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Per quanto riguarda la via aerogena, responsabili sono i veicoli come ad esempio le
goccioline eliminate da tosse, starnuti, ecc. Vengono espulse a breve distanza (circa
1 metro) nell’aria e possono depositarsi su congiuntiva, mucose nasale o buccale.
Le goccioline non rimangono sospesa in aria. La contaminazione può avvenire anche
per disseminazione di nuclei di goccioline contenenti microrganismi e per
disseminazione di particelle di polveri contenenti l’agente infettivo. In questo modo è
possibile il contagio per persone anche molto lontane dal paziente infetto. Nel
processo infettivo c’è bisogno della
penetrazione ma in seguito dell’invasione,
della colonizzazione, della replicazione
primaria, a volte non c’è la sintomatologia
clinica, altre volte all’infezione segue il
danno che può essere diretto se i batteri
producono sostanze tossiche.
Riassumendo: il batterio procede con la
colonizzazione della superficie della cute
e delle mucose, penetra attraverso queste
ultime, resiste o interferisce con i
meccanismi di difesa dell’ospite, si
moltiplica nei tessuti e causa danno. I
fattori microbici influenzano l’invasione, la colonizzazione e l’infezione. Le strutture
batteriche vengono definite fattori di virulenza, un esempio è la capsula batterica che
consentono al batterio di resistere alla risposta immunitaria, di legarsi e colonizzare
l’ambiente. La patogenicità invece è la capacità di provocare un danno. Virulenza e
patogenicità costituiscono il meccanismo patogenetico dei batteri. I meccanismi di
patogenicità dei microrganismi sono adesività, colonizzazione, invasione, resistenza
ai meccanismi di difesa, questi determinano il danno all’ospite provocando malattie
da infezione. Un fattore di virulenza è un qualunque fattore strutturale o metabolico
che un microrganismo possiede che lo rende capace di aumentare la sua adesività,
colonizzazione, disseminazione nell’ospite e di eludere i meccanismi di difesa
determinando in definitiva i meccanismi patogenetici. Tra questi fattori abbiamo le
adesine (pili, flagelli, capsula, LPS, proteine), responsabili della colonizzazione.
2. Batteriologia pt. 1
La cellula batterica: la cellula batterica è una cellula
procariotica che non presenta, chiaramente, tutti gli
organelli presenti nella cellula eucariotica. La capsula è
uno strato amorfo formato da polisaccaridi, uno dei
principali è l’acido ialuronico. La capsula maschera gli
antigeni, ha caratteristiche adesiniche e non si lascia
attraversare dagli antibiotici. I microrganismi che
penetrano nelle cellule ospite, durante la fase di crescita intracellulare sono protetti
dal sistema immune dell’ospite. Le cellule deputate alla difesa immunitaria sono
deputate al riconoscimento e al combattimento degli antigeni. Altri batteri hanno la
capacità di crescere all’interno delle cellule e sono protetti dal sistema immune
dell’ospite. Alcuni microrganismi che sopravvivono all’interno della fagocitosi sono:
- brucella spp che causa brucellosi;
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- francisella tularensis che causa tularemia;
- mycrobacterium leprae che causa la lebbra;
- salmonella typhi che causa febbre tifoide;
- mycrobacterium tuberculosis che causa la tubercolosi;
- listeria monotytogenes che causa listeriosi;
- clamydia trachomatis che causa linfogranuloma.
All’interno della cellula il batterio si replica e può diffondersi in più organi e tessuti e
dar origine alle infezioni generalizzate. L’ospite si difende grazie a:
- barriere fisiche, garantiscono l’integrità delle superfici cutanee;
- cellule specializzate, vale a dire globuli bianchi che producono sostanze
antimicrobiche e attivano l’immunità specifica che induce la produzione degli
anticorpi.
Abbiamo diverse immunità che si mettono in gioco in base al batterio che entra in
noi. Quando un batterio si lega a un recettore presente sulla membrana plasmatica
del nostro organismo queste riconoscono gli antigeni e una volta che c’è questo
legame avviene l’attivazione, attraverso segnali intracellulare, del macrofago, della
difesa e alla fine si ha un’alterazione dei geni, infatti vengono trascritti i geni delle
citochine che aumentano quando c’è un contagio perché la cellula deve essere
pronta a contrastare il microrganismo.
Si può prevenire un’infezione tramite:
- comportamenti, quali profilassi, alimentazioni ecc;
- immunizzazione: passiva (prodotti immuni) e attiva (vaccini).
2. Batteriologia pt. 2
Fisiologia e struttura: nell’ospite i batteri raggiungono un equilibrio dinamico con le
difese immunitarie, in altre situazioni invece prendono il sopravvento e provocano
un’infezione e, successivamente, la possibilità di una malattia da infezione. Ad
esempio, non tutti quelli che contraggono il SARS-COV2 hanno la sintomatologia
clinica da COVID-19. Quindi infezione e malattia da infezioni sono concetti ben
diversi, la sintomatologia clinica non è dovuta in sé al battesimo perché c’è una
risposta immunitaria che, tra i primi step, consiste proprio in un aumento della
temperatura per denaturare le proteine, ad esempio, dei batteri, a volte la
temperatura è troppo alta e il danno lo provoca l’ospite stesso, nella maggior parte
dei casi sono i pirogeni endogeni rilasciati dalle cellule del sistema immunitario e non
il batterio/il virus. La cellula batterica è una cellula procariotica quindi è diversa dalle
nostre cellule, di natura eucariotica. Una delle caratteristiche fondamentali della
cellula procariotica è quella di avere una forma propria perché presenta una parete
cellulare rigida, così come la cellula eucariotica vegetale e i miceti. Altra cosa
fondamentale della cellula procariotica è che non esiste la compartimentalizzazione
interna. Il metabolismo è formato da anabolismo (endoergoniche), sintesi delle nuove
catene di DNA e catabolismo, ad esempio la respirazione. Nella cellula batterica, il
materiale genetico è una molecola circolare di DNA, è libero e associato ad alcune
proteine che fungono da regolatoria sia della trascrizione che della traduzione. nei
batteri che oltre al “cromosoma batterico”, abbiamo i plasmidi, molecole di materiale
genetico aggiuntivo, essi conferiscono alla cellula batterica delle caratteristiche
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fenotipiche, dando loro una maggiore adattabilità che per noi, ospiti si traduce in un
danno. La capsula è fondamentale per l’attività di virulenza dei batteri perché
maschera gli antigeni ed evita al sistema immunitario di riconoscerli, inoltre presenta
caratteristiche adesiviche e non si lascia sovrastare dagli antibiotici. Altri plasmidi
sono detti plasmidi R, essi codificano per proteine implicate nella degradazione degli
antibiotici e consentono al batterio di sopravvivere quando viene somministrato un
farmaco. Per aumentare la superficie della membrana plasmatica, i batteri hanno
delle introflessioni della membrana stessa, detti tilacoidi lamellari, in questi
avvengono gli scambi tra i citocromi e gli ossigeno, cioè l’ultima fase del metabolismo
batterico. I ribosomi sono liberi nel citoplasma quindi avremo la trascrizione e
simultaneamente la traduzione. La plasticità è la capacità dei batteri di modificare il
proprio materiale genetico con l’acquisizione di nuovi caratteri che consentono la
sopravvivenza in diversi ambienti. I batteri sono aploidi quindi per un singolo
carattere c’è un solo allele, la variabilità genetica si trasmette attraverso i pili anche
ad altri ceppi batterici.
