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BIOCHIMICA 1

Lezione 1
Le proteine

prof.ssa Viola

Le proteine sono macromolecole che presentano differenze strutturali e funzionali. Esistono proteine di vario tipo: 1. enzimi, ossia catalizzatori biologici (abbassano lenergia di attivazione), la cui attivit viene modulata dalle cellule; 2. proteine di trasporto, trasportano molecole idrofobiche nel flusso ematico. Un esempio di molecole non idrofiliche pu essere rappresentato dai lipidi che, insieme alle proteine di trasporto, formano le lipoproteine plasmatiche. Le proteine di trasporto permettono, inoltre, lattraversamento della membrana cellulare a molecole idrofiliche o a ioni. In questultimo caso sono presenti, a livello della membrana cellulare, canali ionici, costituiti da molecole proteiche che rivestono pori attraverso amminoacidi che presentano catene laterali idrofiliche. I canali ionici sono sotto il controllo di sostanze che ne regolano lapertura e la chiusura. 3. recettori: strutture di natura proteica che consentono di mettere in relazione la cellula con il suo ambiente extracellulare. Un recettore in grado di legarsi a molecole specifiche e di trasmettere allinterno un messaggio che determina delle modifiche a livello della membrana che prendono il nome di meccanismo di traduzione del segnale. Ci porta alla formazione di un secondo messaggero che consente alla cellula di reagire. Un esempio di recettore il recettore per linsulina. Linsulina un piccolo polipeptide secreto in caso di aumento della glicemia dalle cellule delle Isole di Langerhans del pancreas. Linsulina, non potendo attraversare la membrana plasmatica delle cellule, si lega ad un recettore specifico. Il recettore specifico dellinsulina formato da due subunit e due subunit ( quindi un recettore dimerico). Le subunit sono entrambe extracellulari e, quindi, su di esse si trova il sito di legame dellinsulina. Le subunit presentano una porzione extracellulare collegata alla subunit , una porzione trans-membrana e una porzione intracellulare. Quando linsulina interagisce con il sito recettoriale avvengono delle modificazioni conformazionali. Le subunit subiscono una modificazione conformazionale che viene trasmessa alle subunit (soprattutto alla loro porzione intracellulare). Il recettore dellinsulina un recettore tirosin-chinasi e, come intuibile dal nome, ha una funzione enzimatica. Un recettore tirosin-chinasi un enzima che fosforila residui di tiroxina utilizzando fosfato proveniente dallATP. Questo recettore ha funzioni recettoriali ma, una volta legato lormone, la sua porzione intracellulare acquista funzione enzimatica. Inizialmente il recettore si auto-fosforila e questo provoca un aumento della capacit enzimatica. A ci segue la fosforilazione di proteine citoplasmatiche che acquisiscono, a loro volta, attivit enzimatica. 4. proteine di riserva. Alcune proteine a livello muscolare possono essere utilizzate come riserva di energia da trarre, ad esempio, in caso di forte digiuno. In questo caso il corpo trae energia in
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ordine da: glucidi, lipidi, proteine. Per questo motivo, in caso di digiuno, si pu avere la perdita del tono muscolare. 5. contrattili. Es. actina, miosina, ecc 6. proteine regolatrici. Es. ormoni peptidici (insulina, glucagone) 7. proteine di difesa. Es. anticorpi (glicoproteine) 8. fattori di trascrizione. Sono proteine che si trovano allinterno del nucleo e hanno la capacit di aumentare o, in alcuni casi, diminuire la trascrizione di un gene. Permettono la trascrizione di un gene, non di altri e intervengono, quindi, nel differenziamento cellulare. Possono, inoltre, attivare un gene che normalmente non viene espresso in funzione di uno stimolo. Linsulina, ad es., induce la trascrizione del gene della glucochinasi. Questultima fosforila il glucosio nelle cellule epatiche. Ci blocca il glucosio allinterno della cellula dal momento che, una volta fosforilato, non viene pi riconosciuto dai recettori di membrana per il glucosio semplice. La cellula lo potr cos utilizzare per le vie metaboliche. La fosforilazione del glucosio pu avvenire anche per mezzo della esochinasi che fosforila in genere gli esosi. La glucochinasi viene espressa in particolare quando vi insulina in circolo. E pertanto un enzima induttivo perch prodotto dalla cellula in caso di necessit. La esochinasi invece un enzima costitutivo.

Gli enzimi possono suddividersi infatti in induttivi e costitutivi. Il DNA mantenuto superavvolto per una questione fisica (perch molto lungo) e per una questione energetica. Il DNA superavvolto possiede, infatti, unenergia elastica che viene liberata quando sui apre.

Lezione 2
Le proteine svolgono diverse funzioni nellambito della cellule, le quali sono strettamente correlate alla struttura. La diversa disposizione degli amminoacidi (20 che entrano a far parte della struttura dela proteine) lungo la catena polipeptidica ci permette di definire una struttura primaria per ogni singola proteina. Per struttura primaria si intende la sequenza amminoacidica, la quale definita dai geni, secondo le regole del codice genetico. Bisogna poi tenere conto del fatto che il codice non univoco, ma degenerato, cio pi triplette possono codificare per uno stesso amminoacido. Questo un meccanismo escogitato dallevoluzione contro le mutazioni, per mantenere, anche in occasione di eventuali mutazioni puntiformi, la possibilit che le proteine vengano codificate correttamente. Naturalmente quando si tratta di una modificazione pi estesa, quale la delezione ad esempio di parti di geni, essa si ripercuote sulla sintesi delle proteine. - Come si passa da una tripletta contenuta nella sequenza di dna allamminoacido? Il primo passaggio la trascrizione durante la quale il dna viene copiato in molecole di RNA. I 3
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diversi tipi di RNA contribuiscono insieme allo svolgimento della sintesi proteica. La molecola di mRNA costituita de segmenti con funzione di esone e segmenti con funzione di introni. Gli introni possono costituire una sorta di protezione per il codice stesso della proteina, nel senso di possedere un significato evolutivo. Il codice genetico un codice a triplette per cui una parte degli introni, che dovrebbe essere in teoria eliminata, potrebbe restare e per andare a costituire delle triplette nuove e quindi costituire il messaggio per una nuova proteina. La maggior parte degli errori compiuti nei processi genetici portano infatti ad evoluzione. Molte modificazioni genetiche poi, non essendo compatibili con la vita, non vengono trasmesse alle generazioni successive, ma la massima parte di questi errori non rappresentano altro che unevoluzione. -La sequenza primaria di una proteina importante perch da essa derivano la struttura secondaria, terziaria ed eventualmente quaternaria, poich si realizza un condizionamento reciproco tra i gruppi R dei diversi amminoacidi, per cui poi nello spazio le proteine tenderanno ad assumere una conformazione piuttosto che unaltra. -Nella struttura generale di un amminoacido (nella forma non ionica) distinguiamo il carbonio in , quel carbonio che lega contemporaneamente il gruppo amminico e il gruppo carbossilico e il gruppo R (gruppo variabile, la cui natura conferisce la specificit dellamminoacido). -Di un amminoacido si preferisce comunque scrivere la forma ionizzata perch tutte le reazioni chimiche di cui parleremo sono delle reazioni che avvengono in un ambiente acquoso (la cellula costituita per l80-90% di acqua). Gli amminoacidi hanno infatti la capacit di dissociare, in particolare il gruppo NH2 tende ad acquisire un protone (lo scriveremo come gruppo NH3+) mentre il gruppo COOH tende a rilasciare un protone (COO-). Ovviamente la dissociazione, acida o basica, in funzione del pH della soluzione in cui si trovano (anfoliti).

Gli amminoacidi vengono classificati in base alle caratteristiche chimiche dei loro gruppi R. 1. gruppi R alifatici non polari (glicina, alanina, valina, leucina , isoleucina, prolina) 2. gruppi R aromatici (fenilalanina, tirosina, triptfano) 3. gruppi R polari ma non carichi (serina, treonina, cisteina, metionina, asparagina, glutammina) 4. gruppi R polari carichi positivamente ( lisina, istidina, arginina) 5. gruppi R polari carichi negativamente ( aspartato, glutammato) Un gruppo R polare in grado di interagire facilmente con delle molecole di acqua e dal momento che le reazioni avvengono in un ambiente fondamentalmente acquoso, amminoacidi con gruppi R polari, in una proteina sono disposti prevalentemente nella parte pi esterna della proteina stessa proprio per contrarre legami con le molecole di acqua, come anche amminoacidi con gruppi R carichi positivamente o negativamente, cio con cariche nette ben precise.

*La pi lunga catena polipeptidica nota appartiene alla titina, una proteina gigante costituita da 26962 residui (5 Mega daltons) che agevola la disposizione delle strutture filamentose delle fibre muscolari. Considerando che comunque in media una proteina costituita da 40 residui di amminoacidi, ma ci sono anche proteine costituite da migliaia di residui amminoacidici, in teoria potremmo avere un numero veramente illimitato di proteine. Ma in realt, per quanto grande sia il numero di proteine presenti in una cellula, si tratta cmq di un numero limitato. La spiegazione a questa, che sembrerebbe quasi una contraddizione che per una proteina, a parte la sequenza, bisogna considerare la conformazione. Le proteine svolgono infatti la propria funzione biologica anche in base alla loro conformazione. Una singola proteina potrebbe assumere centinaia di conformazioni diverse, per poi in realt saranno soltanto una o due le conformazioni possibili (vale a dire le conformazioni stabili), che comunque potrebbero anche essere inutili dal punto di vista biologico. Tra tutte le conformazioni possibili quindi ce ne saranno una o due che sono quelle biologicamente adatte alla loro funzione, quindi c una selezione, ma non si tratta esclusivamente di una selezione chimica, ma soprattutto di una selezione biologica. Ci sono poi allinterno della cellula dei meccanismi che aiutano le proteine neo formate a raggiungere la loro conformazione definitiva mediante lintervento di proteine chiamate chaperonine. -Il legame peptidico ha una grande importanza nel definire poi le conformazioni possibili di una proteina. Il legame viene generalmente rappresentato come un carbonio legato allazoto, poi con il carbonio legato con un doppio legame allossigeno e lazoto legato allidrogeno. Tuttavia questa rappresentazione non corretta perch il legame tra il carbonio e lazoto, che viene normalmente rappresentato come un legame singolo, ha in realt una percentuale di doppio legame (circa il 40% di carattere di doppio legame) perch gli elettroni di legame tra il carbonio e lossigeno non sono sempre dislocati in maniera fissa ma vanno anche a distribuirsi tra il carbonio e lazoto. Per cui il carbonio e lazoto sono legati, diciamo, da un parziale doppio legame. Naturalmente questo cambia anche le cariche poich lossigeno acquista una parziale carica negativa dovuta a questa dislocazione degli elettroni di legame e di conseguenza anche lazoto acquista una parziale carica positiva. Il legame peptidico di fatto quindi un legame rigido: se fosse veramente un legame singolo il carbonio e lazoto sarebbero in grado di ruotare tra di loro. Questa parziale caratteristica di doppi legame impedisce loro di ruotare uno rispetto allaltro per cui il piano di legame tra carbonio ed azoto un piano di legame planare, rigido. Mentre se noi andiamo a considerare il legame tra carbonio in e il carbonio che porta il legame carbonilico (), in questo caso i due atomi di carbonio ruotano luno rispetto allaltro, cosa che daltronde fa laltro carbonio in dellamminoacido adiacente (quello che legato al gruppo NH ) quindi sono possibili rotazioni tra i carboni in dei singoli amminoacidi e carbonio carbonilico o il carbonio amminico. Quello che non possibile invece la rotazione tra il carbonio e lazoto implicati direttamente nel legame peptidico. Quindi se noi consideriamo una sequenza di amminoacidi ci sono dei punti fissi, dei punti fermi, che sono rappresentati da questi legami peptidici, in quanto carbonio e azoto sono obbligati sullo stesso piano (mentre per quanto riguarda i carboni in rispetto ai gruppi carbossilici e i gruppi amminici questi sono in grado di ruotare). Di conseguenza si creano poi dei punti in cui si vengono quasi a scontrare il gruppo N-H e il gruppo C-O di due amminoacidi adiacenti e quindi gi soltanto questo ci dice che alcuni angoli di legame sono permessi, altri non lo sono. Se poi
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aggiungiamo che anche i gruppi R potrebbero trovarsi in posizione di scontro luno rispetto allaltro non tutte le coppie - sono consentite. -Esiste un grafico che a seconda del valore di coppia tra - ci dice se quella disposizione spaziale consentita o meno. Tra tutte quelle possibili sono poche in effetti quelle consentite proprio perch vi un ingombro sterico tra i gruppi N-H e i gruppi C-O, tra i gruppi delle catene laterali R, quindi la conformazione che pu assumere nello spazio una determinata proteina limitata, perch limitate sono le coppie di legame nello spazio. Vi sono coppie di legame che consentono particolari strutture secondarie ordinate, -elica e -sheets perch sono innanzitutto le strutture consentite da questa coppie di legame e che devono avere inoltre la caratteristica di essere stabili. La stabilit di queste strutture secondarie viene mantenuta dai legami a idrogeno. Quindi le proteine, in alcune parti, possono assumere queste strutture che sono strettamente correlate: -alla sequenza amminoacidica, quindi la struttura primaria -alla possibilit che le coppie (C N) e (C C) di angoli possono ruotare e quindi avere una stabilit nello spazio (vedi pag.124 126 voet , grafico di Ramachandran) -infine ci deve essere un elemento di stabilizzazione, rappresentato proprio dai legami a idrogeno, che si stabiliscono tra i gruppi N-H e i gruppi C-O (questo vale sia per l-elica che per i -sheets) Per quanto riguarda i -sheets, hanno un andamento tipo foglio pieghettato e possiamo trovare questa struttura intracatena o intercatena, ovvero le due porzioni che entrano in gioco per la formazione dei -sheets possono appartenere alla stessa proteina (e quindi si forma un anello e la catena proteica si ripiega per accostare le due porzioni) oppure potrebbero anche essere due catene adiacenti di due proteine, due catene polipeptidiche. -Possono essere foglietti paralleli per catene che sono unite nella stessa direzione ( quindi sono catene polipeptdiche differenti). Il fogliettto antiparallelo sono invece catene vicine che per decorrono in direzioni opposte ed ci che praticamente avviene quando si ripiega la stessa catena proteica. - L elica unaltra elica destrorsa. Se noi seguiamo le dimensioni di un passo dellelica sono 5,4 (angstrom) e si ripete il passo dellelica per ogni giro di 3,6 amminoacidi. *La rappresentazione con nastro indica la struttura ad -elica, la rappresentazione con frecce quella a foglio pieghettato (la direzione della freccia ci indica se sono ad andamento parallelo oppure antiparallelo) Una proteina pu presentare contemporaneamente sia strutture a foglio pieghettato sia strutture ad -elica oppure una sequenza della struttura proteica che non riconducibile a nessuna conformazione ordinaria, il random coil, cio l avvolgimento casuale (i random coil non hanno una struttura secondaria definita ma rappresentano ovviamente la continuazione di una proteina tra i domini di struttura secondaria definita) In particolare, quando esaminiamo la struttura secondaria di una proteina, diamo delle percentuali di struttura a foglio pieghettato, -elica e random coil. Per cui nellambito di una proteina possiamo avere delle zone particolari che presentano alcuni andamenti strutturali specifici che certamente sono correlati a delle funzioni. Se consideriamo ad esempio la struttura dellemoglobina circa l80% una struttura ad -elica. La struttura ad -elica abbastanza flessibile nello spazio e nel passaggio alla struttura terziaria essa contribuir molto a mantenere la
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forma globulare complessiva della struttura terziaria, come ad esempio nellemoglobina. Comunque c anche un altro modo per studiare una proteina, e cio andare a vedere i cosiddetti domini strutturali. Infatti possiamo sezionare una proteina, andando a vedere che si sono delle zone che presentano una struttura intimamente correlata ad una funzione. *Pensiamo ad esempio ai fattori trascrizionali che legano la doppia elica del dna. Il domino di legame con il dna deve avere una conformazione spaziale tale da potersi inserire ad es. nel solco maggiore della doppia elica. Naturalmente gli amminoacidi che fanno parte della porzione pi esterna di questo dominio dovranno anche essere compatibili, dal punto di vista chimico, con la molecola alla quale si vanno ad associare. (quindi poich nello scheletro del dna troveremo cariche negative dovute ai gruppi fosfato disseminati avremo sicuramente in questo dominio degli amminoacidi le cui catene laterali presentano cariche positive). Se poi andiamo a guardare altre proteine che hanno la stessa capacit di legarsi al dna troveremo probabilmente un dominio strutturale molto simile. I domini strutturali sono spesso associati con funzioni biologiche simili e se possiamo stabilire un paragone vedremo che essi si assomigliano dal punto di vista strutturale e della composizione, se non altro nella tipologia degli amminoacidi (ovviamente non la stessa sequenza altrimenti sarebbero le stesse proteine per amminoacidi con catene laterali con caratteristiche chimiche simili). Quindi un altro modo di studiare le proteine valutare la loro composizione in domini e di molti domini si conoscono oggi le funzioni biologiche. STRUTTURA TERZIARIA La struttura terziaria la conformazione, la relazione spaziale tra tutti gli amminoacidi della catena polipeptidica. Nello spazio abbiamo un superavvolgimento che rappresenta la struttura terziaria. La struttura terziaria deve essere stabilizzata dal punto di vista chimico. Mentre nella struttura secondaria fondamentalmente si stabiliscono legami a idrogeno, nel caso della struttura terziaria si stabiliscono legami di vario tipo. Sono quasi tutti legami deboli, tranne i legami disolfuro che sono invece legami covalenti, legami forti, che si stabiliscono tra due residui di cisteina abbastanza vicini tra di loro per poter formare un legame tra gli atomi di zolfo (quindi abbiamo unossidazione dei gruppi tiolici S-H vicini), vi sono poi le interazioni idrofobiche, che se guardiamo nel complesso la proteina notiamo che generalmente queste interazioni si stabiliscono allinterno della proteina, proprio perch si formano tra residui R idrofobici, e questi amminoacidi si vanno a legare nella parte interna della proteina piuttosto che nella parte esterna dove troveremo invece gruppi R con caratteristiche polari o addirittura di carica perch questo consente alla proteina di restare in soluzione in ambiente acquoso. -Inoltre noi possiamo agire sulla proteina causandone la denaturazione. Quando una proteina perde la sua struttura terziaria di fatto perde anche la sua funzione biologica. Se la struttura terziaria viene stabilizzata da legami covalenti che sono i ponti disolfuro, da legami deboli come legami a idrogeno, ponti salini, interazioni idrofobiche, tutta quella serie di modificazioni che noi possiamo portare, o mediante calore o mediante agenti chimici che tendono a rompere questi legami porteranno alla denaturazione della proteina e di conseguenza alla perdita della funzione biologica. I fattori che influenzano la denaturazione di una proteina sono quindi il calore (perch fornisce
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energia per rompere facilmente i legami deboli) , i pH estremi (influiscono sui gruppi R quindi influenzano lo stato di ionizzazione che non diventa compatibile con il mantenimento della struttura terziaria). STRUTTURA QUATERNARIA La struttura quaternaria il quarto livello organizzativo in cui osserviamo che una proteina, per svolgere una funzione biologica si deve associare in pi catene polipeptidiche. *Se noi prendiamo una molecola di mioglobina e una catena delle quattro che compongono lemoglobina sembrano perfettamente identiche, questo si spiega come un meccanismo di conservazione. Sono molto simili per quanto riguarda il legame con lossigeno per la presenza di quattro catene consente allemoglobina non solo di legare lO2 , ma di distribuirlo ai tessuti e di rispondere a dei segnali chimici che provengono dagli stessi tessuti. Lemoglobina rilascia lO2 in risposta a diversi segnali come la pressione parziale dellossigeno. Altri segnali sono costituiti dai protoni che si liberano dalla idratazione dellanidride carbonica a formare acido carbonico, il quale per si dissocia in ioni H+ e bicarbonato.

LEZIONE 3 PROTEINE CONIUGATE


La maggior parte delle proteine sono proteine coniugate, cio non costituite esclusivamente da amminoacidi ma coniugate a gruppi chimici differenti dalla parte proteica, per cui noi possiamo fare anche una classificazione delle proteine sulla base della parte non proteica, non amminoacidica, che detta gruppo prostetico. Il termine gruppo prostetico ci indica che questi gruppi chimici, diversi dalla natura proteico-amminoacidica, sono strettamente legati alle proteine. Quindi possiamo classificare le proteine mettendo in evidenza la natura del gruppo prostetico: - lipoproteine se il gruppo prostetico rappresentato da lipidi (-lipoproteina proteina plasmatica) -glicoproteine (immunoglobuline G , proteine plasmatiche con funzione di anticorpi collagene, presenta una particolare struttura a tripla elica) - fosfoproteine se le proteine presentano gruppi fosforici -emoproteine(quando a queste proteine sono legati dei gruppi eme. Il gruppo eme rappresento da una molecola organica che prende il nome di proto porfirina al cui centro si trova legato un atomo di ferro. I gruppi eme possiamo trovarli nellemoglobina ma anche nei citocromi. - flavo proteine: proteine che hanno legato gruppi flavinici -metalloproteine che per poter svolgere la loro funzione biologica legano anche degli atomi come il ferro, lo zinco e il calcio (titina- alcol deidrogenasi che per funzionare deve legare un atomo di zinco- calmodulina, proteina in grado di legare il calcio, molto importante nella regolazione del metabolismo perch legando il calcio ne rappresenta se vogliamo la forma attiva *il calcio considerato un secondo messaggero allinterno della cellula quindi le concentrazioni di calcio sono importanti in diversi metabolismi)
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-Le lipoproteine plasmatiche servono fondamentalmente da trasporto per lipidi nel sangue (i lipidi sono infatti sostanze idrofobiche e solo questa associazione consente ai lipidi di essere trasportati nel circolo sanguigno) -Lemoglobina rappresenta una sorta di modello proteico che dimostra la capacit delle proteine di svolgere molte diverse funzioni proprio perch in base alla loro struttura e alla possibilit di cambiamenti della struttura, possono assumere ruoli fisiologici, ruoli biologici molto diversi.

