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Diagnostica nelle malattie infettive

Informazioni generali: una malattia infettiva è una patologia causata da agenti microbici che
entrano in contatto con l'individuo e si riproducono causando un'alterazione. La malattia è il
risultato dell'interazione tra sistema immunitario e organismo estraneo. I germi che causano una
malattia infettiva provengono da: 1-virus, 2-batteri, 3-funghi. L'uomo, quando viene a contatto con
il corpo estraneo si difende utilizzando dei sistemi di mantenimento dell'equilibrio interno che
sono costituiti dalla cosiddetta prima barriera: cute e mucose che resistono alla penetrazione
utilizzando lacrime, saliva , urina (natura meccanica) , un PH basso , acido gastrico (natura
chimica). La seconda barriera è costituita da un vero e proprio attacco contro gli agenti microbici. il
periodo che va dal contatto uomo-germe alla comparsa dei sintomi è chiamato periodo di
incubazione.
Definizioni:
1. malattia alterazione dello stato normale del corpo o di un organo che arresta o
ne modifica la sua funzione ;
2. malattia infettivamalattia causata da batteri virus protozoi
3. infezionecondizione in cui i microrganismi entrano nell’organismo provocando
alterazione.

Affinché si verifichi una malattia infettiva ci deve essere in atto un processo di infezione, che può
essere di due tipi: esogena oppure endogena. Si parla di infezione esogena quando il patogeno
entra nell’organismo da qualsiasi fonte esterna; si parla, invece, di infezione endogena quando è
causata da un microrganismo presente nel corpo, ma che si colloca in una sede diversa dalla solita
causando alterazione, oppure, un microrganismo che è nella giusta sede, ma riesce a modificarsi
grazie a delle condizioni favorevoli.
I microrganismi e ospite hanno un rapporto specifico:

 saprofitivivono nell’ambiente
 commensalivivono con l’organismo superiore senza beneficio ne danno (=flora
endogena)
 parassitipossono causare danni all’organismo superiore. Si dividono a loro volta in due
categorie: patogeni e opportunisti. Parassiti patogeni creano dei danni ad organismi sani.
Parassiti opportunisti creano danno solamente quando vengono meno le normali barriere
difensive.
La patogenicità è la capacità di causare danno. Per capire se un microrganismo è patogeno oppure
no si ricorre ai postulati di Koch, che se positivi ci indicano la patogenicità e la sua influenza in un
quadro patologico.
I postulati di Koch prevedono 4 punti specifici:
1. Il presunto agente responsabile della malattia deve essere sempre presente in quella
malattia
2. Si deve riuscire ad isolarlo e crescerlo in una coltura pura
3. La cultura pura, una volta inserita in un ospite sano, deve causare malattia
4. Il microrganismo deve essere isolato nuovamente dall’ospite infettato.
Per capire meglio, facciamo un esempio parlando di CARBONCHIO EMATICO. Essa è una malattia
che colpisce erbivori ma anche l’uomo; è caratterizzata da setticemia coagulazione incompleta del
sangue. Per formulare una diagnosi di certezza di verificano i postulati di Koch visti in precedenza.
Sappiamo che, affinché si verifichi una malattia infettiva bisogna che ci sia un’infezione (endogena
o esogena) e il numero degli agenti infettanti deve essere molto alto per interessare molte cellule
dell’organismo attraverso la produzione di tossine. Una volta instaurata la malattia, ne seguono i
sintomi, cioè la manifestazione clinica e quindi la malattia!
La malattia riconosce un agente casuale (unico, specifico, necessario) e si verifica quando un
microrganismo riesce a penetrare e incontra le condizioni favorevoli (CONCAUSE).
Avevamo già visto un primo rapporto tra ospite e microrganismo; ora vediamo il rapporto che c’è
tra ospite e parassita. Esso si divide in: contaminazione, infezione e malattia infettiva.
a) Contaminazione c’è la presenza di microrganismi sulla superficie corporea o
nell’organismo stesso, ma non vi è nessuna attività replicativa oppure reazione
immunitaria.
b) Infezione moltiplicazione di un microrganismo parassita o opportunista, senza
manifestazioni cliniche, ma con reazione immunitaria rilevabile
c) Malattia infettiva organismo patogeno o opportunista in fase di replicazione, con
presenza di danni.
N.B: all’infezione non segue necessariamente la malattia!
La malattia dipende altri fattori che riguardano:
i. Organismo ospite intrinseci o contingenti
ii. Microrganismo patogenicità; virulenza; carica infettiva
iii. Ambiente condizioni climatiche o condizioni igienico-sanitarie
La malattia, inoltre, può essere contagiosa o non contagiosa. La contagiosità è la capacità di un
microrganismo di essere trasmesso. Essa dipende da quanti agenti infettanti vi sono, le vie di
eliminazione, capacità di sopravvivenza dell’agente infettante al di fuori dell’organismo infetto e la
concentrazione dell’agente nel sangue.
Il nostro organismo in presenza di un corpo estraneo attua i primi sistemi di contrasto e cioè
utilizza delle barriere definite barriere primarie formate da cute e mucose; in seguito, attua delle
vere e proprie reazioni Aspecifiche fagocitosi

Specificheanticorpi

Un organismo può essere in grado di resistere a un’infezione rendendo così l’organismo stesso
immune(=immunità).
La patogenicità è definita come capacità di causare danni ed è basata sullo studio di alcuni
parametri, in particolare: invasività e tossigenicità. Il microrganismo deve essere in grado, per
essere patogeno, di entrare e dirigersi verso un organo specifico o verso il circolo sanguigno da
dove poi si farà portare in tutto l’organismo, oppure dare un danno senza invasività ma molto
specifico in un organo o apparato specifico. Possono generarsi, come danno delle lesioni cutanee
per traumi specifici, esempio: brufolo; oppure danni generali dovuto a sostanze prodotte o
all’azione stessa del microrganismo. La tossigenicità è la funzione di alcune sostanze prodotte
direttamente dal microrganismo e che solitamente hanno una natura proteica o lipopolisaccaridica
quindi sono: tossite, endotossine, esotossine, enzimi collagenasi.. responsabili di lesione locali e
favoriscono la generazione dei sintomi dell’infezione.
Definizioni:
1. Infettivitàcapacità di superare le difese dell’ospite, di invaderlo e moltiplicarsi
all’interno di esso
2. Patogenicità capacità del microrganismo di creare un danno nell’ospite, di
alterare organi e tessuti e di causare un’alterazione e quindi una malattia
3. Virulenza capacità di un microrganismo di moltiplicarsi in un tessuto o
nell’organismo in toto. Questa replicazione dipende dalle attività biologiche stesse e
può essere misurato attraverso un parametro: DL50 (dose letale 50); cioè la dose
letale che uccide la metà degli animali inoculati sperimentalmente. Esiste anche il
DL90, cioè la dose che uccide il 90 percento degli animali inoculati. A parte la
capacità di dare dei danni, un microrganismo può essere patogeno, ma non
virulento, cioè non un acquisirà mai una carica virale o batterica tale da
rappresentare un pericolo. Ipoteticamente un microrganismo patogeno, ma poco
virulento che cosa provocherà? E’ una condizione peggiore del caso inverso? Qual è
il caso peggiore? Il caso peggiore è quando un microrganismo è sia patogeno sia
virulento. Se c’è una grandissima virulenza l’organismo ospite non riuscirà a far
fronte a questo microrganismo e anzi, sarà pericoloso anche per gli altri.
4. Carica infettante è un parametro essenziale per stabilire non solo l’infezione, ma
anche la malattia. Anche gli agenti più virulenti hanno bisogno di un certo numero
di unità batteriche virali, chiamiamole unità formanti placca per i virus o unità
formanti colonia per i batteri, ma ci sarà un numero discreto sotto il quale
l’organismo riesce a difendersi, sopra il quale l’organismo non riesce più. E’ un
parametro molto variabile sia per caratteristiche del microrganismo, sia per quelle
dell’ospite.

Reazione immunitaria specifica- Regressione dello stato di


aspecifica efficace infezione=guarigione

Reazione immunitaria specifica- Persistenza dello stato di infezione=


aspecifica non efficace portatore
INFEZIONE

Reazione immunitaria scarsa o Manifestazione clinica


assente dell’infezione=malattia
Questa tabella, sopra riportata, è molto importante e come possiamo notare parla dell’infezione.
Essa genera l’ingresso nell’organismo di protozoi, batteri o virus (microrganismi) e questo evento
procede a seconda della reazione immunitaria, combinata, specifica o aspecifica, che riesce a
mettere in atto il soggetto infettato. Questa tabella parla della reazione che può mettere in atto
l’ospite.
Dall’alto: abbiamo una reazione immunitaria specifica-aspecifica efficace e questo significa che
sicuramente l’organismo riesce a far fronte all’infezione; abbiamo una scarsa virulenza e abbiamo
una bassa carica infettante o la mantiene bassa attraverso la clearance che l’ospite mette in atto.
Se non ci sono altre cause, altre patologie pregresse, lo stato di infezione passa a uno stato di
regressione e quindi guarigione. La guarigione può essere intesa come guarigione clinica, cioè
cessazione della manifestazione del sintomo clinico oppure guarigione di tipo infettiva, cioè
l’organismo ha operato una clearance microbica, per cui l’agente infettante non è più presente
nell’organismo.
Secondo caso: dall’infezione abbiamo una reazione immunitaria specifica-aspecifica non risulta
efficace, ma è abbinata a fattori tipici di un microrganismo quali a una virulenza discreta, una
carica batterica-virale discreta e un’assente presenza di concause. C’è qualcosa di peggiore
rispetto al primo caso, ma comunque l’organismo riesce a far fronte al problema o a tenerlo sotto
controllo, ma quello che non riesce a combattere è la persistenza dello stato di infezione per tanto
si manifesta lo stato di portatore (microrganismo sempre presente nell’ospite. Condizione
pericolosa per la trasmissione del microbo in altri soggetti). La persistenza non è infinita, ma molto
lunga. Esempio: salmonellosi avicoli. Animali monitorati periodicamente (non meno di due volte
all’anno) se gli animali sono positivi vengono abbattuti perché questa infezione genera uno stato di
portatore a livello della cistifellea dove non sarà più riconosciuta perché l’organismo non
manifesta più i sintomi. Da qui si è deciso di abbattere tutti gli animali infetti. Dal punto di vita
della biologia del microrganismo, lo stato di portatore costituisce l’equilibrio perfetto come
strategia di sopravvivenza perché si procura un ospite al riparo del quale si replica, nutre, svolge il
suo ciclo evolutivo senza causare danno. Per cui lo stato di portatore dal punto di vista evolutivo è
diverso per ‘ospite perché per noi è doppiamente pericoloso. Qualsiasi metodica se non fatta in un
preciso range di tempo che coincide con l’escrezione del microrganismo, non avrà una grande
efficacia, quindi è molto importante la correttezza del campionamento. Non possiamo fare un solo
campionamento a distanza di un tempo preciso, ma a seconda della patologia un bravo
diagnostico riesce a comprendere che un campione solo non vuol dire nulla, a meno che non lo
troviamo per fortuna al primo campionamento, ma se lo troviamo negativo non vuol dire che esso
non abbia nessuna infezione perché può comparire la volta dopo.
Esempio: a volte ci sono degli stati di setticemia (diffusione ematogena di un batterio) e riusciamo
a diagnosticare correttamente il patogeno nel sangue quando esso sta occupando il circolo
ematico , ma se esso entra, sfrutta il torrente circolatorio per andare in un organo, sarà presente
nel circolo solo per un tempo definito(ore, giorno) dopo di che si nasconde e risulta difficile da
trovare. Come facciamo a predire il momento più adatto al campionamento? Di solito, quando c’è
la generazione ematica di un batterio si manifesta un sintomo: febbre. Quindi il prelievo lo
dobbiamo fare nel picco febbrile perché vuol dire che il patogeno è in circolo. Quando questa fase
è passata, vuol dire che o il patogeno è stato neutralizzato o il patogeno si è nascosto e si, più in la
compariranno dei sintomi, ma sarà molto più difficile fare una diagnosi.
Ultimo caso: dall’infezione abbiamo una reazione immunitaria scarsa o assente. Il batterio colpisce
un organismo che manifesta appunto questo tipo d reazione. Scarsa quando aveva anticorpi
dovuti a un’infezione precedente o vaccino, ma è passato molto tempo. Il microrganismo ha il
sopravvento e manifesta la sua virulenza senza nessuna barriera, ci saranno anche altri fattori che
favoriscono questo avanzare, come persone immunodepresse, pazienti oncologici ecc.. e si
manifesta la malattia perché il batterio non trova resistenza. La malattia è visibile e si manifesta
con sintomi ben precisi a seconda della patologia.
Guardiamo le caselle più esterne a destra, con i tre diversi stati di guarigione, portatore e malattia
e ragioniamo come un diagnostico. Dal punto di vista del deperimento del patogeno, qual è la
casella più semplice? La malattia perché noi vediamo ad occhio nudo i sintomi della malattia ed è
quello il punto in cui noi preleviamo un campione e facciamo una diagnostica.
Per quanto riguarda la guarigione infettivistica, vuol dire che non troviamo più il patogeno perché
esso non è più presente. Cosa cerchiamo quindi noi? Non dobbiamo cercare gli anticorpi, perché
l’anticorpo dopo una guarigione è presente ma non ci dice se la malattia è presente in quel
determinato momento. I primi anticorpi prodotti sono gli Igm e servono 3-4 giorni per rilevarle.
Per dichiarare quindi la guarigione cosa devo fare? Una diagnostica diretta.
Vediamo ora come si diffonde l’infezione in un organismo: il patogeno entra nell’organismo
provocando un’infezione. A questo punto incontra un primo punto di difesa rappresentato dal
linfonodo tributario che se non riesce a fermare il patogeno, esso entrerà nel circolo linfatico e
quindi circolazione sanguinea dove raggiungerà organi bersaglio attraversando vasi sanguini,
fegato e milza. Il patogeno viene secreto da questi organi e entrerà nuovamente all’interno del
circolo sanguineo raggiungendo uno specifico organo. A questo punto, il patogeno è molto
pericoloso non solo per l’organo da lui raggiunto, ma anche per tutti gli altri organi.
Le vie di penetrazione utilizzate da un microrganismo sono: mucose (attraverso il sistema
respiratorio, l’apparato genito-urinario e congiuntiva), la cute, la via verticale e umorale. In
generale le due vie di penetrazione principali sono cute e mucose: la prima se è perfettamente
integra e non presenta nessuna lesione offre un valido ostacolo alla penetrazione del patogeno, al
contrario se la nostra cute presenta delle lacerazioni offre una maggiore possibilità di ingresso del
patogeno nel nostro organismo; la seconda, invece, anche se sono integre sono molto più
facilmente attraversabili dagli agenti infettanti.
Gli agenti infettanti, devono innanzitutto colonizzare l’ospite, per cui devono ancorarsi alle
strutture di superficie, si replicano e producono dei metaboliti che consentono di creare un varco
nei tessuti e raggiungere la sottomucosa, sotto la quale vi sono i vasi e se il patogeno non viene
fermato prima dai linfonodi, entra nel circolo ematico e linfatico.
N.B: l’infezione è ben diversa dalla contaminazione. La contaminazione può esaurirsi senza
evolversi e in particolare senza lasciare tracce, ogni volta che venga impedita la penetrazione e
localizzazione del microrganismo. L’infezione, invece, anche se è superata velocemente, lascia
sempre traccia nel patrimonio immunitario dell’organismo attraverso gli anticorpi. Ovvio che non
sempre l’infezione sfocia nella malattia e l’organismo può passare l’infezione senza alcun sintomo.
L’infezione può quindi essere asintomatica e cioè l’organismo viene stimolato a produrre degli
anticorpi in seguito alla penetrazione dei microrganismi e del loro prodotti (materiali estranei,
NON SELF). Questi anticorpi rimangono a documentare l’avvenuto contatto tra il microrganismo
patogeno e l’ospite. Solo quando l’infezione interessa un gran numero di cellule o determinati
organi vitali si ha la comparsa di sintomi e i parlerà quindi di malattia. Il periodo che intercorre tra
arrivo del patogeno e il manifestarsi dei sintomi si chiama periodo di incubazione, che varia a
seconda della patogenicità del batterio e dalla resistenza dell’organismo.
In epidemiologia si parla di fonte di infezione e serbatoio di infezione: il primo indica l’elemento
di contagio primario che infetta altri soggetti inizialmente sani; il secondo, invece, indica da dove la
fonte è stata contagiata e cioè ci dice qual è l’agente infettante che è presente in un animale,
pianta o uomo e che ha causato l’infezione.
N.B: la fonte di infezione può coincidere con il serbatoio o essere rappresentata da un veicolo
come l’acqua o il cibo o nel tetano.
La sorgente è solo umana, alcuni veicoli possono fungere da serbatoi perché conservano i
microrganismi come: sangue, secrete ed escreti .
La fonte di infezione riguarda:

