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Lezione 14/11/2022 – Microbiologia e Microbiologia Clinica

1. Generalità sulle malattie da infezione


La microbiologia comprende la:
- virologia, ossia lo studio dei virus;
- batteriologia, ossia lo studio dei batteri, procarioti;
- protozoologia, ossia lo studio dei protozoi, eucarioti;
- micologia, ossia lo studio dei miceti, eucarioti.
Ha per oggetto e la forma, la struttura, la riproduzione, la fisiologia, il metabolismo e
l’identificazione dei microrganismi. Gli organismi di studio sono talmente piccoli da
non poter essere osservati a occhio nudo, si utilizza così un microscopio,
distinguiamo tra ottico ed elettronico che hanno un potere di risoluzione differente.
Attraverso il microscopio abbiamo varie tecniche:
- a fresco osserviamo la forma;
- quando sono morti possiamo vederli attraverso l’utilizzo di un colorante o utilizzando
diversi coloranti intervallati da una decolorazione, vedremo che una di queste
colorazioni, come ad esempio quella di Gram.
Questa scienza si avvale di tecniche e mezzi utili (terreni di coltura abiotici e biotici)
per l’isolamento e la crescita dei microrganismi. Un esempio di terreno di coltura è
l’urinocoltura, quando c’è o si pensa ci possa essere un’infezione a livello del sistema
urinario. I terreni di coltura servono quindi per andare a isolare i microrganismi che
pensiamo stiano causando l’infezione. I mezzi che sfruttano i terreni di coltura
all’interno hanno delle sostanze grazie alla quale i batteri possono crescere e in
questo modo possono identificarli. Oltre a conoscere il nome e la forma del batterio
ma soprattutto per la terapia da seguire, ciò viene fatto con l’antibiogramma. L’utilizzo
indiscriminato degli antibiotici ha provocato il fenomeno della farmacoresistenza,
questo perché i microrganismi hanno capacità di diversificare il loro materiale
genetico e modificare il loro fenotipo. I batteri possono crescere su terreni di coltura
abiotici, quindi incontreremo parassiti endocellulari obbligati come virus e batteri,
crescono se ci sono delle cellule che devono andare ad attaccare; infatti, i batteri
esplicano il loro potere patogeno all’interno della cellula. L’immunizzazione artificiale
attiva è rappresentata dal vaccino, in questo modo il nostro sistema immunitario lo
aggredisce ed evita che si arrivi ad un’infezione e la malattia da infezione. Esiste poi
l’immunizzazione naturale attiva cioè quando il nostro organismo attiva una risposta
immunitaria non appena incontra un agente patogeno.
I microbioti: i batteri si trovano in natura e presenti negli ambienti più diversi: suolo,
acqua, aria, corpo umano, animali e piante. L’unica possibilità che hanno di
contrastare l’ambiente che stanno
attaccando è essere tantissimi per
questo motivo hanno una spiccata
capacità di moltiplicazione. Non
sempre i microrganismi sono dei
patogeni e hanno degli effetti deleteri
sul soggetto. Ne esistono alcuni, ad
esempio, che fissano l’azoto
atmosferico e ci consentono di
utilizzarlo. La lievitazione del pane e la
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fermentazione della birra e del vino avvengono ad opera di S. cerevisiae. Alcuni
funghi come Penicillum notatum sono produttori di antibiotici. I microrganismi entrano
in contatto con l’ospite, non sempre però il microrganismo prevale sull’ospite, nella
maggior parte delle volte è il contrario, attraverso alle difese immunitarie, in altri casi
ancora convivono pacificamente, un esempio è l’escherichia coli presente nel
sistema gastrointestinale quando però trasloca e passa da un distretto tissutale a un
altro perde questo stato di equilibrio. Ad esempio tra la sintomatologia dell’antibiotico
c’è la diarrea, per reinstaurare l’equilibrio si prende l’enterogermina. L’interazione tra
i microrganismi e l’ospite si divide in:
- contaminazione: contatto accidentale e transitorio tra il microrganismo e l’ospite,
non ho un’infezione ma bisogna proteggersi, utilizzando disinfettanti ad esempio;
- colonizzazione: moltiplicazione del microrganismo nell’ospite senza alterazione
delle normali funzioni dell’ospite;
- infezione: moltiplicazione di un microrganismo potenzialmente patogeno nell’ospite;
- malattia da infezione: processo patologico causato dall’infezione alla quale segue
la sintomatologia clinica.
La simbiosi è l’associazione di due organismi di specie diversa che vivono in stretta
relazione, i rapporti tra il microrganismo è l’ospite si dividono in:
- commensalismo: associazione svantaggiosa per uno dei componenti;
- mutualismo: associazione vantaggiosa per entrambi;
- parassitismo: uno trae beneficio, l’altro svantaggio.
I microbioti, ossia i microrganismi presenti
nella flora microbica normale dell’uomo, e si
differisce dal microbioma, ossia tutto il
materiale genetico del microbiota. La flora si
modifica in base alla crescita. Se distruggo
il microbiota c’è la possibilità che esso si
possa replicare e causare un’infezione. Le
funzioni dei microbioti sono la protezione
verso i patogeni, il processamento dei
nutrienti (degradazione dei composti proteici, produzione dei fenoli, indoli,
ammoniaca, amminoacidi, acidi grassi a catena corta derivati dagli aa) e
modulazione della risposta immunitaria nell’organismo ospite. Se ci sono i microbioti,
il batterio patogeno non ha la possibilità di ancorarsi alle superfici perché non può
legarsi alle strutture presenti della membrana plasmatica e non dà inizio alla fase di
colonizzazione, se invece il batterio patogeno vince il microbiota inizia l’infezione con
la sintomatologia clinica. Quando parliamo di malattie da infezione andiamo a
considerare quel grande gruppo di patologie, molto eterogenee, che riconoscono i
microrganismi come un fattore comune.
L’uomo nasce sterile ma viene subito colonizzato da microrganismi:
- non patogeni;
- occasionalmente patogeni (malattie da infezioni endogene).
Ciò spiega le due categorie di infezione che possono essere endogene o esogene.
Si parla di infezione endogena, ossia di un’espansione numerica di una o più specie
presenti nella popolazione microbica normale di un distretto dell’organismo, es.
escherichia coli, infezioni esogene, la sorgente è esterna. Le infezioni esogene,
invece hanno una sorgente di infezione che può essere materiale inanimato, animale
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infetto (zoonosi) o un altro essere umano (malattie infettive). Sorgenti possono
essere i vettori, in questi avviene una fase del ciclo virale o veicoli.
I rapporti organismo-ospite: i microrganismi per permanere e perpetuarsi in una
popolazione devono avere un habitat naturale in cui riprodursi e l’opportunità di
diffondere ad altri ospiti suscettibili. Per questo motivo riconosciamo la sorgente,
ossia l’organismo che ospita il microrganismo patogeno e che trasmette l’infezione
ad un altro soggetto recettivo (di una specie uguale o diversa) e il serbatoio di
infezione ossia la specie animale o vegetale o il soggetto inanimato che costituisce
l’habitat naturale di un agente infettivo. Serbatoio e sorgente di infezione talvolta
possono coincidere. La sorgente di infezione è il soggetto che elimina i microrganismi
consentendo la trasmissione all’ospite recettivo. Possono essere:
- soggetti malati;
- soggetti portatori: a loro volta divisi in sani (soggetti che si infettano ed eliminano i
parassiti senza contrarre la malattia), convalescenti (soggetti che continuano a
eliminare il parassita anche dopo l’avvenuta guarigione clinica) e cronici (quando
l’eliminazione perdura per molto tempo);
- animali (malati e portatori).
Il serbatoio di infezione è il substrato nel quale i microrganismi patogeni in condizioni
normali vivono e si moltiplicano. I microrganismi patogeni possono essere:
- presenti solo nell’uomo;
- ospitati abitualmente da una specie animale e raggiungere l’uomo casualmente
(salmonella);
- presenti nell’ambiente.
La trasmissione delle malattie infettive avviene per contatto:
- diretto;
- indiretta;
- droplet;
- aerogena/aerorespiratoria;
- veicolo;
- vettore.
Quando la cellula muore il virus muore perché è un parassita di questo. Le vie di
trasmissione sono molte:
- via oro-fecale: il vibrio cholerae (vibrione responsabile del colera) o salmonella;
- via aerea/respiratoria: mycobacterium tuberculosis, orthomyxovirus (responsabile
dell’influenza A, B e C), SARS Cov 2;
- via sessuale: treponema pallidum, neisseria gonorrea, HPV;
- via parentale e parentale inapparente: HIV, epatite B, epatite C;
- via verticale: toxoplasmosi.
Per ricordare le vie di trasmissione oro-fecale esiste la regola delle 7 F:
- food;
- fly;
- fingers;
- feces;
- fomites;
- fluids;
- formication

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Per quanto riguarda la via aerogena, responsabili sono i veicoli come ad esempio le
goccioline eliminate da tosse, starnuti, ecc. Vengono espulse a breve distanza (circa
1 metro) nell’aria e possono depositarsi su congiuntiva, mucose nasale o buccale.
Le goccioline non rimangono sospesa in aria. La contaminazione può avvenire anche
per disseminazione di nuclei di goccioline contenenti microrganismi e per
disseminazione di particelle di polveri contenenti l’agente infettivo. In questo modo è
possibile il contagio per persone anche molto lontane dal paziente infetto. Nel
processo infettivo c’è bisogno della
penetrazione ma in seguito dell’invasione,
della colonizzazione, della replicazione
primaria, a volte non c’è la sintomatologia
clinica, altre volte all’infezione segue il
danno che può essere diretto se i batteri
producono sostanze tossiche.
Riassumendo: il batterio procede con la
colonizzazione della superficie della cute
e delle mucose, penetra attraverso queste
ultime, resiste o interferisce con i
meccanismi di difesa dell’ospite, si
moltiplica nei tessuti e causa danno. I
fattori microbici influenzano l’invasione, la colonizzazione e l’infezione. Le strutture
batteriche vengono definite fattori di virulenza, un esempio è la capsula batterica che
consentono al batterio di resistere alla risposta immunitaria, di legarsi e colonizzare
l’ambiente. La patogenicità invece è la capacità di provocare un danno. Virulenza e
patogenicità costituiscono il meccanismo patogenetico dei batteri. I meccanismi di
patogenicità dei microrganismi sono adesività, colonizzazione, invasione, resistenza
ai meccanismi di difesa, questi determinano il danno all’ospite provocando malattie
da infezione. Un fattore di virulenza è un qualunque fattore strutturale o metabolico
che un microrganismo possiede che lo rende capace di aumentare la sua adesività,
colonizzazione, disseminazione nell’ospite e di eludere i meccanismi di difesa
determinando in definitiva i meccanismi patogenetici. Tra questi fattori abbiamo le
adesine (pili, flagelli, capsula, LPS, proteine), responsabili della colonizzazione.

2. Batteriologia pt. 1
La cellula batterica: la cellula batterica è una cellula
procariotica che non presenta, chiaramente, tutti gli
organelli presenti nella cellula eucariotica. La capsula è
uno strato amorfo formato da polisaccaridi, uno dei
principali è l’acido ialuronico. La capsula maschera gli
antigeni, ha caratteristiche adesiniche e non si lascia
attraversare dagli antibiotici. I microrganismi che
penetrano nelle cellule ospite, durante la fase di crescita intracellulare sono protetti
dal sistema immune dell’ospite. Le cellule deputate alla difesa immunitaria sono
deputate al riconoscimento e al combattimento degli antigeni. Altri batteri hanno la
capacità di crescere all’interno delle cellule e sono protetti dal sistema immune
dell’ospite. Alcuni microrganismi che sopravvivono all’interno della fagocitosi sono:
- brucella spp che causa brucellosi;
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- francisella tularensis che causa tularemia;
- mycrobacterium leprae che causa la lebbra;
- salmonella typhi che causa febbre tifoide;
- mycrobacterium tuberculosis che causa la tubercolosi;
- listeria monotytogenes che causa listeriosi;
- clamydia trachomatis che causa linfogranuloma.
All’interno della cellula il batterio si replica e può diffondersi in più organi e tessuti e
dar origine alle infezioni generalizzate. L’ospite si difende grazie a:
- barriere fisiche, garantiscono l’integrità delle superfici cutanee;
- cellule specializzate, vale a dire globuli bianchi che producono sostanze
antimicrobiche e attivano l’immunità specifica che induce la produzione degli
anticorpi.
Abbiamo diverse immunità che si mettono in gioco in base al batterio che entra in
noi. Quando un batterio si lega a un recettore presente sulla membrana plasmatica
del nostro organismo queste riconoscono gli antigeni e una volta che c’è questo
legame avviene l’attivazione, attraverso segnali intracellulare, del macrofago, della
difesa e alla fine si ha un’alterazione dei geni, infatti vengono trascritti i geni delle
citochine che aumentano quando c’è un contagio perché la cellula deve essere
pronta a contrastare il microrganismo.
Si può prevenire un’infezione tramite:
- comportamenti, quali profilassi, alimentazioni ecc;
- immunizzazione: passiva (prodotti immuni) e attiva (vaccini).