LIPOPROTEINE PLASMATICHE

(* domanda frequente gli esami)

Sono le proteine che trasportano i lipidi nel sangue per cui vanno visti in maniera integrata nel metabolismo lipidico (anchesse cmq presentano un metabolismo allinterno del sangue). Per complessi lipoproteici si intende, in maniera generica, unassociazione di lipidi e proteine. Ci sono diversi esempi di complessi lipoproteici. Un complesso lipoproteico pu essere in realt una porzione di membrana. Nella membrana infatti possiamo riconoscere il doppio strato fosfolipidico, dove le teste polari sono posizionate verso lesterno e traggono rapporti con gli ambienti acquosi mentre le parti pi strettamente idrofobiche, cio quelle che corrispondono alle catene degli acidi grassi, si trovano associate allinterno del doppio strato. Le membrane comunque presentano anche delle proteine associate. Le proteine integrali sono di fatto quelle che attraversano tutto il doppio strato fosfolipidico per cui possiamo distinguere sia una porzione extracellulare, sia una porzione intramembrana, e sia una porzione citoplasmatica. Le funzioni di queste proteine possono essere molteplici; alcune di esse hanno funzione strutturale, altre funzioni recettoriali o ancora enzimatiche, funzione di canali. -Oltre a questi esempi di lipoproteine abbiamo poi la lipoproteina plasmatica, quella associazione lipoproteica che consente ai lipidi di essere trasportati nel sangue. Nella struttura generale di una lipoproteina plasmatica possiamo osservare che la porzione esterna della lipoproteina occupata da parti proteiche (poich le proteine sono dei costituenti idrofilici), dai fosfolipidi (sempre con la porzione idrofila rivolta verso lesterno, cio verso lambiente acquoso, mentre le code di acidi grassi sono rivolti allinterno, verso lambiente idrofobico) e in alcuni casi colesterolo non esterificato (il colesterolo cmq una molecola lipidica ma ha la caratteristica di possedere un gruppo-OH, parzialmente idrofilico, che nella forma non esterificata si trova nella porzione esterna della lipoproteina). Allinterno della lipoproteina troviamo invece gli esteri del colesterolo, cio il colesterolo che ha perso la funzione alcolica libera e si trova esterificato con acidi grassi, quindi diventa una molecola fortemente idrofobica. Inoltre quando le lipoproteine plasmatiche trasportano dei trigliceridi, molecole fortemente idrofobiche, anchessi si vanno a posizionare allinterno, nel nucleo della lipoproteina plasmatica. Quindi i componenti pi idrofilici allesterno mentre quelli pi idrofobici nella porzione interna. Quali sono i tipi di lipidi trasportati nel plasma sottoforma di lipoproteine? I trigliceridi (o triacilgliceroli), i fosfolipidi, il colesterolo e gli esteri del colesterolo. Per cui lassociazione con la parte proteica fondamentale per rendere parzialmente idrosolubili queste molecole che da sole non potrebbero essere trasportate nel sangue.
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-Le parti proteiche cmq hanno anche altre funzioni. Oltre alla funzione strutturale di tenere insieme e consentire il trasporto di queste specie lipidiche nel sangue hanno anche funzioni enzimatiche, funzioni di riconoscimento recettoriale delle cellule che devono captare queste lipoproteine e funzione di regolazione di alcuni enzimi che sono implicati nel metabolismo delle lipoproteine stesse. a ) Pu essere fatta una classificazione delle lipoproteine plasmatiche in base alla loro densit. La densit di una lipoproteina dipende dal rapporto tra la porzione proteica e la porzione lipidica; maggiore la porzione lipidica, meno densa la lipoproteina. La separazione, sulla base delle caratteristiche di densit, delle lipoproteine plasmatiche si fa mediante ultracentrifugazione. Se applichiamo la forza centrifuga ad una provetta che contiene del siero (e conterr anche lipoproteine plasmatiche) sul fondo della provetta si depositeranno le lipoproteine con una maggiore densit, quelle meno dense si ritroveranno via via sempre pi vicine alla superficie. -In particolare i chilomicroni, che sono costituiti per il 98% di lipidi di fatto galleggiano (se prendiamo un siero che stato ultracentrifugato anzi non necessaria neppure lultracentrifugazione- noteremo una sorta di tappo biancastro rappresentato dai chilomicroni quando presenti) I chilomicroni derivano dallintestino e trasportano soprattutto trigliceridi provenienti dallalimentazione. Quindi i pi leggeri, i meno densi sono i chilomicroni seguiti , in una scala crescente di densit, dalle VLDL cio le lipoproteine a densit molto bassa, poi le IDL che derivano dal metabolismo delle vldl, le LDL cio lipoproteine a bassa densit e le HDL. b ) Un altro modo per separare le lipoproteine plasmatiche lelettroforsi (ne parleremo anche riguardo le proteine plasmatiche). Lelettroforsi una tecnica che consente la separazione di molecole, comunque cariche, su un supporto, quando questo supporto viene immerso in un sistema tampone e questo sistema collegato ai due poli, uno positivo e uno negativo. Quando il sistema funziona, le molecole con carica negativa si porteranno verso il polo positivo e viceversa quelle con carica positiva saranno attratte verso il polo negativo. Quando questa tecnica viene applicata ad una miscela di molecole che si possono muovere su un supporto possiamo ottenere in questo modo una separazione dei componenti della miscela, in funzione sia della carica sia del peso molecolare e quindi potremo distinguere nellambito della miscela dei gruppi di molecole con caratteristiche simili. -Il gel dagarosio, che prende il nome dallagar-agar, una sostanza gelatinosa che consente ai sistemi tampone (che servono a conferire una carica elettrica netta al fine di agevolare la migrazione) e alle cariche elettriche di passare nel sistema elettroforetico e se noi poniamo il nostro campione in un punto di origine, ad esempio vicino al polo negativo, sulla base delle cariche elettriche e del peso dei componenti della nostra miscela avremo una migrazione differenziata che ci consentir di distinguere un gruppo di molecole dallaltro. Con questa tecnica possibile separare le lipoproteine. I chilomicroni sono fermi allorigine proprio perch la funzione proteica molto piccola mentre preponderante la parte lipidica priva di carica. Dal momento che non possiedono carica non possono seguire il flusso di cariche che si muovono lungo il tubo. Le -lipoproteine (HDL) sono le pi veloci
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Il gel dagarosio inoltre fornisce anche unaltra caratteristica: consente di identificare le nostre bande mediante la tecnica dellimmunoelettroforsi ( poich il nostro obiettivo non solo quello di separare i componenti ma anche poi di poterli visualizzare e misurare) che prevede lutilizzo di anticorpi specifici con i quali siamo in grado di riconoscere determinate proteine che si sono separate sul nostro supporto e trattandosi di gel dagarosio si osserveranno degli aloni di precipitazione (aloni biancastri che risaltano rispetto alla semi-trasparenza del gel dagarosio).

-Come sono costituite queste lipoproteine che possiamo cos dividere in questi 5 gruppi? CHILOMICRONI -Linvolucro pi esterno delle lipoproteine costituito dalle parti proteiche, dal colesterolo libero e dai fosfolipidi. La parte del nucleo rappresentata fondamentalmente di trigliceridi e dagli esteri del colesterolo. La parte proteica rappresenta cmq solo l1-2% delle lipoproteine, il resto rappresentato da lipidi e in particolare una grande percentuali da trigliceridi. I chilomicroni vengono successivamente captati dal fegato, e se vogliamo fare una considerazione percentuale, aumenta la concentrazione di proteine ma in realt perch diminuita quella dei lipidi che sono stati estratti dai chilomicroni. Le apoproteine sono tipiche dei chilomicroni. -I chilomicroni derivano dallassorbimento intestinale dei trigliceridi. Vengono sintetizzati dagli enterociti per di fatto non trasportano direttamente i trigliceridi che noi assumiamo con lalimentazione, poich questi subiscono comunque una digestione per cui lintestino assorbir i monoacil- o diacilgliceroli. Ci che accade allinterno degli enterociti che questi monoacil- o diacil- gliceroli vengono riconvertiti in trigliceridi. Per in questa riconversione, gli acidi grassi che vengono utilizzati per lesterificazione delle posizioni libere del glicerolo non sono necessariamente quelli che sono stati assunti con lalimentazione, ma sono gli acidi grassi che vengono rielaborati dagli enterociti per fornirci alla fine i trigliceridi che servono dal punto di vista metabolico. Quindi c una modificazione nella composizione degli acidi grassi per cui noi assumiamo determinati trigliceridi con determinati acidi grassi in diverse posizioni; quando poi vengono idrolizzati durante la digestione e vengono assorbiti monoacil- o diacilgliceroli da parte degli enterociti, questultimi ricostituiscono i trigliceridi ma sostituendo gli acidi grassi che ci serviranno dal punto di vista metabolico. I trigliceridi sono poi inglobati dai chilomicroni, lipoproteine sintetizzate nellintestino, e prima di raggiungere il sangue passano attraverso il sistema linfatico. VLDL Nelle VLDL la composizione varia rispetto ai chilomicroni. E aumentata la porzione proteica, cambiato il set apoproteico, pi ridotta la composizione in trigliceridi (56%) ma aumenta quella in esteri del colesterolo. Quindi osserviamo cambiamenti sia nelle percentuali di lipidi e proteine, sia nel tipo di apoproteine , e cambiamenti nei rapporti percentuali del tipo di lipidi.
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-Le VLDL sono invece prodotte dal fegato (esiste anche cmq una piccola quota sintetizzata dallintestino). Il fegato in grado di sintetizzare trigliceridi utilizzando i metaboliti provenienti dal metabolismo stesso del fegato. Questi trigliceridi trasportati attraverso le VLDL sono di origine epatica e provengono dal metabolismo epatico (questa la grande differenza rispetto ai chilomicroni.

IDL Anche per le IDL , che rappresentano un momento intermedio del metabolismo delle VLDL, aumenta ulteriormente la percentuale proteica, cambia il tipo di apoproteine, cambia la percentuale di lipidi e di fosfolipidi, in particolare diminuisce la composizione in trigliceridi e la specie lipidica pi rappresentata quella degli esteri del colesterolo. -Le IDL derivano dalle VLDL., poich durante il trasporto nel sangue queste lipoproteine subiscono un metabolismo che comporta una perdita di parte dei lipidi che trasportano perch questi lipidi vengono cmq captati, assorbiti dai tessuti. Anche le proteine legate a queste lipoproteine vengono scambiate tra le lipoproteine stesse. *Quindi c un continuo scambio di specie lipidiche e specie proteiche tra le varie classi di lipoproteine e daltronde presente un vero e proprio metabolismo perch questi lipidi vengono ceduti via via ai tessuti. LDL e HDL Nelle LDL la quota di trigliceridi diventa molto bassa, aumenta quella di proteine ma la specie pi rappresentata quella degli esteri del colesterolo e anche i fosfolipidi sono molto rappresentati. -Le LDL (lipoproteine a bassa densit) sono anchesse derivate dalle VLDL quindi rappresentano da un certo punto di vista dei cataboliti delle VLDL. Esse sono importanti poich sono quelle lipoproteine che trasportano colesterolo ai tessuti. -Le HDL (lipoproteine ad alta densit) sono coinvolte nel metabolismo delle altre lipoproteine (proprio per lo scambio continuo di lipidi e proteine tra le lipoproteine) e hanno la particolare funzione di prelevare il colesterolo dai tessuti, quindi svolgono il lavoro inverso delle LDL. -Anche le HDL hanno una grande rappresentanza di proteine e la quota di trigliceridi diminuisce ulteriormente. Aumenta molto la concentrazione delle proteine mentre la specie lipidica pi rappresentata quella dei fosfolipidi. La coda di fosfolipidi ha una sua importanza nel metabolismo: quando queste HDL sottraggono colesterolo ai tessuti, trattandosi di colesterolo libero, per poterlo trasportare lo devono esterificare, quindi aggiungere acidi grassi che vengono prelevati proprio dai fosfolipidi presenti nella loro struttura. Questa esterificazione avviene ad opera di un enzima chiamato lecitina-colesterolaciltransferasi (la quale esterifica colesterolo a spese della lecitina, nome comune della fosfatidilcolina, la la specie fosfolipidica pi rappresentata e fornisce lacido grasso per lesterificazione del colesterolo derivante dai tessuti ) -A cosa dovuta questa diminuzione della percentuale di trigliceridi?
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Man mano che queste lipoproteine viaggiano nel sangue la quota di trigliceridi diminuisce. Esiste sulla superficie delle cellule endoteliali un enzima, lipoproteina-lipasi, in grado di idrolizzare i trigliceridi contenuti nelle lipoproteine. Man mano che queste lipoproteine viaggiano nel sangue, in vicinanza dei tessuti, in corrispondenza dellendotelio che riveste i vasi capillari, questo enzima entra in azione. -Come fa questo enzima a riconoscere una lipoproteina? Questo rientra nelle funzioni delle parti apoproteiche, esiste infatti una particolare apoproteina chiamata APO C-2 che viene riconosciuta dallenzima. Questo enzima peraltro particolare perch localizzato in cima a una catena polisaccaridica che si affaccia nel lume del vaso (quindi in grado di interagire con le lipoproteine che nel frattempo attraversano, le identifica riconoscendo appunto lapoproteina C-2, e pu agire idrolizzando i trigliceridi che la lipoproteina trasporta)

DISTRIBUZIONE DELLE APOPROTEINE (cio la parte proteica delle lipoproteine plasmatica) La parte proteica delle lipoproteine caratteristica per ogni tipo di lipoproteina. In maniera generale esse svolgono diverse funzioni e ciascuna di esse pu svolgere pi funzioni. Per esempio possono avere la funzione di mantenere la struttura della lipoproteina compatta (quindi una semplice funzione strutturale), alcune di esse possono anche essere cofattori enzimatici (ad es. lAPO C-2 e lAPO A1 che invece il cofattore enzimatico per la lecitina-colesterolaciltransferasi ); inoltre hanno anche la funzione di agire come ligandi: le apolipoproteine vengono internalizzate dai tessuti e quindi devono essere riconosciuti dai recettori specifici per le apoproteine. -APO A1 presente nelle HDL e nei chilomicroni. Favorisce il trasporto del colesterolo proveniente dai tessuti ed lattivatore della lecitina-colesterolaciltransferasi e rappresenta anche un ligando delle HDL, cio permette il riconoscimento delle HDL da parte del recettore specifico. -APO B100 presente nelle LDL, VLDL e IDL, cio nelle lipoproteine di origine epatica. Ha la funzione di consentire la secrezione di queste lipoproteine da parte del fegato e del riconoscimento del recettore nei tessuti. -APO B48 presente nei chilomicroni. Serve a favorire la secrezione dei chilomicroni dallintestino. *Perch queste due apoproteine sono indicate con la stessa sigla ma con un numero diverso? Si tratta di una curiosit che ci riporta al codice genetico. In realt lAPO B100 e lAPO B48 derivano dallo stesso gene soltanto che questo gene nellintestino traduce in maniera interrotta la proteina. Mentre viene tradotto completamente nel fegato e quindi d origine al 100% della proteina, questo stesso gene invece non viene tradotto completamente e si ferma al 48% della proteina nellintestino. In realt ci che viene prodotto in maniera parziale la molecola di mRNA e quindi la traduzione della proteina parziale.

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LEZIONE 4

COLLAGENE
Il tessuto connettivo uno dei pi estesi del nostro organismo in cui sono presenti diversi tipi di proteine, sia strutturali come il collagene e lelastina, sia specializzate come le fibrille e la fibronectina che servono a connettere, mettere insieme, a far comunicare le cellule luna con laltra e poi i proteoglicani che sono particolari glicoproteine. Analizziamo il collagene come struttura base delle proteine connettivali. Il collagene un costituente principale delle proteine dei tessuti connettivi e rappresenta tra il 25 e il 30% delle proteine presenti nel nostro organismo. Esistono diversi tipi di collagene, generalmente si identificano 19 (alcuni dicono 20) tipi di collagene e questa classificazione deriva dallassemblaggio di circa 30 tipi diversi di catene polipeptidiche. -La caratteristica strutturale fondamentale del collagene, che poi quella che consente a questa proteina di svolgere la propria funzione, la struttura a triplice elica. La triplice elica costituita da 3 catene di tipo ad andamento sinistrorso (ricordiamo che la struttura ad elica secondaria che abbiamo visto nelle proteine ad andamento destrorso), per cui abbiamo in questo caso uneccezione. Per queste tre catene si avvolgono a formare una super elica ad andamento destrorso, che rappresenta la base costitutiva del collagene. Per cui la singola catena, la singola elica ha un andamento sinistrorso ma poich si tratta di una triplice elica, la super elica che si origina possiede andamento destrorso. Ogni giro dellelica ha la caratteristica poi di contenere un residuo di glicina ogni 3 residui amminoacidici. Possiamo definire quindi per il collagene una struttura base primaria di tre residui amminoacidici glicina-X-Y (dove X e Y possono in teoria essere un qualunque amminoacido ma molto spesso si tratta di altri particolari amminoacidi molto rappresentati proprio nel collagene).

La classificazione dei vari tipi di collagene mette in evidenza due aspetti fondamentali: 1) innanzitutto che alcuni tipi di collagene sono maggiormente rappresentati in alcuni connettivi e possono essere anche comuni allo stesso tessuto, per cui pi tipi di collagene si possono trovare nello stesso tessuto; 2) un altro aspetto importante che nellespressione dei singoli tipi di collagene sono implicati diversi geni. Questo significa, in un discorso generale, che naturalmente pi sono i geni coinvolti nellespressione, nella codificazione di questi tipi di collagene maggiore la probabilit che delle mutazioni che interessino questi geni si vadano a ripercuotere sulla loro espressione e di conseguenza poich il collagene cos rappresentato nellorganismo e pi tipi di collagene possono essere rappresentati nello stesso tessuto , molti tessuti possono risentire di queste patologie a base genetica e quindi i danni possono essere molto estesi. - La classificazione nei vari tipi di collagene nasce dal tipo di catene che le costituiscono.

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Il collagene tipo I ad esempio, presente in diversi tessuti, compreso quello osseo, ha una costituzione 1,2 2 e quindi presenta due tipi di catene 1 , 2 e l1 rappresentata in doppia copia nella struttura della triplice elica. Un altro modo per classificare i vari tipi di collagene andare a vedere le caratteristiche chimiche, considerando che non si tratta di proteine semplici, ma di glicoproteine. In particolare quindi si pone laccento su alcuni tipi di amminoacidi che non sono presenti (o se lo sono in piccola percentuale) in altre proteine nellorganismo, (ad esempio se noi consideriamo sempre il tipo I troviamo un derivato della lisina, che lidrossilisina, presente in 10 residui per ogni catena) e inoltre sul contenuto in glucidi (nel tipo I il contenuto basso ma cmq presente una componente glucidica). I vari tipi di collagene quindi possono differire sia per il contenuto in glucidi, sia per il numero di amminoacidi o derivati degli amminoacidi come ad esempio lidrossilisina. -Il collagene tipo II presente nel corpo vitreo e nella cartilagine, le catene costituenti hanno la struttura 1,3 . Per quanto riguarda le caratteristiche chimiche sono evidenti pi residui di idrossilisina per catena e il contenuto in glucidi del 10% circa. - Unaltra caratteristica il tipo di struttura che formano le diverse classi di collagene. Ad esempio la formazione tipica delle fibrille relativa ai collageni I, II, III, V e XI. Cio nei diversi tipi di collagene si possono originare diversi tipi di strutture. -I dimeri della struttura base, costituita dalle tre catene sinistrorse che si avvolgono a formare una superelica destrorsa, vanno ad associarsi tra di loro formando i protofilamenti, i quali a loro volta si organizzano in microfibrille da cui si originano le strutture funzionali del collagene. Come si formano le micro fibrille? La struttura base che si ritrova in maniera ripetitiva nella sequenza amminoacidica glicina-X-Y. Perch proprio la glicina? La glicina lamminoacido pi piccolo che presenta come catena laterale solo un idrogeno. La presenza della glicina ogni 3 amminoacidi consente lassemblaggio nello spazio proprio della triplice elica. Se guardiamo la posizione della glicina nella triplice elica, essa si trova nella parte interna della triplice elica e ci possibile proprio perch la sua catena laterale molto piccola e che occupa poco spazio. Mentre amminoacidi con catene laterali molto grandi trovano spazio nella posizione pi esterna della triplice elica. Per cui troviamo la spiegazione del fatto che la glicina sia presente ogni 3 amminoacidi, proprio perch consente lassemblaggio della triplice elica in una struttura abbastanza compatta. Chiaramente vi sono poi altri legami della struttura secondaria che stabilizzano questa struttura. Se viene sostituita una glicina con un amminoacido con catena laterale pi grande, la triplice elica si apre in corrispondenza di quel punto, non mantiene pi la struttura compatta proprio per la presenza di catene laterali pi grandi. -Lidrossilisina fornisce un importante contributo sia per il legame con le catene di carboidrati e anche perch consente di formare dei legami crociati.