La colorazione di Gram: Gram ha messo a punto una colorazione differenziale che
si effettua su un vetrino dove sono stati
fissati dei batteri e dove si aggiungono due
coloranti diversi, normalmente il
cristalvioletto e la fucsina basica, intervallati
da una decolorazione effettuata con alcol
etilico, solvente polare, e acetone, solvente
organico, miscelati insieme in parti uguali.
Gram notò che alcuni batteri acquisivano il
cristal violetto, senza però subire
decolorazione e li ha identificati come batteri
Gram +, altri invece subivano la
decolorazione e si coloravano in rosso e li ha identificati come batteri Gram -. Esiste
anche la classe dei micobatteri come l’agente responsabile della tubercolosi. Il
diverso modo di comportarti alla colorazione dipende da una diversità nella parete
cellulare, che comporta anche un diverso meccanismo patogenetico, cioè un diverso
modo di causare in danno in un ospite. Ad esempio, la penicillina agisce meglio sui
batteri a gram positivi. Nello specifico il procedimento è il seguente:
- trattare con cristal violetto per 2-3 minuti;
- allontanare il colorante e mordenzare la colorazione mediante un trattamento di 1
minuto con una soluzione di iodo e ioduro di potassio in acqua (liquido di Lugol). Si
definiscono mordenti quelle sostanze che formano dei composti insolubili con un
colorante rendendone più stabile l’unione al substrato;
- decolorare per 1-2 minuti con un decolorante come alcol etilico o acetone;
- colorare con un secondo colorante, come fuxina o safranina, di colore facilmente
differenziabile (rosso) da quello del primo colorante usato (violetto).
Classificazione dei batteri: possono avere forma di
- cocco, che possono essere cocchi singoli, diplococchi, tetradi, sarcine,
streptococchi (streptococco betaemolitico di gruppo A responsabile delle
faringotonsilliti e della scarlattina), stafilococchi. I cocchi si dividono in ambedue i
piani meridiano e parallelo;
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- bacillo, può stare su un solo piano dimensionale. Esistono bacilli, coccobacili, i
diplobacilli e gli streptobacilli,
- vibrione, un esempio è il vibrione del colera;
- spirocheta.
Famiglie di batteri, gram e forma:
Microrganismi Gram Forma
Streptococchi + Cocchi a catena
Stafilococchi + Cocchi a grappoli
Bacilli + Bastoncellari
Clostridi + Bastoncellari
Coryneabatteria + Bastoncellari
Brucella - Bastoncellari
Pseudomonas - Bastoncellari
Aeromonas - Bastoncellari
Principali differenze negli involucri esterni dei batteri Gram + e Gram -: la struttura
della parete cellulare è piuttosto
complicata ed è diversa tra i batteri a
gram + e a gram -. Il
peptidoglicano/mureina è il costituente
fondamentale dei batteri a gram +, a
gram – e dei micobatteri. È composto da
N-acetilglucosammina e N-
actetilmuramico e da un piccolo gruppo
di amminoacidi. Acetilmuramico e
acetilglucosammina sono legati da un
legame beta 1-4 e beta 1-6. Questo
legame è importante perché esiste una
sostanza, presente nelle lacrime, nella
saliva e nelle secrezioni vaginali, che è il
lisozima e che ha una funzione protettiva
in quanto degrada la parete batterica
agendo sul legame glicosidico beta 1-4 e
beta 1-6. Ogni unità fondamentale è
legata a un’altra unità fondamentale a formare delle strutture lineari, per aumentare
la rigidità di queste strutture si formano dei
ponti trasversali, rappresentati da peptidi, che
possono essere o uguali o diversi, si viene a
creare un foglietto. Quando si sono studiati i
Gram + si è visto che la parete cellulare è
composta da uno spesso strato di
peptidoglicano. A mantenere i fogli di
peptidoglicano ancorati tra loro e alla
membrana plasmatica provvedono gli acidi
teicoici e lipoteicoici. Il cristalvioletto penetra
nella parete cellulare e si lega con i foglietti di peptidoglicano, aggiungiamo il liquido
di Lugol e decoloriamo con il solvente organico che però sugli amminoacidi non
riesce a penetrare e non toglie il primo colorante, per cui quando aggiungo il secondo
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colorante i siti di legame sono già occupati e il batterio rimarrà colorato di violetto.
Nei Gram - al di là della membrana plasmatica, esiste un’ulteriore membrana
plasmatica, perciò una verrà detta interna e l’altra esterna. La membrana plasmatica
esterna è formata da un doppio strato di fosfolipidi ma il foglietto esterno è formato
da lipopolisaccaride batterico/LPS/endotossina, esso è a panaggio esclusivo dei
Gram - ed è responsabile dello shock septico. Nello spazio tra le due membrane,
detto periplasma è posizionato un sottile strato di peptidoglicano. È uno spazio che
consente al batterio di vivere se in questo spazio sono presenti degli enzimi che gli
consentono di resistere alla penicillina, come le betalattamasi. Il decolorante,
essendo un solvente organico, penetra, toglie i legami superficiali del cristalvioletto
quindi quando aggiungo il secondo colorante questi si colorano di rosso.
L’LPS: L’LPS è costituito dal:
- porzione lipidica, lipide A, ad essa è ancorata la porzione polisaccaridica composta
da due parti. Il lipide A è un dimero N-acetilglucosamina fosforilata ed esterificata
con acidi grassi saturi;
- corta sequenza di zucchero, che costituisce la parte detta “CORE”, comune a tutti i
Gram -. Presenza costante di alcuni zuccheri particolari come l’acido
chetodeossioctonico (KDO) e un eptoso rappresentato in genere da L-glicero-D-
mannoeptoso;
- sequenza di diversi polisaccaridi detti, nel complesso, antigene O, diverso per ogni
specie batterica. È costituito dalla ripetizione di unità diverse nelle diverse specie e
contribuisce alla tossicità del lipide A influenzandone l’idrosolubilità e la struttura.
L’LPS esplica la sua azione tossica non quando è legato alla cellula batterica, ma
quando quest’ultima va incontro a lisi. Normalmente L’PS viene degradatato dalle
PMN, proteine presenti nel fegato, questo legame fa sì che raggiunga i macrofagi o
i linfociti T natural killer, si legano ai recettori, i CD14, che attivano una serie di legami
intracellulari fino a indurre la citochina e la distruzione, attraverso la fagocitosi. Se
però c’è un’infezione sistemica, cioè una grande concentrazione di LPS, si ha un
accumulo di citochine, quindi di cellule dell’infiammazione e quindi un danno
nell’ospite che provoca vasodilatazione periferica che provoca un abbassamento
della pressione, attivazione delle cellule endoteliali, incremento della permeabilità
vascolare, produzione di fattori chemotattici.
La parete cellulare dei Micobatteri: i micobatteri posseggono una parete cellulare che
possiede anch’essa il peptidoglicano e poi delle cere. Per colorarli è necessario
riscaldare il vetrino, se vado a decolorare con il solvente organico, il colorante non
va via. Con la colorazione di Ziehl-Neelson si utilizza la fucsina basica e il fenolo, il
vetrino viene riscaldato, penetra il primo colorante, successivamente decoloriamo
con una miscela di alcol e acido cloridrico e coloriamo in contrasto con il blu, i
micobatteri non cedono il colorante.
