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Avvertenze
Andrea Palomba
Mail : Andreatheone@tiscali.it
Introduzione
L’ estraneo può attaccare più volte il nostro organismo. Ogni volta che ciò avviene però
il sistema immunitario NON RICOMINCIA DACCAPO, ci sarebbe uno spreco di
risorse. Distinguo a questo proposito:
- E’ SPECIFICA per ogni bersaglio, ovvero possiede armi selettive per singoli
bersagli;
- Possiede MEMORIA IMMUNOLOGICA, ovvero si ricorda ciò che è successo;
- E’ sempre in moto, così come la difesa aspecifica;
- Non si accende fino a che non c’ è il contatto con l’ agente estraneo.
Pur essendo indipendenti e possedendo armi differenti, i due tipi di difesa, specifica e
aspecifica, possono collaborare attraverso un fenomeno di CROSS – TALK, una rete
che permette la comunicazione.
Nell’ ottimizzazione della difesa è preso in causa anche il sistema nervoso.
L’ antigene
L’ antigene (in nomenclatura Ag) è definito come ogni stimolo che si fa riconoscere
dal sistema immunitario. Il riconoscimento è parte integrante di una prima fase della
difesa, ovvero la fase afferente.
L’ antigene, esponendosi alle cellule immunocompetenti, provoca di seguito una risposta
immuno – cellulare che può essere specifica o aspecifica. In particolare:
b) Una risposta SPECIFICA (anch’ essa sempre in moto), che prevede la conservazione
della memoria immunitaria dell’ antigene, una volta che questo è stato eliminato.
Possiede anch’ essa diversi effettori, di natura sia cellulare che molecolare:
Classificazione antigenica
Abbiamo già visto che l’ antigene, sostanza chimica semplice, è in grado di stimolare il
sistema immunitario, e non v’è nessun movimento senza di esso. Distinguo:
Gli epìtopi
1) Sono ESTRANEI.
La trasfusione di plasma non è critica, le proteine dei nostri simili sono
accettate. In passato il diabete si curava con l’ insulina di maiale, la quale
andava bene le prime volte, ma dal momento che, essendo estranea, venivano
formati gli anticorpi, bisognava ogni volta aumentare le dosi; sono sufficienti
anche pochi amminoacidi (proprio come avviene tra insulina umana e suina).
6) RIGIDITA’ : la molecola non deve essere viscida, deve possedere quel minimo di
rigidità per poter incastrarsi nel recettore.
9) ADIUVANTI
E’ possibile somministrare l’ antigene assieme a sostanze che potenziano la
risposta immunitaria. Queste sostanze sono dette adiuvanti.
Il principio è fare una miscela – emulsione olio/acqua, a cui poi si aggiunge l’
antigene: in questo modo l’ antigene viene rilasciato gradualmente nel tempo, e
inoltre ha la proprietà di stimolare le cellule che dovranno processare l’
antigene.
- INCOMPLETO.
Entrambe le tipologie sono comunque caratterizzate dal possedere sostanze
oleose.
Nell’ uomo viene pure utilizzato una sorta di gel (con composti di alluminio, tra cui
Al (OH)3), a cui si aggiunge di seguito l’ antigene.
Gerarchie antigeniche
Abbiamo visto che i batteri sono visti come un mosaico di antigeni. I batteri sono
classificabili in base alle caratteristiche differenti di struttura della parete cellulare
in:
I gruppi sanguigni
• Il sistema AB0;
• Il sistema Rh.
Il sistema AB0
Sono gli antigeni A e B dunque ad etichettare le persone nei diversi gruppi sanguigni.
I gruppi A e 0 sono in Italia i più frequenti, e come percentuale, si equivalgono
(circa 40 %); le persone di gruppo B sono più modeste (15%), gli AB una minima
percentuale (3 – 5%).
Le percentuali cambiano man mano che ci si sposta verso est, verso l’ Asia: il numero
degli 0 rimane inalterato, si abbassa quello degli A e aumenta quello dei B.
Dunque la distribuzione dei due gruppi è variabile. Inoltre B aumenta man mano che ci
si dirige verso il Sud Italia.
Gli antigeni A e B sono zuccheri: sono sulla superficie di cellule circolanti (globuli
rossi essenzialmente), ma anche su tutti i tessuti, con varia frequenza espressiva.
Questi sono ancorati alle cellule tramite i fosfolipidi di membrana.
Però circa l’ 80% della popolazione mondiale possiede questi antigeni come
circolanti, quindi solubili, NEL PLASMA e NELLE SECREZIONI, dove sono legati a
peptidi.
Si parte da una SOSTANZA FONDAMENTALE, modificata poi per l’ effetto dei geni.
Essa è costituita da una BRANCA COMUNE e DUE BRANCHE PERIFERICHE:
Gal – GlcAc
Gal – GlcAc
Se mi fermo qui, ottengo il GRUPPO SANGUIGNO 0. Ci sono persone che però non
possiedono il gene H, allora parlerò di gruppo BOMBAY (dal nome della città dove per
primo venne identificato un individuo con questo gruppo): in tal caso la struttura
zuccherina dell’ antigene è assimilabile a quella in figura (1).
In base a quanto appena asserito, l’ antigene H sarà presente in tutti i gruppi (pure
nel gruppo 0, che dunque NON risulta completamente sprovvisto di antigeni) e nessun
gruppo avrà anticorpi anti H.
D’ altro canto il gruppo Bombay avrà anticorpi anti-tutti, e potrà ricevere
trasfusioni solo da un altro gruppo Bombay (tra l’ altro molto rari).
Il gruppo 0 può essere una situazione transitoria. Con l’ intervento del gene A1:
GalAc
GalAc
Per il gruppo B interviene il gene B che codificherà per una transferasi che :
Gal
Definisco SECRETORI coloro che presentano nel plasma e nelle secrezioni questi
zuccheri. Per far ciò, devo avere un gene secretore che ne regoli il rilascio:
L’ allele dominante è identificato con Se, quello recessivo con se; di conseguenza:
Il gene Lewis
Chi possiede il gene Lewis A, ottiene alla fine una transferasi che, a partire dalla
sequenza primordiale precedentemente analizzata, attacca UN FUCOSIO alla
ACETILGLUCOSAMMINA IN PENULTIMA POSIZIONE su una branca periferica:
Gal – GlcAc
Gal – GlcAc
Per diventare Lewis B, bisogna che l’ individuo abbia il gene Lewis A e il gene
secretorio.
Gran parte di noi è Lewis B, in quanto chi non è Lewis (in generale) è circa il 2% della
popolazione mondiale.
Il sistema Rh
Il nome del sistema deriva dalla scimmia Rhesus, a cui in passato vennero iniettati
globuli rossi umani: ne derivò una conseguente produzione di anticorpi. Questo
esperimento consentì di identificare due gruppi sanguigni:
C, c, D, E, e
L’ antigene d non è menzionato in quanto non risulta essere immunogenico (non vengono
prodotti anticorpi anti d).
D è l’ antigene più potente del sistema: infatti è proprio in base alla sua presenza o
assenza che determino l’ appartenenza al gruppo Rh+ o Rh- : la patente di Rh+ è data
da un genotipo Dd oppure DD, quella di Rh- da un genotipo dd.
Da un punto di vista squisitamente ereditario, questi antigeni vengono ereditati come
APLOTIPI, ovvero in blocco: sui cromosomi materni e paterni essi sono posti molto
vicini tra loro in modo tale che non avviene il crossing over (ricordiamo che la
percentuale di probabilità che esso avvenga è direttamente proporzionale alla
distanza tra i geni). Per la precisione sono siti sul cromosoma 1.
Ma in un fenotipo Rh+ come faccio a determinare se il genotipo è DD oppure Dd? In
questi casi sarà necessario analizzare la prole e le generazioni successive.
Dunque noi nasciamo con questi antigeni Rh (presenti sui SOLI GLOBULI ROSSI), ma
NON produciamo anticorpi naturali contro di essi: ci immunizziamo solo in seguito ad
una trasfusione.
A causa di questa particolarità, successivamente ad una prima trasfusione di sangue
da un individuo Rh+ a uno Rh-, non si ha una reazione immediata (a differenza di
quanto avviene nel sistema AB0) in quanto si ha produzione di anticorpi! Il guaio
avviene qualora dovesse avvenire una seconda trasfusione, perché gli anticorpi ormai
formatisi reagirebbero con l’ antigene estraneo.
La differenza con il sistema AB0 è anche in termini numerici: il rapporto antigenico
tra antigeni AB0 ed Rh in un individuo è di circa 100/1 !
Difese immunitarie
Va ricordato che il nostro organismo può essere attaccato da agenti esterni ovunque:
dunque la difesa dovrà essere ovunque.
1) La PRIMA DIFESA è costituita dall’ integrità dell’ epidermide, composta da strati
che in ordine dal più profondo al più superficiale sono:
3) Nella cavità orale, oltre alla mucosa, abbiamo altre secrezioni che rendono la vita
difficile a germi e batteri, come il LISOZIMA, ovvero un enzima presente in
secrezioni e tessuti con funzione battericida; esso rende meno negativa la carica della
parete batterica, andando ad intaccarne il peptidoglicano, e rendendone così più facile
la fagocitosi!
6) Al di sotto dello stomaco, poi, gli ostacoli saranno rappresentati dal ph alcalino.
10) Le infezioni vaginali sono in gran parte prevenute grazie all’ ambiente acido che
essa offre.
Gli elementi figurati del sangue sono rappresentati dagli eritrociti, dai leucociti e
dalle piastrine.
Leucociti
Prodotti nel midollo osseo, si dividono in due grosse categorie:
1) I GRANULOCITI, che possiedono un nucleo non rotondeggiante, bensì polilobato,
suddivisi a loro volta in:
Essi hanno una vita breve, di 2/3 giorni al massimo: fanno lavoro di manovalanza!
Neutrofili
Possiedono un nucleo polilobato, e tali lobi sono i marker della durata della loro vita
(più sono vecchi più lobi avranno): per un’ analisi precisa e numerica su tale rapporto,
si rimanda alla formula di Arneth. Un metodo per vedere il funzionamento del midollo
osseo stesso è guardare il numero dei lobi dei neutrofili.
Non si colorano né con coloranti acidi, né con coloranti basici, e sono ripieni di
granulazioni.
Eosinofili
Basofili
Linfociti
Verranno trattati in seguito. In ogni caso :
Monociti
- CELLULE DENDRITICHE
Sono cellule con la tendenza ad essere stellate: sono in grado di captare l’ antigene!
Sono cellule di varia origine: le trovo nei tessuti e negli organi linfoidi.
Hanno la funzione di processare l’ antigene e presentarlo alle cellule di competenza
(rientrano nella categoria delle APC, ovvero delle Antigen Presenting Cells).
Il lavoro dei leucociti
Per difenderci, essi dovranno “sentire” che è successo qualcosa: dovranno infatti
passare DAL TORRENTE CIRCOLATORIO al tessuto coinvolto.
Sono siti in periferia al vaso, e camminano pian piano lungo i bordi di esso (non hanno lo
stesso passo degli eritrociti!).
Quest’ ultima caratteristica vale per tutti i globuli bianchi, ma di essi:
I macrofagi
Sono il prodotto della trasformazione dei monociti al di là dei vasi sanguigni, dove si
piazzano ad aspettare il nemico.
Il lavoro dei macrofagi dipenderà dal tessuto in cui si trovano: i monociti sono in grado
di adattarsi all’ ambiente in cui devono lavorare.
Distinguo due categorie di macrofagi tissutali:
Va ribadito che tutto questo è possibile tramite fenomeni di cross – talk tra i diversi
elementi del sistema immunitario.
Ma andiamo più nello specifico.
Dopo lo stimolo, le cellule endoteliali del vaso emettono delle molecole al di fuori,
molecole chiamate SELETTINE (letteralmente, “molecole che vedono gli zuccheri”).
Queste selettine sono in grado di “vedere” e legarsi a molecole zuccherine presenti
sulla parete dei granulociti: in questo modo si ha rallentamento del movimento e il
ROLLING!
Il fenomeno di SPREADING, di acquattamento, è possibile grazie ad una nuova
ondata di molecole, che vanno a sostituire le selettine: queste si chiamano ICAM (di
diverso tipo: 1, 2…), che reagiranno con altre molecole presenti sulla parete del
granulocita: in questa maniera si avrà ADESIONE ALL’ ENDOTELIO.
Successivamente dovranno aprirsi le giunzioni cellula – cellula ed interverrà un terzo
gruppo di molecole: queste sono molecole intercellulari dell’ endotelio e sono
chiamate PECAM. Queste PECAM reagiranno con le PECAM sulla parete del
granulocita: in tal modo la giunzione si allargherà e verrà permesso il passaggio del
granulocita stesso.
Le selettine
b) P – SELETTINE (da Platelet, ovvero Piastrine): sono presenti sia nelle piastrine,
MA PURE nell’ endotelio, nei cosiddetti GRANULI DI WEIL – PALADE, un
deposito intracellulare di molecole, che successivamente vengono buttate all’ esterno.
Queste P – Selettine sono le prime a comparire e la loro azione dura circa 10 minuti!
La sigla sta per InterCellular Adhesion Molecules, sono molecole inserite nel doppio
strato fosfolipidico della cellula endoteliale; la versione più abbondante sull'
endotelio è ICAM – 1, e consente una adesione più stabile con il granulocita. In realtà
esiste una seconda famiglia di molecole chiamate VCAM in grado di aderire, solo che
questa lo fa con i LINFOCITI.
In immagine il TCR, che come struttura è molto simile alle ICAMs.
Da notare la presenza di un ponte disolfuro che unisce le due estremità dell' ansa.
ICAM è in grado di vedere sul granulocita una molecola chiamata CD11 / CD18
(ovvero Cluster di Differenziazione). La molecola CD fa parte della famiglia delle
integrine (ovvero molecole che sono in grado di interagire sia con cellule che con la
matrice extracellulare).
Questa molecola è costituita da due subunità entrambe incastrate nel doppio
foglietto: α – CD11 e β – CD18, ma siamo ancora sul generico! Infatti quello che
caratterizza le diverse integrine sono le diverse subunità α e β.
NEL CASO SPECIFICO di CD11 / CD18 si avrà una subunità β2 che potrà comunque
legarsi a diverse subunità α, ma nel caso dei granulociti neutrofili e dei monociti sarà
αM.
Qualora CD avesse una subunità del tipo β1, essa sarà in grado di agire anche con
molecole della matrice extracellulare.
Insomma, nel caso specifico dei granulociti e dei monociti, si avrà una CD11 αM/
CD18 β2.
Esistono comunque diversi tipi di α – CD11, a cui oltre l' attributo di αM, si da anche
un' altra lettera : α – CD11 a, α – CD11 b, α – CD11 c. Nel caso specifico dei
granulociti e dei monociti, avremo a che fare con il tipo α – CD11 b.
Le PECAM
Sono molecole che fanno adesione tra le cellule dell' endotelio: vanno infatti a
formare delle “stringhe” tra cellula e cellula.
Sotto stimolo infiammatorio si staccano e interagiscono con le PECAM dei granulociti.
Il fagocita riconoscerà gli agenti estranei e invaginerà la sua membrana per inglobarli,
formando in tal mondo una vescicola di fagocitosi, il FAGOSOMA; questo andrà poi all'
interno della cellula a fondersi con un lisosoma a formare il FAGOLISOSOMA, e l'
elemento estraneo verrà ucciso.
1) Può possedere dei RECETTORI sulla sua superficie per particolari molecole
presenti sulla superficie estranea: parlo in generale di PRR, ovvero Pattern
Recognition Receptors, che riconoscono sia l' estraneo che, ad esempio, molecole
nostre modificate presenti su cellule invecchiate del nostro corpo. Questi sono
recettori per:
- MANNOSIO e GLUCANO.
2) L' estraneo è riconosciuto da molecole circolanti (come gli anticorpi o gli elementi
del complemento), che a lui si legano. Saranno queste molecole circolanti poi ad essere
riconosciute da recettori specifici sulla membrana del fagocita.
Questo processo per cui un agente estraneo è riconosciuto da molecole circolanti è
chiamato OPSONIZZAZIONE.
Nei granulociti neutrofili sono presenti dei granuli a livello del fagosoma (che poi si
fonderà col lisosoma) che funzionano come uccisori della sostanza inglobata.
A partire dal NADPH, con O2, ottengo ione superossido tramite la NADPH
OSSIDASI:
Va ricordato poi che in presenza di acqua ossigenata c' è l' azione della
mieloperossidasi.
La mieloperossidasi è un marker dei granulociti: qualora l' uccisione ossigeno
dipendente non bastasse, essa in presenza di ioni come Cl- o Br-, e H2O2 (acqua
ossigenata), forma IONI IPOCLORITI o IPOBROMITI, tossici per il batterio.
Individuo a questo proposito due tipi di granuli all' interno dei lisosomi:
Le collettine
Sono proteine della risposta naturale che si modificano durante un fenomeno ACUTO
(come può essere, ad esempio, un' infiammazione acuta, un trauma, ma anche un
fenomeno mestruale o uno stress).
In principio si genera una FLOGOSI ACUTA, e le cellule coinvolte riverseranno
CITOCHINE (o INTERLEUCHINE) quali IL – 1, IL – 6, TNF - α nel torrente
circolatorio. Queste molecole avranno diverse funzioni:
Gli interferoni
Sono sostanze antivirali della risposta immunitaria naturale, liberate dalle cellule
infettate e dai linfociti (in quest' ultimo caso non sarà coinvolta la risposta naturale
ovviamente) per avvisare le altre che il virus è arrivato. Ne individuo di tre tipi:
Le chinine
La coagulazione
Persino essa è coinvolta nella difesa.
Finora abbiamo parlato dell' immunità naturale. Nei capitoletti che seguiranno invece
verrà trattata l' immunità specifica.
Come abbiamo già visto anche essa prevede una componente molecolare o umorale
(data dagli anticorpi) e una componente cellulare (i linfociti, che ora finalmente
tratteremo).
I linfociti
Cellule per molto tempo rimaste sconosciute, sono cellule eterogenee. Mononucleate,
hanno un nucleo RENIFORME che occupa tutta la superficie cellulare. RILEVO
DUNQUE POCO CITOPLASMA, che comunque è basofilo.
Come morfologia dunque assomigliano ai monociti, con la differenza però che non
hanno attività fagocitaria!
Anche le dimensioni variano: trovo linfociti di piccolo diametro (6 – 7 μm) e linfociti di
diametro maggiore (dai 12 ai 13 μm). In particolare i linfociti più grandi (come le
cellule natural killer, che però fanno parte dell' immunità naturale) presentano nel
citoplasma granulazioni azzurrofile tali per cui questi linfociti vengono ridenominati
LGL: Large Granular Lymphocytes.
E' possibile separare i linfociti dagli elementi rimanenti del sangue tramite l' utilizzo
di un liquido – gel chiamato FICOLL (pronuncia: faicol), seguendo i procedimenti di
seguito illustrati:
Esperimenti
I linfociti sono differenti dal punto di vista operativo: lo si evincerà nei paragrafi
successivi.
Esperimento 1
Vengono presi dei topi alla nascita a cui è effettuata una timectomia (viene rimosso il
timo, dove vengono prodotti i linfociti T): come conseguenza si ha una riduzione del
numero di linfoghiandole e di linfociti circolanti.
Tuttavia, se vengono iniettati antigeni a questi topi, vi era lo stesso una risposta
anticorpale.
Esperimento 2
Deduzione
I linfociti T, prodotti nel timo, sono i responsabili delle risposte al trapianto, e NON
possiedono un grande ruolo nella risposta anticorpale, bensì controllano in maniera
maggiore la risposta cellulomediata.
Esperimento 4
Viene espiantata agli uccelli una loro particolare appendice, la Borsa di Fabrizio: si
nota che in seguito ad un trapianto vi è rigetto.
Deduzione
Tuttavia, sappiamo che i linfociti T sono distinti dai B: e come si fa a operare una
distinzione?
Esperimento 4
Vengono mescolati linfociti umani (tutti!) con eritrociti di montone: si nota che SOLO
I LINFOCITI T vanno a formare strutture di gruppo assimilabili a “rosette”.
Esperimento 5
LINFOCITI T: 70 – 75 %
LINFOCITI B: 10 – 15 %
CELLULE NK: 5 %
MONOCITI: 5 – 10 %
I linfociti T per riconoscere l' antigene possiedono sulla membrana un T Cell Receptor
(TCR).
Il TCR è un eterodimero di peso molecolare 42000 Da, costituito da due subunità, α
e β (nel 95% dei linfociti T): entrambe fanno parte della famiglia delle
immunoglobuline, perchè possiedono le anse caratteristiche (con i relativi 110
amminoacidi, 90 dei quali facenti parte in toto dell' ansa, 10 da una parte e 10 dall'
altra).
Due domini – ansa saranno presenti sulla catena α e due sulla catena β, con un
ponte disolfuro a stabilizzare la struttura.
Le due catene sono codificate inoltre da geni differenti:
La specificità sta nel fatto che per ciascuna catena riconosco una parte variabile,
esterna, e una parte costante, interna. Dunque su CIASCUNA CATENA intervengono
GENI DIFFERENTI: 1 gene per la parte costante, 1 dei tanti geni disponibili per la
parte variabile.
L' antigene verrà visto dalla parte variabile: l' epitopo infatti si piazzerà tra α e β
(oppure tra γ e δ, vedi dopo).