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Sintesi del collagene


La maggior parte delle proteine, al momento della sintesi non sono biologicamente attive. Esse devono essere rimaneggiate, cambiate, per giungere alla loro forma definitiva che ne consentir la funzione biologica. Il collagene rappresenta da questo punto di vista un esempio e seguendo la sua via biosintetica si pu chiarire il significato delle modificazioni che vengono introdotte sulla proteina neo sintetizzata. Il primo prodotto della traduzione prende il nome di preprocollagene. Come molte proteine anche il collagene contiene un prepeptide, cio una sequenza di alcune decine di amminoacidi che serve a conferire un indirizzo a quella proteina. Queste etichette di indirizzo vengono riconosciute dai sistemi membranosi presenti allinterno della cellula verso i quali le proteine si muovono. Una volta che la proteina giunta a questo sito di destinazione questo prepeptide viene distaccato. Quando il collagene stato sintetizzato nel RER sottoforma di preprocollagene questo prepeptide lo indirizza verso il REL. - La prima modificazione che avviene sulla proteina neo sintetizzata appunto il distacco del prepeptide una volta che il preprocollagene raggiunge il REL. Questo meccanismo non riguarda solo il collagene ma una caratteristica comune della maggior parte delle proteine. -Nella seconda fase, che si svolge nel REL si assiste ad unaltra modificazione che consiste nellossidrilazione di residui di prolina e di lisina, cio alcuni di questi amminoacidi vengono modificati e trasformati nei loro prodotti ossidrilati. Queste reazioni sono catalizzate da enzimi specifici chiamati pro collagene-prolina-4diossigenasi e pro collagene-lisina-5diossigenasi (nel nome di un enzima troviamo sia il nome del substrato sia il nome della reazione chimica che essi catalizzano inoltre possono essere anche indicati con un codice a 4 lettere che ci d la classificazione del tipo di enzima e anche le sottoclassificazioni) *ascorbato e ferro sono cofattori per questi enzimi (per cui possiamo gi immaginare che una carenza di vitamina C porterebbe ad una diminuzione dellattivit di questi enzimi si spiega in questo modo lo scorbuto) -Le idrossilazioni di prolina e di lisina sono necessarie per formare successivamente i legami trasversali tra le unit costitutive del collagene. Quindi la mancanza della modificazione di questi amminoacidi non consentir lassemblaggio corretto del collagene. -Una terza modificazione riguarda la glicosilazione (poich abbiamo detto che il collagene una glicoproteina). In particolare la glicosilazione consentita su amminoacidi specifici come la 5-idrossilisina e lasparagina, sui quali si vanno a legare i glucidi che sono presenti in diversa percentuale a seconda del tipo di collagene. - Una quarta modificazione rappresentata dallossidazione della cisteina nei pro peptidi (ricordiamo che la cisteina presenta gruppi S-H e labbiamo gi incontrata a proposito della struttura terziaria delle proteine). Anche nel collagene la presenza di ponti disolfuro importante sia per tenere insieme le varie catene ma soprattutto le ossidazioni di cisteine riguardano le estremit della triplice elica, che ancora presente sottoforma di tre catene vicine tra di loro che devono ancora formare la struttura base del collagene. Quindi i ponti disolfuro permettono innanzitutto la formazione della triplice elica e la formazione di legami covalenti (quali i ponti disolfuro) allestremit delle catene rende pi facile lassemblaggio stesso in triplice elica. Una volta avvenuta lossidazione delle cisteine, il pro peptide, cio la parte terminale dellunit del collagene , pu essere distaccata. Il distacco del pro peptide avviene allesterno della cellula, segue quindi lesocitosi. In altre parole, una volta formatasi la triplice elica, le parti amino- terminali e
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carbossi-terminali tenute insieme dai ponti disolfuro, una volta che hanno assolto al loro compito di avvicinare i tre filamenti della triplice elica vengono staccate via. E chiaro che una struttura del genere ha cmq bisogno di essere tenuta insieme, quindi inizialmente saranno i legami a idrogeno presenti nelle triplici eliche a consentire questo avvicinamento, dopodich questa formazione deve essere ulteriormente completata mediante limpilamento per formare delle fibrille. Per formare queste fibrille e poi poterle tenere insieme necessaria la presenza di legami forti, i legami trasversali che si devono andare a formare tra queste strutture. - La struttura a triplice elica deve essere ulteriormente consolidata mediante la formazione di fibrille cui segue lossidazione della lisina e della 5-idrossilisina ad aldeidi. Questa ossidazione ovviamente catalizzata da un enzima, la lisina-6-ossidasi, che serve a formare gruppi aldeidici, i quali sono fondamentali per la formazione dei legami crociati e quindi per poter ottenere la struttura sovra molecolare; questultima presenta una caratteristica bandeggiatura proprio perch le strutture base del collagene si legano tra di loro in maniera sfalsata. Questa struttura a triplice elica infatti si organizza nelle fibrille andando a sovrapporsi in maniera alternata per il 25% circa della lunghezza. Questa sovrapposizione ovviamente deve essere stabilizzata da legami forti, legami covalenti, che sono i legami crociati che si possono stabilire proprio in seguito allintroduzione di gruppi aldeidici su alcuni amminoacidi specifici come idrossilisina e idrossiprolina che consentono quindi di formare questi legami e consolidare la fibrilla del collagene. Lalternanza di bande chiare e scure proprio dovuta a questa sovrapposizione sfalsata. -Nella struttura primaria osserviamo quindi che la glicina presente ogni 3 amminoacidi e fra gli amminoacidi particolari (amminoacidi modificati) che entrano a far parte di questa struttura, presenti molto spesso, ci sono la 5-idrossilisina, la 4-idrossiprolina e la 3-idrossiprolina (rappresentano lX e la Y della struttura primaria). E chiaro che la presenza di questi amminoacidi particolari, modificati, che sono alla base della formazione dei legami crociati e dei legami con le porzioni glucidiche, fondamentale per la sintesi di un collagene strutturalmente corretto e funzionale dal punto di vista biologico. Tutto ci che va a modificare il progetto di modulazione del collagene ovviamente comporter delle anomalie nella struttura e quindi nella funzione del collagene. Si tratta fondamentalmente di patologie di tipo genetico (ad esempio perch la presenza di alcune mutazioni del gene pu comportare la perdita di alcuni amminoacidi fondamentali). Di conseguenza esistono diversi difetti del collagene con manifestazioni cliniche molto diverse tra di loro. *La SINDROME DI MARFAN comporta una diminuzione nella formazione dei legami crociati. Questi collageni sono quindi piuttosto lassi e le conseguenze sono: deformit scheletriche (scoliosi), aneurisma dellaorta, malformazione di valvole cardiache e anomalie del cristallino. **Si ipotizza che Paganini fosse affetto da una forma di sindrome di Marfan. Egli era in grado di suonare divinamente il violino proprio perch aveva una maggiore elasticit delle falangi. approfondimento Malattie associate al collagene pag. 134 (voet)

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EMOPROTEINE
Le emoproteine, come suggerisce lo stesso nome, sono proteine coniugate che contengono il gruppo eme. Il gruppo eme deriva dalla proto porfirina tipo IX, un composto ciclico tetrapirrolico (anello porfirinico) con la caratteristica di legare al centro latomo di ferro. Il gruppo eme pu avere fondamentalmente 2 funzioni differenti. 1. Pu servire, come nel caso dellemoglobina o mioglobina, a legare lossigeno, quindi rappresenta quella parte della molecola di emoglobina o mioglobina in grado di legare o rilasciare lossigeno (per far questo il ferro deve essere mantenuto nello stato di ossidazione 2+ - forma ridotta); 2. Il gruppo eme pu svolgere unaltra funzione come nel caso delleme dei citocromi, dove leme rende possibile il trasporto degli elettroni poich il ferro passa alternativamente dallo stato di ossidazione 2+ a 3+. Per cui quando si trova nella mioglobina (riserva di O2) e nellemoglobina (trasporto di O2) serve a legare lossigeno, mentre quando si trova in molecole come i citocromi C, cambiando il numero di ossidazione, serve a trasportare elettroni. -Il gruppo eme pu servire anche a degradazione di radicali liberi e xeno biotici ad es. quando lo troviamo nella composizione delle catalasi (enzima che serve a liberare acqua ossigenata e che fa parte di un altro enzima, triptofano pirrolasi coinvolto nel metabolismo del triptofano e dei citocromi P450 ( si tratta di monossigenasi coinvolti nella idrossilazione degli xeno biotici, ad esempio i farmaci, che introducendo gruppi OH rendono pi idrosolubili e maggiormente suscettibili di escrezione questo processo prende il nome di detossificazione ed avviene tipicamente nel fegato) . MIOGLOBINA La mioglobina una proteina di riserva di ossigeno per i muscoli. La riserva di ossigeno nei muscoli necessaria perch tramite la presenza di ossigeno possibile la sintesi dellATP che serve per la contrazione muscolare. La mioglobina trae lossigeno dallemoglobina che lo trasporta e lo conserva poi nel tessuto muscolare per poi rilasciarlo quando necessario. Non una proteina grandissima essendo costituita da circa 153 amminoacidi. Per quanto riguarda la struttura secondaria si tratta in massima parte di una struttura ad elica ( circa il 75%) e se consideriamo la struttura terziaria osserviamo che nello spazio questa proteina si presenta abbastanza raggomitolata, cio si tratta di una proteina di tipo globulare. Possiamo distinguere in tutta la catena di questa proteina dei segmenti (8) che vengono denominati con le lettere dellalfabeto (da A fino a H). Il punto di transizione tra un segmento e laltro viene definito A-B, B-C e cos via. Questa denominazione dei segmenti rappresenta anche un modo per andare a localizzare determinati, specifici amminoacidi che vengono denominati in base alla posizione che occupano nel singolo segmento. Esempio: istidina F-8. Ci indica un particolare residuo di istidina che presente nellottava posizione del segmento F. -Leme si trova localizzato in una regione della proteina che prende il nome di tasca idrofobica; quindi questa struttura globulare accoglie il gruppo eme in una tasca idrofobica proprio per evitare il contatto con le molecole dacqua e quindi poter preservare il ferro nello stato di ossidazione 2+ e
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quindi poter consentire di conseguenza il legame con lossigeno.

-I legami tra gli atomi di azoto degli anelli pirrolici e il ferro sono legami di coordinazione. Un quinto legame di coordinazione viene stabilito tra il ferro e un amminoacido particolare, listidina prossimale. Listidina prossimale un amminoacido altamente conservato nella sequenza delle mioglobine di vari organismi (la ritroveremo anche nellemoglobina). Questa istidina prossimale cos importante dal momento che, proprio perch contrae questo legame di coordinazione con il ferro, registra di fatto il legame che si viene a instaurare tra il ferro e lossigeno. Quando il ferro lega lossigeno in realt si sposta rispetto al piano delleme; poich si sposta, ed gi legato allistidina prossimale che fa parte ovviamente di tutta la catena proteica, listidina prossimale, spostandosi anchessa, comunicher questo movimento al resto della catena polipeptidica. Quindi listidina prossimale altamente conservata perch ha una funzione molto specifica che non pu essere assolta da un altro amminoacido. Quindi se dovessimo andare a guardare delle sequenze consenso che riguardano la mioglobina (ed anche lemoglobina) troveremo in quel punto, qualunque sia la specie che andiamo ad analizzare, la presenza di unistidina. *Vedremo che esiste anche unistidina distale che svolge particolari funzioni. Curiosit Sapete qual lorganismo sul quale si studiata tantissimo la mioglobina? E il capodoglio, perch pur essendo un cetaceo ( cio mammifero) in grado di raggiungere notevoli profondit (diverse centinaia di metri sotto il livello del mare) e avendo grandissime quantit di mioglobina ha una resistenza di diverse ore. -Considerando la mioglobina nella forma ossigenata e deossigenata possiamo osservare cosa cambia quando avviene il legame con lossigeno. Se analizziamo la mioglobina nella forma deossigenata, cio quando il ferro non ha legato lossigeno, vediamo che latomo del ferro un po al si sopra della struttura dellanello tetrapirrolico. Nella forma ossigenata invece, quindi nel momento in cui il ferro ha legato lossigeno, non si riesce pi a vedere il ferro perch latomo di ferro entrato dentro lo spazio dellanello tetrapirrolico, si calato dentro. Questo avviene perch nel momento in cui il ferro lega lossigeno diminuisce il suo raggio atomico, per cui mentre nella forma deossigenata non riusciva ad entrare dentro lo spazio tetrapirrolico, una volta che il suo raggio atomico si restringe, lo troviamo allinterno. -Questo cosa comporta? Ricordiamoci che il ferro legato allistidina prossimale quindi nel momento in cui si muove, entra allinterno dellanello protoporfirinico, questo movimento verr esercitato sottoforma di una trazione sullistidina prossimale, che essendo legata al resto della catena, fa muovere tutta la catena polipeptidica. Di conseguenza il legame con lO2 si risolve in un movimento di tutta la catena polipeptidica. Questo movimento significa, dal punto di vista della struttura terziaria, che i rapporti di gruppi chimici di porzioni di catena si alterano quindi la forma della proteina cambia. -Qual il ruolo dellistidina distale? Listidina distale ha diverse funzioni. Una di queste quella di protezione del ferro nei confronti delle molecole dacqua, quindi la presenza dellistidina in questa posizione cos vicina al ferro, tenta
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di evitare il legame con le molecole di acqua. Inoltre la presenza dellistidina consente al ferro s di legare lossigeno, ma di farlo con un angolo di 120 gradi. Quindi il legame con lossigeno viene, come dire, un pochino forzato, e ci dovuto proprio allingombro sterico dellistidina distale. Questo fattore diviene importante nel momento in cui il ferro deve rilasciare lossigeno. Ricordiamoci che lossigeno, sia legato alla mioglobina, sia legato allemoglobina, cmq deve a un certo punto sia legarsi al ferro ma deve anche essere rilasciato (a noi lossigeno serve libero!). Per cui questo legame tra il ferro e lossigeno viene reso un po pi labile. Ovviamente anche listidina distale, avendo questa funzione particolare, un amminoacido altamente conservato. -Per c anche un altro aspetto. Listidina distale riduce laffinit nei confronti del monossido di carbonio. Il monossido di carbonio (CO), che viene prodotto anche durante il metabolismo, ha unaffinit per il ferro (cio per leme), circa 1000 volte maggiore rispetto a quella che lo stesso eme ha nei confronti dellossigeno. Quindi in teoria leme andrebbe a legare con unaffinit molto pi grande (di circa 1000 volte) il monossido di carbonio. E chiaro che se legato al CO leme non pu legare lO2. Ovviamente quando si tratta di poche molecole di CO, come nel caso di quelle presenti perch prodotte durante il metabolismo, questo meccanismo funziona. Quando invece il monossido di carbonio viene inspirato, come avviene in quegli incidenti provocati da stufe difettose, la quantit di CO talmente elevata che questo meccanismo molecolare non pu essere utilizzato e ovviamente si muore proprio perch il monossido di carbonio si lega con molta pi affinit ai gruppi eme di quanto non faccia lossigeno e le cellule non hanno pi ossigeno a disposizione. * Allesame viene richiesta la curva di legame della mioglobina (e anche dellemoglobina con relative differenze) vedi pag. 176 voet

LEZIONE 5 EMOGLOBINA
Laltra emoproteina importante per lorganismo lemoglobina. Abbiamo visto che la mioglobina rappresenta unemoproteina di deposito di ossigeno a livello muscolare. Lemoglobina si trova invece allinterno dei globuli rossi ed ha la funzione di distribuire lossigeno a tutto lorganismo. Quindi la sua ossigenazione avviene a livello polmonare, la distribuzione in sede extrapolmonare. -Lemoglobina presenta una struttura quaternaria, quindi costituita dallassemblaggio di pi catene polipeptidiche, in particolare di 4 catene polipeptidiche. Se consideriamo ciascuna di esse, nella sua struttura secondaria e terziaria, assomiglia molto alla mioglobina. Questo ci porterebbe ad intraprendere un discorso di tipo evoluzionistico in cui lemoglobina rappresenta una proteina legante lossigeno ma con una funzione di distribuzione per tutto lorganismo, quindi non soltanto deposito, ma con la possibilit ovviamente di saturarsi di O2 ma anche poi di poterlo rilasciare ai tessuti. Nellemoglobina normale delladulto (HbA1) troviamo una struttura 2 2 , cio essa costituita da 2 catene e 2 catene . Nelladulto presente anche una emoglobina detta minore (HbA2) con struttura 2 2 (2 catene e 2 catene ). Questa emoglobina presente nelladulto in una percentuale del 2% circa.
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-Durante lo sviluppo dellorganismo, sia nella fase embrionale che nella fase fetale, si presentano delle emoglobine specifiche e differenti da quella delladulto proprio grazie alla differente composizione in catene. -Ovviamente se lemoglobina funzionale deriva dallassemblaggio di quattro polipeptidi uguali a due a due, ognuna di esse presenta legato un gruppo eme. E chiaro quindi che la quantit di ossigeno che pu essere trasportata da una molecola di emoglobina molto pi alta rispetto a quella della mioglobina. Ci sono diversi motivi per cui questa proteina, lemoglobina, ha assunto la funzione di trasporto dellO2 ai tessuti. Non soltanto perch presenta, rispetto alla mioglobina, una maggiore possibilit di rilascio dell O2 (la mioglobina ha una grande affinit per lossigeno, mentre laffinit dellemoglobina per lO2 pi bassa quindi ha la capacit sia di legare sia di rilasciare). Inoltre ha la grande capacit di rispondere ai segnali chimici ambientali e quindi di comprenderein quali condizioni deve legare lO2 e in quali lo deve rilasciare, svolge quindi la sua funzione in risposta a unesigenza dellorganismo. Alcuni fattori tendono dunque a far legare lO2 , altri fattori tendono a farlo rilasciare. -Lemoglobina deve questa possibilit proprio al fatto di possedere una struttura quaternaria, quindi lassemblaggio delle quattro catene polipeptidiche risente di questi segnali (si tratta infatti della prima proteina allosterica studiata, dove allosterica vuol dire in grado di modificare la propria conformazione). Questi cambiamenti conformazionali sono una risposta ai segnali chimici che lemoglobina registra, e di conseguenza cambia la sua funzione (legare oppure rilasciare O2). Esistono diverse emoglobine fisiologiche. -Lemoglobina normale delladulto (2 2) viene anche indicata con la sigla HbA; -Lemoglobina minore delladulto (2 2), che viene indicata con la sigla HbA2; -Lemoglobina fetale (2 2) indicata con la sigla HbF; -Le emoglobine embrionali hanno diverse composizioni di catene, le principali sono: (2 2), (2 2), (2 2). Unaltra caratteristica importante che i geni che codificano per le globine che si riconducono allo stesso tipo di catena (per esempio le catene ) sono codificate tutte sullo stesso cromosoma. Quindi il cromosoma 16 codifica per le catene e anche per le catene , che sono le omologhe delle catene per le emoglobine embrionali. Sul cromosoma 11 abbiamo invece la codificazione dei geni per le catene ma anche le , le e le che sono le omologhe nelle emoglobine fetale ed embrionale. -Esiste anche una proteina particolare, lemoglobina glicosilata, che presente nelle emoglobine normali in bassa percentuale. Questa percentuale di glicosilazione pu aumentare fino al 15% nel diabete mellito. Quindi lemoglobina glicosilata pu essere un indice diagnostico per il diabete mellito. -Che significato ha levoluzione delle emoglobine durante lo sviluppo di un organismo? Come mai ci sono dei geni che si esprimono in periodi diversi dello sviluppo, dando origine a diversi tipi di emoglobine?
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Per garantire lo scambio di O2 tra la circolazione materna e la circolazione fetale-embrionale, le emoglobine embrionali e fetali devono necessariamente avere una maggiore affinit per lO2 per cui lemoglobina delladulto cede ossigeno a queste emoglobine. La diversa composizione in catene giustifica la maggiore affinit per lO2 rispetto allemoglobina delladulto, per cui si ha lo scambio di ossigeno dalla madre al feto. Nel tempo cambia lespressione genica, per cui alcuni geni vengono espressi mentre altri diventano silenti. -Lespressione genica della catena comincia sin dal concepimento per si completa verso la fine del periodo embrionale. Infatti lemoglobina fetale ha gi le catene . -Nella vita embrionale le catene maggiormente rappresentate sono le catene per cui, in questo caso, abbiamo il massimo dellespressione (50%) sin dal momento del concepimento per tutta la vita embrionale, dopodich la concentrazione decade quindi si cominciano a sostituire due prodotti genici perch le catene hanno esaurito la loro funzione e il loro posto viene preso dalle catene . E quindi un esempio di differenziamento. Lo stesso vale per le catene e i suoi omologhi. Le catene presentano una piccola espressione per tutto il periodo della vita intrauterina e questa espressione aumenta poi al momento della nascita. Le catene sono maggiormente espresso nel periodo embrionale e la loro concentrazione va via via degradando, contemporaneamente cominciano ad essere espresse le catene che raggiungono il massimo dellespressione durante la vita fetale e cominciano a decrescere dopo la nascita. -Anche in questo caso abbiamo una sostituzione dei vari tipi catene, proprio perch la struttura dellemoglobina ha una stretta correlazione con la sua funzione. Struttura e funzione Prendiamo in considerazione lemoglobina delladulto con la tipica struttura 2 2. -Le catene sono costituite da 141 amminoacidi, hanno anchesse una struttura secondaria fondamentalmente di tipo elica (75%) e hanno come struttura terziaria un andamento globulare (simili quindi alla mioglobina). Allinterno troviamo inserito il gruppo eme, che poi quello che dal punto di vista funzionale in grado, tramite latomo di ferro, di legare lO2. -Le catene sono costituiti da 146 amminoacidi; anche in questo caso i gruppi eme si trovano allinterno delle tasche idrofobiche, che sono fondamentali per poter garantire lo stato di ossidazione 2+ del ferro, cio lo stato di ossidazione in grado di legare lO2. Diversamente a contato con le molecole dacqua lo stato di ossidazione passerebbe a +3 e leme non sarebbe pi in grado di legare lO2. -La parte proteica dellemoglobina ha quindi la funzione di proteggere il gruppo eme dallossidazione e quindi consentire il legame con lO2 e daltronde svolge anche limportante funzione di sensore, cio tramite la parte proteica lemoglobina in grado di registrare le variazioni chimiche del microambiente in cui essa svolge la sua funzione, quindi comprendere quando deve legare lO2 e quando deve rilasciarlo. La parte proteica infatti, interagendo con varie molecole, in grado di modificare la conformazione, quindi di influenzare il legame con lO2. * Gli esseri umani devono molto allemoglobina. Il gruppo eme, anche non associato alla parte proteica, sarebbe in grado di legare lO2, ma lo legherebbe e lo rilascerebbe con molta facilit, per cui le dimensioni degli organismi che si dovessero servire di un eme staccato dalla parte proteica non potrebbero raggiungere dimensioni pi grandi di un millimetro. Quindi nellevoluzione si
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sviluppata lemoglobina che insieme al sistema vascolare ha consentito lestensione degli organismi. -Consideriamo lemoglobina dal punto di vista molecolare. Lemoglobina un tetramero e questo presuppone che vi siano delle interazioni, cmq dei legami, tra le varie sub unit. Questi sono legami di tipo non covalente (legami a idrogeno, forze elettrostatiche, forze di Van der Waals, interazioni idrofobiche). Questa serie di interazioni non covalenti fa in modo che queste quattro catene polipeptidiche si dispongano a formare un tetramero. -Per bisogna anche considerare che fra le catene 1- 1 e 2- 2 questi legami sono pi numerosi e quindi complessivamente pi forti, per cui lemoglobina pu essere vista anche come un eterodimero costituito da 1 1 e da 2 2. Quindi da un punto di vista strutturale un tetramero per in effetti ha le caratteristiche di un eterodimero proprio grazie alla presenza di un maggior numero di legami tra 2 2 e 1 1.