La capsula batterica: sia i batteri a Gram + che i Gram - possono presentare un
ulteriore involucro esterno mucoso della capsula. Le sue proprietà sono adesività,
antifagocitazione e resistenza agli antibiotici. La capsula è circondata da acido
ialuronico, il sistema immunitario non lo riconosce e consente l’accesso del
microrganismo. La gran parte delle capsule è di natura polisaccaridica, possono
essere:
- omopolimeri, composti da unità identiche di polisaccaridi come destrani o levani;
- eteropolimeri, come acido ialuronico.
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A differenza delle catene polisaccaridiche dell’antigene O dell’LPS che sono legate
covalentemente all’LPS, le catene di zuccheri che costituiscono la capsula sono
inseriti nella membrana esterna ma non sono legati all’LPS.
I flagelli: i flagelli consentono il movimento attivo dei batteri. Gli unici batteri senza
flagelli sono i cocchi. Sono formati
da un unico filamento di flagellina
organizzata in una struttura
elicoidale sprovvisto di membrana.
Il flagello ha una parte
intramembranaria che dipende dal
tipo di batterio e una parte
extramembranaria. Il movimento
dei flagelli avviene per rotazione e
per questo consuma ATP, il
batterio si muove secondo
gradiente di concentrazione delle
sostanze nutritive, affinché ciò
avvenga deve avere gli enzimi necessari al metabolismo, questo movimento prende
il nome di chemiotassi. Il meccanismo è attivo, c’è bisogno di un sistema di
regolazione molto fine dove la sostanza si lega e, attraverso l’attivazione di segnali,
la liberazione e quindi il consumo di ATP e il movimento del flagello.
Fimbrie/pili: le fimbrie servono ad aderire, uno importante è il pilo sessuale grazie al
quale si ha il trasferimento di materiale genetico da una cellula a un altro, si
trasferiscono fondamentalmente i plasmidi. I pili sono costituiti da subunità della
proteina pilina. Le adesine conferiscono alle fimbrie la capacità di legarsi a peculiari
substrati. Dal punto di vista strutturale i pili sono simili ai flagelli ma non sono coinvolti
nel movimento della cellula. Come i flagelli sono costituiti di proteine e non tutti i
microrganismi sono dotati di pili. Sono responsabili della capacità del microrganismo
di aderire a superfici o a formare pellicole o strati sulla superficie di sostanze liquide.
I batteri che non possiedono pili o fimbrie sono allontanati dal passaggio dell’urina
attraverso l’apparato urinario. Se presentano le adesine legheranno, non vanno via
con l’urina e inizia così la colonizzazione.
Le adesine: le adesine legano la cellula a dei recettori presenti sulla membrana
plasmatica. Le fimbrie non si attaccano a tutti i tipi di recettori, ma a dei recettori
specifici.
Le invasine: alcuni batteri producono molecole d’adesione chiamate invasine che
attivano il citoscheletro della cellula ospite, consentendo l’entrata delle cellule
batteriche con processo simile alla fagocitosi. Il batterio viene inglobato e sistemato
in un vacuolo, da cui viene rilasciato per moltiplicarsi liberamente nel citoplasma della
cellula ospite. Shigella attraversa la mucosa intestinale e invade le cellule epiteliali
nel seguente modo:
- shigella invade la mucosa passando attraverso le cellule M che trasferiranno la
shigella a un macrofago che viene indotto all’apoptosi;
- shigella invade le cellule epiteliali dal polo inferiore mediante invasine che
riarrangiano l’actina delle cellule ospite e finiscono per collocare il batterio in vacuolo;
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- shigella inizia a riprodursi, evade dal vacuolo e inizia a migrare sia nella stessa
cellula che in cellule vicine mediante una coda di filamenti di actina che impartiscono
un movimento attivo a un batterio di per sé immobile.
Il metabolismo batterico: noi siamo organismi eterotrofi, pertanto prendiamo le nostre
sostanze nutritive dall’esterno, a differenza della cellula vegetale che è un organismo
autotrofo, ossia in grado di procurarsi autonomamente il nutrimento necessario
attraverso la fotosintesi clorofilliana per mezzo della quale si procura il glucosio
sostanza necessaria per il proprio catabolismo. Noi invece siamo eterotrofi come la
maggior parte dei batteri, è stato dimostrato però che esistono anche batteri
fotosintetici, ma che non riguardano la patologia umana quindi non li tratteremo, sono
batteri ambientali. Quando andiamo a prendere i substrati organici si può osservare
la respirazione aerobia e/o la respirazione anaerobia; l’accettatore di elettroni in
questo caso è diversa perché nella respirazione aerobia è l’O2, mentre in quella
anaerobia sono le sostanze inorganiche rappresentate dai Solfati, Nitrati ecc. La
respirazione anaerobia si può osservare per esempio nella decomposizione di un
cadavere o in una lesione in necrosi dove non c’è più apporto di ossigeno, e in
mancanza di questo avviene la respirazione anaerobia. In questi casi si possono
sviluppare i batteri anaerobi che sono i responsabili dell’infezione. I tipi di batteri che
conosciamo sono:
- i batteri strettamente anaerobi, eseguono glicolisi, Ciclo di Krebs e Catena di
trasporto degli elettroni, in assenza di ossigeno;
- i batteri aerobi eseguono tutte queste reazioni in presenza di ossigeno.
Noi siamo organismi omolattici perché abbiamo bisogno in maniera eminente di
energia spendibile, la CO2 in determinate condizioni si può trasformare in acido
lattico, e in noi si può verificare un accumulo di acido lattico nei muscoli con una
successiva reazione reversibile. Anche i batteri hanno la possibilità di fermentare. La
fermentazione in termini di resa energetica metabolizzata non è conveniente perché
al contrario della respirazione sia aerobia che anaerobia, la fermentazione porta un
guadagno netto di 2molecole di ATP. La fermentazione è un tipo di catabolismo che
serve solo in presenza di una necessità, per esempio quella del nostro organismo
serve per farci attuare un movimento rapido come nuotare, correre in cui ci sono
degli attimi in cui non si respira, ma alla successiva respirazione la reazione diventa
reversibile; nei batteri invece non avviene la reversibilità della fermentazione,
proseguono la fermentazione fino alla fine. Per i batteri la fermentazione è
fondamentale, sia nel microambiente (organismo dell’ospite) che nell’ambiente
naturale, perché cosi riescono a replicarsi tramite la sintesi dei loro costituenti
cellulari come parete cellulare, materiale genetico ecc. Non è necessario sapere le
reazioni delle fermentazioni batteriche, è importante sapere e capire il tipo di
metabolismo batterico che è aerobio e anaerobio, perché poi ogni professionista
coinvolto nel ciclo diagnostico di un campione sa come deve svolgere correttamente
la sua fase: per esempio l’infermiere deve sapere che se esegue un prelievo per
ricercare un batterio anaerobio deve sapere che non può trasportalo in presenza di
ossigeno perché il batterio in queste condizioni morirà, di seguito non verrà trovato
in laboratorio, il medico non somministrerà così la terapia appropriata per eliminarlo,
e il pz andrà incontro a conseguenze gravi come anche la morte. In questo esempio
possiamo notare l’errore nel prelievo, nella conservazione e nel trasporto. Si
utilizzano dei mezzi
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appositi per il trasporto dei materiali biologici, ma per utilizzare quello appropriato
dobbiamo sapere che tipo di batterio si vuole ricercare, per esempio se si vuole
eseguire urinocoltura si deve sapere che quel campione è biologicamente ricco di
batteri, ma se noi pensiamo che l’abbiamo contaminato con le mani perché non li
abbiamo igienizzate bene, bisogna portarlo subito in laboratorio perché per la
diagnosi di laboratorio è importante anche la carica batterica, successivamente si
procede con l’identificazione del batterio che si esegue studiandone il metabolismo.