Particolarità
Esistono linfociti T (5%) che portano sulla membrana i loro TCR aventi però le catene
γ (gamma) e δ (delta). La costruzione di queste catene avviene però con lo stesso
criterio usato per le α e β, solo A CROMOSOMI INVERTITI:
- I geni per la catena γ sono siti sul cromosoma 7
- I geni per la catena δ sono siti sul cromosoma 14
Ricorda: 14 – 7 – 7 – 14!
Tuttavia tale struttura presenta dei limiti: le code carbossi – terminali delle catene
sono corte, e ciò limita loro la possibilità di mandare messaggi e trasmettere il
segnale.
Come sarà possibile dunque trasmettere il segnale portato dall' antigene? E' ovvio che
il recettore sarà coadiuvato da sistemi di fosforilazione presenti su appositi
CORECETTORI, nonostante essi non abbiano nessun ruolo diretto nel riconoscere l'
antigene.
Sempre facenti parte del sistema del corecettore, MA NON del CD3, sono le molecole
eta e zeta (ζ) , indispensabili, che possiedono code ancor più lunghe, E SONO
ORGANIZZATE A COPPIE.
Zeta è la catena critica, l' ultima della serie, colei che fa il lavoro definitivo: qualora
venisse a mancare zeta, VERREBBE A MANCARE LA TRASMISSIONE DEL
SEGNALE. Questa catena infatti possiede delle zone ricche di Tyr (tirosina),
chiamate ITAM.
Nota: per il libro invece il CD3 comprende TUTTE le catene γδε, eta e zeta.
Come i linfociti B riconoscono l' antigene
Sono il prodotto della proliferazione e differenziazione dei linfociti B, una volta che
questi hanno sentito lo stimolo. Sono in grado di produrre e secernere
immunoglobuline solubili, ovvero anticorpi solubili.
Possiedono un nucleo decentrato molto più grande rispetto a quello dei linfociti B,
nucleo contenente cromatina “a ruota di carro”, con un abbondante citoplasma basofilo
ricco di Ig, e con un esteso reticolo endoplasmatico, a testimonianza dell' attiva
sintesi proteica.
Sono cellule terminali, vivono poco (poche settimane) e non possono tornare indietro
allo stadio di linfocita. Sono molto più grandi dei linfociti e sono ovalari. Presentano
Le ritroviamo solo sulle mucose, negli organi linfoidi E NON NEL PLASMA, quindi solo
in territori extravascolari: le si ritrova in circolo solo in caso di patologie.
NON PRESENTANO immunoglobuline di superficie
Anticorpi
Di seguito Emil Von Behring, nel 1901, immunizzò un coniglio iniettandogli la tossina del
tetano: il sangue fu trasferito a un altro coniglio non immunizzato e si notò che
insieme al sangue venne pure trasferita l' immunità alla malattia.
Paul Ehrilich studiò in modo analogo la difterite. Emile Roux (Istituto Pasteur)
dimostrò efficacia dell’ antitossina nel trattamento dei bambini esposti al contagio da
bacillo difterico.
Separazione delle immunoglobuline
Per separare le immunoglobuline dalle altre componenti sieriche (non plasmatiche, per
eliminare l' interferenza del fibrinogeno), nel 1939 venne ideato il metodo dell'
ELETTROFORESI. Questa è una tecnica di laboratorio che consente di separare le
diverse proteine sieriche in base al loro peso molecolare (e quindi grandezza) e alla
loro carica: proteine più cariche e più piccole migreranno più velocemente sul campo
elettrico!
Di seguito si utilizza un colorante (che si lega con legame idrofobico alle proteine),
che permette di individuare l' assorbanza di ciascuna famiglia di proteine in funzione
della distanza di migrazione (ovvero della posizione della banda relativa rispetto al gel
di elettroforesi).
Dunque come risultato finale si avrà un ordine di bande, disposte a diverse distanze
sul gel di elettroforesi. Di seguito tramite tecniche DENSITOMETRICHE si
trasformano le bande in picchi su un grafico:
assorbanza
Noto che la banda a cui corrisponde l' assorbanza maggiore corrisponde alle albumine
(sono le proteine che migrano maggiormente), e poi di seguito si hanno le α1, α2, β, γ
globuline.
Tuttavia non si poteva ancora sapere a che cosa corrispondessero gli anticorpi. Che
fare?
Furono presi dei conigli e immunizzati con ovalbumina, e furono messi a confronto i
grafici precedenti PRIMA e DOPO l' immunità:
Si nota che a modificarsi è il picco delle gamma – globuline, per cui si potè affermare
con certezza che ESSE CORRISPONDONO AGLI ANTICORPI.
D' altro canto, se si incuba lo stesso sangue immunizzato con l' ovalbumina, il picco
delle gamma globuline scende: GLI ANTICORPI REAGISCONO e si ha una certezza
completa della corrispondenza.
Sappiamo che con l' elettroforesi vengono perse le funzionalità degli anticorpi.
Tramite una tecnica chiamata ULTRACENTRIFUGAZIONE DELLE
IMMUNOGLOBULINE SU GRADIENTE DI SACCAROSIO, si è riusciti a isolare gli
anticorpi mantenendone le funzioni biologiche.
Questa tecnica si basa sulla separazione delle immunoglobuline in base al loro peso
molecolare: praticamente ha permesso di risalire al peso delle immunoglobuline
rappresentato come coefficiente di sedimentazione, S (maggiore è il peso della
molecola più è elevato il valore di S).
Rodney Porter Gerald Edelman negli anni '50 – 60 scoprì che effettuando un taglio
proteolitico su un anticorpo con PAPAINA si ottenevano 3 distinte subunità:
Il suo lavoro venne continuato da Alfred Nisonoff, il quale però dalla proteina
purificata di peso molecolare 150 KDa, effettuò dei tagli proteolitici con pepsina:
ottenne in questo modo UN UNICO FRAMMENTO con un peso molecolare inferiore al
peso di partenza e corrispondente ai 2/3 DEL PESO ORIGINARIO.
Questi frammenti vennero intubati con antigeni specifici: si ottenne lo stesso l'
agglutinazione.
Questo stette a significare che la funzionalità delle immunoglobuline era stata
mantenuta nonostante il peso molecolare della frazione responsabile l' agglutinazione
dell' antigene FOSSE INFERIORE: questo frammento, responsabile del legame con l'
antigene, fu chiamato F(ab)2.
Ora però bisognava entrare nell' intimo della struttura anticorpale: l' immunoglobulina
da 150 KDa venne presa e trattata con agenti riducenti in grado di agire sui ponti
disolfuro, e quindi rompere la struttura quaternaria della molecola: tramite
CROMATOGRAFIA DI GEL FILTRAZIONE con relativo grafico,
, si ottennero due picchi, uno da 50 KDa, è l' altro da 25 KDa: questo ha senso perchè
prendendo ciascuna metà controlaterale della molecola si ottiene proprio 75 KDa, che
è la somma di 25 e 50.
In definitiva
La porzione quindi individuata come Fab possiede domini sia della CATENA LEGGERA
CHE DELLA CATENA PESANTE: e l' epitopo andrà ad infilarsi proprio tra la catena
pesante e leggera della Fab; la porzione individuata come Fc invece possiede SOLO
DOMINI DELLA CATENA PESANTE: anticorpi prodotti contro il frammento Fab
riconoscevano sia le catene L che le catene H mentre anticorpi prodotti contro il
frammento Fc riconoscevano solo le catene H
Chi riconosce l' antigene
Ora rimane da scoprire quale è la zona delle immunoglobuline che riconosce l' antigene.
Per farlo utilizzo le PROTEINE DI BENCE – JONES (di peso molecolare inferiore a
65000 Da), prelevate nelle urine a pazienti affetti da mieloma multiplo: ovvero dove
sostanzialmente le plasmacellule, perso il controllo riproduttivo, continuano a produrre
anticorpi. Queste proteine dunque non sono altro che un concentrato di CATENE
LEGGERE DELLE IMMUNOGLOBULINE (che le cellule mielomatose continuano a
secernere in eccesso).
Sulla base dei risultati di questi esperimenti, è possibile suddividere le catene leggere
o L (light) in due forme, identificate come K e λ.
Le immunoglobuline umane non conterranno K (kappa) e λ (lambda) a caso; ciascuna
immunoglobulina porterà O la forma K O la forma λ, più precisamente NELLA SPECIE
UMANA IL 60% DELLE IMMUNOGLOBULINE PORTERA' LA FORMA K, IL 40% LA
FORMA λ.
Mai avrò per una immunoglobulina sia K che λ: o una forma o l' altra.
Catene pesanti
Posso ripetere l' esperimento con le catene pesanti: in tal caso utilizzerò dei
plasmacitomi coltivati in vitro. Analizzando sempre la sequenza amminoacidica (opero
uno screening) delle catene pesanti, distinguo 5 classi per le catene pesanti o H
(heavy) :
Classi anticorpali
Ciascuna IgG, IgM, IgA, IgE, IgD sarà contraddistinta dalla SUA catena pesante, ma
potrà possedere come catena leggera o K nel 60% dei casi o λ nel rimanente 40%.
Markers isotipici
Sono markers antigenici, riconosciuti tramite anticorpi, che permettono di
classificare le catene pesanti di una specie animale in classi (gamma, alfa, mi delta,
epsilon) e sottoclassi, e quelle leggere in tipi (kappa e lambda) e sottotipi.
Nell' uomo questi ISOTIPI di catene pesanti e leggere coincidono, altre specie ne
avranno altri: infatti se inietto questi isotipi in altre specie, vengono a crearsi
anticorpi.
Dunque questi markers consentono di identificare sulle immunoglobuline strutture
COMUNI NELLA STESSA SPECIE, ovvero classi e sottoclassi (per le catene pesanti)
e e tipi e sottotipi (per le catene leggere).
Markers allotipici
Per quanto riguarda le catene leggere, questi markers allotipici si trovano sulla
catena K MA NON SULLA CATENA λ: dunque solo sulla catena K ciascuno di noi è
diverso per i markers allotipici. Per questo distinguo individui con tre differenti
espressioni allotipiche per la catena K:
La differenza sta dunque in pochi amminoacidi: piccole differenze che fanno si che
nella specie umana noi apparteniamo a gruppi allotipici diversi.
Per quanto riguarda le catene pesanti, anche qui trovo markers allotipici: le IgG1,
IgG2, IgG3, IgG4 e le IgA2 li portano, per cui se ad un individuo con IgG1 trasfondo
sangue con IgG2, esso produrrà anticorpi. NON ESISTONO markers allotipici su
altre catene pesanti.
Questi markers allotipici erano utilizzati frequentemente in medicina legale per il
riconoscimento della paternità.
L' allotipicità è tuttavia responsabile di una delle immunodeficienze più importanti e
frequenti, che riguarda un difetto selettivo alle IgA2: il problema più serio è legato
al fatto che questi soggetti possono ricevere trasfusioni di plasma (ad esempio, in
seguito ad un trauma, un parto od un incidente). Ricevendo ripetutamente IgA2,
faranno anticorpi contro di esse, e se riceveranno ancora plasma ricco di IgA2,
rischiano lo SHOCK ANAFILATTICO.
Non è un sito costante, bensì variabile. La regione non è altro che una “tasca”
compresa tra VH e VL .
Tuttavia, nell' ambito di queste regioni VARIABILI, riconosco delle zone che riescono
maggiormente a prendere contatto con l' antigene, e altre no. Le prime possiedono dei
siti che sono complementari all' epitopo e per questo vengono classificate come CDR
(Regioni Determinanti la Complementarietà), e ne individuo di tre tipi: CDR1, CDR2,
CDR3, e sono chiamate anche REGIONI IPERVARIABILI. Le seconde sono chiamate
REGIONI VARIABILI PROPRIAMENTE DETTE o REGIONI CORNICE (FR,
Framework Regions), e, pur non mantenendo un contatto intimo con l' antigene,
servono a mantenere la struttura di legame con esso, ovvero vanno a formare l'
impalcatura che sostiene la struttura.
Particolarità: di tutti gli anticorpi finora analizzati, le regioni cornice presentano una
struttura tridimensionale sovrapponibile; viceversa, le regioni ipervariabili sono uniche
per ciascun anticorpo.
Markers idiotipici
Sono markers antigenici, quindi riconosciuti mediante anticorpi, che permettono non
solo di distinguere immunoglobuline tra individui della stessa specie, MA
ADDIRITTURA ALL' INTERNO DELLO STESSO INDIVIDUO. Questo fa dedurre
che potenzialmente ciascuno di noi è in grado di fare da solo anticorpi anti
immunoglobuline.
Questi markers ovviamente possono essere siti nell' ambito delle REGIONI
VARIABILI, che determinano la specificità anticorpale: più precisamente l' idiotipo è
collocabile sia nella REGIONE CORNICE che ipervariabile.
Per quantoo detto alla fine del paragrafo precedente, è altamente improbabile che all'
interno della stessa specie noi condividiamo idiotipi nella parte ipervariabile; possono
d' altro canto esserci differenze nella regione cornice.
Ovviamente il lavoro con la zona cornice e la zona ipervariabile deve essere controllato
e deve esserci armonia tra il lavoro degli anticorpi anti regione cornice ed anti
regione ipervariabile, affinchè la risposta mediata dai linfociti B sia armonica e
controllata.
Esistono idiotipi anche sulla parte ipervariabile del TCR, quindi anche sui LINFOCITI
T.
Risposte anticorpali
a) POLICLONALE: la molecola da riconoscere possiede più epitopi, coinvolgerà la
proliferazione e differenziazione di più cloni di linfociti B. Ne scaturisce una
produzione di anticorpi eterogenea, contenente un miscuglio di anticorpi differenti,
ciascuno specifico per un particolare epitopo dell' antigene.
Generalmente la produzione di immunoglobuline è votata verso questo tipo di risposta.
La regione cerniera
E' una sequenza peptidica delle immunoglobuline (sebbene non tutte la possiedano),
sita tra i domini CH1 e CH2. E' una zona delicata, dove sono presenti ponti disolfuro,
che consentono la presenza di un' angolatura larga o stretta a seconda dell' anticorpo.
Abbiamo già detto che non tutte le immunoglobuline la possiedono: infatti le IgE e le
IgM invece di avere la regione cerniera hanno un dominio in più; questo giustifica la
loro rigidità, e la loro più difficile interazione con l' antigene.
Infatti le Ig che la possiedono hanno una relativa flessibilità, che conferisce loro l'
adattabilità della molecola alle diverse strutture antigeniche, come si può evincere
dalla figura che segue:
Il frammento Fc
Esso determina:
I recettori per il frammento Fc delle IgG sono schematizzati nella seguente tabella:
Nota: il termine ANTICORPO è un termine operativo; esso può essere costruito, come
struttura, su una IgG.
Le regioni Fc sono situate all' interno del pentamero, mentre i 10 siti di legame per l'
antigene sono esposti verso l' esterno della molecola.
Possedendo dieci braccia, potenzialmente sarebbero le migliori immunoglobuline, ma
con il movimento queste braccia si intralciano tra di loro.
Osserviamo la struttura del monomero: anche qui distinguo catene pesanti e catene
leggere; ciascuna IgM sarà contraddistinta dalla SUA catena pesante μ, ma potrà
possedere come catena leggera o K nel 60% dei casi o λ nel rimanente 40%.
La catena pesante pesa 70000 Da, a differenza di quella delle IgG (50000 Da): questo
perché essa possiede UN DOMINIO IN PIU': sono dunque presenti sulla catena
leggera UN DOMINIO COSTANTE C e UN DOMINIO VARIABILE più all' esterno,
V.
Nella catena pesante si avrà i domini Cμ1, Cμ2, Cμ3, Cμ4. Come le IgG saranno
contraddistinte da una porzione zuccherina a livello dell' Fc.
Da quanto appena detto si evince che il peso molecolare totale del pentamero si aggira
intorno ai 900000 Da: per questo motivo le IgM sieriche sono anche chiamate
MACROGLOBULINE.
Dunque esse sono solo potenzialmente meglio delle IgG, in quanto potrebbero legare
più epitopi; ma per diverse ragioni che di seguito riassumiamo non sono proprio
classificate tra le immunoglobuline più affidabili:
Esiste anche la forma monomerica delle IgM, solo che la si ritrova frequentemente
sulle membrane e sulle superfici cellulari.
Esse sono un po' come un ibrido: dipende tutto da dove le si prende. Posso trovarle:
b) Un' altra è impedire al batterio l' adesione: se i batteri non riescono ad aderire
sulla superficie ospite, non provocheranno mai infezione.
c) Essendo dei dimeri, possono creare dei veri e propri corpuscoli che inglobano gli
agenti estranei e possono venir facilmente eliminati tramite il muco e l' azione
bronchifuga delle ciglia (pensa all' epitelio delle vie respiratorie!).
IgA e immunodeficienza
Nel siero sono presenti nell' ordine dei nanogrammi per millilitro (ng/ml). Infatti esse
possiedono una STRAORDINARIA CITOFILIA, tanto che le cellule possiedono
recettori (FcεR) solo per loro, ovviamente recettori per il frammento Fc. Sono gli
anticorpi tipici delle allergie e delle parassitosi.
Dal punto di vista strutturale assomigliano alla forma monomerica delle IgM, con 4
domini costanti di cui fa parte un extradominio Cε4.
Ciascuna catena pesante possiede un peso molecolare di 70000 Da; anche nelle IgE la
porzione zuccherina del frammento Fc è cospicua: rappresenta circa il 7 – 8% in peso
del totale molecolare.
Immunoglobuline solubili e recettoriali (di superficie)
1) CLASSE I
Comprende tre gruppi di molecole (antigeni): A, B, C. Questi antigeni/molecole sono
presenti su tutti i tessuti dell' organismo: le uniche cellule che non li possiedono sono
le cellule anucleate (ovvero gli eritrociti).
2) CLASSE II
Comprende tre gruppi di molecole: DR, DP, DQ. Questi antigeni sono presenti solo su
alcune cellule, ovvero le APC (Antigen Presenting Cells): cellule dendritiche, cellule di
Langerhans, LINFOCITI B. Qui si ferma il sistema HLA.
3) CLASSE III
Fa sempre parte dell' MHC, ma va ben oltre il sistema HLA: vi fanno parte geni che
codificano per alcune proteine del complemento, molecole coinvolte nell'
infiammazione, Heat Shock Proteins, TNF, C2, C4.
Deduco quindi che se un linfocita B è una APC, porterà sulla sua superficie sia le
molecole di classe I che quelle di classe II.
Si individuano TRE DOMINI per la catena α ( α1, α2, α3): α1 e α2 sono le anse più
esterne della molecola e sono un continuo; il complesso α1 – α2 possiede una variabilità
pazzesca da persona a persona; infatti deve essere competente alla visione di più
antigeni (bisogna anche dire che una molecola MHC è in grado di legare più antigeni e
che un antigene è in grado di farsi riconoscere da più molecole MHC). Individuo una
minor variabilità per α3. Va precisato che dunque noi non abbiamo una sola espressione
di A, di B, e di C, E CHE A, B, e C sono diversi da individuo a individuo.
Il gene che codifica per le catene alfa è sito sul CROMOSOMA 6 (braccio corto).
Si individua invece UN DOMINIO SOLO per la catena β, che, essendo molto piccola, è
chiamata β2 MICROGLOBULINA (peso molecolare 12000 Da); NON è legata alla
catena α3 sita davanti per mezzo di ponti disolfuro.
Il gene che codifica per le catene beta è sito sul CROMOSOMA 15.
L' intera molecola può liberarsi dalla membrana della cellula ed andare in circolo e,
caratteristica importante, PUO' FARLO ANCHE LA SOLA CATENA β2; quest' ultima
viene filtrata a livello glomerulare (ricorda che può filtrare fino a 69000 Da) e
riassorbita a livello del tubulo prossimale.
QUALORA IL TUBULO FUNZIONASSE MALE, la ritroverei nelle urine (non viene più
riassorbita) e per molto tempo fu usata come marker di danni tubulari dai nefrologi.
Questa molecola è in grado di vedere l' antigene, il quale andrà a porsi tra i beta –
sheets (struttura secondaria della proteina) formati dalle anse α1 – α2: nota che l'
antigene che queste molecole vedono appartiene al SELF. Come già detto, il sistema
immunitario dovrà vedere anche i propri antigeni, e riconoscerli come propri!
Abbiamo visto che comprende i tre gruppi di molecolea DR, DP, DQ, ciascuno diverso
da individuo a individuo.
Individuo due catene: α (alfa) e β (beta). Entrambe le tipologie possiedono la
struttura tipica delle anse delle immunoglobuline, ovvero 110 amminoacidi, 90 dei quali
costituiscono l' ansa vera e propria e le rimanenti 20 si pongono a lato in gruppi di 10.
Individuo DUE DOMINI PER LA CATENA α ( α1 e α2, per un totale di peso molecolare
32000 Da) e DUE DOMINI PER LA CATENA β (β1 e β2, per un totale di peso
molecolare 28000 Da).
Entrambe le catene, alfa e beta, deriveranno dall' espressione di geni siti sul
CROMOSOMA 6 (braccio corto).
Anche questa molecola sarà in grado di vedere l' antigene: solo che, a differenza dell'
MHC di classe I, vedrà SOLTANTO L' ANTIGENE ESTRANEO o IL SELF
MODIFICATO.
La localizzazione dell' antigene avviene a cavallo delle anse α1 e β1, dove si trova un
“letto” di beta – sheets.
Considerazioni
Il fatto di avere sulla superficie cellulare tre diversi tipi di molecole di classe I e tre
diversi tipi di classe II, permette già di vedere molti antigeni.
A questo bisogna aggiungere che noi non abbiamo una sola espressione di A, una sola di
B ecc...(vale anche per DR, DP, DQ), bensì basti pensare che possediamo circa 300
alleli solo per A e circa 600 per B!