Effetto cooperativo
-Consideriamo una porzione particolare dellemoglobina e prendiamo come riferimento due amminoacidi: lasparagina 102 della catena 2 e lacido aspartico della catena 1 perch lemoglobina, quando passa dallo stato deossigenato allo stato ossigenato cambia conformazione cio variano anche i rapporti stessi tra le diverse catene. In particolare si dice che lemoglobina nello stato deossigenato ha una struttura tipo T. Questa struttura di tipo T (o tesa) , che rappresenta una struttura pi rigida della molecola. Al momento del legame con lO2 lemoglobina passa invece allo stato R (o rilassato). Il passaggio attraverso le due conformazioni (da T ad R e viceversa) passa attraverso il legame con lO2 che destabilizza alcuni legami e promuove la formazione di altri. In altre parole, nel momento in cui la molecola dellossigeno si lega a un eme di una catena polipeptidica determina dei movimenti della catena che si trasmettono alle altre. Questi movimenti non fanno altro che rompere alcuni legami e farne formare degli altri. In particolare queste modificazioni conformazionali, e cio il passaggio dallo stato T allo stato R, renderanno pi facile il legame di successive molecole di O2 alle varie subunit. Quindi mentre la prima molecola di O2 si legher difficilmente, comincer a determinare la variazione dallo stato T allo stato R ed i successivi legami dellO2 alla seconda, terza, quarta subunit saranno facilitati. -In altre parole alla modificazione conformazionale che ha inizio con il legame della prima molecola di O2 segue una modificazione conformazionale pi idonea a legare le successive molecole di O2. Questo fenomeno prende il nome di effetto cooperativo tra le subunit dellemoglobina. Se torniamo a considerare i due amminoacidi di riferimento, lasparagina 102 delle catene 2 e lacido aspartico delle catene 1, tra di essi vi una distanza di 5,8 nello stato T, cio nello stato deossigenato. Nel momento invece in cui avviene lossigenazione le due catene (2 1) si spostano luna rispetto allaltra e si ha un accorciamento a 2,8 . *Non importante il fatto che si abbia un accorciamento o piuttosto un allungamento ma importante capire che le varie subunit si muovono luna rispetto allaltra e questo movimento significa rottura di alcuni legami e instaurazione di altri legami, e di conseguenza il passaggio da uno stato che presenta una minore affinit per lO2 (stato T) ad uno stato con una maggiore affinit per lO2 (stato R).
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Quindi tutti quei fattori che favoriscono il passaggio dallo stato T allo stato R (o viceversa) saranno fattori in grado di condizionare il legame oppure il rilascio dellO2, con il risultato che lo stato R comincia ad essere pi affine per lO2. -Lemoglobina quindi non una molecola rigida bens una molecola allosterica in grado di modificare la propria conformazione in risposta a degli stimoli chimici, modificando in tal modo la propria funzione. Vediamo alcuni aspetti della funzionalit dellemoglobina in rapporto alle sue modificazioni conformazionali. Oltre a veicolare lossigeno lemoglobina, normalmente contenuta negli eritrociti, in grado di: - legare CO2 in maniera diretta anche se in piccola percentuale CO2 + H3N-globina OOCHN-globina + 2H - determinare lespirazione della CO2; - inoltre un importante sistema tampone (vedi Ragusa)

Tutte queste funzioni in realt sono legate luna con laltra. Confronto tra mioglobina ed emoglobina Per capire la diversit di comportamento tra mioglobina ed emoglobina possiamo considerare un grafico che mette in relazione la pressione parziale dellO2 con la saturazione di queste due proteine nei confronti dellossigeno. Landamento delle due curve completamente differente e diversi sono i valori che determinano la cosiddetta P50. *La P50 un valore di pressione parziale che corrisponde al 50% di saturazione (cio il 50% dei siti sono occupati). Consideriamo i valori fisiologici della pressione parziale dellO2. La pressione parziale (dellO2) arteriosa si attesta intorno ai 100 torr mentre assumiamo per la pressione venosa un valore di 26 torr (questo valore corrisponde ovviamente alla pressione parziale presente a livello tessutale, in realt
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se dovessimo andare a misurare la pressione parziale dellO2 a livello dei capillari vicino ai tessuti, troveremmo delle piccole differenze. Alcuni tessuti infatti consumano pi ossigeno altri meno. Si tratta quindi nel caso di 26 torr di un valore medio. Un tessuto che consuma molto ossigeno ad es. il tessuto muscolare [quindi se andiamo a misurare la P50 vicino al tessuto muscolare osserveremo che questo valore abbastanza basso (< 20 torr)], mentre uno che consuma poco ossigeno ad es. al tessuto adiposo [ in questo caso avremo un valore di P50 di circa 40 mmHg]. Questo consumo ovviamente strettamente correlato al metabolismo.

- La P50 per la mioglobina ha un valore estremamente basso, intorno a 1 torr mentre il valore della P50 per lemoglobina vale mediamente 26 torr (quindi a livello venoso Hb YO2 =.0,5) Questo significa che la mioglobina lega facilmente lossigeno e difficilmente lo rilascia, cio ha una grande affinit per lO2 (poich una P50 di 1 mmHg significa che basta poco ossigeno affinch essa raggiunga una semi-saturazione). Per poterlo rilasciare lo far sempre cmq nellambito di valori molto bassi. Quindi la mioglobina, saturandosi facilmente, presenta unaffinit maggiore ma assume le caratteristiche di una proteina di deposito. Se consideriamo invece landamento della curva dellemoglobina osserviamo intanto che i valori della P50 sono molto pi alti, quindi necessaria una maggiore quantit di ossigeno per una semisaturazione, mentre per una saturazione totale richiesta una pressione di 100 mmHg (quindi siamo ai livelli del valore di pressione parziale dellO2 a livello polmonare). Un altro aspetto che osserviamo landamento ad S italica. Questo andamento a S italica rispecchia la cooperativit tra le varie subunit proteiche. Il legame della prima molecola di O2 richiede una certa quota di energia, dopodich cominciano ad avvenire delle modificazioni conformazionali dellemoglobina, il passaggio dallo stato T allo stato R, che agevolano il secondo, il terzo, il quarto legame con le altre molecole di O2. Quindi ci vorr una maggiore energia, quindi una maggiore pressione parziale dellO2, per legare la prima molecola, per via via i successivi legami saranno facilitati.
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*Lesempio che fa sempre la prof. Viola quello di un quadrato costituito da 4 francobolli (cio dal quale dobbiamo ritagliare 4 francobolli). Per staccare il primo francobollo dobbiamo operare 2 tagli, 1 taglio per il secondo, per ottenere il terzo e il quarto basta 1 solo taglio (quindi ciascuno). -I valori di Y sono i valori della saturazione. Se Y= 0 tutti i siti sono vuoti, se Y=1 significa che tutti i siti sono occupati (in alcuni testi la scala va da 0 a 100 ma concettualmente indifferente). La P50 rappresenta la pressione parziale dellO2 alla quale il 50% dei siti sono occupati. - La curva ha quindi un andamento iperbolico per la mioglobina, sigmoide o S italica per lemoglobina, proprio perch nellemoglobina presente questo fenomeno della cooperativit. - Lequazione di Hill consente di comprendere il grado di saturazione dellemoglobina a seconda della pressione parziale dellossigeno presente (al solito Y significa frazione dei siti che sono occupati) - n il cosiddetto indice di Hill e ci d il grado di cooperativit della proteina. Per la mioglobina non c nessuna cooperativit e quindi la curva che ne deriva uniperbole, mentre lindice per lemoglobina 2,8 che significa la presenza di cooperativit e quindi ne deriva una curva tipo sigmoide. Lequazione di Hill cosa ci consente di fare? Se noi consideriamo che lincognita di fatto il valore di Y, in quanto noi conosciamo P50 (ad es. il valore medio per lemoglobina 26), conosciamo il valore n=2.8 , per cui sulla base della misura della pressione parziale possiamo dedurre qual il valore di saturazione dellemoglobina. - Abbiamo visto prima i valori della pressione parziale arteriosa e venosa dellossigeno, cio i valori medi, normali. Eppure vi sono delle condizioni in cui la pressione parziale dellO2 pu cambiare, ad es. pu variare perch varia la pressione parziale dellO2 dellambiente (ad es. in montagna la pressione parziale dellossigeno pi bassa). Questa equazione ci dice quindi che in caso di un abbassamento della pressione parziale dellO2 si abbasser anche la quota di emoglobina ossigenata e di conseguenza la disponibilit di ossigeno per lorganismo. -Pensiamo a quale importanza pu avere lequazione di Hill per quei pazienti che hanno una diminuita capacit di ventilazione, dovuta ad es. a malattie dellapparato respiratorio, e di conseguenza possibile capire quanto questo possa incidere sulla saturazione dellemoglobina e quindi sulla disponibilit di O2 per lorganismo. -Poich la pO2 si pu sempre misurare in ogni caso, da questi valori possiamo capire quanta emoglobina riesce a saturarsi e quindi qual la disponibilit di O2 dellorganismo. A questo serve lequazione di Hill.

*ATTENZIONE! A cosa serve lossigeno? Lossigeno laccettore ultimo degli elettroni che sta a valle della catena respiratoria. Lossigeno serve a far camminare gli elettroni lungo la catena respiratoria, la quale a sua volta deve produrre ATP. Ma per produrre ATP necessario questo passaggio di elettroni e lossigeno rappresenta laccettore ultimo degli elettroni, cio un elemento fortemente elettronegativo che costituisce una sorta di motore che tira gli elettroni lungo la catena respiratoria (elettroni che sono portati dagli equivalenti riducenti che derivano dal catabolismo)
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Per cui lungo la catena respiratoria avvengono delle reazioni di ossidoriduzione e questa energia di ossidoriduzione ha come effetto quello di formare un gradiente di protoni fra la membrana mitocondriale interna e la membrana mitocondriale esterna. Questo gradiente tenderebbe a far ritornare i protoni verso la matrice mitocondriale (proprio perch c un accumulo di protoni nello spazio intermembrana), ma per far questo i protoni necessitano di canali, di porte attraverso le quali rientrare. Queste porte sono costituite dallATP-sintasi, un complesso proteico che rappresenta di fatto un canale per i protoni ma anche un enzima. Quindi il flusso dei protoni che tornano verso la matrice attiva questo enzima, chiamato ATP-sintasi e viene prodotto ATP. Quindi lenergia ossido riduttiva viene convertita in energia elettrochimica, che a sua volta viene convertita in unenergia chimica per la sintesi dellATP. - Quindi se gli elettroni non dovessero fluire lungo la catena respiratoria non si avrebbe laccumulo di protoni nello spazio intermembrana, e senza questo flusso di protoni attraverso lATP-sintasi non sarebbe possibile la produzione di ATP. Questa la funzione dellO2.

Spiegazione molecolare delleffetto cooperativo


-Cosa mette in moto le modificazioni conformazionali dellemoglobina? Tutto comincia con il legame dellO2 al gruppo eme. Il gruppo eme come sappiamo costituito da una struttura tetrapirrolica, in particolare una proto porfirina IX, che al centro lega latomo di ferro, il quale non indipendente dalla parte proteica in quanto legato con listidina prossimale, quindi movimenti del ferro vengono trasmessi a tutta la proteina. Questo avviene proprio quando il ferro lega lossigeno, quindi si ha il passaggio dalla forma T alla forma R (durante il quale si hanno anche ampi scorrimenti tra le catene polipeptidiche). - Nella forma deossigenata, il ferro non completamente inserito nel piano della proto porfirina, ma si trova un po pi in alto perch il suo raggio atomico pi grande rispetto allo spazio che avrebbe a disposizione. Nel momento in cui il ferro lega lossigeno cala dentro lo spazio che si trova al centro della proto porfirina perch il suo raggio atomico diminuisce. Ma se latomo di ferro si muove rispetto alla posizione della deossigenazione, poich legato con listidina F-8, anche questultima viene attirata verso la proto porfirina ma listidina F-8 cmq fa parte di una catena polipeptidica, per cui tutta la catena si sposta. Quindi lenergia di legame tra il ferro e lossigeno determina uno spostamento anche della parte proteica. Sappiamo che tra le catene esistono diversi tipi di legame, in particolare legami non covalenti (legami a idrogeno, ponti salini - legami elettrostatici che si stabiliscono tra amminoacidi le cui catene hanno carica opposta- , inoltre entrano in gioco anche le parti ammino-terminali e carbossi-terminali, poich si tratta di un ambiente acquoso il gruppo COOH sar dissociato in COO-, mentre il gruppo NH2 in NH3+) per cui i movimenti delle catene polpeptidiche portano a unalterazione di questi legami deboli e quindi le catene si spostano luna rispetto allaltra; leffetto che nella forma rilassata dellemoglobina aumenta laffinit dellO2 nei confronti degli altri gruppi eme, come se le catene polipeptidiche si esponessero pi facilmente per il legame delleme con lO2. Quindi superata la barriera energetica del primo legame, quelli successivi vengono facilitati proprio da queste modificazioni conformazionali. (legame dellO2 allemoglobina grafico di Hill pag.179 184 voet)

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EFFETTORI ALLOSTERICI DELLEMOGLOBINA Sono quelle molecole in grado di determinare una modificazione strutturale, conformazionale della proteina e quindi in grado di modulare la sua funzione. - Gli effettori positivi sono quelli in grado di determinare il legame dellemoglobina con lossigeno, mentre sono detti negativi tutti quegli effettori in grado di determinare il rilascio della molecola di ossigeno. Leffettore positivo si identifica fondamentalmente con lo stesso ossigeno, poich proprio la pressione parziale dellO2 che determina un maggiore legame tra lO2 e lemoglobina. A questo proposito diremo quindi che lO2 un effettore positivo omotropico, in quanto esso contemporaneamente la molecola di legame dellemoglobina ma anche leffettore poich la stessa pressione parziale dellO2 a far aumentare laffinit dellemoglobina verso lossigeno. - Gli effettori negativi sono costituiti da molecole correlate al metabolismo, in particolare al metabolismo ossidativo. Il primo grande effettore negativo rappresentato dai protoni. I protoni danno origine al cosiddetto effetto Bohr, cio lincremento della concentrazione di protoni fa s che lemoglobina rilasci lO2; quindi un abbassamento del pH determina un aumento del rilascio di O2, un innalzamento del pH comporta invece una maggiore affinit dellemoglobina verso lO2. Definiamo effetto Bohr linfluenza dei protoni sul rilascio dellO2 da parte dellemoglobina. Se consideriamo leffetto Bohr nel suo complesso osserviamo come queste reazioni avvengono nei globuli rossi che si trovano in sede extrapolmonare (quindi vicino ai tessuti) e nei globuli rossi che attraverso la circolazione sono giunti ai polmoni. -Un altro effettore negativo il 2,3 difosfoglicerato (deriva da un intermedio della glicolisi, l1,3 difosfoglicerato la glicolisi (di tipo anaerobio) lunico grande metabolismo che avviene allinterno del globulo rosso- che non pu utilizzare ossigeno poich privo di mitocondri). - lanidride carbonica (CO2) la quale un prodotto del metabolismo ossidativo di tutti i tessuti, in particolare alcuni metabolismi come il ciclo di Krebs sono grandi produttori di CO2. La CO2 abbandona le cellule per poi venire espulsa mediante lespirazione, per tra la sua produzione a livello tissutale e la sua eliminazione coinvolta anche lemoglobina, la quale aiuta questa espulsione, anche se non in maniera necessariamente diretta. In accordo con la legge di Henry (m = k p) solo una piccola quota della CO2 presente a livello plasmatico, dopo la sua produzione, riesce a disciogliersi ed essere trasportata come gas nel plasma (circa il 4-5%) quindi la stragrande maggioranza di CO2 penetra allinterno del globulo rosso (circa il 90-95%), con un meccanismo di diffusione semplice, dove pu andare incontro a due destini, ovvero pu seguire 2 strade. Una di queste (che riguarda circa il 90% di CO2) lidratazione della CO2 con formazione di acido carbonico che, essendo un acido debole, dissocia in ioni bicarbonato e protoni. Ma questa reazione avviene nel plasma solo in piccola quantit, infatti la gran parte della CO2 viene convertita in bicarbonato e protoni proprio allinterno dei globuli rossi. Allinterno degli eritrociti infatti presente un enzima, lanidrasi carbonica, in grado di velocizzare questa reazione. Una piccola quantit invece, circa il 5%, si lega direttamente allemoglobina. Tuttavia si lega alla parte proteica dellemoglobina, in particolare alla parte ammino-terminale, portando alla formazione di carbammin-emoglobina (non dire per nessun motivo che la CO2 si lega alleme!)
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La forma T (deossi) lega una quantit maggiore di CO2 in forma di carbammato rispetto a quella R; quando la concentrazione di CO2 elevata, come avviene nei capillari del muscolo, favorito lo stato T, ci stimola lemoglobina a rilasciare il proprio O2. I protoni liberati dalla formazione di carbammato ( CO2 + H3N-globina OOCHN-globina + 2H ) possono produrre il rilascio di altro O2 attraverso leffetto Bohr ) - Lemoglobina cmq ha una sua funzione nella conversione dellanidride carbonica a bicarbonato. Tutta la reazione di idratazione avviene allinterno del globulo rosso e i prodotti che dobbiamo prendere in considerazione sono quindi gli ioni bicarbonato e i protoni. I protoni, essendo effettori negativi, si legano allemoglobina e determinano il rilascio di O2 (effetto Bohr) Quindi dallaumento della concentrazione di CO2 in sede extrapolmonare (cio vicino ai tessuti) si passati alla formazione di bicarbonato, ma anche di protoni. Quindi il segnale incremento di protoni, abbassamento del pH, significa per lemoglobina rilascio di O2 necessario al metabolismo delle cellule. -Il bicarbonato invece fuoriesce dai globuli rossi e passa a livello plasmatico dove svolge un importante ruolo di sistema tampone. Ma il bicarbonato, essendo una molecola carica, non pu fuoriuscire liberamente, ma ha bisogno di un carrier, di un trasportatore. In particolare si tratta di un sistema per antiporto, quindi presente un trasportatore che porta fuori il bicarbonato quando il globulo rosso si trova in sede periferica ed entra cloro (quindi entra unaaltra molecola carica negativamente in modo che il numero di cariche elettriche negative venga bilanciato). Nel plasma il bicarbonato svolger la funzione di sistema tampone. **In chimica la coppia che viene citata bicarbonato/acido carbonico. Visto che siamo in biochimica invece la citazione pi corretta bicarbonato/CO2 perch in effetti sono i due componenti la cui concentrazione varia a livello dellorganismo poich sono in stretta correlazione col metabolismo. - A livello dei tessuti lemoglobina ossigenata, nel momento in cui si lega ai protoni derivanti dalla dissociazione dellacido carbonico, rilascia lO2 ai tessuti che lo utilizzeranno per il metabolismo. Quindi il segnale costituito dai protoni servito a indicare allemoglobina che si trova in un globulo rosso vicino ai tessuti, quindi segnala la necessit di rilasciare lO2. -Quando il globulo rosso raggiunge i polmoni attraverso la circolazione qui avremo il grande effettore positivo, lossigeno. Lelevata pressione parziale dellO2 far in modo che lemoglobina ridotta si ossigeni e i protoni vengano rilasciati (non fuoriescono), ma avviene una reazione inversa rispetto a quella che interessa il globulo rosso in sede periferica: rientrano i bicarbonati, esce il cloro. Bicarbonato e protoni danno nuovamente origine allacido carbonico. E sempre presente lanidrasi carbonica che questa volta dissocer lacido carbonico in CO2 e H2O. Lanidride carbonica fuoriesce dal globulo rosso e viene espirata, in questo modo diminuisce la concentrazione della CO2 allinterno del globulo rosso e la reazione verr spostata verso la dissociazione dellH2CO3 in CO2 e H2O (in accordo con il principio dellequilibrio mobile infatti viene meno uno dei prodotti).

