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LEZIONE DEL 01/12/2021 - AVVERSITA BIOTICHE E DIFESA DELLE PIANTE

La difesa delle piante si può declinare anche come lotta parassitaria nei confronti sia di
microrganismi che di insetti. I parassiti delle piante determinano dei peggioramenti nella resa sia in
termini quantitativi che qualitativi. L’incidenza che queste malattie possono avere è variabile in
dipendenza della coltura in oggetto, dalla fase fenologica della coltura e dall’interazione tra il
patogeno e la pianta coltivata, ma anche con tutto l’ambiente circostante e il terreno. In questo senso
vi è un’incidenza notevole dell’ambiente di coltivazione, tant’è che in ambienti temperati o
temperati-freddi l’incidenza delle malattie derivanti da microrganismi e organismi superiori è meno
pericolosa rispetto a ciò che si verifica in climi più caldi o tropicali, proprio perché le condizioni
ambientali favoriscono la proliferazione di questi patogeni.

Vediamo una foglia di frumento attaccata dalla Blumeria graminis, una malattia che colpendo le
foglie dei cereali impedisce lo svolgimento della fotosintesi e determina la distruzione delle cellule
e, infine, la morte della pianta. L’iodio dei cereali può determinare la perdita del 50% delle rese,
aspetto che poi si ripercuota sul reddito dell’agricoltore. Gli agricoltori devono conoscere bene i
potenziali pericoli che colpiscono una coltura e che sono tipici di un determinato territorio e
organizzare i sistemi di coltivazione in modo da proteggersi dall’incidenza di attacchi funginei o
altre malattie. Inoltre, ritornando alla questione sull’avvicendamento e la monosuccessione, è
importante che gli agricoltori conoscano bene la coltura che praticano in modo da individuare i
segnali di malattia e prendere le dovute precauzioni per non diffonderla di più e non avere danni
troppi ingenti. In questi casi, quindi, una parola chiave è la prevenzione, infatti, è fondamentale che
le malattie non arrivino a livelli tali da diventare un problema per le produzioni. Così come detto
per le piante infestanti, l’agroecosistema non può essere totalmente sterile, infatti, vi saranno
sempre microrganismi, insetti, animali superiori, ecc., per cui è importante conoscerli, monitorarli e
adottare soluzioni di controllo preventivo in modo che la loro presenza non diventi dannosa per le
produzioni. Distinguiamo tra:

- Virus. I virus sono dei microrganismi acellulari costituiti da una sequenza di DNA o RNA
circondata da una capsula proteica. Non hanno autonomia di movimento, per cui hanno
bisogno di vettori e di organismi ospiti per potersi muovere e moltiplicare. Simili ai virus
sono i fitoplasmi, i quali hanno dimensioni maggiori e un comportamento intermedio tra
virus e batteri.

- Batteri. I batteri sono unicellulari e si possono distinguere in base alle forme.

- Funghi. I funghi sono organismi pluricellulari che si diffondono grazie alla formazione di
filamenti detti ife che occupano ed esplorano l’ambiente circostante. Per moltiplicarsi i
funghi fanno ricorso a spore, le quali possono essere sia di origine sessuale, quindi, derivanti
dall’unione di due gameti, sia di origine asessuale. Una volta che le spore si formano si
disperdono attraverso meccanismi autonomi o veicolati dall’aria o dal vento e colonizzano
altri ambienti. Nel momento in cui trovano un ambiente favorevole le spore si diffondono,
germinano e formeranno le ife che determineranno la diffusione del medesimo fungo.

Metodi di trasmissione

I principali microrganismi di cui dobbiamo tenere conto quando consideriamo le possibili patologie
delle piante sono i virus, i batteri e i funghi ed è importante sapere come si propagano. Infatti, una
delle forme per limitare la loro diffusione è evitare la loro proliferazione al fine di limitare i danni
nelle colture e nelle produzioni. I metodi di trasmissioni sono fondamentali perché grazie a questi
il microrganismo si diffonde e prolifera.
Esistono due tipologie di parassiti.

- Parassiti obbligati. Hanno bisogno di colonizzare organismi viventi per potersi


moltiplicare.

- Parassiti facoltativi. Si moltiplicano anche su residui vegetali morti, per cui contribuiscono
alla decomposizione della sostanza organica. Tuttavia, nel momento in cui trovano un
organismo vivo possono migrare e colonizzare anche questi.