 il soggetto ammalato;
 il portatore asintomatico: precoce, sano, convalescente o cronico;
 il soggetto infetto
 Portatore asintomatico soggetto che si infetta ed elimina i microrganismi senza
contrarre la malattia
 Portatore convalescente soggetto precedentemente malato che continua ad
eliminare i microrganismi anche dopo la guarigione clinica
 Potatore cronico l’eliminazione dei microrganismi dura mesi o anni
 Portatore precoce l’eliminazione dei microrganismi inizia prima dell’esordio
clinico

La conoscenza di questi momenti ci permette di fare dei campionamenti giusti.

L’epidemiologia si occupa delle modalità di insorgenza, di diffusione e frequenza delle malattie. È


l’insieme dei passaggi del microrganismo dalla fonte all’ospite che permette la diffusione della
malattia infettiva: serbatoio/fonte; vie di eliminazione; vie di trasmissione; ospite e infezione.
Definiamo come postilla a quello che abbiamo fatto la scorsa volta, precisiamo meglio fonte e
serbatoio e i passaggi che ci sono tra presenza del patogeno e la trasmissione a un altro
organismo. All’interno della epidemiologia vediamo questo piccolo passaggio cioè da quanto il
patogeno si trova in una determinata sede a quando entra in contatto con un altro organismo
recettivo. Riassumendo: la trasmissione può essere diretta o indiretta; diretta tra soggetto
escretore a soggetto sano ma sensibile; indiretta attraverso dei veicoli che possono essere
inanimati e vettore che possono anche essere biologicamente attivi cioè fare parte del ciclo della
replicazione al loro interno. Quello che si genera è un infezione asintomatica o sintomatica. Le vie
di trasmissione dei micro sono: aerea, oro-fecale, altre vie sono meno frequenti: parenterale (via
traumatica, introduzione con materiali ), le trasmissioni vettoriali che possono essere insetti che
albergano al loro interno il patogeno e di questa famiglia sono ei virus trasportati da artropodi e il
vettore è un serbatoio molto importante; trasmissioni verticali, sessuale.
Prima di parlare della patologia parliamo della fisiologia. Il nostro organismo è normalmente
protetto dalla trasmissione con il patogeno, veniamo a contatto con aree ambientali, animali, altri
umani di qualsiasi tipo, ma normalmente riusciamo a mantenere il nostro stato di salute.
Esaminiamo ora le condizione fisiologiche:
1. Cute è una struttura impenetrabile ai patogeni fino a quando mantiene il suo stato di
integrità anatomica sia macroscopica (no ferite, no morsi, no punture) sia microscopico
(piccole abrasioni, utilizzo di alcune sostanze chimiche che generano una situazione di
maggiore vulnerabilità, cioè lavarci le mani con detergenti molto attivi significa impoverire
la cute e renderla vulnerabile alla penetrazione di piccoli patogeni, miceti, polveri).
Nella secrezione cutanea ci sono sostanze con azione antibatterica: esempio forfora
generata da un miceto e provoca una desquamazione, è molto importante mantenere una
certa integrità per evitare possibili infezioni. Esempio: generazione di mucose cutanee,
lesioni ad anello causate da dermato-miceti che possiamo trovare da tutte le parti e
causano dei sintomi solo quando la nostra cute è particolarmente recettiva. Esempio:
animale che aveva delle mucose ripetute e non risolvibili dato da un’attività di toilettatura
molto frequente.
2. Apparato respiratorioè una via di ingresso delle infezioni aereo trasmesse, è un
diverticolo a contatto con l’ambiente esterno, cioè respira aria atmosferica in cui possono
esserci patogeni, polveri sottili, pulviscolo. Con particelle più grandi c’è una prima barriera,
di tipo meccanica, che è la tosse che cerca di espellerle. Ci sono poi patogeni o polveri più
sottili che vanno a toccare e arrivano alle parti più profonde che non riescono ad essere
bloccate. Normalmente gli alveoli e bronchioli sono sterili e quindi tutte le barriere messe in
atto prima sono funzionali e depongono a favore di una buona clearance respiratoria. Quali
sono questi momenti?
a) Apparato mucociliare costituito da un apparato ciliato cilindrico. Ha delle ciglia
ben sviluppate rivestite da muco molto fluido alla base e una parte più vischiosa che
ingloba particelle e microrganismi e in condizioni ottimali (temperatura e umidità)
hanno movimento dall’interno all’esterno favorendo così l’eliminazione dei
patogeni. Il muco è prodotto da cellule caliciformi che sono alternate alle cellule
dell’epitelio ciliato. Questa prima barriera è molto importante e ci salva dal quasi
100 % delle malattie. È in funzione quando la temperatura non è inferiore ai 10
gradi e l’umidità è giusta e non secca.
b) Bisogna che si attivi perché quando ci avviciniamo agli apparati più profondi essi
non hanno più nulla e sono molto sottili per permettere lo scambio gassoso e
l’unica cosa che funziona nelle vie aeree profonde sono i macrofagi alveolari. Quello
che viene generato è in funzione con la grandezza dei patogeni, il diametro delle
particelle in ingressi o in caso di microrganismo il diametro della micella. Se la
micella è grande cadrà in terreno molto rapidamente e entra, mente quelli più fini
vanno direttamente agli alveoli e sono più pericolosi.
3. Apparato digerente infezione oro-fecale provocate da contagi su acqua, superfici sporche
ecc.. e favoriscono l’ingresso dei patogeni. Essi hanno un habitat favorevole nell’apparato
digerente ed è importante interrompere questo circuito. Due sono i fattori che favoriscono
l’integrità della difesa aspecifica: abbondante microbismo stanziale: microbiota che abbia
una azione di impedire la colonizzazione dei patogeni in ingresso; peristasi: movimento che
abbiamo sempre e ha un movimento dall’interno all’esterno, cioè che porta fuori. Dalla
bocca abbiamo un Ph acido a livello dello stomaco che dovrebbe già sterilizzare il bolo e il
movimento che porta avanti il bolo, ma in genere non ne consente mai il movimento
contrario. È molto potente perché quando ci sono dei processi infettivi la peristasi aiuta ad
espellere il patogeno o carica batterica molto consistente; è un metodo da considerarsi
benefico, ma da tenere sotto controllo in particolar modo se si perdono molti liquidi e molti
elettroliti che possono anche provocare morte dell’ospite. Qualsiasi condizione che rallenta
la peristasi provoca l’adesione e adesione dei microrganismi a cui segue l’infezione. La
peristasi va mantenuta attiva!
Una barriera mucosale che teniamo poco in considerazione, ma che consente l’ingresso di molti
patogeni è la via congiuntiva. È mantenuta in uno stato di clearance i tipo infettivo dal continuo
film lacrimale e dal movimento delle palpebre e consente di avere sempre una buona visione,
ma anche di espellere tutte le polveri, pulviscolo che si depositano in quella zona in termini di
qualche secondo. Questo meccanismo viene alterato quando si è in un ambiente molto secco o
quando si va incontro a determinati allergeni ambientali.
Altra barriera è quella dell’orofaringe. Essa va tenuta in considerazione sia come via di transito
dell’apparato respiratorio, sia per quello digerente e diciamo che questa barriera funge da
crocevia tra i due apparati. Teniamo presente che in esso convergono i dotti lacrimali e quindi
secrezioni oculari, le secrezioni bronchiali e nasali. La protezione è fornita dalla saliva e dalle
strutture linfoide del retrobocca. Deve essere una struttura molto robusta per contrastare le
infezioni. La saliva agisce sia in senso meccanico sia in senso antimicrobico(=lisozima).
Ora parliamo di trasmissione:
Ricapitolando, abbiamo detto che la diffusione avviene o per contatto diretto, indiretto o
intervento di vettori:

 Trasmissione direttaè necessario un contatto quasi fisico o a breve distanza tra un


individuo che emette il patogeno (=infetto o malato) e un soggetto sensibile. Sicuramente
questa tipologia è tipica di malattie a trasmissione direttissima quali: veneree(contatto
sessuale) o rabbia (richiede il morso da parte dell’animale infetto). Con la trasmissione
diretta consideriamo quelle che hanno un contatto di questo tipo. A sua volta si divide in:
respiratoria (un soggetto che tossisce, starnutisce di fronte a un soggetto) oppure
transplacentare o perinatale (contatto diretto)
 Trasmissione indirettasecreti o escreti provenienti da soggetti malati e vengono a
contatto con individui sensibili attraverso vie aeree. Essere provengono da oggetti
contaminati, ma anche acqua o cibi contaminati e si realizzano dopo un contatto che il
soggetto porta nel proprio organismo. Essa può essere assimilata quando avviene a breve
distanza anche a una via diretta. È tipica di quei microrganismi che vivono a lungo
nell’ambiente: batteri, ma anche virus che possono vivere a lungo. Essa comprende tutte
quelle trasmissioni dovute a: feci, dita, cibo, insetti o materiali inerti che sono contaminati.
Questo insieme viene chiamato regola delle cinque ‘f’ ed implica che il patogeno sia
sopravvissuto per un certo periodo al di fuori dell’ospite.
 Trasmissione dei vettori: il vettore può essere attivo o passivo. Il vettore è attivo, se il
patogeno vive all’interno dell’insetto ed è necessaria la permanenza all’interno del vettore;
vettore passivo è quando il patogeno si trova al di fuori del vettore, ma comunque
attaccato (esempio: il patogeno si può trovare sulle zampe della mosca). Ecco perché al
mercato si deve coprire il cibo.
La trasmissione può anche essere:
o Verticale da una generazione all’altra (madre-figlio) implica il passaggio di
microrganismi da una generazione all’altra. Riguarda una via trans ovarica, cioè l’ovulo
viene infettato oppure al momento della gestazione, al momento del parto e anche
colostrale.
o Orizzontale: ricadono come dirette indirette vettoriali. Gli organismi sono tutti pari, cioè
già nati e si trasmettono da uno all’altro il patogeno e non c’è il contatto da una
generazione all’altra.
Zoonosi la malattia è comune ad animale e uomo. La trasmissione funziona in due sensi:
uomo-animale o animale-uomo, per cui si parla di antropozonosi se la trasmissione avviene da
uomo ad animale o di zooantoponosi se la trasmissione avviene da animale uomo e poi torna
all’animale. Es:tubercolosi bovina (animale-uomo). Tubercolosi tipica dell’uomo viene
trasmessa in via univoca dall’uomo all’animale e porta i segni della trasmissione.
Ora spieghiamo in modo più dettagliato ogni singola modalità di trasmissione:
- Malattie trasmesse per vie aeree: malattie aero diffuse dovute all’inalazione dei
patogeni trasmesse per goccioline di droplet o aerosol in aria che inglobano il patogeno
e lo trasportano a una certa distanza e riesce ad arrivare a un altro soggetto sensibile.
Esempio: influenza, tubercolosi. La via aerea è una via semi-diretta. Esempio: si
visualizza un colpo di tosse con il negativo e ci fa capire che quado ognuno di noi parla, o
tossisce emette aerosol che possono contenere patogeni. La potenza dello starnuto o
del colpo di tosse impegna una certa distanza dello spazio aereo, al di la del quale la
probabilità di venire a contatto con il patogeno è bassa. Ma quando siamo in condizione
di sovraffollamento, bus o bar, la probabilità di venire a contatto con il patogeno è
massima. Adesso chiariamo la struttura e funzione delle goccioline: esse agiscono come
supporto del microrganismo e possono essere anche solide. Quelle secretorie di saliva o
muco possono essere grossolane e sono le meno pericolose, mentre più piccole sono le
più pericolose perché rimangono un po’ più a lungo nell’ambiente. In ambiente asciutto
provoca un’evaporazione delle goccioline, un ambiente ventilato sposta velocemente le
goccioline. Le particelle solide sono costituite da polveri di origine animali e derivate
dall’essicamento delle secrezioni stesse e vengono respirate e vengono a contatto con
l’apparato respiratorio superiore dove l’apparato mucociliare deve attivarsi; se le polveri
sono piccole e arrivano agli alveoli devono attivarsi altre tipologie di barriere. Un altro
metodo per inattivare il microrganismo è anche grazie all’azione dei raggi UV.
- Malattie trasmesse per via oro-fecale: dovuta all’ingestione di alimenti o bevande
contaminati. Possono essere contaminati all’origine(assumiamo dopo che sono stati
contaminati). Sono malattie che si trasmettono per via orale, ma l’agente infettante si
localizza nell’intestino. Perché intestino e non apparato digerente? Perché nel digerente
c’è una condizione molto particolare che ostacola la colonizzazione: ph acida e tempo
svuotamento gastrico rapido. Questo filtro quando funziona, non permette l’ingresso di
nulla, ma quando il filtro gastrico non funziona vuol dire che l ph è più acido del
previsto. Se il patogeno passa il filtro gastrico e arriva a livello dell’intestino tenue e se
colonizza si sviluppano le enteriti (tipiche di questo tratto quando il patogeno passa e
trova il microbiota non proprio funzionante e riesce ad aderire, replicare e causa
un’infezione). Il danno che provoca è in genere locale (alcuni hanno maggiore invasività)
che in genere provoca uno squilibrio elettrolitico provocando materiale liquidi
nell’intestino e quindi l’interite diarroica e materiali fecali diversi. Il patogeno che replica
a questo livello replica a livello massivo e verrà trasmesso con le feci che va in ambiente
eterno e se va a contatto con cibi, bevande ecc.. poi si perpetua il circuito oro-fecale.
Esempio: colera, tifo. Ricordiamo ce queste sono collegate alle condizioni igienico-
sanitarie di quell’ambiente: acqua deve essere potabile, fertilizzanti di origine animali
maturati cosi da abbassare la carica microbica.
- Malattie trasmesse per via sessuale: è una trasmissione diretta di agenti infettanti che
sono secreti dal soggetto infetto e trasportati verso il soggetto sano attraverso il
contatto sessuale. Solitamente i secreti prodotti dal soggetto infetto non sono in grado
di sopravvivere a lungo in ambiente esterno all’organismo.
- Malattia trasmessa in via verticale: trasmissione che avviene tra mare-figlio
- Malattie trasmesse attraverso vettori: sono tutte quelle malattie che vengono trasmette
per mezzo di un vettore biologico o inanimato. Esempio: tetano (inoculazione diretta nei
tessuti dovuta a penetrazioni traumatiche), rabbia (morso di animale infetto, contatto
diretto) oppure malattia di Lyme o malaria (puntura di insetto che precedentemente
aveva punto un soggetto infetto. Alcune malattie vengono trasmesse all’uomo o agli
animali sono dovute alla puntura di mosche, pulci, pidocchi, zanzare e le zecche. Il
vettore si divide in vettore biologico, quando devo compiere parte del suo ciclo vitale
all’interno dell’ospite; oppure vettore meccanico, quando il microrganismo può essere
trasmesso direttamente.
Ora parliamo dei luoghi in cui il patogeno rimane una volta che entra nell’organismo, cosi in sede
diagnostica abbiamo la possibilità di massimizzare questo momento. Il patogeno deve colonizzare
e quindi deve avere un momento di replicazione nei tessuti. Se non vi è questo, non ci sarà
nessuna infezione. Dopo di ché avviene la diffusione, quindi o rimarrà in sede primaria oppure si
diffonderà in altri organi o tessuti. Il patogeno, infine, lo vedremo e lo troveremo nei secreti ed
escrezioni. Esempio: patogeno che rimane in un distretto superficiale, no danni, no penetrazione
nei tessuti, la risposta immunitaria potrà esserci, ma siccome la evoluzione della malattia sarà
asintomatica, la guarigione sia clinica sia microbiologica precede la reazione immunitaria. Una
reazione immunitaria che avviene dopo, non incide sul decorso della malattia e si troveremo
anticorpi che o serviranno in un secondo momento in caso di re-infezione o ne segnano solo il
passaggio del microrganismo nell’ospite. Le difese locali sono fondamentali e sappiamo che il
nostro organismo è ricoperto da muco e può contare sulla presenza dell’interferone. Se il
patogeno entra e generalizzare causando una infezione sistemica, accade quando raggiunge al
circolo sanguineo e viene diffuso in altri organi. Qua la prima difesa sono i leucociti, dai quali
eventualmente possono anche permettergli di spostarsi; infatti il patogeno all’interno del circolo
sanguineo può essere libero oppure essere presente all’interno del leucocita. A livello diagnostico
questo significa che, quando abbiamo un momento febbrile è correlato alla presenza dei
microrganismi che potranno essere cercati e isolati. Se il patogeno non è libero, ma all’interno dei
leucociti implica una certa fase complessa perché sono più difficili da reperirli: una buona tecnica è
quella di causare la lisi cellulare, cosi da identificarlo e isolarlo.
Dal punto di vista dell’evoluzione della malattia, il microrganismo libero è più esposto agli anticorpi
e fattori dell’infiammazione; mentre il microrganismo che si fa intracellulare ma sarà esposto alla
reazione dell’ospite solo nel momento in cui diventerà libero (in seguito alla lisi).
La reazione immunitaria non è contemporanea all’infezione, ma è distanziata da un ceto periodo
di tempo e misurabile in giorni. Si può contare su una diagnosi di tipo sierologica non nelle fasi di
tipo acute della malattia. La produzione di anticorpi non è nella fase di tipo difensiva e nemmeno
efficace data da questa distanza.
Come si sviluppano o sono presenti difesi aspecifiche nei distretti:
 Liquidi organici tutti i fluidi a partire dalla saliva, liquido lacrimali, possono essere
presente immunoglobuline della classe G; oppure dell’intestino delle IgAs; il sistema del
complemento (come fine ha la lisi della cellula) e altre sostanze con azioni antimicrobiche
come: enzimi lisosomiali e lattoferrina.
 Il patogeno abbiamo detto che dall’esterno cerca di entrare se non viene fermato prima,
attraverso quale via? Quella linfatica, quindi va incontro ai capillari linfatici e incontra il
primo linfonodo tributario di quella regione specifica (esempio: se ci facciamo male alla
mano, il primo linfonodo che troviamo è quello a livello dell’ascella). In questa sede il
patogeno trova cellule ad attività fagocitaria, come macrofagi (presenti nei tessuti con gli
istiociti oppure monociti derivati dal sangue), polimorfonucleati (attivi nel caso di infezioni
batteriche e i trovano nel circolo sanguineo)
 Reazione infiammatoria non è un fatto negativo, ma è una serie di difese che vengono
messe in atto per contrastare la diffusione del patogeno. I 5 punti tipicamente della risosta
sono: arrossamento, alterazione delle funzioni, dolore, calore, tumore. Essi ci fanno capire
tutta questa associazione di sintomi come malattia. Corriamo il rischio di confondere
l’infezione come malattia stessa e la risposta immunitaria a volte è talmente repentina che
a volte va fermata. Essa però svolge una funzione protettiva ed è volta a richiamare le
difese specifiche e aspecifiche.
Al momento della fagocitosi il patogeno si adsorbe sulla membrana del fagocita che si invagina
e si trasforma in un fagosoma e si interiora nl citoplasma. Nel citoplasma i vacuoli contenenti il
fagosoma vengono raggiunti dai granuli lisosomiali e si fonderanno con la membrana e
libereranno gli enzimi che distruggono il patogeno e in seguito di digerirlo. I macrofagi sono in
grado di legare porzioni delle immunoglobuline e porzioni del complemento. Svolgono una
azione specifica, ma anche aspecifica attivati dalle immunoglobuline.
Il patogeno, dopo una prima localizzazione primaria lo troviamo, seguendo il sistema linfatico,
il nodo tributario e portato in tutto il corpo. C’è un aumento nel flusso dopo la reazione
infiammatoria che contribuisce a: edema e tumor e ha svolge un meccanismo difensivo. Dopo
di chè, una volta percorsa la strada del sistema linfatico, se il patogeno non viene fermato
viene necessariamente scaricato nel sangue e ci può essere una fase primaria dove abbiamo
una bassa carica di patogeni, ma che se non viene controllata sfocerà in una seconda fase, che
prevede la liberazione di altre quote da patogeni nel torrente circolatorio e si generano siti di
replicazioni in organi distanti.
Questo succede anche nel reticolo endoteliale: cellule che possono avere una funzione
difensiva, ma con una biopsia possono dare informazioni su patogeni che prima erano liberi nel
plasma, ma che sono stati successivamente fagocitati.
Diagnosi sierologica di infezione
È quella che viene effettuata per via indiretta attraverso il rilevamento degli anticorpi che
vengono prodotti dopo e in risposta a un’infezione. Essa è una diagnosi indiretta, perché rileva
le tracce del passaggio del patogeno nell’organismo. Anticorpi vengono prodotti non verso ciò
che è self, ma verso il non self e qualsiasi organismo che riesce a dare una risposta è antigeno.
Gli antigeni sono molecole che devono avere un certo ingombro, sono macromolecole perché
devono avere una certa massa per essere riconosciuti dall’organismo. Sono di natura proteica
o glicoproteica. Un antigene ha due funzioni principali:
 Immunogenicità risposta immunitaria specifica. È in grado di stimolare la produzione
di anticorpi
 Antigenicità capacità di legarsi in maniera specifica con i prodotti finale della risposta
immunitaria, cioè si lega agli anticorpi o recettori di membrana.
Esempio: se allestiamo una prova immunologa, esempio elisa, dovrà essere fatto tenendo
presente chi sono gli antigeni principali del patogeno: immunologi, cioè chi è in grado di stimolare
la produzione di anticorpi che noi volgiamo rilevare, o che se stimolata la reazione siano anche
protettivi e che siano in grado di legarsi in maniera specifica.
Esempio2: se noi allestiamo una prova sierologica, con elisa o altro, dobbiamo avere un antigene
che riesce a legare tutti gli anticorpi che sono stati prodotti durante la malattia. Dobbiamo mettere
un antigene identico a quello che ha provocato la risposta immunitaria specifica e non un altro.
Per il covid, la proteina antigenica è la Spike: il test va allestita con o tutta o una parte della
proteina che produce la risposta immunitaria cosi che attraverso i nostri anticorpi riusciamo a
rilevare quelli prodotti durante l’infezione.
Un altro rischio alla scelta dell’antigene riguarda la mutazione dell’antigene del patogeno in
questione. Molti patogeni sono caratterizzati da mutazioni e quindi antigeni diversi: sistemi
diagnostici costituiti da antigeni comuni a due patogeni per trovare quello giusto. Il patogeno,
infatti, sulla sua superficie ha diversi antigeni e noi dobbiamo introdurre quello giusto.
Per fare una buona diagnosi di malattia è necessario il momento giusto. Dinamica di produzione
anticorpi: gli anticorpi sono prodotti da linfociti b, che vivono qualche giorno e se non vi è una
esposizione all’antigene decadono e non si ha più una produzione massiva di anticorpi. Alcuni
linfociti saranno cellule memoria e riconosceranno l’antigeno in modo veloce e siccome abbiamo
già una memoria questi linfociti replicheranno molto velocemente producendo molti anticorpi.
Questa dinamica la si sfrutta quando si fa il vaccino. L’organismo è in grado di fornire risposte
immunitarie anche con diversi patogeni in circolo: possiamo avere un contatto secondario con
antigene A e al tempo stesso viene a contatto con un altro antigene B. significa che a livello
diagnostico rileviamo quantità diverse di anticorpi, non solo in maniera qualitativa, ma anche
quantitativa. Sono importanti entrambi i fattori, anzi quella quantitativa è più rappresentativa
dell’anticorpo stesso.
In base alla patogenesi della malattia, qual è la patogenicità? Es: brucellosi: malattia trasmessa con
il latte e si manifesta con della febbre e ingrossamenti di linfonodi e caratterizzata da immunità
cellula-mediata, per cui non difensiva.
Anticorpi: le diverse classi non hanno lo stesso significato diagnostico. Le tre principali sono: IgG
(sieriche. Negli animali vengono fornite dove non c’è possibilità di passare dalla placenta, con il
latte, nell’uomo invece passa attraverso la placenta. Sono le prime ad essere prodotte; prodotte
rapidamente. Hanno 10 siti recettoriali. Non si considerano come risposta immunitaria duratura ed
efficace); IgA (difesa di cui siamo provisti a livello di muco, latte.. sono quelle che ci proteggono
dalle malattie respiratorie e intestinali. Sono a fianco di tutte le altre difese specifiche e sono in
grado di legare in maniera specifica i patogeni che si legano ai siti recettoriali. Sono maneggevole
ed efficaci); IgM (risposta rapida e a seconda di quando facciamo l’esame può essere scomparsa. È
attendibile solo nelle fasi precoci.)
L’immunoglobulina che cerchiamo ha una capacità di legare l’antigene in modo specifica, per cui
dobbiamo cercare l’antigene ben specifico e adatto a quel particolare immunoglobulina cosi da
forare un complesso molto stabile. Quando cerchiamo di rilevare anticorpi, l’antigene deve essere
assolutamente specifico per l’anticorpo che pensiamo di trovare, se l’antigene ha bassa specificità
abbassiamo la possibilità di trovare quegli anticorpi.
L’immunocomplesso è il legame tra antigene e anticorpo e hai fini della malattia più essere quel
momento di legame neutralizzante il patogeno, che protegge dalla malattia; ai fini della
diagnostica potrebbe essere il momento in cui ci fornisce il legame fisso. Lo scopo della diagnostica
in questo caso è quello di rilevare l’immunocomplesso!
Quello che vogliamo vedere la reazione antigene-anticorpo e si cerca di mantenerla stabile: si dota
l’antigene di maggior specificità. Il sito di legame è la regione della molecola anticorpale che si lega
al determinanti antigenico. Si possono usare marcatori che sono delle sostanze diverse che
vengono introdotte nel sistema diagnostico e consentono la visualizzazione
dell’immunocomplesso, anche ad occhio nudo.
Nell’intendo di rilevare anticorpi sia in maniera qualitativa (l’anticorpo c’è o no) o quantitativa. La
metodica diagnostica, che portano agli immunodosaggi che possono essere metodi con marcatura
o senza marcatura:
 Metodi con marcatura radioisotopi, marcatori enzimatici, fluorimetrici,
sostanze luminescenti
 Metodi senza marcatura precipitazione se avviene in matrice solida,
solitamente l’antigeno è solubile
Agglutinazione se avviene in soluzione
acquosa. Per antigeni batterici dove il
corpuscolo è batterica. È un metodo molto
rapido!