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Quindi lespirazione guida in un certo modo la reazione inversa dellanidrasi carbonica anche se cmq fondamentale la presenza dellanidrasi carbonica (anche se ovviamente si limita a velocizzare la reazione non a spostare lequilibrio) Alla fine si ottenuta la nuova ossigenazione dellemoglobina e lespulsione della CO2 che si era originata dal metabolismo extrapolmonare nei tessuti. *Quindi in realt leffetto Bohr non serve solo al rilascio dellO2 da parte dellemoglobina in sede extrapolmonare, ma serve anche, in maniera indiretta, a poter espellere la CO2 che si formata dal metabolismo tissutale. Da questo punto di vista quindi non distinguiamo i due eventi i quali portano luno allaltro, cio lossigenazione e la deossigenazione dellemoglobina e lacquisizione e lespulsione dellanidride carbonica sono strettamente correlati. Leffetto Bohr comporta rilevanti implicazioni fisiologiche non solo ai fini del trasporto dellossigeno molecolare in sede extrapolmonare ma anche nella veicolazione del CO2 prodotto dalla respirazione, dai tessuti ai polmoni. *Leffetto Bohr costituisce inoltre un meccanismo grazie al quale possibile rifornire di unulteriore quantit di O2 i muscoli in elevata attivit metabolica, dove la pO2 pu essere inferiore a 20 torr. Questi muscoli generano acido lattico cos velocemente che portano a un abbassamento del pH da 7.4 a 7.2 del sangue che vi passa attraverso.

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LEZIONE 6
Gli effettori negativi sono diversi ma ciascuno di essi viene visto come un effettore in grado, non solo singolarmente, ma di concerto con gli altri effettori negativi, di promuovere il rilascio dellO2. -Un effettore negativo fondamentale la CO2 in quanto rappresenta il segnale di un metabolismo ossidativo, per cui quando si incrementa la concentrazione di anidride carbonica, come avviene a livello del sangue venoso, significa che lemoglobina in quella sede deve rilasciare lO2 richiesto dal metabolismo. Sappiamo che la CO2 un gas che fuoriesce dalle cellule dei tessuti per diffusione semplice attraverso le membrane e quindi il primo ambiente in cui essa viene a trovarsi il plasma, dove poi pu seguire diversi destini.. (vedi lezione precedente).

EFFETTI DEL pH SUL RILASCIO DELLO2 DA PARTE DELLEMOGLOBINA

Analizziamo un grafico uguale a quello che mette in relazione la pressione parziale dellO2 con la saturazione dellemoglobina alle varie concentrazioni di ossigeno. Il valore del pH fisiologico di 7,24. Se invece il pH si abbassa (si tratta cmq sempre di frazioni di unit ) osserviamo che la curva si sposta verso destra e ci significa che lemoglobina ha minore affinit verso lO2 quindi lo rilascia pi facilmente. Questo in linea con quanto detto riguardo alleffetto Bohr (influenza dei protoni sul rilascio dellO2). Viceversa, se prendiamo ad es. come riferimento un valore di 7.6, laffinit aumenta (perch variano i valori della P50) e quindi uno spostamento a sinistra ci indica una maggiore affinit per lO2. Quindi valori di pH pi acidi rispetto al valore fisiologico faranno rilasciare pi facilmente lO2, valori pi basici faranno in modo che lemoglobina tenda a legare lO2.
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EFFETTO TAMPONE DELLEMOGLOBINA -Poich lemoglobina lega i protoni ha di per s un effetto tampone, per cui essa viene inserita tra i tamponi fisiologici. Gli altri sistemi tampone sono bicarbonato, proteine plasmatiche. 2,3 DIFOSFOGLICERATO Trovandosi in soluzione questo composto presente nella forma dissociata, per cui possiamo osservare le cariche negative presenti sui gruppi fosfato e sul carbossile, trattandosi di un acido. Il 2,3 difosfoglicerato deriva dall1,3 difosfoglicerato che un intermedio della glicolisi eritrocitaria (abbiamo gi detto che la glicolisi il principale metabolismo energetico ossidativo presente nei globuli rossi, in quanto essi, nella forma matura sono privi di mitocondri, per cui non sono in grado di svolgere quei metabolismi che presuppongono la presenza del mitocondrio come ciclo di Krebs, ossidazione degli acidi grassi). L1,3 difosfoglicerato fa parte della via glicolitica, viene spostato allinterno della stessa molecola un gruppo fosfato ad opera dellenzima bifosfoglicerato mutasi e si forma il 2,3 difosfoglicerato. La concentrazione di 2,3 fosfoglicerato diminuisce per opera delle difosfoglicerato fosfatasi, che forma il 3-fosfoglicerato che rientra nella glicolisi. Quindi esiste una stretta correlazione tra la concentrazione del 2,3 difosfoglicerato e la glicolisi eritrocitaria. -Il 2,3 difosfoglicerato ha una importanza fondamentale in quanto tende a stabilizzare la forma T (deossigenata), cio la forma deossigenata dellemoglobina, e quindi favorisce il rilascio di O2. *La sua funzione viene messa in evidenza anche dal fatto che in caso di ipossie tissutali (che possono essere dovute ad es. ad anemia o disfunzione polmonare o ancora a fattori ambientali come le elevate altitudini), quindi minore apporto di ossigeno allorganismo si riscontra un aumento di 2,3 difosfoglicerato che avendo la funzione di determinare il rilascio di O2 da parte dellemoglobina tende, per cos dire, a sopperire alla carenza di O2 che si pu verificare in queste situazioni. -Qual il meccanismo molecolare attraverso il quale il 2,3 difosfoglicerato svolge la sua funzione? Se andiamo a guardare allinterno della struttura dellemoglobina, in particolare ci addentriamo nellinterfacce tra le subunit 1 e 2, osserviamo che tra gli amminoacidi che si affacciano in questa porzione interna dellinterfacce tra 1 e 2 sono presenti alcuni amminoacidi come lisina, istidina, i quali sono dotati di cariche positive. Il 2,3 difosfoglicerato un composto a carica negativa e si lega quindi in questa interfacce 1 e 2 dove sono presenti questi amminoacidi con carica positiva. Il risultato che questo legame tra 2,3 difosfoglicerato e le subunit mantiene stabile la forma T, ovvero quella che ha minore affinit per lossigeno. Di conseguenza, stabilizzando la forma T, aumenta di fatto il rilascio dellO2.

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-Vediamo qual leffetto dei singoli effettori nel solito grafico della saturazione dellemoglobina e quindi mettiamo sempre in relazione la concentrazione dellossigeno (espressa come pO2) e il grado di saturazione dellemoglobina.

Consideriamo un esperimento in cui lemoglobina stata purificata (quindi priva di effettori che possano condizionarne il comportamento), cio stata prelevata dal globulo rosso e quindi privata del proprio microambiente, nel quale fisiologicamente risponde. A questo punto possiamo aggiungere via via i singoli effettori e valutare leffetto di ciascuno. - Laffinit per lO2 dellemoglobina purificata decisamente elevata, simile a quella della mioglobina, poich ovviamente lunico effettore presente in questo momento la pressione parziale dellossigeno (cio un effettore positivo). -Se aggiungiamo CO2 , e analizziamo la curva dellemoglobina con semplice aggiunta di CO2 , la curva tende a spostarsi verso destra, quindi diminuisce laffinit per lossigeno (sappiamo infatti che la CO2 un effettore negativo. -Se aggiungiamo il 2,3 difosfoglicerato abbiamo un ulteriore spostamento verso destra. Anche il 2,3 difosfoglicerato un effettore negativo e quindi lemoglobina tender a rilasciare lossigeno. *Cosa succede se noi combiniamo i due effettori negativi? I due effettori negativi combinati hanno un effetto negativo ancora maggiore e il comportamento della curva di dissociazione dellemoglobina in vitro coincide con il comportamento dellemoglobina nel sangue (e quindi nel suo ambiente normale fisiologico).
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Questa la dimostrazione sperimentale non solo del fatto che questi due effettori sono negativi, ma anche che il loro effetto combinato (in condizioni sperimentali) ci riporta ( uguale)agli effetti che si ottengono in condizioni fisiologiche. -Il 2,3 difosfoglicerato giustifica inoltre il cosiddetto paradosso fetale, cio il fatto che le emoglobine presenti nellembrione e nel feto hanno una maggiore affinit nei confronti dellO2 che consente il flusso di O2 dallemoglobina materna allemoglobina fetale. La spiegazione molecolare risiede nel fatto che le emoglobine embrionali e fetali hanno di fatto una struttura differente. Mentre nellemoglobina delladulto abbiamo una struttura 2 2 , lemoglobina fetale presenta una struttura 2 2. Cosa comporta la sostituzione delle catene rispetto alle catene ? Ricordiamo che il legame del 2,3 difosfoglicerato si instaura nelle interfacce delle subunit , le quali sono assenti nellemoglobina fetale. La struttura primaria delle catene , che contraddistinguono lemoglobina fetale, differente. In particolare lamminoacido che corrisponde allistidina 143 delle catene , viene sostituita da una serina. La serina neutra rispetto alle cariche positive dellistidina e il risultato che il 2,3 difosfoglicerato viene legato meno stabilmente in una emoglobina in cui sono presenti catene al posto delle ; quindi proprio perch meno affine (si lega pi difficilmente) il legame del 2,3 difosfoglicerato, di conseguenza la quota di emoglobina fetale nella forma R maggiore rispetto alla stabilizzazione dellemoglobina nella forma T. In definitiva, la sostituzione delle subunit dellemoglobina delladulto con le subunit , ha determinato una minore affinit nei confronti del 2,3 difosfoglicerato e questo ha come conseguenza laumento dellaffinit nei confronti dellossigeno. Confronto tra la saturazione dellemoglobina delladulto e dellemoglobina fetale. La P50 dellemoglobina fetale intorno ai 19 mmHg , rispetto ai 26-27 delleemoglobina delladulto. Quindi se osserviamo il solito grafico notiamo che i valori fisiologici in cui troviamo la zona di legame dellemoglobina fetale nei confronti dellO2 , quindi le pressioni parziali a cui abbiamo la maggiore affinit per lO2 dellemoglobina fetale, sono tutti al di sotto del valore venoso delladulto (compreso il valore arterioso dellemoglobina fetale). Questo significa che in ogni caso lemoglobina fetale riesce ad essere pi affine per lO2 rispetto addirittura al valore venoso dellemoglobina delladulto. Quindi sicuramente sono presenti le condizioni per cui lO2 vada dalla madre al feto, poich lemoglobina fetale ha una maggiore affinit. *Laffinit per lO2 nella forma R circa 70 volte maggiore rispetto alla forma T. Mentre il passaggio dalla forma T alla forma R favorito dallaumento della pressione parziale dellO2, dalla diminuzione della CO2, dallincremento del pH e dal decremento del 2,3 difosfoglicerato, viceversa il passaggio dalla forma R ossigenata alla forma T deossigenata (quindi rilascio di O2) viene favorita dallabbassamento della pressione parziale dellO2, dallaumento della concentrazione di CO2, dal decremento di pH e dallincremento del 2,3 difosfoglicerato.

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ANEMIA FALCIFORME: dovuta ad una mutazione puntiforme del gene che codifica per la globina. Viene sostituito un solo amminoacido, una valina sostituisce lacido glutammico in posizione 6. Quindi la sostituzione di un solo amminoacido nelle catene comporta unimportante modifica della funzionalit dellemoglobina. Quando una valina sostituisce lacido glutammico, lemoglobina diventa meno solubile per cui lemoglobina patologica HbS polimerizza. Questi polimeri di emoglobina si formano allinterno del globulo rosso a bassa tensione di O2, quindi una polimerizzazione che coinvolge la de ossiemoglobina; per cui quando questemoglobina si trova allinterno di un globulo rosso che va in sede periferica, ad es. nei capillari, in cui vi una bassa tensione di O2, queste molecole polimerizzano. La polimerizzazione chiaramente altera la funzione dellemoglobina. Non solo viene meno la funzionalit di queste molecole: infatti la polimerizzazione di queste proteine allinterno del globulo rosso fa in modo che diminuisca anche la sua capacit di adattarsi al passaggio attraverso i capillari; si irrigidisce la parete del globulo rosso poich i polimeri di emoglobina si vanno ad attaccare al citoscheletro, provocando un effetto di contrazione per cui si deforma la superficie del globulo rosso che assume la tipica forma a falce. I globuli rossi perdono dunque flessibilit e non si adattano pi al passaggio attraverso capillari molto stretti e quindi si pu avere unostruzione di questi capillari. Inoltre lalterazione della membrana porta a una lisi del globulo rosso da cui avremo anche anemia.

ENZIMA Un catalizzatore offre una via alternativa a quella della reazione chimica che stiamo analizzando. Affinch in una reazione i reagenti vengano trasformati in prodotti devono subire delle modificazioni. Si ha quindi uno stato intermedio (in cui i reagenti non sono pi reagenti ma neppure prodotti) nel quale contemporaneamente si rompono alcuni legami e se ne formano degli altri. Questo stato, generalmente chiamato stato di transizione, non viene evidenziato nella reazione chimica. Per quando parliamo di un abbassamento dellenergia di attivazione dobbiamo tenere conto che esiste questo stato intermedio, il quale deve essere proprio favorito da una quota di energia . Un catalizzatore di fatto offre quindi delle vie alternative affinch la reazione possa procedere con un minor impegno energetico. *La differenza fondamentale tra un catalizzatore di tipo fisico, chimico e un catalizzatore biologico che il catalizzatore biologico pu essere modulato nella propria attivit, cio lenzima cos importante per le cellule non soltanto perch favorisce delle reazioni chimiche ma perch la cellula stessa pu controllarlo nella sua attivit, per cui modulare lattivit di un enzima significa di fatto controllare le vie metaboliche.

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LEZIONE 7
MECCANISMO DI AZIONE DELLENZIMA

La reazione fondamentale dellenzimologia ci dice cosa avviene quando lenzima incontra il substrato per poter dare origine al prodotto, cio quella molecola che deriva dal substrtao mediante lazione dellenzima.

E + S ES E + P
In questa reazione fondamentale notare che il passaggio da enzima+substrato a enzima+prodotto non diretto, cio lenzima incontra il substrato, lo lega nel complesso ES e l avverranno le reazioni chimiche che porteranno alla trasformazione del substrato in prodotto. Questa reazione ci d anche altre informazioni. Innanzitutto che la prima parte della reazione, che porta alla formazione del complesso enzimasubstrato una reazione reversibile per cui il complesso pu ritornare a separare lenzima dal substrato stesso; mentre una volta che si formato il complesso enzima-substrato, lenzima dar origine al prodotto per poi essere liberato (seconda parte). *In alcuni testi troverete la reversibilit anche per la seconda parte della reazione, ma una reversibilit pi teorica che non reale, perch nei fatti la reazione che dal complesso enzimasubstrato d origine a enzima e prodotto fondamentalmente irreversibile.

Cosa succede allora nel sito catalitico visto che la nostra relazione ci dice che se lenzima non incontra il substrato la reazione non viene catalizzata? Mettiamo a confronto una reazione non catalizzata e una reazione catalizzata da un enzima.

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-Come viene utilizzata lenergia di attivazione? Lenergia di attivazione la differenza tra lenergia libera dello stato di transizione e quella dei reagenti. L energia di attivazione serve a determinare tutte quelle situazioni che favoriranno la trasformazione del substrato in prodotto. -Tutte le reazioni metaboliche avvengono in ambiente acquoso, e quindi i reagenti hanno tutti cmq una sorta di alone di solvatazione. Questalone di solvatazione importante perch buona parte dellenergia che viene utilizzata proprio impiegata per allontanare le molecole dacqua dai 2 reagenti, poich lacqua si opporrebbe allincontro tra i due substrati. Inoltre il substrato A e il substrato B. per poter reagire, devono incontrarsi con un determinato orientamento. -Per cui le prime barriere di energia devono servire ad avvicinare e orientare i substrati, a escludere, allontanare le molecole di acqua che circondano i substrati e devono inoltre stabilizzare lo stato intermedio, cio quel momento in cui avvenuto lincontro produttivo tra i due reagenti (che si sono avvicinati e orientati nel modo giusto affinch i loro gruppi chimici reagiscano). Nello stato intermedio, in cui i reagenti non sono pi reagenti ma neppure prodotti, avvengono quei cambiamenti di legami chimici che porteranno alla formazione dei prodotti. -In conclusione lenergia di attivazione viene utilizzata per: 1. lavvicinamento e lorientamento dei substrati; 2. esclusione delle molecole di acqua; 3. stabilizzazione dello stato di transizione (cio ridurre lenergia libera dello stato di transizione); 4. il trasferimento dei gruppi chimici che daranno origine ai prodotti. Questi sono i 4 problemi di una reazione chimica. -Come entra in gioco, in questa fase, il sito catalitico? Come favorisce questi quattro princpi? E chiaro infatti che la reazione catalizzata, dal momento che agevola in un certo senso la reazione, deve favorire questi quattro momenti necessari nella reazione chimica. Analizziamo la struttura dellenzima. Il sito catalitico ha una forma particolare e sono presenti dei gruppi chimici che hanno un ruolo importante nel catalizzare la reazione. Consideriamo un reagente A che entra per primo nel sito catalitico. La complementariet che esiste tra il sito catalitico e il reagente A tale da orientare gi di per s, nella maniera opportuna A nei confronti del secondo reagente B, cio A costretto ad entrare nella posizione giusta e orientato nel modo corretto per poter reagire con B. Quindi gi lavvicinamento e lorientamento dei substrati favorito dalla presenza dellenzima (lavvicinamento favorito, ovviamente dal fatto che entrambi i reagenti si trovano allinterno del sito catalitico e si incontrano con una maggiore quota di probabilit). Inoltre linserimento del substrato A nel sito catalitico esclude le molecole di acqua. Quindi sono superati gi 2 dei 4 problemi della reazione chimica. Quindi viene utilizzata una quota di energia minore rispetto alla reazione non catalizzata proprio per il superamento di questi due principi.
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-Passiamo allo stato di transizione. Allinterno del sito catalitico esistono quei gruppi chimici che sono in grado non solo di mantenere legati i due substrati, ma anche di favorire la reazione chimica, accettando e donando momentaneamente gruppi chimici in modo tale che A e B vengano convertiti nei prodotti di reazione C e D. *Quindi non completamente vero che lenzima non partecipa alla reazione, perch in realt nel sito catalitico sono presenti dei gruppi chimici che momentaneamente partecipano alla reazione favorendola anche se dopo tornano comunque nello stato iniziale. -Vengono infine rilasciati i prodotti della reazione e viene liberato lenzima che pu riprendere il ciclo. Per cui la presenza dellenzima con il suo sito catalitico ha favorito lavvicinamento e lorientamento dei substrati, lesclusione delle molecole di acqua, ha stabilizzato lo stato di transizione e consentito il trasferimento dei gruppi chimici. Come risultato la quantit di energia necessaria a questa reazione catalizzata dallenzima pi bassa di quella richiesta dalla reazione non catalizzata. CLASSIFICAZIONE DEGLI ENZIMI