Lezione 28/11/2022 – Microbiologia e Microbiologia Clinica

2. Batteriologia pt. 2
Fisiologia e struttura: nell’ospite i batteri raggiungono un equilibrio dinamico con le
difese immunitarie, in altre situazioni invece prendono il sopravvento e provocano
un’infezione e, successivamente, la possibilità di una malattia da infezione. Ad
esempio, non tutti quelli che contraggono il SARS-COV2 hanno la sintomatologia
clinica da COVID-19. Quindi infezione e malattia da infezioni sono concetti ben
diversi, la sintomatologia clinica non è dovuta in sé al battesimo perché c’è una
risposta immunitaria che, tra i primi step, consiste proprio in un aumento della
temperatura per denaturare le proteine, ad esempio, dei batteri, a volte la
temperatura è troppo alta e il danno lo provoca l’ospite stesso, nella maggior parte
dei casi sono i pirogeni endogeni rilasciati dalle cellule del sistema immunitario e non
il batterio/il virus. La cellula batterica è una cellula procariotica quindi è diversa dalle
nostre cellule, di natura eucariotica. Una delle caratteristiche fondamentali della
cellula procariotica è quella di avere una forma propria perché presenta una parete
cellulare rigida, così come la cellula eucariotica vegetale e i miceti. Altra cosa
fondamentale della cellula procariotica è che non esiste la compartimentalizzazione
interna. Il metabolismo è formato da anabolismo (endoergoniche), sintesi delle nuove
catene di DNA e catabolismo, ad esempio la respirazione. Nella cellula batterica, il
materiale genetico è una molecola circolare di DNA, è libero e associato ad alcune
proteine che fungono da regolatoria sia della trascrizione che della traduzione. nei
batteri che oltre al “cromosoma batterico”, abbiamo i plasmidi, molecole di materiale
genetico aggiuntivo, essi conferiscono alla cellula batterica delle caratteristiche
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fenotipiche, dando loro una maggiore adattabilità che per noi, ospiti si traduce in un
danno. La capsula è fondamentale per l’attività di virulenza dei batteri perché
maschera gli antigeni ed evita al sistema immunitario di riconoscerli, inoltre presenta
caratteristiche adesiviche e non si lascia sovrastare dagli antibiotici. Altri plasmidi
sono detti plasmidi R, essi codificano per proteine implicate nella degradazione degli
antibiotici e consentono al batterio di sopravvivere quando viene somministrato un
farmaco. Per aumentare la superficie della membrana plasmatica, i batteri hanno
delle introflessioni della membrana stessa, detti tilacoidi lamellari, in questi
avvengono gli scambi tra i citocromi e gli ossigeno, cioè l’ultima fase del metabolismo
batterico. I ribosomi sono liberi nel citoplasma quindi avremo la trascrizione e
simultaneamente la traduzione. La plasticità è la capacità dei batteri di modificare il
proprio materiale genetico con l’acquisizione di nuovi caratteri che consentono la
sopravvivenza in diversi ambienti. I batteri sono aploidi quindi per un singolo
carattere c’è un solo allele, la variabilità genetica si trasmette attraverso i pili anche
ad altri ceppi batterici.
La colorazione di Gram: Gram ha messo a punto una colorazione differenziale che
si effettua su un vetrino dove sono stati
fissati dei batteri e dove si aggiungono due
coloranti diversi, normalmente il
cristalvioletto e la fucsina basica, intervallati
da una decolorazione effettuata con alcol
etilico, solvente polare, e acetone, solvente
organico, miscelati insieme in parti uguali.
Gram notò che alcuni batteri acquisivano il
cristal violetto, senza però subire
decolorazione e li ha identificati come batteri
Gram +, altri invece subivano la
decolorazione e si coloravano in rosso e li ha identificati come batteri Gram -. Esiste
anche la classe dei micobatteri come l’agente responsabile della tubercolosi. Il
diverso modo di comportarti alla colorazione dipende da una diversità nella parete
cellulare, che comporta anche un diverso meccanismo patogenetico, cioè un diverso
modo di causare in danno in un ospite. Ad esempio, la penicillina agisce meglio sui
batteri a gram positivi. Nello specifico il procedimento è il seguente:
- trattare con cristal violetto per 2-3 minuti;
- allontanare il colorante e mordenzare la colorazione mediante un trattamento di 1
minuto con una soluzione di iodo e ioduro di potassio in acqua (liquido di Lugol). Si
definiscono mordenti quelle sostanze che formano dei composti insolubili con un
colorante rendendone più stabile l’unione al substrato;
- decolorare per 1-2 minuti con un decolorante come alcol etilico o acetone;
- colorare con un secondo colorante, come fuxina o safranina, di colore facilmente
differenziabile (rosso) da quello del primo colorante usato (violetto).
Classificazione dei batteri: possono avere forma di
- cocco, che possono essere cocchi singoli, diplococchi, tetradi, sarcine,
streptococchi (streptococco betaemolitico di gruppo A responsabile delle
faringotonsilliti e della scarlattina), stafilococchi. I cocchi si dividono in ambedue i
piani meridiano e parallelo;

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- bacillo, può stare su un solo piano dimensionale. Esistono bacilli, coccobacili, i
diplobacilli e gli streptobacilli,
- vibrione, un esempio è il vibrione del colera;
- spirocheta.
Famiglie di batteri, gram e forma:
Microrganismi Gram Forma
Streptococchi + Cocchi a catena
Stafilococchi + Cocchi a grappoli
Bacilli + Bastoncellari
Clostridi + Bastoncellari
Coryneabatteria + Bastoncellari
Brucella - Bastoncellari
Pseudomonas - Bastoncellari
Aeromonas - Bastoncellari
Principali differenze negli involucri esterni dei batteri Gram + e Gram -: la struttura
della parete cellulare è piuttosto
complicata ed è diversa tra i batteri a
gram + e a gram -. Il
peptidoglicano/mureina è il costituente
fondamentale dei batteri a gram +, a
gram – e dei micobatteri. È composto da
N-acetilglucosammina e N-
actetilmuramico e da un piccolo gruppo
di amminoacidi. Acetilmuramico e
acetilglucosammina sono legati da un
legame beta 1-4 e beta 1-6. Questo
legame è importante perché esiste una
sostanza, presente nelle lacrime, nella
saliva e nelle secrezioni vaginali, che è il
lisozima e che ha una funzione protettiva
in quanto degrada la parete batterica
agendo sul legame glicosidico beta 1-4 e
beta 1-6. Ogni unità fondamentale è
legata a un’altra unità fondamentale a formare delle strutture lineari, per aumentare
la rigidità di queste strutture si formano dei
ponti trasversali, rappresentati da peptidi, che
possono essere o uguali o diversi, si viene a
creare un foglietto. Quando si sono studiati i
Gram + si è visto che la parete cellulare è
composta da uno spesso strato di
peptidoglicano. A mantenere i fogli di
peptidoglicano ancorati tra loro e alla
membrana plasmatica provvedono gli acidi
teicoici e lipoteicoici. Il cristalvioletto penetra
nella parete cellulare e si lega con i foglietti di peptidoglicano, aggiungiamo il liquido
di Lugol e decoloriamo con il solvente organico che però sugli amminoacidi non
riesce a penetrare e non toglie il primo colorante, per cui quando aggiungo il secondo
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colorante i siti di legame sono già occupati e il batterio rimarrà colorato di violetto.
Nei Gram - al di là della membrana plasmatica, esiste un’ulteriore membrana
plasmatica, perciò una verrà detta interna e l’altra esterna. La membrana plasmatica
esterna è formata da un doppio strato di fosfolipidi ma il foglietto esterno è formato
da lipopolisaccaride batterico/LPS/endotossina, esso è a panaggio esclusivo dei
Gram - ed è responsabile dello shock septico. Nello spazio tra le due membrane,
detto periplasma è posizionato un sottile strato di peptidoglicano. È uno spazio che
consente al batterio di vivere se in questo spazio sono presenti degli enzimi che gli
consentono di resistere alla penicillina, come le betalattamasi. Il decolorante,
essendo un solvente organico, penetra, toglie i legami superficiali del cristalvioletto
quindi quando aggiungo il secondo colorante questi si colorano di rosso.
L’LPS: L’LPS è costituito dal:
- porzione lipidica, lipide A, ad essa è ancorata la porzione polisaccaridica composta
da due parti. Il lipide A è un dimero N-acetilglucosamina fosforilata ed esterificata
con acidi grassi saturi;
- corta sequenza di zucchero, che costituisce la parte detta “CORE”, comune a tutti i
Gram -. Presenza costante di alcuni zuccheri particolari come l’acido
chetodeossioctonico (KDO) e un eptoso rappresentato in genere da L-glicero-D-
mannoeptoso;
- sequenza di diversi polisaccaridi detti, nel complesso, antigene O, diverso per ogni
specie batterica. È costituito dalla ripetizione di unità diverse nelle diverse specie e
contribuisce alla tossicità del lipide A influenzandone l’idrosolubilità e la struttura.
L’LPS esplica la sua azione tossica non quando è legato alla cellula batterica, ma
quando quest’ultima va incontro a lisi. Normalmente L’PS viene degradatato dalle
PMN, proteine presenti nel fegato, questo legame fa sì che raggiunga i macrofagi o
i linfociti T natural killer, si legano ai recettori, i CD14, che attivano una serie di legami
intracellulari fino a indurre la citochina e la distruzione, attraverso la fagocitosi. Se
però c’è un’infezione sistemica, cioè una grande concentrazione di LPS, si ha un
accumulo di citochine, quindi di cellule dell’infiammazione e quindi un danno
nell’ospite che provoca vasodilatazione periferica che provoca un abbassamento
della pressione, attivazione delle cellule endoteliali, incremento della permeabilità
vascolare, produzione di fattori chemotattici.
La parete cellulare dei Micobatteri: i micobatteri posseggono una parete cellulare che
possiede anch’essa il peptidoglicano e poi delle cere. Per colorarli è necessario
riscaldare il vetrino, se vado a decolorare con il solvente organico, il colorante non
va via. Con la colorazione di Ziehl-Neelson si utilizza la fucsina basica e il fenolo, il
vetrino viene riscaldato, penetra il primo colorante, successivamente decoloriamo
con una miscela di alcol e acido cloridrico e coloriamo in contrasto con il blu, i
micobatteri non cedono il colorante.
La capsula batterica: sia i batteri a Gram + che i Gram - possono presentare un
ulteriore involucro esterno mucoso della capsula. Le sue proprietà sono adesività,
antifagocitazione e resistenza agli antibiotici. La capsula è circondata da acido
ialuronico, il sistema immunitario non lo riconosce e consente l’accesso del
microrganismo. La gran parte delle capsule è di natura polisaccaridica, possono
essere:
- omopolimeri, composti da unità identiche di polisaccaridi come destrani o levani;
- eteropolimeri, come acido ialuronico.
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A differenza delle catene polisaccaridiche dell’antigene O dell’LPS che sono legate
covalentemente all’LPS, le catene di zuccheri che costituiscono la capsula sono
inseriti nella membrana esterna ma non sono legati all’LPS.
I flagelli: i flagelli consentono il movimento attivo dei batteri. Gli unici batteri senza
flagelli sono i cocchi. Sono formati
da un unico filamento di flagellina
organizzata in una struttura
elicoidale sprovvisto di membrana.
Il flagello ha una parte
intramembranaria che dipende dal
tipo di batterio e una parte
extramembranaria. Il movimento
dei flagelli avviene per rotazione e
per questo consuma ATP, il
batterio si muove secondo
gradiente di concentrazione delle
sostanze nutritive, affinché ciò
avvenga deve avere gli enzimi necessari al metabolismo, questo movimento prende
il nome di chemiotassi. Il meccanismo è attivo, c’è bisogno di un sistema di
regolazione molto fine dove la sostanza si lega e, attraverso l’attivazione di segnali,
la liberazione e quindi il consumo di ATP e il movimento del flagello.
Fimbrie/pili: le fimbrie servono ad aderire, uno importante è il pilo sessuale grazie al
quale si ha il trasferimento di materiale genetico da una cellula a un altro, si
trasferiscono fondamentalmente i plasmidi. I pili sono costituiti da subunità della
proteina pilina. Le adesine conferiscono alle fimbrie la capacità di legarsi a peculiari
substrati. Dal punto di vista strutturale i pili sono simili ai flagelli ma non sono coinvolti
nel movimento della cellula. Come i flagelli sono costituiti di proteine e non tutti i
microrganismi sono dotati di pili. Sono responsabili della capacità del microrganismo
di aderire a superfici o a formare pellicole o strati sulla superficie di sostanze liquide.
I batteri che non possiedono pili o fimbrie sono allontanati dal passaggio dell’urina
attraverso l’apparato urinario. Se presentano le adesine legheranno, non vanno via
con l’urina e inizia così la colonizzazione.
Le adesine: le adesine legano la cellula a dei recettori presenti sulla membrana
plasmatica. Le fimbrie non si attaccano a tutti i tipi di recettori, ma a dei recettori
specifici.
Le invasine: alcuni batteri producono molecole d’adesione chiamate invasine che
attivano il citoscheletro della cellula ospite, consentendo l’entrata delle cellule
batteriche con processo simile alla fagocitosi. Il batterio viene inglobato e sistemato
in un vacuolo, da cui viene rilasciato per moltiplicarsi liberamente nel citoplasma della
cellula ospite. Shigella attraversa la mucosa intestinale e invade le cellule epiteliali
nel seguente modo:
- shigella invade la mucosa passando attraverso le cellule M che trasferiranno la
shigella a un macrofago che viene indotto all’apoptosi;
- shigella invade le cellule epiteliali dal polo inferiore mediante invasine che
riarrangiano l’actina delle cellule ospite e finiscono per collocare il batterio in vacuolo;