Per trasmettersi i diversi microrganismi agiscono in diverso modo. I virus, come detto, non sono
mobili ma hanno bisogno di altri organismi, detti vettori, tramite cui possono diffondersi. Il vettore
compie due funzioni per il virus:

- Funzione di trasporto
- Funzione di trasmissione

Il virus non può infettare una pianta sana, ma ha bisogno di una ferita o apertura tramite cui
penetrare nella pianta. Alcuni insetti come gli afidi, ad esempio, hanno un apparato boccale
pungente che inseriscono all’interno delle piante per succhiare la linfa, ma insieme a
quest’operazione trasmettono anche il virus che li ha contaminati. In altri casi i virus si possono
trasmettere tramite ferite causate dall’uomo o da macchinari di lavori, da animali, ecc. Un rapporto
chiave tra virus e insetto vettore è determinante per sapere come controllare il virus, infatti,
controllando l’insetto vettore si controlla anche il virus. Per quanto riguarda la trasmissione
compiuta dall’uomo, è importante che gli organi di lavorazione o le forbici della potatura o la
raccolta siano sterilizzate prima dell’utilizzo. Altri esempi di insetti che trasmettono i virus sono i
tisanotteri o i coleotteri, che grazie alla loro attività di alimentazione trasmettono i virus. Altra
categoria di organismi considerati vettori per i virus sono i nematodi, microrganismi vermiformi di
piccole dimensioni che vivono nel sottosuolo e che hanno un apparato boccale pungente che
inseriscono nelle radici per aspirare la linfa. Altri agenti meno diffusi sono le spore dei funghi
contaminate del virus. Nel momento in cui le spore infettano una pianta trasmettono anche il virus.

Le malattie derivanti dai batteri sono molto limitate nelle piante erbacee, mentre sono molto più
diffuse nelle piante arboree. I batteri si possono ritrovare nelle piante ortive perché possono colpire i
frutti, in particolare quelli poco acidi perché il pH potrebbe fungere da fattore di selezione nei
confronti dei microrganismi. Nelle piante arboree i batteri possono colpire la zona del colletto, la
quale è molto sensibile e soggetta a ferite, penetrando e infettando la pianta. Spesso i danni
provocati dai batteri riguardano la parte ipogea della pianta, ovvero le radici, determinando
marciumi. In alcuni casi, come quello della rogna dell’olivo, l’agente Pseudomonas savastanoi
induce alla pianta a formare dei tumori che riducono l’attività del sistema vascolare, riducendo così
la vitalità della pianta. Questa non sempre è una malattia letale, ma sicuramente riduce le capacità di
trasporto della pianta.

I patogeni fungini si possono diffondere attraverso il seme, in particolare tramite i tegumenti, i


quali sono soggetti ad essere contaminati. Ricordiamo, infatti, che la parte interna del seme è
completamente sterile. Per evitare che i semi vengano contaminati da funghi si può fare la concia,
cioè un trattamento antifungineo per ridurre le contaminazioni. In altri casi i funghi si possono
diffondere attraverso vettori esterni. Vi sono alcune tipologie di funghi che producono delle spore
polverulenti che sono soggette all’azione del vento per la diffusione. In altri casi ancora, può
succedere che il fungo venga trasportato dall’acqua, ad esempio, durante l’irrigazione, in particolare
attraverso l’irrigazione a pioggia, la quale determina schizzi di acqua che possono trasmettere la
spora da una pianta all’altra. Un altro modo di diffusione delle spore prevede un meccanismo
attivo in cui le distanze possono variare da 1mm a 45cm.
Altro esempio di come vengono diffusi i funghi è l’utilizzo di organismi come insetti. È il caso, ad
esempio, della segale cornuta. Le escrescenze della segale cornuta sono strutture in cui si producono
le spore del fungo. Il fungo stimola il fiore del cereale ad emettere un essudato zuccherino che attira
gli insetti che si nutrono di essa e si contaminano con le spore del fungo. In questo modo,
muovendosi da una pianta all’altra gli insetti contribuiscono alla diffusione del fungo. Inoltre, le
spore dei funghi possono essere diffuse tramite le ruote delle macchine agricole, tramite gli zoccoli
degli animali, le scarpe degli uomini, ecc.

Le malattie derivanti dai microrganismi determinano perdite in termini di resa delle colture, ma è
difficile quantificare la perdita in termini di resa perché dipende dal momento in cui la malattia
colpisce, dallo stadio fenologico della pianta, dalla sua capacità di resistenza, ecc. Possiamo
valutare in che modo le funzioni fisiologiche delle piante vengono colpite dalla presenza del
patogeno. Molti microrganismi colpiscono principalmente l’apparato radicale, il quale svolge un
ruolo chiave nella vita della pianta perché serve per assorbire l’acqua e gli elementi nutritivi dal
terreno, ha una funzione di ancoraggio della pianta nel terreno, ha una funzione di sintesi di enzimi,
fitoregolatori, amminoacidi, ecc. Nel caso in cui la malattia colpisca l’apparato radicale le
conseguenze si ripercuotono su tutta la pianta. Pensiamo, ad esempio, al mal del piede, malattia del
frumento che colpisce l’apparato radicale della pianta e che si ripercuote sulla parte epigea con una
crescita stentata, una riduzione dell’attività fotosintetica, scarsa produzione e senescenza veloce.