Visto che allinterno del nostro organismo avvengono centinaia di reazioni chimiche differenti nelle quali gli enzimi hanno un ruolo fondamentale, possiamo classificare gli enzimi in diverse classi. Gli enzimi vengono classificati in 6 classi, il nome delle quali ci fornisce informazioni sulla reazione catalizzata dallenzima che vi appartiene. Nellambito delle classi possiamo individuare poi delle sottoclassi, che specificano ulteriormente il tipo di reazione che essi catalizzano. 1. OSSIDOREDUTTASI catalizzano reazioni di ossidoriduzione. Una reazione di ossidoriduzione non fa altro che trasportare i cosiddetti equivalenti riducenti. Gli equivalenti riducenti in biochimica sono elettroni e protoni (cio non sono le reazioni di ossidoriduzione viste in chimica, ma consistono appunto in un trasporto di equivalenti riducenti da un substrato allaltro). I prodotti della reazione saranno un substrato nello stato ossidato e laltro nello stato ridotto. Le ossidoriduzioni che avvengono nel metabolismo della cellula sono reazioni che devono sottrarre dellenergia da un substrato in maniera tale che questa forma di energia possa essere conservata e non dispersa ad esempio sottoforma di calore. -Consideriamo ad esempio la reazione di ossidazione del glucosio. Il glucosio viene ossidato completamente in CO2 e H2O. Questa reazione avviene per tappe e quindi lenergia contenuta nella molecola del glucosio viene via via conservata anche in equivalenti riducenti, cio in molecole che legano elettroni e protoni (come ad es. NAD e FAD che sono dei coenzimi ossido riduttivi). Infatti la completa ossidazione del glucosio allinterno delle cellule passa attraverso diversi metabolismi: la glicolisi, ciclo di Krebs e infine la catena respiratoria per cui lenergia viene sottratta a piccole tappe e sar conservata nella sintesi di ATP (anche se cmq una piccola quota di energia si disperder). Le sottoclassi che fanno parte delle ossido reduttasi sono le deidrogenasi, ossidasi ecc..
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2. TRASFERASI enzimi che catalizzano trasferimenti di gruppi. Il trasferimento pu riguardare gruppi chimici di diversa natura e quindi avremo varie sottoclassi ( transferasi monocarboniose, glicosiltransferasi, amino transferasi, fosfotransferasi e cos via)

3. IDROLASI come suggerisce la stessa denominazione sono enzimi che catalizzano la scissione di un substrato mediante lintroduzione di una molecola dacqua (esterasi, glicosidasi, peptidasi, amilasi)

4. SINTASI (liasi)portano alla formazione di un substrato, di un prodotto di reazione che si origina da due substrati, quindi legano dei gruppi chimici, creano dei legami covalenti. A seconda dei gruppi chimici coinvolti nel legame avremo le diverse sottoclassi (nella sottoclasse vengono messi in evidenza i siti di legame che si formano e quali elementi chimici partecipano al legame)

5. ISOMERASI come dice la stessa denominazione, spostano gruppi chimici nellambito della stessa molecola.

6. SINTETASI (o ligasi) unaltra classe di enzimi che crea dei legami (covalenti), per stavolta utilizzando energia proveniente dai nucleosidi trifosfati. Quindi assomiglia molto alla classe delle liasi con la differenza che qui i legami vengono creati utilizzando energia proveniente dalla scissione nucleosidi trifosfati (nucleotidi ad alta energia). Anche in questo caso le sottoclassi prendono il nome dagli elementi tra i quali si forma il legame.

COFATTORI E COENZIMI

Molto spesso gli enzimi, considerata la grande diversit di reazioni che possono catalizzare, devono essere aiutati da coenzimi o da cofattori. -I gruppi prostetici sono dei cofattori o dei coenzimi che sono strettamente legati allenzima e che quindi fanno parte integrante della molecola enzimatica; -vi sono poi dei cofattori o coenzimi che si associano soltanto al momento della reazione catalizzata. In questo caso nel momento in cui comincia la reazione, cio quando il substrato entra nel sito catalitico, si associa anche il coenzima. *in alcuni casi, ad es. nelle ossidoriduzioni, il risultato che alla fine della reazione il coenzima si ritrova modificato perch ad es. ha assunto un gruppo chimico, quindi prima di poter riprendere il ciclo e partecipare nuovamente alla reazione ci deve essere un metabolismo collaterale che lo riporti allo stato iniziale (ad es. reazioni 4 e 5 del complesso della piruvato deidrogenasi vedi pi avanti dopo glicolisi).
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-Se consideriamo poi lesempio del gruppo prostetico (che fa parte integrante dellenzima) anche in questo caso, alla fine della reazione, il gruppo prostetico pu ritrovarsi modificato, per cui esister un metabolismo collaterale che riporter il gruppo prostetico nella forma attiva.

Esempi di coenzimi redox (differenza tra il NAD+ e il NADP+)

-Prendiamo come esempio il NAD+ e il NAD fosfato. La presenza di un gruppo fosfato influisce molto sullattivit dei coenzimi, infatti le funzioni del NAD+ e del NADP+ sono molto diverse. Sono sempre coenzimi di tipo redox ma sono completamente differenti dal punto di vista metabolico. Il NAD+ in grado di accettare equivalenti riducenti (esattamente come fa il NADP+) ma esso poi per riossidarsi ha un destino completamente diverso da quello del NADP ridotto. Per essere ossidato il NAD ridotto (NADH) entra nella catena respiratoria, per cui cedendo protoni ed elettroni si riossider e potr tornare nel pool del NAD ossidato e riprendere nuovamente la sua funzione di coenzima, per lenergia ossido riduttiva che esso aveva lha ceduta per contribuire alla sintesi di ATP; il NADP ridotto invece non entra nella catena respiratoria ma cede direttamente la sua energia ossido riduttiva nelle biosintesi riduttive, cio fornisce direttamente energia ai substrati per esempio nella biosintesi degli acidi grassi; la sua energia quindi utilizzata direttamente nel metabolismo. La grande differenza metabolica sta nel fatto che, mentre il NAD ridotto porta la sua energia alla catena respiratoria per far in modo che questa energia venga conservata nella molecola di ATP (una molecola ad elevato contenuto energetico che pu essere spendibile nella cellula per tantissimi scopi), il contenuto energetico del NADP ridotto pu essere usato solo in determinate vie metaboliche.

-I coenzimi flavinici hanno invece la caratteristica di essere dei gruppi prostetici. Anchessi sono trasportatori di equivalenti riducenti, ma rimangono legati allenzima che li utilizza. Ci saranno cmq delle vie collaterali che porteranno alla loro riossidazione.

- Lipoammide ha come gruppo funzionale un legame tra due atomi di zolfo (disolfuro ciclico), anchesso un accettore di protoni ed elettroni per cui si ritrova allo stato ridotto, anchesso un gruppo prostetico. -Ubichinone (o coenzima Q) anchesso trasportatore di elettroni e di protoni e svolge unimportante funzione nella catena respiratoria. - emogruppi sono i gruppi eme che fanno parte dei citocromi (non quelli presenti in mioglobina ed emoglobina); essi partecipano, mediante la proto porfirina e quindi il ferro in essa legato, al trasferimento di elettroni, per cui il ferro passa dallo stato di ossidazione 2+ a 3+.
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-Vi sono poi altri coenzimi che catalizzano il trasferimento di gruppi.

-nucleosidi fosfato possono trasferire quindi gruppi chimici come fosfato, base + ribosio + un gruppo fosfato oppure , base + ribosio + 2 gruppi fosfato. Essi catalizzano trasferimenti di vario tipo a seconda ovviamente dellenzima al quale sono legati. - Coenzima A catalizza il trasferimento di gruppi acilici, quindi si ritrova nelle aciltransferasi. - Tiamina pirofosfato (TPP)trasferimento di gruppi idrossialchilici; il coenzima pi utilizzato nella decarbossilazione degli - chetoacidi (ad es. piruvato). - Piridossalfosfato (PLP) trasferimento di gruppi amminici o residui di amminoacidi - Biotina Coenzima delle carbossilasi - Tetraidrofolato (THF) comporta il trasferimento di unit monocarboniose come unit formile, etilene, metile quindi si trova nelle transferasi monocarboniose;

LEZIONE 8 CATALISI ENZIMATICA


I principi della catalisi enzimatica, cio le situazioni che deve favorire lenergia di attivazione, sono dunque lavvicinamento e lorientamento dei substrati, lesclusione delle molecole di acqua, la stabilizzazione dello stato stazionario e lorientamento dei gruppi. Questi principi si realizzano allinterno del sito catalitico che il sito funzionale degli enzimi, dove si svolgono le reazioni chimiche che tendono a trasformare il substrato in prodotto. Tra i meccanismi catalitici che possono essere presenti nellattivit di un enzima possiamo individuare: -La catalisi acido-base -La catalisi covalente (significa che momentaneamente si stabiliscono tra lenzima e il substrato legami di tipo covalente, i quali avranno leffetto di favorire la reazione enzimatica, quindi la trasformazione del substrato in prodotto, ma poi questi legami covalenti verranno interrotti) -La catalisi favorita da ioni metallici (che abbiamo gi visto parlando di quei cofattori che molto spesso sono necessari per lattivit enzimatica in cui abbiamo inserito anche gli ioni metallici) -La catalisi di tipo elettrostatico Questa catalisi presuppone uninterazione di tipo elettrostatico tra il substrato e il sito catalitico. Anche in questo caso lobiettivo sempre quello della trasformazione del substrato in prodotto. Si formano dunque legami di tipo elettrostatico tra il sito catalitico e il substrato, il che presuppone ovviamente la presenza di catene laterali di amminoacidi che si trovano nel sito catalitico che permetteranno questi legami.
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-La catalisi favorita da effetti di prossimit e di orientamento. Abbiamo gi visto questo aspetto nei principi generali: lorientamento e la prossimit dei substrati che devono interagire fondamentale affinch la catalisi possa avvenire. -C poi un altro tipo di catalisi favorita dal legame preferenziale del complesso dello stato di transizione. E un tipo di catalisi che preferisce bloccare il complesso di transizione e favorire in questo modo la formazione del prodotto. Questa classificazione cmq ha pi un valore didattico che reale, infatti diversi di questi meccanismi catalitici contribuiscono contemporaneamente per la trasformazione del substrato in prodotto. CATALISI ACIDO-BASE E una catalisi in cui avvengono delle reazioni acide o basiche. In maniera generale significa che in questo tipo di catalisi entreranno in gioco in maniera diretta dei protoni, i quali verranno o ceduti da un acido presente in soluzione o saranno assunti da una base presente in soluzione. La presenza di un meccanismo acido-base di tipo generale presuppone variazioni del pH. Esistono poi meccanismi acido-base di tipo specifico in cui i protoni possono essere ceduti o assunti da gruppi chimici che fanno parte delle catene laterali degli amminoacidi presenti nel sito catalitico. Sono quindi due situazioni paragonabili ma diverse, poich nel primo caso parliamo di protoni ceduti o legati da acido o base (quindi specie chimiche presenti in soluzione). Nellaltro caso, la catalisi acido-base specifica, sono i gruppi chimici che fanno parte del sito catalitico a svolgere questa catalisi acido-base e a favorire quindi la reazione. -Un esempio di catalisi acido-base che ritroviamo spesso nel metabolismo la trasformazione di una forma chetonica in una forma enolica. Affinch avvenga la trasformazione del composto da chetonico a enolico necessario che un protone (atomo di idrogeno) venga trasferito sullossigeno carbonilico (vedi Ragusa equilibrio cheto-enolico dellacido piruvico). a) Questa reazione non molto semplice dal punto di vista energetico, perch in pratica necessario che lidrogeno legato al gruppo CH3 venga rilasciato e si leghi allossigeno carbossilico, il quale ha tendenza ad acquisire un protone, dal momento che presenta una parziale carica negativa. -Questa reazione pu essere favorita dalla presenza di un acido in soluzione. La funzione di questo acido quella di alterare la stabilit della forma chetonica. In tutte le reazioni chimiche quando una molecola si trasforma in unaltra devessere successo qualcosa che ha alterato la sua stabilit. La presenza di un acido in soluzione favorisce lacquisizione di un protone da parte dellossigeno chetonico. Naturalmente se si verifica questo anche gli altri legami devono essere rivisti, perch mentre nel gruppo chetonico lossigeno legato con doppio legame al carbonio, nel momento in cui sposta uno dei suoi legami sul protone, cio sullatomo di idrogeno , chiaramente anche gli altri legami devono essere rimaneggiati. Si tende quindi a formare un doppio legame dando origine a un gruppo CH2= e in questo modo lidrogeno tender ad essere rilasciato. Quindi il protone che viene assunto dal gruppo chetonico in presenza di un acido non lo stesso protone che viene aggiunto sempre al gruppo chetonico nellesempio generale in assenza dellacido (cio in assenza dellacido in soluzione il gruppo chetonico lega il protone rilasciato dal gruppo CH3 , in presenza dellacido invece lacido a fornire il protone). Ma dal punto di vista chimico questo non importa perch abbiamo cmq il prodotto della reazione.
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La base rimasta in soluzione (base coniugata dellacido) reagisce con una molecola dacqua e ripristina lacido iniziale. -Quindi in definitiva abbiamo ottenuto lo stesso prodotto, nella reazione generale e in quella con catalisi acida, seguendo per due percorsi diversi. Eppure questo percorso diverso (nel caso della catalisi acida) un percorso energeticamente pi favorevole (che abbassa cio lenergia di attivazione) b) Questa stessa reazione pu essere catalizzata con una catalisi basica generale. In questo caso presente una base in soluzione. Una base presente in soluzione tender invece a staccare uno degli idrogeni legati al gruppo CH3- ,quindi la base lega questo protone. Anche questo sconvolge naturalmente lequilibrio della molecola. Il carbonio, dopo aver perso il protone, non pu restare con un legame libero quindi forma un doppio legame con il carbonio carbonilico. La formazione di questo doppio legame rende ancora pi elettronegativo lossigeno. Questa reazione avviene in ambiente acquoso, e nonostante lacqua sia un elettrolita debolissimo, cio una specie chimica pochissimo dissociata, sono presenti alcuni protoni in soluzione. Quindi un protone si lega allossigeno (che in questo modo stato messo nelle condizioni di legare un protone) e otteniamo il gruppo enolico. La base che aveva strappato il protone tender a dissociarsi nuovamente.

CATALISI COVALENTE Questa catalisi particolare perch troviamo il momentaneo legame, di tipo covalente, tra un gruppo chimico presente nel sito catalitico e il substrato. Questo legame favorir la trasformazione nel prodotto della reazione destabilizzando il substrato e costringendolo a diventare prodotto. Le tappe fondamentali di una catalisi covalente sono: -reazione nucleofila tra il catalizzatore e il substrato con formazione dei legami covalenti. La perdita degli elettroni dopo la formazione del legame covalente avviene ad opera del catalizzatore il quale diventa cos elettrofilo. Ovvero c stato un momento in cui nel sito catalitico si sono donati elettroni con una reazione nucleofila per formare dei legami, per chi ha donato elettroni diventato a sua volta elettrofilo. Quando la reazione viene completata, quello che era nucleofilo, e poi diventato elettrofilo, riacquisisce di nuovo gli elettroni. Il catalizzatore quindi dona gli elettroni necessari alla formazione del legame covalente; questi elettroni tornano al gruppo che li ha ceduti, e che quindi diventa elettrofilo, dopo che avvenuta la reazione sul substrato, e otterremo di nuovo il catalizzatore nella sua forma originale. - Quindi c una partecipazione diretta del sito catalitico nella reazione chimica in quanto si instaura momentaneamente un legame di tipo covalente. I gruppi chimici possono comportarsi da nucleofili ed anche da elettrofili. Gruppi nucleofili: ossidrilico, solfidrilico, amminico, imidazolico (tutti questi gruppi sono chiaramente presenti nelle catene laterali degli amminoacidi specifici) Gruppi elettrofili: protoni, ioni metallici, atomo di carbonio carbonilico (C=O), base di Schiff Questi gruppi elettrofili e nucleofili possono essere presenti nel sito catalitico per dare origine ad un momentaneo legame con il substrato. Una volta che questo legame covalente ha reso pi facile la trasformazione del substrato in prodotto il gruppo elettrofilo o nucleofilo ritorna allo stato iniziale.
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CATALISI FAVORITA DA IONI METALLICI Gli ioni metallici possono essere considerati cofattori poich alcuni di essi sono legati saldamente agli enzimi. Essi sono: il ferro ( nelle sue due forme di ossidazione 2+, 3+), rame, zinco ecc.. Alcuni metalli invece, soprattutto gli alcalino-terrosi ( magnesio e calcio) non sono dei cofattori poich non hanno un legame stretto con lenzima ma devono essere presenti in soluzione. La loro funzione quella di favorire la reazione enzimatica seppure con meccanismi diversi. Essi si legano al substrato (lenzima infatti non riconosce il substrato se non legato il metallo necessario per la reazione). *Ad esempio quando sono coinvolti nucleotidi nella reazione enzimatica, nella reazione molto spesso implicato il magnesio (Mg2+) perch infatti il complesso nucleotide-Mg2+ quello riconosciuto da enzimi che operano delle trasformazioni sui nucleotidi (ad es. esochinasi) -Gli ioni metallici possono partecipare alle reazioni redox (in particolare il ferro) -Possono anche coprire alcune cariche presenti nel substrato modificandolo dal punto di vista elettrostatico. Riassumendo gli ioni metallici partecipano alla catalisi secondo diversi meccanismi: -si legano al substrato e il complesso che formano con il substrato quello che viene riconosciuto dallenzima; -partecipano alle reazione redox; -modificano le cariche presenti sul substrato per favorire il legame con il substrato e di conseguenza la sua trasformazione; *Lanidrasi carbonica ad es. utilizza ioni zinco (Zn 2+)
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CATALISI ELETTROSTATICA Ne abbiamo gi accennato parlando delle interazioni tra sito catalitico e substrati. Nel microambiente del sito catalitico infatti possono essere presenti varie cariche, positive e negative, che possono contribuire al legame con il substrato e quindi favorire la reazione enzimatica, le quali ovviamente sono determinate dalle catene laterali degli amminoacidi. Quindi possiamo comprendere come il pH abbia una notevole influenza sulle reazioni enzimatiche, perch i valori del pH possono modificare il tipo di dissociazione delle catene laterali e di conseguenza favorire o sfavorire linterazione con il substrato. Catalisi favorita da effetti di prossimit e di orientamento Chiaramente linterazione tra il substrato e il sito catalitico offre il vantaggio di avvicinare ed orientare i substrati in maniera tale che essi possano interagire. Catalisi favorita dal legame preferenziale con lo stato di transizione Vedi Voet per esempi riferiti a ciascun tipo di catalisi

Serina proteasi
Questo lesempio scelto dalla prof.Viola un esempio in cui sono presenti contemporaneamente diversi meccanismi di catalisi. Esempio: reazione catalizzata da un gruppo di enzimi che prendono il nome di serin-proteasi (vedi pag. 328 voet) Le serin-proteasi sono enzimi proteolitici in cui nel sito catalitico presente una serina, fondamentale affinch abbia inizio la reazione catalizzata dallenzima ( tra le serinproteasi ricordiamo tripsina, chimo tripsina, elastasi ). Essendo enzimi proteolitici (enzimi digestivi che agiscono su proteine) la loro funzione quella di rompere dei legami peptidici. -Per cui chiamata in causa una serina, eppure si dice che questi enzimi presentino una triade catalitica. Cio la serina entra in gioco direttamente nella catalisi enzimatica, ma ad essa si accompagnano anche un residuo di istidina e di acido aspartico, che si trovano vicino al residuo di serina per stabilizzarlo nella forma pi reattiva. Quindi il sito catalitico caratterizzato dalla presenza e dalla vicinanza di questi 3 amminoacidi, i quali sono altamente conservati nelle serinproteasi poich contribuiscono in maniera fondamentale allo svolgimento della reazione catalitica.