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- shigella inizia a riprodursi, evade dal vacuolo e inizia a migrare sia nella stessa
cellula che in cellule vicine mediante una coda di filamenti di actina che impartiscono
un movimento attivo a un batterio di per sé immobile.
Il metabolismo batterico: noi siamo organismi eterotrofi, pertanto prendiamo le nostre
sostanze nutritive dall’esterno, a differenza della cellula vegetale che è un organismo
autotrofo, ossia in grado di procurarsi autonomamente il nutrimento necessario
attraverso la fotosintesi clorofilliana per mezzo della quale si procura il glucosio
sostanza necessaria per il proprio catabolismo. Noi invece siamo eterotrofi come la
maggior parte dei batteri, è stato dimostrato però che esistono anche batteri
fotosintetici, ma che non riguardano la patologia umana quindi non li tratteremo, sono
batteri ambientali. Quando andiamo a prendere i substrati organici si può osservare
la respirazione aerobia e/o la respirazione anaerobia; l’accettatore di elettroni in
questo caso è diversa perché nella respirazione aerobia è l’O2, mentre in quella
anaerobia sono le sostanze inorganiche rappresentate dai Solfati, Nitrati ecc. La
respirazione anaerobia si può osservare per esempio nella decomposizione di un
cadavere o in una lesione in necrosi dove non c’è più apporto di ossigeno, e in
mancanza di questo avviene la respirazione anaerobia. In questi casi si possono
sviluppare i batteri anaerobi che sono i responsabili dell’infezione. I tipi di batteri che
conosciamo sono:
- i batteri strettamente anaerobi, eseguono glicolisi, Ciclo di Krebs e Catena di
trasporto degli elettroni, in assenza di ossigeno;
- i batteri aerobi eseguono tutte queste reazioni in presenza di ossigeno.
Noi siamo organismi omolattici perché abbiamo bisogno in maniera eminente di
energia spendibile, la CO2 in determinate condizioni si può trasformare in acido
lattico, e in noi si può verificare un accumulo di acido lattico nei muscoli con una
successiva reazione reversibile. Anche i batteri hanno la possibilità di fermentare. La
fermentazione in termini di resa energetica metabolizzata non è conveniente perché
al contrario della respirazione sia aerobia che anaerobia, la fermentazione porta un
guadagno netto di 2molecole di ATP. La fermentazione è un tipo di catabolismo che
serve solo in presenza di una necessità, per esempio quella del nostro organismo
serve per farci attuare un movimento rapido come nuotare, correre in cui ci sono
degli attimi in cui non si respira, ma alla successiva respirazione la reazione diventa
reversibile; nei batteri invece non avviene la reversibilità della fermentazione,
proseguono la fermentazione fino alla fine. Per i batteri la fermentazione è
fondamentale, sia nel microambiente (organismo dell’ospite) che nell’ambiente
naturale, perché cosi riescono a replicarsi tramite la sintesi dei loro costituenti
cellulari come parete cellulare, materiale genetico ecc. Non è necessario sapere le
reazioni delle fermentazioni batteriche, è importante sapere e capire il tipo di
metabolismo batterico che è aerobio e anaerobio, perché poi ogni professionista
coinvolto nel ciclo diagnostico di un campione sa come deve svolgere correttamente
la sua fase: per esempio l’infermiere deve sapere che se esegue un prelievo per
ricercare un batterio anaerobio deve sapere che non può trasportalo in presenza di
ossigeno perché il batterio in queste condizioni morirà, di seguito non verrà trovato
in laboratorio, il medico non somministrerà così la terapia appropriata per eliminarlo,
e il pz andrà incontro a conseguenze gravi come anche la morte. In questo esempio
possiamo notare l’errore nel prelievo, nella conservazione e nel trasporto. Si
utilizzano dei mezzi
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appositi per il trasporto dei materiali biologici, ma per utilizzare quello appropriato
dobbiamo sapere che tipo di batterio si vuole ricercare, per esempio se si vuole
eseguire urinocoltura si deve sapere che quel campione è biologicamente ricco di
batteri, ma se noi pensiamo che l’abbiamo contaminato con le mani perché non li
abbiamo igienizzate bene, bisogna portarlo subito in laboratorio perché per la
diagnosi di laboratorio è importante anche la carica batterica, successivamente si
procede con l’identificazione del batterio che si esegue studiandone il metabolismo.
In relazione al metabolismo vengono preparati e scelti i terreni di coltura, utilizzati
per isolare i microrganismi. I terreni di coltura contengono le sostanze nutritive che
saranno successivamente catalizzate e anabolizzate per la loro moltiplicazione. Se
non viene utilizzato un terreno di coltura idoneo non ci sarà la crescita dei
microrganismi e quindi non sarà possibile fare diagnosi di infezione. Il processo
diagnostico, che faremo successivamente, implica le conoscenze di base e la
collaborazione di più figure professionali. Ogni fase del ciclo diagnostico, in cui
cooperano tanti professionisti, deve essere eseguita in modo corretto per poter fare
una corretta diagnosi di infezione. Nessuno deve sbagliare anche il semplice errore
di invertire il nome di un pz al posto di un altro è un errore grave, perché si
somministrerà terapia ad un pz che non ha bisogno, e chi invece ha bisogno no. La
corretta gestione del trasporto (fase del ciclo diagnostico) dei campioni è importante
perché per esempio esistono contenitori refrigerati in cui devono essere inseriti o
anche conservati in un frigorifero a 4 gradi (a 4gradi perché a questa temperatura
non ci sarà capacità replicativa) e non lasciati a temperatura ambiente perché a
temperatura ambiente i batteri si moltiplicano. Le fermentazioni batteriche iniziano
con la glicolisi, successivamente inizia il ciclo di Krebs grazie al prodotto terminale
della glicolisi che è l’acido piruvico. Prima di entrare nel ciclo di Krebs i batteri
possono trasformare l’acido piruvico in diverse sostanze:
- in acido lattico perché posseggono l’enzima lattico deidrogenasi, in questo caso si
definiscono lattobacilli;
- in Co2 H2 perché posseggono la formico deidrogenasi; è il caso del pane che si
gonfia;
- In Co2 + Etanolo, alcool perché possiede l’alcol deidrogenasi, è il caso della
fermentazione della birra ma esistono anche in natura in grado di provocare malattie
da infezione.
Quindi in base allo studio della fermentazione si può discriminare la specie batterica
che si è riusciti a coltivare in vivo in laboratorio e che si è isolata dal campione
biologico (cioè dal prelievo proveniente dal pz) che possono essere le feci (tramite
coprocoltura), le urine, il liquido cefalo rachidiano, il sangue ecc. Esistono diversi
batteri, quindi tipi di fermentazioni diverse. La grande distinzione che noi facciamo è
in aerobi e anaerobi come il clostridium tetani o il clostridium botulinum, responsabili
dell’esotossina tetanica e botulinica, che sono batteri anaerobi. Ogni tipo di
fermentazione è correlata ad una specie batterica per cui si riesce a identificare il
tipo di batterio. In termini di sensibilità i due test diagnostici sono differenti: per il test
antigenico i risultati si hanno dopo 5 giorni dall’infezione mentre il tampone
molecolare dà la positività dopo 2 giorni dall’infezione.
La replicazione batterica: il metabolismo permette la replicazione batterica la quale
avviene per garantire la moltiplicazione della specie: nascita crescita, riproduzione e

11
morte. La replicazione batterica avviene tramite scissione semplice e non tramite
fecondazione perché sono procarioti. La scissione è un tipo di riproduzione cellulare
semplice che non utilizza nemmeno la mitosi. La riproduzione dei batteri è asessuata
e avviene mediante la divisione di una cellula in due cellule figlie uguali tra loro e
identiche alla progenitrice. Viene definita scissione binaria, processo molto simile,
ma molto più semplice della mitosi cellulare. Ciò che avviene nella replicazione
batterica è la replicazione del materiale genetico e dei ribosomi, poi la cellula va
incontro a divisione attraverso un setto divisorio della cellula batterica. Quindi non
esiste una mitosi vera e propria. È un meccanismo abbasta regolato: c’è un inizio e
una fine della replicazione a livello del sito di replicazione, poiché risentono delle
sostanze presenti all’esterno che legandosi ai recettori eludono il metabolismo, la
capacità di produzione di energia e quindi di consentire la replicazione del batterio.
Prima che un carattere della prima o
della seconda generazione si manifesti
ci vogliano anche anni. I tempi di
replicazione di un batterio sono diversi,
come 9.6 minuti dove da una cellula si
formano due, da quelle due in maniera
esponenziale si moltiplicano e questo è
importante tenerlo in considerazione
perché da un campione di feci si
possono osservare miliardi di batteri se li
lasciamo a temperatura ambiente ed ecco perché non bisogna farlo, bisogna
conservarli in frigorifero. Se noi quel campione lo abbiamo contaminato e ci sono
pochi batteri lasciato in temperatura ambiente si replicano raggiungendo una carica
elevatissima >100.000 e poi erroneamente in laboratorio verrà fatta diagnosi di
infezione. Questo esempio indica l’errore che c’è stato sulla conservazione e sul
trasporto e spiega il perché bisogna eseguire questi passaggi correttamente.
Le spore batteriche: ciò che è fondamentale è che i batteri siano in grado di
sviluppare una forma di resistenza: le spore. Ciò che penetra in una ferita è la spora,
non il batterio o la tossina perché nell’ambiente ciò che è presente è la spora, che è
una forma di resistenza. Se succede che una ferita degenera e va incontro a necrosi
(perché non c’è apporto d’ossigeno) questo succede perché la spora germina, forma
la cellula vegetativa la quale va incontro a replicazione, produce la tossina ed è la
tossina che poi agisce. Le spore sono importanti in ambito di prevenzione perché si
possono attuare misure di profilassi come la sterilizzazione tramite l’autoclave, il
quale ad una temperatura di 100 gradi è in grado di uccidere le spore. La spora
batterica:
- è una forma di resistenza che il batterio sviluppa quando trova un ambiente con
mancanza di nutrimenti, temperature elevate o in condizioni di anaerobiosi (per gli
aerobi);
- è caratteristica di due specie batteriche di bacilli: i bacillus (specie batterica aerobia,
il più conosciuto è il bacillus anthracis responsabile dell’antrace dell’uomo) e i
clostridium (batteri strettamente anaerobi come il tetano, botulinum e difficile, sono
batteri che non troviamo nell’ambiente ma solo dove non c’è O2 e quindi in condizioni
di anaerobiosi);
- non è legata alla replicazione batterica;
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- è agente di infezione in quanto riesce a germinare.
- è una differenziazione della cellula batterica
La spora ha 2 caratteristiche fondamentali:
- crioresistenza: cioè resiste a bassissime temperature;
- termoresistenza: resiste ad alte temperature ma a temperature di 100° come nel
caso della sterilizzazione con l’autoclave vengono uccise-
La capacità di resistere alle alte e basse temperature è dovuta al fatto che:
- la spora è una forma priva di vita cioè è metabolicamente inattiva in quanto il
cromosoma si trova in uno stato di condensazione, di conseguenza non può essere
né trascritto, né tradotto e mancano enzimi necessari. Stato di Quiescenza;
- nella Cortex ci sono zone in cui sono presenti acido dipicolinico e calcio che gli
conferiscono questa capacità di resistenza.
Quando si vengono a ristabilire le condizioni favorevoli esterne alla cellula batterica,
la spora passerà dallo stato di germinazione a cellula vegetativa. La cellula
vegetativa è la cellula attiva che avrà capacità metaboliche, di replicazione, capacità
di produzione di tossine ecc. Le tappe della sporificazione sono:
- addensamento del materiale nucleare che si dispone a sbarra;
- divisione nucleare e separazione dei due nuovi nuclei;
- migrazione del nucleo
verso il polo cellulare dove
viene racchiuso in una
porzione di citoplasma;
- formazione della
prespora;
- deposizione delle varie
membrane;
- la spora completa degli
involucri e viene ricoperta
dall’esosporio;
- liberazione per
disintegrazione dello
sporangio.
Le spore hanno resistenza ad agenti chimici di disinfezione.