In relazione al metabolismo vengono preparati e scelti i terreni di coltura, utilizzati
per isolare i microrganismi. I terreni di coltura contengono le sostanze nutritive che
saranno successivamente catalizzate e anabolizzate per la loro moltiplicazione. Se
non viene utilizzato un terreno di coltura idoneo non ci sarà la crescita dei
microrganismi e quindi non sarà possibile fare diagnosi di infezione. Il processo
diagnostico, che faremo successivamente, implica le conoscenze di base e la
collaborazione di più figure professionali. Ogni fase del ciclo diagnostico, in cui
cooperano tanti professionisti, deve essere eseguita in modo corretto per poter fare
una corretta diagnosi di infezione. Nessuno deve sbagliare anche il semplice errore
di invertire il nome di un pz al posto di un altro è un errore grave, perché si
somministrerà terapia ad un pz che non ha bisogno, e chi invece ha bisogno no. La
corretta gestione del trasporto (fase del ciclo diagnostico) dei campioni è importante
perché per esempio esistono contenitori refrigerati in cui devono essere inseriti o
anche conservati in un frigorifero a 4 gradi (a 4gradi perché a questa temperatura
non ci sarà capacità replicativa) e non lasciati a temperatura ambiente perché a
temperatura ambiente i batteri si moltiplicano. Le fermentazioni batteriche iniziano
con la glicolisi, successivamente inizia il ciclo di Krebs grazie al prodotto terminale
della glicolisi che è l’acido piruvico. Prima di entrare nel ciclo di Krebs i batteri
possono trasformare l’acido piruvico in diverse sostanze:
- in acido lattico perché posseggono l’enzima lattico deidrogenasi, in questo caso si
definiscono lattobacilli;
- in Co2 H2 perché posseggono la formico deidrogenasi; è il caso del pane che si
gonfia;
- In Co2 + Etanolo, alcool perché possiede l’alcol deidrogenasi, è il caso della
fermentazione della birra ma esistono anche in natura in grado di provocare malattie
da infezione.
Quindi in base allo studio della fermentazione si può discriminare la specie batterica
che si è riusciti a coltivare in vivo in laboratorio e che si è isolata dal campione
biologico (cioè dal prelievo proveniente dal pz) che possono essere le feci (tramite
coprocoltura), le urine, il liquido cefalo rachidiano, il sangue ecc. Esistono diversi
batteri, quindi tipi di fermentazioni diverse. La grande distinzione che noi facciamo è
in aerobi e anaerobi come il clostridium tetani o il clostridium botulinum, responsabili
dell’esotossina tetanica e botulinica, che sono batteri anaerobi. Ogni tipo di
fermentazione è correlata ad una specie batterica per cui si riesce a identificare il
tipo di batterio. In termini di sensibilità i due test diagnostici sono differenti: per il test
antigenico i risultati si hanno dopo 5 giorni dall’infezione mentre il tampone
molecolare dà la positività dopo 2 giorni dall’infezione.
La replicazione batterica: il metabolismo permette la replicazione batterica la quale
avviene per garantire la moltiplicazione della specie: nascita crescita, riproduzione e
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morte. La replicazione batterica avviene tramite scissione semplice e non tramite
fecondazione perché sono procarioti. La scissione è un tipo di riproduzione cellulare
semplice che non utilizza nemmeno la mitosi. La riproduzione dei batteri è asessuata
e avviene mediante la divisione di una cellula in due cellule figlie uguali tra loro e
identiche alla progenitrice. Viene definita scissione binaria, processo molto simile,
ma molto più semplice della mitosi cellulare. Ciò che avviene nella replicazione
batterica è la replicazione del materiale genetico e dei ribosomi, poi la cellula va
incontro a divisione attraverso un setto divisorio della cellula batterica. Quindi non
esiste una mitosi vera e propria. È un meccanismo abbasta regolato: c’è un inizio e
una fine della replicazione a livello del sito di replicazione, poiché risentono delle
sostanze presenti all’esterno che legandosi ai recettori eludono il metabolismo, la
capacità di produzione di energia e quindi di consentire la replicazione del batterio.
Prima che un carattere della prima o
della seconda generazione si manifesti
ci vogliano anche anni. I tempi di
replicazione di un batterio sono diversi,
come 9.6 minuti dove da una cellula si
formano due, da quelle due in maniera
esponenziale si moltiplicano e questo è
importante tenerlo in considerazione
perché da un campione di feci si
possono osservare miliardi di batteri se li
lasciamo a temperatura ambiente ed ecco perché non bisogna farlo, bisogna
conservarli in frigorifero. Se noi quel campione lo abbiamo contaminato e ci sono
pochi batteri lasciato in temperatura ambiente si replicano raggiungendo una carica
elevatissima >100.000 e poi erroneamente in laboratorio verrà fatta diagnosi di
infezione. Questo esempio indica l’errore che c’è stato sulla conservazione e sul
trasporto e spiega il perché bisogna eseguire questi passaggi correttamente.
Le spore batteriche: ciò che è fondamentale è che i batteri siano in grado di
sviluppare una forma di resistenza: le spore. Ciò che penetra in una ferita è la spora,
non il batterio o la tossina perché nell’ambiente ciò che è presente è la spora, che è
una forma di resistenza. Se succede che una ferita degenera e va incontro a necrosi
(perché non c’è apporto d’ossigeno) questo succede perché la spora germina, forma
la cellula vegetativa la quale va incontro a replicazione, produce la tossina ed è la
tossina che poi agisce. Le spore sono importanti in ambito di prevenzione perché si
possono attuare misure di profilassi come la sterilizzazione tramite l’autoclave, il
quale ad una temperatura di 100 gradi è in grado di uccidere le spore. La spora
batterica:
- è una forma di resistenza che il batterio sviluppa quando trova un ambiente con
mancanza di nutrimenti, temperature elevate o in condizioni di anaerobiosi (per gli
aerobi);
- è caratteristica di due specie batteriche di bacilli: i bacillus (specie batterica aerobia,
il più conosciuto è il bacillus anthracis responsabile dell’antrace dell’uomo) e i
clostridium (batteri strettamente anaerobi come il tetano, botulinum e difficile, sono
batteri che non troviamo nell’ambiente ma solo dove non c’è O2 e quindi in condizioni
di anaerobiosi);
- non è legata alla replicazione batterica;
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- è agente di infezione in quanto riesce a germinare.