-Consideriamo ad es. il sito catalitico della chimo tripsina, dove la serina di interesse quella localizzata nel sito catalitico in posizione 195, e abbiamo poi listidina 57 e lacido aspartico 102. In che modo la serina comincia la reazione? Perch necessaria la presenza dellistidina e dellacido aspartico? -Il gruppo chimico della serina che partecipa alla reazione il gruppo ossidrilico. La triade catalitica
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viene stabilizzata dal contributo del doppietto elettronico presente sullazoto dellanello imidazolico dellistidina, per cui lidrogeno del gruppo ossidrilico della serina tende ad essere acquisito dallN dellanello imidazolico dellistidina (catalisi basica). Dallaltra parte dellanello imidazolico anche presente un gruppo N-H che stabilizza la carica negativa dellossigeno dellacido aspartico (sempre con un legame a H) catalisi elettrostatica. Quindi i tre amminoacidi sono legati in serie tra di loro da questi legami a idrogeno e la presenza di questa triade consentir linizio della reazione chimica. - Lobiettivo della reazione scindere il legame peptidico NH-CO- per dare origine da una parte al gruppo NH2-R, e dallaltra al gruppo R-COOH. Si formano quindi due frammenti proteici, dei quali uno porter il nuovo gruppo ammino-terminale e laltro il nuovo gruppo carbossi.terminale. Il substrato entra nel sito catalitico in una posizione ben precisa (esempio di catalisi di orientamento, come in tutti gli enzimi). Apriamo le danze!! Il legame peptidico un legame covalente, un legame forte, e quindi deve essere in qualche modo destabilizzato. Il ruolo fondamentale svolto dalla serina. Il gruppo OH della serina infatti quello che d inizio alla destabilizzazione del substrato. Il doppietto elettronico dellN dellanello imidazolico dellistidina ha acquisito il protone dal gruppo ossidrile della serina (con un meccanismo di catalisi basica) per cui lO presenta un doppietto elettronico disponibile. Lossigeno della serina va a creare un legame covalente con il C presente nel legame peptidico. Questo legame covalente si forma con un meccanismo di catalisi covalente ( sfruttando un attacco nucleofilo). Si formato a questo punto un intermedio di reazione (intermedio tetraedrico), in cui pi facile rompere lex-legame peptidico. Il carbonio che prima era impegnato nel legame peptidico (-NHC=O), si trova adesso impegnato con quello che resta del legame peptidico, ma invece di formare un doppio legame con lO, forma un legame semplice con questo ossigeno e un altro legame semplice con lO della serina. La prima parte della catalisi porter al rilascio del frammento che contiene il terminale amminico. Il gruppo amminico NH2 si forma perch avviene una catalisi acida in cui lN-H dellanello imidazolico dellistidina cede il protone. Si rompe cos il legame tra il carbonio e lazoto e si libera il nuovo frammento che porta lNH2. In seguito al rilascio del frammento si forma di nuovo il doppio legame tra C e O [O(serina)-C=O] e si forma un intermedio acil-enzima altamente suscettibile allidrolisi. Il passo successivo la formazione del frammento con la nuova estremit carbossilica (ci manca solo un idrogeno da trovare). A questo punto entra in gioco una molecola di acqua che si scinde dando origine ad OH- e H+. Lidrogeno si lega allanello imidazolico dellistidina (catalisi basica) mentre lOH- rimasto si lega al carbonio che porta il gruppo carbonile e contemporaneamente il legame con lO della serina [O(serina)-C=O]. Il gruppo COOH si forma poich listidina si comporta da acido, quindi ripristinato il gruppo OH della serina, si rompe il legame covalente tra la serina e il restante substrato e si forma cos il secondo prodotto di reazione (cio il frammento proteico con lestremit carbossi-terminale ) mentre la serina riacquista il suo gruppo ossidrilico. Attenzione! si tratta comunque di intermedi di reazione, noi li descriviamo ma la loro esistenza quasi teorica.

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Per cui anche se momentaneamente si era formato il legame covalente tra lossigeno della serina e il carbonio del legame peptidico, una volta ottenuta la reazione, la serina riprende il suo gruppo ossidrile diventando disponibile per ricominciare la reazione. -Quindi la classificazione dei meccanismi catalitici semplicemente didattica, perch nella realt pi meccanismi coesistono proprio per portare a termine la reazione catalizzata da un enzima.

CINETICA ENZIMATICA Nello studio delle reazioni catalizzate dagli enzimi si tiene conto dei principi generali della cinetica enzimatica. La velocit della reazione dipende dalla concentrazione delle masse attive e dalla costante di velocit (vedi Ragusa). *Studiare la velocit di una reazione catalizzata da un enzima importante perch, come vedremo nel metabolismo, molto spesso gli enzimi assumono un effetto di regolatore sulle intere vie metaboliche. Una via metabolica costituita da pi reazioni ma ha una tappa che viene regolata da un enzima chiave . A seconda del funzionamento di questo enzima, esso determiner il procedere di tutta la via metabolica. Lobiettivo della cinetica enzimatica quello di dare un numero alla velocit di reazione di un enzima tenendo conto della sua efficienza, cio quante volte quellenzima riesce a catalizzare la reazione nellunit di tempo. Lo studio della cinetica enzimatica basata sullequazione di Michaelis-Menten. Quando si studia una reazione enzimatica si deve tenere conto delle concentrazioni dellenzima e del substrato e questa variazione della concentrazione viene studiata in funzione del tempo. - Al procedere del tempo infatti lenzima si trasforma nel complesso enzima-substrato determinando la trasformazione del substrato in prodotto. Quindi contemporaneamente alla formazione del complesso enzima-substrato si avr un decremento del substrato e un incremento del prodotto. *Per studiare una catalisi enzimatica metteremo dunque in una provetta lenzima, il substrato a concentrazioni note e faremo procedere la reazione per un certo tempo e studieremo lincremento del prodotto della reazione o il decremento del substrato, assegnando un numero che ci d lidea della velocit della reazione enzimatica in funzione o dellincremento della concentrazione del prodotto o del decremento della concentrazione del substrato nellunit di tempo. Si tratta quindi di concentrazioni rispetto al tempo. (la velocit di reazione viene indicata come concentrazione mol del prodotto della reazione per litro).

-Dal punto di vista teorico assolutamente indifferente misurare il decremento della concentrazione del substrato o lincremento di quella del prodotto, ma dal punto di vista sperimentale pu essere pi facile rilevare il decremento del substrato o lincremento del prodotto, dipende da quale dei due aspetti pi facile valutare dal punto di vista chimico. Molto spesso si utilizzano metodi spettrofotometrici. Molte sostanze sono in grado di assorbire
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delle radiazioni luminose a lunghezza donda definita; esistono strumenti che mediante dei prismi riescono a scindere la luce nelle sue componenti a diverse lunghezze donda e per mezzo di rivelatori possiamo misurare o la quantit di luce trasmessa (che ovviamente la differenza tra la quantit di luce erogata dal campione e quella assorbita dal campione stesso) o la quantit di luce assorbita. Quindi a seconda delle caratteristiche chimiche della sostanza che vogliamo misurare in concentrazione stabiliamo la lunghezza donda. Lo spettrofotometro viene spesso utilizzato nei saggi enzimatici o in biochimica clinica per il dosaggio enzimatico. Quindi nella reazione base avremo enzima + substrato con la formazione del complesso enzimasubstrato e infine la trasformazione dal substrato in prodotto e lenzima libero. Questa reazione pu essere considerata come una qualunque reazioni chimica ed essere suddivisa nelle reazioni elementari -La prima assunzione quindi che questa reazione pu essere vista come costituita da due reazioni elementari (con il termine di assunzioni si intendono le condizioni in cui si possa misurare la velocit di una reazione). K

E + S
K-1

ES

K2

P + E

1. La prima reazione elementare quella tra enzima e substrato che porta alla formazione del complesso enzima-substrato ed una reazione reversibile. Il suo valore di velocit di reazione K1 nella direzione della formazione del prodotto e K -1 nella direzione inversa. Il complesso enzimasubstrato quello che porter alla formazione del prodotto e dellenzima libero e il suo valore K2 nella direzione della formazione del prodotto. La velocit di formazione del prodotto dipende dal valore della concentrazione del complesso enzima-substrato e varia in funzione del tempo. Nel contempo si devono verificare delle condizioni affinch questo valore di velocit abbia senso. Infatti noi non possiamo seguire una reazione enzimatica per un tempo indefinito. Ci sono delle condizioni che dobbiamo rispettare; vero che nella reazione il substrato viene convertito in prodotto, ma anche vero che alcuni prodotti possono comportarsi da inibitori nei confronti degli enzimi. Quindi se presente una certa concentrazione del prodotto che funziona da inibitore non abbiamo una misura veritiera dal momento che ad una certo punto la velocit sar rallentata da un inibitore. Daltronde anche la concentrazione del substrato deve essere studiata in modo particolare perch man mano che la sua disponibilit diminuisce rallenta la velocit della reazione. Questi fattori di interferenza potrebbero influire sulla velocit della reazione enzimatica e darci quindi delle misure non reali (per cui una reazione enzimatica non si segue per pi di 10-15 minuti).
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-Quindi le condizioni complete sono che la reazione avvenga in eccesso di substrato, in modo che la concentrazione del substrato non diventi fattore limitante e che la reazione venga seguita per un tempo in cui il prodotto di reazione non si possa comportare da inibitore. La seconda assunzione assume che la tappa che limita la velocit della conversione del substrato in prodotto la scissione del complesso ES in E e P (cio non basta che si formi il complesso ES ma questo deve poi potersi scindere per dare il prodotto e lenzima libero)- anche nota come assunzione della velocit iniziale. La capacit di formazione del prodotto dipende quindi dalla concentrazione del complesso ES. Per velocit iniziale si intende quella velocit in cui non stato consumato pi del 15% del substrato, per evitare che vi sia un consumo di substrato tale che venga limitata lattivit dellenzima. Tutti i fattori che contribuiscono a favorire la formazione del complesso ES favoriranno la velocit di reazione, tutti quei fattori che tenderanno a far avvenire una dissociazione del complesso ES chiaramente limiteranno la velocit. Quando tutto lenzima stato convertito nel complesso ES, allora la velocit iniziale coincider con la velocit massima. Oltre questa velocit non si pu andare poich non c altro enzima disponibile e quindi non si pu avere un ulteriore aumento della velocit. Da cui possiamo dedurre che V0=VMAX quando k2 moltiplica la concentrazione dellenzima totale, cio quando tutto lenzima ha formato il complesso ES.

La terza assunzione Si assume che la concentrazione del complesso ES (quello da cui in pratica dipende la velocit come visto in base alla II assunzione) si trovi allo stato stazionario. Quindi dobbiamo considerare quel momento in cui non si ha variazione della concentrazione dellES, ma questo un momento che va considerato nel tempo, nella sua variazione temporale. Questa concentrazione si pu trovare allo stato stazionario quando il complesso ES si forma e quando viene dissociato, o nella direzione di formazione del prodotto o nella reazione inversa. La capacit complessiva di formazione del complesso ES data dalla differenza della velocit delle reazioni elementari che portano alla sua formazione e la velocit delle reazioni che ne determinano la scomparsa. Le velocit che determinano la scomparsa del complesso ES sono la velocit della reazione inversa k -1 [ES]. oppure lalternativa che il complesso ES porti alla formazione del prodotto, e cio la velocit della seconda parte della reazione k2 [ES]. -Quindi la variazione nel tempo della concentrazione del complesso ES dipende dalla velocit di formazione del complesso k1[E][S] meno le velocit che portano alla diminuzione della concentrazione del complesso ES, quindi la reazione inversa k-1[ES] oppure k2[ES], cio formazione del prodotto.

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*Michaelis e Menten elaborarono unequazione che mette insieme queste 3 assunzioni. La misura espressa per definire la velocit di reazione sempre riferita alla concentrazione del complesso ES, cio per logica se andassimo a calcolare la concentrazione del complesso ES potremmo immediatamente misurare la velocit di reazione. Questo vale solo dal punto di vista teorico perch in pratica la concentrazione del complesso ES non si pu misurare, non ne esistono i mezzi tecnici, perch questo complesso pi virtuale che non reale. * Negli ultimi anni per alcuni enzimi sono stati trovati i mezzi tecnici per misurarla per Michaelis e Menten, mettendo insieme queste 3 assunzioni, elaborarono unequazione in cui compaiono soltanto dei termini misurabili sperimentalmente: La velocit V0 di un enzima uguale a Vmax [S] diviso KM (che una particolare concentrazione del substrato) + [S].

v S v = + [S ] K
max m 0

Questa lequazione di Michaelis-Menten

Significato della costante di Michaelis-Menten La costante di Michaelis-Menten , Km, operativamente pu essere definita in modo semplice. Alla concentrazione di substrato in cui [S] = Km, V0 = Vmax/2, cosicch Km corrisponde alla concentrazione di substrato in cui la velocit della reazione met della velocit massima. Km anche una misura dellaffinit dellenzima

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LEZIONE 9 CINETICA ENZIMATICA


Lequazione di Michaelis-Menten ci consente di misurare la velocit dellattivit enzimatica. Andiamo a vedere nello specifico come si giunge allequazione di Michaelis-Menten. Abbiamo bisogno di unequazione che ci dia un numero con cui quantificare la velocit di una reazione enzimatica (obiettivo della cinetica enzimatica). La velocit di una reazione si pu esprimere o misurando la concentrazione del prodotto formato nellunit di tempo oppure il decremento del substrato nellunit di tempo (con metodi spettrofotometrici). Per poter elaborare una equazione Michaelis e Menten dovettero tener conto di alcune condizioni in cui si possa misurare la velocit di una reazione enzimatica. 1) La prima condizione che la reazione tra lenzima e il substrato possa essere distinta nelle due tappe. E+S ES e questa reazione pu essere vista come qualunque reazione chimica per cui possiamo anche considerare quelle che sono le costanti di velocit, k1 per la costante di velocit che porta alla formazione del complesso ES ma poich questa reazione reversibile dobbiamo considerare anche il valore k-1 della reazione inversa. La formazione del complesso ES sar quella che porter alla formazione del prodotto e dellenzima libero con costante di velocit k2. Se noi andiamo a guardare la velocit della reazione possiamo esprimerla sotto questa forma cio che la velocit della reazione chimica d(P) sulla derivata del tempo d(t); possiamo anche scriverla con k2[ES]. Possiamo alla fine esprimere la velocit con questo valore perch la formazione del prodotto dipende dalla concentrazione del complesso ES. Se non si forma questo complesso non si forma prodotto, quindi questa diretta dipendenza della concentrazione del prodotto dalla concentrazione del complesso ES e dalla costante di velocit k2 viene espressa in questa formula. Quindi nella prima assunzione si assume che la reazione avviene in due tappe. 2) Laltra assunzione importante che la tappa che limita la velocit della conversione del substrato in prodotto la scissione del complesso ES in enzima e prodotto. Quindi non basta che si formi il complesso ES ma questo complesso deve potersi scindere per dare il prodotto e lenzima libero. Introduciamo un altro concetto che quello della velocit iniziale. La velocit iniziale la velocit che viene osservata prima che sia stato consumato pi del 15% del substrato. Ma perch questa limitazione? Innanzitutto la concentrazione di substrato che viene posta con lenzima per poter osservare questa reazione enzimatica devessere una concentrazione in largo eccesso rispetto allenzima perch siccome la reazione procede nel tempo si ha un consumo del substrato, per cui dobbiamo essere sicuri che nel tempo di osservazione della reazione chimica non sia consumato tutto il substrato altrimenti avremmo unosservazione falsa perch sarebbe un fattore limitante. Inoltre abbiamo detto che durante il procedere della reazione si forma anche il prodotto della reazione e alcuni prodotti della reazione (non tutti) si comportano come inibitori nei confronti
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del substrato, quindi dobbiamo metterci in una condizione generale, cio dobbiamo prendere in considerazione qualunque enzima (anche quelli che vengono inibiti dal prodotto della reazione). Allora per essere sicuri che non ci sia n una limitazione da parte della concentrazione del substrato, n una limitazione dalleventuale effetto feedback negativo da parte del prodotto, si calcola che questo possa avvenire quando non stato consumato pi del 15% del substrato. In termini temporali questo significa unosservazione che non vada oltre i 10/15 minuti. Quindi quella velocit cos generica che avevamo indicato, adesso la concretizziamo nella velocit iniziale; ovviamente sar sempre uguale a k2 che moltiplica [ES]. Quando tutto lenzima ha legato a s il substrato abbiamo che la concentrazione dellenzima, (enzima totale) uguale alla concentrazione del complesso enzima-substrato [Et]=[ES]. Allora la velocit V0 diventer la velocit massima Vmax. Non c pi enzima disponibile per legare ulteriormente il substrato e la reazione raggiunger un massimo della velocit oltre il quale non potr andare. -Riepilogando quando V0 corrisponde a Vmax allora possiamo come dire sostituire alla concentrazione del complesso ES la concentrazione dellenzima totale [Et]. Quindi Vmax quella velocit alla quale il complesso ES si identifica con lenzima totale. 3) La terza assunzione che la concentrazione del complesso ES si trovi in uno stato stazionario. Nel grafico analizzato allinizio c ad un certo punto una sorta di plateaux in cui la concentrazione del complesso ES restava costante. Quello il momento in cui si pu fare losservazione, cio noi dobbiamo misurare qualcosa che sia costante durante il momento dellosservazione. (Immaginiamo di vedere una foglia che si trova sulla superficie dellacqua di un fiume che scorre. E un po difficile studiare qualcosa che si muove mentre noi siamo in un punto di osservazione fisso. Per se questa foglia incontra un ostacolo ad es. un sasso, un orso ci rimane l davanti e la possiamo studiare. In realt la foglia non ferma, il fiume scorre, ma la forza che tenderebbe a trascinarla viene ostacolata dallattrito delloggetto-animale che si contrapposto). Questa la situazione in cui noi possiamo osservare quello che consideriamo lo stato stazionario del complesso ES. Lo stato stazionario si verifica nel momento in cui la velocit di produzione del complesso ES viene equilibrata dal suo consumo. cio d[ES] nella d(t) sar uguale a k1[E][S], cio la velocit di produzione del complesso ES meno la velocit di consumo del complesso ES (che determinata da 2 componenti la reazione inversa k-1[ES] che ritorna verso la dissociazione in enzima e substrato oppure il complesso ES pu essere consumato per dare la formazione del prodotto e dellenzima libero e quindi k2[ES]). Tutto sembra apparentemente semplice ma abbiamo visto che non proprio cos perch di fatto la concentrazione del complesso ES, da cui potremmo tranquillamente derivare la velocit, non si pu misurare poich non abbiamo i mezzi tecnici per misurare questa concentrazione. Questo un grosso limite sperimentale anche se negli ultimi anni per alcuni enzimi si riesce a trovare con mezzi tecnici molto sofisticati la possibilit di misurare il complesso ES.
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Lequazione di Michaelis-Menten, che tiene presente le 3 assunzioni precedenti e le correla tra di loro, unequazione in cui compaiono delle misure che sono rilevabili sperimentalmente. - Per cui la velocit V0 uguale al valore della Vmax che moltiplica la concentrazione del substrato su Km (costante di Michaelis-Menten tipica per ogni enzima, che poi di fatto non altro che la concentrazione del substrato in cui si osserva la velocit semimassimale). Quindi una volta che si misura la Vmax si pu misurare anche la concentrazione in cui si osserva la velocit semimassimale (KM), la concentrazione del substrato si pu misurare per cui abbiamo tutti termini rilevabili sperimentalmente e quindi possiamo misurare la velocit di unattivit enzimatica. Osserviamo un grafico che mette in correlazione la velocit della reazione (sempre espressa come concentrazione o di prodotto formato nellunit di tempo o di substrato consumato nellunit di tempo) con la quantit di substrato presente nella reazione. Vediamo che allaumentare della concentrazione del substrato aumenta la velocit della razione. Questaumento tende per a raggiungere una sorta di plateaux (che prende il nome di VMAX). Quando si fanno queste misurazioni bisogna mettersi in condizioni sperimentali molto precise. Si mette in una provetta una certa concentrazione (fissa) dellenzima, rimangono fisse anche le condizioni di temperatura e pH (esse hanno una grande influenza sulla KM che poi esprime laffinit dellenzima nei confronti del substrato). Per cui lunica variante sar la concentrazione del substrato: avremo una serie di provette con la stessa concentrazione di enzima ma concentrazioni variabili di substrato. - Allaumentare della concentrazione del substrato inizialmente si osserva un aumento della velocit della reazione finch si ha una stabilizzazione verso la velocit massimale. A questo punto la Vmax corrisponde al momento della saturazione dellenzima. Noi possiamo aggiungere ulteriormente substrato ma non ci saranno pi molecole di enzima disponibili a legarlo. -Valore della KM . La KM corrisponde a quella concentrazione del substrato in cui si osserva la velocit semimassimale. Per trovare questo valore si costruisce il grafico, si osserva il valore della Vmax e si va a considerare qual il valore della concentrazione del substrato a cui corrisponde la velocit semimassimale.

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Quindi una volta costruito il grafico, per qualunque valore di velocit, noi possiamo andare il corrispondente valore di substrato o viceversa. In maniera arbitraria scegliamo una concentrazione del substrato che corrisponde alla Vmax . Questo valore sar diverso per diversi enzimi, ma qual il significato di questo valore? Il valore della KM indica laffinit di un enzima nei confronti del substrato e questo aspetto importante da conoscere.

Lequazione di Lineweaver-Burk
- Lequazione di Lineweaver-Burk non fa altro che riprendere lequazione di Michaelis-Menten questa volta in forma linearizzata, pi semplice da analizzare dal punto di vista grafico e vengono messi in rapporto i reciproci della velocit e della concentrazione del substrato. Quindi non troveremo. In definitiva un altro modo di rappresentare lequazione di Michaelis-Menten per in forma lineare.

1 v0

Km + 1 [S ]vmax vmax

Le KM sono espresse come concentrazione e quindi come molarit o millimolarit.