Lezione 05/12/2022 – Microbiologia e Microbiologia Clinica

2. Batteriologia pt. 3
Patogenesi batterica: i batteri presentano le strutture superficiali come capsula,
fimbrie, flagelli, adesine, LPS che sono fattori di virulenza. Definiamo patogenicità la
capacità di un microrganismo d’invadere i tessuti di un organismo superiore (ospite)
danneggiando le funzioni dell’ospite con la produzione di una o più sostanze
tossiche. La virulenza è la capacità di moltiplicazione in vivo. Infine, la tossigenicità
è la capacità di sintetizzare e rilasciare sostanze dannose per l’ospite. I fattori di
virulenza sono:
- adesività batterica;
- invasione dei tessuti dell’ospite;
- resistenza ai meccanismi d’immunità innata;
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- capacità di metabolizzare e di moltiplicarsi nei tessuti dell’ospite.
Le adesine sono strutture proteiche, codificate da geni presenti sul cromosoma
batterico, che servono a legare i recettori presenti sulla membrana plasmatica
dell’ospite. Esse quindi consentono l’aderenza, il secondo processo che si verifica
dopo la colonizzazione. Ciò spiega anche il tropismo, ossia posso attaccarmi alle
cellule che possiedono quei determinati recettori, non a tutti i recettori. Questi fattori
inducono il legame con i Toll-like, viene indotta una risposta immunitaria che, nella
maggior parte dei casi è vantaggiosa per l’ospite, mentre svantaggiosa quando, ad
esempio, c’è una grande quantità di LPS. Ogni batterio ha delle strutture superficiali,
ad esempio proteina F nello streptococco pyogenes, che si lega a recettori
nell’epitelio faringeo; se invece prendiamo la neisseria gonorrhoae l’adesina è
diversa e si lega a recettori dell’epitelio uro-genitale. I plasmidi, non codificano per
proteine che sono importanti alla sopravvivenza batterica, conferiscono alla cellula
batterica un’alta adattabilità quindi colonizzano ambienti difersi, resistono agli
antibiotici e producono tossine diverse, nel caso dell’escherichia coli
enterotossigenica, abbiamo le fimbrie di tipo uno che legano l’epitelio interstiziali
provocando una diarrea, altre escherichia coli non sono patogene ma producono
fimbrie-adesine che riescono a colonizzare l’epitelio uretrale e quindi sono
responsabili del 95%
delle infezioni urinarie;
non parliamo di
escherichia coli diverse,
fanno parte della stessa
specie ma presentano
dei geni diversi. Un altro
esempio è
caratterizzato dalla
scarlattina, sempre
provocata da uno
streptococco beta-
emolitico di gruppo a,
che però ha un gene
che codifica per la
proteina che forma la
tossina. Attraverso il
flusso urinario, che non
devono attaccarsi all’apparato urinario vengono eliminati e non avviene la
colonizzazione, invece, i batteri che presentano le fimbrie, così come la neisseria
gonorrhoeae, riescono a colonizzare, metabolizzano si replicano e formano la carica
microbica necessaria per provocare il danno. Le molecole che si trovano sulla
membrana plasmatica delle nostre cellule, come accennato, si chiamano toll-like,
sono proteine trans che legano le strutture superficiali della parete cellulare dei
batteri. In seguito al legame TLR-PAMP parte un segnale che attraversa il citoplasma
e arriva al nucleo, dove vengono attivati i geni che codificano per le citochine. La
produzione di alcune di queste sostanze fa sì che la cellula batterica possano
penetrare, ad esempio, nei macrofagi. Alcuni batteri hanno dei meccanismi di
resistenza alla distruzione che avviene nel fagolisosoma quindi si replicano
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tranquillamente senza che il sistema immunitario possa riconoscerle e distruggerle.
Ciò significa che resistono al killing cellulare. Alcune cellule batterie sono in grado di
attraversare la mucosa.
Le aggressine: sotto il nome di aggressine vanno alcune caratteristiche strutturali
particolari della cellula batterica. Abbiamo definito, ad esempio, la capsula batterica
come una struttura antifagocitoria, cioè impedisce il riconoscimento da parte dei
macrofagi mascherando gli antigeni superficiali, attraverso le ialuronidasi. Alcuni
batteri posseggono la capacità di produrre delle sostanze che uccidono le cellule del
sistema immunitario, le leucocidine, ad esempio, sono sostanze prodotte dei batteri
che distruggono, in maniera particolare, le cellule del sistema immunitario, i leucociti.
Altre cellule batteriche posseggono la capacità di produrre una sostanza che è la
coagulasi che determina la proliferazione di un coagulo al di là della parete cellulare,
hanno questa capacità i batteri che non contengono i geni necessari alla biosintesi
della capsula.; la coagulasi fa sì che il batterio non venga riconosciuto dal sistema
immunitario, è dunque un altro escape dal sistema immunitario. L’acqua ossigenato,
uno dei disinfettanti più conosciuti, viene scisso dalla catalasi e in questo caso
succede che questa sostanza non ha azione sui batteri, si trova all’interno del
fagolisosoma quindi il batterio resiste alla fagocitosi e viene trasportato in organi e
tessuti senza venire attaccato dal sistema immunitario.
Le invasine; il batterio arriva nei tessuti profondi attraverso delle sostanze, come la
ialuronidrasi che scinde l’acido ialuronico e consente al batterio di scavarsi una
galleria attraverso i flagelli. Abbiamo anche le collagenasi che scindono il collagene.
Dopo il processo di opsonizzazione, in genere la cellula viene distrutta, ma in alcuni
batteri la capsula copre l’opsonina C3b già legata alla parete cellulare dei batteri,
così non può avvenire il legame col recettore situato sulla superficie dei fagociti. Il
treponema pallidum, responsabile della sifilide, sembra penetrare nelle cellule
epiteliali ed endoteliali mediante un meccanismo basato sulle invasine.
Le esotossine/tossine proteiche: una volta che si ha l’infezione, il danno indotto e
quindi la sintomatologia clinica può, ed è in alcuni casi, provocato dalla produzione
di alcune tossine. Le esotossine possono essere prodotte sia da Gram - che da Gram
+, sono sostanze di natura proteica, pertanto sono termolabili. Le tossine sono
costituite da più subunità, se le analizziamo ci accorgiamo di avere due zone:
- la porzione B che lega i recettori presenti sulla
membrana plasmatica;
- la porzione A con attività catalitica, cioè provoca
il danno.
L’anticorpo che rende inattiva la tossina è quello
nei confronti dell’antigene B, la parte che lega il
recettore perché, una volta che vengono prodotti
gli anticorpi, quando si entra in contatto con la
tossina, questa si lega alla parte B e impedisce il
legame di B con il recettore, impedendo l’azione
della subunità A che agisce su strutture della cellula; quindi B lega A, penetra
all'interno ed esplica la sua azione con meccanismi diversi, in base alle tossine
diverse, il danno all'interno della cellula. Se io voglio produrre un vaccino devo
utilizzare una tossina, togliere la parte A e mantenere la parte B che è antigenica,
cioè in grado di stimolare la produzione di anticorpi, questa parte si chiama
15
anatossina. Provocano un’intossicazione, in particolare una tossina alimentare, un
tipo di tossina è quella prodotta da stafilococco aureus, un’altra è la tossina
botulinica. L’altra possibilità di trovare tossine è nei contesti alimentari, ad esempio
per la presenza delle spore in alcuni ambienti che vanno a cadere nel cibo, es.
conserve e marmellate, le spore in condizioni di aerobiosi germinano generando
cellule vegetative e si replicano, raggiungono cariche microbiche, producendo la
tossina botulinica che non viene distrutta dai succhi gastrici e assorbita dall’epitelio
intestinale. Le esotossine presentano specificità per i recettori delle cellule ospiti a
cui si vanno a legare. La definizione corretta di esotossina è “proteina che danneggia
direttamente il tessuto o altera il metabolismo della cellula bersaglio o innesca
un’attività biologica distruttiva”. Le esotossine sono talora responsabili uniche della
malattia perché provocano l’intossicazione. Generalmente esplicano il danno
comportandosi come degli enzimi. Alcune tossine sono presenti sul cromosoma
batterico, altre sono localizzate sui plasmidi. I bersagli delle esotossine sono la
matrice extracellulare o le strutture cellulari. Se agiscono sulla membrana plasmatica
provocano dei fori, ciò comporta che la cellula non è più in grado di regolare lo
scambio dall’esterno all’interno. Può penetrare all’interno e provocare l’alterazione di
una funzione, come la sintesi proteica, e indurre la morte della cellula. Può modificare
l’omeostasi modificando l’apertura e la chiusura dei canali ionici, con il vibrione del
colera si perde acqua e sali minerali quindi bisogna ripristinare il normale equilibrio
idrosalino grazie alle flebo. I principali gruppi di tossine sono:
- tossine citolitiche, come le emolisine che provocano dei provocano la lesione, le
cosiddette emazie che provocano la rottura dei globuli rossi, che si nota attraverso
la formazione di ematomi, c’è quindi c’è un’anemia;
- tossine neurotrope che interferiscono con il rilascio di neurotrasmettitori, succede
che la parte B viene riconosciuta dai recettori presenti sulle cellule del tessuto
nervoso. Un esempio è la tossina tetanica che agisce a livello del SNC e la tossina
botulinica che agisce a livello del SNP. La tossina tetanica agisce a livello del sistema
nervoso centrale, i nostri muscoli lavorano sempre in coppia ed è proprio il sistema
nervoso centrale che regola la contrazione e la distensione. Dalle corna ventrali del
midollo spinale, infatti, partono i motoneuroni: uno agonista che quindi indica al
muscolo di contrarsi e uno antagonista che indica invece al muscolo di rilassarsi, con
l'eccezione dell'unico muscolo che non gode di questo agonismo e antagonismo che
è il cuore ed è appunto indipendente. Quando si vuole contrarre il muscolo parte uno
stimolo sensoriale che giunge sulle corna posteriori del midollo spinale, da qui
partono due segnali: uno eccitatorio per il muscolo agonista e uno inibitorio per il
muscolo antagonista. La tossina tetanica impedisce il rilascio del Gabba che quindi
impedisce lo stimolo inibitorio dalle corna anteriori del midollo spinale facendo partire
così due stimoli eccitatori. Quindi si ha una contrazione del muscolo diaframma con
l'impossibilità di espandere i polmoni che porterà ad una morte per ipossia, in quanto
il paziente è contratto ed impossibilitato a respirare. Un soggetto con sospetta
infezione tetanica può essere terapizzato solo con immunizzazione artificiale
passiva, cioè andando ad inoculare degli anticorpi; per prevenire invece si utilizzano
i vaccini. La tossina botulinica assorbita invece si localizza al livello delle giunzioni
neuromuscolari, quando il neurone arriva al livello del muscolo c'è la giunzione tra
assone e recettore nel sarcolemma, la sostanza rilasciata cioè l'acetilcolina si lega ai
recettor propri inducendo una modifica del potenziale d'azione facendo in modo che
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si abbia lo scorrimento dell’actina e della miosina, e quindi facendo in modo che si
abbia la contrazione muscolare di conseguenza; se non avviene il rilascio
dell'acetilcolina quindi non si può avere la contrazione muscolare. Nell’infezione da
tossina botulinica non avviene la contrazione muscolare perché non arriva lo stimolo
al muscolo che rimane sempre non attivo, quindi avviene la paralisi flaccida e in
questo caso si muore per mancata contrazione del diaframma;
- enterotossine, agiscono a livello degli enterociti;
- tossine pantrope, le cellule che posseggono i recettori che riconoscono la regione
B sono localizzati su più organi quindi il danno è più complesso;
- tossine che agiscono a livello extracellulare, ne è un esempio la tossina
epidermolitica dello staphylococcus aureus che provoca la sindrome da cute
ustionata;
- tossine che agiscono a livello della superficie cellulare, come le tossine emolitiche.
Le esotossine si riuniscono, producono dei fori, la membrana plasmatica non ha più
la sua capacità selettiva, questo provoca un accumulo di sostanze tossiche all’interno
della cellula che, a questo punto, può morire;
- tossine che alterano il contenuto intracellulare di AMP-ciclico, L'adenosina
monofosfato ciclico regola alcune aperture di canali ionici che servono per il
potenziale d'azione che servono ad esempio nell’attivazione muscolare, regola infatti
il potenziale tra la membrana intracitoplasmatica e quella extracitoplasmatica, se
viene modificata la concentrazione di questo elemento, si ha come conseguenza una
modificazione dell'apertura e della chiusura dei canali ionici alterando così la normale
fisiologia e quindi il normale metabolismo della cellula. Ad esempio, la tossina
colerica viene prodotta dal batterio dopo l’infezione, B lega e induce una
modificazione del citoscheletro della cellula, A1 aumenta l’AMP-ciclico perché agisce
sull’adenilato ciclasi, quindi si forma più ADP che induce l’apertura dei canali ionici,
aprendosi la cellula prende acqua e sali minerali;
- tossine che inibiscono la sintesi proteica cellulare, ne è un esempio la tossina
difterica che la sub unità A penetra all’interno della cellula e
blocca la biosintesi delle proteine. Il Messaggero si lega attraverso il capping in
posizione 5’-1’ e al ribosoma da prima con la subunità più piccola, poi con la subunità
più grande attraverso l'azione del TRNA (RNA tranfer), che lega l'aminoacido e passa
poi al secondo codone. Uno degli enzimi che permette questi legami è una proteina,
viene identificato come fattore di elongazione. Quest'ultimo consente alla proteina di
allungarsi e di raggiungere l'aminoacido consentendo quindi, lo scorrimento del
ribosoma sul messaggero. Se viene inattivata questa proteina, si inibisce dunque la
sintesi proteica con conseguente morte cellulare proprio perché la cellula non è in
grado di produrre le proprie proteine va incontro a necrosi cellulare. Ecco spiegato
perché la tossina shiga provoca una dissenteria con presenza di muco e sangue
nelle feci con distruzione degli enterociti.
L’endotossina: l’endotossina è il lipopolisaccaride/LPS che costituisce il rivestimento
esterno dei batteri Gram -. L’LPS esplica la sua azione con la morte della cellula
batterica, il danno è dunque indiretto. È costituito:
- dal lipide A, parte tossica della molecola;
- dall’antigene O, differente di specie in specie;
- dal core in cui sono presenti un eptoso e l’acido ketodeossioctonoico, comune a
tutte le specie di endotossine.
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L’LPS è termostabile, non può essere prodotto un vaccino nei confronti dell’LPS, la
tossicità non è neutralizzata dall’anticorpo corrispondente che sarà diretto contro
l’antigene O. La lisi dei batteri Gram- induce la produzione di proteine da parte del
fegato, tra i quali LBP (la proteina che lega il lipolisaccaride batterico), questo
complesso arriva ai macrofagi e si lega ai recettori cd14 e i toll-like, i quali inducono
una cascata di segnali che alla fine rilasciano le interleuchine attivando il macrofago,
esso va a fagocitare il lipolisaccaride e lo distrugge. Se invece vi è una grossa
concentrazione di lipolisaccaride nelle infezioni sistemiche o la presenza dei batteri
nel circolo, che può essere transitoria o permanente, il sistema immunitario non
riesce a distruggere tutto il lipolisaccride e deve reclutare altre cellule
dell’infiammazione che a loro volta si attivano e producono le citochine. Questa
produzione abnorme di citochine determina:
- un rilascio di pirogeni endogeni e questo induce un aumento della temperatura che
arriva ad esempio al di sopra di quella ponderata delle nostre proteine, quindi al di
sopra dei 41/42 gradi;
- provoca la vasodilatazione periferiche, significa che i vasi tendono ad allargarsi
diminuendo la pressione;
- attivazione del complemento e la formazione di trombi, in questo caso avviene quel
fenomeno chiamato coagulazione intravasale disseminata, cioè la formazione di
coaguli all’ interno dei vasi che impediscono il raggiungimento da parte del sangue
di organi e tessuti che provoca lo shock tossico e la morte delle cellule.
Tra batteri ed ospiti vi è un equilibrio chiamato equilibrio simbiotico. A volte prevale
su questo equilibrio prevale il microrganismo con i suoi meccanismi di virulenza e
tossigenicità e si ha l’infezione e poi la malattia da infezione, in altri casi, invece,
prevale il sistema immunitario. Il rapporto che si instaura tra il microrganismo e
l’ospite è un rapporto dinamico, che varia nel corso del tempo e che varia nel corso
della malattia da infezione. Quindi i referti non sono un valore positivo o negativo ma,
sono delle istantanee nel rapporto dinamico che si stabilisce tra microrganismo e
ospite: oggi il paziente può avere l’infezione, domani si può avere una risposta
immunitaria e quindi un equilibrio che alla fine induce l’eradicazione del
microrganismo.

Lezione 12/12/2022 – Microbiologia e Microbiologia Clinica

3. Virologia
Composizione chimica e struttura dei virus: i virus sono parassiti endocellulari
obbligati, significa che hanno bisogno di una cellula per sopravvivere, per questo
motivo non può esistere la simbiosi con l’ospite; tuttavia, attraverso l'integrazione del
materiale genetico, possono convivere con l'essere umano, poiché presenta delle
sequenze geniche con all'interno del noto materiale genetico, si possono trasmettere
alla discendenza. Questo non è però il caso dell'HIV, perché ha un'altra modalità di
trasmissione, poiché non è presente all'interno delle cellule della linea germinale. Se
è vero che il virus è un parassita endocellulare obbligato, è anche vero che il virus
non vuole che muoia l’ospite, perché alla morte dell’ospite, muore anche lui. Ad,
esempio il SARS-COV2 è responsabile della malattia da COVID-19 e ha delle
varianti, una modalità di trasmissione, una capacità replicativa, una data virulenza,
una data patogenicità, quelle citate sono tutte caratteristiche comuni a qualsiasi virus.
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In base alle mutazioni si ha un'adattabilità e possono essere selezionate in maniera
positiva o negativa. Sono favorite le mutazioni che diminuiscono la patogenicità, cioè
la capacità di provocare un danno nei virus e che sostengono la persistenza. Alla
base di ciò, si deve sempre considerare quello che è il suo compito, cioè la
conservazione della specie: ovvero tutte le variazioni del materiale genetico che si
troveranno poi nel fenotipo e che favoriscono la diffusione del virus e la capacità di
non essere distrutto; queste vengono selezionate positivamente, mentre le altre
negativamente. Basti pensare all'ebola: compare e dopo la morte scompare, non è
più in circolazione, rimane nel cosiddetto serbatoio. Quindi può avvenire il passaggio
nell'uomo, che crea un focolaio epidemico, determinando nella maggior parte dei casi
la morte dei soggetti e poi appunto scompare. Questo perché si raggiunge un
equilibrio con un determinato serbatoio, che può essere anche un animale. Altra cosa
appresa dal SARS-COV2 è che ciascun virus ha una forma, nel caso-esempio ha
una forma sferica, con la presenza di proteine spike, proteine il cui gene è utilizzato
per la preparazione del vaccino, si trovano sullo strato esterno del virus e
determinano l’interazione con i recettori delle cellule sensibili, così definite perché
riconoscono la glicoproteina e consentono l’attacco del virus alla membrana
plasmatica dell’ospite, avviene così il processo di penetrazione fino ad arrivare alla
replicazione del virus. Il virus è costituito da un involucro proteico che è il capside
che contiene il materiale genetico, il capside può assumere due forme:
- capside a simmetria icosaedica. I virus che posseggono questo capside possono o
meno presentare un ulteriore involucro lipoproteico detto
pericapside/peplos/envelope, sull’envelope sono presenti le proteine spike,
glicoproteine. Tra il capside e l’envelope è presente la matrice, un sottile strato
proteico, i virus erpetici, però, presentano uno spesso strato di matrice che prende il
nome di tegumento. I virus non rivestiti da envelope presentano le proteine che
interagiscono sul recettore sul capside virale;
- capside a simmetria elicoidale. I virus che posseggono questo capside hanno
sempre un envelope costituito da fosfolipidi di membrana che derivano dalla cellula
che il virus ha infettato. Anche qui abbiamo la matrice.