Inoltre ciascun A, ciascun B ecc...è diverso da individuo a individuo: come detto prima
la variabilità pazzesca da individuo a individuo, in questo caso per la classe I, è data
dalle anse alfa1 – alfa2.
Ognuno di noi dunque PRESENTA SPECIFICITA' DI A, B, C, DR, DP, DQ.
Noi sappiamo essere il frutto dei nostri genitori: di conseguenza si avranno pure DUE
ESPRESSIONI ALLELICHE di A (per un dato antigene), B (per un dato antigene), C
(per un dato antigene), e lo stesso vale per DR, DP, DQ; eccezioni sono ovviamente i
nati da incesto!
Possiamo dunque affermare che generalmente gli alleli sono espressi in forma
CODOMINANTE.
In realtà con queste poche specificità noi ce la dobbiamo cavare contro tutti gli
antigeni possibili ed immaginabili!
Ma come è stato possibile scoprire i tre diversi antigeni A, B, C? Tramite studi sui
politrasfusi e donne poligravide: per quest' ultimo caso infatti sappiamo che i leucociti
hanno l' HLA sulla membrana; quando si stacca la placenta, vi è reflusso di piccole
quantità di sangue dal feto verso la madre, E LA MADRE PRODUCE ANTICORPI
CONTRO LE CELLULE DEL FETO.
Tuttavia ora nelle trasfusioni non si danno i leucociti, e donne poligravide se ne vedono
sempre meno al giorno d' oggi; per cui ora come ora è difficile effettuare studi su
queste popolazioni.
Il cromosoma 6
Sul braccio corto del cromosoma 6 sono siti i geni per le catene ALFA della classe I,
per tutte le catene della classe II, così come per la III.
Le catene della classe II sono site all' estremo verso il centromero; dalla parte
opposta è sita la classe I, mentre la classe III è in mezzo.
Polimorfismi
LA CLASSE I comprende in ordine i siti per HLA B, HLA C, HLA A. Accanto ad essi
sono presenti altri siti HLA con altre sigle (HLA J, HLA G, HLA F, HLA X, ecc). La
differenza sostanziale tra il primo gruppo e il secondo, come detto prima, è che gli
HLA B, C, A SONO ALTAMENTE POLIMORFICI. Il secondo gruppo è invece
caratterizzato da monomorfismo.
Per la CLASSE II posso invece parlare di POLIMORFISMO per le molecole DP, DQ,
DR (presenti solo sulle APC) e invece di MONOMORFISMO per DM.
Per ciascun gene ereditiamo 2 forme alleliche: una dal padre e una dalla madre, per cui
le APC avranno 12 espressioni alleliche totali (6 dal padre e 6 dalla madre
rispettivamente per A, B, C, DP, DQ, DR).
Padre Madre
1 A1 B4 C3 3 A2 B3 C4
2 A2 B6 C2 4 A5 B8 C6
Sappiamo che senza di esso non c' è risposta immunitaria; in generale lo si può
utilizzare in due ambiti:
Tuttavia ciò non vuol dire che un soggetto con HLA B27 debba per forza contrarre la
malattia; si potrebbe meglio parlare di predisposizione e a tal proposito si parla di
RISCHIO RELATIVO, definito come
La predisposizione o meno al diabete di tipo I può essere verificata anche tramite l'
utilizzo di primers per verificare la sequenza amminoacidica sulle catene dell' HLA, e
si notano alcune cose interessanti: gran parte dei pazienti affetti dal diabete di tipo I
possiede sulla catena β del DQ una SERINA o una TREONINA in posizione 57
rispetto alle persone sane che invece in tale posizione hanno ASPARTATO.
E' possibile che taluni soggetti siano suscettibili a certe malattie non solo perchè il
loro HLA non riconosce bene certe molecole, ma è possibile anche l' inverso: certe
espressioni di HLA fanno captare SELF ANTIGENS che non dovrebbero captare; in
tal modo si potrebbe spiegare la predisposizione alle malattie autoimmuni.
Nei vaccini almeno il 90% della popolazione deve essere coperto, in modo tale da non
avere troppe persone con un assetto HLA tale da mantenere il virus o il batterio in
circolo.
La produzione degli anticorpi
Introduzione
Per decenni gli immunologi hanno cercato di spiegare il meccanismo genetico alla base
della incredibile diversità della struttura anticorpale (si parla a tal proposito di G.O.D.
, ovvero Generation Of Diversity). Fu così che vennero a galla diverse teorie:
1) Vi era chi sosteneva la TEORIA GERMINALE: secondo questa noi nasciamo con
un vasto repertorio di geni che codificano per un vasto numero di anticorpi
differenti; in tal modo si spiegherebbe la diversità. Questa teoria fu
sostanzialmente smentita dalle scoperte di Tonegawa.
Nel 1976, Susumu Tonegawa fornì una prima evidenza del fatto che noi non
possediamo un SOLO gene per un dato anticorpo, dimostrando che le regioni V
(variabili) e C (costanti) sono codificate da geni distinti.
Tonegawa prese cellule embrionali di topo, che sono potenzialmente in grado di fare
immunoglobuline ma non le fanno, e cellule di mieloma, in grado di fare
immunoglobuline, e secernenti la catena λ. Da entrambe le tipologie cellulari isolò il
DNA e lo frammentò con enzimi di restrizione (Eco RI); i frammenti così ottenuti
vennero poi separati tramite elettroforesi su gel di agarosio, e ibridizzati con una
sonda radiomarcata costituita da mRNA della catena leggera k.
Sulla base di questi dati, Tonegawa ipotizzò che durante il differenziamento dei
linfociti B da cellule embrionali a plasmacellule (rappresentate nel suo studio dalle
cellule di mieloma) mature e differenziate, i geni codificanti le regioni C e V vanno
incontro a riarrangiamento.
Tonegawa sapeva che:
A livello embrionale, i geni per le regioni C e V sono separati da un lungo tratto di DNA
contenente il sito per ECO RI; durante il differenziamento però i geni per V e C
vengono avvicinati, e la sequenza di DNA interposta viene eliminata: geni separati
vengono messi assieme, e il processo avviene solo su un cromosoma (su UNO dei due
cromosomi 2 o UNO dei due cromosomi 22), fenomeno che viene chiamato di
ESCLUSIONE ALLELICA (d' altro canto è auspicabile che lavori solo un cromosoma,
altrimenti si creerebbe confusione).
Questi lavori fruttarono a Tonegawa il Nobel nel 1987.
Il cromosoma 2
Esso contiene sequenze che nell' uomo codificano per la catena leggera κ. I 110
amminoacidi della PARTE VARIABILE di questa catena leggera sono codificati da
diversi geni. Si comincia con:
• i geni J, che codificano sempre per la parte variabile, e codificano per gli ultimi
10 amminoacidi. Per questi individuo sempre 4 diverse possibilità
(rappresentate da 4 geni differenti).
Il cromosoma 22
Esso contiene sequenze che nell' uomo codificano per la catena leggera λ (che non
uscirà MAI dalla cellula). Anche qui individuo 110 amminoacidi per la PARTE
VARIABILE, a cui associo:
• i geni V (come prima), solo che in questo caso sono in numero di 2 o 3 al massimo
(nell' uomo sembrerebbe in numero di 30).
Il cromosoma 14
Esso contiene sequenze che nell' uomo codificano per la catena pesante.
Per la parte variabile i 110 amminoacidi che la compongono saranno codificati da:
Al solito, per ottenere i 110 amminoacidi della parte variabile dovranno accostarsi UN
segmento V, UN segmento D, UN segmento J. D e J si occupano di codificare per gli
10 amminoacidi ai lati della catena, V fa il grosso del lavoro, codificando per i 90
amminoacidi restanti.
Per la parte costante, si individuano segmenti genici C, che individueranno a loro volta
la diversa tipologia di immunoglobulina insieme alla parte variabile.
Complessivamente possiamo dire che la disposizione dei V, D, J, C è nel senso 5' → 3'
sul DNA.
Considerazioni
Una volta che, casualmente, la cellula B o T ha scelto, nel caso della catena leggera
QUALE segmento V e J associare, è necessario che tra i due geni siano interposte
delle SEQUENZE DI RICONOSCIMENTO SPECIFICHE (RSS) palindromiche. Ed
esse son presenti, fiancheggianti ogni segmento genico.
Queste sequenze funzionano da segnale durante i processi di ricombinazione che
determinano il riarrangiamento dei geni, e ciascuna di esse contiene un EPTAMERO
palindromico conservato, e un NONAMERO conservato ricco in A – T, separati da una
sequenza spaziatrice di 23 o 12 paia di basi. La differenza nel numero delle basi sta
nel fatto che la presenza di 23 paia di basi come sequenza spaziatrice permette all'
elica di DNA un doppio giro durante il riarrangiamento.
La sequenza di eventi che accade è la seguente:
Infatti, quando giunge l' antigene, esso modifica la situazione nativa (data da un
campo ristretto di anticorpi): le cellule B prolifereranno e si andrà incontro a
MUTAZIONI SOMATICHE, ovvero mutazioni puntiformi nelle regioni che devono
essere mutate, ovvero le REGIONI IPERVARIABILI, il che aggiunge ulteriore
variabilità. Si individuano quindi DUE fasi di aumento di variabilità:
1) Una prima fase ANTIGENE INDIPENDENTE: avviene quando siamo ancora nell'
utero di mamma e non siamo esposti agli antigeni del mondo esterno. E' la fase
in cui avviene il casuale riarrangiamento dei geni che ci consente di creare un
repertorio di base di anticorpi, il quale a sua volta ci permetterà di controllare
l' antigene, quando esso sopraggiungerà. Praticamente corrisponde a quanto
visto precedentemente.
2) Una seconda fase ANTIGENE DIPENDENTE: avviene con l' arrivo a contatto
con l' antigene, e consiste nella comparsa delle mutazioni sopracitate.
Finora però abbiamo visto quello che accade per la parte variabile delle catene pesanti
e leggere. Manca ora da analizzare quanto avviene per la porzione COSTANTE.
A livello di DNA per la porzione variabile abbiamo visto che dapprima si uniscono un
segmento V e un segmento D scelto, dopodichè si accosta il segmento J a formare il
complesso VDJ. Bisogna ora accostare il segmento C; la differenza sostanziale sta nel
fatto che se per le catene leggere vi è solo UN segmento C sul cromosoma 2 o 22,
NON E' COSI' PER LA CATENA PESANTE, in cui l' unità VDJ può associarsi con un
segmento C scelto tra una molteplicità di questi.
Quando un anticorpo dovrà essere formato, dovrà essere scelto un segmento C, che
quindi NON SARA' sempre lo stesso: si parla per questo di SWITCH ISOTIPICO,
fenomeno per il quale viene mantenuta la parte variabile ma cambiata la parte
costante, per cui a un dato momento la cellula non vorrà più un dato C ma lo vorrà
cambiare, PER FABBRICARE UN DIVERSO TIPO DI IMMUNOGLOBULINA.
Come si può notare dalla figura, tutto ciò è possibile perchè sul cromosoma 14 (catena
pesante) c' è una SEQUENZA DEFINITA di regioni C: e la prima sequenza costante è
una Cμ, per cui il PRIMO ANTICORPO A VENIR CREATO SARA' SEMPRE UNA IgM.
Dopo l' arrivo dell' antigene quindi verrà spento lo switch corrispondente alle IgM e
alle IgD, per accendere la sequenza segnale desiderata.
Nota che TUTTO IL FENOMENO DELLO SWITCH isotipico avviene sul DNA.
Note
I geni per le immunoglobuline di membrana e quelle solubili sono gli stessi: è ovvio che
per le immunoglobuline di membrana avverranno delle modificazioni post traduzionali
che prevederanno l' aggiunta di 20 – 25 amminoacidi idrofobici per l' inserimento in
membrana.
Anche in questo caso bisognerà costruire una parte variabile e una parte costante. Il
TCR è un eterodimero di peso molecolare 42000 Da in cui si individuano diverse
tipologie di catene:
La catena α avrà una serie di geni J e V: essa assomiglia molto alle CATENE LEGGERE
delle immunoglobuline.
La catena β avrà una serie di geni V, J, D: essa assomiglia molto alle CATENE
PESANTI delle immunoglobuline.
Per fabbricare le due catene dovrò quindi accendere due cromosomi diversi; il
fenomeno della ESCLUSIONE ALLELICA vale anche per i TCR.
Pure qui si avrà un primo riarrangiamento genico per la porzione variabile SUL DNA
per l' intervento delle ricombinasi, dopodichè verrà accostato il segmento C per
SPLICING ALTERNATIVO.
Linfociti B vs plasmacellule
I linfociti B:
Le plasmacellule:
Per una data immunoglobulina (ad esempio una IgG), le plasmacellule produrranno DUE
TIPI DI TRASCRITTI PRIMARI: uno per la catena leggera (cromosoma 2 o 22) e uno
per la catena pesante (cromosoma 14).
Ognuno poi andrà a localizzarsi a livello del suo gruppo di polisomi (poliribosomi), e di
seguito nel reticolo endoplasmatico, a livello del quale avverrà la traduzione; vi sarà un
ritmo più elevato di produzione di catene leggere (perché più corte) che di catene
pesanti. E' ovvio che le catene leggere prodotte in eccesso verranno riprocessate.
Di seguito le catene leggere e pesanti dovranno essere accostate: vi sarà spazio per
tutte le possibilità, tranne che per per due catene leggere insieme! Di seguito si
formeranno i ponti disolfuro.
Di seguito la molecola verrà indirizzata all' apparato del Golgi, dove verranno aggiunti
gli zuccheri. Infine verrà deposta in vescicole apposite ed esocitata.
Markers mono/policlonali
2) Il picco delle gamma globuline SCOMPARE: è possibile che siamo di fronte a una
IMMUNODEFICIENZA (A – GAMMAGLOBULINEMIA);
3) Il picco delle gamma globuline NON è più rappresentato da una curva, ma da una
CAMPANA: siamo di fronte a una risposta POLICLONALE, ad esempio siamo di
fronte ad una infezione batterica;
• I MIELOMI MULTIPLI: sono tumori delle plasmacellule nel midollo. Sono lenti,
progressivi e non aggressivi, ma aggredendo l' osso ne provocano una erosione
progressiva con fratture patologiche. Sono colpite prevalentemente le persone
di mezza età o età avanzata.
E' possibile monitorare il tumore in base alla quantità di immunoglobuline prodotte: in
tal caso i mielomi multipli sono accompagnati da una produzione massiva di TUTTE le
immunoglobuline TRANNE LE IgM.
Può accadere che in taluni tipi di MIELOMA MULTIPLO le cellule tumorali secernino
la sola catena leggera: in tal caso si parla di MIELOMA SECERNENTE, più aggressivo
degli altri.
I concentrati di catene leggere sono in grado di passare la barriera di filtrazione
renale e li si può trovare nelle urine, anche perché sono presenti in quantità eccessive
per poter essere riassorbite: prendono in tal modo il nome di PROTEINE DI BENCE –
JONES (vedi all' inizio). In casi estremi esse possono provocare TUBULOPATIE
OSTRUTTIVE, che porteranno a ristagno ed infezioni.
La situazione che si viene a creare ha quindi del paradossale: si ha una produzione
massiva di immunoglobuline, per cui ci si aspetta un superlavoro da parte del sistema
immunitario, e una contemporanea comparsa di infezioni. Come è possibile?
Va ricordato che i mielomi lavorano a spese delle cellule sane, le quali non riescono più
a costruire immunoglobuline funzionanti: la grande quantità di Ig che si ha non serve
perchè non è funzionale.
Per riconoscere le proteine di Bence – Jones è sufficiente usare anticorpi anti catena
leggera. Ma se volessi cercarle nel siero? In tal caso se usassi anticorpi anti catena
leggera, questi riconoscerebbero sia le catene leggere libere, che quelle legate alle
catene pesanti. Allora si utilizzano anticorpi che riconoscano PARTI viste LIBERE
delle catene leggere quando queste sono libere, e che risultano OSCURATE quando le
catene leggere sono legate a quelle pesanti.
Anticorpi monoclonali
Abbiamo visto come la gran parte delle risposte IN VIVO ad un dato antigene siano
risposte policlonali, in quanto ogni antigene presenta più epitopi. Sfortunatamente l'
eterogeneità di anticorpi che facilita la protezione in vivo spesso riduce IN VITRO l'
efficacia dell' antisiero. Per questo motivo in diagnosi e terapia si preferisce
utilizzare ANTICORPI MONOCLONALI derivati da un singolo clone, e perciò specifici
per un singolo epitopo.
Dal punto di vista diagnostico li si può utilizzare per individuare ANTIGENI SINGOLI
di batteri (o meglio, singoli epitopi!)
Per ottenerli non sarà sufficiente immunizzare degli animali con linfociti B ed esporli
all' antigene: si avrebbe infatti una risposta policlonale. Né tantomeno è percorribile
la strada della purificazione dell' anticorpo monoclonale da una preparazione di
anticorpi policlonali.
Nel 1975 Georges Kohler e Cesar Milstein misero a punto delle ricerche in cui
cercarono di sfruttare la capacità dei mielomi di dare risposte monoclonali per
produrre ANTICORPI ANTI SINGOLO ANTIGENE (epitopo): l' idea era quella di far
“fondere” cellule di mieloma e linfociti ottenendo così una struttura ibrida chiamata
IBRIDOMA.
Sappiamo che le vie di sintesi dei nucleotidi (basi puriniche: adenina e guanina; basi
pirimidiniche: citosina, timina e uracile) nelle cellule sono fondamentalmente due:
1) Una prima carrellata di cellule di mieloma nelle quali funzionava SOLO LA VIA
DI SALVATAGGIO. Per ottenerla si trattarono le cellule con
AMMINOPTERINA, un agente farmacologico in grado di bloccare la
DIIDROFOLATO REDUTTASI e quindi la SINTESI DE NOVO.
Le cellule sopravvivevano solo se si somministrava loro dall' esterno ipoxantina
e timidina.
A questo punto essi “fusero” le cellule che usavano solamente la sintesi DE NOVO con
linfociti B di topi immunizzati, prelevati dalla milza; tramite l' uso di SOSTANZE
CEMENTANTI promossero la fusione e ottennero una varietà di tipi cellulari, che
comprendeva ibridi e cellule non fuse:
A questo punto queste tre tipologie cellulari vennero messe insieme in un terreno,
chiamato H.A.T. perché conteneva IPOXANTINA, AMINOPTERINA, TIMIDINA. In
questo modo:
Purtroppo finora non si è mai riusciti ad ottenere anticorpi monoclonali UMANI con
queste tecniche, questo perché le cellule di mieloma umano non resistono abbastanza
in coltura. Per adesso in terapia è possibile utilizzare anticorpi monoclonali MURINI
(di topo), ed è possibile utilizzarli SOLO UNA VOLTA perché noi ci immunizziamo
contro di essi.
E' possibile costruire delle CHIMERE, sostituendo il frammento Fc dell' anticorpo
murino con un frammento Fc umano. Tramite tecniche di ingegneria genetica è poi
possibile rendere questi anticorpi ancor più umanizzati, dove tutto l' anticorpo tranne
la parte variabile risulta umano; in tal modo si riduce la carica immunogenica dell'
anticorpo, rendendolo così più accettabile.
Tuttavia in tal modo non si risolve del tutto il problema: infatti l' intento è di creare
molecole solo UMANE; per ottenerle bisogna ora produrre la parte variabile delle due
catene, pesante e leggera.
Per farlo si utilizzano librerie FAGICHE. Si prendono linfociti umani da più persone, in
modo da ottenere una LIBRERIA, e vi separo l' mRNA. Tramite l' utilizzo di diversi
SET DI PRIMERS si può amplificare le parti variabili, ottenendo così diverse copie di
mRNA, per far venire fuori diversi anticorpi.
A questo punto si inserisce uno ad uno l' mRNA in fagi scelti, che funzioneranno come
vettore, ed esprimeranno in superficie l' mRNA come proteina, ovvero come scFV:
SINGLE CHAIN FRAGMENT VARIABLE, ovvero l' unione, tramite un LINKER
PEPTIDE, tra la parte variabile della catena leggera e la parte variabile della catena
pesante. Nota che ora si è in presenza di una scFv UMANA!
Ricapitoliamo
L' antigene dovrà quindi farsi riconoscere dai LINFOCITI B (che rappresentano un
punto di arrivo della risposta cellulo – mediata e l' inizio di quella umorale) e dai
LINFOCITI T (che provvederanno a proseguire la risposta cellulo – mediata). Tutto
questo è possibile perchè entrambe le tipologie cellulari presentano diverse strutture
per vedere l' antigene:
2. Mhc.
La gran parte degli antigeni infatti viene processata da altre cellule prima di giungere
sui linfociti B. Questi antigeni saranno chiamati T dipendenti, perchè pur avendo come
bersaglio i linfociti B, devono passare attraverso il processamento da parte di certi
linfociti T, che da ora in poi chiameremo LINFOCITI T HELPER (Th): questi antigeni
di norma sono di natura proteica ma non solo!
Esperimento 1
Esperimento 2
Esperimento 3
Esperimento 4
Da questi esperimenti si deduce che per fare anticorpi quindi NON SONO
SUFFICIENTI I LINFOCITI B (tranne che per gli antigeni T indipendenti): è
necessario l' intervento dei LINFOCITI Th. Da questi esperimenti nacque il concetto
di linfocita T helper come “aiutante” i linfociti B a fare anticorpi!