Altro esempio di malattia fungina è la scabbia (Actinomyces scabini), la quale colpisce i tuberi
della patata e tramite cui possiamo capire meglio come le malattie si ripercuotano sulle produzioni,
proprio perché in questo caso quando parliamo di resa si fa riferimento alla quantità di tuberi
prodotti. Questa malattia deriva da un fungo che si annida nei tuberi producendo delle spore
polverulenti che rendono i tuberi non più commercializzabili. In altri casi, alcune malattie
colpiscono la zona del colletto. In questo caso le malattie derivano da batteri e l’effetto prevede la
formazione di marciumi, una minore resistenza alle sollecitazioni meccaniche, rischio di
allettamento e perdita di produzioni. In altri casi, sia di malattie batteriche che di malattie fungine, i
microrganismi possono penetrare all’interno della pianta, agire dall’interno e compromettere tutto il
sistema vascolare. La pianta, infatti, in risposta al microrganismo produce delle gomme che
otturano il sistema vascolare impedendo il trasporto dalle radici alle foglie portando
all’appassimento delle radici e della pianta.

In altri casi possono essere colpite le foglie. Ingiallimenti o decolorazioni possono essere dovuti alla
presenza di funghi, virus (mosaico del tabacco) o batteri. I batteri possono provocare imbrunimento
e marciumi nelle foglie che poi portano alla riduzione dell’attività fotosintetica, l’indebolimento
della pianta e la morte. Altro esempio ancora è la peronospora della patata, malattia che colpisce i
tuberi e che ha determinato in Irlanda nel ‘800 un periodo carestia dato che il paese basava la
propria alimentazione sulla patata.

Altri organi che possono essere colpiti dai microrganismi sono le strutture riproduttive come fiori
o frutti. Alcune malattie fungine possono colpire la semente, per cui la granella risulta essere
inadatta al consumo sia dall’uomo che dagli animali. Altro esempio ancora di patogeno che colpisce
le piante è la Botrytis, un fungo ubiquitario che troviamo nei frutti molto ricchi d’acqua come l’uva
o la fragola colpendolo sia quando il frutto è sulla pianta che in post-raccolta. Alcune di queste
patologie sono strettamente legate alla coltura, mentre in altri casi sono ubiquitarie; in ogni caso
l’agricoltura deve conoscere l’interazione tra i diversi patogeni e la sola coltura che pratica in modo
da individuare gli strumenti migliori per tenere l’infestazione sotto controllo. È importante
conoscere i fattori che favoriscono lo sviluppo della malattia. Fra questi fattori sottolineiamo:

- Condizioni ambientali. Così come tutti gli organismi viventi, anche i microrganismi
patogeni prediligono un certo range di temperature, umidità, pH, ecc. per potersi
moltiplicare.
Ad esempio, per alcune spore fungine è necessaria una certa quantità di umidità per poter
germinare e formare il micelio. Questo è uno dei motivi per cui è importante conoscere
come vengono coltivate le piante, in particolar modo per evitare che si creino ristagni di
umidità all’interno della chioma che rendono l’ambiente idoneo ad essere colonizzato da
funghi o batteri. Conoscere i fattori ambientali che favoriscono la crescita dei microrganismi
patogeni può aiutare l’agricoltore a individuare il momento in cui tali condizioni si
presenteranno in modo da prendere le misure curative necessarie.

- Caratteristiche della pianta. Fattore non univoco, infatti, alcune specie patogene riescono
a colpire di più piante sane, mentre altre specie colpiscono meglio specie già deboli. Questa
caratteristica è importante per controllare le infestazioni.

- Stadio fenologico della pianta e del patogeno. A seconda delle caratteristiche che hanno i
tessuti della pianta, essi possono essere più sensibili agli attacchi dei patogeni. Lo stesso
discorso riguarda la concimazione, infatti, bisogna stare attenti agli eccessi nelle
concimazioni azotate perché si potrebbe stimolare la pianta a vegetare rendendola ricca di
tessuti giovani particolarmente sensibili agli attacchi di alcuni patogeni. Inoltre, una pianta
molto rigogliosa è una pianta molto più sensibile.

