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I VACCINI: COSA SONO, COME FUNZIONANO

Le prime due linee di difesa dell’organismo (barriere fisiche e immunità innata) sono
molto efficaci ma piuttosto aspecifici, cioè non distinguono tra un patogeno e un altro. Dal
punto di vista evolutivo sono tra i più antichi sistemi di difesa: non stupisce quindi che, nel
continuo braccio di ferro tra patogeni e sistema immunitario, molti agenti infettivi abbiano
evoluto nel tempo stratagemmi per superare queste prime linee difensive.

Quando ciò accade, l’organismo mette in atto una terza linea di difesa, costituita dai
linfociti B e T. Rispetto alle barriere aspecifiche, questo sistema, detto immunità
adattativa, fornisce un arsenale di armi più raffinate che riconosce in modo specifico gli
antigeni di diversi patogeni.

Che cos’è un antigene?


Un antigene è qualsiasi macromolecola che inneschi una risposta immunitaria. Il
sistema immunitario distingue gli antigeni endogeni (self), che sono presenti sulle
cellule dell’individuo e non attivano una risposta immunitaria, dagli antigeni esogeni
(non-self), appartenenti a qualsiasi struttura esterna all’organismo e quindi anche ad
agenti infettivi potenzialmente dannosi. La capacità del sistema immunitario di
attaccare i patogeni esogeni e di risparmiare invece i tessuti dell’ospite è garantita dal
meccanismo della tolleranza immunologica. Quando questo prezioso meccanismo va
in corto circuito possono manifestarsi le malattie autoimmuni.

Come funziona l’immunità specifica o adattativa?


L’esercito di linfociti B e T svolge due ruoli fondamentali.
In primo luogo, è in grado di tenere a bada le infezioni e debellarle, allestendo nel giro di
qualche ora o giorno una risposta specifica, ritagliata sulle caratteristiche antigeniche del
patogeno.
Il sistema immunitario è inoltre dotato di un “archivio” che tiene traccia di tutti gli antigeni
che una persona ha incontrato nel corso della vita: questo archivio è la memoria
immunologica, che permette all’organismo di reagire più rapidamente nel caso di un
secondo incontro con lo stesso patogeno. La memoria immunologica si basa sulla
produzione di anticorpi e cellule della memoria (B e T) che rimangono nell’organismo
anche dopo che il patogeno è stato debellato: questo è il principio immunologico su cui si
basa l’immunizzazione a lungo termine offerta dai vaccini.

Come funzionano i vaccini?


La memoria immunologia verso un certo antigene può essere acquisita in due modi:
• immunizzazione naturale: nel corso di un’infezione veniamo direttamente a
contatto con il patogeno; a seconda dei casi, questo incontro può farci ammalare
oppure passare inosservato senza causare sintomi evidenti.
• immunizzazione artificiale: la memoria immunitaria è guidata dalla vaccinazione,
ovvero la somministrazione di una forma attenuata o innocua di uno patogeno o di
sue parti. In questo caso, il vaccino attiva una risposta immunitaria specifica come
se l’organismo si trovasse di fronte all’agente infettivo vero e proprio, ma senza
causare la malattia.

Un vaccino efficace permette quindi di far sviluppare una memoria immunitaria


preventiva: una persona vaccinata contro un certo agente infettivo, per esempio il virus
del morbillo, non contrarrà la malattia nemmeno quando verrà a contatto con il virus vero
e proprio. Le cellule della memoria sviluppate dal vaccino debelleranno rapidamente il
virus, senza la comparsa dei sintomi caratteristici della malattia.

Nel caso di malattie contagiose, i vaccini hanno anche un secondo effetto fondamentale:
oltre a proteggere la persona vaccinata, i vaccini contribuiscono a creare un’immunità di
gruppo (o di gregge, dall’inglese herd immunity). La vaccinazione di massa contro un
patogeno ne impedisce la diffusione nella popolazione e scongiura il rischio di una
epidemia: se molte persone sono vaccinate, il patogeno avrà statisticamente meno
opportunità di infettare qualcuno e l’infezione verrà arginata. L’immunità di gruppo
permette di proteggere anche le persone che non possono vaccinarsi.

Come si ottiene un vaccino?