LINFOCITI T CITOTOSSICI
I linfociti T possono essere suddivisi in due popolazioni sulla base dell' espressione
delle molecole di membrana CD4 e CD8:
• LINFOCITI T HELPER, il cui marcatore è CD4; la cellula è denominata anche
CD4+. Questi linfociti riconoscono l' antigene legato a molecole di MHC di
classe II (presente sulle APC, vedi dopo).
CD4 e CD8 sono corecettori che fanno parte della superfamiglia delle
immunoglobuline. CD8 può presentarsi sotto forma di eterodimero αβ o omodimero
αα, con ciascuna catena contenente UN SOLO DOMINIO IMMUNOGLOBULINICO.
CD4 invece si presenta sotto forma monomerica, con QUATTRO DOMINI
IMMUNOGLOBULINICI.
Servirà quindi un incontro ravvicinato tra i tre tipi cellulari APC, linfocita Th e
linfocita B, per avere un prosieguo della risposta: si parla a proposito di SINAPSI
IMMUNITARIA, e ovviamente NON potrà avvenire in circolo!
Le APC sono cellule dislocate; tra di esse si ritrovano numerosi tipi cellulari:
Le APC hanno un marker di superficie che è l' MHC DI CLASSE II, presente a volte in
maniera costitutiva, ma in alcuni casi, come nei MACROFAGI, espresso solo se
necessario! Ricorda che però le APC possiedono pure l' Mhc di classe I, presente su
tutte le cellule nucleate.
Le cellule dendritiche
Sono molto dislocate; si formano nel midollo osseo e poi si dirigono nei vari distretti.
Nascono dal sistema emopoietico, per cui si individuano fondamentalmente due tipi:
Le due linee possiedono marcatori differenti che si possono isolare tramite anticorpi.
Vanno citate poi anche le cellule dendritiche di Langerhans e alcuni tipi di cellule
dendritiche interstiziali.
Le APC sono in grado di inglobare l' antigene ESOGENO per fagocitosi (nel caso dei
fagociti), endocitosi, o pinocitosi e di disgregarlo in molte parti, CIASCUNA DELLE
QUALI sarà esposta sulla loro superficie tramite molecole (l' MHC di classe II) che
normalmente vengono portate in superficie per presentarlo. Questa piccola
introduzione serve per capire l' esperimento di seguito proposto.
Vengono presi due topi gemelli, che quindi condividono lo stesso MHC. Da uno si
prelevano i linfociti T del timo, dall' altro le APC. In terreno di coltura metto insieme
le due tipologie cellulari, stimolandole con un dato antigene, e si osserva una risposta.
Si ripete l' esperimento, ma con due topi di ceppo differente: mischiando APC,
linfociti T e l' antigene stavolta NON SI OSSERVA ALCUNA RISPOSTA.
Questo esperimento serve per capire come non basti mettere insieme le APC e
linfociti T con un dato antigene per ottenere un prosieguo della risposta, ma gli animali
, e quindi l' uomo, DEVONO CONDIVIDERE LO STESSO MHC. Questo risulta essere
un problema non di poco conto nei TRAPIANTI.
Quindi APC e LINFOCITI Th devono condividere lo stesso MHC di classe II, con cui
vedranno l' antigene, per poter ritrasmettere il messaggio: si parla di RISPOSTA
IMMUNE MHC RISTRETTA. Questa risposta si osserva anche tra linfociti Th e
linfociti B. Per ora la si è analizzata nella fase afferente della risposta.
Ma la risposta immune Mhc ristretta non si osserva solo nella fase afferente della
risposta immunitaria, bensì anche nella efferente: ad esempio tra LINFOCITA T
CITOTOSSICO e CELLULA BERSAGLIO (che può essere una cellula tumorale);
entrambe dovranno condividere l' MHC DI CLASSE I.
L' introduzione prima proposta valeva per gli antigeni esogeni (ad esempio, quelli
batterici). L' internalizzazione dell' antigene può essere quindi di tre tipi:
Nel caso del processo endocitotico, l' antigene verrà prima deposto in ENDOSOMI
PRIMARI, di seguito in ENDOSOMI SECONDARI, entrambi caratterizzati dal
possedere un PH ACIDO (circa 6.2) rispetto all' ambiente intracellulare. A questo
punto nei LISOSOMI l' antigene verrà disgregato, producendo così PICCOLI
PEPTIDI .
Parte di questi peptidi ora verrà immesso in vescicole che dovranno fondersi con altre
vescicole contenenti l' MHC DI CLASSE II diretto in superficie e stabilizzato da
CHAPERONI, i quali avranno il compito di mantenere il “giaciglio” dell' Mhc LIBERO e
sgombro affinché avvenga il legame col peptide.
Insieme agli chaperoni, interviene in questo lavoro una CATENA INVARIANTE a
forma di UNCINO che si va a deporre tra le subunità α1 e β1 dell' Mhc di classe II. In
tale modo il SITO NON VERRA' OCCUPATO DA MOLECOLE ESTRANEE.
Come si è potuto notare, l' MHC di classe II è un trasportatore continuo, non vi sono
momenti nei quali esso non sia legato a qualcosa.
In tal caso l' antigene SELF può essere rappresentato anche da molecole nostre di
disfacimento: semplicemente, in tal caso l' antigene, riconosciuto come self non sarà
attaccato dal nostro sistema immunitario.
Se l' antigene è riconosciuto come endogeno, la cellula che lo espone sarà uccisa. Ogni
nostra cellula (potenzialmente in grado di essere infettata da virus o di diventare
tumorale) possiede degli organelli, i PROTEASOMI, in grado di processare molecole in
formazione: le proteine espresse dalle cellule tumorali e dai virus vengono
UBIQUITINATE e di seguito degradate.
I piccoli peptidi si andranno a legare stavolta all' MHC DI CLASSE I (presente su
tutte le cellule).
Il legame tra i due avviene nel reticolo endoplasmatico rugoso, a livello del quale i
piccoli peptidi vengono ATTIVAMENTE TRASPORTATI, e dove l' MHC di classe I
viene sintetizzato:
• le proteine trasportatrici TAP (di membrana sul reticolo, facenti parte delle
ABC, ovvero delle Atp Binding Cassette) prendono in consegna il piccolo peptide
dal lato citosolico della membrana, trasportandolo nel reticolo.
• SOLO ORA l' Mhc di classe I con il suo antigene esce per essere esposto in
membrana.
Difetti genetici dei trasportatori associati alla presentazione dell' antigene (in
pratica le TAP) può determinare la SINDROME DEL LINFOCITA NUDO o BLS
(Bare Lymphocyte Syndrome): in questi pazienti i linfociti esprimono molecole
MHC di classe I o II al di sotto della norma. L' aspetto più caratteristico della
patologia si estrinseca in genere con lesioni granulomatose necrotizzanti nella
parte centrale del viso, oltre che suscettibilità a molteplici infezioni.
I punti di contatto tra APC e Th sono quelli riportati in figura: alcuni risultano essere
CRITICI per il prosieguo della risposta, altri ACCESSORI.
1) Il punto di contatto più importante (quello CRITICO) è tra l' MHC di classe II
con il peptide e il TCR. Nota che il TCR dovrà riconoscere SIA L' MHC che il
PEPTIDE. IL SOLO MHC viene riconosciuto pure da una seconda molecola
presente sui Th, ovvero CD4.
2) Icam - 1 (sulla APC) ed LFA – 1 (sul Th): LFA – 1 è una struttura tipica dei
linfociti, ovvero un recettore CD11a / CD18 (ricorda che invece sui neutrofili si
ha CD11b / CD18). E' un contatto accessorio.
3) LFA – 3 (sulla APC, detta anche CD58) e CD2 (sul Th). E' un contatto
accessorio.
Questi primi tre contatti sono sufficienti a produrre un PRIMO MESSAGGIO, che
però non viene passato senza l' intervento ulteriore di altre due molecole, che
producono un SECONDO MESSAGGIO:
4) B7 (sulla APC) e CD28 (sul Th): è un ponte ASPECIFICO (in quanto il CD28 si
lega anche altri ligandi) a differenza dei primi tre, ma FONDAMENTALE per il
prosieguo della risposta.
Ricapitolando:
2) E' possibile pure utilizzare ANTICORPI anti CD28 o anti B7, ottenendo però
un blocco SPECIFICO di tutte le reazioni che coinvolgono i Th: li si può usare
per bloccare anche un rigetto da trapianto.
Come già analizzato all' inizio delle lezioni (pag. 29), il TCR ha una coda intracellulare
corta e deve essere per questo coadiuvato da CORECETTORI: CD3, e le catene ETA e
ZETA. Il sistema del recettore e dei corecettori risulta essere associato a delle
strutture di membrana chiamate RAFTS (ZATTERE) LIPIDICI, delle zone che
consentono la clusterizzazione del complesso.
Critica risulta essere la catena ZETA, avente delle zone ITAM ricche in TIROSINA
che devono essere fosforilate da una apposite tirosin kinasi: critiche risultano essere
a proposito DUE CHINASI:
Quando queste tirosine vengono fosforilate si crea un sito di attacco alla base della
catena ZETA per una terza tirosin kinasi: ZAP – 70, che legandosi SI ATTIVA e dà il
via ad una cascata di reazioni intracellulari:
1) Una prima via, che comprende la CASCATA DELLE MAP KINASI, la quale alla
fine porta alla attivazione di un FATTORE DI TRASCRIZIONE: AP – 1,
formato dall' eterodimero JUN – FOS.
2) Una seconda via (che si attiva contemporaneamente alla prima), che comprende
la VIA DELLA PLC:
Citochine e chemochine
Le citochine sono molecole proteiche prodotte da vari tipi di cellule e secrete nel
mezzo circostante di solito in risposta ad uno stimolo, ed in grado di modificare il
comportamento di altre cellule inducendo nuove attività come crescita,
differenziamento e morte. Generalmente sono molecole a basso peso molecolare, circa
25.000 – 30.000 Da. All' interno della famiglia delle citochine si ritrovano le
CHEMOCHINE, molecole in grado di fare qualcosa di più: ovvero di indurre il
fenomeno della CHEMIOTASSI.
IL – 2 e il suo recettore
• Una forma A BASSA AFFINITA', nella quale sono presenti le sole catene β e
γ. Queste due subunità sono comunque COSTITUTIVAMENTE prodotte dai
linfociti T (HELPER e CITOTOSSICI) e da altre cellule (anche i LINFOCITI B
e le CELLULE NK), quindi anche quando queste non sono attivate.
Si parla per questo di RIDONDANZA DEL SISTEMA. Inoltre alcune citochine sono
prodotte da entrambe le classi: GM – CSF e IL – 3.
Qualora il sistema dei Th0 dovesse orientarsi verso una differenziazione nei Th1,
sarebbe necessario un SISTEMA DI AUTOCONTROLLO che spegnesse l' azione dei
Th2. Infatti quando si mette in moto la risposta cellulo – mediata, non serve quella
umorale, (e viceversa) .
Questo sistema di controllo esiste, ed è rappresentato dalle stesse citochine
prodotte dalle due classi di linfociti Th: in particolare IFN – γ per i Th1 e IL – 10
per i Th2 bloccano la risposta della classe opposta.
La risposta umorale
La risposta umorale parte dai linfociti B, sui quali l' informazione può arrivare in
diversi modi:
1) Nel 99% dei casi l' antigene verrà loro presentato dai LINFOCITI Th2.
2) Nell' 1% dei casi vedranno DIRETTAMENTE l' antigene, anche perchè i linfociti
B rientrano nella classe delle APC.
Il contatto linfociti Th2 – linfociti B: cosa avviene nel 99% dei casi
Tra i Th2 e i B linfociti ci dovrà essere contatto FISICO tra il TCR con il peptide –
antigene e il BCR sulla superficie del linfocita B: questo PRIMO CONTATTO
rappresenta un contatto SPECIFICO.
Quando il linfocita Th viene attivato, oltre a sintetizzare la catena α (o CD25) e l' IL -
2 per la sua proliferazione, espone sulla membrana una molecola chiamata CD40L
(CD40 Ligando). I linfociti B invece esprimono COSTITUTIVAMENTE (sempre) sulla
loro superficie una molecola chiamata CD40: il SECONDO CONTATTO sarà
rappresentato dal legame CD40L – CD40.
Una volta avvenuto il legame tra queste componenti, si innesca una serie di reazioni
molto simili a quelle analizzate nel linfocita Th dopo il contatto con la APC:
• Il contatto CD40L – CD40 attiverebbe anche la via della PLC: come visto
precedentemente, anche con questa via si giunge al nucleo!
In tal caso entra in gioco il BCR con il suo CORECETTORE, che vedrà direttamente l'
antigene: ne deriva una cascata di attivazione che prevede la fosforilazione delle
sequenze ITAM del BCR, l' attivazione di SYK, la cascata delle MAP KINASI, l' arrivo
al nucleo: come visto precedentemente!
IN questo caso però il corecettore dei linfociti B NON HA UN RUOLO DIRETTO
COME a livello dei Th, ma funziona solo da ADIUVANTE.
• Per le IgG ci sarà pure il DOPPIO CONTROLLO dai Th2 (che produrranno IL –
4 e IL – 5) e dai Th1 (che produrranno IL – 2 e IFN - γ, che coadiuvano l'
azione delle precedenti citochine).
Organi linfoidi
Gli organi linfoidi sono i siti a livello dei quali (non in tutti però, solo in quelli
secondari) avviene l' incontro tra APC, LINFOCITI T, e LINFOCITI B. Come già
accennato precedentemente, questo incontro non può avvenire in circolo, in quanto è
altamente improbabile che queste tre tipologie cellulari si ritrovino allo stesso
momento nel torrente circolatorio.
Gli organi linfoidi si dividono in:
• DOTTO TORACICO: drena la maggior parte delle regioni inferiori del corpo, la
regione toracica sinistra, vi arriva pure la linfa drenata dall' arto superiore
sinistro, dalla parte sinistra del cuore e dalle metà sinistre di testa e collo.
Confluisce nella VENA SUCCLAVIA SINISTRA (giunzione
GIUGULOSUCCLAVIA).
I linfonodi
I linfonodi sono formazioni intercalate nel circolo linfatico e site in precise regioni
corporee quali ascelle, collo, addome, inguine. Ciascun linfonodo , costituito da una
zona CORTICALE (divisa in corticale propriamente detta e paracorticale) e da una
MIDOLLARE, è avvolto da una capsula connettivale che invia sepimenti all' interno e lo
suddivide in spazi di forma irregolare denominati:
Dovrà quindi esserci l' incontro fisico diretto tra i linfociti T e i linfociti B. Ma come
sarà possibile l' incontro tra quegli sparuti linfociti T e B che dovranno rispondere?
La risposta sta nel fatto che la circolazione sanguigna nel linfonodo è differente da
quella linfatica:
• La circolazione LINFATICA prevede la presenza di VASI AFFERENTI che
attraversano la capsula esterna e si pongono immediatamente al di sotto di
essa, confluendo nei SENI LINFATICI. Dopodichè attraverseranno la corticale
(seni corticali), la midollare (seni midollari), per poi fuoriuscire a livello dell' ilo
nei VASI EFFERENTI.
• La circolazione SANGUIGNA invece prevede l' entrata a livello dell' ilo delle
ARTERIOLE, che poi si capillarizzeranno più in profondità. Le venule
postcapillari di seguito torneranno ad uscire dall' ilo.
L' antigene, trasportato dalla linfa tramite i vasi linfatici, giunge nella ZONA
PARACORTICALE DOVE VIENE PRESO IN CONSEGNA DALLE CELLULE
DENDRITICHE. A questo punto i linfociti andranno a setacciare il territorio del
linfonodo per VEDERE L' ANTIGENE con la RELATIVA APC.
Una volta localizzato l' antigene, il linfocita T attivato prolifererà e passerà in
consegna l' informazione ai linfociti B, previo contatto nella zona tra
PARACORTICALE e FOLLICOLARE.
Ora i linfociti B saranno liberi di proliferare nei centri germinativi competenti dei
follicoli: la selezione dei linfociti B che hanno proliferato avviene pure nel centro
germinativo, e solo i B CON MAGGIORE AFFINITA' per l' antigene usciranno vivi da
lì, gli altri moriranno tramite processi di apoptosi.
I linfociti T che NON HANNO ANCORA VISTO L' ANTIGENE, per passare dal
torrente circolatorio verso il linfonodo, possiederanno molecole di superficie, come le
L – SELETTINE, che riconosceranno le SIALOMUCINE delle cellule endoteliali delle
H.E.V.. A questo punto potrà avvenire il processo di DIAPEDESI e ROLLING, che
consentirà loro l' ingresso.
Il richiamo verso il torrente circolatorio avviene tramite chemiotassi promossa da
INTEGRINE e CHEMOCHINE.
I linfociti T, DOPO AVER VISTO L' ANTIGENE, quindi sotto forma di CELLULE
DELLA MEMORIA (ricorda che le cellule della memoria possono derivare non solo dai
B, ma pure dai Th e dai T citotossici), andranno a caccia di quell' antigene, dovunque
esso possa trovarsi. E interverranno ora molecole differenti per ciascun distretto: a
seconda dell' organo interessato, ci sarà bisogno sulla mucosa di molecole differenti
per il richiamo. Il processo per cui a ogni organo è associato un richiamo specifico per
i linfociti è chiamato HOMING.
Nota: a livello dei LINFONODI verranno processati gli antigeni DELLE MUCOSE E
NON QUELLI CIRCOLANTI, spettanti alla milza.
La milza
Sita nell' IPOCONDRIO SINISTRO, di peso circa 250 grammi, la milza è un organo a
doppia funzione:
• La POLPA BIANCA, zone site all' interno della polpa rossa, in realtà ancor più
scure di essa. Essa rappresenta la principale componente immunologica dell'
organo, in quanti ivi vengono processati TUTTI gli ANTIGENI CIRCOLANTI.
Tonsille
Sono organi linfoepiteliali, facenti parte del MALT, e organizzati nell' ANELLO DEL
WALDEYER, costituito da:
• Tonsille PALATINE.
• Tonsille LINGUALI.
• Tonsille TUBARICHE e FARINGEE, il cui rigonfiamento prende il nome di
ADENOIDI.
Placche di Peyer
Site nell' intestino TENUE, fanno parte del MALT. Ivi trovo:
Va anche detto che in tutta la mucosa intestinale (quindi non solo del tenue) sono
presenti linfociti ANCHE NON ORGANIZZATI SOTTO FORMA DI PLACCHE DI
PEYER.
Nei bronchi
Anche qui, associato alla mucosa con epitelio CILIATO, è sito del MALT con ricchezza
di linfociti.
La risposta umorale
Ricorda che anche se si è ora in presenza della PRIMA VEDUTA DELL' ANTIGENE, i
linfociti ci sono già, e sono già muniti di recettori montati CASUALMENTE in modo da
vedere TUTTI GLI ANTIGENI POSSIBILI: NON SI DEVONO COSTRUIRE
LINFOCITI T e B su misura!
Il periodo di latenza è funzionale affinchè quei POCHI linfociti B che hanno visto l'
antigene abbiano tempo per replicarsi e fare le IgM. In ogni caso nei primi giorni dopo
la latenza il TITOLO di IgM e IgG è BASSO ed entrambe crollano dopo poco tempo.
Tutto questo avviene alla PRIMA VEDUTA DELL' ANTIGENE.
• Linfociti B memoria.
• Linfociti T memoria.
Queste due caratteristiche sono spiegabili col fatto che sono GIA' presenti, e
numerosissime, queste cellule della memoria.
Ricorda che è possibile pure andare oltre le IgG:
Quindi nella risposta primaria predominano le IgM nella fase iniziale, seguite dalle
IgG; nella risposta secondaria predominano NETTAMENTE in tutta la risposta le
IgG, che nel tempo non solo aumentano in numero ma pure nel loro GRADO DI
AFFINITA' (vedi reazione Ag – Ab).
Come monitorare
Come è possibile sapere se una persona ha una infezione IN ATTO? Ad esempio per
una donna in gravidanza è critico sapere se ha contratto la ROSOLIA (Togavirus,
genere Rubivirus), in quanto può portare a gravi malformazioni al feto.
La modulazione della risposta può dipendere da molteplici fattori, tra i quali troviamo:
• l' ANTIGENE;
E' chiaro che la risposta dipenderà dalla QUANTITA', dalla TIPOLOGIA e dalla
EMIVITA dell' antigene. Se sperimentalmente si segue l' emivita di un antigene sarà
possibile intuire lo sviluppo della produzione degli anticorpi.
• Una prima possibilità è che l' antigene venga rimosso senza nemmeno andare
negli organi linfoidi.
Questo sta a significare che la risposta immunitaria può essere controllata TRAMITE
GLI ANTICORPI E QUESTO VIENE SFRUTTATO IN TERAPIA.
Quando giunge il complesso Ag – Ab, potrebbe succedere che l' antigene venga visto
dalle immunoglobuline di superficie , ma la componente anticorpale può essere vista dal
CD32 – B: in tal modo sarebbe possibile modulare la risposta anticorpale per quell'
antigene, proprio come avviene nella PREVENZIONE DELL' ISOIMMUNIZZAZIONE
madre – feto.
Qualora una madre fosse Rh-, e per motivi genetici desse alla luce alla prima
gravidanza un feto Rh+, al momento del taglio del cordone ombelicale un po' di sangue
fetale si mette sempre in contatto con quello della madre: quello che avviene è la
formazione di ANTICORPI ANTI FATTORE RH, che rimangono ivi silenti. Qualora la
donna andasse incontro ad una seconda gravidanza, con feto Rh+, al momento del
passaggio degli anticorpi, passerebbero pure quelli anti fattore Rh, con conseguenze
disastrose per il feto.