A sua volta si divide in: diretta o indiretta


Le caratteristiche di un buon sistema diagnostico sono 3:
1- Identificare in maniera sensibile il patogeno. Comprende sia una diagnostica diretta o
indiretta, cioè la sensibilità di un metodo diagnostico è la capacità di rilevare quantità
molto piccole del patogeno/anticorpo/enzimi/tossine che ci riconducono alla presenza
del patogeno. La sensibilità è la capacità di indentificare i soggetti malati
2- Il test deve fornire un risultato positivo solo in presenza del patogeno target, quindi non
deve dare dei falsi positivi. I risultati falsi positivi, sono prudenti, ma richiedono la
ripetizione del campione.
3- Il test deve essere economico, ma efficiente.
L’infezione primaria si caratterizza per la presenza di IgM, se abbiamo il tempo di valutarla dopo 15
giorni ci sarà una sieroconversione dovuta alle IgG, che saranno di emivita molto più duratura. Si
verificherà l’andamento classico di una malattia e quando il tasso anticorpale sarà altro, riuscirà a
neutralizzare il patogeno e una minor carica aggredirà l’organismo. È un’opera specifica
dell’organismo e non è basata su barriere naturali, fagociti aspecifici presenti nei tessuti, ma è
altamente specifica. Dal punto di vista del dato sierologico, ogni singolo dato è poco attendibile,
perché un titolo medio 1:31 può essere molto significativo se 15 gg fa era minore di 2, per cui non
sappiamo se attribuire a quel patogeno lo stato di malattia o infezione.
Nella re-infezione, l’organismo mette in atto cloni di linfociti b già predisposti nella memoria
dell’organismo che produrranno molti anticorpi della classe IgG e provoca un aumento di 4 volte
del titolo di IgG è molto significativo per la nostra diagnosi. A senso se pensiamo a tutta la
popolazione perché se un patogeno sta contagiando molti soggetti e riesc a fare la diagnosi, posso
prevenire la malattia negli altri soggetti.
Classi anticorpali IgM e IgG: nella sieroconversione l’aumento delle M non viene vista perché deve
essere presente all’inizio, ma che dopo non rimarranno nel nostro organismo, al contrario gli G che
rimarranno anche per tutta una vita. Una minima interpretazione del dato sierologico? Il mio
obbiettivo è quello di valutare se una infezione è in atto e la posso valutare sulla base di un
prelievo sierologico in cui il mio titolo convalescente deve essere maggiore o uguale di 4 volte il
titolo acuto. Esempio: titolo acuto è 2, deve aumentare di 4, 8, 16 e 32 per essere giudicato
diagnostico.
Come faccio a individuare una infezione pregressa? Esempio: vogliamo sapere se abbiamo fatto il
morbillo da piccoli, è opportuno avere i dati sierologici in momenti diversi in momenti distanzi e
confrontare i titoli anticorpali, ma se abbiamo qualitativamente la presenza di anticorpi verso un
patogeno di cui non sappiamo se siamo venuti a contatto oppure no, si può fare una sierologia.
Questo titolo non deve essere basso perché ci possono essere antigeni molti simili tra di loro per
cui ci si può sbagliare. Tornando alla domanda primaria, sappiamo che molti anticorpi rimangono
per tutta la vita, per cui se li troviamo vuol dire che l’abbiamo già passato ed è inutile vaccinarsi
successivamente. Lo strumento della informazione sierologica a posteriore serve a capire se un
soggetto è già difeso ed eventualmente prendere delle decisioni in merito ad eventuali
vaccinazioni.
Valutazione sierologica di stalla
La malattia solitamente è espressa in alto: ibr, brsv.. Ora vediamo una scheda di stalla relativa a
malattie respiratorie nel bovino.
Al di sopra del patogeno viene indicata la metodologia utilizzata: immunofluorescenza(diluizione
in base 5), elisa(costruiti da non fornire titolazione, ma sulla base di densità ottica non inferiore al
controllo positivo inserito nella metodica, daranno come chiave di lettura un valore di densità
ottica valutato nella gamma del negativo se è uguale al controllo negativo inserito nel kit, dubbio
se è intermedio al valore negativo e al valore positivo e pari o superiore al valore di densità ottica.
Darà un risultato sul referto con dei segni +) e siero neutralizzazione (diluizione in base 2 del siero).
Ora studiamo le prime due prove che sono state effettuate per la ibr e bvb. Queste due sono
molto diffuse nel bovino e per l’ibr in alcune regioni si fanno operazioni di eradicazione, cioè di
tollerare solo animali negativi in tutto il territorio di Trento e Bolzano. Nell’anamnesi vediamo che
ibr i titoli sono minori di 2 o pari a 2. Ecco, come si possono definire questi dati? I sieri sono
numerati e quindi abbiamo un registro a cui corrisponde la nostra provetta e quindi dell’animale.
Per il siero neutralizzazione, se induca la diluizione in base 2, quando vedo il titolo che è minore di
2 significa che non sono stati visualizzati anticorpi alla prima diluizione. Con un titolo uguale a 2
vuol dire che abbiamo trovato anticorpi alla prima diluizione. Non posso dichiarare che il siero è
negativo, perché abbiamo fatto solo una diluizione. Il titolo lo esprimo, in questo caso, come
minore di 2.
Facciamo un altro esempio per capire meglio: arriva un uomo, gli prendiamo il sangue, come
facciamo ad ottenere il siero? Cos’è il siero? È il plasma defibrinante, per cui, prendiamo una
provetta di sangue, una provetta senza anticoagulante, lo lasciamo al caldo, si attivano i fattori
della coagulazione e sul fondo troveremo il sangue e al di sopra il siero. Noi partiamo dal siero e
poi con una pipetta mettiamo 50 microliti nel primo pozzetto e negli altri pozzetti 50 microliti di
diluente. Ai fini del titolo, mettiamo 50 microliti di diluente nei pozzetti, facciamo 8 diluizioni e il
siero verrà diluito insieme al diluente: una goccia di siero con 50 microliti di diluente1:2.
Facciamo 8 diluizioni: 50 microliti dal primo pozzetto e 50 microliti di diluente e andiamo avanti
fino a 256. I pozzetti verranno letti tutti cominciando all’inizio perché se non sono presenti
anticorpi a diluizione 2 vuol dire che non saranno contenuti nemmeno a 256.
La seconda prova riguarda la bvd: vengono fatte 6 diluizioni. Gli animali, in questo caso sono
protetti dalla malattia? L’ultimo crea delle perplessità in quanto ha un titolo di 4, cioè di due
diluizioni. Questo soggetto ha pochi anticorpi rispetto agli altri, che hanno un titolo molto più
altro. Su 5 soggetti, sono tutti maggiori di 64, tranne uno che è 4. Cosa significa? Il virus non ha
circolato nello stesso modo nei soggetti, per cui un titolo più basso può essere interpretato come:
è venuto a contatto a poco con il virus, o a contatto con una carica batterica molto inferiore, o è un
soggetto che reagisce poco e male dal punto di vista immunitario a questa malattia. Da questo
risultato riusciamo a fare solo delle ipotesi, ma non una diagnosi certa.
Esempio: elisa fatta su microplasmabovis. Animali che hanno 3 +, sono protetti da questa
infezione? Sicuramente il batterio ha circolato, ha suscitato un’immunità che è numericamente
elevato. Gli animali che sono stati sottoposti a questo test, hanno avuto una malattia respiratoria
recente e per vedere che cosa hanno passato, hanno dovuto fare dei test. Un soggetto che ha titoli
anticorpali bassissimi tranne che per il micoplasma, un altro ha titoli abbastanza alti e vuol dire che
è un soggetto che reagisce bene ai vaccini.
Altra prova: stalla 600 bovini, 300 in lattazione e si sono manifestati dei sintomi respiratori nei
vitelli. Dove troviamo la croce vuol dire che non è stato effettuato il test. Quindi un gruppo fino al
soggetto numero 9 erano adulti e dal 10 in poi erano vitelli. Guardando il dato della bvd capiamo
che c’è stata una vaccinazione perché il titolo è molto elevato. In questo gruppo, però, non circola
la ibr perché la titolazione è sempre minore di 2 per cui è molto bassa. Visto che la malattia non è
data ne da ibr, ne da bvd, sono state fatte altre analisi, tra cui brsv che si è scoperto essere il
colpevole!
Metodiche di diagnosi sierologica
Le prove principali che vengono fatte sulla base dei parametri, quali: facile, effettuabili da tutti i
laboratori senza strumenti particolari e che siano economici, sono: agglutinazione, fissazione del
complemento, inibizione, immunofluorescenza, sieroneutralizzazione ed ELISA.
La lettura del dato sierologico varia a seconda del patogeno e venivano individuati 3 casi e per
alcune patologie, tipo rosolia il sintomo clinico coincide con lo sviluppo di anticorpi; in altri casi il
patogeno causa dei sintomi prima della comparsa di anticorpi; altri, invece, si sviluppano sintomi
mesi e anni dopo la sieroconversione, come HIV. Questa è una terna di casi, dove inserire i nostri
patogeni. La maggior parte dei patogeni si comporta come il secondo caso!
Gli svantaggi basati sulla diagnosi del dato sierologico, esempio: se ci basiamo sul caso 2 dobbiamo
dare il tempo all’organismo di sviluppare gli anticorpi e poi prelevarli e studiarli. Alcune infezioni di
tipo lievi possono non produrre alcuna risposta immunitaria rilevabile. Altro problema è la cross-
reattività antigenica tra patogeni e portare falsi positivi. Ultimo caso è che il soggetto possono
avere una risposta umorale ridotta o assente.
Sieroneutralizzazione
Come in tutte le prove sierologiche, avremo dei componenti noti e non noti. In questa prova
cerchiamo gli anticorpi e mettiamo un virus noto e titolato da noi. La componente ignota vanno
ricercati nel siero di sangue, inoltre, dobbiamo mettere una linea cellulare permissiva al nostro
virus.
Come si procede? Nella fase 1 si operano le diluizioni seriali in base 2. Questi sieri vengono messi a
contatto con quantità di virus ed esso sarà titolato con dosi ben stabiliti ed è condizioni essenziale
che il virus sia capace di provocare danno visibile alla cellula. l’interpretazione della prova verrà
condotta sulla capacità del siero e sarà opera degli anticorpi di evitare danno cellulare: se gli
anticorpi il patogeno entra e provoca danno, altrimenti no. Se il siero è negativo gli anticorpi non si
legheranno agli antigeni, se il siero è positivo gli anticorpi si legheranno e isoleranno gli antigeni.
Per consentire la formazione dell’immunocomplesso bisogna aspettare un po' di tempo di contatto
a 37°C , per cui in questa prima fase verranno messi solo due componenti: siero e virus. Le cellule
verranno introdotte più tardi, dopo che si formerà l’immunocomplesso.
Nella fase 2 vengono messe le cellule permissive, inserite in una concentrazione ben precisa, non
scarsa perché il tempo prima della lettura devono raggiungere il monostrato e devono dare il
tempo al virus, se libero, di provocare danno cellulare e cioè lisi cellulare. Al contrario, se il virus è
circondato da anticorpi è loro vietato il contatto e l’entrata nella cellula. Questa indagine è di tipo
indaginosa, perché sono necessarie diluizioni seriali, necessarie componenti biologiche che devono
essere titolate in maniera armonica (concentrazioni giuste). A questo punto lasciamo passare 2-3
giorni in modo tale da permettere alle cellule di raggiungere il fondo e creare un monostrato e
risentire dell’azione dannosa del virus
Nella fase 3 viene lasciato questo tempo, se il virus è libero entrerà nelle cellule provocando la lisi
delle cellule stesse e la loro disgregazione. Quando sono presente anticorpi specifici, l’ingresso del
virus nelle cellule viene inibito, per cui il monostrato delle cellule non viene intaccato e non viene
provocata nessuna lisi. Non ci resta quindi che abbinare il fattore diluizione alla lettura qualitativa.
Per rendere più palese la prova, possiamo colorare le cellule con una soluzione di Giemsa, che
colora solo le cellule presenti. Il monostrato risulterà colorato , mentre se il monostrato non c’è
risulterà poco colorato per effetto del distacco delle cellule. Se mettiamo insieme il tutto ci risulta
una tabella, dove viene rappresentata una piastra a 96 pozzetti posta in orizzontale: le righe
rappresentano i sieri, mentre le colonne le diluizioni. Sono diluizioni in base 2 e alla fine della
piastra teniamo due colonne di controllo dedicate alla condizioni di minima lettura: crescita cellule
senza virus e senza siero; e una colonna di controllo dell’attività virale. Il siero 1 viene diluito in
base 2 e il colore del pozzetto rappresenta l’integrità o meno del monostrato. Qual è il titolo di
questi sieri? Il siero 1 manifesta un monostrato integra da una diluizione 1:2 fino a quella 128. Il
titolo di una prova è rappresentato dall’ultima diluizione in cui si verifica ancora l’effetto
desiderato, per cui il titolo sarà 1:128.

