aumentare la sintesi di
alcune isoforme di questo citocromo, e ogni citocromo è deputato ad un metabolismo di un farmaco o
di una sostanza endogena, per cui aumentare la sintesi di una isoforma significa accelerare lo
smaltimento della sostanza metabolizzata: se è un altro farmaco, questo può essere controproducente
e ci obbliga a somministrare più farmaco, andando magari ad aumentare gli effetti collaterali. Quindi
bisogna conoscere bene le interazioni farmacocinetiche e ne parleremo in tossicologia).
3) UC-781
È una tio-carbossi-anilide, capace di ridurre l'infettività da HIV. È un virucida la cui attività viene
sfruttata per applicazioni topiche in loco; dunque, quando si vuole ridurre la trasmissività del virus
a livello locale, per esempio nei rapporti sessuali. Non può essere somministrato per via orale.
4) CAPRAVIRINA
è ancora in corso di sperimentazione in fase 3, ha mostrato una certa tossicità.
5) DPC-083 (DERIVATO DELL'EFAVIRENZ)
È attivo contro ceppi di HIV resistenti ad altri farmaci. Ha una buona Emivita ed è solitamente
somministrato per via orale, una sola volta al giorno ad un dosaggio contenuto (100 mg). (La prof non è
sicura che sia in commercio).
6) ETRAVIRINA (TMC 125)
Farmaco attivo contro ceppi di HIV resistenti ad altri inibitori non nucleosidici della transcrittasi
inversa. Si somministra per via orale alla dose di 900 mg due volte al giorno.
7) RILPIVIRINA
è un inibitore non nucleosidico dell'enzima trascrittasi inversa (NNRTI). Agisce bloccando la crescita
dell'HIV.

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La rilpivirina si somministra per via orale, durante i pasti. La rilpivirina può aumentare le risposte
immunitarie, portando a reazioni contro infezioni nascoste.
In caso di trattamento con didanosina o antiacidi è necessario assumerli almeno 2 ore prima o 4 ore
dopo la rilpivirina. Eventuali inibitori dei recettori H2 dell'istamina devono invece essere assunti
almeno 12 ore prima o 4 ore dopo la rilpivirina.
In genere viene usato in pazienti naive (pronuncia naìv) che abbiano una viremia inferiore alle 100.000
copie di RNA/mL, però non va usato nei pazienti che assumono inibitori di pompa protonica perché
altrimenti se ne riduce la biodisponibilità per via orale e quindi l’efficacia. Esso blocca l’attività della
trascrittasi inversa, un enzima prodotto dall’HIV-1 che permette al virus di riprodursi nelle cellule
che ha infettato. Bloccando questo enzima, il farmaco, assunto in associazione con altri farmaci
antivirali, riduce la quantità di HIV nel sangue, mantenendola a livello ridotto. Non cura l’infezione
da HIV o l’AIDS, mapuò ritardare i danni a carico del sistema immunitario e l’insorgenza di infezioni e
malattie associate all’AIDS. Ha un emivita di 50 ore, dà resistenza crociata con altri NNRTI,
metabolizzata dal CYP3A4 e può precipitare una sindrome da astinenza da metadone. Quindi, avrà
un interazione strana per cui per induzione metabolica (forse) accelera troppo la metabolizzazione
del metadone e quindi può far avvenire tale sindrome.
Gli effetti indesiderati più comuni (osservati in più di 1 paziente su 10) sono mal di testa, insonnia,
vertigini, nausea e aumento dei livelli del colesterolo totale, del colesterolo LDL (lipoproteine a bassa
densità), dell’amilasi pancreatica (un enzima prodotto nel pancreas che scinde l’amido in zuccheri)
e delle transaminasi (enzimi epatici), prolungamento del tratto QT.
Non deve essere somministrato in associazione ai seguenti medicinali, poiché possono ridurre il
livello di rilpivirina nel sangue e, di conseguenza, l’efficacia. Sono:
• carbamazepina, oxcarbazepina, fenobarbital, fenitoina (medicinali contro le convulsioni);
• rifabutina e rifampicina (antibiotici);
• omeprazolo, esomeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo, rabeprazolo (inibitori della pompa
protonica impiegati per ridurre l’acidità di stomaco, dopo un grande successo ora sono caduti un po’
in disgrazia perché se n’è fatto un uso massiccio che ha portato inevitabilmente all’insorgenza di
segnalazione di effetti collaterali);
• desametasone sistemico (un farmaco antinfiammatorio e immunosoppressore steroideo), salvo
che sia usato come dose singola;
• erba di San Giovanni (un antidepressivo vegetale)
INIBITORI NUCLEOTIDICI DELLA TRASCRITTASI INVERSA
I ricercatori, hanno cercato di ottenere dei nuovi farmaci, ma in molti casi non sono riusciti a creare
delle molecole assolutamente originali. Per cui questa prima classe di inibitori che abbiamo citato
comprende:
• Nucleosidici
• Non nucleosidici

I Nucleotidici costituiscono l'ultimo gruppo, sono composti che sono già nucleotidi e quindi non
devono essere proprio fosforilati perché già lo sono, oppure hanno già due fosforilazioni e mancano
della terza. Sono falsi substrati per la trascrittasi inversa ed inibiscono direttamente l’allungamento
della catena di DNA.