Oggi si previene tutto questo somministrando anticorpi anti fattore Rh AD
ALTISSIMO TITOLO ALLA FINE DELLA PRIMA GRAVIDANZA, perchè questo è il
periodo in cui sono presenti nella madre ancora i globuli rossi del figlio. In tal modo
questi anticorpi si legheranno ai globuli rossi fetali, e andranno a BLOCCARE LA
PRODUZIONE DI ANTICORPI ANTI FATTORE RH.
Come già analizzato a pagina 40 e 41, l' idiotipo è sito nella regione variabile delle
immunoglobuline. Somministrando ANTICORPI ANTI REGIONE IPERVARIABILE, la
risposta viene stimolata, in quanto viene mimato l' antigene. Se invece si somministra
ANTICORPI ANTI REGIONE CORNICE, questi vanno a bloccare la risposta.
Quello che invece avviene fisiologicamente invece è ancora sotto discussione; sono
state proposte diverse ipotesi, ma molti immunologi sostengono la TEORIA DELLA
RETE IDIOTIPICA proposta da Niels Jerne (premio Nobel) nel 1974: quando giunge l'
antigene, il clone di linfocita B che deve proliferare produce ANTICORPI ANTI
ANTICORPI in grado di modulare la risposta.
Quanto spiegato può sembrare confuso, ma si può spiegare con il seguente esempio:
L' esempio analizzato rappresentava ovviamente una delle situazioni più semplice di
rete idiotipica, ma non è da escludere che vi siano in realtà interrelazioni cellula –
cellula ben più intricate.
Cellule regolative
Esistono pure LINFOCITI T REGOLATORI, chiamati Treg: come gli altri linfociti,
escono dal timo e sono in grado di INIBIRE la risposta. Si individuano
fondamentalmente TRE tipi di linfociti Treg:
3) LINFOCITI Th3
Già visti in precedenza, sono in grado di produrre una citochina, la TGF – β, in
grado di indurre lo switch isotipico verso le IgA da parte dei linfociti B.
Pure essi presentano come marcatori il CD25 e l' enzima FOX – P3.
Dal momento che queste cellule regolative sono in grado di modulare i linfociti T
citotossici, SONO PURE IN GRADO DI INIBIRE LA RISPOSTA CELLULO –
MEDIATA: i Th3 sono infatti in grado di produrre il TGF – β, in grado di inibire i Th1.
• Legami IDROFOBICI;
• Legami a IDROGENO.
Come mai si instaurano legami deboli e non forti? Perchè in prima battuta vengono
mandate in avanscoperta IMMUNOGLOBULINE CHE NON POTREBBERO ESSERE LE
MIGLIORI per rispondere a quel dato antigene, e potrebbero essere sostituite.
In ogni caso per comprendere la reazione antigene – anticorpo bisogna soffermarsi su
due caratteristiche dell' anticorpo:
L' affinità
Si definisce AFFINITA' dell' anticorpo per un dato antigene come l' insieme delle
forze d' interazione non covalenti che si generano tra un dato antigene e il sito di
legame per quell' antigene sull' immunoglobulina.
Si sa che quando si mette insieme l' anticorpo con il suo antigene a determinate
condizioni (pH fisiologico, temperatura 37 °C, pressione normale) si ottiene il
complesso antigene – anticorpo (AgxAb):
Ag + Ab → AgxAb
Tuttavia la reazione non è legata tanto a fattori come pH, temperatura e pressione
come avviene invece per le reazioni enzimatiche.
All' equilibrio infatti tenderà a formarsi il complesso AgxAb, MA MAI AL 100%,
questo perché la reazione è governata da una COSTANTE DI ASSOCIAZIONE e da
una di DISSOCIAZIONE. Quindi:
Ag + Ab ↔ AbxAg
All' equilibrio quindi si avrà pura antigene ed anticorpo liberi. Si definisce COSTANTE
GLOBALE DI ASSOCIAZIONE il rapporto:
costante di associazione
costante di dissociazione
L' avidità
Considerazioni
Nell' analisi della reazione Ag – Ab in realtà bisogna tenere conto pure di QUALE
ANTICORPO E QUALE ANTIGENE REAGISCONO! In realtà non si avrà quasi mai a
che fare con apteni singoli, ma spesso si avrà una risposta POLICLONALE perchè n
virus o una parate batterica presentano una MOLTEPLICITA' DI ANTIGENI molto
elevata.
Il potenziale ambientale
In realtà nella reazione antigene – anticorpo bisogna tener conto pure del fattore
ambiente, ovvero il POTENZIALE AMBIENTALE Z che viene a crearsi in condizioni
fisiologiche: i globuli rossi sono fisiologicamente respinti tra loro per la presenza dell'
ACIDO SIALICO (di carica negativa) sulle loro membrane . Inoltre ad aiutare tutto
ciò intervengono dei PONTI IONICI di Na+Cl- che garantiscono l'ulteriore
separazione.
Qualora si somministrasse ALBUMINA al sistema, questa sarebbe in grado di
assorbire le cariche presenti nel sistema stesso e quindi di annullare il potenziale: ne
conseguirebbe la formazione di ROULEAUX DI EMAZIE, che non sono agglutinazione,
ma si formano solo in condizioni patologiche come l' IPERPROTEINEMIA o il
MIELOMA.
E' stato calcolato che la densità degli antigeni del sistema AB0 sui globuli rossi è di
circa 1.000.000 per eritrocita, mentre la densità antigenica del sistema Rh è di circa
10.000 – 20.000: la reazione di agglutinazione in quest' ultimo caso, con una così bassa
densità antigenica, non avverrà MAI.
Quindi, effettuando una trasfusione di sangue da un soggetto Rh+ a uno Rh-
IMMUNIZZATO (e di gruppo 0, per evitare problemi di agglutinazione con questi
antigeni) , e prelevando da quest' ultimo un campione di sangue:
• Gli anticorpi sono legati sulla superficie delle emazie, ma NON CREANO
PONTI!
Si utilizza il test di Coombs DIRETTO: se a legarsi sulla parete dell' eritrocita sono
le IgG, è possibile aggiungere ANTICORPI ANTI IgG in grado di creare il ponte
aggiuntivo necessario per l' agglutinazione. Se risulta positivo, vuol dire che il
paziente presentava gli anticorpi anti fattore Rh.
Esiste anche il test di Coombs INDIRETTO: si ricercano in tal caso gli anticorpi anti
fattore Rh nel siero del paziente. Questo siero viene messo a contatto con globuli
rossi Rh+ e di gruppo 0 (per non avere interferenze con il sistema AB0). Si lava il
tutto, in modo da eliminare eventuali anticorpi non legatisi, e si somministrano gli
ANTICORPI ANTI IgG: se si osserva agglutinazione vuol dire che il paziente
presentava gli anticorpi anti fattore Rh.
Reazioni Ag -Ab: la precipitazione
Esperimento 1: vengono prese diverse provette, in ciascuna delle quali viene messa
una quantità di antigene (albumina) COSTANTE e quantità di anticorpo CRESCENTI
via via. Come precedentemente detto, la quantità di precipitato che si forma di pende
dai rapporti Ag / Ab.
Si possono quindi ottenere tre diverse situazioni. Nelle provette:
1) Dove [Ab] > [Ag] : TUTTO L' ANTIGENE PRECIPITA INSIEME AGLI
ANTICORPI LEGATI e nel sopranatante si trova anticorpo libero; e questo è
auspicabile, visto che si è in eccesso di anticorpi, che competono tra di loro.
3) Dove [Ab] < [Ag] : ci si aspetterebbe una situazione simile alla (1) ma a parti
invertite. COSI' NON E', in quanto si ottiene sì del precipitato, ma nel
sopranatante si ritrovano:
• ANTIGENE LIBERO. E se fosse solo questo sarebbe una situazione simile
alla (1);
In seguito alla diffusione dell' antigene (le IgG) nell' agarosio si verrà a costituire una
regione di equivalenza e si avrà quindi una reazione tra le IgG del siero e gli anticorpi
anti IgG.
Verrà dunque a formarsi un ANELLO DI PRECIPITAZIONE le cui dimensioni saranno
proporzionali alla concentrazione di IgG nel siero (più è alta, più diffonderà).
E' opportuno in tal caso dosare anche gli anticorpi anti IgG: qualora ve ne fossero
troppi, la reazione avverrebbe immediatamente senza neppure apprezzare una
diffusione e quindi un ANELLO VISIBILE.
ELISA
Introduzione
Dal punto di vista operativo, si distinguono molte componenti proteiche (oltre 30),
indicate con la lettera C (complemento), a cui si aggiunge di seguito numeri arabi
successivi.
Si individuano componenti numerate da C1 a C9, ma basti pensare che il solo C1 esiste
sotto forma di tre componenti:
• C1q
• C1r
• C1s
L' attivazione non è dissimile da quello che avviene per il sistema della coagulazione,
ovvero avviene con un SISTEMA A CASCATA: ciò è possibile perchè i componenti
iniziali del sistema sono PROENZIMI, i quali, legandosi al bersaglio si attivano
diventando ENZIMI.
Questi enzimi, attivati, agiranno sui componenti successivi (attivandoli) operando una
PROTEOLISI limitata, in quanto agiscono su PUNTI BEN PRECISI: e questo un senso
ce l' ha in quanto:
Non bisogna pensare che vi sia una sola molecola di riconoscimento e attivazione, ma
se ne ritrovano differenti.
Si individuano a tal proposito TRE VIE DI ATTIVAZIONE, alcune messe in moto da
taluni bersagli, altre da altri:
2) VIA ALTERNATIVA: vengono coinvolti componenti che NON fanno parte della
via classica. E' la seconda via ad essere stata scoperta ed utilizza il C3b come
attivatore.
Va detto che le tre vie CONVERGONO TUTTE sul componente complementare C3.
La via CLASSICA
• Le IgG ATTIVANO;
• Le IgM ATTIVANO;
• Le IgG1 e le IgG3 non sempre possono farlo, e questo dipende dalla DENSITA'
ANTIGENICA: ricorda che le IgG hanno due braccia, per cui per far bene il
loro lavoro devono intervenire due molecole ravvicinate di IgG!
Per praticità, basti pensare che il più delle volte gli anticorpi anti fattore Rh sono
IgG3, eppure non verrà MAI attivato il complemento, in quanto la densità dell'
antigene agD è bassa, si aggira intorno ai 10.000 – 20.000 per eritrocita.
Il C1q
E' il primo componente della via classica a venire attivato. Fa parte della famiglia delle
COLLECTINE. Può essere attivato, come già detto, dagli immunocomplessi, dai
complessi della proteina c reattiva, oppure in rari casi può riconoscere un
direttamente un dato sito su una superficie batterica.
Questi siti di legame per il C1q sono sul frammento Fc, ovvero sulla porzione
COSTANTE della catena pesante:
Viene ora spontanea una domanda: come mai il C1q lega SOLO le immunoglobuline che
hanno legato un dato antigene, e non quelle libere circolanti? Per farsi vedere dal C1q,
sia le IgG che le IgM che hanno legato l' antigene, operano PARTICOLARI
MODIFICAZIONI CONFORMAZIONALI DI SUPERFICIE.
Il C1r e il C1s
Una volta che il C1q si è legato all' anticorpo, entra in gioco il C1r, richiamato dal C1q
stesso.
Il C1r si legherà al GAMBO del C1q, a livello delle TRIPLETTE amminoacidiche Gly –
Pro - Idrossilisina: se infatti a questo punto della reazione si utilizzasse una
COLLAGENASI, la reazione si bloccherebbe.
• C4, per cui C1s possiede una cinetica VELOCE: per questo viene prima come
substrato. C4 viene idrolizzato a livello della catena ALFA in:
• C2, per cui C1s possiede una cinetica più lenta. Viene idrolizzato in:
A questo punto la membrana batterica è ricoperta di C4b e C2b: è possibile che C4b e
C2b si giustappongano, andando così a formare un nuovo complesso enzimatico, tenuto
insieme da ioni Mg2+, chiamato C3 CONVERTASI: questo complesso ha ora come
substrato il C3. A questo punto il ruolo di C1 ATTIVATO è finito, in quanto C4 e C2
ATTIVATI (la C3 convertasi) sono in grado di proseguire da soli.
Parentesi
Il C3
A questo punto il C3b potrà giustapporsi al C4b – C2b andando a formare un NUOVO
COMPLESSO ENZIMATICO, chiamato C5 CONVERTASI ed avente come substrato il
C5.
Qui ci fermiamo anche perché sul C3 convergono tutte le vie: il prosieguo della
cascata verrà analizzato successivamente, dopo aver analizzato le vie lectinica e
alternativa.
La via LECTINICA
Essa è la via filogeneticamente più antica perché possiede un sistema molecolare che
vede DIRETTAMENTE I SOLI ZUCCHERI (le lectine sono tutte quelle proteine in
grado di vedere gli zuccheri), senza bisogno degli anticorpi. E' stata scoperta
recentemente.
Ma quali zuccheri vede? In genere zuccheri come MANNOSIO, N – ACETIL
GLUCOSAMMINA, ACIDO SIALICO. Quest' ultimo poi per essere visto deve essere
presente in raggruppamenti (CLUSTERS), fenomeno visibile nei batteri.
La prima proteina del sistema è la MBL (Mannose Binding Lectin), quale presenta
notevoli analogie con il C1q, in quanto entrambe fanno parte della famiglia delle
COLLECTINE (anche le surfactant proteins ne fanno parte): sono tutte proteine simil
– collagene.
La differenza tra FICOLINA, MBL con il C1q sta nel fatto che non vi sono catene
diverse A, B, C ad intrecciarsi ad elica; entrambe sono in grado di “vedere” gli
zuccheri con la loro porzione globulare, e tale legame è reso stabile dallo ione Ca2+.
A questo punto la via lectinica e classica proseguono alla medesima maniera, solo che il
ruolo del C1r e del C1s è portato da proteine molto simili, MASP – 1 e MASP – 2 (MBL
Associated Serin Protease), e il complesso MBL – MASP – 1 – MASP – 2 è molto
simile a quello C1q – C1r – C1s.
La C3 convertasi è condivisa con quella della via classica (quindi è formata da C4b –
C2b).
Alla fine si arriva comunque al C3.
La via ALTERNATIVA
Bisogna effettuare un attimo un passo indietro. Si è visto che quando il C3b si attiva,
esso cerca di legarsi con legami C – S alla membrana del batterio, ma
fondamentalmente lo può fare con tutte le superfici lì vicine, se è in grado di
raggiungerle.
Questo sarebbe estremamente pericoloso e quindi è necessario un controllo affinché
il complemento devii sul bersaglio nemico.
Per questo motivo il C3b ha una estrema labilità DATA DAL FATTO CHE E' TENUTO
SOTTO LO STRETTO CONTROLLO DEL C3b INATTIVATORE, un enzima sierico,
che cerca di ridurre la sua potenzialità offensiva.
Questo enzima tenta di attaccare la catena alfa del C3b neoformato, ma per
funzionare necessita di COFATTORI che prima si legheranno al C3b, spianando la
strada all' enzima. Questi cofattori possono essere:
• SIERICI, ovvero solubili: come il fattore H.
La via alternativa consiste nel BLOCCO di questo sistema di protezione: in C3b NON
VIENE INATTIVATO e la reazione può proseguire. Il C3b, che quindi persiste sulla
membrana di bersagli PERMISSIVI, ora può legare il FATTORE B (molecola molto
simile al C2). Il complesso C3b – B è mantenuto stabile da ioni Mg2+.
A questo punto interviene su questo complesso il FATTORE D, un enzima sierico che
scinde il fattore B in due frammenti:
Il complesso che rimane, C3b – Bb, è una C3 CONVERTASI che può quindi ora andare
ad agire sul C3, amplificando così il segnale.
Questo sistema si ferma quando uno dei substrati si esaurisce: il FATTORE
LIMITANTE è il FATTORE B, in quanto meno concentrato degli altri, e la reazione si
ferma proprio a causa della sua mancanza.
• La via ALTERNATIVA è una via NON PERMISSIVA, in quanto avviene solo dove
è consentito, ovvero quando l' amplificazione del segnale non risulti essere
pericolosa.
• C5a;
• C5b: ora non ci saranno più fenomeni a cascata, ma il C5b si lega alla membrana
batterica, portando alla formazione di un complesso formato dal legame
successivo dei componenti C6, C7, C8 alla membrana tramite LEGAMI
IDROFOBICI: il complesso C5b – C6 – C7 – C8, approfonditosi nella
membrana, prepara il campo a 12 – 13 molecole di C9, l' ultima componente
chiamata in causa. Il complesso C5b – C6 – C7 – C8 – C9 è chiamato MAC
(Membrane Attack Complex).
Le molecole di C9 (simili alle PERFORINE) legatesi si srotoleranno attraverso la
membrana, disponendosi a “parete di barile” vuota alle estremità, a formare un PORO
di circa 20 Å di diametro. Attraverso questo poro:
Si è già visto come si può controllare dall' esterno la reazione complementare tramite:
1) Nella via classica a livello di C1 e nella via lectinica a livello di MASP, si ritrova
un controllo da parte di un C1 INIBITORIO, presente come molecola solubile
nel plasma.
Il C1 INIBITORIO è un inibitore di SERIN PROTEASI (come C1r e C1s, ma pure la
CALLICREINA), per cui: in presenza del complesso pentamerico antigene – anticorpo –
C1q – C1r – C1s, tenta di strappare le subunità C1r e C1s (serin proteasi), formando con
loro un complesso C1 INIBITORE – C1r – C1s e quindi impedendo il richiamo del C4 e
del C2.
Lo stesso meccanismo avviene a livello del complesso MASP.
4) A livello del C3b agiscono tutti quei fattori che sono stati
precedentemente analizzati e che vengono inibiti nella via alternativa.
Sta di fatto che il C3b inattivato viene progressivamente sminuzzato, e l'
ultimo moncone che rimane attaccato alla membrana viene ricercato in
patologia.
Riassumendo
Questi due motivi hanno fatto pensare che la funzione litica non fosse l' unica. In ogni
caso la lisi, intesa come funzione citolitica ha effetto:
• Sui BATTERI GRAM NEGATIVI: questo perchè hanno una membrana esterna
ricca in fosfolipidi.
Tuttavia vi è differenza tra questa opsonizzazione e quella promossa dalle IgG: le IgG
infatti lavorano da sole. Nel batterio (gram negativo) invece la fagocitosi è promossa
dalla presenza stessa dell' LPS.
Il cross – talk
C1q, C1r, C1s, C4, C2, C3, C5, C6, C7, C8, C9
5) Si è già visto come difetto alle GPI ANCHORS per il DAF e il CD59
portino alla PAROSSISTIC NOCTURNAL HAEMOGLOBINURIA.
Le CTL fanno parte della risposta SPECIFICA, sono presenti fin dalla nascita, ma l'
effetto distruttivo è simile a quello prodotto dalle cellule NK, della risposta naturale.
Anche le CTL sono GIA' presenti in noi quando il virus arriva per la PRIMA
VOLTA: per effetto del riarrangiamento genico, noi siamo in grado di costruire
PICCOLI CLONI di cellule per diverse specificità.
Proprio come avviene a livello dei linfociti B, un clone di CTL dovrà essere in grado di
vedere una data tipologia di antigene, e moltiplicarsi secondo la legge dell' immunità
specifica!
1. TCR che vede l' MHC DI CLASSE I complessato con l' ANTIGENE;
A questo punto le CTL sono in grado di proliferare, ma con delle differenze tra la
PRIMA VOLTA CHE VEDONO L' ANTIGENE e LA SECONDA.
• IL – 2;
Le cellule dendritiche dovranno prendere in consegna l' antigene tramite l' MHC DI
CLASSE II, ed informare di seguito i LINFOCITI Th1, che prolifereranno buttando
fuori:
• IL – 2, che verrà sfruttata non solo dagli stessi Th1, MA PURE DALLE CTL,
ORA IN GRADO DI PROLIFERARE.
Quando le CTL diventano CELLULE DELLA MEMORIA (dalla seconda veduta dell'
antigene in poi) saranno in grado di PRODURRE IL – 2 A SUFFICIENZA PER LA LORO
PROLIFERAZIONE.
Se l' attivazione delle CTL richiede il contatto fisico, allo stesso modo è richiesto il
contatto per l' UCCISIONE DEL BERSAGLIO, che avviene a temperatura ottimale di
37°C con l' aiuto di ioni Ca2+ e Mg2+: è interessante vedere come le CTL si leghino a
un bersaglio, lo uccidano, si stacchino e ne attacchino un altro di seguito.
Le cellule NK non sono selettive per singoli antigeni tumorali, oppure per un dato virus:
esse si dirigono contro TUTTE LE CELLULE INFETTATE DA QUALSIVOGLIA
VIRUS. In ordine temporale quindi un bersaglio è attaccato:
Come già visto, dal punto di vista squisitamente morfologico sono LINFOCITI;
rappresentano circa il 5% del totale linfocitario (fisiologicamente fino al 7%) IN
CIRCOLO, perchè nei tessuti sono molte di più.
Sono prodotte nel midollo osseo e sono molto diffuse: in circolo, nelle mucose e nelle
linfoghiandole. Sono paragonabili ad una sorta di SENTINELLE.
Essendo dell' immunità NON SPECIFICA, NON POSSIEDONO:
• TCR
• CD3
• CD4 o CD8
Presentano però:
• MOLTO CD56;
Un esempio di queste cellule NK tissutali sono quelle che nella fase ovulatoria si
accumulano nell' endometrio: il 70% dei linfociti della mucosa endomentriale è
costituito da questa tipologia di linfociti, che non sono propriamente cellule killer, ma
PRODUCONO CITOCHINE come TNF e CSF.