Cosa è necessario fare per arrivare in fondo a una diagnosi di tipo sierologico? Bisogna fare un
campione, campione che solitamente è sangue. Esso deve essere senza anti-coagulante, perché
vogliamo che il sangue coaguli e che il sangue si separino le cellule. Sul momento del prelievo, vi
sono due momenti ideali: fase acuta e fase convalescente. Il campione poi deve essere conservato
molto bene e in modo specifico. Esempio: 5 provette di colore diverso, cosa sono? Sono tutti sieri,
ma quelli più rossi sono quelli emolitici, cioè il siero è stato conservato male e i globuli rossi si sono
rossi rilasciando emoglobina, colorando il siero di rosso. Quello meglio conservato è quello più
chiaro. Se mettiamo un serio ottenuto bene, senza emolisi, non interferiamo con il metabolismo
cellulare; se utilizziamo un siero emolitico, ci sono fattori che possono influenzare il metabolismo
cellulare rendendo impossibile la lettura. Quindi, già il momento del prelievo è molto importante!
La cosa da non fare è quella di mantenere la provetta di sangue nel congelatore, per le cellule si
romperanno non appena torneranno a temperatura ambiente.
Dopi di che, la provetta lasciata a temperatura ambiente, viene messa in centrifuga per 5 min a
bassa velocità cosi da separare il siero con le eventuali cellule rimaste e il siero deve risultare bello
limpido!
Metodo ELISA
È una tecnica vecchia ed è molto maneggevole e permette l’identificazione di antigene e anticorpi.
Il sistema rilevatore è costituito da un substrato cromogeno che viene portato nella gamma nel
visibile da un enzima che è la fosfatasi alcalina. Questo enzima è legato all’anticorpo secondario,
chiamato coniugato. Se iniziamo dall’inizio, questa prova prevede che viene portata avanti una
reazione in cui l’intensità del prodotto colorato è direttamente proporzionale alla quantità di
anticorpi presenti. Nel momento attuale, la densità ottica viene misurata e si stabilisce un test
oggettivo e ha un fattore di lettura specifico effettuata attraverso lo spettrofotometro. Il vantaggio
è che è visibile anche al ricercatore, ma ha anche una lettura oggettiva grazie alla misura della
densità ottica.
Elisa indiretta
Cerca anticorpi. Abbiamo assorbiti degli antigeni sul fondo del pozzetto e cercheremo anticorpi
che si legano in modo specifico a questo tipo di antigene. Abbiamo due opzioni: siero negativo e
siero negativo. Ovviamente bisogna aspettare un po' di tempo per favorire la formazione
dell’immunocomplesso; quindi in prima fase si mette solo il siero, poi si lava, poi si aggiunge il
coniugato (un anticorpo che lega la porzione comune degli anticorpi + un enzima). Se non ci sono
gli anticorpi primari vedremo che il coniugato non si legherà. Si lascia passare un’ora e poi si lava,
quello che si vede dopo è quello che rimane. All’aggiunta del substrato cromogeno risentirà
dell’azione dell’enzima e darà un prodotto colorato. La quantità di colore è direttamente
proporzionale alla quantità di anticorpi legati. Il prodotto finale può essere: un pozzetto positivo o
pozzetto negativo. La lettura viene effettuata con lo spettrofotometro, in particolare quando il
colore non è molto chiaro.
Elisa indiretto competitivo
Può essere utilizzata più rapidamente rispetto alla precedente. In questo caso si mettono gli
anticorpi e siero + coniugato e competono per lo stesso antigene. In questo caso il positivo non si
colora. Il coniugato non è diretto verso la porzione fissa dell’anticorpo, ma verso l’antigene; in
questo caso, dopo l’aggiunta del substrato cromogeno, il campione positivo non si colora, mentre
quello negativo risulta colorato.
Elisa sandwich
Noi cerchiamo un antigene e mettiamo sul pozzetto anticorpi noti, si legheranno solo antigeni
specifici per gli anticorpi che abbiamo inerito sul fondo. Adesso tutti i siti saranno occupati, ma
adesso dobbiamo inserire un anticorpo secondario identico a quello che abbiamo messo sul fondo
solo che questo è stato aggiunto il coniugato. All’aggiunta del substrato cromogeno abbiamo una
colorazione che è proporzionale agli anticorpi presenti.
Elisa diretto competitivo
Si ha incubazione contemporanea del campione con il coniugato. Se positivo, vie è una riduzione
della densità ottica. Sul fondo della piastra mettiamo l’anticorpo specifico, aggiungiamo il
campione in esame (es: omogenato tissutale) e mettiamo allo stesso tempo a incubare un
antigene coniugato. Per competizione non ci sarà uno spaziamento totale, ma un po’ di coniugato
si legherà comunque. Aggiungiamo il substrato che darà un colore nel caso negativo, e pochissimo
colore nel caso positivo.
La metodica ELISA è molto flessibile e la può fare qualsiasi laboratorio perché non richiede
particolari strumenti, se non una centrifuga. È una prova che costa poco, va sempre messa in 3
replica e si deve fare la media tra le 3. I tempi si aggirano intorno alle 3-4 ore o a una giornata.
Immunofluorescenza
È una tecnica diretta o indiretta. Possiamo trovare antigeni all’interno di sezioni di tessuto che
dobbiamo marcare con anticorpo legato a un prodotto fluorescente. Possiamo anche fare una
sierologia, cerchiamo anticorpi, ma li metteremo su substrati cellulari e metteremo un anticorpo
secondario legato a marcatore fluorescente. Ci permette di indentificare antigeni e anticorpi e
come chiave di lettura ci serve un microscopio. I fluorocromi che si utilizzano sono : rodamina e
fluorescina.
Immunofluorescenza indiretta
Materiali: vetrini coperti da plastica che delimitano dei pozzetti. All’interno mettiamo culture
cellulare infettate con antigeni virali noti. Noi allestiamo questi vetrini ponendo nei pozzetti 15
microliti di cultura cellulare che esprima gli antigeni virali. Vengono fatte diluizioni. Una volta
allestiti i vetrini, si infettano le cellule e si portano a un certo grado di espressione dell’antigene si
mettono sul vetrino e per farle aderire bene si passano prima in una soluzione di acetone freddo,
si asciugano e vengono congelate. Al momento dell’utilizzo tiriamo fuori il vetrino e ci limitiamo a
mettere a contatto il siero nelle giuste diluizioni. Il siero va tenuto a contatto per un’ora, a 37
grado in camera umida. Si lava tutta e si passano 30 volte in PBS e poi rilavati in acqua distillata.
Poi va aggiungo un anticorpo secondario legato con la sostanza fluorescente. Esso è diretto verso
la porzione comune dell’anticorpo di specie (cane, bovino..). si tiene a contatto questo anticorpo
per un’ora, si lava come prima e sia sciuga e infine si legge il tutto: se sono presenti anticorpi si
vede una certa luce fluorescente a contatto con raggi UV. La fluorescenza è espressa alla superficie
della membrana perché è li che troviamo l’espressione dell’antigene con cui abbiamo infettato le
cellule. Dobbiamo cercare un cerchiolino di fluorescenza verde che circonda le cellule che dentro
sono di colore rosso.
Immunofluorescenza diretta
Si fa direttamente sulle biopsie. Essere verranno trattate, congelate, inclusa in un blocchetto,
messa in un microtomo e poi messa su vetrino. Quando abbiamo questo substrato cellulare,
dobbiamo mettere un anticorpo coniugato. Avremo un tempo di contatto di un’ora, lavaggio e
asciugato verrà letto con microscopio con lampada raggi UV e la fluorescenza ci indicherà un
risultato positivo.
La diagnosi delle infezioni virali si basa anche sulla diagnosi diretta, cioè la coltivazione del virus.
Seppur su larga scala viene fatta sulla base sierologica o su test diretto tramite PCR (identifica il
genoma, ma non mi da la sua coltivazione), a fianco di queste metodiche rapide, è necessario
avere il virus in mano, coltivarlo, vedere le sue caratteristiche e per conoscere bene le sue
caratteristiche e le sue eventuali mutazioni. Avendo in mano l’antigene vivo si completano molte
informazioni. È una metodica molto lunga e prevede laboratori di massimo livello.
Una delle possibilità rapide per visualizzare una diagnostica rapida è quella di vedere la particella
virale con la microscopia ottica, ma sono strumenti molto costosi. La prima cosa che si fa, è quella
di fare un esame culturale. Il protocollo standard passa attraverso momenti diversi: isolamento
virale, ricerca di particelle virali, ricerca di antigeni, ricerca di acidi nucleici.
Il passaggio primo è il prelievo del materiale patologico, costituito dalla matrice biologica che è
assolutamente la più probabile nella quale possiamo trovare il virus in esame. Una volta prelevato
correttamente, dovrà essere posto in un terreno di trasporto idoneo che sarà un terreno di
cultura, cosi che il virus non venga inattivato. È un passaggio fondamentale, altrimenti otterremo
dei falsi positivi, perché dopo circa due ore non ci sarà più nulla del nostro virus. Altri virus
possono essere inattivati dal cotone, per cui il cotone non si usa mai, ma sarà un tampone di
plastica espansa con delle ramificazioni proprio perché deve “raschiare” il virus con il substrato a
cui è legato. Il terreno di trasporto garantisce la sopravvivenza del virus e della cellula e deve
essere arricchito di siero, di norma si usa siero bovino che riesce ad essere idoneo per un po' tutti i
virus animali. È un reagente biologico ottenuto dal sangue fetale di bovino. Il terreno deve
contenere antibiotici per evitare contaminazioni biologiche ed eventualmente zuccheri…
A questo punto la coltivazione virale viene iniziata e come metodica costituisce il gold standard,
quella che ci fa conoscere al meglio tutte le caratteristiche del virus che abbiamo in mano. La
coltivazione va fatto su culture cellulare o substrati permissivi. All’inizio doveva essere fatto
direttamente sull’animale, adesso invece questo metodo viene evitato, ma rimangono disponibili
tantissime linee cellulari, tra cui uove embrionate (replicano massivamente bene sulle uova
embrionate). Il virus cresce bene anche in cultura cellulare animale, riusciamo a trovare un
substrato cellulare che ci consenta di lavorare molto bene e su cui replica il virus.
Differenza tra linea primaria, secondaria e linea cellulare:

 Linea primaria la cultura cellulare primaria è un preparazione di culture cellulari create


isolando le cellule direttamente dalla fonte mediante metodi meccanici o enzimatici.
Vengono coltivate in terreni di crescita che contengono fattori di crescita, omoni, lipidi e
altri componenti.
 Linea secondariaè una coltura propagata dalla linea precedente
 Linea cellulare sono preparate mediante il passaggio continuo della coltura cellulare
primaria. Hanno una vita più lunga. Sono quelle più maneggevoli
Ci sono dei virus che non si trovano bene su linee e quindi è necessario partire da un organo con le
stesse caratteristiche dell’organo posto nell’ospite. Si riesce a partire bene a partire dai reni.
Per parlare della tecnica di isolamento, dopo aver trattato il nostro campione, dobbiamo seminare
il campione sul substrato cellulare che va controllato 1-2 volte al giorno cosi da capire se c’è una
replicazione virale attraverso la comparsa di effetti citopatici caratteristici, oppure con la
formazione di placche. Le placche sono aree focus citopatico, sono buchi dove le cellule sono
morte e distaccate. Dopodiché si potrà tipizzare il virus.
Esempio: campione seminato su substrato cellulare che raggiungerà il monostrato. Se ci saranno
effetti citopatici, come la lisi, vedremo la formazione di placche. Esse sono buchi che riusciamo a
colorare nei pozzetti. Riusciamo a vedere che se il virus si è replicato non si colorano, mentre il
resto del monostrato si colora. A questo punto riusciamo a capire se il virus si è replicato, se ha
ucciso delle cellule e il titolo.
L’effetto citopatico può essere diverso a seconda del virus. Esempio: sincizio è costituito da
raggruppamento di cellule multinucleate formate da diverse cellule fuse tra loro e si appalesano al
microscopio ottico sottoforma di gruppi di cellule addensate, che perdono la loro membrana fino
ad essere uno o 3 cellule con diversi nuclei. Questo effetto, non porta alla morte cellulare, ma a
questa reazione difensiva, tende a infettare più cellule. Sono nelle fasi più avanzate dell’infezione
darà morte, ma usa questo metodo per potersi replicare meglio. Anche il virus del morbillo si
comporta in questo modo.
Altro esempio: inclusioni sono costituite da fibrille dense che si colorano bene e possono essere
localizzate nel citoplasma o nucleo a seconda della sede di replicazione del virus. Un esempio è
quello della rabbia, che viene fatta ancora sulla base del reperimento di inclusioni che vengono
chiamate Corpi dei Negri in una sede dell’encefalo del corpo dell’animale. Un tipo di malattia
dell’uomo che produce queste inclusioni di nome Cowdry è causata da alcuni virus come quello
della varicella.
Altro esempio: placche, il monostrato integro inizia a mostrare qualche distacco e lasciano dei
buchi a livello del monostrato. È quella più diffusa.
 Pro e contro della tecnica dell’isolamento: nonostante le tecniche siano lunghe e
richiedano molta esperienza da parte dell’operatore sono però inevitabile per alcune
malattie. Ogni anno si fa l’isolamento del virus dell’influenza, perché può essere confusa
con altri virus definiti para-influenzale per cui si vuole avere in mano il virus che sta
circolando in questo preciso momento; per cui dopo l’isolamento del virus si parte con la
campagna vaccinale!
Nell’osservazione microscopica troviamo virus immediatamente riconoscibili, come sars, ebola,
hiv, hbv. Quindi la microscopia elettronica ci permette di visualizzare e riconoscere subito alcuni
virus nell’arco di una giornata.
Rabbia
La rabbia è una malattia che è ancora molto importante, perché l’andamento clinico quello di
un’encefalomielite grave, ad esito mortale. È da sempre stata riconosciuta, ma non vi è ancora una
cura. Colpisce uomo e animale a sangue caldo. È una zoonosi, per cui noi abbiamo un rischio
concreto perché da animali selvatici, passa ad animali domestici ed infine all’uomo. L’uomo può
prendere questa malattia attraverso eventi traumatici o lambitura della cute che era già lesionata.
Gli animali maggiormente interessati sono: can e volpe.
Si tratta della malattia più antica e il termine rabbia era associata al termine di fare violenza. Essa
cambia la latitudine sociale e l’animale o uomo colpito manifesta rabbia per tutto ciò che ha
intorno. Non si manifesta nei Paesi che attua le dovute norme sanitarie, ma questa malattia è
ricomparsa in alcune zone nel 2008 circa. A livello mondiale sono dalle 35-55 mila i casi all’anno e
questi sono i casi di malattia, poi tutti i morsi o altro sono circa 10 milioni all’anno e a seguito di
essi si fanno dei trattamenti vaccinali e vengono tenuti sotto controllo. È una malattia che è stata
inserita nella lista B (malattia di grande importanza) dell’OIE deputata appunto alle malattie
trasmissive. Il 99% dei casi nell’uomo riscontrano un approccio diretto con l’animale, solitamente il
cane e sono la metà di essi sono bambini. Con l’andare del tempo si è iniziato a fare una profilassi
immediata che prevede la pulizia profonda della ferita e una vaccinazione che solitamente viene
fatta solo se vie è un rischio molto grande. Cosi facendo si può fare molto, infatti questa procedura
indica che si possono prevenire circa il 100% dell’insorgenza della malattia.
Parlando del virus, sappiamo che è un virus ad RNA e viene classificato all’interno dei Lyssavirus.
L’andamento della malattia è mondiale e colpisce molti mammiferi, tra cui uomo. È una malattia di
tipo lenta e progressiva. La forma è tipica, è un virus a proiettile di cui la struttura visibile al
microscopio ci permette di capire subito che si tratta di questo virus. La proteina che esercita il
maggior potere antigenico è la glicoproteina G.
All’interno del genere di questo virus ci sono 7 genotipi diversi e ci consente di riconoscere
l’origine del virus. Il virus è molto labile nell’ambiente e nell’evoluzione è stata privilegiata il
contatto diretto traumatico. Nell’ottica dell’evoluzione del virus, il fatto di essere un virus mortale
non giova al virus stesso perché significa che causa la morte del suo ospite, per cui non garantisce
a se stesso la sua sopravvivenza, però ha ovviato questa sua caratteristica con una efficacia
estrema nella trasmissione: viene amplificato il traumatismo e la trasmissione.
La classificazione è stata quella di considerare il virus classico, genotipo 1, e contempla ospiti
come: mammiferi e pipistrello. Alcuni di altri genotipi sono localizzati in altre zone del mondo e
con anche altri soggetti infettati, come il genotipo 5 che si è sviluppato in Europa e ha come
soggetti principali i chirotteri e la pecora.
Il Lyssavirus è cambiato pochissimo e le poche mutazioni che sono avvenute sono state mutazioni
puntiformi, per cui non attraverso grandi eventi ricombinanti. Si pensa sia partito il tutto da
pipistrelli insettivori, per passare poi ai pipistrelli carnivori e adesso sono in grado di replicare
anche nelle zanzare. E questo è molto gravo, perché se dovesse replicare nelle zanzare vuol dire
che ha sviluppato un ottimo sistema di trasmissione.
La prima classificazione che sia stata fatta è la distinzione che fece Pasteur tra virus fisso e virus di
strada. Egli prese un animale rabido, aveva cercato un omogenato di encefalo di animale morto
per rabbia e lo aveva inoculato su animale sensibile. Dopo diversi passaggi, vide che il virus si
attenuava. Fu cosi possibile ottenere il virus fisso che ci ha dato caratteristiche di maneggiabilità
superiori a quelli di strada perché cambia poco e ha un periodo di incubazione costante. Riproduce
la malattia solo se viene inoculato per via celebrale, si presenta in grandi quantità nel cervello, ma
poco a livello della saliva. Il virus di strada, invece, si diffonde attraverso vie classiche, presenta un
periodo di incubazione variabile a seconda del punto in cui viene inoculata la malattia. Il virus
viene inoculato sempre, vi è una scarsa quantità nel cervello, ma elevate quantità nella saliva per
essere poi trasmesso. Queste differenze sono dovute da un cambiamento della proteina G.
La coltivazione del virus avviene su cellule di linea nervose e cellule di hamster BHK21. Un effetto
citopatico si sviluppano dei corpi inclusi (corpi del Negri). Quando no si trova questo negri, può
essere un falso negativo, ma il suo ritrovamento non sarà mai un falso positivo.
Il virus viene inattivato facilmente: luce, disinfettanti, essicamento.
Epidemiologia: gli animali coinvolti riguardano sia il ciclo urbano sia quello silvestre (volpe,
moffetta, procione, mangusta e vampiro) e possono rappresentare anche casi di rabbia cronica.
L’ingresso del virus in un territorio vede implicati gli animali. L’anello di congiunzione passa
attraverso un animale domestico e quello che si verifica è un ciclo urbano, cioè il cane che viene
morso e il quale a sua volta morderà l’uomo, oppure animali selvatici che si avvicinano troppo alla
zona urbana (in questo caso il cambiamento ci deve far sospettare che ci sia dietro una causa
infettiva).
La distribuzione della rabbia è varia e ci sono zone indenni, in particolari isole. Esempio in gran
Bretagna si imponeva una quarantena di 6 mesi del cane che volesse essere importato sul suolo
britannico. In questo modo sono indenni per quando riguarda la rabbia nei mammiferi, ma non
per i chirotteri.
La ricomparsa della rabbia in Italia è avvenuta negli anni 80 circa e poi è tornata nel 2008 in
provincia di Udine e provenivano dalla Slovenia. Si è gestita la situazione e si è fermata nell’aria di
contatto ed è stata imposta la vaccinazione obbligatoria del cane ed erbivori domestici (bovini,
pecore nelle aree di montagna), si è reso obbligatorio guinzaglio e museruola nelle aree urbane, si
è intensificata la sorveglianza su animali selvatici e fatta vaccinazione orale delle volpi. La cosa si è
risolta bene.
La trasmissione avviene attraverso la morsicatura, ma ci sono altre forme di trasmissione:
trapianto di cornea e tessuti, la lambitura e aerosol (i chirotteri attraverso l’urina emettono questo
aerosol particelle di virus ed infettare chi inala la sostanza). La morsicatura è il mezzo principale di
trasmissione. Il periodo di incubazione dipende dalla distanza del punto di morsicatura dal midollo
spinale e dal cervello, dalla carica virale, grado di innervazione, ma solitamente non inferiore ai 10
giorni.
La patogenesi prevede che il virus entri attraverso modalità già viste, diffonde per migrazione
centripeta nel sistema nervoso centrale e li replica un pochino, esce dal sistema nervoso e si va a
porre nelle zone salivari dove può essere trasmesso ad altri animali. La tempistica di incubazione
prevede delle settimane per quanto riguarda gli animali.
Come evolve la forma clinica il virus entra nel tessuto muscolare e va subito nel tessuto nervoso
e migra nel cervello e midollo spinale. Nel cervello replica attivamente, ma non si vedono sintomi
perché si manifestano quando vi è la fuga verso le zone salivari. In seguito vi è la morte
dell’animale entro una settimana. L’animale è pericoloso solo nel momento in cui il virus si trova a
livello della bocca, della saliva e cioè nel momento in cui può trasmettere realmente la malattia.
Dal momento in cui il virus infetta le ghiandole salivari fino ad arrivare alla morte, in genere passa
circa una settimana e questo ci premette di avere una tempistica e ci permette di tenerlo sotto
osservazione.
Solitamente il cane tende a mordere la mano o a gamba, poi il virus viaggia lungo il sistema
nervoso, encefalo e poi scappa nelle ghiandole salivari.
L’eliminazione del virus inizia prima della comparsa della sintomatologia nervosa e persiste fino al
decesso e di solito dura circa 10 giorni.
Forme cliniche  sintomi prodromici: per due o tre giorni vediamo un cambio del carattere;
rabbia furiosa: dura circa una settimana dove abbiamo un aumento della risposta agli stimoli,
allucinazioni, fotofobia, tendenza al morso, pica (fenomeno che porta a mangiare cose non
alimentari, come sassi); rabbia paralitica: dura circa quattro giorni dove si riscontra una paralisi
(anche per quanto riguarda la deglutizione) , cambiamento della voce.
Diagnosi è una diagnosi è post-mortale. Quello che si può fare in vita è un’immunofluorescenza
sulla cornea dove possono essere espressi gli antigeni del virus e con anticorpi specifici possiamo
rilevare l’immunocomplesso. Altra diagnosi è quella di rilevare anticorpi mediante metodica virus
neutralizzazione e se il soggetto sopravvive abbastanza a lungo per una sieroconversione, ma non
possiamo basarci su questa per avere una vaccinazione. L’immunofluorescenza diretta è l’unica
metodica che possiamo utilizzare.
Si faceva una prova biologica, dove l’inoculazione avveniva per via intracerebrale. Siccome non vi è