- Numerosità e gravosità dell’inoculo. Non si può pensare di coltivare in un ambiente


completamente sterile. Infatti, non si può eliminare completamente la presenza dei patogeni,
ma si possono tenere sotto controllo in termini numerici. In questo modo, la malattia sarà
meno pericolosa, mentre se gli organismi patogeni proliferano e aumenta l’entità
dell’inoculo sarà più difficile il controllo della malattia. Questo è importante nel caso dei
virus e dei batteri, infatti, se viene favorita l’azione degli agenti vettori, prolifereranno anche
i virus e vi sarà più probabilità di contaminazione verso le piante. Bisogna, quindi,
conoscere i fattori che favoriscono la moltiplicazione degli insetti per tenere sotto controllo
l’incidenza della malattia. Nel caso delle virosi gli afidi si moltiplicano con temperature
medio-alto, per cui in quelle condizioni sarà più facile che le piante vengano colpite.
Conoscendo quest’informazione si possono controllare gli afidi per controllare l’incidenza
del virus.

- Genotipo. Ciascuna specie e ciascuna varietà all’interno di una specie ha una sensibilità
maggiore alle patologie derivanti da microrganismi. Non si può mai parlare di totale
immunità, ma si può parlare di tolleranza perché sicuramente la pianta ha una minima
reazione nei confronti del patogeno, ma non tale da diminuirne la vitalità e la produzione. La
capacità di resistere ai patogeni non è sempre uguale durante tutta la stagione produttiva
della pianta. Infatti, durante le diverse fasi fenologiche della pianta vi sono periodi di più
sensibilità e altri di più resistenza. Proprio per questo motivo uno degli obbiettivi principali
del miglioramento genetico è individuare dei genotipi che abbiano meccanismi di resistenze
alle principali patologie che colpiscono le colture agrarie.

Insieme ai microrganismi un ruolo fondamentale, sia come agenti diretti che come agenti vettori,
viene giocato dagli insetti. Gli insetti, infatti, rappresentano circa i 4/5 del regno animale. Essi si
possono distinguere in base al loro rapporto con l’uomo in:
- Insetti utili. Permettono la produzione di sostanze utili per la vita dell’uomo. Ricordiamo,
ad esempio, insetti utili per la produzione della seta, del miele o la cera. Vengono
considerati insetti utili anche quelli che fungono da predatori dei parassiti delle piante, per
cui contribuiscono al controllo delle infestazioni.

- Insetti dannosi. Noti anche come insetti parassiti. È importante conoscere questa categoria
per poterli controllare.

- Insetti indifferenti.

Una caratteristica importante degli insetti riguarda il loro apparato boccale, proprio perché in
alcuni casi è l’organo che determina danni nelle piante. Possiamo distinguere fra apparati pungenti
succhiali, apparati boccali masticatori, apparati boccali lambenti, apparati boccali lambenti e
succhianti. Questi aspetti sono importanti perché alcuni insetti possono esercitare un danno
significativo. I danni che si possono provocare possono essere danni diretti o danni indiretti.
Altro aspetto che dobbiamo conoscere per quanto riguarda gli insetti è la porzione di pianta che
l’insetto colpisce e in quale fase di sviluppo della pianta l’insetto risulta pericoloso.

Vi sono insetti che hanno apparato boccale masticatore che effettuano rosure su radici e foglie
limitando la superficie fotosintetizzante e la capacità assorbente e di ancoraggio della pianta. In altri
casi insetti con l’apparato boccale succhiante trasmettono i virus e possono determinare una
riduzione nell’efficienza del trasporto dei succhi all’interno della pianta. Inoltre, la pianta reagisce a
queste punture creando delle galle che riducono la superficie fotosintetizzante e l’efficienza di
trasporto. Nel caso delle cocciniglie, insetti con un apparato boccale pungente-succhiante, una volta
he si posizionano sulle foglie rimangono immobili, si ricoprono di cere, producono uova e si
moltiplicano. In altri casi gli insetti possono essere mobili come il grillo talpa.

Come abbiamo detto, non tutti gli stadi di sviluppo di un insetto sono pericolosi per le piante.
Pensiamo, ad esempio, al ciclo di vita di un lepidottero e, quindi, di una farfalla, il cui stadio più
pericoloso è quello di bruco o larva. Le farfalle, infatti, hanno un apparato boccale lambente, per cui
non sono pericolose, mentre la larva presenta un apparato boccale masticatore e nutrendosi di
germogli e foglie riducono l’efficienza della pianta. È per questi motivi che è importante conoscere
il ciclo di vita dei parassiti per individuare il momento in cui è più facile colpirli per evitare che i
danni siano più ingenti.