1) ADENOVIR & TENOFOVIR


Sono composti già dotati di un gruppo fosfato (nucleotidi) e necessitano di due successive reazioni
di fosforilazione per convertirsi in metaboliti attivi capaci di inibire la trascrittasi inversa. Quindi
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sono utilizzati come profarmaci, sebbene siano già nucleotidi.
Mostrano attività antivirale non solo contro il virus HIV ma anche contro il virus HBV (Epatite) una
varietà di virus erpetico capace anche di causare, anche se raramente, l'epatite. Sono
somministrati sottoforma di profarmaci (sono monofosfato) per via orale alla dose di 300 mg/die.
Effetti collaterali: Alterazioni lipidiche con incremento dei trigliceridi e dei livelli di colesterolo,
lipodistrofia, acidosi lattica, pancreatite, alterazioni mitocondriali poiché effettivamente sono
anch'essi dei prodotti estremamente tossici. Quindi, non ci sono grossi vantaggi. Di solito in
farmacoterapia abbiamo visto che nell’ambito di ogni classe ci sono dei vantaggi farmacocinetici o
farmacodinamici quando si passa dai primi agli ultimi termini della serie ma in questo caso molto
spesso non ci sono vantaggi o meglio l’unico vantaggio è che funziona anche su ceppi resistenti ai
farmaci più vecchi ma efficaci. In chemioterapia, dunque, il problema della farmacoresistenza fa sì
che noi possiamo avere che un farmaco sia anche molto attivo e quindi di 1° scelta nel trattamento
di un’infezione o da un virus, può diventare assolutamente inutile dopo un certo uso perché è
subentrato un ceppo farmacoresistente a quel farmaco. Allora, quel farmaco non può esser
utilizzato più perché non funziona.
Usi terapeutici: Studi recenti, dimostrano che il Tenofovir riduce la trasmissione verticale dell'HIV
ma soprattutto quando c’è l'allattamento al seno.
Un trattamento di tre settimane con il profarmaco TDF (Tenofovir Disoproxil Fumarate) riduce il
rischio di trasmissione sessuale e verticale del virus. Il TDF è somministrato anche a pazienti
infettati sia dal virus HIV che dal virus HBV (condizione frequente nei tossico dipendenti).

Quindi, per ogni gruppo avremo vari farmaci e si comincia la scelta sempre dai primi. Questo per
avere a disposizione più possibilità e quindi più tempo per poter curare il paziente.
Ricordiamo che la cura dell'AIDS non è risolutiva e difficilmente riusciamo a guarire il paziente con
queste terapie. Però, quello che possiamo ottenere è un prolungamento e un miglioramento della
qualità di vita.
Chiaramente, per più tempo riusciamo a limitare la proliferazione del virus HIV, più a lungo e
meglio, vive il paziente, perché l'HIV si moltiplica all’interno delle cellule del sistema immunitario.
Per cui, rapidamente prolifera, meno giorni, meno mesi e meno anni di vita ha il paziente.

INIBITORI DELLE PROTEASI


Tre sono gli enzimi cruciali che il virus si porta dietro insieme al genoma perchè gli sono
indispensabili per la duplicazione. Abbiamo visto la transcrittasi, per la quale abbiamo visto tre
gruppi di farmaci abbastanza potenti e numerosi, spesso somministrati come profarmaci. La
proteasi è un altro enzima cruciale per garantire il completamento delle particelle virali perchè il
virus ha l’informazione genetica per sintetizzare un’unica grande proteina che poi viene scissa
proprio dalla proteasi in tutte le proteine utili al virus per legarsi ai recettori CD4+. Quindi i
ricercatori si sono molto soffermati sulle proteasi perchè hanno capito che ottenere anche inibitori
per questo target potesse essere utile.
La proteasi dell’HIV-1 è un dimero costituito da due monomeri di 99 aa. Tale enzima è essenziale
per l’infettività virale in quanto taglia la poliproteina virale (gag-pol) negli enzimi virali attivi o
nelle proteine strutturali.
Il sito di taglio è il lato N-terminale dei residui di prolina, specialmente tra fenilalanina e prolina.
(cfr. Farma 1)
Tutti gli inibitori delle proteasi agiscono legandosi reversibilmente al sito attivo delle proteasi
dell’HIV. Questo impedisce alla proteasi di funzionare, quindi di tagliare il precursore polipeptidico

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virale, e blocca la successiva maturazione del virus (anche questo, quindi, è uno step molto
importante, perché consente di colpire quei virus che sono riusciti a superare l’inibizione della
trascrittasi. Per questo è importante il cocktail).

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