una terapia, è fondamentale fare una profilassi che si basa su: lotta al randagismo e vaccinazione
degli animali selvatici e domestici. La lotta al randagismo prevede di catturare i cani o animali
randagi per controllare che il soggetto non avesse malattie. La profilassi vaccinale che si fa negli
animali domestici, in particolare il cane, si fa con prodotti vaccinali inattivati. Gli animali, in tempo
di rischio epidemiologico, possono essere usati vaccini attenuati, come il ceppo ERA. Vengono
inoculati per via iniettiva.
Le esche sono esche attrattive e assomigliano molto a dadi da brodo dove all’interno vi è una
capsula contenete il virus inattivato. L’esca viene lanciata dall’elicottero in zone precise dove vi
sono le volpi. In principio si pensava di abbattere le volpi, ma si è reso più efficace lanciare queste
esche, spaziando il territorio. Queste esche sono costituite da materiale appetibile e nel mangiare
schiaccia la capsula che aprendosi provoca una piccola lesione nella volpe e permettendo
l’ingresso del virus inattivo provocando una vera e proprio vaccinazione.
I pipistrelli sono stati segnalati per casi di infezione da rabbia, anche in Europa. Dove questo virus
rimane in questo portatore cronico e ‘è una eliminazione prolungata nelle salive ed urine. In Gran
Bretagna c’è stato un caso umano che ha acquisito la malattia proprio in questa maniera.
Anche l’omo manifesta la rabbia furiosa per l’80% dei casi, provoca encefalite e solo nel 20% la
forma è quella paralitica e coma dopo 2-14 giorni. Nell’uomo per la prevenzione alla rabbia vi è
una profilassi e di routine viene fatto una vaccinazione alle persone che sono esposte. La profilassi
può essere fatta anche post-infezione. Si fa più di una vaccinazione, alcuni dicono 5 iniezioni e il
dosaggio degli anticorpi dice che la protezione è duratura e il titolo protettivo dura circa un paio di
anni. Nel caso di profilassi post-infezione si deve fare una pulizia molto profonda con soluzione di
etanolo.
Diagnostica diretta?
Tubercolosi
È una malattia nota da sempre. È stata una delle prime in cui è stato possibile trovare l’agente
eziologico da parte di Cock. È una malattia infettiva, contagiosa e ha un decorso lentissimo. Se
nella prima parte della sua diffusione manifestava sintomi polmonari, ora è un malattia
riemergente anche con sintomi diversi. La lesione tipica di questa malattia è di tipo
granulomatoso, con granulo formato dall’organismo come meccanismo di difesa per ostacolare la
replicazione del bacillo. I caratteri dell’agente eziologico è la robustezza dell’involucro che lo
rendono resistente all’esterno, ma poco permeabile all’interno per cui la terapia della tubercolosi
rappresenta un problema in quanto è gestita articolata protocolli terapeutici articolando diversi
farmaci.
La colorazione con cui è stato identificato è la colorazione acido-resistenti proprio per la parete
poco permeante. Le dimensioni sono abbastanza grosse. La sua crescita è molto lenta e a seconda
della specie di micobatteri si parla di settimane o mesi.
Il mycobacterium tubercolosis, non è l’unico patogeno conscoiuto; infatti si parla di mycobaterium
tubercolosis complex che comprende:
- M.tubercolosis che causa tubercolosi umana
- M.bovis che causa la tubercolosi bovina ed è trasmissibile all’uomo
- M.africanum che causa malattia nell’uomo, micobatteriosi (tubercolosi ma meno grave)
- Micobatteri che non causa la tubercolosi (MOTT)
- M.leprae che causa la lebbra
Micobacterium bovis
Colpisce in modo specifico il bovino e riesce ad infettare l’uomo e molto in particolare chi era a
diretto contatto con gli animali stessi, ma anche altri uomini che facevano usano di latte non
pastorizzato. La pastorizzazione è un processo che porta il latte a una temperatura di 60°C che
rende il virus inattivo. La pastorizzazione non è uguale alla sterilizzazione: il latte pastorizzato
dura circa due giorni e lo troviamo nei frigo del supermercato; il latte sterilizzato dura masi e lo
troviamo a temperatura ambiente sugli scaffali.
La circolazione della tubercolosi dipende dai micobatteri umani. Tutti gli agenti eziologici sono
molto resistenti in ambienti esterni, perché hanno una copertura molto resistenza e li protegge
d: essicamento, disinfettanti, ma viene inattivato grazie a radiazioni solari e pastorizzazione.
Vivono per circa un mese nel muco, nel latte per 15 giorni e nelle feci può morire intorno ai 2
mesi in estate o addirittura 5 mesi in inverno.
La situazione epidemiologica nel modo vediamo che abbiamo 2-3 milioni di casi di morte
all’anno e tanti casi di infezione. La situazione peggiori si hanno nel Sud America, Africa e Asia.
In Italia c’è stato un boom casi provenienti dall’est del mondo. Ancora oggi rappresenta una
malattia molto complessa ed è una delle 10 cause di morte nel mondo. Anche se l’Italia è un
paese a bassa incidenza, ci sono circa 4000 nuovi casi.
Il micobatterio è patogeno perché non produce esotossine, però ha una tossicità intrinseca
legata a lipidi della parete cellulare, in particolare il fattore cordale (cord factor) che è in grado
di suscitare una forte reazione nell’ospite. Altro agente importante è una cera immunogena e
costituisce essa stessa un fattore di patogenicità. La struttura della parete dei micobatteri
presenta uno spessa porzione di cera e lipidi che conferisce la capacità di resistere al Killing
intracellulare: inibizione della fusione del fagosoma con il lisosoma; inibizione acidificazione
del contenuto del fago lisosoma. Tutto l’insieme di queste sostanze che danno patogenicità
causa la formazione di granuloma. Esso è una struttura formata da una morfologia coordinata
portando al centro il macrofago infettato. Esso fagocita il micobatterio e lo porta ai tessuti, a
questo punto, i tessuti iniziano a costruire attorno ai macrofagi una barriera di cellule e tessuto
connettivo che costituirà una cuffia fibrosi. Una lesione tipica è questo fibroma, che se rimane
chiuso non causa nulla, ma se si viene a rompere causa l’espulsione dei micobatteri che
potranno uscire (es: colpo di tosse). Il tubercolo è una reazione positiva dal punto di vista
dell’organismo perché contiene l’infezione, ma nella lesione essudativa, quando l’organismo
non riesce a contenere l’infezione con la cuffia fibrosa, i bacilli replicano e questi sono quelle
lesioni caratterizzata da necrosi caseosa. Con un esame istologico si riesce a distinguere una
lesione contenuta da una essudativa.
La trasmissione della forma classica prevede che i bacilli inalati si depositano sulla mucosa
bronchiale, fagocitati dai macrofagi, raggiungono i polmoni e formano un complesso primario (
vuol dire che il nostro organismi è riuscito ad arginare la malattia). Se ciò non dovesse
succedere, i microrganismi possono andare in giro, disseminandosi raggiungendo sedi diversi
(tubercolosi viscerali).
Non tutte le persone che vengono a contatto con il micobatterio poi sviluppano la malattia! Il
sistema immunitario può fermare l’infezione e il batterio rimane latente per anni e questa
situazione prende il nome di infezione tubercolare latente. Queste persone non hanno ne
sintomi, ne possono infettare altre persone. Il 5% di queste persone colpite riscontrerà una
riattivazione del batterio prima latente. Questo stato può essere identificato attraverso il test
della tubercolina.
La trasmissione, nella forma polmonare, avviene per via aerea con tosse, il parlare o starnuti.
La tubercolosi viscerale è più diffusa al momento, ma non è cosi semplice da trasmettere.
La tubercolosi primaria c’è un granuloma che viene circoscritto. C’è stato un contatto, ma
l’infezione non va avanti. Siamo in un caso di infezione latente. Solo nei soggetti
immunodepressi può avere una evoluzione molto precoce verso la necrosi . il polmone è libero
solo in alcuni punti.
Quando ci sono forme cliniche, denominate tubercolosi post-primaria, si vengono a formare
granuloma colliquato, cioè le cellule macrofsgiche che hanno contenuto l’invasione del
micobatterio sono andate incontro a necrosi e rimane solo il profilo della cuffia vuota. In
questa condizione vuol dire che l’organismo è molto esposto e inziano i primi sintomi quali
febbre.
Quando ci sono le diffusioni ematogene, ci sono spruzzate di micobatteri a livello di polmoni e
si formano dei granulomi in tutto il polmone e ne compromette l’attività respiratoria.
La forma clinica tra respiratoria e tissutale vede che la maggior parte sono respiratorie, come
sulle pleure, linfoghiandolare, ossea.. le manifestazioni cliniche sono molto diverse, per cui
all’inizio è molto difficile diagnosticare un caso di tubercolosi. Alcuni casi erano visibili da
subito, come la lesione ai reni oppure il Morbo di Pott che era una malformazione scheletrica.
Il primo passo della diagnosi era la colorazione del vetrino proveniente dall’escreato. Si faceva
lo striscio dello sputo, colorato e fissato al calore. Altra metodica era isolamento su terreni con
la crescita di colonie con margine lineari forma cavolfiore. Per il riscontro di bacilli acido
resistenti si usava il fenolo e acido cloridrico. Questa diagnosi ci permetteva di dare la
conferma alla diagnosi, infatti se trovavamo bacilli nello sputo era certo che ci fosse in atto un
caso di infezione da tubercolosi, ma come si faceva a diagnosticare i casi in cui la tubercolosi
era silente? La diagnosi diretta può essere fatta in modo veloce attraverso la PCR oppure grazie
alla tubercolina. Utilizza proteine purificate e le si inietta per via intradermica (non deve venire
a contatto con il circolo ematico) nell’avambraccio. Si inietta sia nell’uomo sia nel bovino. La
prova viene letta dopo 2-3 giorni cosi da favorire un contatto con l’ospite. Il test è positivo
quando il diametro posteriore o trasverso è pari a 5mm. È una prova che costa poco, ci vuole
un po' di esperienza da parte dell’operatore, ma ha aiutato molte persone nel verificare il
complesso primario. È servita a classificare i fattori di rischio di una popolazione: classe 0: non
esposto a tubercolosi; classe 1: esposto a tubercolosi; classe 2: infezione latente. C’è un’azione
end to be che prevede di eliminare la tubercolosi entro il 2030. Nel nostro Paese non si fa
nessuna profilassi, ma si fa una chemioterapia nei casi conclamati. In questi giorni si parla di un
vaccino (Calmette-Guerin) che stimola molto il sistema immunitario. È costituito da un batterio
vivo con bassa carica virale. Si attua nelle popolazioni in cui la tubercolosi è molto diffusa,
mentre in Italia è ancora vietato.
Per quanto riguarda la chemioterapia è preventiva nei paesi a rischio, mentre da noi non si fa
nulla se non nei soggetti dichiarati malati.
M. leprae
La lebbra è un micobatterio. Il tropismo è specifico per tessuti cartilagineo e cutaneo. È una
malattia cronica a lungo decorso, circa 5 anni e prevede la formazione di lesioni granulomatose
cutanee. Ci possono essere aree iperpigmentate che porta alla perita del tatto in alcune parti.
La lebbra prevede il contatto con altri ospiti in corrispondenza delle lesioni. Si sviluppa in
particolare in Africa.
M.avium complex
In particolare vengono infettati suino e volatili e in origine si pensava che non causasse nulla
all’omo, mentre ora si (pazienti immunodepressi). Esistono tanti sierotipi e alcuni colpiscono
uomini non immunodepressi!
Brucellosi
È una malattia che rappresenta un modello di risanamento di una zoonosi e per la quale c’è
stata una situazione endemica che ha costretto l’abbattimento di una parte della popolazione
animale e un successivo monitoraggio. Essa è conosciuta come la Febbre maltese ed è una
zoonosi tipica. È stata scoperta da Bruce che osservò la malattia nella popolazione
dell’esercito. Un medico veterinario in seguito scoprì il batterio e lo chiamò Bacterium Abortus
perché provocava proprio l’aborto nella maggior parte della popolazione di animali. È una
malattia infettiva e contagiosa. I sintomi erano: febbre molto alte, sudorazioni, ipertermia,
ingrossamento di fegato e milza. Le brucelle sono coccobacilli gram-negativi resistenti in
ambiente esterno. Crescono in tempio lunghi, in terreni arricchiti di CO2. la resistenza è buona
e resistono settimane o mesi nel suolo e sono sensibili al calore, resistono bene nei formaggi
freschi o leggermente stagionati. Sono caratterizzati da moltiplicazione intracellulare, si usano
antibiotici in grado di penetrare nelle cellule! La brucella comprende 6 specie, 3 specifiche per
l’uomo (melitensis, abortus e suis) e 3 specialmente per gli animali (ovis, canis e neotomae).
Recentemente sono state isolate brucelle anche dal mondo acquatico con attitudine zoonotica,
che hanno quindi infettato l’uomo. L’allarme viene dato in quelle aree che sfuggono un po' al