- è una differenziazione della cellula batterica
La spora ha 2 caratteristiche fondamentali:
- crioresistenza: cioè resiste a bassissime temperature;
- termoresistenza: resiste ad alte temperature ma a temperature di 100° come nel
caso della sterilizzazione con l’autoclave vengono uccise-
La capacità di resistere alle alte e basse temperature è dovuta al fatto che:
- la spora è una forma priva di vita cioè è metabolicamente inattiva in quanto il
cromosoma si trova in uno stato di condensazione, di conseguenza non può essere
né trascritto, né tradotto e mancano enzimi necessari. Stato di Quiescenza;
- nella Cortex ci sono zone in cui sono presenti acido dipicolinico e calcio che gli
conferiscono questa capacità di resistenza.
Quando si vengono a ristabilire le condizioni favorevoli esterne alla cellula batterica,
la spora passerà dallo stato di germinazione a cellula vegetativa. La cellula
vegetativa è la cellula attiva che avrà capacità metaboliche, di replicazione, capacità
di produzione di tossine ecc. Le tappe della sporificazione sono:
- addensamento del materiale nucleare che si dispone a sbarra;
- divisione nucleare e separazione dei due nuovi nuclei;
- migrazione del nucleo
verso il polo cellulare dove
viene racchiuso in una
porzione di citoplasma;
- formazione della
prespora;
- deposizione delle varie
membrane;
- la spora completa degli
involucri e viene ricoperta
dall’esosporio;
- liberazione per
disintegrazione dello
sporangio.
Le spore hanno resistenza ad agenti chimici di disinfezione.
2. Batteriologia pt. 3
Patogenesi batterica: i batteri presentano le strutture superficiali come capsula,
fimbrie, flagelli, adesine, LPS che sono fattori di virulenza. Definiamo patogenicità la
capacità di un microrganismo d’invadere i tessuti di un organismo superiore (ospite)
danneggiando le funzioni dell’ospite con la produzione di una o più sostanze
tossiche. La virulenza è la capacità di moltiplicazione in vivo. Infine, la tossigenicità
è la capacità di sintetizzare e rilasciare sostanze dannose per l’ospite. I fattori di
virulenza sono:
- adesività batterica;
- invasione dei tessuti dell’ospite;
- resistenza ai meccanismi d’immunità innata;
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- capacità di metabolizzare e di moltiplicarsi nei tessuti dell’ospite.
Le adesine sono strutture proteiche, codificate da geni presenti sul cromosoma
batterico, che servono a legare i recettori presenti sulla membrana plasmatica
dell’ospite. Esse quindi consentono l’aderenza, il secondo processo che si verifica
dopo la colonizzazione. Ciò spiega anche il tropismo, ossia posso attaccarmi alle
cellule che possiedono quei determinati recettori, non a tutti i recettori. Questi fattori
inducono il legame con i Toll-like, viene indotta una risposta immunitaria che, nella
maggior parte dei casi è vantaggiosa per l’ospite, mentre svantaggiosa quando, ad
esempio, c’è una grande quantità di LPS. Ogni batterio ha delle strutture superficiali,
ad esempio proteina F nello streptococco pyogenes, che si lega a recettori
nell’epitelio faringeo; se invece prendiamo la neisseria gonorrhoae l’adesina è
diversa e si lega a recettori dell’epitelio uro-genitale. I plasmidi, non codificano per
proteine che sono importanti alla sopravvivenza batterica, conferiscono alla cellula
batterica un’alta adattabilità quindi colonizzano ambienti difersi, resistono agli
antibiotici e producono tossine diverse, nel caso dell’escherichia coli
enterotossigenica, abbiamo le fimbrie di tipo uno che legano l’epitelio interstiziali
provocando una diarrea, altre escherichia coli non sono patogene ma producono
fimbrie-adesine che riescono a colonizzare l’epitelio uretrale e quindi sono
responsabili del 95%
delle infezioni urinarie;
non parliamo di
escherichia coli diverse,
fanno parte della stessa
specie ma presentano
dei geni diversi. Un altro
esempio è
caratterizzato dalla
scarlattina, sempre
provocata da uno
streptococco beta-
emolitico di gruppo a,
che però ha un gene
che codifica per la
proteina che forma la
tossina. Attraverso il
flusso urinario, che non
devono attaccarsi all’apparato urinario vengono eliminati e non avviene la
colonizzazione, invece, i batteri che presentano le fimbrie, così come la neisseria
gonorrhoeae, riescono a colonizzare, metabolizzano si replicano e formano la carica
microbica necessaria per provocare il danno. Le molecole che si trovano sulla
membrana plasmatica delle nostre cellule, come accennato, si chiamano toll-like,
sono proteine trans che legano le strutture superficiali della parete cellulare dei
batteri. In seguito al legame TLR-PAMP parte un segnale che attraversa il citoplasma
e arriva al nucleo, dove vengono attivati i geni che codificano per le citochine. La
produzione di alcune di queste sostanze fa sì che la cellula batterica possano
penetrare, ad esempio, nei macrofagi. Alcuni batteri hanno dei meccanismi di
resistenza alla distruzione che avviene nel fagolisosoma quindi si replicano
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tranquillamente senza che il sistema immunitario possa riconoscerle e distruggerle.
Ciò significa che resistono al killing cellulare. Alcune cellule batterie sono in grado di
attraversare la mucosa.
Le aggressine: sotto il nome di aggressine vanno alcune caratteristiche strutturali
particolari della cellula batterica. Abbiamo definito, ad esempio, la capsula batterica
come una struttura antifagocitoria, cioè impedisce il riconoscimento da parte dei
macrofagi mascherando gli antigeni superficiali, attraverso le ialuronidasi. Alcuni
batteri posseggono la capacità di produrre delle sostanze che uccidono le cellule del
sistema immunitario, le leucocidine, ad esempio, sono sostanze prodotte dei batteri
che distruggono, in maniera particolare, le cellule del sistema immunitario, i leucociti.
Altre cellule batteriche posseggono la capacità di produrre una sostanza che è la
coagulasi che determina la proliferazione di un coagulo al di là della parete cellulare,
hanno questa capacità i batteri che non contengono i geni necessari alla biosintesi
della capsula.; la coagulasi fa sì che il batterio non venga riconosciuto dal sistema
immunitario, è dunque un altro escape dal sistema immunitario. L’acqua ossigenato,
uno dei disinfettanti più conosciuti, viene scisso dalla catalasi e in questo caso
succede che questa sostanza non ha azione sui batteri, si trova all’interno del
fagolisosoma quindi il batterio resiste alla fagocitosi e viene trasportato in organi e
tessuti senza venire attaccato dal sistema immunitario.
Le invasine; il batterio arriva nei tessuti profondi attraverso delle sostanze, come la
ialuronidrasi che scinde l’acido ialuronico e consente al batterio di scavarsi una
galleria attraverso i flagelli. Abbiamo anche le collagenasi che scindono il collagene.
Dopo il processo di opsonizzazione, in genere la cellula viene distrutta, ma in alcuni
batteri la capsula copre l’opsonina C3b già legata alla parete cellulare dei batteri,
così non può avvenire il legame col recettore situato sulla superficie dei fagociti. Il
treponema pallidum, responsabile della sifilide, sembra penetrare nelle cellule
epiteliali ed endoteliali mediante un meccanismo basato sulle invasine.