Le cellule NK circolanti
1. Essendo della risposta NATURALE, il legame con la cellula bersaglio non avviene
per mezzo dell' MHC; inoltre NON PRESENTANO MEMORIA.
2. La presenza del CD16 favorisce le cellule NK: quando questa vede un anticorpo
sul bersaglio, si trasforma da CELLULA NON AVENTE SPECIFICITA' a
CELLULA CON SPECIFICITA' che dipende dall' anticorpo.
Si parla a tal proposito di ADCC (Antibody Dependent Cellular Cytotoxicity):
citotossicità cellulare anticorpo – dipendente.
• INIBITORI: servono a far tacere la cellula NK quando vede una cellula normale.
Si pensa che questi recettori siano gli stessi (ovvero lo STESSO recettore può
funzionare SIA DA ATTIVATORE CHE DA INIBITORE), e rientrano in due
categorie:
• DI TIPO LECTINICO.
Premesso che è SEMPRE necessario il contatto, l' uccisione del bersaglio avviene con
DUE metodologie:
• Il DNA si frammenta.
La differenza fondamentale con la NECROSI sta nel fatto che quest' ultima provoca
un riversamento all' esterno di molte molecole, tra cui ANTIGENI, che possono
richiamare cellule dell' immunità e promuovere fenomeni infiammatori; tutto questo
con l' apoptosi non avviene.
Considerazioni
NON GIOCA un ruolo fondamentale invece con le PARASSITOSI, dove la parte del
gigante la fanno le IgE.
D' altro canto, esistono pure altre situazioni dove l' espressione di antigeni sulla
superficie cellulare non avviene: è il caso di taluni BATTERI ENDOCELLULARI
OBBLIGATI (come le LISTERIE o le CLAMIDIE), oppure batteri con parere cellulare
molto spessa e resistente (MICOBATTERI), in grado di opporre notevole resistenza.
Questi microrganismi vengono regolarmente fagocitati, ma dentro ai macrofagi
“dormono”:
• Instaurando il più delle volte un meccanismo che blocca la fusione del fagosoma
con il lisosoma;
Molti batteri sono SAPROFITI e , al di là del senso stretto del termine (saprofita:
batterio che si nutre di materia organica non vivente), questi sono in grado di
convivere pacificamente con noi e produrre sostanze utili al nostro organismo: basti
pensare alla vitamina K prodotta dalla flora intestinale.
Proprio a livello intestinale questi batteri sono siti NELLA VALLE dei villi intestinali.
• Neutralizzare le tossine;
• Agglutinare i batteri: in tal modo poi sarà più facile espellerli tramite il sistema
MUCOCILIARE (nell' apparato respiratorio).
Se riescono ad entrare...
Complessivamente, si osserverà:
1. Già a livello delle mucose batteri come le NEISSERIE possiedono delle proteasi
in grado di rompere le IgA: ricorda che le IgA1 sono le più suscettibili alla
rottura, possedendo una regione cerniera più lunga rispetto alle IgA2.
Come si può notare dalla seguente tabella, sono recettori utilizzati dalle cellule per
SCOPI FISIOLOGICI:
E' possibile individuare per una infezione virale una FASE PRODROMICA in cui non si
presentano né sintomi né segni clinici di rilevanza.
Si possono distinguere, a seconda del VIRUS e del TARGET:
Se riescono ad entrare...
• Non viene adottato tanto per salvare la cellula infettata, QUANTO PER
DIFENDERE LE ALTRE CELLULE;
• Nella presentazione dell' antigene, può FAR AUMENTARE l' espressione delle
molecole di MHC DI CLASSE I e II sulla superficie cellulare; il pericolo in
questo caso sta nel fatto che in individui con MALATTIE AUTOIMMUNI
IN ATTO o LATENTI, la sovraespressione dell' MHC è una SERIA
CONTROINDICAZIONE: ecco perché malattie virali contratte da questi
soggetti sono molto pericolose.
Tuttavia, per eradicare l' infezione E' CONDIZIONE NECESSARIA L' UCCISIONE
DELLE CELLULE INFETTATE, non vi è altro verso! E questo avviene tramite:
• CTL: compaiono dopo le NK, sono già presenti in un numero sparuto, devono solo
attivarsi e moltiplicarsi, ma serve del tempo!
Tuttavia le CTL NON VANNO A SETACCIARE IL TERRITORIO subito: devono
essere informate del PRIMO arrivo del virus nelle ghiandole linfoidi, insieme ai Th e
alle APC.
Le APC possiedono sia l' MHC DI CLASSE I che quello di CLASSE II, grazie al quale
viene presentato l' antigene:
3. Promuovere la ADCC.
Vaccinazioni, sieroprofilassi, immunoterapia
Sieroprofilassi
Vaccinazione
• Poliomielite;
• Morbillo;
• Rosolia;
• Parotite;
1. ANTIGENI MICROBICI;
2. MACROMOLECOLE MICROBICHE PURIFICATE;
3. PEPTIDI SINTETICI;
4. ANTICORPI ANTI IDIOTIPO;
5. MICRORGANISMI INATTIVATI O UCCISI;
6. MICRORGANISMI ATTENUATI, che mimano la malattia.
E' in corso la possibilità di fare dei VACCINI A DNA, ma questa operazione si sta
ancora vagliando con cura.
Le vaccinazioni in Italia
Il problema generale sta nel far passare le vaccinazioni da OBBLIGATORIE a
VOLONTARIE, ovvero far rendere conto alle persone che di fronte alle MINIME
possibilità di CONTROINDICAZIONI di un dato vaccino, ne VALE LA PENA farlo.
Bisogna anche rendersi conto che però persone con problemi già di per sé saranno
MAGGIORMENTE SUSCETTIBILI al vaccino.
• La POLIOMIELITE: a 2 mesi;
I vaccini OPTIONAL dipendono da diversi fattori (il lavoro dell' interessato, le leggi..)
e sono per:
• Il vaccino SALK, iniettato per via parenterale, consisteva nell' inoculazione del
MICRORGANISMO MORTO.
• Il vaccino SABIN invece simula più da vicino la malattia in quanto consiste nella
somministrazione PER VIA ORALE del microrganismo a cui è STATO FATTO
PERDERE IL NEUROTROPISMO: il vaccino attenuato rimane sempre il miglior
vaccino, FERMO RESTANDO che ad un immunodepresso non li si
somministrerà MAI.
1. Sono antigeni T INDIPENDENTI, per cui si avrà una risposta solo IgM
mediata, con tutti i limiti delle IgM;
La soluzione sta nell' aggiungere un PEPTIDE, in tal modo verranno coinvolti pure i Th,
che promuoveranno lo switch da IgM a IgG.
Gli adiuvanti
Sono sostanze dallo scarso potere immunogenico che vengono spesso associate al
vaccino, aiutandolo a funzionare meglio:
Immunoterapie aspecifiche
Sono definite come MANIPOLAZIONI DEL SISTEMA IMMUNITARIO per
modificare lo stato allergico di una persona; è IRRILEVANTE nelle malattie infettive
e si utilizza QUANDO LA PATOLOGIA (anche un tumore) è GIA' IN ATTO.
Le cellule immunocompetenti nascono nel midollo osseo dalle STEM CELLS (CELLULE
STAMINALI).
Si individuano QUATTRO LINEE cellulari:
2) CELLULA PRO – B;
• Il CD20;
• Il CD40;
• Inizia il RIARRANGIAMENTO GENICO DEL cromosoma 14: verranno accostati
i segmenti V, D e J scelti a dare il VDJm; successivamente si accosterà il
segmento C, si avrà trascrizione a mRNA, e si formerà la CATENA PESANTE μ,
la quale non uscirà ancora fuori perché la catena leggera deve essere ancora
costruita!
4) CELLULA B IMMATURA:
Nella tappa successiva verrà aggiunta la CATENA LEGGERA (κ o λ): a questo punto la
cellula B ANCORA IN MATURAZIONE è in grado di esporre sulla superficie le IgM.
Ma la cellula non è ancora matura! Tuttavia questo non vuol dire che non possa vedere
l' antigene, in quanto sono già presenti le IgM: ovviamente, qualora lo vedesse, non
sarebbe in grado di rispondergli ma il fenomeno della MANCATA RISPOSTA DEI B è
transitorio e dura poco.
5) CELLULA B MATURA:
Considerazioni
La distribuzione dei linfociti B aventi IgM rispetto a quelli aventi IgG di superficie è
DIFFERENTE rispetto alla concentrazione di queste immunoglobuline DA SOLE in
circolo:
• O NATURALI;
• O prodotto di uno stimolo da ANTIGENE T INDIPENDENTE.
Dove sta la differenza? Sono semplicemente il prodotto di due tipi cellulari di linfociti
B differenti:
I linfociti T nascono nel midollo, quindi ivi avviene anche l' inizio della loro
maturazione; dopodichè questa terminerà a livello del TIMO.
Nella maturazione intervengono i precedentemente citati fattori di crescita: IL – 3 e
IL – 7 (ed eventualmente gli opportuni CSF).
A differenza dei linfociti B, che devono riarrangiare i propri geni per le Ig, i T in
maturazione dovranno fabbricare il TCR IN ASSENZA DI ANTIGENE, ovvero
CASUALMENTE: il pedaggio da pagare per questa casualità è la eventuale produzione
di CLONI AUTOIMMUNI.
E proprio qui si estrinseca l' intima funzione del timo: ovvero quella di attuare
CONTROLLI SERRATI, in modo da far maturare e far passare solo i linfociti T buoni,
bloccando al contempo quelli autoaggressivi.
Il timo
E' possibile, nel bambino, mediante una radiografia toracica, osservare una OMBRA
STERNALE, che nel tempo va via via restringendosi: il timo ha il suo massimo
splendore nei primi anni di vita!
Il timo è formato da due lobi, ciascuno dei quali è avvolto da una capsula connettivale
fibrosa da cui si staccano sepimenti che suddividono l' organo in LOBULI. Ogni lobulo
possiede:
Sono presenti nell' organo inoltre CELLULE STROMALI, nutrici, in grado di produrre
ormoni quali la TIMOPOIETINA, in grado di nutrire i timociti.
Il 95% circa dei linfociti che passano per di qui è destinato a morire per apoptosi, una
morte necessaria alla selezione dei migliori linfociti.
Processi di maturazione
Al timo giungono i linfociti T dal circolo, ancora in forma altamente immatura, e nel
timo i T in maturazione saranno chiamati TIMOCITI. La PERMANENZA NEL TIMO
sarà garantita da particolari molecole di superficie (NOTCH) sulla superficie dei T.
A questo punto può partire la maturazione, che come quella dei linfociti B, prevede
diversi stadi, con diverse proteine che compaiono VIA VIA! Al solito questi marker
sono utili per etichettare le varie forme di LINFOMI, distinguendoli in tal modo dai B
LINFOMI, e per vedere a che STADIO CELLULARE si trova la leucemia in atto;
ricorda che a DIVERSI STADI, CORRISPONDONO DIVERSE TERAPIE:
• TdT: Terminal – Deossi – Transferasi, enzima che compare nella fase precoce.
Successivamente scompare!
• RAG: l' enzima necessario per la ricombinazione dei VDJ scelti!
• Catena BETA del TCR (gamma nella minoranza);
• Catena ALFA del TCR (delta nella minoranza);
• CD25;
• Corecettori del TCR (CD4 e CD8, che compaiono solo in seguito, come si vedrà
tra poco);
CD4 o CD8 ?
Va detto che la selezione DIPENDE DALLA BONTA' DEL TCR POSSEDUTO DAI T. A
presiedere i controlli saranno proprio le CELLULE STROMALI precedentemente
citate!
Per i linfociti Th
Bisognerà testare la bontà del TCR con un MHC di classe II, posseduto dalle CELLULE
DENDRITICHE (APC). Ed è proprio quello che avviene, sotto il rigido controllo delle
cellule stromali. Il controllo prevede:
• Il riconoscimento da parte del TCR dell' MHC DI CLASSE II; se non lo
riconoscono vengono UCCISI.
Quindi MUORE chi NON VEDE l' MHC DI CLASSE II o CHI VEDE TROPPO
BENE L' ANTIGENE SELF!
Le cellule che passeranno questo controllo, perderanno il CD8: rimarrà solo il CD4.
Per i linfociti Tc
Bisognerà testare la bontà del TCR con un MHC di classe I, posseduto dalle CELLULE
EPITELIALI. Ed è proprio quello che avviene, sotto il rigido controllo delle cellule
stromali.
Il processo uguale a quello riportato per i linfociti Th. In questo caso le cellule che
passeranno MANTERRANNO IL CD8 e perderanno il CD4.
Considerazioni
Il lettore attento avrà capito che nel timo, per quanto vi possa arrivare una
daterminata varietà di antigeni da far testare ai linfociti T, NON VI SARANNO MAI
GLI ANTIGENI SPECIFICI DEI SINGOLI ORGANI.
Questo significa che passeranno linfociti con potenziale di legame per antigeni lontani,
e che quindi ci dovrà essere UN RIGIDO CONTROLLO ATTUATO PURE IN
PERIFERIA. Tale controllo verrà a mancare nelle MALATTIE AUTOIMMUNI.
Modulo di
immunopatologia
Introduzione
• Le MALATTIE AUTOIMMUNI
Le immunodeficienze
• LAD di tipo II, scoperto per ultimo: a mancare è il SIALIL LEWIS X, per
cui non viene consentito ai leucociti il fenomeno del ROLLING.
Adenosina → Inosina
Inosina → Ipoxantina
Una volta scoperta la malattia dei B linfociti, bisognerà instaurare una terapia! Non
avrebbe molto senso vaccinare, in quanto l' individuo è suscettibile a una VASTA
GAMMA di agenti infettanti! La soluzione sta nel:
• Trapianto di midollo;
Una terapia del genere NON richiede trasfusione di immunoglobuline tramite ripetute
trasfusioni di plasma: questo perchè QUESTI INDIVIDUI TENDONO A PRODURRE
ANTICORPI ANTI ALLOTIPO (presente sulla catena K delle catene leggere, e sulla
catena pesante di IgG1, IgG2, IgG3, IgA2).
Se un individuo riceve quindi del plasma con uno degli allotipi presenti nelle Ig
sopracitate, produrranno anticorpi aocntro di essi e richiranno lo SHOCK
ANAFILATTICO.
Per questo motivo chi riceve trasfusioni periodiche di plasma deve essere
SCREENATO per la mancanza di IgA.
E' chiaro che la tipologia di esame da richiedere si baserà sull' infezione studiata:
3. INFEZIONI: possono essere sia una CONSEGUENZA (come visto prima) sia
una CONCAUSA, specie per quanto riguarda le infezioni a decorso CRONICO,
come le infezioni a cellule del sistema immunitario date da:
L' HIV è un RETROVIRUS A RNA, nel senso che possiede al suo interno una DNA
POLIMERASI RNA DIPENDENTE o TRASCRITTASI INVERSA che al momento
opportuno retrotrascrive il suo genoma a DNA.
E' munito di PERICAPSIDE, e a questo livello sono site le glicoproteine fondamentali
alla sua adesione alle cellule bersaglio:
• GP 120;
• GP 41.
Sul pericapside è sita anche la glicoproteina GP 24, contro cui è diretto inizialmente il
sistema immunitario.
E' un virus in grado di rimanere SILENTE per molto tempo all' interno delle cellule
ospiti, in quanto è in grado di INTEGRARE il suo genoma in quello dell' ospite.
Il suoi bersaglio è principalmente il CD4, presente sui linfociti Th1 e Th2, ma HIV può
entrare anche in altre cellule: questo dipende dal suo TROPISMO SELETTIVO che gli
consente l' entrata in cellule diverse con meccanismi diversi.
Ricorda che il CD4 è presente in forma MONOMERICA con QUATTRO domini
immunoglobulinici, il più esterno dei quali rappresenta il SITO DI LEGAME per il virus.
Dal momento che il CD4 è funzionale a legare l' MHC DI CLASSE II, non è insolito che
si verifichi CROSS – REATTIVITA' TRA MHC di classe II e HIV.
Si è notato in passato che il CD4, da solo, NON BASTAVA a far entrare il virus: quello
che occorreva era un RECETTORE PER LE CHEMOCHINE, scoperto grazie agli
esperimenti di Gallo, che gli fruttarono il premio Nobel.
Gallo prese delle cellule permissive, ovvero cellule potenzialmente in grado di far
entrare il virus, e somministrò loro dall' esterno particolari CHEMOCHINE.
Quello che notò in seguito fu che HIV in QUESTE CELLULE NON ENTRAVA,
PERCHE' LE CHEMOCHINE ANDAVANO A OCCUPARE IL SITO RECETTORIALE
NECESSARIO ALL' ENTRATA.
Si individuano a tal proposito DUE grandi famiglie di chemochine:
Quello che si è notato è che MOLTI (ma non tutti) LINFOCITI Th CD4+ possiedono
il recettore chemochinico C – X – C R4: dal momento che non lo possiedono tutte le
cellule, da questo dipende la selettività del virus, in quanto occorrerà UN LIGANDO
per il CD4 e UN LIGANDO per il C – X – C R4.
Qualora riuscisse a entrare nel linfocita T, si parlerà di VIRUS T – TROPO,
INFETTANTE, CON CAPACITA' REPLICATIVE.
Manifestazione clinica
La fase vera e propria di AIDS comincia con la prima infezione opportunistica. Da qui
in poi si potranno avere quadri clinici molto variabili, come:
1. Perdita della funzionalità delle CELLULE Th: ancor prima che queste
diminuiscano di numero, NON PRODUCONO PIU' IL – 2, e quindi NON SI
AUTOSTIMOLANO! Questa è una prima avvisaglia della presenza del
virus, ed è possibile monitorare questo con prove di IPERSENSIBILITA'
RITARDATA.
• Replicandosi;
• L' LPS dei Gram negativi provoca una REAZIONE INCONSULTA dei linfociti B;
• Il VIRUS DI EPSTEIN – BARR è in grado di provocare un linfoma.
Diagnosi
Si è già visto che la prima avvisaglia può essere data dalla presenza di
IPERSENSIBILITA' RITARDATA.
E' possibile valutare il numero dei linfociti T con i metodi visti precedentemente,
valutandone il RAPPORTO PRIMA (che si abbassa da 2 circa a 1, quesi si inverte), poi il
NUMERO ASSOLUTO visto qui si denota un CALO DI Th e non un aumento.
E' possibile pure andare a cercare con ELISA gli anticorpi aspecifici che facilitano l'
ingresso del virus, una volta osservata l' ipergammaglobulinemia. Ma prima è possibile
pure ricercare la TRANSCRITTASI INVERSA.
Terapia
La terapia prende il nome di HAART (Highly Active Anti Retroviral Therapy), in cui si
utilizzano:
L' ipersensibilità
3. REAZIONI DI III TIPO: coinvolgono le IgG (in minima parte le IgM) dirette
contro ANTIGENI SOLUBILI. La formazione di immunocomplessi che ne deriva
porta al loro deposito in determinate zone del corpo.
Reazioni di I tipo
• Febbre;
• Rinite allergica;
• Congiuntivite allergica;
• Nei lattanti un segno di intolleranza al LATTE VACCINO (di vacca) può essere
dato dalla CROSTA LATTEA, un quadro che prevede il cuoio capelluto del
lattante RICOPERTO DI CROSTE.
Gli allergeni
Gli antigeni che mettono in moto il sistema sono i più disparati e vengono chiamati
ALLERGENI; quello che bisogna chiarire è il fatto che TUTTI NOI SIAMO ESPOSTI
AGLI STESSI ANTIGENI, solo che GLI ATOPICI REAGISCONO IN MANIERA
DIFFERENTE. Questi ALLERGENI possono essere:
• Pollini: come quelli della PARIETARIA (un' erba), ULIVI, GRAMINACEE, che
possono dare reazioni stagionali;
• Alimenti: in tal caso la lista è infinita! Citiamo le UOVA (il cui responsabile
spesso risulta essere l' ALBUMINA), il LATTE VACCINO, i FRUTTI DI MARE
(in grado di dare orticaria), VEGETALI, FRUTTA FRESCA (frequente nelle
ragazze, che sbocconcellano frutta fresca, la SINDROME ORALE
ALLERGICA, che si manifesta con fenomeni irritativi a livello del cavo orale).
• Farmaci: oggi come oggi si parla di malattie diatrògene, ovvero l' assunzione di
farmaci in seguito ad una terapia può portare a complicazioni ulteriori. Esempi
possono essere la PENICILLINA e le CEFALOSPORINE, aventi in comune l'
ANELLO ß – LATTAMICO: ed è proprio il prodotto di degradazione di tale
anello il responsabile della reazione.
Alimenti, farmaci, veleni di insetti, api e vespe possono portare allo SHOCK
ANAFILATTICO, condizione che prevede:
• IPOTENSIONE;
• TACHICARDIA;
• PALLORE;
• DIFFICOLTA' RESPIRATORIE.
La morte può sopraggiungere anche nel giro di minuti, per ARRESTO RESPIRATORIO
e CARDIOCIRCOLATORIO.
Questi allergeni colpiscono tutti: la differenza sta quindi nella maniera di rispondere
degli ATOPICI rispetto agli ALTRI.
D'altro canto si sa che la reazione di I tipo è una PATOLOGIA ANTICORPO
DIPENDENTE, per cui è possibile trasferire la sensibilità con un semplice
TRASFERIMENTO PASSIVO DI SIERO da un soggetto ATOPICO a uno NON
ATOPICO.