Una classe di artropodi che non sono insetti ma che appartengono alla classe degli Aracnidi sono gli
acari. Gli acari sono organismi di dimensioni piccole, tra gli 0.2 e i 10mm, molto pericolosi perché
hanno un apparato boccale succhiante con cui colpiscono le piante e trasmettono i virus. Il danno
diretto è la trasmissione dei virus, mentre il danno indiretto è la produzione di galle e decolorazione
dovute alla sottrazione di linfa con conseguenze anche nel sistema di trasporto. Gli acari sono stati
un grave problemi negli scorsi decenni perché sono risultati molto dannosi per le piante. La loro
grande diffusione e pericolosità è stata dovuta ad un utilizzo spropositato di erbicidi che hanno
debellato i loro predatori naturali. Non avendo più un predatore gli acari hanno continuato a
proliferare. La proliferazione si è aggravata ed è stata favorita dall’utilizzo di principi attivi che
hanno stimolato la loro fecondità, per cui sono diventati ancora più prolifici e difficili da debellare.
Gli acari sono stati oggetto di studio per individuare un loro predatore. Tuttavia, non tutti gli acari
sono dannosi, infatti, esistono anche gli acari utili. Ad esempio, i Fitoseidi sono acari che si nutrono
di altri acari. Altro predatore degli acari è la larva di Chrysopa, la quale si nutre di acari e tiene sotto
controllo le infestazioni.
Altra classe di microrganismi che possono creare grandi danni sono i nematodi. I nematodi causano
sia danni diretti che danno indiretti, sono vermiformi, vivono nel terreno e possono indurre necrosi
agli apparati radicali. I nematodi hanno un apparato boccale pungente che inseriscono all’interno
degli organi ipogei della pianta causando necrosi, la formazione di galle e, quindi, la riduzione del
trasporto della linfa, la distorsione delle radici e una riduzione dell’accrescimento del fittone e,
quindi, una minor capacità di assorbimento dell’acqua da parte delle radici.
L’azione dei nematodi sulle radici si ripercuote anche sulla parte aerea determinando la riduzione
dell’accrescimento, caduta precoce delle foglie, indebolimenti delle piante che, infine, portano alla
morte e, chiaramente, a una riduzione delle rese. I nematodi provocano sintomi aspecifici, per cui
spesso risulta difficile stabilire la loro causa.

Altra classe di organismi da considerare sono i miriapodi. Essi sono presenti sul terreno in ambienti
molto umidi, si nutrono di sostanza organica in decomposizione e favoriscono la formazione di
gallerie nel terreno favorendo la struttura, ma possono risultare dannosi perché si possono anche
nutrire di germogli e giovani foglie riducendo la capacità di accrescimento delle piante e, di
conseguenza, danneggiano le produzioni. Lo stesso discorso vale per i molluschi, classe a cui
appartengono le lumache e le limacce, organismi che vivono sulla superficie del terreno e si nutrono
anch’essi di giovani germogli e foglie. Se colpiscono gli apici vegetativi possono ridurre la capacità
di accrescimento delle piante. Infine, dobbiamo considerare i vertebrati, ovvero gli animali
superiori che possono danneggiare le colture cibandosi dei semi o colpendo i frutti e i piccoli
germogli delle piante. Inoltre, non solo recano danni alle piante, ma anche alle produzioni in post-
raccolta.

Metodi di lotta

Per le diverse tipologie di organismi che determinano danni alle piante vi sono diversi metodi di
lotta. Così come visto nel caso delle piante infestanti, i metodi di lotta possono essere:

- Metodi preventivi. Funzionali per evitare che la malattia si diffonda. Bisogna creare un
ambiente che non favorisca lo sviluppo del patogeno, ma renda la pianta più resistente.

- Metodi terapeutici. Funzionali nel momento in cui la malattia è già presente. È necessario
intervenire cercando di mantenere i danni provocati dai patogeni.

Così come abbiamo visto nel caso delle piante infestanti, anche per gli organismi patogeni si può
ricorre a diversi metodi, tra cui:

1. Metodi agronomici

Hanno lo scopo di creare un ambiente inidoneo allo sviluppo della patologia. L’ambiente può essere
inidoneo perché riduce la vitalità del patogeno o perché rende più resistente la pianta. Tutto ciò si
realizza agendo sulla tecnica colturale, ovvero sulla lavorazione o sulla rotazione. Le lavorazioni
migliorano la struttura del terreno, l’ossigenazione del terreno e riducono la presenza di organismi
anaerobi. Con le lavorazioni si possono portare in profondità sia i semi delle piante infestanti che le
larve di potenziali insetti, rendendo non più vitali queste due forme. Oppure essi si possono portare
in superficie per renderli preda di insetti o altri animali riducendo l’incidenza dei patogeni.