I virus sono particolari perché posseggono come materiale che trasporta


l’informazione genetica, oltre al DNA, anche l’RNA. I virus hanno varie forme, quelle
in esame saranno i virus che infettano la cellula animale, in particolare quelle che
infettano i vertebrati, di cui fa parte l’uomo. Questi virus determinano una
19
modificazione della membrana plasmatica che consente al virus di entrare all’interno
della cellula. È importante poiché bisogna
mettere in atto misure di prevenzione
della diffusione delle malattie da
infezione, per esempio: se dovesse
cadere su un tavolo un campione
biologico dove potrebbe esserci,
all’interno delle cellule, un virus che
possiede un capside senza l’envelope,
bisogna sapere che tipo di disinfettante
utilizzare; e anche che tipo di disinfettate
utilizzare se è caduto un campione
biologico che potrebbe contenere,
all’interno delle cellule, un virus che ha un capside e un envelope. Un esempio è
l’etere, che discioglie i fosfolipidi che ha un’efficacia sui virus che posseggono
l’envelope. I virus sono di tre tipi:
- virus animali, che infettano cellule animali e umane;
- virus vegetali, che infettano cellule vegetali;
- virus batterici/batteriofagi, che infettano i batteri.
I virus si riproducono all’interno della cellula utilizzando il meccanismo biosintetico di
quest’ultima, le strutture biosintetiche serviranno al virus a svantaggio del
metabolismo dell’ospite. I virus possono provocare malattie perché nel moltiplicarsi
portano il danneggiamento delle cellule. Il passaggio dei virus ad altri individui è detto
trasmissione o contagio.
Modalità di trasmissione: ci sono varie modalità di trasmissione:
- via aerogena che può essere diretta, dove classifichiamo i virus influenzali e i virus
parainfluenzali come virus del morbillo, della varicella zoster, herpes simplex di tipo
1 e citomegalovirus, o indiretta, attraverso dei veicoli, come oggetti infetti;
- via oro-fecale, avviene attraverso le feci o contaminazione del cibo, come il virus
dell'epatite A, che si può manifestare nelle comunità infantili. Altri virus sono virus da
epatite E ed enterovirus;
- via parenterale apparente e inapparente, la lesione può essere visibile o non
vedersi, in questi abbiamo incluso i rapporti sessuali, come rapporti anali, orali,
vaginali, che possono provocare delle lesioni. I virus che si trasmettono a livello
sessuale danno manifestazione localizzata e sono HPV herpes simplex di tipo 2;
- modalità veticale, che si trasmette da madre a feto, come il virus della rosolia, che
può causare malformazioni fetali incompatibili con la vita dei neonati.
Classificazione dei virus: i virus si classificano in:
- famiglie (…viridae);
- sottofamiglie (…virinae);
- generi (…virus).
Virus a struttura complessa: alcuni virus sfuggono alla simmetria icosaedica o
elicoidale del capside e hanno una struttura più complessa. Un esempio è
l’orthopoxvirus, responsabile del vaiolo.
Il genoma del virus: i virus a DNA rappresentano circa il 30% dei virus animali e
possono essere:
- con DNA a doppia catena lineare;
20
- con DNA a singola catena lineare;
- con DNA a doppia catena circolare;
- con DNA a doppia catena circolare non completa.
L’integrazione del materiale genetico può provocare la trasformazione neoplastica
delle cellule quindi l’insorgenza di tumore, ne è un esempio il virus da HPV.
I virus a DNA possono essere classificati in base:
- alla simmetria del capside;
- nudi;
- rivestiti.
I virus a RNA rappresentano circa il 70% dei virus animali, in questi virus a RNA il
cui genoma è costituito da un acido nucleico a singolo filamento, quest’ultimo può
essere a polarità positiva, è capace di agire direttamente come mRNA oppure a
polarità negativa, deve essere trascritto da un enzima RNA trascrittasi virus-
associata a formare una coppia speculare a filamento positivo che poi viene usata
come mRNA. Anche qui la classificazione è simile a quella del DNA.
Interazioni tra microrganismi e ospite: la contaminazione è un contatto accidentale e
transitorio tra microrganismo e ospite, la colonizzazione è la moltiplicazione del
microrganismo nell’ospite senza alterazione delle normali funzioni dell’ospite,
l’infezione è la moltiplicazione di un microrganismo potenzialmente patogeno
nell’ospite e la malattia da infezione è il processo patologico causato dall’infezione.
La patogenesi è il processo con cui l’infezione virale causa malattia. C’è un conflitto
evolutivo, sia il virus che l’ospite cercano di replicarsi, si cerca di raggiungere un
equilibrio, più convivo più ho la capacità di rimanere. Molte infezioni virali sono
asintomatiche, quindi non c’è una sintomatologia clinica evidente. Un virus per
essere patogeno deve possedere le seguenti caratteristiche:
- infettività, la capacità di penetrare e replicarsi in un certo tessuto (tropismo);
- patogenicità, la capacità di arrecare danno e malattia;
- virulenza, la forza con cui viene indotta la malattia;
- invasività, l’efficienza con cui viene colpito un certo tessuto o organo bersaglio.
La virulenza è determinata geneticamente, Un enzima mutato, es. l’RNA polimerasi,
ha una capacità replicativa più alta, vi è una maggiore concentrazione di virus e
dunque una maggiore possibilità di diffondersi. L’aumentata trasmissibilità dei virus
è data da una mutazione che ha fatto sì che quel virus potesse replicarsi all’interno
della cellula più velocemente e dunque raggiungere la carica infettante capace di
provocare la malattia da infezione. Non è solo l’essere a contatto con un virus, il
motivo per cui si prende l’infezione, ma esso dipende da una carica (concentrazione
del microrganismo), dal campione biologico e dalle difese immunitarie. Alcuni esseri
umani hanno un’immunodepressione, che a volte è permanente mentre altre volte è
transitoria. Ceppi di virus altamente virulenti hanno difficoltà di trasmissione e sono
quindi selezionati negativamente. Essi, possono produrre delle malattie persistenti e
la morte del paziente. Questi hanno bisogno di una modalità di trasmissione
particolare, come per via parenterale (contatto con i fluidi biologici). Questo
diminuisce la probabilità per cui il virus si può trasmettere e dunque infettare altri
soggetti. La prevenzione in questo caso è molto importante.
Le fasi dell’infezione virale: l’infezione virale è caratterizzata dalle seguenti fasi:
- ingresso, nel sito di ingresso deve trovare delle cellule che gli consentono di
modificarsi;
21
- impianto e disseminazione locale, i virus si possono localizzarsi lì;
- diffusione agli organi bersaglio, possono anche diffondersi.
- eliminazione e trasmissione, giunti a destinazione possono essere eliminati.
Possiamo intervenire bloccando la trasmissione del virus.
Trasmissione delle malattie infettive: il contagio può essere:
- diretto, ossia avviene il passaggio del microrganismo da un individuo infetto a uno
sano;
- indiretto, passaggio del microrganismo da un individuo infetto all’ambiente e da
questo a uno sano. Riguarda microrganismi capaci di sopravvivere per periodi più o
meno lunghi nell’ambiente e avviene mediante veicoli (acqua, aria, mani) o vettori
(artropodi, che possono essere meccanici, come le mosche o far parte del ciclo
biologico, come le zanzare).
Per uccidere i virus bisogna uccidere le cellule o intervenire con enzimi virali, non c’è
bisogno di antibiotici ma di antivirali.
L’HBV: La sua modalità di trasmissione è di tipo parenterale inapparente, infatti si ha
la penetrazione del virus proveniente da materiali biologici infetti come il sangue e
attraverso lesioni difficilmente individuabili della cute e delle mucose. La trasmissione
può avvenire anche con strumenti chirurgici non ben sterilizzati come quelli del
dentista, l'agopuntura oppure strumenti non sterilizzati dall’estetista, dal barbiere, dal
tatuatore, oppure con oggetti taglienti abrasivi come i rasoi e le lamette. Si avranno
vari tipi di concentrazione:
- concentrazione elevata: nel sangue, nel siero e negli essudati;
- concentrazione moderata: nel liquido seminale, nel fluido vaginale e nella saliva;
- concentrazione bassa/nulla: nelle urine, nelle feci, nel sudore, nelle lacrime e nel
latte.
Questa capacità di trasmissione dipende dalla quantità di campione e se il soggetto
è in terapia o non è in terapia. Se il soggetto è in terapia, la capacità di trasmissione
è bassa.
L’HIV: sangue, liquido seminale, saliva, sudore, feci, liquor, secreto vaginale, liquido
pleurico e peritoneale, pus e urine sono materiali biologici potenzialmente infettivi per
HIV, ovviamente il tutto dipende anche dalla carica virale. Affinché avvenga la
trasmissione dell’infezione da HIV è necessario che si verifichino due condizioni:
- che sia presente una adeguata quantità di virus;
- che il contatto sia idoneo a permettere al virus di venire a contatto con il suo
recettore.
Trasmissione sessuale: abbiamo infezioni quasi sempre localizzate come:
- HSV;
- HPV, che può provocare carcinoma cervicale e tumori ano-genitali.
Trasmissione verticale: posso avere rosolia, citomegalovirus, herpes simplex,
varicella-zoster, epatite b, enterovirus, HIV, parvovirus B19.

22
Tappe comuni a quasi tutte le infezioni virali: dopo l’ingresso il virus subisce una
replicazione primaria cioè raggiunge le cellule
sensibili, a questo punto l’infezione, in base al tipo
di virus, può seguire due vie:
- un’infezione localizzata, tipica del papilloma
virus;
- una viremia primaria, una diffusione attraverso il
circolo ematico-linfatico, una seconda
localizzazione nel tessuto dove trova le cellule
sensibili, una seconda replicazione, una viremia
secondaria e infine si giunge a un’infezione
disseminata, cioè che raggiunge tutti quei tessuti
che contengono le cellule sensibili e permissive a
quel virus. La sensibilità riguarda le proteine spike.
Fasi del ciclo di replicazione virale – l’attacco: in un dato virus il virus ha trovato la
cellula sensibile-permissiva, quindi si parla del rapporto virus-cellula, il virus inizia il
ciclo di replicazione: il virus si lega al recettore, avviene la penetrazione nella cellula,
la liberazione del materiale genetico perché quest’ultimo contiene l’informazione
genetica per la sintesi delle proteine virus-specifica, una volta replicato il materiale
genetico si ha l’assemblaggio che avviene in base al tipo di capside, segue la
fuoriuscita del virus dalla cellula per andare ad infettare le nuove cellule. Perché un
virus possa moltiplicarsi è necessario che infetti una cellula vivente. Il contatto iniziale
tra virus e cellula è il risultato di collisioni casuali. L’antirecettore è la proteina
presente sulla superficie del virus entra in contatto con il recettore presente sulla
membrana plasmatica della cellula animali. Nei virus provisti di pericapside gli
antirecettori sono in genere glicoproteine organizzate nei peplomeri, nei virus
sprovvisti di peplos gli antirecettori sono proteine del capside. Una volta che il virus
penetra c’è l’esposizione del materiale genetico, quindi si ha la sintesi delle proteine
che possono essere precoci, come RNApolimerasi, o tardive, proteine ad attività
enzimatiche regolatorie, queste ultime sono utili perché il virus deve indirizzare il
metabolismo cellulare verso il metabolismo virale. Contestualmente, la cellula ospite
cercherà di andare in apoptosi, il virus cercherà di impedire anche questo per favorire
la fase di sintesi. Un’altra azione svolta dal virus è favorire la proliferazione perché,
in quel caso, può avere nuove cellule da infettare. Volendo dare una definizione alla
sensibilità diremo che la sensibilità di una cellula nei confronti di un particolare virus
è definita dalla presenza di idonei recettori. Le cellule che possono essere infettate
da un virus sono per definizione cellule sensibili all’infezione. La permissività, invece,
è il possesso di una serie di condizioni in grado di garantire la totale espressione del
potenziale genetico di un virus infettante attraverso la sintesi di:
- fattori trascrizionali “attivati” idonei ad avviare il processo di trascrizione;
- enzimi necessari alla trascrizione del genoma;
- enzimi e precursori idonei alla sintesi dei materiali virus-specifici.
Fase di assorbimento: la fase di assorbimento è la fase in cui il virione aderisce ai
recettori della membrana della cellula ospite. I recettori sono sostanze normalmente
presenti sulla membrana plasmatica che esplicano una funzione diversa, l’EGF
favorisce ad esempio il nutrimento e favorisce alla proliferazione delle cellule. Le