Le esotossine/tossine proteiche: una volta che si ha l’infezione, il danno indotto e
quindi la sintomatologia clinica può, ed è in alcuni casi, provocato dalla produzione
di alcune tossine. Le esotossine possono essere prodotte sia da Gram - che da Gram
+, sono sostanze di natura proteica, pertanto sono termolabili. Le tossine sono
costituite da più subunità, se le analizziamo ci accorgiamo di avere due zone:
- la porzione B che lega i recettori presenti sulla
membrana plasmatica;
- la porzione A con attività catalitica, cioè provoca
il danno.
L’anticorpo che rende inattiva la tossina è quello
nei confronti dell’antigene B, la parte che lega il
recettore perché, una volta che vengono prodotti
gli anticorpi, quando si entra in contatto con la
tossina, questa si lega alla parte B e impedisce il
legame di B con il recettore, impedendo l’azione
della subunità A che agisce su strutture della cellula; quindi B lega A, penetra
all'interno ed esplica la sua azione con meccanismi diversi, in base alle tossine
diverse, il danno all'interno della cellula. Se io voglio produrre un vaccino devo
utilizzare una tossina, togliere la parte A e mantenere la parte B che è antigenica,
cioè in grado di stimolare la produzione di anticorpi, questa parte si chiama
15
anatossina. Provocano un’intossicazione, in particolare una tossina alimentare, un
tipo di tossina è quella prodotta da stafilococco aureus, un’altra è la tossina
botulinica. L’altra possibilità di trovare tossine è nei contesti alimentari, ad esempio
per la presenza delle spore in alcuni ambienti che vanno a cadere nel cibo, es.
conserve e marmellate, le spore in condizioni di aerobiosi germinano generando
cellule vegetative e si replicano, raggiungono cariche microbiche, producendo la
tossina botulinica che non viene distrutta dai succhi gastrici e assorbita dall’epitelio
intestinale. Le esotossine presentano specificità per i recettori delle cellule ospiti a
cui si vanno a legare. La definizione corretta di esotossina è “proteina che danneggia
direttamente il tessuto o altera il metabolismo della cellula bersaglio o innesca
un’attività biologica distruttiva”. Le esotossine sono talora responsabili uniche della
malattia perché provocano l’intossicazione. Generalmente esplicano il danno
comportandosi come degli enzimi. Alcune tossine sono presenti sul cromosoma
batterico, altre sono localizzate sui plasmidi. I bersagli delle esotossine sono la
matrice extracellulare o le strutture cellulari. Se agiscono sulla membrana plasmatica
provocano dei fori, ciò comporta che la cellula non è più in grado di regolare lo
scambio dall’esterno all’interno. Può penetrare all’interno e provocare l’alterazione di
una funzione, come la sintesi proteica, e indurre la morte della cellula. Può modificare
l’omeostasi modificando l’apertura e la chiusura dei canali ionici, con il vibrione del
colera si perde acqua e sali minerali quindi bisogna ripristinare il normale equilibrio
idrosalino grazie alle flebo. I principali gruppi di tossine sono:
- tossine citolitiche, come le emolisine che provocano dei provocano la lesione, le
cosiddette emazie che provocano la rottura dei globuli rossi, che si nota attraverso
la formazione di ematomi, c’è quindi c’è un’anemia;
- tossine neurotrope che interferiscono con il rilascio di neurotrasmettitori, succede
che la parte B viene riconosciuta dai recettori presenti sulle cellule del tessuto
nervoso. Un esempio è la tossina tetanica che agisce a livello del SNC e la tossina
botulinica che agisce a livello del SNP. La tossina tetanica agisce a livello del sistema
nervoso centrale, i nostri muscoli lavorano sempre in coppia ed è proprio il sistema
nervoso centrale che regola la contrazione e la distensione. Dalle corna ventrali del
midollo spinale, infatti, partono i motoneuroni: uno agonista che quindi indica al
muscolo di contrarsi e uno antagonista che indica invece al muscolo di rilassarsi, con
l'eccezione dell'unico muscolo che non gode di questo agonismo e antagonismo che
è il cuore ed è appunto indipendente. Quando si vuole contrarre il muscolo parte uno
stimolo sensoriale che giunge sulle corna posteriori del midollo spinale, da qui
partono due segnali: uno eccitatorio per il muscolo agonista e uno inibitorio per il
muscolo antagonista. La tossina tetanica impedisce il rilascio del Gabba che quindi
impedisce lo stimolo inibitorio dalle corna anteriori del midollo spinale facendo partire
così due stimoli eccitatori. Quindi si ha una contrazione del muscolo diaframma con
l'impossibilità di espandere i polmoni che porterà ad una morte per ipossia, in quanto
il paziente è contratto ed impossibilitato a respirare. Un soggetto con sospetta
infezione tetanica può essere terapizzato solo con immunizzazione artificiale
passiva, cioè andando ad inoculare degli anticorpi; per prevenire invece si utilizzano
i vaccini. La tossina botulinica assorbita invece si localizza al livello delle giunzioni
neuromuscolari, quando il neurone arriva al livello del muscolo c'è la giunzione tra
assone e recettore nel sarcolemma, la sostanza rilasciata cioè l'acetilcolina si lega ai
recettor propri inducendo una modifica del potenziale d'azione facendo in modo che
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si abbia lo scorrimento dell’actina e della miosina, e quindi facendo in modo che si
abbia la contrazione muscolare di conseguenza; se non avviene il rilascio
dell'acetilcolina quindi non si può avere la contrazione muscolare. Nell’infezione da
tossina botulinica non avviene la contrazione muscolare perché non arriva lo stimolo
al muscolo che rimane sempre non attivo, quindi avviene la paralisi flaccida e in
questo caso si muore per mancata contrazione del diaframma;
- enterotossine, agiscono a livello degli enterociti;
- tossine pantrope, le cellule che posseggono i recettori che riconoscono la regione
B sono localizzati su più organi quindi il danno è più complesso;
- tossine che agiscono a livello extracellulare, ne è un esempio la tossina
epidermolitica dello staphylococcus aureus che provoca la sindrome da cute
ustionata;
- tossine che agiscono a livello della superficie cellulare, come le tossine emolitiche.
Le esotossine si riuniscono, producono dei fori, la membrana plasmatica non ha più
la sua capacità selettiva, questo provoca un accumulo di sostanze tossiche all’interno
della cellula che, a questo punto, può morire;
- tossine che alterano il contenuto intracellulare di AMP-ciclico, L'adenosina
monofosfato ciclico regola alcune aperture di canali ionici che servono per il
potenziale d'azione che servono ad esempio nell’attivazione muscolare, regola infatti
il potenziale tra la membrana intracitoplasmatica e quella extracitoplasmatica, se
viene modificata la concentrazione di questo elemento, si ha come conseguenza una
modificazione dell'apertura e della chiusura dei canali ionici alterando così la normale
fisiologia e quindi il normale metabolismo della cellula. Ad esempio, la tossina
colerica viene prodotta dal batterio dopo l’infezione, B lega e induce una
modificazione del citoscheletro della cellula, A1 aumenta l’AMP-ciclico perché agisce
sull’adenilato ciclasi, quindi si forma più ADP che induce l’apertura dei canali ionici,
aprendosi la cellula prende acqua e sali minerali;
- tossine che inibiscono la sintesi proteica cellulare, ne è un esempio la tossina
difterica che la sub unità A penetra all’interno della cellula e
blocca la biosintesi delle proteine. Il Messaggero si lega attraverso il capping in
posizione 5’-1’ e al ribosoma da prima con la subunità più piccola, poi con la subunità
più grande attraverso l'azione del TRNA (RNA tranfer), che lega l'aminoacido e passa
poi al secondo codone. Uno degli enzimi che permette questi legami è una proteina,
viene identificato come fattore di elongazione. Quest'ultimo consente alla proteina di
allungarsi e di raggiungere l'aminoacido consentendo quindi, lo scorrimento del
ribosoma sul messaggero. Se viene inattivata questa proteina, si inibisce dunque la
sintesi proteica con conseguente morte cellulare proprio perché la cellula non è in
grado di produrre le proprie proteine va incontro a necrosi cellulare. Ecco spiegato
perché la tossina shiga provoca una dissenteria con presenza di muco e sangue
nelle feci con distruzione degli enterociti.