Altri metodi agronomici riguardano le rotazioni. Così come visto per le piante infestanti, anche per
i microrganismi patogeni alternando le colture non si crea una correlazione diretta tra il patogeno e
l’ospite, per cui il patogeno riesce a moltiplicarsi ma la sua incidenza non è tale da provocare danni
alle colture. Avvicendando le colture si riduce l’incidenza, ad esempio, di quegli insetti che sono
monofagi, ovvero che si nutrono soltanto di una tipologia di piante. Si possono introdurre nella
rotazione piante che riducono la vitalità del patogeno e, di conseguenza, nell’annata successiva la
quantità di microrganismi sarà notevolmente inferiore. Fra le altre cose, si possono eliminare dalla
rotazione delle colture ospiti di determinati patogeni, oppure si possono utilizzare colture non ospiti.
In questo modo si riduce la possibilità per il patogeno di trovare organismi ospiti sui quali
moltiplicarsi. Inoltre, bisognerebbe realizzare un diserbo in modo da eliminare piante spontanee che
sono ospiti di patogeni delle colture principali.
È importante, fra le altre cose, l’impianto, in particolare stabilire la distanza fra le file e
nell’interfila e l’epoca di fila. Se si riesce a sfalsare l’accrescimento della coltura e il momento più
sensibile della coltura rispetto al momento di massima presenza del patogeno, vi sarà un massimo
controllo della malattia. Ad esempio, si può realizzare una semina ritardata. Una semina ritardata
nel caso della soia può ridurre l’incidenza di una malattia particolare perché non troverà la pianta
nelle condizioni di sensibilità. Chiaramente, questo è un metodo che richiede grande conoscenza
dell’ambiente, della coltura praticata e del patogeno in questione. Stessa cosa vale per l’orzo, in cui
si è visto che se viene seminato più tardi gli afidi che trasmettono il virus del nanismo giallo sono
meno attivi e, di conseguenza, si evita che la pianta venga colpita.

Altro aspetto importante è il governo delle acque e la gestione dell’acqua irrigua, in particolare è
fondamentale evitare la formazione di ristagni e le condizioni di asfissia delle radici che rendono le
piante più deboli e suscettibili ad attacchi patogeni. Altri aspetti sono la potatura e l’eliminazione
di parti infette. La potatura può essere un metodo curativo o preventivo. La potatura si effettua
eliminando parti malate della pianta, ma può essere fatta per eliminare degli organi che fungono da
ricovero per il patogeno. Alcuni esempi sono le mummie nel caso delle drupacee, in cui il patogeno
sverna all’interno dei frutti, si moltiplica, crea le spore e nell’annata successiva attraverso questi
frutti che rimangono sulla pianta le spore vengono disperse e colonizzano altre piante. Se si
eliminano le mummie si evita che l’anno successivo le spore colpiscano la pianta. Stessa questione
vale per i rami in cui sverna la ticchiolatura del pero che provoca le macchie brunastre. Se si
eliminano i rametti si riduce anche l’influenza di questo agente nell’annata successiva. Nel caso del
mais una malattia è la Piralide del mais, una farfalla o lepidottero che al suo stadio di larva si nutre
della parte interna dei culmi delle piante creando molti danni di accrescimento e sviluppo delle
piante, ma può colpire il frutto rendendolo non commercializzabile. In genere, vengono eliminati i
rami colpiti dalla larva e si bruciano o si interrano in modo da evitare che la larva possa svilupparsi
di nuovo.

Un altro metodo preventivo per il controllo dei patogeni è l’eliminazione delle piante spontanee,
le quali possono essere sia erbacee che arboree e possono fungere da habitat per i patogeni. Dalle
piante spontanee poi i patogeni possono migrare sulla coltura principale e creare un danno. Tuttavia,
quando abbiamo parlato della biodiversità abbiamo trattato sull’importanza delle piante spontanee.
Infatti, nonostante queste possano ospitare i patogeni, le piante spontanee possono anche ospitare i
predatori dei patogeni. Aumentando la biodiversità dei campi coltivati può migliorare l’equilibrio
dell’agroecosistema. Altro metodo agronomico che abbiamo già trattato è l’innesto, in cui la
combinazione innesto – portinnesto può aumentare la resistenza della nuova pianta bimembre nei
confronti di patologie sia presenti nel terreno sia di quelli che colpiscono la parte epigea. La
maggior parte dei metodi agronomici gli possiamo considerare preventivi, mentre altri si possono
considerare curativi.