Gli allergeni sono per la maggior parte PROTEICI, quindi sono ANTIGENI T
DIPENDENTI, per cui la risposta:
Anche le IgE sono presenti ad alte concentrazioni negli atopici. Basti pensare che:
1 IU = 2,4 ng
• Il loro peso molecolare è superiore rispetto a quello delle IgG: questo perchè
SUL FRAMMENTO Fc SONO PRESENTI PIU' ZUCCHERI e perchè presentano
UN EXTRA DOMINIO. La maggiore presenza di zuccheri le rende
maggiormente CITOFILE;
• Le IgE SIERICHE sono MOLTO INFERIORI come numero rispetto alle IgE
sulle superfici cellulari;
Esperimento
La reazione di I tipo si verifica anche negli animali, con diversi organi bersaglio anche
qui. Per osservarla, si procede con una ANAFILASSI CUTANEA PASSIVA nell'
animale: si inietta SOTTOCUTE dell' anticorpo, successivamente si inietta
ENDOVENA l' antigene legato a del colorante BLEU – EVANS.
Quando antigene e anticorpo si incontreranno IN TERRITORIO EXTRAVASCOLARE,
verrà aumentata la permeabilità dei vasi, a formare così un ANGIOEDEMA
(localizzato al punto in cui sono stati iniettati gli anticorpi) COLORATO CON IL BLEU
EVANS.
Si individua una CATENA α PRINCIPALE, che lega il frammento Fc delle IgE; una
CATENA β; una CATENA γ che si allunga in sede intracitoplasmatica , funzionale alla
TRASDUZIONE DEL SEGNALE dentro la cellula.
Le mastcellule
Come si sarà già intuito, sono le cellule DIRETTAMENTE COINVOLTE NEL QUADRO
CLINICO:
Ovviamente lo stimolo principale risulta essere il legame della IgE con l'
allergene.
Il problema dei pazienti ATOPICI non sta solo nel fatto di avere una deviazione della
risposta immunitaria ESCLUSIVAMENTE VERSO i Th1, ma pure quello di possedere
MASTCELLULE MOLTO LABILI, ovvero suscettibili alla degranulazione anche da un
semplice stimolo come FREDDO o CALDO! Altri stimoli (cofattori) possono essere:
• Frammenti del complemento, come il C3a, un po' meno il C5a: sono chiamate
per questo ANAFILOTOSSINE;
• Caldo e freddo: gli attacchi di asma nei soggetti asmatici possono essere dati
da questi stimoli (ad esempio quando si effettua una corsa);
• Osmolarità delle vie respiratorie: anche in questo caso, l' attacco d' asma può
avvenire durante una corsa!
• Ipossia;
L' allergene crea dei CROSS – LINK (mantenuti saldi dagli zuccheri delle IgE) tra
diverse IgE sulla superficie della mastcellula: il cross – link permette ai RECETTORI
AD ALTA AFFINITA' di clusterizzare e di far partire lo stimolo tramite la CATENA
GAMMA. E' possibile simulare l' allergene sfruttando ANTICORPI ANTI IgE.
• Anche questa via, modificando l' assetto lipidico della membrana, la rende
più permeabile al calcio.
L' acido arachidonico sarà poi il precursore di numerose sostanze che potranno creare
problemi. Dall' acido arachidonico ora si possono avere due possibilità:
Ma è possibile pure una terza via, per la quale NON SI PARTE dall' acido
arachidonico, ma dal suo precursore: il prodotto finale è il PAF (Platelet Activating
Factor), prodotto in simultanea ai leucotrieni dalle mastcellule attivate.
1. SRS – A;
2. PAF;
3. PROSTAGLANDINE, che agiscono sulla parete dei vasi incrementandone
la permeabilità (ecco spiegati i fenomeni EDEMATOSI, insieme all'
istamina); le prostaglandine sprovocano pure
BRONCHIOLOCOSTRIZIONE (ecco spiegato l' asma); le prostaglandine
pure sono VASODILATATRICI (ecco spiegata l' ipotensione); il rene
sentirà l' ipotensione e risponderà incrementando i battiti cardiaci (ecco
spiegata la tachicardia).
L' istamina si libererà dall' eparina, una volta esocitate, mediante il Ca2+, che
provocherà DISSOCIAZIONE DEL COMPLESSO formando la CALCIOEPARINA e l'
ISTAMINA LIBERA.
I fenomeni che provocano l' asma bronchiale colpiscono i BRONCHIOLI, ma gli alveoli
RIMANGONO INTATTI.
Sulla parete bronchiolare sono presenti MASTCELLULE MUCOSALI, ricche di
recettori per il frammento Fc delle IgE, e le legano; quando giunge l' allergene si
verificherà:
Gli eosinofili
Generalmente tramite studi su cavie di laboratorio si è potuto capire che gli organi
colpiti dalla reazione di I tipo sono i più diversi:
Esiste una BASE GENETICA o FAMILIARE per la predisposizione all' essere atopici:
se si osserva l' incidenza delle atopie, la suscettibilità AUMENTA se un genitore è
affetta e AUMENTA ANCOR DI PIU' se sono affetti entrambi!
Esiste anche una associazione con il sistema HLA, in quanto sembra che determinati
allergeni si leghino preferibilmente a dati APLOTIPI di HLA.
Ma esistono anche delle CONCAUSE per l' insorgenza del quadro clinico; lo sono,
specie nei bambini, le infezioni da RSV (virus respiratorio sinciziale) oppure
determinati esercizi fisici.
Anche le irritazioni del SISTEMA NANC (Non Adrenergic Non Cholinergic), tra l '
altro molto presente sulle mucose, possono essere implicate nell' insorgenza del
quadro clinico: le terminazioni nervose di questo sistema infatti liberano la
SOSTANZA P, in grado di reagire con le mastcellule.
Diagnosi
Si crea una curva STANDARD per il paziente fino a trovare una concentrazione di IgE
UTILE che si lega agli ANTICORPI ANTI IgE fino all' 80%; in poche parole verrà
fornito un quantitativo totale di IgE affinchè almeno l' 80% degli anticorpi anti IgE
leghi il substrato. La curva esprime una diretta proporzionalità tra la
CONCENTRAZIONE Di IgE e i COUNTS PER MINUTE.
Il RAST (Rapid Allergo Sorbant Test) invece dosa le IgE ANTICORPALI: stavolta al
supporto solido viene legato l' allergene; di seguito si darà il siero del paziente, dove
si suppone ci siano le IgE SPECIFICHE PER QUELL' ALLERGENE, che eventualmente
si legheranno all' allergene. In seguito si danno ANTICORPI ANTI IgE
RADIOMARCATI: legandosi al frammento Fc, più se ne legheranno, più IgE specifiche
quel paziente avrà prodotto!
Queste tecniche comunque ORIENTANO verso una possibile diagnosi, ma ancora non
consentono di fare diagnosi: infatti una manifestazione asmatica accompagnata da
atopia può essere data da svariati fattori, tra cui anche INTOLLERANZA ALL'
ASPIRINA, in quanto l' acido acetilsalicilico viene utilizzato in molti cibi come
conservante.
Terapia: farmaci
• E' possibile pure utilizzare FARMACI ANTI – RECETTORI per l' SRS – A;
E' possibile anche l' utilizzo della IMMUNOTERAPIA,da non confondere con la
VACCINAZIONE, termine usato solamente nelle infezioni: difatti nelle infezioni il
sistema immunitario non ha mai visto l' antigene; in questo caso il sistema immunitario
vede più volte l' antigene ed è proprio lui a rispondere male.
Questa pratica è di solito utilizzata per individui ATOPICI con QUADRI CLINICI
SERI; si somministra quindi l' ALLERGENE: NON miscele di allergeni, bensì un
ALLERGENE ALLA VOLTA, sfruttando il cosiddetto TEST DI SCATENAMENTO.
Il test di scatenamento prevede l' INALAZIONE di piccole quantità di antigene
(anche se ultimamente si utilizza anche la VIA SOTTOLINGUALE), e per ciascuna si
valuta la risposta del paziente: l' allergene che provocherà una risposta più massiccia
verrà utilizzato in seguito nei richiami. Vanno fatte delle considerazioni:
Somministrando via via sempre più allergene quello che si nota è che il paziente passa
verso una produzione CRESCENTE DI IgG4 (site nel cromosoma 14 vicino alle IgE e
normalmente NON ESPRESSE), contemporaneamente alla DECRESCITA DELLE IgE.
Le IgG4:
Reazioni di II tipo
Sono reazioni in cui sono coinvolti classi note di ANTICORPI, ovvero le IgM e le IgG,
che creano danno in quanto i loro bersagli diventano:
• ANTIGENI SELF;
• VIA ADCC: le IgG possono attivare questo fenomeno mediato dalle CELLULE
NK.
1. Il sistema AB0
La prima volta che viene effettuata la trasfusione, l' individuo possiede GIA'
ANTICORPI NATURALI (IgM) di basso titolo, diretti contro questi antigeni. L'
unico periodo in cui tali anticorpi non sono presenti è il periodo dei PRIMI MESI
DI VITA, in quanto le IgM prodotte dalla madre NON OLTREPASSANO LA
PLACENTA.
Altri individui che non possiedono tali anticorpi saranno gli immunodeficienti.
In ogni caso, i primi sintomi che si evidenziano in seguito ad una trasfusione
ERRATA PER il gruppo AB0 sono:
• Le IgM poi creano degli agglutinati, ovvero dei PONTI TRA EMAZIA ed
EMAZIA, agglutinati che vengono visti alla banca del sangue mescolando
il sangue ignoto con sangue avente anticorpi ANTI A o ANTI B.
2. Il sistema Rh
Nel caso del sistema Rh, nessun individuo possiede anticorpi naturali contro
questo sistema: infatti alla prima trasfusione vengono formati ANTICORPI
ANTI D (prima IgM, poi IgG), SENZA REAGIRE.
E' alla seconda trasfusione che questi anticorpi (IgG) reagiranno, ma cosa si
verifica?
NON SI OSSERVA AGGLUTINAZIONE, in quanto la densità antigenica è
BASSA e le IgG hanno solo due braccia da sfruttare.
Alla banca del sangue per questo viene utilizzato il TEST DI COOMBS per
provocare l' agglutinazione: tramite l' utilizzo del SIERO DI COOMBS
ANTIGLOBULINA, il test diretto identifica la presenza di anticorpi GIA'
ADESI AI GLOBULI ROSSI; il test indiretto prevede una prima
sensibilizzazione al fattore Rh tramite anticorpi anti Rh, poi la
somministrazione del siero di Coombs.
Se si verifica agglutinazione, vuol dire che il paziente AVEVA PRODOTTO
ANTICORPI CONTRO IL FATTORE Rh.
Ma che ne è dei globuli rossi? Le IgG (non tutte le classi) sono fissanti il
complemento, A PATTO CHE LA DENSITA' ANTIGENICA SIA ALTA, COSA
CHE NON AVVIENE. Quindi:
Tuttavia alcuni globuli rossi NON vengono fagocitati del TUTTO, ma solo IN
PARTE: alcuni macrofagi fagocitano solo un pezzo della loro membrana,
permettendo così la RICOSTITUZIONE DI QUESTE CELLULE, che vengono
chiamate ora SFEROCITI, più piccoli, rotondeggianti, con una alta
concentrazione di emoglobina (ricorda che il VOLUME CLASSICO degli
eritrociti è di 90 μm^3, qui è nettamente inferiore).
Si utilizza il test di Coombs DIRETTO: se a legarsi sulla parete dell' eritrocita sono
le IgG, è possibile aggiungere ANTICORPI ANTI IgG in grado di creare il ponte
aggiuntivo necessario per l' agglutinazione. Se risulta positivo, vuol dire che il
paziente presentava gli anticorpi anti fattore Rh.
Esiste anche il test di Coombs INDIRETTO: si ricercano in tal caso gli anticorpi anti
fattore Rh nel siero del paziente. Questo siero viene messo a contatto con globuli
rossi Rh+ e di gruppo 0 (per non avere interferenze con il sistema AB0). Si lava il
tutto, in modo da eliminare eventuali anticorpi non legatisi, e si somministrano gli
ANTICORPI ANTI IgG: se si osserva agglutinazione vuol dire che il paziente
presentava gli anticorpi anti fattore Rh.
Anche un farmaco, che si comporta come aptene, può attaccarsi al globulo rosso (ma
anche alle piastrine a ad organi solidi come il rene) PASSIVAMENTE (ovvero il globulo
rosso fa da spettatore innocente, in quanto è il farmaco di per sé che possiedee la
capacità di legarsi): il problema nasce qualora l' individuo abbia prodotto ANTICORPI
DIRETTI CONTRO QUEL FARMACO!
Questo non vuol dire che ogni farmaco “sappia far produrre all' individuo anticorpi
contro di sé.
Qualora una madre fosse Rh-, e per motivi genetici (marito Rh+) desse alla luce alla
prima gravidanza un feto Rh+, al momento del taglio del cordone ombelicale un po' di
sangue fetale (2 – 3 cc) si mette sempre in contatto con quello della madre, che si
immunizza: quello che avviene è la formazione di ANTICORPI (IgG) ANTI FATTORE
RH, che rimangono ivi silenti. Qualora la donna andasse incontro ad una seconda
gravidanza, con feto Rh+, al momento del passaggio degli anticorpi materni attraverso
la placenta, passerebbero pure quelli anti fattore Rh. Quelle che ne derivano sono
conseguenze disastrose per il feto: sarà possibile l' ABORTO! Se la donna non
abortisce, il neonato potrà soffrire di EPATOSPLENOMEGALIA e IDROCEFALO
(dato dal passaggio dell' emoglobina attraverso la barriera ematoencefalica, ancora
incompleta), con presenza di SFEROCITI nel sangue del piccolo.
Di fronte a un quadro del genere, bisogna innanzitutto fare l' anamnesi, ovvero
conoscere la storia della famiglia, sapere se la donna aveva già avuto aborti in passato.
Se il padre poi è Rh+, potrà esserlo:
1. Nella forma OMOZIGOTE (DD), in tal caso anche il feto al 100% era (o è) Rh+;
Se poi ci fosse differenza di antigeni AB0 tra madre e feto è meno probabile l'
immunizzazione della madre per il fattore Rh, perché se la madre possiede
ANTICORPI NATURALI contro gli ANTIGENI FETALI AB0, distrugge quei globuli
rossi e il problema non si pone nemmeno. Inoltre sarebbero in forma di IgM (perchè l'
antigene non è mai stato visto), per cui non riescono ad attraversare la barriera della
placenta. E SE IN SEGUITO A POLIGRAVIDANZE QUESTI ANTICORPI MATERNI
FOSSERO IN FORMA DI IgG PASSEREBBERO? No, non passerebbero la barriera
placentare comunque, perchè troverebbero gli antigeni AB0 anche a questo livello,
dove si legherebbero: ricorda che il sistema AB0 è su TUTTI I TESSUTI.
Può sorgere però una domanda spontanea: come mai GLI ANTICORPI DEL FETO
DIRETTI EVENTUALMENTE CONTRO IL SISTEMA AB0 DELLA MADRE non
scatenano nulla? Perchè sono in una concentrazione irrilevante (ricorda che a passare
sono solo 2 – 3 cc di sangue al distacco della placenta).
Questo metodo consente di distinguere gli eritrociti del feto da quelli materni dopo
che è avvenuto il distacco della placenta. Viene preso il sangue della madre e trattato
con una SOLUZIONE DI SODA e DI UN ALCALE:
La sindrome di GOODPASTURE
E' una reazione di secondo tipo in cui vengono a formarsi autoanticorpi diretti contro
ANTIGENI CHE SONO COSTITUENTI INTEGRALI DELLA MEMBRANA BASALE
DEL GLOMERULO RENALE. Quello che viene a formarsi è un deposito UNIFORME di
immunocomplessi (ma non si tratta di una reazione di III tipo).
Considerazioni
Nelle reazioni di II tipo possono quindi essere attaccati TUTTI GLI ORGANI. Se poi
il paziente HA GIA' anticorpi PREFORMATI contro gli antigeni di un dato organo che
deve essergli trapiantato, si osserverà il RIGETTO IPERACUTO dell' organo SUL
TAVOLO OPERATORIO.
Per la reazione di II tipo non esistono TEST VALUTATIVI.
• FEBBRE;
• ARTRALGIA;
• PROTEINURIA.
Infatti il siero di cavallo, visto come estraneo dal sistema immunitario umano,
provocava la formazione di anticorpi che via via prendevano sempre piuù il sopravvento
sugli antigeni equini, unitamente alla formazione di immuncomplessi: quello che ne
risultava quindi era una sintomatologia TRANSITORIA.
La reazione di Arthus
Iniettando di continuo l' antigene, sarà quindi possibile avere DUE SITUAZIONI:
Esiste una PATOLOGIA che prevede lo stesso meccanismo della reazione di Arthus,
ovvero l' ALVEOLITE ALLERGICA ESTRINSECA. Questa patologia nasce perché
vengono inalati dall' esterno antigeni che inducono una risposta IgG IN GRANDE
QUANTITA': gli immunocomplessi andranno a depositarsi sulla parete ESTERNA dei
vasi alveolari, determinando:
• Infiammazione alveolare;
• Flogosi;
• Difficoltà respiratorie.
L' antigene che giunge dall' esterno potrà essere di diversa natura: per gli agricoltori
dell' aia potrà essere una SPORA FUNGINA, per gli allevatori di piccioni le FECI
ESSICCATE e rese volatili.
Generalmente contro queste patologie vengono cercati gli ANTICORPI
PRECIPITANTI.
E' una patologia da immunocomplessi che colpisce generalmente le giovani donne dai 20
anni in su. E' una condizione in cui vengono prodotti autoanticorpi contro vari bersagli
self (autoantigeni), uno dei quali è il DNA (ma anche il CR1).
Dal momento che il DNA è sempre disponibile, si osserverà una CONTINUA
ESPOSIZIONE ALL' ANTIGENE! Gli immunocomplessi che verranno a formarsi
potranno andare:
• Sui piccoli vasi di cervello, cute e articolazioni: in quest' ultimo caso si potrà
avere ARTRALGIA: la sinovia si imbibisce molto in seguito alla flogosi, ed è
ricca di terminazioni nervose, per cui se essa si gonfia, l' individuo se ne
accorge. Generalmente l' artralgia è proprio il PRIMO SEGNO CHE COMPARE;
• FATTORI EMODINAMICI;
Per creare fenomeni flogistici, gli immunocomplessi devono passare l' endotelio vasale
e raggiungere il subendotelio: ci vuole un aumento di permeabilità del vaso. I
protagonisti dell' aumento di permeabilità vasale sono:
Si è detto che il rene è l' organo più colpito dalla patologia vasculitica.
Al di sotto della MEMBRANA BASALE dei capillari glomerulari è sito il MESANGIO
(simile alla sinovia, si imbibisce facilmente in seguito a flogosi): sono i macrofagi del
MESANGIO ad occuparsi degli immunocomplessi, di norma.
In periferia
• In una PORPORA si individuano chiazze rosse sulla cute, date dallo stravaso
emorragico: la parete del vaso è stata lesionata!
Dal punto di vista semeiologico, se l' eritema viene schiacciato, il colore rossastro
scompare; la porpora no, ed è caratterizzata dal cambiare colore nel tempo (diventa
BLUASTRA).
La porpora con cui si ha a che fare in questo poi è DIFFERENTE DALLA PORPORA
COMUNE: in questo caso risulta infatti essere DURA AL TATTO (a differenza di
quella comune), per la presenza di un INFILTRATO DURO, tanto da venir chiamata
PORPORA LEUCOCITOCLASTICA: anche in questo caso si avrà una iperproduzione di
anticorpi, con formazione di immunocomplessi, visti dal complemento, che promuoverà
il richiamo di macrofagi e polimorfonucleati, responsabili della durezza dell' infiltrato.
Diagnosi delle patologie da immunocomplessi
Reazioni di IV tipo
• Le CTL, che come già visto sono in grado di attaccare CELLULE INFETTATE da
VIRUS e CELLULE TUMORALI;
• La REAZIONE TUBERCOLINICA.
E' una reazione che non ha NULLA A CHE FARE CON LE ALLERGIE di I TIPO. Quello
che si viene a creare è una reazione visibile in seguito ad un contatto con la cute (ma
questa reazione può avvenire anche nelle mucose, come quella intestinale).
La manifestazione TIPICA della reazione di IV tipo è l' ECZEMA (che compare però
anche nelle reazioni di I tipo): ovvero una sorta di eritema irregolare con
DESQUAMAZIONE DELLA CUTE e INFILTRAZIONE DI MONONUCLEATI.
La desquamazione si spiega con la citotossicità degli strati superiori data dalle
reazioni infiammatorie che si vengono a generare.
• Guanti da sala operatoria: questi possono anche dare reazioni site a metà
strada tra il I TIPO e il IV TIPO.
• BASALE;
• GRANULOSO.
A questo punto quello che si verifica è il fenomeno dello SHUT DOWN (chiusura
ermetica) dei VASI LINFATICI EFFERENTI; questo per permettere alle cellule di
Langerhans di proseguire lentamente, e di consentire ai LINFOCITI T di proliferare.
Dopodichè si verificherà la riapertura di questi vasi e l' uscita dei linfociti Th1, che
ora andranno a caccia dell' antigene: più precisamente andranno a localizzarsi sulla
CUTE, passando prima per il derma, e poi nell' epidermide.
Quello che si verifica, una volta che i T helper avranno visto l' antigene, è:
Si utilizza il PATCH TEST: si utilizza una GARZA IMBEVUTA di sostanze oleose con
l' APTENE e la si pone a contatto sulla schiena (dorso); si chiede al paziente di
tornare dopo 24 – 48 ore e, se si osserva l' ECZEMA, sarà PATCH POSITIVO.