L’endotossina: l’endotossina è il lipopolisaccaride/LPS che costituisce il rivestimento
esterno dei batteri Gram -. L’LPS esplica la sua azione con la morte della cellula
batterica, il danno è dunque indiretto. È costituito:
- dal lipide A, parte tossica della molecola;
- dall’antigene O, differente di specie in specie;
- dal core in cui sono presenti un eptoso e l’acido ketodeossioctonoico, comune a
tutte le specie di endotossine.
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L’LPS è termostabile, non può essere prodotto un vaccino nei confronti dell’LPS, la
tossicità non è neutralizzata dall’anticorpo corrispondente che sarà diretto contro
l’antigene O. La lisi dei batteri Gram- induce la produzione di proteine da parte del
fegato, tra i quali LBP (la proteina che lega il lipolisaccaride batterico), questo
complesso arriva ai macrofagi e si lega ai recettori cd14 e i toll-like, i quali inducono
una cascata di segnali che alla fine rilasciano le interleuchine attivando il macrofago,
esso va a fagocitare il lipolisaccaride e lo distrugge. Se invece vi è una grossa
concentrazione di lipolisaccaride nelle infezioni sistemiche o la presenza dei batteri
nel circolo, che può essere transitoria o permanente, il sistema immunitario non
riesce a distruggere tutto il lipolisaccride e deve reclutare altre cellule
dell’infiammazione che a loro volta si attivano e producono le citochine. Questa
produzione abnorme di citochine determina:
- un rilascio di pirogeni endogeni e questo induce un aumento della temperatura che
arriva ad esempio al di sopra di quella ponderata delle nostre proteine, quindi al di
sopra dei 41/42 gradi;
- provoca la vasodilatazione periferiche, significa che i vasi tendono ad allargarsi
diminuendo la pressione;
- attivazione del complemento e la formazione di trombi, in questo caso avviene quel
fenomeno chiamato coagulazione intravasale disseminata, cioè la formazione di
coaguli all’ interno dei vasi che impediscono il raggiungimento da parte del sangue
di organi e tessuti che provoca lo shock tossico e la morte delle cellule.
Tra batteri ed ospiti vi è un equilibrio chiamato equilibrio simbiotico. A volte prevale
su questo equilibrio prevale il microrganismo con i suoi meccanismi di virulenza e
tossigenicità e si ha l’infezione e poi la malattia da infezione, in altri casi, invece,
prevale il sistema immunitario. Il rapporto che si instaura tra il microrganismo e
l’ospite è un rapporto dinamico, che varia nel corso del tempo e che varia nel corso
della malattia da infezione. Quindi i referti non sono un valore positivo o negativo ma,
sono delle istantanee nel rapporto dinamico che si stabilisce tra microrganismo e
ospite: oggi il paziente può avere l’infezione, domani si può avere una risposta
immunitaria e quindi un equilibrio che alla fine induce l’eradicazione del
microrganismo.
3. Virologia
Composizione chimica e struttura dei virus: i virus sono parassiti endocellulari
obbligati, significa che hanno bisogno di una cellula per sopravvivere, per questo
motivo non può esistere la simbiosi con l’ospite; tuttavia, attraverso l'integrazione del
materiale genetico, possono convivere con l'essere umano, poiché presenta delle
sequenze geniche con all'interno del noto materiale genetico, si possono trasmettere
alla discendenza. Questo non è però il caso dell'HIV, perché ha un'altra modalità di
trasmissione, poiché non è presente all'interno delle cellule della linea germinale. Se
è vero che il virus è un parassita endocellulare obbligato, è anche vero che il virus
non vuole che muoia l’ospite, perché alla morte dell’ospite, muore anche lui. Ad,
esempio il SARS-COV2 è responsabile della malattia da COVID-19 e ha delle
varianti, una modalità di trasmissione, una capacità replicativa, una data virulenza,
una data patogenicità, quelle citate sono tutte caratteristiche comuni a qualsiasi virus.
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In base alle mutazioni si ha un'adattabilità e possono essere selezionate in maniera
positiva o negativa. Sono favorite le mutazioni che diminuiscono la patogenicità, cioè
la capacità di provocare un danno nei virus e che sostengono la persistenza. Alla
base di ciò, si deve sempre considerare quello che è il suo compito, cioè la
conservazione della specie: ovvero tutte le variazioni del materiale genetico che si
troveranno poi nel fenotipo e che favoriscono la diffusione del virus e la capacità di
non essere distrutto; queste vengono selezionate positivamente, mentre le altre
negativamente. Basti pensare all'ebola: compare e dopo la morte scompare, non è
più in circolazione, rimane nel cosiddetto serbatoio. Quindi può avvenire il passaggio
nell'uomo, che crea un focolaio epidemico, determinando nella maggior parte dei casi
la morte dei soggetti e poi appunto scompare. Questo perché si raggiunge un
equilibrio con un determinato serbatoio, che può essere anche un animale. Altra cosa
appresa dal SARS-COV2 è che ciascun virus ha una forma, nel caso-esempio ha
una forma sferica, con la presenza di proteine spike, proteine il cui gene è utilizzato
per la preparazione del vaccino, si trovano sullo strato esterno del virus e
determinano l’interazione con i recettori delle cellule sensibili, così definite perché
riconoscono la glicoproteina e consentono l’attacco del virus alla membrana
plasmatica dell’ospite, avviene così il processo di penetrazione fino ad arrivare alla
replicazione del virus. Il virus è costituito da un involucro proteico che è il capside
che contiene il materiale genetico, il capside può assumere due forme:
- capside a simmetria icosaedica. I virus che posseggono questo capside possono o
meno presentare un ulteriore involucro lipoproteico detto
pericapside/peplos/envelope, sull’envelope sono presenti le proteine spike,
glicoproteine. Tra il capside e l’envelope è presente la matrice, un sottile strato
proteico, i virus erpetici, però, presentano uno spesso strato di matrice che prende il
nome di tegumento. I virus non rivestiti da envelope presentano le proteine che
interagiscono sul recettore sul capside virale;
- capside a simmetria elicoidale. I virus che posseggono questo capside hanno
sempre un envelope costituito da fosfolipidi di membrana che derivano dalla cellula
che il virus ha infettato. Anche qui abbiamo la matrice.