I vaccini attualmente disponibili si dividono in due categorie: i vaccini tradizionali e quelli
ricombinanti. Tra queste due categorie esistono importanti differenze, ma il comune
denominatore è sempre la presenza di un antigene che, una volta inoculato, stimola la
formazione di una memoria immunitaria specifica.

I vaccini tradizionali, i primi a essere sviluppati, sono costituiti da germi o tossine che
provocano una determinata malattia, resi innocui con particolari procedimenti per poter
essere introdotti nell’organismo senza provocare danni, ma tuttavia ancora in grado di
stimolare la produzione di anticorpi (ossia di agire come antigeni) in grado di impedire
l’insorgenza della malattia.

L’innocuità dei germi (o delle tossine) può essere ottenuta in vari modi per cui possiamo
distinguere vari tipi di vaccini in base alla loro costituzione:
• i vaccini inattivati si ottengono da agenti infettivi uccisi (grazie all’uso del calore o di
formolo, acetone), che non sono quindi in grado di causare la malattia, ma
mantengono le proprietà antigeniche necessarie ad attivare la risposta immunitaria.
Ad es. vaccino contro l’epatite A e vaccino Salk contro la poliomielite.
• i vaccini vivi attenuati sono prodotti a partire da agenti infettivi resi non patogeni.
L’attenuazione consiste nel passaggio degli agenti patogeni in specie animali o in
colture cellulari da esse provenienti diverse dal loro ospite naturale, passaggio che
determina la perdita completa e irreversibile della virulenza. Questi sono
considerati tra i vaccini più efficaci, ma nel caso dei virus, è possibile che il patogeno
si riattivi e riacquisti la capacità infettiva. Ad es. vaccini contro il morbillo, la rosolia,
la parotite, la varicella, la febbre gialla e la tubercolosi.
• i vaccini a subunità (o ad antigeni purificati) non contengono agenti infettivi integri
(né uccisi, né attenuati), ma solo alcuni frammenti batterici o virali purificati,
azzerando così l’evenienza di retromutazioni. Ad es. vaccino contro la pertosse e
quello antimeningococco.
• i vaccini ad anatossine si basano sulle tossine provenienti dall’agente infettivo: la
tossina inoculata non è di per sé in grado di scatenare la malattia, ma è sufficiente
per innescare le difese dell’organismo. Le anatossine si ottengono trattando il ceppo
batterico che produce le tossine con il calore (37-40 °C) e il formolo (0,5%) per circa
40-45 giorni. Ad es. vaccini contro la difterite o il tetano.

Negli ultimi decenni, la ricerca ha fatto un ulteriore passo avanti sul fronte della sicurezza e
dell’efficacia con i vaccini ricombinanti. Grazie alle biotecnologie e alle tecnologie del DNA
ricombinante, il genoma di alcuni patogeni è stato modificato in modo mirato per renderlo
incapace di completare il proprio ciclo infettivo (e quindi sicuro), ma preservando la sua
capacità di stimolare la risposta immunitaria. Un esempio di vaccino ricombinante è quello
attualmente in uso contro l’epatite B, una grave malattia del fegato causata dal virus HBV.
Questo vaccino ricombinante si basa su l’antigene virale HBsAg, una proteina presente nel
rivestimento esterno del virus.

Qual è la differenza tra siero e vaccino?


Con i vaccini si cerca di ottenere una immunità attiva: la somministrazione del vaccino
stimola il sistema immunitario dell’individuo a produrre attivamente gli anticorpi.
L’immunità attiva, che si ottiene con i vaccini, dura a lungo (anni), ma la protezione diventa
efficace solo dopo 15-20 giorni dalla vaccinazione, tempo necessario per l’attiva
produzione degli anticorpi.
Con i sieri si ottiene, invece, una immunità passiva, in quanto il preparato che viene
somministrato (il siero immune, o le immunoglobuline umane) contiene anticorpi, che
vengono passivamente introdotti dall’esterno, senza cioè l’attiva partecipazione del
sistema immunitario. L’immunità passiva è di breve durata (3-6 settimane), ma è pressoché
immediata, perché la protezione indotta dal siero inizia già 2-3 ore dopo la sua
somministrazione: la sieroprofilassi è perciò indicata perle situazioni di emergenza, quando
cioè vi è un rischio immediato di contagio. I sieri possono essere eterologhi (di origine
animale) o omologhi (di origine umana).

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