La reazione tubercolinica
• Mycobacterium Tuberculosis;
• Mycobacterium Leprae;
• Brucelle;
• Listerie.
Ai tempi di Koch coltivare il micobatterio era difficile: vi era solo una possibilità di
fare diagnosi. Praticamente si prendeva l' espettorato del paziente e si iniettava
sottocute nelle CAVIE: quello che accadeva era la formazione LOCALE di NODULI
SOTTOCUTANEI, che in dieci giorni andavano incontro a necrosi; entro quaranta
giorni, la cavia moriva.
Che cosa fece Koch? Prese una cavia e le inoculò l' espettorato di un paziente infetto;
aspettò che passassero dieci giorni, per verificare la formazione di noduli e necrosi,
dopodiché ESEGUI' UNA IMMEDIATA REINOCULAZIONE dell' espettorato: quello
che osservò fu la rapida formazione di un INFILTRATO LOCALE e la GUARIGIONE
DELLA CAVIA. Questo prese il nome di FENOMENO DI KOCH.
Il fenomeno di Koch era riproducibile poi tramite l' utilizzo dell' antigene che Koch
stesso chiamò TUBERCOLINA, isolata tramite coltivazione in BRODO DI BUE
CONCENTRATO dal sopranatante.
Oggi come oggi però non si utilizza più la tubercolina, ma la PPD (PROTEIN PURIFIED
DERIVATIVE): è una proteina purificata. Se la si inietta intradermo in un uomo che ha
già avuto un precedente contatto con il micobatterio della tubercolosi, si crea una
reazione LOCALE, INTRADERMICA, DURA AL CONTATTO, chiamata REAZIONE DI
MANTOUX: quello che si osserva è un territorio di attiva flogosi ed infiltrato
MASSIVO di MONONUCLEATI (macrofagi, monociti, linfociti).
La reazione, essendo di IV tipo, NON è IMMEDIATA e avviene dopo 48 – 72 ore.
Cosa accade
I primi passaggi sono i medesimi di quelli che avvengono nell' allergia da contatto.
I linfociti T HELPER – 1 si dirigono localmente nel punto in cui è stato iniettato l'
antigene: sanno ESATTAMENTE DOVE ANDARE, uscendo dai vasi sanguigni, questo
anche perchè l' endotelio in alcune situazioni è portato ad esprimere l' MHC DI
CLASSE II con l' ANTIGENE.
Si osservano anche per i linfociti quindi i fenomeni di ADESIONE, ROLLING, e
ATTRAVERSAMENTO DELL' ENDOTELIO. Giunti in loco, i linfociti Th1:
• Non potendo attivare le CTL (dal momento che queste non possono vedere i
macrofagi con dentro il micobatterio), cercano di RECLUTARE ALTRI
MONOCITI e MACROFAGI, e LINFOCITI tramite l' espulsione di FATTORI
CHEMIOTATTICI.
• Bisogna poi potenziare l' attività macrofagica: i linfociti Th1 producono
INTERFERONE γ (IF – γ), che attiva i macrofagi, rendendoli PIU' GRANDI e
PIU' AGGRESSIVI; producono TNF, fondamentale per attivare l' endotelio;
• C;
• C – C;
• C – X – C;
• C – XYZ – C;
Ora che si è giunti ai MACROFAGI ATTIVATI, non è detto che però il nostro sistema
immunitario ce la faccia; allora una ulteriore strategia è fornita da alcuni macrofagi
che si trasformano in:
• CELLULE EPITELIODI;
Il vaccino
La diagnosi
• Se il test risulta POSITIVO, NON può essere utilizzato per dire che l'
individuo ha una TUBERCOLOSI IN ATTO: la positività al test significa solo
che la persona ha GIA' AVUTO UN INCONTRO CON QUEL DATO
ANTIGENE, ovvero risulta SENSIBILIZZATA; la memoria infatti risulta
essere duratura!
Se al primo test si risulta POSITIVI, si torna dopo pochi anni e lo si riesegue, e si
risulta NEGATIVI, significa che:
• D' altro canto, se il test risulta essere NEGATIVO al primo colpo, questo NON
vuol dire CHE L' INDIVIDUO NON ABBIA MAI VISTO IL MICOBATTERIO!
Se infatti si fanno test più specifici (e costosi), ovvero:
...una spiegazione possibile è che l' individuo sia sì entrato in contatto con il
micobatterio, ma non abbia al momento della reazione prodotto abbastanza
chemochine.
E' possibile utilizzare anche un MULTITEST: si fanno dei TEST CUTANEI utilizzando
antigeni a cui la popolazione è normalmente esposta, facendo un RANGE DI
VALUTAZIONE GLOBALE. Il multitest evita il problema di fare il test della
tubercolina a gente che non ha mai visto il micobatterio.
Riepilogo
Si somministra un antigene:
La tolleranza immunitaria
Oggi come oggi i fenomeni di autoimmunità colpiscono non più del 2% della popolazione
mondiale. Negli individui sani non bisogna quindi pensare che il sistema immunitario
NON VEDA IL SELF: in realtà LO VEDE, ma NON LO ATTACCA.
Nei fenomeni di tolleranza immunitaria vengono implicati sia i linfociti B che i linfociti
T.
Esperimento
Nei bovini è possibile avere gemelli biovulari: in tal caso le placente della mucca
comunicheranno tra loro e quello che si verifica è uno SCAMBIO DI SANGUE TRA I
DUE FETI. Un gemello accetta e tollera gli antigeni dell' altro: questo fenomeno è alla
base del CHIMERISMO.
• A riprova del fatto che non si è trattato di un evento casuale, si prende il topo
di ceppo C ADULTO, e gli si trapianta la cute di un topo di ceppo D: LA CUTE
VIENE RIGETTATA.
• DOSE ANTIGENICA: per i vaccini le dosi sono scelte, ovvero sono DOSI
OTTIMALI, tarate per dare la massima risposta anticorpale. Se la PRIMA
VOLTA:
1. Si utilizza una dose MOLTO PIU' BASSA della dose ottimale, e alla
SECONDA VOLTA si utilizza una dose OTTIMALE, NON SI
OSSERVERA' RISPOSTA;
2. Si utilizza una dose MOLTO PIU' ALTA della dose ottimale, e alla
SECONDA VOLTA si utilizza una dose OTTIMALE, NON SI
OSSERVERA' RISPOSTA.
Esperimento
Nell' uomo, per provare che il ricordo della tolleranza è portato dai linfociti T, e
sufficiente osservare che i LINFOCITI B di una persona sana, stimolati IN VITRO
(ovvero sottratti al controllo dei T) con un antigene T indipendente (lipipolisaccaridi) o
con il virus di Epstein – Barr, PRODUCONO AUTOANTICORPI e quindi agiscono
indipendentemente. In vivo sarebbero stati bloccati dai T!
La tolleranza centrale
Si è visto che i linfociti T sono cruciali per la tolleranza, quindi serve la loro
LEGITTIMAZIONE: nel midollo loro nascono con TCR PER TUTTO e quindi sono
potenzialmente pericolosi. A questo punto si è visto entrare in gioco il TIMO come
organo regolatore in quanto possiede due compiti fondamentali:
Il timo induce quindi una prima tolleranza contro certi antigeni, chiamata
TOLLERANZA CENTRALE.
La tolleranza periferica
E' necessario ammettere anche una tolleranza periferica, in quanto nel TIMO non
pervengono TUTTI GLI ANTIGENI SELF ORGANO SPECIFICI.
Le malattie autoimmuni
1. Tiroide;
2. Ghiandole surrenali: sono colpite nel MORBO DI ADDISON.
3. Pancreas;
4. Eccetera.
Ma fondamentalmente possono essere colpiti tutti gli organi del corpo.
Predisposizione
L' HLA sembra essere centrale a questo punto: CI PUO' essere associazione tra HLA
e malattia, ma non si può dire con certezza che un dato paziente con un certo assetto
di HLA contrarrà quella data malattia autoimmune. Quello che si può fare è solo
parlare di MAGGIORE o MINORE PREDISPOSIZIONE alla contrazione della
malattia.
Come marker di rischio e predisposizione sono stati maggiormente monitorati gli MHC
DI CLASSE II: un altro fattore di rischio, di cui bisogna tener conto, è relativo all'
OMOZIGOSI o ETEROZIGOSI (ricorda per il diabete mellito l' eterozigosi DR3 –
DR4).
Il diabete di tipo I
I fattori ambientali di cui non si conoscono le entità possono essere i più svariati: tra
questi, la localizzazione geografica (si è visto che in zone come la SARDEGNA o la
FINLANDIA l' incidenza del diabete di tipo I è più alta che in altre zone europee).
Per l' analisi delle BASI GENETICHE è possibile anche andare ad effettuare studi
sui GEMELLI MONOZIGOTI: se uno infatti sviluppa una data malattia autoimmune e
l' altro no, significa che vi è QUALCOS' ALTRO alla base della malattia. E questo è
dimostrato pure dal fatto che:
Modelli sperimentali
MODELLO 1
Vengono prese due categorie di topi:
• TOPI NEW ZEALAND WHITE, i quali sviluppano una data malattia autoimmune
(anemia emolitica);
Vengono incrociate le due tipologie di topi: il topo ibrido che viene a formarsi
possiederà AUTOANTICORPI ANTI DNA, e svilupperà altri problemi come la
glomerulonefrite!
MODELLO 2
Particolare ceppi di polli chiamati OBESE CHICKEN possiedono una predisposizione
considerevole allo sviluppo di una malattia autoimmune alla TIROIDE.
E' raro che una reazione di I tipo dia autoimmunità, per cui nell' analisi si parte ad
analizzare le reazioni di II tipo. Associate a queste reazioni si trovano patologie come:
Il marker CRONICO di questa malattia risulta essere in ogni caso una VASCULITE
GENERALIZZATA.
Questi non creano danno, ma vengono ricercati per la diagnosi della malattia.
Come si fa a vedere se gli anticorpi sono solo un marker o sono i responsabili della
malattia?
L' unico metodo è osservare i casi: una madre affetta dal morbo di Graves – Basedow
o dal morbo di Goodpasture che avesse un figlio, gli trasmetterebbe con gli
AUTOANTICORPI una sindrome TRANSITORIA dalla quale poi lui guarisce. In
questo modo si riesce a capire che i responsabili sono gli anticorpi.
• Certe zone del nostro corpo SEQUESTRANO ANTIGENI che non vengono
generalmente MAI A CONTATTO CON IL SANGUE: queste zone possono
essere la BARRIERA EMATOTESTICOLARE, la CORNEA, la CONGIUNTIVA, il
CRISTALLINO.
Una rottura di queste zone (ad esempio, un trauma all' occhio) può portare all'
insorgenza di malattie autoimmuni: nel caso dell' occhio, un trauma può determinare la
ROTTURA DEL CRISTALLINO, che possiede antigeni sequestrati, la loro dispersione
in circolo, e la creazione conseguenti di ANTICORPI ANTI CRISTALLINO: la
patologia si chiama OFTALMIA SIMPATICA, che però risulta essere molto rara e non
giustifica molte altre malattie!
1. Antigeni VIRALI;
2. Antigeni BATTERICI;
3. FARMACI.
Quello che succede è che il nostro sistema immunitario si dirige contro gli antigeni
batterici, virali o farmacologici, ma alla fine gli anticorpi prodotti SI DIRIGONO
CONTRO NOSTRI AUTOANTIGENI! L' unica spiegazione possibile per questo è che
gli ANTIGENI ESTRANEI abbiano una sequenza amminoacidica SIMILE agli
autoantigeni; a riprova di questo:
L' ALDOMET, un farmaco antiipertensivo, se preso per SEI MESI, in taluni pazienti si
osservano ANEMIE AUTOIMMUNI: è come se il farmaco MODIFICASSE l'
ASSETTO Rh sui globuli rossi e di conseguenza si creano ANTICORPI ANTI fattore
Rh.
Tuttavia, queste PROVE non possono essere sufficienti a spiegare
COMPLETAMENTE il meccanismo dell' autoimmunità: infatti molte persone hanno il
morbillo, ma poche in seguito manifestano malattie autoimmuni!
In ogni caso, le ipotesi di come si evolva questo passaggio sono due (RIMANGONO
IPOTESI):
Trapianti
Non sono altro che trasferimenti di cellule, tessuti o organi: il problema sta nel far
accettare al sistema immunitario del ricevente QUALCOSA CHE NON E' PROPRIO!
Furono condotti numerosi esperimenti di trapianto sui topi, in quanto su di loro si
poteva giocare: si conosceva bene infatti il loro assetto HLA.
Tipologie di trapianto
• Allotrapianto DA CADAVERE;
E' l' ALLOTRAPIANTO a porre problemi di tipo pratico. Come mai l' immunologo è
stato coinvolto in questo argomento? Perché alla base del rigetto vi è sempre una
reazione di tipo immunitario!
Esperimento
Il ricevente dovrà condividere TUTTI gli HLA per un trapianto OTTIMALE: nei topi
gli HLA erano conosciuti IN TOTO, ma quello critico per l' accettazione del trapianto
era H2, MOLTO SIMILE ALL' MHC UMANO.
Se quindi i ceppi di topi erano DIFFERENTI per H2, il rigetto di cute era molto più
rapido; se erano UGUALI per H2, accettavano meglio il trapianto!
Nell' uomo
Si notò che per l' accettazione o il rigetto risultava essere critico l' HLA DI CLASSE
I e DI CLASSE II: più gli individui sono SIMILI per l' HLA DI CLASSE I e II,
PIU' IL TRAPIANTO SARA' ACCETTATO.
Quindi il donatore (vivente e cadavere) va TIPIZZATO per l' HLA:
Oggi come oggi invece la tipizzazione avviene tramite tecniche di biologia molecolare e
risulta essere ESTREMAMENTE VELOCE: i risultati si possono avere anche in poche
ore!
Sebbene l' HLA rivesta un ruolo cruciale nei trapianti , vi sono anche altri antigeni da
tenere sott' occhio:
• ANTIGENI MINORI, come gli antigeni legati al sesso: in clinica in realtà NON
SE NE TIENE CONTO, altrimenti si restringerebbe troppo il campo dell'
organo da ricercare. In ogni caso giocano un ruolo secondario rispetto al
sistema HLA.
Si osserva che dando la cute di un topo MASCHIO (XY) di un ceppo A ad una
FEMMINA (XX) di ceppo B, si può avere il RIGETTO DELLA CUTE: non si osserva
invece se il trapianto avviene dalla femmina al maschio!
• ANTIGENI TESSUTO SPECIFICI: alcuni organi sono molto più antigenici di
altri! La lista che segue è messa in ORDINE DI ANTIGENICITA', quindi più l'
organo si trova in basso nella lista, MAGGIORMENTE A PARITA' DI ALTRE
CONDIZIONI SARA' ACCETTATO:
2. Cute;
3. Isole di Langerhans;
4. Cuore;
Tutti gli organi rilasceranno antigeni che verranno presi in consegna per la maggior
parte dai linfonodi (eccetto il fegato, che per motivi anatomici dovrà far prendere in
consegna i suoi antigeni dalla MILZA!).
Chi è che sensibilizzerà o porterà al rigetto dell' organo? I responsabili di questi
fenomeni saranno i LEUCOCITI DI PASSAGGIO con relativo HLA.
Quello che si fa infatti prima di effettuare il trapianto è di PERFONDERE l' organo
del donatore, in modo che non rimanga traccia del sangue del donatore: i linfociti che
rimangono sono quelli che vanno NEL TESSUTO, ovvero i leucociti DI PASSAGGIO
che, funzionando come APC, andranno nel linfonodo del ricevente a SENSIBILIZZARE
I SUOI LINFOCITI! A questo punto:
• O i linfociti del ricevente riconoscono l' MHC DEL LEUCOCITA del donatore
come ESTRANEO, vedendolo quasi come un superantigene; in tal caso si ha uno
stimolo FORTISSIMO che recluta un cospicuo numero di linfociti del ricevente;
Quello che avviene IN OGNI CASO ALLA FINE è che i linfociti Th PROLIFERANO
NELLA ZONA PARACORTICALE DEL LINFONODO: da qui il rigetto è in genere una
risposta CELLULO – MEDIATA DI IV TIPO (ma pure di II tipo, vedi il rigetto
iperacuto)! Quindi:
Potranno essere coinvolti nel rigetto anche gli anticorpi, ma non possiedono un ruolo
diretto.
Ogni organo in realtà ha la sua storia. Per quanto riguarda il rene si individua:
Entrambe le forme di rigetto, acuto e cronico, prevedono l' instaurarsi di una reazione
cellulo – mediata in cui il bersaglio principale delle CTL è l' endotelio dei vasi. Nelle
forme acute è colpito il SOLO endotelio, nelle forme più croniche si può arrivare all'
ATEROSCLEROSI: la parete muscolare del vaso si ispessisce.
IN ENTRAMBE I CASI ALLA FINE SI ARRIVA AD UNA INTERRUZIONE LOCALE
DEL FLUSSO SANGUIGNO, CON CONSEGUENTE NECROSI DEL TESSUTO!
Oltre che verificare la compatibilità per AB0, HLA ed altri antigeni si procede con
altre operazioni, come la VALUTAZIONE DELLO STATO CLINICO DEL RICEVENTE:
• Valutazione di patologie;
• AZATIOPRINA;
Questi ultimi due farmaci vengono utilizzati sempre di più, TENENDO UN PO' MENO
CONTO DELLA COMPATIBILITA'. Il problema è che vanno presi tutta la vita: la
terapia è CRONICA. Dopo ANNI non è da escludere che possano comunque comparire
infezioni e tumori.
Si potrebbe fare a meno della terapia, ma si dovrebbe far diventare il ricevente
TOLLERANTE agli antigeni di quell' organo. E si sa che in un adulto è molto difficile
effettuare questa operazione.
Un paradosso
Per chiarire questa situazione, si tentò di trasfondere le diverse parti del sangue per
trovare l' ELEMENTO DISCRIMINANTE che dava la tolleranza: questo elemento era
rappresentato dai LEUCOCITI IN TOTO (i mononucleati).
Non si sa perché ma ora come ora si fa l' ipotesi che queste cellule danti la tolleranza
siano proprio i LINFOCITI Treg, selettivi, che farebbero accettare l' organo senza l'
utilizzo di terapie immunosoppressive.
Il trapianto di midollo
Come già detto precedentemente, questo trapianto possiede una storia a sé. Viene
effettuato a persone con TUMORE ACUTO delle cellule del sangue (LINFOMI, ma
non tutti i tipi) o con EMOPATIE ACUTE.
Dove sta dunque il problema? Il MIDOLLO OSSEO è un tessuto MOLTO
IMMUNOGENICO ed è IMMUNOCOMPETENTE!
Tumori
Le cellule tumorali sono cellule che escono fuori da ogni regolazione (come l' inibizione
da contatto), e si replicano senza controllo.
I tumori MALIGNI poi sono in grado di distaccarsi dal tessuto di origine e dare
METASTASI, per via linfatica oppure per via ematica.
Antigeni tumorali
Per scoprire se ESISTONO in effetti degli antigeni tumorali di modo che il nostro
sistema immunitario li possa vedere, furono condotti studi su animali, in particolare su
TOPI IMMUNODEPRESSI (topi SKEED, che accettano di tutto):
Ovviamente per escludere il rigetto dovuto ad HLA diversi, verranno utilizzati TOPI CON
IL MEDESIMO HLA. Se si trapianta un tumore da topi con il MEDESIMO HLA, e
il tumore è RIGETTATO, NON SI TRATTA DI RIGETTO DA TRAPIANTO, ma è
l' indicazione che quelle cellule possiedono NUOVI ANTIGENI, ovvero i TUMOR
ASSOCIATED ANTIGENS: i tumori possiedono in effetti un nuova realtà
antigenica.
2. Utilizzo di virus: in tal caso, dal momento che è il virus a comandare, è possibile
indurre tumori DIFFERENTI in animali DIFFERENTI, ma L'
IMMUNIZZAZIONE RISULTA ESSERE UGUALE PER TUTTI! Virus
neoplastici sono:
Oggi come oggi si conosce poi il rapporto preciso tra MASSA TUMORALE e
QUANTITATIVO DI ANTICORPI MONOCLONALI da utilizzare: se poi tali anticorpi
vengono marcati, sarà possibile individuare eventuali METASTASI!
Oltre a monitorare i livelli di CEA, è possibile pure mettere a contatto la CELLULA
TUMORALE (di cui però non si è certi dell' identità) con un LINFOCITA: se questo
BLASTIZZA, è una spia che indica la presenza di tumore.
La risposta
• Specifica: in tal caso l' antigene TUMORALE è preso in consegna dalle APC, di
seguito passato ai linfociti Th1 e infine alle CTL; ci può essere la
compartecipazione di un
• Aspecifica, portata avanti dalle cellule NK, che INTERVENGONO PER PRIME!
Possono essere aiutate dagli anticorpi; vi sono patologie autoimmuni in cui il BASSO
LIVELLO DI CELLULE NK è associato a suscettibilità a tumori!
Questi meccanismi in generale servono a tenere a bada alcuni tumori: ed è uno dei
motivi per cui in sala autoptica si ritrovano nel cadavere TUMORI DI CUI NON SI
CONOSCEVA NEMMENO L' ESISTENZA. Purtroppo, la gran parte dei tumori riesce
ad evadere la risposta immunitaria.
Meccanismi di evasione
Sono molteplici:
La terapia