22
Tappe comuni a quasi tutte le infezioni virali: dopo l’ingresso il virus subisce una
replicazione primaria cioè raggiunge le cellule
sensibili, a questo punto l’infezione, in base al tipo
di virus, può seguire due vie:
- un’infezione localizzata, tipica del papilloma
virus;
- una viremia primaria, una diffusione attraverso il
circolo ematico-linfatico, una seconda
localizzazione nel tessuto dove trova le cellule
sensibili, una seconda replicazione, una viremia
secondaria e infine si giunge a un’infezione
disseminata, cioè che raggiunge tutti quei tessuti
che contengono le cellule sensibili e permissive a
quel virus. La sensibilità riguarda le proteine spike.
Fasi del ciclo di replicazione virale – l’attacco: in un dato virus il virus ha trovato la
cellula sensibile-permissiva, quindi si parla del rapporto virus-cellula, il virus inizia il
ciclo di replicazione: il virus si lega al recettore, avviene la penetrazione nella cellula,
la liberazione del materiale genetico perché quest’ultimo contiene l’informazione
genetica per la sintesi delle proteine virus-specifica, una volta replicato il materiale
genetico si ha l’assemblaggio che avviene in base al tipo di capside, segue la
fuoriuscita del virus dalla cellula per andare ad infettare le nuove cellule. Perché un
virus possa moltiplicarsi è necessario che infetti una cellula vivente. Il contatto iniziale
tra virus e cellula è il risultato di collisioni casuali. L’antirecettore è la proteina
presente sulla superficie del virus entra in contatto con il recettore presente sulla
membrana plasmatica della cellula animali. Nei virus provisti di pericapside gli
antirecettori sono in genere glicoproteine organizzate nei peplomeri, nei virus
sprovvisti di peplos gli antirecettori sono proteine del capside. Una volta che il virus
penetra c’è l’esposizione del materiale genetico, quindi si ha la sintesi delle proteine
che possono essere precoci, come RNApolimerasi, o tardive, proteine ad attività
enzimatiche regolatorie, queste ultime sono utili perché il virus deve indirizzare il
metabolismo cellulare verso il metabolismo virale. Contestualmente, la cellula ospite
cercherà di andare in apoptosi, il virus cercherà di impedire anche questo per favorire
la fase di sintesi. Un’altra azione svolta dal virus è favorire la proliferazione perché,
in quel caso, può avere nuove cellule da infettare. Volendo dare una definizione alla
sensibilità diremo che la sensibilità di una cellula nei confronti di un particolare virus
è definita dalla presenza di idonei recettori. Le cellule che possono essere infettate
da un virus sono per definizione cellule sensibili all’infezione. La permissività, invece,
è il possesso di una serie di condizioni in grado di garantire la totale espressione del
potenziale genetico di un virus infettante attraverso la sintesi di:
- fattori trascrizionali “attivati” idonei ad avviare il processo di trascrizione;
- enzimi necessari alla trascrizione del genoma;
- enzimi e precursori idonei alla sintesi dei materiali virus-specifici.
Fase di assorbimento: la fase di assorbimento è la fase in cui il virione aderisce ai
recettori della membrana della cellula ospite. I recettori sono sostanze normalmente
presenti sulla membrana plasmatica che esplicano una funzione diversa, l’EGF
favorisce ad esempio il nutrimento e favorisce alla proliferazione delle cellule. Le
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ICAM-1 sono delle proteine di adesione, l’acetilcolina ci consente la contrazione
muscolare.
Fasi del ciclo di replicazione virale – la
penetrazione: come accennato, una
volta che avviene il legame, si ha una
modificazione del citoscheletro. In base
al tipo di virus io posso avere tre tipi di
penetrazione:
- apertura di canali;
- formazione di vescicole endocitiche, le
proteine modificano il legame spike-
recettore inducendo modificazioni
conformazionali nel citoscheletro;
- fusione dell’envelope con la membrana
plasmatica della cellula. L’HIV, ad
esempio, penetra legandosi a un
recettore, dopodiché avendo un
envelope si fonde con la membrana
plasmatica e il virus penetra nella cellula.
Fasi del ciclo di replicazione virale –
l’esposizione: una volta che il virus entra
nella cellula deve esporre il materiale genetico, quindi vengono degradate le proteine
del capside, avviene a carico delle proteasi virus-specifiche che digeriscono il
capside e l'acido nucleico viene liberato nel citoplasma; in alcuni casi si parla anche
di proteasi cellulo-specifiche. Ad esempio, nella terapia dell'HIV si utilizzano dei
farmaci che inibiscono proprio tali enzimi per bloccare questa fase o comunque la
successiva e quindi si blocca la replicazione virale. Ogni virus che possiede un
particolare materiale genetico, possiede una parte della fase replicativa diversa da
quella di altri virus, quindi sarà diversa anche la possibilità di provocare un danno e
cambierà il meccanismo patogenetico.
Fasi del ciclo di replicazione virale – l’assemblaggio: il destino del virus sarà diverso
a seconda che si parli di un virus nudo o rivestito. Un virus nudo esce attraverso dei
fori sulla membrana plasmatica della cellula, se invece è un virus rivestito, quindi è
presente l’envelope, non si ha altro che una parte della membrana plasmatica che si
stacca durante il processo di gemmazione, questo perché la membrana plasmatica
viene modificata da proteine virus-specifiche.
Fasi del ciclo di replicazione virale – liberazione della progenie virale: se c’è
un’infezione localizzata, il virus entra nella cellula sensibilizzata, si replica e la
replicazione non si “sposta” ma si può allargare, fondamentalmente resta lì non
essendo sistemica. Se c’è un’infezione generalizzata si avrà una cellula sensibile,
attività replicativa virale e dopodiché si avrà la diffusione del virus attraverso il circolo
ematico e il circolo linfatico con localizzazione nel tessuto bersaglio, quindi dove si
troveranno delle cellule sensibili e permissive. Avverrà poi la replicazione secondaria,
la sua diffusione e il raggiungimento di altri organi. Abbiamo alcuni virus che infettano
il SNC, questi entrano e si diffondono attraverso gli assoni e i nervi sensitivi, giungono
alle corna posteriori e invadono il midollo spinale, la più conosciuta è la rabbia.
Tipi di infezioni: distinguiamo tra:
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- infezione produttiva, la cellula sensibile e permissiva consente l’attacco, la
penetrazione e la replicazione virale. Gli effetti sulle cellule possono essere dei danni
che possono addirittura portare alla morte della cellula infettata;
- infezione restrittiva, la cellula sensibile presenta condizioni di permissività non
costanti e legate a particolari condizioni fisiologiche;
- infezione abortiva, la cellula sensibile non è completamente permissiva;
- infezione latente, è una capacità che ha il virus di provocare la malattia quando si
accorge di un abbassamento delle difese immunitarie, in quel caso non si replica sino
a che non si creano le condizioni per lo sviluppo del ciclo;
- infezioni persistenti, è una condizione di parassitismo virale controllato dalla
produzione continua di antigeni virali e virioni infettanti;
- infezioni citocide.
Oncogenesi da virus: la cellula perde la capacità di regolare il ciclo cellulare, si ha la
trasformazione neoplastica della cellula e si genera il tumore. I virus associati al
cancro nell’uomo sono i seguenti:
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La PCR amplifica il DNA.
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Ipotesi schematica della risposta anticorpale durante le fasi della malattia: le IgM
compaiono dopo 8-10 giorni e alle volte non compaiono, quindi accadeva che i
soggetti positivi si rivelassero poi negativi, l’infezione così continuava a propagarsi.
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