2. Metodi genetici

Fanno riferimento alla selezione di piante che abbiano già una certa resistenza alle potenziali
patologie presenti in un determinato ambienti. Dobbiamo adattare la coltura all’ambiente e non
viceversa e ricordare che nell’adattamento rientra anche il fattore della resistenza. Infatti, è meglio
individuare una varietà resistente ai patogeni, piuttosto che una coltura più sensibile e dover
intervenire con gli antiparassitari che sono più costosi e più impattanti sull’ambiente. Tra i metodi
genetici possiamo individuare.

- Metodi preventivi, come l’impiego di varietà resistenti.


- Metodi curativi, come la termoterapia.

In alcuni casi è importante considerare anche la produzione di materiale da meristemi. I virus,


infatti, hanno un tasso di moltiplicazione inferiore rispetto a quella delle cellule dei meristemi. I
meristemi delle piante normalmente non contengono il virus. In questo modo tramite le tecniche di
coltura in vitro è possibile isolare il meristema, metterlo in coltura e, grazie al substrato di crescita e
le condizioni di crescita i meristemi cominceranno a dividersi per formare nuove piante che saranno
virus essenti utilizzabili per la produzione di nuove piante sane.

3. Metodi fisici

I metodi fisici si basano, ad esempio, sul calore. In alcuni casi si usano macchine che producono del
calore e che passano sul terreno. L’elevata temperatura determina la morte di insetti, nematodi,
funghi, ecc. sterilizzando il terreno. Questo è un metodo sicuramente molto costoso, per cui si
utilizza per colture di pregio e su piccole estensioni di terreno. Altro esempio è la termoterapia, la
quale sfrutta la capacità delle temperature elevate di determinare l’inattivazione di batteri, funghi e
virus. La termoterapia viene applicata su piante in vivo che vengono tenute a temperature tra 36° e
38° per un periodo variabile di 12 mesi. Dopo di che si raccolgono gli apici vegetativi, si
moltiplicano e si ottengono piante sane. In altri casi il metodo si può adattare per le colture in vitro,
per cui si prelevano i germogli, si mantengono a 38°, si prelevano gli apici, si mettono in coltura e
si ottengono piante virus esenti. La termoterapia, infatti, viene principalmente praticata per i virus.
In ogni caso, coltura di meristemi e termoterapia, sono i metodi tra i più utilizzati per il risanamento
delle piante dai virus.

4. Metodi biologici

Si basano sul rispetto nei confronti dell’agroecosistema, per cui mirano a ripristinare nel caso in cui
il patogeno sia diventato particolarmente dannoso l’equilibrio dell’agroecosistema introducendo il
suo antagonista naturale. In genere, si utilizzano trappole che contengono feromoni che
impediscono la riproduzione degli insetti oppure si possono introdurre i predatori dei parassiti
presenti. L’introduzione di parassiti è detta lotta biologica, la quale può essere:

- Lotta biologica classica, se viene rilasciato solo una volta il predatore del parassita che
colpisce la coltura.

- Lotta biologica inondativa, se i lanci sono più frequenti. Quest’ultimo è più efficace perché
permette il raggiungimento dell’equilibrio in condizioni più rapide.

5. Metodi chimici

Prevedono il ricorso a principi attivi che colpiscono il patogeno senza danneggiare la pianta
infestante. Questi metodi sono stati molto utilizzati in passato, ma hanno determinato danni perché
non sempre sono stati così selettivi e si è verificata la prevalenza di un patogeno rispetto agli altri e
una minore capacità di controllo da parte dell’uomo. Inoltre, hanno un certo impatto sull’ambiente,
per cui bisogna utilizzarli con molta cautela. Come visto per gli erbicidi, anche i pesticidi sono
composti da un principio attivo, da coadiuvanti e da sostanze inerti che fungono da veicolanti.

- Principio attivo. Il principio attivo è variabile in dipendenza dell’organismo che bisogna


combattere. Si possono trovare principi attivi anticrittogamici, insetticidi, acaricidi,
nematocidi, ecc., che vengono utilizzati sia in campo che in post-raccolta nei magazzini di
conservazione dei prodotti.
- Coadiuvanti. Esistono coadiuvanti che servono a migliorare l’efficienza dei prodotti. Questi
possono essere tensioattivi perché riducono la tensione superficiale e migliorano la capacità
di distribuzione del prodotto sugli organi delle piante; emulsionanti o bagnanti; adesivi,
che favoriscono l’adesione del principio attivo alla pianta in modo che non venga dilavato
facilmente dall’irrigazione o dalle piogge.