controllo sanitario. Esempio: la b.melitensis è patogena per gli animali, ma ancora per l’uomo
attraverso il consumo di prodotti animali non controllati. È endemica n tutti i Paesi e colpisce
molto chi è a diretto contatto con gli animali.
La via di trasmissione è in genere alimentare, ma anche per via transcutanea venendo a
contatto con una placenta infetta. La trasmissione interumana è molto rara!
Solitamente la penetrazione delle brucelle avviene per vie oro-faringea, transcutanea o
inalatoria, entra e fagocitato in macrofagi. A questo punto si dovrebbe verificarsi una lisi delle
brucelle, ma quando non avviene si viene a verificare una replicazione nei macrofagi, ne segue
una disseminazione ematica che permette alle brucelle di localizzarsi in altri organi e di
replicarsi. La risposta principale è di tipo cellula-mediata, ma stimola anche quella umorale.
La sensibilità dei diversi agenti dell’uomo è massimo per la B.melitensis!!
È ancora endemica nelle aree a minore stato igienico, sociale, povere dove non si applicano
piani di controllo su animali, ne precauzioni per l’uomo. La malattia nell’uomo prevede
l’incubazione di qualche settimana e poi febbre, sudorazione con andamento ondulante.
Dovrebbe essere una malattia che si autolimita dopo un po', ma è molto spossante. La maggior
parte dei veterinari negli anni 70 ne venivano a contatto.
Le lesioni che si verificano sono granulomi con formazione di ascessi nei linfonodi, fegato,
milza, polmoni. Se non curata è una malattia che dura anni.
Diagnosiemocoltura: prelievo sangue, coltura, 5 giorni si cominciano a seminare in tempo di
crescita, 5 giorni e inizia a crescere la colonia e isolare la brucella.
Per l’uomo è una malattia notifica obbligatoria, ma senza quarantena.
Andamento animale: aborto è uno dei sintomi, localizzazione articolare che causa la lesione
con formazione di ascessi nella sede articolare. Nel suino aborto e orchite. La prevenzione
degli animali si basa su piani di controllo e abbattimenti.
I sintomi sono diversi nell’equino, dove vi è aborto e il garrese fibroso (infiammazione ) e non
ci sono sintomi genitali.
Nei cani si causa aborto nella femmina e problemi genitali nei maschi.
La diagnosi negli animali prevede l’isolamento del microrganismo attraverso il sangue, seme,
tessuti; si fa una PCR veloce; si fa una sierologia con fissazione del complemento o ELISA; infine
si fa la brucella milk ring test (agglutinazione).
Siccome la brucella ha un tropismo particolare per i genitali, ma negli animali impuberi si
poteva risolvere, ma per animali puberi, cioè al di sopra di 6 mesi e 12 mesi causa infezione per
tutta la vita e gli anticorpi sono persistenti. Sono state abbinate diverse prove: fissazione del
complemento e siero agglutinazione. Esse riescono a rilevare sia IgG, IgM. La prova ELISA si
usa in particolare per il test sul latte di massa.
L’interpretazione delle prove abbinate: se l’animale è negativo ad entrambe, è indenne. Se
l’animale è positivo all’agglutinazione rapida e negativo alla fissazione è sospetto. Se l’animale
è negativa agglutinazione ma positiva la fissazione è infetto. Se l’animale è positivo ad
entrambe è infetto.
L’unico antibiotico utile è la tetraciclina!
Influenza da orthomyxovirus
Ci sono alcune date storiche perché rappresentano le grandi pandemie che hanno colpito le
popolazioni. 1918: la spagnolaha provocato tantissimi morti, ma negli ani 30 sono arrivati gli
antibiotici hanno permesso di sconfiggere la malattia.
Il virus dell’influenza è un virus a RNA con genoma segmentato e a seconda del tipo ci sono 7-8
segmenti di RNA. All’esterno vi sono i determinanti antigenici: emoagglutinina e
neuraminidasi.
Al momento si conoscono generi di influenza virus che sono classificati in: A,B,C,D sulla base
della proteina caratteristica. RNA è fornito da 8 segmenti nel tipo A e B, 7 nel tipo C, il tipo D è
in studio. Alla superfice troviamo 18 emoagglutinina e 11 neuraminidasi e il sottotipo
circolante viene identificato sulla base dei determinanti antigenici.
Questa costituzione favorisce la presenza di segmenti di RNA già frammentati e ne favorisce la
ricombinazione con la creazione di stipiti nuovi. Cosi come essenziali per la replicazioni del
virus e creazione di sistema profilattico che funzioni sono molto importanti le emoagglutinine
perché sono quelle che favoriscono l’ingresso del virus nella cellula target. Lo studio che si è
fatto in termini di farmaci antivirali riguarda l’inibizione di una o altra proteina cosi da bloccare
il ciclo vitale del virus. Esso è abbastanza limitato, non è molto limitato all’esterno. Viene
trasmesso solo per via diretta o per via indiretta attraverso via mediata da un contatto (mano
sporca..).
Gli antigeni su cui noi baseremo la diagnostica sierologia, sia per allestire prodotti vaccinali
sfruttando antigeni esterni (determinanti antigenici), sia quelli interni (proteine M1 e
nucleoproteine).
Il tipo A colpisce animali soprattutto volatili e mammiferi, foca, suino. È il più diffuso in
natura.
Il tipo Bcolpisce uomo principalmente, ma anche animali pochi, ma soprattutto il suino
Il tipo Csolo suino e uomo
Tipo D colpisce uomo.
Questi 4 tipi hanno causato diverse pandemie cominciando a dare un nome agli stipiti che
hanno circolato nei diversi periodi. Il tipo B e C colpisce in particolare l’uomo, ma non si sa se
colpisce esclusivamente noi. Il tipo D che è stato trovato nel bestiame di bovini che varia molto
in patogenicità.
Se facciamo riferimento al tipo, la maggior parte degli stipiti in circolazione è di tipo A e per
caratterizzare il sottotipo dobbiamo far riferimento alle proteine esterne, per cui quello che
sarà il nome specifico dello stipite che gira, sarà sintetizzato da un luogo e un codice.
Il virus ha un genoma diviso in 8 segmenti, in genere sono necessari tutti per poter replicare la
cellula virale. La loro presenza favorisce il fenomeno della ricombinazione e porterà alla
creazione di stipiti diversi con conseguenze varie.
Per influenza si intende malattia causata da ortomixovirus e colpisce apparato respiratorio, ma
può anche dare sintomi conseguenti. Storicamente è stata conosciuta da sempre e ha una
cadenza abbastanza regolare. Iniziamo verso la fine dell’800, le più importanti sono 1918
(H1N1), 1957 (H2N2), 1968 (H3N2). Le ultime due avevano le neuraminidasi comuni ma non le
emoagglutinina. La più recente ondata pandemica è stata nel 2009 ed era associata allo stesso
virus che aveva causato la spagnola. Nel mentre è stato sovrapposto un virus aviare con
attitudine di emoagglutinina 5 o 7 che dava mortalità.
Le 3 pandemie sono quelle appena viste e hanno avuto una grandissima mortalità: nel 1918 la
mortalità era tra i 50 e i 100 milioni; 1957 e nel ‘68 un milione di morti. La prima colpì persone
tra 20 e 40 anni. Non iniziò dalla Spagna, ma dagli Stati Uniti e arrivarono in Europa con l’arrivo
delle truppe americane, ma la prima segnalazione avvenne in Europa e durò due anni. La
seconda pandemia arrivò più tardi e fu possibile isolare il virus e di costruire vaccini, ma la
popolazione si trovò scoperta perché solo le persone molte anziane erano coperte dal virus.
Pur essendoci antibiotici, la mortalità era molto alta associata a polmoniti gravi con fattori
favorenti. La circolazione di questo virus durò circa 11 anni. Nel ’68 iniziò a circolare l’H3N2 nel
Sud Est Asiatico. In questi anni la globalizzazione fece la sua parte favorendo la diffusione del
virus.
Anche gli animali in questi caso hanno fatto la loro parte: volatili (pollo, oca, anatra e volatici
selvatici) e suini. Quelli che però non si riesce a controllare è il volatile selvatico che non si
riesce controllare e che diffonde il virus e che lo trasmette.
Il virus influenzale ha un tropismo specifico per l’apparto respiratorio e grazie
all’emoagglutinina si attacca alle cellule epiteliali del tratto respiratorio, dopo si apre, i
segmenti dell’RNA si replicano, si assembla e grazie alla neuraminidasi si rilascia il virione.
Questo è il ciclo.
La trasmissione è diretta attraverso le goccioline di starnuto, saliva, colpo di tosse. È altamente
contagioso e trasmissibile ed è una malattia infettiva. I soggetti infetti sono escretori prima
della comparsa dei sintomi e anche una settimana dopo la scomparsa dei sintomi.
La sintomatologia clinica è la febbre accompagnata da male alle ossa, muscoli, poco appetito,
mal di gola e tutta la sintomatologia si limita a questi apparati: respiratorio e febbre. Si è
cercato di capire se causava anche dei danni in apparati diversi a quello respiratorio, ma è
stato accertato che può essere causa di miocardite nel cavallo, però i dati sono molto scarsi.
Pandemia
È un fatto che si diffonde in tutto il mondo dovuto alla comparsa di virus molto diverso dai
precedenti e che si diffonda molto bene. È necessario che emerga un sottotipo nuovo verso cui
la popolazione non ha immunità, si deve replicare nell’uomo e s deve trasmettere in modo
efficace. Queste tre caratteristiche si possono manifestare a seguito delle variazioni
antigeniche: guardiamo il tipo A è soggetto a due forme distinte di variazioni:
- Driff: scarsa entità. Sono derivati da mutazioni piccoli, puntiformi, minori che causano
una leggera diversità e che magari la popolazione conserva una protezione anche in
questi confronti, ma non completa
- Shift: entità maggiore. Causano la comparsa di stipiti completamente diversi da quelli in
circolazione. In genere riguarda l’HA. Causa cambiamenti molto ampi a livello del
genoma. Se abbiamo una cellula dell’apparato respiratorio che riesce a far entrare sia
virus A sia B e può essere coinfettata e quello che nasce dalla replicazione nella stessa
cellula è una ricombinazione dei due, dove 4 segmenti derivano da A e altri 4 da B e il
nuovo virus è completamente diverso da entrambi e per questo virus non ci può essere
immunità. Questa ricombinazione si verifica quando due virus con due HA infettano la
stessa cellula, per cui la ricombinazione avviene nell’ospite in grado di far entrare due
virus diversi e nel momento della replicazione si ricombinano. Siccome abbiamo già
detto dei 4 tipi l’evento mutazionale più frequente si trova nel tipo A.
Un evento più preoccupante era che fino al ’97 circolavano solo 3 tipi di HA, ma nel ’97 ci fu la
prima pandemia aviare e si scopri che anche la HA 5 e 7 divennero molto pericolose. Cosa si
verificò a livello recettoriale? Il recettore sappiamo che è l’acido sialico. Nei virus umani esso è una
configurazione alfa 2 e 6, negli altri virus aviari ha una configurazione 2-3. Prima si pensava che il
recettore aviare non si trasmetteva in quello umano, ma invece si. Nel ’97 si scopri questo ciclo di
trasmissione, dai selvatici è passato nel pollame. La tipologia di allevamento presente in alcune
aree del mondo prevede che l’allevamento avvenga nella stessa sede sia per avicoli sia per maiale.
Il maiale ha entrambi i recettori e c’è stata la ricombinazione del virus umana e aviare ed è stato
possibile trasmetterlo con l’uomo. Inizialmente si pensava che la trasmissione avvenisse solo a
persone che erano a contatto con i mercati di animali, ma si scopri che ci fu una trasmissione tra
uomo e uomo e cadde la barriera di specie.
Le varie pandemie che si sono ricreate sono state ricostruite come fenomeno di riassortimento:
creazione di uno stipite diverso sono stati dovuti a shift che si sono creati per contatto e co-
infezione di uno stessa cellula ospite che è riuscita a far entrare un virus umano e uno aviare con la
creazione di HA. Nel suino, i virus aviari e umano entrano, riassortano e creano un nuovo stipite.
H5, H7 provocano delle forme di influenza ad elevata patogenicità. Questi stipiti causa una elevata
mortalità e circolano periodicamente sul nostro territorio. Tutti gli anni c’è un monitoraggio di tutti
gli animali che vanno al macello così da tenere sotto controllo la influenza.
La trasmissione del virus è dovuta alla capacità di alcuni animali di essere serbatoio, albergando il
virus a livello intestinale e trasmettendo il virus a livello oro-fecale.
Ci fa pensare che anche il virus della spagnola sia passata dagli animali e poi all’uomo! E cosi anche
per le atre due pandemie.
I virus aviari riconoscono il recettore dell’acido sialico legato al galattosio mediante legami 2,3,
mentre i virus umani riconoscono il recettore acido sialico legato al galattosio mediante legami 2,6.
Siccome il maiale li ha entrambi è l’ospite ideali per ospitare entrambi.
L’evento pandemico si genera quando l’uomo è in grado di passarlo per trasmissione interumana,
si deve verificare per forza il passaggio attraverso il maiale cosi da poter entrare nell’uomo
attraverso il recettore 2,6.
Nella pandemia del ’97 i morti sono stati pochi: 6!

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