23
ICAM-1 sono delle proteine di adesione, l’acetilcolina ci consente la contrazione
muscolare.
Fasi del ciclo di replicazione virale – la
penetrazione: come accennato, una
volta che avviene il legame, si ha una
modificazione del citoscheletro. In base
al tipo di virus io posso avere tre tipi di
penetrazione:
- apertura di canali;
- formazione di vescicole endocitiche, le
proteine modificano il legame spike-
recettore inducendo modificazioni
conformazionali nel citoscheletro;
- fusione dell’envelope con la membrana
plasmatica della cellula. L’HIV, ad
esempio, penetra legandosi a un
recettore, dopodiché avendo un
envelope si fonde con la membrana
plasmatica e il virus penetra nella cellula.
Fasi del ciclo di replicazione virale –
l’esposizione: una volta che il virus entra
nella cellula deve esporre il materiale genetico, quindi vengono degradate le proteine
del capside, avviene a carico delle proteasi virus-specifiche che digeriscono il
capside e l'acido nucleico viene liberato nel citoplasma; in alcuni casi si parla anche
di proteasi cellulo-specifiche. Ad esempio, nella terapia dell'HIV si utilizzano dei
farmaci che inibiscono proprio tali enzimi per bloccare questa fase o comunque la
successiva e quindi si blocca la replicazione virale. Ogni virus che possiede un
particolare materiale genetico, possiede una parte della fase replicativa diversa da
quella di altri virus, quindi sarà diversa anche la possibilità di provocare un danno e
cambierà il meccanismo patogenetico.
Fasi del ciclo di replicazione virale – l’assemblaggio: il destino del virus sarà diverso
a seconda che si parli di un virus nudo o rivestito. Un virus nudo esce attraverso dei
fori sulla membrana plasmatica della cellula, se invece è un virus rivestito, quindi è
presente l’envelope, non si ha altro che una parte della membrana plasmatica che si
stacca durante il processo di gemmazione, questo perché la membrana plasmatica
viene modificata da proteine virus-specifiche.
Fasi del ciclo di replicazione virale – liberazione della progenie virale: se c’è
un’infezione localizzata, il virus entra nella cellula sensibilizzata, si replica e la
replicazione non si “sposta” ma si può allargare, fondamentalmente resta lì non
essendo sistemica. Se c’è un’infezione generalizzata si avrà una cellula sensibile,
attività replicativa virale e dopodiché si avrà la diffusione del virus attraverso il circolo
ematico e il circolo linfatico con localizzazione nel tessuto bersaglio, quindi dove si
troveranno delle cellule sensibili e permissive. Avverrà poi la replicazione secondaria,
la sua diffusione e il raggiungimento di altri organi. Abbiamo alcuni virus che infettano
il SNC, questi entrano e si diffondono attraverso gli assoni e i nervi sensitivi, giungono
alle corna posteriori e invadono il midollo spinale, la più conosciuta è la rabbia.
Tipi di infezioni: distinguiamo tra:
24
- infezione produttiva, la cellula sensibile e permissiva consente l’attacco, la
penetrazione e la replicazione virale. Gli effetti sulle cellule possono essere dei danni
che possono addirittura portare alla morte della cellula infettata;
- infezione restrittiva, la cellula sensibile presenta condizioni di permissività non
costanti e legate a particolari condizioni fisiologiche;
- infezione abortiva, la cellula sensibile non è completamente permissiva;
- infezione latente, è una capacità che ha il virus di provocare la malattia quando si
accorge di un abbassamento delle difese immunitarie, in quel caso non si replica sino
a che non si creano le condizioni per lo sviluppo del ciclo;
- infezioni persistenti, è una condizione di parassitismo virale controllato dalla
produzione continua di antigeni virali e virioni infettanti;
- infezioni citocide.
Oncogenesi da virus: la cellula perde la capacità di regolare il ciclo cellulare, si ha la
trasformazione neoplastica della cellula e si genera il tumore. I virus associati al
cancro nell’uomo sono i seguenti:

Lezione 19/12/2022 – Microbiologia e Microbiologia Clinica

4. Tecniche diagnostiche di malattie da infezione


I tipi di tampone: abbiamo diversi tipi di test:
- il test molecolare ricerca il materiale genetico del virus. Nel caso del covid, che è
un virus ad RNA, noi andiamo a ricercare in campione biologico, rappresentato dal
tampone, il materiale genetico del virus attraverso una tecnica di microbiologia
molecolare. Il trasporto per la conservazione del tampone è diverso rispetto al
tampone antigenico, questo perché veniva messo in un terreno liquido e quel terreno
serve a mantenere vive le cellule perché se muoiono le cellule muore il virus. Una
volta che giunge in laboratorio si va ad estrarre il materiale genetico;
- il tampone antigenico ricerca gli antigeni, nel SARS-COV2 possiamo ricercare le
spike.
Se i due test sono diversi, avranno una sensibilità diversa: il test molecolare ha una
sensibilità più alta e riconosce prima l’infezione, l’antigenico ha una sensibilità più
bassa e quindi riconosce il virus in un tempo maggiore. Per cui con un test molecolare
si riesce a fare diagnosi di infezione già dopo un giorno dall’infezione, con il test
antigenico ci vogliono almeno 5 giorni dal momento dell'infezione. Questo dà un'idea
25
dell'importanza della precocità dei test diagnosi da utilizzare per una diagnosi rapida
di malattia da infezione. La diagnosi tardiva è una diagnosi che allunga l’inizio della
terapia, prolunga la sintomatologia clinica e l’evoluzione della malattia da infezione
e, contestualmente, consente una maggiore incidenza dei casi. Sia le tecniche
molecolari che le tecniche antigeniche sono tecniche dirette per la messa in evidenza
di parti del microrganismo. Nel caso del test sierologico si andavano a verificare gli
anticorpi, era dunque una ricerca indiretta perché non si ricercava nulla del
microrganismo ma si metteva in evidenza l’immunizzazione naturale attiva del
paziente, cioè quella per la quale il nostro sistema immunitario si attiva e reagisce,
in questo caso, producendo gli anticorpi, quando entra in contatto con un antigene
esterno. L’ospite produce gli anticorpi dopo un certo tempo, per il SARS-COV2 la
produzione degli anticorpi avviene dopo 8 giorni dal momento dell’infezione. Questo
periodo va sotto il nome di periodo finestra, dove pur essendoci il microrganismo io
non riesco a metterlo in evidenza attraverso le tecniche sierologico. Oltre al SARS-
COV2, anche altri virus hanno un lungo periodo finestra, in maniera particolare
ricordiamo l’HIV, l’HCV, dove per andare a valutare la presenza degli anticorpi
attraverso le azioni sierologiche devono passare almeno due mesi dal momento del
contagio e quindi dell’infezione. Questo significa che il soggetto in due mesi può
trasmettere il virus, aumentare l’incidenza e nello stesso tempo la malattia da
infezione può evolvere nel paziente e arrivare al punto in cui si può intervenire con
la somministrazione della terapia. Devo sempre associare un test altamente
sensibile, che mi aumenta i falsi positivi, con un test altamente specifico, che va a
discriminare i veri positivi dai falsi positivi. Bisogna riuscire a diagnosticare se ciò che
si ha davanti sia un’infezione localizzata o un'infezione generalizzata, ciò consente
di effettuare una biopsia cutanea, nella generalizzata, o un’emocoltura, quindi
cercare, per esempio, un batterio nel sangue, perché si sospetta una infezione
sistemica. Ognuna di queste tecniche ha una sua peculiarità e ognuna deve essere
utilizzata in tempi diversi, per dare informazioni biologiche quanto il rapporto che si
stabilisce tra un microrganismo e un ospite. Se ho un’infezione da HIV, quindi faccio
diagnosi e poi inizio terapia, la seconda volta che vedrò il paziente non posso
somministrare gli stessi test diagnostici che ho eseguito per diagnosticare la malattia
da infezione, ma devo eseguire un test diagnostico che mi consenta di monitorare la
terapia. Allo stesso tempo, se c’è un insuccesso terapeutico bisogna fare un altro
test diagnostico che mi consenta di verificare mutazioni al livello del materiale
genetico, questo perché le mutazioni sono direttamente correlata alla comparsa di
una resistenza ai farmaci e ai chemioterapici utilizzati per terapizzare l’infezione.
Quindi non è un valore ma è un rapporto, ad esempio, a una donna in gravidanza
viene effettuato il T.O.R.C.H., se nei primi due mesi si troviamo IgM ci preoccupiamo
perché prendiamo in considerazione la possibilità dell’aborto terapeutico, se troviamo
anche IgM significa che l’infezione è avvenuta prima quindi significa che un’alta
carica viremica si è avuta precedentemente al momento del concepimento quindi
forse non è stata sufficiente ad attraversare la parete placentare e a trasmettere la
malattia al virus. Se troviamo IgG positive e IgM negative significa che c’è stata una
pregressa malattia da infezione che è passata attraverso la fase acuta, la fase
avanzata ed è in guarigione, in questo caso non prendo in considerazione nessun
tipo di terapia. L’obiettivo è determinare il microrganismo e il quantitativo di esso.
Ottenendo tale informazione si potrà definire se un paziente è immunocompetente o
26
immunodepresso. Nella diagnostica delle malattie da infezione l’obiettivo è
determinare qualitativamente chi è il microrganismo e la sua quantità, inoltre, quando
vado a ricercare gli anticorpi devo fare una valutazione quantitativa, per determinare
se il paziente è immunodepresso o immunocompetente. È anche nota la malattia
nosocomiale che si riscontra quando il paziente è ospedalizzato e presenta già altre
patologie e vengono definiti immunodepressi nei casi adeguati. Un esempio è un
paziente in terapia intensiva o un paziente HIV positivo che presenta infezioni
opportunistiche, che in soggetti sani non provocano infezione, ma in un
immunodepresso sì.
Tipi di microbiologia: non tutte le tecniche danno le stesse informazioni per questo
ne esistono molte. La microbiologia si divide in:
- microbiologia classica che studia il fenotipo del microrganismo attraverso ricerca
indiretta oppure il fenotipo dell’ospite attraverso la ricerca indiretta;
- microbiologia molecolare, cioè la ricerca e lo studio del materiale genetico del
microrganismo all’interno della campione per verificare se sono presenti mutazioni.
I virus vengono visti al microscopio elettronico perché ha una risoluzione maggiore.
Quando parliamo di batteri parliamo di micron, quando parliamo di virus di nanometri.
Abbiamo già accennato che esistono delle colorazioni differenziali e, quando
dobbiamo colorare con più coloranti dobbiamo uccidere i batteri.
Esami ed esempi di campioni biologici: noi possiamo ricercare i microrganismi ma
attraverso l’osservazione microscopica non riusciamo a determinare la specie,
abbiamo bisogno di studiare il metabolismo e quindi abbiamo bisogno del batterio e
di farlo crescere, ecco perché esistono delle piastre di coltura. Per quanto riguarda i
virus, invece, li abbiamo definiti parassiti endocellulari obbligati abbiamo bisogno
delle colture cellulari perché altrimenti i virus non crescono su terreni abiotici.
Possiamo ricercare antigeni sia sul siero sia su altri campioni biologici, gli antigeni
del SARS-COV2 si ricercavano attraverso il tampone nasale e faringeo. Se
dovessimo ricercare gli antigeni della clamidia possiamo farlo attraverso un tampone
della cervice uterina. Dall’altro lato, gli anticorpi si ricercano solo e soltanto sul siero
del paziente, si definisce siero la parte liquida del sangue che non contiene i fattori
della coagulazione. La prima fase della diagnostica consiste nella raccolta del
campione. Esempi di campioni biologici batterici sono:
- tampone faringeo;
- espettorato;
- broncoaspirato;
- coprocoltura;
- urinocoltura;
- tampone da ferina infetta;
- emocoltura;
- liquorcoltura.
Per quanto riguarda l’esame virologico, altri esempi sono:
- raccolta di sieri e altri fluidi biologici;
- tamponi naso-faringei e vaginali;
- cellule mononucleate del sangue periferico;
- villi coriali;
- amniociciti;
- tessuti;
27
- urine e feci;
- tracce di sangue;
- capelli;
- fossili tessuti mummificati;
- tessuti paraffinati o in formalina;
- acqua.
Il microscopio ottico: è fatto da uno statico che è la struttura e da una fonte di
illuminazione, normalmente una lampada ad incandescenza. La lampada diffonde i
raggi in tutte le direzioni, quindi
attraverso un canale, il
diaframma, che regola
l’irradiazione della luce. Il
condensatore è una struttura
che condensa il raggio
luminoso in un unico raggio,
subito dopo c’è un tavolino
traslatore su cui si va a
posizionare il vetrino. Per
aumentare la risoluzione degli
oggetti si utilizzano degli
obiettivi che aumentano 10x,
20x, 30x, 40x, 100x, per delle leggi fisiche, ingrandendo un oggetto questo si
capovolge quindi ho bisogno di un sistema di lente che tende a riportarmi l’oggetto
nella posizione originale e questo è dato dall’oculare, normalmente si utilizzano
oculari che ingrandiscono fino a 10x. Se ad esempio utilizzo l’obiettivo 10x10,
ingrandisco 100 volte. Esiste poi una vite macrometrica e micrometrica che avvicina
o allontana il tavolino traslatore e quindi il vetrino dall’obiettivo, questo serve per la
messa a fuoco, perché ognuno di noi ha una messa a fuoco diversa. Infine, esiste
una telecamera o una telecamera.
Il microscopio a fluorescenza: i microscopi a fluorescenza sono microscopi utilizzati
per colorare delle sostanze fluorescenti, detti fluorofori, che assorbono luce
nell’ultravioletto. In questo caso, il fluoroforo si eccita, raggiunge un livello quantico
inferiore, decade ed emette energia sotto forma di segnale luminosa, per ottenere un
microscopio a fluorescenza devo variare la lampada a mercurio. I raggi UV non sono
raggi penetranti quindi non sterilizzano. I raggi che sterilizzano sono i raggi gamma.
Il microscopio elettronico: quando parliamo di microscopio elettronico ha uno stativo
completamente diverso in quanto è formato da un tubo catodico, perché la fonte
luminosa sono gli elettroni, gli obiettivi sono uguali e anche l’oculare ma abbiamo un
monitor.
Esame microscopico: possiamo osservare i batteri a fresco,
osserviamo la forma e l’eventuale motilità dei batteri,
quando osserviamo i batteri previa colorazione dobbiamo
uccidere i batteri quindi vedremo la forma, ma non la
motilità; tuttavia, utilizzando le colorazioni vedremo
formazioni strutturali delle cellule batteriche. In una
soluzione fisiologica, prendiamo il campione biologico
oppure prendiamo una colonia e aggiungiamo un vetrino coprioggetti e lo osserviamo
28
al microscopio. Se invece vogliamo colorare, dobbiamo fissare (uccidere quindi
passare il vetrino sulla fiamma con un becco Bunsen) il campione biologico o la
colonia batteria sul vetrino, quindi possiamo fare colorazioni semplici, come ad
esempio l’inchiostro di china, questo ci permette di mettere in evidenza
un fattore di virulenza del batterio che è la capsula. Se coloro con
l’inchiostro di china vedo tutto blu e un alone, ciò mi dimostra che ho una
capsula, quindi so che dovrò attraversare dei farmaci che attraversano
la capsula; invece, per quanto riguarda le colorazioni differenziali, la più
conosciuta è quella di Gram. C’è anche la colorazione di Ziehl-Neelson
è una colorazione particolare perché si esegue sui micobatteri. I
micobatteri presentano un sottile strato di peptidoglicano e cere e quindi
un’organizzazione diversa rispetto ai batteri a Gram. Hanno la
caratteristica di resistere a colorazioni fatte con acidi e alcol etilico.
Quindi vado ad aggiungere la fucsina basica acidificata con acido fenico
e riscaldo il vetrino a vapore per consentire alle cere di aprirsi e di far
penetrare il colorante. Successivamente, faccio una decolorazione con
alcol etilico e con HCl cioè un acido che normalmente dovrebbe
decolorare tutto, per i micobatteri non avviene, quindi utilizzo un
colorante di contrasto, il blu di metilene, e quello che osservo è uno
sfondo blu con bacilli rossi. I micobatteri sono riscontrati
prevalentemente con la tubercolosi. Quella appena descritta è una
colorazione alcol-resistente. Abbiamo anche la colorazione in fluorescenza, in cui noi
possiamo utilizzare un fluoroforo e mettere in evidenza questa fluorescenza
utilizzando il microscopio a fluorescenza. Quando invece vogliamo osservare i virus,
non possiamo utilizzare il microscopio ottico ma bisogna utilizzare il microscopio
elettronico, possiamo usare sia il colorante che non utilizzarlo. Un esempio di
colorazione è la colorazione di Giemsa che colora i nuclei diversamente rispetto al
citoplasma.
I terreni di coltura: una volta che facciamo diagnosi attraverso l’osservazione
microscopica diciamo i batteri o i virus che sono presenti, ma non ne abbiamo la
certezza, quindi bisogna far crescere il batterio in laboratorio e per identificarlo devo
studiare il metabolismo, soprattutto perché voglio sapere il farmaco da utilizzare.
Prima parto con una terapia empirica, cioè utilizzo il farmaco che maggiormente
garantisce un’azione nei confronti dei batteri utilizzati. Io devo considerare il
microrganismo che isolo dal paziente che ho davanti perché da terapia empirica a
personalizzata e mirata, per questo bisogna isolare il microrganismo ed effettuare
l’antibiogramma. La scelta personalizzata dipende dalle condizioni cliniche generali
del paziente.
Tecniche di inoculazione: per insemenzare il campione biologico, utilizzo delle anse
che posseggono un occhiello e sono calibrati e si possono avere da 10μL(microlitri)
e 1μL. Le tecniche di semina sono:
- la tecnica dei quattro quadranti dove andiamo a diluire le colonie, questo perché
vogliamo ottenere delle colonie singole;
- la tecnica a reticolo in cui andiamo a insemenzare per tutto il terreno di colture,
viene utilizzata per la conta microbica e per l’antibiogramma;
- la tecnica a becco di clarino, una tecnica dove i terreni vengono fatti solidificare in
provetta o in cilindro per far sì che il terreno non si disidrati e si possa usare fino alla
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crescita del micobatterio, si inoculano terreni liquidi o solidi. Un terreno liquido è un
terreno che contiene i nutrimenti necessari per garantire la sopravvivenza e la
replicazione del batterio, bisogna inoculare proteine, carboidrati vitali per attivare gli
enzimi del metabolismo batterico e anche agenti tamponanti (il cui pH è sempre 7).
Le condizioni di incubazione: la temperatura è di 36°C, bisogna valutare se si tratta
di un batterio aerobio, in tal caso dobbiamo fornire ossigeno, se è anaerobio,
dobbiamo totalmente togliere l’ossigeno perché altrimenti il batterio non cresce.
Sviluppo dei batteri in terreni liquidi: quando inserisco i batteri in un terreno liquido
all’inizio c’è una fase di latenza quindi i batteri si rendono conto delle sostanze perché
devono attivare i geni che codificano per gli enzimi necessari per il metabolismo di
quella sostanza. Ogni batterio si divide per scissione binaria quindi avremo una fase
esponenziale perché all’inizio il numero dei batteri che si replicano è maggiore
rispetto al numero di batteri che muoiono, seguirà una fase di decelerazione della
crescita per arrivare a una fase stazionaria in cui il numero di batteri che si replica è
uguale al numero di batteri che muoiono e infine una fase di decadenza in cui il
numero di batteri che muoiono sarà maggiore rispetto al numero di batteri che si
replicano. Per mantenerli in fase esponenziale dobbiamo travolgere tutte le sostanze
di rifiuto e aggiungere nuovo terreno di coltura che contiene nutrimento. Quando io
visualizzo la crescita nei terreni liquidi lo faccio attraverso l’intorbidimento del terreno.
Sviluppo dei batteri in terreni solidi: i batteri sono inoculati alla superficie di un terreno
gelificato con agar, i batteri possono crescere formando una patina o colonie isolate
a seconda della quantità di inoculum originale. Visualizzo la crescita dei batteri nei
terreni solidi attraverso la colonia, popolazioni microbica che deriva da un’unica
batteria. Le colonie possono essere:
- colonie S (da smooth, quindi liscio): sono lisce e di consistenza cremosa, le colonie,
ad esempio, dei batteri che sono capaci di produrre una capsula;
- colonie R (da rough, quindi rugoso): sono più secche, con superficie rugosa e
margini frastagliati. Il passaggio dalla fase S a quella R si accompagna alla perdita
di un componente superficiale del batterio, tanto che questo presenta caratteri
antigeni modificati e un potere patogeno diminuito.
Già dall’osservazione microscopica delle colonie si possono avere alcune
informazioni su che tipo di batteri si hanno davanti. Ad esempio un batterio cresciuto
in un terreno che contiene l’agar (polverina che
viene aggiunta per far solidificare il terreno,
infatti l’agar riscaldato è liquido ma una volta
raffreddato solidifica) presenta nelle colonie un
alone di inibizione vuol dire che i globuli rossi
sono stati lisati e questo succede quando il
batterio produce emolisine e si potrà stabilire
che batterio è, in questo caso uno streptococco
beta emolitico. Non so però se è di tipo a
(scarlattina), b (infezioni a livello vaginale, il
feto può contrarre una meningite) o c.
Componenti aggiuntivi dei terreni di coltura: essendo che i batteri sono esigenti,
ovvero non crescono in un terreno di base, bisogna aggiungere nuove sostanze, ad
esempio sangue o sangue cotto (sangue fatto riscaldare che rilascia ferro ed
emoglobina). I terreni di coltura sono liquidi, non esistono terreni all’agar, ma terreni
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fatti solidificare aggiungendo l’agar. Se voglio ricercare un particolare batterio in un
terreno di coltura che proviene da un campione biologico che proviene da un distretto
tissutale polimicrobico, posso aggiungere una sostanza selettiva, cioè una sostanza
a cui il batterio resiste e cresce, mentre gli altri muoiono.
Classificazione dei terreni di coltura: classifichiamo i terreni di coltura in:
- terreni universali: ad esempio terreni all’agar sangue al quale può essere aggiunto
sangue defibrinato di cavallo, di montone o umano;
- terreni di arricchimento: brodi che favoriscono la crescita più rapida di un particolare
microrganismo che altrimenti verrebbe sopraffatto da altri batteri presenti in una
miscela microbica;
- terreni differenziali: contengono indicatori che consentono di distinguere tra loro
microrganismi differenti, sfruttando il diverso aspetto delle colonie, dopo crescita su
terreni solidi;
- terreni selettivi: contengono particolari sostanze capaci di inibire la crescita di alcuni
batteri favorendo lo sviluppo di altri.
Se aggiungo uno zucchero e so, dalle caratteristiche biologiche del microrganismo,
che ci crescono che una specie batterica metabolizza uno zucchero e una specie
batterica non lo metabolizza, io riesco a determinare la specie che lo determina
rispetto a quella che non lo metabolizza.
L’antibiogramma: a questo punto posso effettuare la prova di sensibilità in vitro degli
antibiotici. Si prende una delle colonie, la stempero e la insemenzo a reticolo su tutto
il terreno di coltura. Dopodiché, normalmente al terreno di coltura di Mueller Hinton
aggiungo dei dischetti e sigillo. Vado ad osservare e in prossimità di alcuni dischetti
avrò un alone di non crescita dei batteri, quindi l’antibiotico è diffuso e ha impedito la
crescita dei batteri, questi ultimi sono sensibili all’antibiotico. Se invece non trovo
nessun alone, i batteri sono resistenti a quel dato antibiotico. L’alone di inibizione è
diverso in relazione al tipo di antibiotico, in alcuni è più grandi, in altro è più piccolo,
la maggiore efficacia è in base a quello con l’alone più grande.
Le colture cellulari: quando invece da un campione biologico vogliamo trovare un
virus possiamo utilizzare due tipi di colture:
- colture primarie, sono colture cellulari preparate a partire da un organo animale da
cui le singole cellule sono ottenute mediante la dissociazione del tessuto di origine
attraverso il trattamento con enzimi proteolitici. Questa tipologia di coltura ha vita
breve, quindi io dovrei prendere tessuto ogni giorno, molte di queste cellule che
devono essere sensibili per ognuno dei virus che io voglio trovare vengono dai feti
umani morti;
- linee cellulari, per ovviare il problema causato dalle colture primarie si utilizzano le
linee cellulari, cellule che derivano dai tumori che hanno una vita illimitata, possono