Tipologie di lotta

Tutti questi metodi contribuiscono a controllare le infestazioni. In realtà, in passato si aveva fatto
molto affidamento sui metodi chimici contro i patogeni. Nell’agricoltura tradizionale si ottava per la
lotta a calendario. In pratica, si sapeva che durante alcuni periodi dell’anno era più probabile che
intervenisse un’infestazione, per cui si interveniva con i metodi chimici. Questi antiparassitari che
venivano utilizzati erano ad ampio spettro di azione, per cui colpivano molti insetti o patogeni
impoverendo la biodiversità e favorendo il proliferare degli organismi più resistenti. Se in passato
l’agricoltura ha realizzato tanti passi in avanti (agricoltura verde), è vero anche che tutti i prodotti
chimici che sono stati utilizzati hanno determinato un impoverimento degli agroecosistemi e una
maggiore difficoltà nel praticare l’agricoltura in maniera anche remunerativa per l’agricoltore. In
questo modo si è determinato un impoverimento della qualità dei prodotti, proprio perché anche il
tasso di contaminazione era molto maggiore in questi prodotti.

Con il passare del tempo si è capito che, invece, si potevano trovare soluzioni alternative rispetto
all’utilizzo dei prodotti chimici. Si è passati dalla lotta a calendario alla lotta guidata. In questo
caso si interviene con la chimica ma soltanto nel momento in cui il parassita è veramente dannoso
per la pianta e quando è più facilmente attaccabile. Si riduce l’utilizzo di fitofarmaci e si favorisce
l’utilizzo di prodotti più selettivi e poco persistenti in modo da colpire l’organismo dannoso e non
danneggiare gli altri organismi presenti, compresi i predatori dei microrganismi. Inoltre, dato che
sono poco persistenti lasciano pochi residui nelle colture con conseguente miglioramento della
qualità delle produzioni e una maggiore sicurezza dei consumatori. La lotta guidata, quindi, si basa
sulla soglia d’intervento, cioè si deve valutare la presenza e il numero degli individui dannosi e
intervenire quando questo numero supera il livello di soglia stabilito conoscendo l’infestazione,
l’ambiente di coltivazione e la coltura. Per stabilire se la soglia di intervento è stata raggiunta o
superata si realizzano sia controlli visivi sia attraverso l’utilizzo di trappole che hanno una
superficie vischiosa sulla quale si attacca l’insetto. In questo modo, l’agricoltore controlla la
quantità di insetti che si trovano sulla superficie delle trappole. Insieme a questi numeri e ad una
serie di altri fattori tra cui l’andamento climatico, si valuta se è il caso o no di intervenire. Le
trappole possono essere:

- Trappole cromotropiche, chiamate così per i colori che attirano gli insetti.
- Trappole a feromoni, se contengono sostanze attrattive sessuali.
- Trappole alimentari, se all’interno vengono messe sostanze zuccherine.
Insieme al conto degli insetti vengono sempre prese in considerazione le condizioni
meteorologiche, in particolare l’umidità e la temperatura, in modo da prevedere in anticipo un
aumento o una diminuzione nell’andamento dei numeri della popolazione. Nel caso di intervento si
utilizzano i prodotti selettivi e soltanto nel caso in cui veramente gli insetti possano recare un danno
alla coltura. Per quanto riguarda le malattie crittogamiche, il controllo dell’incidenza è più
complicato, soprattutto per quanto riguarda funghi o batteri. Per valutare la presenza di queste
malattie si utilizzano attrezzature come i captaspore, attrezzature su cui si posano le spore fungine
e che poi vengono prelevate e contate al microscopio. Insieme al numero delle spore vengono
considerate le condizioni climatiche.
Un ulteriore passo avanti è stato fatto con la lotta integrata, con la quale si fa maggior affidamento
non solo sulla soglia di intervento e sul monitoraggio nella presenza del patogeno o dell’insetto in
campo, ma soprattutto sui metodi preventivi, ovvero sulle tecniche agronomiche e sulla scelta della
varietà in modo da ridurre il rischio che la patologia possa prendere il sopravvento e poi si debba
intervenire con la chimica, cosa che comunque è contemplata con la lotta integrata ma soltanto nel
caso in cui tutti i metodi preventivi non abbiano funzionato e si sia superata la soglia di intervento.

L’ultima tipologia di lotta è la lotta biologica. Nel caso della lotta biologica non si può fare
riferimento alla chimica, ma soltanto a metodi preventivi e al potenziamento delle specie predatorie
che servono a controllare i patogeni presenti in campo.

Nota: Domanda d’esame – Metodi di lotta.

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