essere congelate e utilizzate quando mi servono.
L’effetto citopatico (CPE): se nel campione biologico è presente il virus io andrò a
visualizzare un effetto citopatico (CPE), vale a dire l’insieme di alterazioni
morfologiche indotte dalla cellula infettata, esempi di danni possono essere rotture,
formazioni di sincizi. Più cellule che si uniscono quindi avremo un’unica cellula
multinucleata. Io faccio crescere la cellula, prendo il tessuto, lo metto nei terreni di
coltura e avrò un monostrato, dopodiché aggiungo il campione biologico, nel caso di
SARSCOV-2 il tampone, avrò dunque bisogno di tessuti epiteliali, a quel punto, dopo
aver messo in incubazione, dopo 24h vado ad osservare, ciò che compare è un
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effetto citopatico, in questo caso la lisi delle cellule. In altri casi invece posso
visualizzare la formazione di sincizi, cioè cellule plurinucleate prodotte dalla fusione
di alcune cellule, questo perché i virus hanno la capacità fusogena.
Risposta immunitaria nell’interazione ospite-parassita: le reazioni sierologiche sono
tecniche che ci consentono
di mettere in evidenza sia
gli antigeni che gli
anticorpi, inoltre abbiamo
le reazioni immunologiche
se utilizziamo altri tipi di
campione. Ad esempio, nel
tampone antigenico noi
utilizziamo una reazione
immunologica, sfruttiamo il
concetto per il quale un
anticorpo reagisce in
maniera specifica con un
antigene, quindi noi
sfruttiamo
l’immunizzazione naturale
attiva. Il microrganismo entra, viene riconosciuto dai linfociti Tc e dai macrofagi, viene
modificato e viene presentato ai linfociti T-helper, questi ultimi producono delle
citochine che alla fine può portare o alla produzione di una risposta cellula mediata
(natural killer) o alla produzione di anticorpi. In laboratorio, posso produrre degli
anticorpi umani che posso legare con delle sostanze. Questa opportunità ci permette
di poter utilizzare questi anticorpi per mettere in evidenza dell’immunocomplesso.
Quando c’è un antigene gli anticorpi si legano a un antigene formando un
immunocomplesso, a volte viene reso visibile in laboratorio. Quando si fa il tampone
antigenico si prelevano cellule che dovrebbero contenere virus, liso gli antigeni
batteri e ne metto due gocce per far diffondere. In prossimità della banda ci sono
degli anticorpi specifici, succede che se nel tampone è presente l’antigene si forma
la banda, quindi in alcuni casi la formazione dell’immunocomplesso è visibile, quando
non lo è utilizzo la tecnica descritta.
Le reazioni sierologiche: le reazioni sierologiche servono per fare diagnosi di malattia
da infezione consentendo di ricercare nel siero del paziente o gli anticorpi contro un
microrganismo, si parla di diagnosi indiretta, oppure antigeni, cioè parti del
microrganismo, diagnosi diretta. Le reazioni sierologiche non servono per studiare
l’immunocomplesso, ma per fare diagnosi di malattie da infezioni o per valutare la
risposta immunitaria. Se voglio ricercare gli anticorpi contro l’HIV, devo avere gli
antigeni. Tra le reazioni sierologiche distinguo in:
- reazione di precipitazione, si assisteva a precipitazione con la formazione di una
banda;
- reazione di agglutinazione, una delle più utilizzate è la reazione di agglutinazione
di Wright che è andato a cercare gli anticorpi verso la brucella, una zoonosi. Raccolgo
il siero del paziente e in delle provette vado ad aggiungere batteri morti al calore, in
una provetta metterò salmonella-tifi, in una paratyphi a e in un’altra ancora paratyphi
b, in un’altra paratyphi c e infine nell’ultima brucella. Quando metto a contatto il siero,
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se nel siero dei pazienti ci sono degli anticorpi nei confronti di uno di questi batteri, si
avrà l’agglutinazione;
- reazioni di fissazione del complemento;
- reazioni di neutralizzazione.
Test Elisa: in alcuni casi, come nel virus dell’HIV, essendo gli antigeni piccolissimi e
quindi non vedo la reazione antigene-anticorpo. Per quanto riguarda le reazioni
immuno-enzimatiche succede che si utilizzano dei pozzetti, in questi pozzetti ci sono
degli antigeni specifici e si shakera. Dopo aggiungo l’anticorpo del siero del paziente
ci possono essere due condizioni: o è positivo o non lo è. Si lega però non forma
fenomeno visibile ma, il fatto che ci siano anticorpi anticorpi umani che ho marcato
con un enzima, così quando aggiungo un substrato incolore e l’enzima consente la
reazione e la formazione di un composto colorato. Io aggiungo il coniugato e poi
successivamente aggiungo il composto incolore, avviene la colorazione del pozzetto,
se si colora ci sono gli anticorpi, se non si colora non ci sono gli anticorpi. Esiste,
inoltre, la legge di … che mi consente di andare a valutare, in base all’intensità del
colore, la quantità di soluto nel solvente, quindi di enzima presente nella soluzione e
quindi di anticorpo presente nel siero del paziente. Se invece marco l’anticorpo con
una sostanza fluorescenza, lo marco attraverso un fluorifero. Se il paziente è un
immunodepresso, l’evoluzione della malattia avrà gravi conseguenze quindi devo
potenziare la sua risposta immunitaria.
Io posso ricercare anche gli antigeni grazie all’anticorpo. Metto a contatto il siero di
paziente e mi posso trovare davanti due situazioni:
- c’è l’antigene;
- non c’è l’antigene.
Ricerca degli antigene: se non si riesce a mettere in evidenza, devo andare a
utilizzare un altro anticorpo che riconosce una zona diversa dello stesso antigene e
questo in immunologia si chiama epitopo diverso dello stesso antigene. In questo
caso l’antigene sarà messo in mezzo a due anticorpi, uno adeso e uno marcato.
Questa tecnica è detta a sandwich. L’intensità del colore è direttamente
proporzionato alla quantità di antigene. È importante sapere quanto ce n’è per
conoscere la carica presente nel soggetto in quanto la carica è direttamente
responsabile della gravità della malattia da infezione ed è responsabile della
trasmissione.
Immunofluorescenza diretta e indiretta: se utilizzo delle sostanze fluorescenze avrò
l’immunofluorescenza, cioè andrò a mettere in evidenza la fluorescenza della
reazione. Sono tecniche utilizzate per i markers dell’epatite, la diagnosi di HIV,
tuttavia ci danno informazioni al di là del periodo finestra.
La microbiologia molecolare: per la fase precoce della malattia da infezione bisogna
utilizzare la microbiologia molecolare. La microbiologia molecolare è organizzata
nella diagnostica delle malattie da infezione, perché sono test sensibili e specifici e
ci consentono di fare diagnosi in tempi brevi rispetto al momento delle infezioni. Esse
studiano:
- la stabilità del messaggio, ogni microrganismo ha il proprio materiale genetico e io
vado a ricercare il microrganismo genetico specifico attraverso geni stabili;
- la variabilità, il microrganismo genetico infatti è in continua evoluzione. Le tecniche
molecolari ci consentono di studiare le variazioni che subiscono le molecole
informazionali dei microrganismi.
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Materiale genetico dei batteri e dei virus: possiamo fare diagnosi e studiare il
materiale genetico costitutivo dei batteri. Quelli che sono presenti sul cromosoma
batterico sono dei geni che caratterizzano la specie, esistono geni presenti sui
plasmidi. Quando andiamo a prendere il materiale genetico dei virus ci sono
sequenze costanti che servono per la vita del virus ma altre che sono variabili e che
conferiscono al virus delle capacità adattative diverse. Le sottovarianti modificano la
spike in modo da sfuggire alla pressione esercitata dagli anticorpi, è accaduto, ad
esempio, con la variante omicron del SARS-COV2.
La PCR: il primo che ha messo in evidenza la possibilità di andare a ricercare nei
campioni biologici materiale genetico è stato Mullis che ha ripreso ciò che avviene
normalmente in una cellula, in una cellula quando si replica il materiale genetico la
prima cosa che avviene è la separazione della doppia elica del DNA, poi si inserisce
un primer e si sintetizza la doppia sequenza. Mullis ha sperimentato la possibilità di
estrarre dai campioni biologici il materiale genetico, esso si inserisce in delle provette
in cui aggiungiamo da un lato i primer specifici, bisogna poi aggiungere le basi
azotate e la DNA polimerasi e il buffer che serve per aumentare l’attività della
polimerasi, vado ad amplificare il materiale genetica. La polimerasi ha una fase di
denaturazione, si aumenta la temperatura fino a 94 °C, si inseriscono i primer
abbassando la temperatura a 56-62 °C, poi la DNA polimerasi sintetizza una nuova
catena di DNA quindi fino ad arrivare a un’amplificazione del materiale genetico.
Questo materiale genetico codificato ha portato a mettere a punto tecniche che
consentono di studiare non solo la quantità della presenza del materiale genetico ma
anche di quantizzarlo e quindi di avere una valutazione della carica microbica, quindi
quando il soggetto ritorna per il controllo della sua malattia infettiva io faccio il
controllo della carica viremica, ricercando il materiale genetico: se è maggiore la
terapia non ha efficacia, se è minore la terapia non ha efficacia e quindi vado a
sequenziare il gene che è resistente a quel farmaco e ottenere l’informazione
necessaria per modificare la terapia.
Urinocoltura: uno degli esami più importanti è l’urinocoltura, l’esame coltura delle
urine per andare a valutare la presenza di batteri nelle urine. È fondamentale la
raccolta delle urine, la conservazione e il trasporto perché come noi sappiamo, a
livello uretrale, all’estremità c’è un’intensa carica batterica dovuta al microbiota.
Quando i batteri si replicano aumentano la carica in maniera esponenziale quindi
dobbiamo fare attenzione anche nel trasporto in laboratorio, in quanto se c’è una
bassa carica (alla temperatura ambiente di 37°C), i batteri presenti nelle urine si
replicano e raggiungono una carica alta, quindi risulta un’infezione che il soggetto
non ha. Quindi il campione va conservato in frigorifero e quando lo trasportiamo
dobbiamo metterlo in contenitori refrigeranti. Le infezioni delle vie urinarie (UTI) sono
seconde alle infezioni respiratorie fra le infezioni comunitarie e sono le più frequenti
tra le malattie nocosomiali. Inoltre, sono fra le principali cause di consumo di
antibiotici. I campioni di urina costituiscono di solito più del 50% dei campioni clinici
ricevuti giornalmente dal laboratorio di microbiologia clinica. La maggior parte delle
infezioni sono endogene, cioè dovute a escherichia coli che normalmente fa parte
del microbiota, normalmente possiamo avere un’infezione alle alte vie, quindi ai
calici, alla pelvi e agli ureteri, che viene detta pielonefrite, o alle basse vie, quindi
vescica e uretra, possiamo avere la cistite. Le infezioni ascendenti sono quelle
maggiormente presenti, derivano da batteri intestinali che risalgono l’uretra; a
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differenza di quelle discendenti che normalmente derivano da una batteriemia, quindi
da un’infezione sistemica e attraverso i reni possono giungere nelle vie urinarie. Tra
i fattori predisponenti troviamo:
- sesso femminile;
- condizioni ostruttive;
- alterazioni anatomiche;
- patologie predisponenti;
- cateterismo;
- gravidanza;
- età;
- attività sessuale.
Tra i meccanismi di difesa abbiamo:
- azione lavante dell’urina;
- sfaldamento delle cellule dell’epitelio vescicale;
- pH dell’urina;
- mucosa vescicale;
- attività antibatterica della secrezione prostatica;
- igG, igA;
- fagocitosi.
Affinché avvenga l’infezione c’è bisogno che prima i batteri vadano in collisione,
avviene solo hanno delle fimbrie particolari che consentono l’adesione. La raccolta
delle urine avviene dopo 6 ore dall’ultima minzione, per evitare che i batteri che fanno
parte del microbiota contamino il campione deve esserci un’adeguata igiene. La
raccolta viene effettuata in contenitori a bocca larga, si elimina il primo dito, si chiude
e si conserva in frigorifero e si trasporta solo in contenitori refrigeranti per evitare la
replicazione batterica. Quando vado a fare la conta microbica, se le colonie sono
inferiori a 10'000 è negativo, se sono tra 10'000 e 100'000 è dubbio e si consiglia di
ripetere l’esame, se è superiore a 100'000 c’è sicuramente un’infezione. Non sempre
c’è la possibilità di raccogliere l’urina perché mi ritroverò davanti a pazienti
impossibilitati, un esempio è rappresentato dai pazienti cateterizzati quindi si deve
staccare il tubo, si flamba e poi si raccoglie l’urina del tubicino. Se invece mi trovo
davanti a un neonato, devo procedere con la raccolta con le bustine, in queste c’è
una parte adesiva, non posso lasciarla lì ma ogni 30 minuti andrò a controllare e a
ripulire la bustina. Altra possibilità è di trovare un
paziente con problemi a livello vescicale, non
posso aspettare che il paziente urini quindi
posso intervenire con la puntura in zona pubica.
La conta microbica mi serve per
l’antibiogramma. Normalmente per contare, si
vanno a insemenzare un microlitro di urina
facendo una semina a reticolo, se mette a
incubare a 36°C e si aspetta il giorno dopo.
Supponiamo che io conti 100 colonie, significa
che ci sono 100 unità per microlitro,
normalmente il referto si da su ml quindi devo
moltiplicare per 1000. Il valore soglia 100'000
vale più per i batteri a Gram -, che per i batteri Gram+, per i quali già una conta
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maggiore di 10'000 può essere significativa. La conta microbica la faccio in Agar
sangue o in CLED agar, poi utilizzo contemporaneamente dei terreni selettivi:
MacConley agar per Gram-, Agar all’azide sodica per Gram+ e Agar Sabouraud per
i miceti. In seguito, studio il metabolismo, do uno zucchero e vedo se il batterio lo
metabolizza e quindi faccio diagnosi del metabolismo batterico.
Emocoltura: esame colturale del sangue, è fondamentale la quantità di sangue e il
tempo in cui io faccio il prelievo. Serve per valutare le batteriemie, ossia i processi
infettivi localizzati da dove i batteri migrano nel circolo ematico, che possono essere
transitorie o permanenti; e per valutare la sepsi/setticemia, cioè la presenza nel
circolo ematico di una massiccia concentrazione di batteri che induce una
generalizzata risposta infiammatoria. Le principali situazioni cliniche in cui è
importante eseguire un’emocoltura sono endocarditi e infezioni vascolari, polmonite
batterica, pielonefrite ascendente, osteomielite ematogena, meningite batterica,
ascessi endoaddominali, immunodepressioni di varia origine, cateterismi venosi e
arteriosi, infezioni sistemiche. Vado a raccogliere normalmente 10 ml di sangue e 5
ml nei bambini. La raccolta si esegue utilizzando dei flaconi che contengono un
terreno di coltura necessario per far crescere i batteri, inoltre, presentano un
anticoagulante e delle resine a scambio ionico perché uno degli insuccessi delle
emocolture è dovuto al fatto che si utilizzano farmaci in maniera specifica, poi c’è il
sistema di rilevazione poiché in questi flaconi non si mette in evidenza la colonia, ma
c’è uno strumento che mette in evidenza lo sviluppo di CO2 che si sviluppa quando
ci sono batteri che metabolizzano, quindi se c’è un aumento della CO2 ci sono dei
batteri. Lo strumento segnala la positività si utilizzano 2 tamponi:
- uno per batteri Gram+ e per batteri aerobi;
- uno per batteri anaerobi.
Il referto non si fanno mai al picco febbrile, ma al primo brivido. Si fanno tre prelievi,
cioè 10 ml per tre flaconi aerobi e 10 ml per tre flaconi anaerobi, alla fine avrò 6
flaconi che vado ad inserire nel termostato automatizzato che rileva la positività ma
non mi informa di quali batteri siano presenti, la prima cosa da fare è prelevare un
certo quantitativo di terreno di coltura e faccio la colorazione di Gram. Una volta
ottenute le colonie, identifico la specie biochimica ed effettuo l’antibiogramma. Oggi
esistono tecniche che studiano il materiale genetico dei batteri quindi posso andare
direttamente sul campione positivo e valutare la presenza o meno di batteri nel
flacone di emocoltura, tuttavia non avrò l’antibiogramma.
Liquorcoltura: l’esame colturale del liquido cefalorachidiano, prima osservo se è
torbido, quindi ci sono cellule dell’infiammazione o liquido. Se è torbido effettuo una
colorazione di Gram perché se ha quella consistenza ci sarà un’infezione batterica,
se è liquido mi indirizzo verso un’infezione virale. Quindi se faccio la colorazione di
Gram, per avere la certezza metto la liquorcoltura in cottura in un terreno ad agar
cioccolato, perché ho sangue cotto.
Tampone faringeo: il tampone faringeo è utilizzato per la ricerca di batteri, qui c’è un
terreno alcalinazzato che serve per non far morire i batteri. Serve l’abbassalingua
per non contaminare il tampone con batteri del microbiota, dopodiché si insemenza
nel terreno di coltura, i batteri crescono, facciamo l’identificazione biochimica e
l’antibiogramma.
Tampone rettale e coprocoltura: la coprocoltura è l’esame colturale delle feci. Il
campione biologico si preleva con un cucchiaino in tre punti diversi privilegiando i
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punti in cui vi è muco o sangue, dopodiché si inserisce nel contenitore e si porta nel
laboratorio, oppure attraverso un tampone rettale. Nel tampone rettale utilizzo un
terreno di trasporto che contiene carbonio per evitare che i batteri possano morire,
posso conservare questi tamponi anche a temperatura ambiente. In laboratorio si
utilizzano terreni di trasporto, i batteri crescono e alla fine faccio l’identificazione
biochimica e l’antibiogramma. Oggi esistono i test biochimici che mi consentono di
fare diagnosi rapidamente ma non mi danno informazioni sull’eventuali terapia e sulla
sensibilità agli antibiotici.
Tampone vaginale, cervicale, uretrale: se io voglio ricercare batteri comuni e miceti
utilizzo il tampone … che serve per non far invadere i batteri dai miceti e posso
ricercare batteri comuni come clamidia e neisseria gonorrea. Se voglio ricercare il
papilloma virus metto il campione nel terreno liquido perché la cellula che contiene il
virus non deve morire. Inoltre esiste la è l'esame di laboratorio che viene indicato
quando si vuole valutare la presenza di eventuali microrganismi patogeni nel liquido
seminale. È diverso dallo spermiogramma che serve per valutare la fertilità. Giunto
in laboratorio faccio una coltura su terreni di coltura solida perché ho bisogno delle
colonie e alla fine faccio l’identificazione biochimica e l’antibiogramma. Oggi esistono
dei test che mi consentono di mettere in evidenza il materiale genetico dei batteri ma,
come al solito, non ho informazioni sulle eventuali terapie.
Tampone ferita: devo disinfettare la ferita, con il tampone prendere la ferita e metterlo
nel terreno di trasporto. Posso fare anche un tampone a secco, lo striscio su un
vetrino e faccio un’osservazione microscopica con la colorazione di Gram per
determinare quale terreno di coltura, effetto l’identificazione microbica e
l’antibiogramma.
Diagnosi di Infezione da SARS COV-2: il tampone è retronasale, inclinando la testa
e utilizzando i DPI. Il tampone viene messo in un terreno di trasporto liquido che
serve per non far morire i virus, giunge in laboratorio, strizziamo il tampone e da quel
tampone estraiamo il materiale genetico, successivamente amplifichiamo1 con la
PCR, essendo questi virus a RNA, nella prima fase avrò una retrotrascrizione e poi
successivamente l’amplificazione, questa operazione è detta Real-time RT-PCR. Se
invece effettuo un test antigenici rapidi, nella provetta c’è un agente di cellule quindi
io li metto a contatto, in prossimità
delle strisce ci sono gli anticorpi,
l’antigene se presente si diffonde e in
prossimità delle strisce va a reagire. Il
tampone antigenico ha una sensibilità
molto inferiore rispetto al test
molecolare. I test sierologici vanno
alla ricerca degli anticorpi quindi sulla
striscia sono presenti gli antigeni.
Oggi viene utilizzata la tecnica ELISA.

1
La PCR amplifica il DNA.
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Ipotesi schematica della risposta anticorpale durante le fasi della malattia: le IgM
compaiono dopo 8-10 giorni e alle volte non compaiono, quindi accadeva che i
soggetti positivi si rivelassero poi negativi, l’infezione così continuava a propagarsi.

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