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Prendiamo come esempio lanidrasi carbonica. Lanidrasi carbonica per la CO2 ha un valore di KM di 1,2 10 2 M. Quindi quando la reazione procede da CO2 + H2O H2CO3 lanidrasi carbonica ha questo valore di KM . Quando invece il substrato lacido carbonico il valore della KM varia ed 2,6 10 2 . Il substrato pi affine per lanidrasi carbonica quello il cui valore della KM pi basso, poich vuol dire che necessario meno substrato per raggiungere la velocit semimassimale. Per questo ci dice anche unaltra cosa, cio che mentre lanidrasi carbonica nella reazione diretta CO2+H2O ha una maggiore affinit e quindi favorisce la formazione di H2CO3, nella reazione inversa (cio quello che succede a livello polmonare) ha una minore affinit nei confronti del bicarbonato (HCO3) , per l c anche un altro fattore in gioco. E vero che la reazione in teoria sarebbe meno veloce, ma ricordiamo che gli enzimi variano la velocit di reazione ma non influiscono sullequilibrio della reazione. A livello polmonare,pur essendoci una minore affinit dellanidrasi carbonica nei confronti del bicarbonato, c infatti unimportante variazione dellequilibrio che aiuta lespirazione.

Se ad es. un enzima ha una KM 10 nei confronti di un substrato, chiaro che la sua velocit semimassimale sar raggiunta a quel valore. Variazioni di quella concentrazione del substrato non faranno altro che far variare la velocit della reazione, quindi incideranno molto le concentrazioni del substrato (e in particolare dei metaboliti). Gli enzimi sono presenti nella cellula ma possono funzionare soltanto quando i valori del proprio substrato raggiungeranno una concentrazione critica.

FATTORI CHE INFLUENZANO LA KM


Sono quindi quei fattori di cui bisogna tener conto quando si fa unanalisi di una cinetica enzimatica e che hanno una loro importanza anche nello studio del metabolismo. Se la KM ci indica laffinit che ha lenzima nei confronti del substrato esistono anche dei fattori che influenzano la KM, cio influenzano laffinit che ha lenzima per il substrato. Questi fattori sono fondamentalmente il pH e la temperatura.

ATTIVITA DI UN ENZIMA IN FUNZIONE DEL pH Il controllo del pH, a valori al di fuori da quelli estremi, un controllo normale. Il pH influenza la dissociazione delle catene laterali degli amminoacidi che si trovano allinterno del sito catalitico, quindi variando queste dissociazioni si potrebbe trovare la situazione di pH ottimale in grado di legare il substrato. Ma il pH potrebbe influenzare anche lo stesso substrato perch se il substrato presenta dei gruppi chimici ionizzabili, anchesso viene modificato. Per cui ci sar un pH ottimale per ogni enzima; per cui quando si fanno dei saggi enzimatici per andare a stabilire qual il pH ottimale, alcuni fattori vanno tenuti fermi e altri vanno variati. Vogliamo sapere che influenza ha la variazione di pH. Lenzima viene mantenuto alla stessa concentrazione, la concentrazione del substrato deve essere costante, deve essere costante anche la temperatura (perch influisce); lunica variante il pH della soluzione. Avremo cos unidea di come varia la velocit di reazione variando un solo fattore, cio il pH.
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Se noi andiamo a considerare linfluenza del pH sullaffinit dellenzima, quindi mettiamo in rapporto la velocit e il pH, vediamo che in maniera generale a valori di pH molto alti o molto bassi, praticamente lenzima funziona poco, poich questi valori porteranno a una denaturazione dellenzima, cio faranno perdere allenzima la sua conformazione tipica e di conseguenza anche la conformazione del sito catalitico per cui si perder laffinit del substrato.

Il valore di pH ottimale 6,8 perch osserviamo che la velocit massima si ottiene intorno a questo valore. In effetti questo valore abbastanza vicino ai pH fisiologici che possiamo trovare allintero della cellula, per vi sono degli enzimi che operano a valori di pH molto differenti (ad es. gli enzimi che operano allinterno dello stomaco) . Comunque non sempre detto che il pH ottimale coincida con il pH dellambiente in cui funziona lenzima, e questo significa che gli enzimi non sempre funzionano al massimo delle loro possibilit. In realt quindi lenzima nel concreto nella cellula non sta funzionando al massimo delle proprie possibilit per quella condizione, quellattivit tenuta al di sotto delle potenzialit quella sufficiente per la cellula. Perci non tutti i pH ottimali sono intorno a 7,2-7,4 e analizzando lenzima in provetta potremmo avere delle sorprese, quindi dobbiamo distinguere quello che lo studio per la conoscenza della funzionalit di un enzima dalla sua funzionalit reale allinterno di una cellula o di un organismo.

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CURVA DELLA TEMPERATURA -Lo stesso discorso vale anche per la temperatura. La spiegazione del perch la temperatura possa influenzare la KM pi fisica che chimica. Laumento della temperatura determina un aumento dellenergia cinetica, e questo fa aumentare la probabilit di incontro tra enzima e substrato, ma i nostri enzimi sono catalizzatori biologici per cui lenzima, essendo una proteina, pu denaturare ad elevate temperature.

Se analizziamo un grafico che mette in rapporto la velocit vediamo che a temperature molto basse (intorno ai 4-5 gradi) gli enzimi funzionano poco. (noi mettiamo gli alimenti nel frigo proprio per rallentare lattivit degli enzimi dei batteri che potrebbe alterare il cibo). Allaumentare della temperatura aumenta anche la velocit dellattivit enzimatica che pu raggiungere dei valori ottimali (generalmente intorno ai 37-40 gradi) per se continuiamo ad aumentare la temperatura avremo un decremento dellattivit enzimatica perch lenzima si denaturato. Mentre i valori bassi (di attivit enzimatica) per temperature al di sotto dei valori ottimali li spieghiamo con unenergia cinetica non sufficiente delle molecole per arrivare a velocit molto alte, i valori elevati di temperatura ci spiegano questa caduta dellattivit enzimatica con la denaturazione dellenzima. Oltre i 50 gradi non ha alcun senso misurare lattivit enzimatica. (questa temperatura ottimale comunque non vale in senso assoluto, pensiamo ai batteri che popolano le acque termali anche a 80-90 C i cui enzimi non risentono di temperature elevate). *Ad esempio la DNA polimerasi usata nelle reazioni PCR un enzima termostabile purificato da batteri come il batterio termofilo (thermus aquaticus) che vive in sorgenti calde alle temperature di circa 75 C.

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REGOLAZIONE DEGLI ENZIMI


Una delle caratteristiche fondamentali degli enzimi quella di poter essere regolati, quindi essi sono dei catalizzatori ma come abbiamo detto introducendo largomento degli enzimi sono catalizzatori particolari, catalizzatori biologici, che possono essere soggetti a regolazione da parte della cellula stessa. Come pu la cellula regolare le attivit enzimatiche? (che poi sono responsabili della velocit di una via metabolica). *Quando si parla di metabolismo non si fa solo un elenco delle reazioni chimiche ma si focalizza lattenzione sugli enzimi che catalizzano le singole reazioni e soprattutto sulla regolazione dei singoli enzimi. Molto spesso si possono identificare in una via metabolica i cosiddetti enzimi chiave (quegli enzimi che essendo soggetti a regolazione sono poi responsabili della velocit di tutta la via metabolica). La coordinazione dei metabolismi avviene proprio attraverso la regolazione delle attivit enzimatiche. a) Gli enzimi possono essere regolati mediante modificazioni allosteriche, che sono delle modificazioni di tipo non covalente che riguardano i cosiddetti enzimi allosterici. Gli enzimi allosterici sono enzimi particolari che oltre ad avere il sito catalitico hanno anche il cosiddetto sito allosterico, cio un sito che pu accogliere dei metaboliti, delle molecole, che funzionano o come effettori positivi o come effettori negativi. Quando essi si legano al sito allosterico (sono fattori specifici) hanno la capacit di modificare la conformazione dellenzima e in particolare del sito catalitico. Un effettore negativo che si lega la sito allosterico determina una modificazione conformazionale sul sito catalitico che render pi difficile linterazione tra lenzima e il substrato, quindi modificher in senso negativo lattivit dellenzima. Al contrario un effettore positivo, sempre attraverso una modificazione allosterica, modificher la conformazione del sito catalitico per renderlo pi affine o pi accessibile al substrato quindi aumenter lattivit, la velocit dellenzima. In realt gli enzimi passano attraverso queste modificazioni ad uno stato di maggiore o minore affinit e questo viene richiesto espressamente o dalla cellula o dallintero organismo ( ad es. molti ormoni agiscono proprio influenzando lattivit di enzimi chiave dei vari metabolismi, attraverso meccanismi quasi sempre indiretti). Gli enzimi allosterici sono quelli che avendo un sito allosterico specifico possono accogliere i cosiddetti modulatori positivi o negativi. Si possono verificare 2 situazioni: - che il modulatore o leffettore allosterico possa essere lo stesso substrato e allora saremo di fronte agli enzimi allosterici detti omotropici e quindi questo significa che la concentrazione del substrato importante perch le variazioni della concentrazione del substrato funzionano anche come modulatore dellattivit enzimatica stessa. - oppure se il modulatore una molecola diversa dal substrato allora si dice che un enzima allosterico eterotropico. E una molecola diversa dal substrato dal punto di vista chimico, ma sono comunque dei modulatori correlati alla via metabolica, cio non sono molecole casuali. Una via metabolica molto spesso formata da diverse singole reazioni; ad es. potrebbe succedere che il prodotto di quella via metabolica un effettore negativo che blocchi a monte un enzima allosterico che regoli le prime tappe della stessa via metabolica, oppure pu essere un metabolita che correlato alla via metabolica da controllare che stimola lenzima chiave e quindi costringe tutta la via metabolica ad aumentare la sua velocit.
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Quindi il fatto che siano diverse dal substrato non significa che siano molecole casuali, ma sono cmq molecole che hanno una correlazione metabolica.

b) Lattivit degli enzimi pu essere regolata da modificazioni covalenti, che possiamo distinguere in: 1. modificazioni covalenti reversibili, (che sono la massima parte) tra le quali rientrano la fosforilazione, mutilazione ecc. Questi enzimi vengono modificati nella loro attivit con laggiunta di gruppi chimici specifici. Un ruolo molto significativo ricoperto dalla fosforilazione. Gli enzimi vengono fosforilati in residui specifici (serina, treonina e tirosina) e questo ha leffetto, a seconda dellenzima, di aumentare o diminuire la sua attivit. Quindi non sempre le modificazioni covalenti hanno di per s un effetto positivo o negativo, ma ci dipende dallenzima su cui avviene la modificazione e a volte dipende anche dal sito dellenzima. Per esempio alcune fosforilazioni, in un determinato sito hanno leffetto di aumentare la velocit dellattivit enzimatica mentre in un altro sito hanno leffetto di diminuire lattivit di un enzima.

2. le modificazioni covalenti irreversibili si identificano con la proteolisi. Alcuni enzimi vengono prodotti dalle cellule sottoforma di zimogeni, cio in forma non attiva; soltanto in seguito alla proteolisi, cio alla perdita di alcuni frammenti della catena proteica essi diventano attivi. Questo tipo di modificazione covalente irreversibile perch una volta che un frammento stato distaccato dalla catena proteica non c un meccanismo che possa ricostituire il legame covalente che stato rotto. Lunica possibilit di rendere reversibile questo tipo di modificazione pu essere unaltra sintesi dellenzima sottoforma di zimogeno, per questo le consideriamo irreversibili dal punto di vista chimico.

c) Alcuni enzimi possono anche essere regolati in un modo pi particolare; cio essi possono essere costituiti non soltanto dallenzima che presenta tipicamente il sito catalitico ma possono essere regolati mediante subunit regolatrici . Quindi ci troviamo di fronte a enzimi che non sono costituiti da una sola catena polipeptidica, ma hanno pi subunit alcune delle quali possono avere anche un effetto regolatore. Quindi lassociazione con alcune subunit pu determinare una inibizione dellattivit enzimatica, la dissociazione pu consentire invece allenzima di funzionare. Per cui bisogna prendere in considerazione anche leventuale presenza negli enzimi eteromerici delle cosiddette subunit regolatrici (esempio proteina kinasi A) Gli enzimi regolano il metabolismo. Questa regolazione passa attraverso diversi meccanismi, ma risponde anche a diversi influssi, ad es. leffetto degli ormoni. Molto spesso gli ormoni agiscono sugli enzimi non in maniera diretta, innanzitutto perch molti ormoni non riescono ad entrare nella cellula.

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Isoenzimi
Ci sono dei particolari enzimi che prendono il nome di isoenzimi. Di fatto sono delle proteine che catalizzano la stessa reazione ma che presentano diverse propriet molecolari (diversa carica elettrica, solubilit, resistenza ad agenti chimici e fisici) per cui se analizziamo la cinetica enzimatica di questi isoenzimi osserveremo che essi possono avere diversa affinit per il substrato (quindi diversa KM), hanno diversi pH e temperatura ottimali. Qual limportanza degli isoenzimi? Limportanza consiste nel fatto che molto spesso questi isoenzimi sono una diversa espressione genica dello stesso enzima ma in tessuti differenti, in modo tale che lo stesso enzima che catalizza determinate reazioni si comporta in modo differente a seconda del tessuto in cui avviene la reazione. Quindi c molto spesso una specificit tissutale delle varie forme isoenzimatiche. Ad es. la lattico deidrogenasi (LDH) Esistono 5 isoenzimi della lattico deidrogenasi, ognuno dei quali pu essere maggiormente espressa in un tessuto piuttosto che in un altro. La cosa importante tenere conto che queste forme isoenzimatiche che vengono espresse in tessuti differenti, in realt pur restando dal punto di vista catalitico lo stesso enzima, possono essere regolate in maniera diversa. Quindi ogni tipo di cellula pu regolarli a seconda delle proprie necessit. In senso assoluto essi catalizzano la stessa reazione, per sono proteine diverse e quindi, presentando diverse propriet molecolari, possono essere regolate in modo diverso a seconda del tessuto in cui si trovano. Questo significa anche che alcune forma isoenzimatiche, proprio perch sono espresse maggiormente in tessuto piuttosto che in un altro, possono essere anche utilizzate nella diagnostica, nella biochimica clinica. -Alcuni enzimi hanno un interesse clinico proprio perch sono degli isoenzimi, e ci sono forme precise isoenzimatiche che vengono rappresentate in tessuti specifici. Ad es. la lattico deidrogenasi ha 5 forme isoenzimatiche, per la LDH di tipo I quella maggiormente espressa nel miocardio. Quando si trae un profilo enzimatico del siero e si riscontrano valori aumentati di una determinata forma isoenzimatica si correla subito la presenza di un determinato isoenzima con quel tessuto che lo esprime maggiormente. Ci sono dei valori basali, considerati normali, di enzimi che hanno una funzione intracellulare e non hanno funzione nel siero, ma che rappresentano semplicemente il turnover delle cellule. Quando questi valori delle forme isoenzimatiche nel siero superano i valori netti normali significa che c un tessuto che si trova in una sofferenza cellulare (pu essere anche una necrosi) per cui riscontriamo laumento di una forma isoenzimatica specifica. Ad es. nellinfarto del miocardio si riscontra un aumento della lattico deidrogenasi di tipo I (anche se cmq devono essere considerati altri indici diagnostici enzimi della citolisi , vedi anche GOT glutammico ossalacetico transaminasi e cit-CK (MB) cio lisoforma citosolica della creatina chinasi formata dal dimero MB prevalente nel cuore). Linteresse delle forme isoenzimatiche riguarda anche laspetto clinico. Generalmente il siero rappresenta il materiale biologico privilegiato per questo tipo di analisi.

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Esempio di isoenzimi

Fegato e cuore contengono differenti isoenzimi dellenzima bifunzionale PFK/FBPasi che danno differente risposta allo stesso ormone (adrenalina).

adrenalina glucagone

Cuore: (attivazione glicolisi)

Fegato: (inibizione della glicolisi)

(per la funzione dellenzima bifunzionale vedi lezioni successive)

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LEZIONE 10

INIBIZIONE ENZIMATICA
Gli enzimi possono essere regolati mediante modificazioni covalenti (reversibili o irreversibili) e questa rappresenta unimportante caratteristica dei catalizzatori biologici. Gli enzimi possono anche essere soggetti ad inibizione. Linibizione enzimatica non tanto un aspetto legato alla fisiologia della cellula, poich nelle cellule gli enzimi vengono regolati piuttosto che inibiti. Linibizione enzimatica per un aspetto fondamentale per quanto riguarda la farmacologia; molti farmaci si basano proprio sulla possibilit di inibire determinati enzimi e di conseguenza determinati processi. -Gli inibitori possono essere competitivi, non competitivi, incompetitivi. In cosa differiscono questi diversi tipi di inibizione?

INIBIZIONE COMPETITIVA
Linibitore competitivo si lega allenzima libero ma non al complesso ES ed un legame che riguarda direttamente il sito catalitico. Si tratta di uninibizione in cui linibitore compete con il substrato e tale inibizione basata sul fatto che linibitore ha una grande somiglianza molecolare con il substrato. Quindi lo studio delle caratteristiche degli enzimi non serve soltanto per capire come lenzima funziona nella cellula e come pu rappresentare un punto di controllo di una via metabolica, ma serve anche per la progettazione dei farmaci. -La relazione base E + S ES P + E ; quando viene aggiunto un inibitore competitivo lenzima libero in grado di legarsi anche allinibitore. Anche la reazione tra enzima e inibitore una reazione reversibile, (E + S) + I EI + S. Per cui abbiamo due reazioni, la prima delle quali ha come effetto la produzione del prodotto, mentre la seconda in realt non porta alla formazione del prodotto e quindi leffetto inibitorio dovuto al fatto che dalla reazione tra lenzima e linibitore non si forma prodotto. Linibitore competitivo proprio perch una molecola che ha una grande somiglianza chimica con il substrato, quindi a seconda delle concentrazioni presenti (o del substrato o dellinibitore) lenzima si pu legare a una delle due specie. -Qual leffetto su quelle misure che caratterizzano lattivit enzimatica? a) La KM aumenta diventando una KM apparente. La KM ci d laffinit dellenzima nei confronti del substrato. Visto che lenzima, oltre a legare il substrato, pu legare linibitore, la KM sembra aumentare come se fosse necessario pi substrato per tornare al valore normale della KM nella reazione in assenza dellinibitore. Infatti questo tipo di inibizione pu essere reversibile se noi aumentiamo la concentrazione del substrato, quindi aumentiamo la probabilit che lenzima incontri il substrato piuttosto che
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linibitore. b) La Vmax rimane invariata, perch in realt una volta formato il complesso ES sicuramente si former il prodotto (ricordiamoci che la Vmax viene misurata come concentrazione del prodotto formato) Quindi delle due misure che abbiamo preso in considerazione per caratterizzare la reazione enzimatica, viene cambiata solamente la KM. Esempio di inibizione competitiva: succinato deidrogenasi (6 reazione del ciclo di Krebs)

6a reazione: sintesi di fumarato

malonato inibisce lenzima in modo competitivo, dovuto alla notevole somiglianza strutturale col succinato

il

INIBIZIONE NON COMPETITIVA


E uninibizione che coinvolge non soltanto lenzima libero ma anche il complesso ES. Nella reazione normale, in assenza dellinibitore, avremo E + S ES P + E; in questo tipo di inibizione si ha che linibitore in grado di legarsi sia allenzima libero (E + S) + I EI + S (anche in questo caso la reazione reversibile), sia al complesso enzima-substrato ES + I EIS (la reazione reversibile e c anche una reversibilit per quanto riguarda il complesso EIS che pu portare al complesso EI). Se consideriamo le misure caratterizzanti una determinata attivit enzimatica osserviamo che: a) la Vmax diminuisce (perch in effetti come se parte del complesso ES venisse sottratto, come se di fatto la quantit di enzima disponibile fosse sottratta al sistema). b) La KM invece rimane invariata perch questo inibitore non si lega al sito catalitico, ma si lega in un sito diverso, per cui laffinit che ha lenzima nei confronti del substrato non varia.
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Laspetto fondamentale quindi che il substrato si pu legare anche al complesso EI per cui non vi una variazione per quanto riguarda la KM, cio il legame tra lenzima e il substrato rimane inalterato; diminuisce invece il valore Vmax perch una certa concentrazione del complesso ES viene eliminata dal sistema per cui non porter alla formazione del prodotto.

INIBIZIONE INCOMPETITIVA
In questo caso linibitore si lega esclusivamente al complesso ES. Il complesso ES lunico target dellinibitore, quindi tra lenzima libero e linibitore non avviene nessuna reazione, mentre il complesso ES in grado di legare linibitore. a) Legandosi allinibitore il complesso ES diventa inattivo, per cui abbiamo un abbassamento della Vmax , poich anche in questo sistema si innesta un effetto del principio di Le-Chatelier , in cui il complesso ES viene sottratto man mano che si lega allinibitore e abbiamo che la reazione E + S procede pi verso destra e quindi sembra che la KM tende a diminuire, come se lenzima mostrasse una maggiore affinit per il substrato ma questo di fatto non vero ( il complesso ES che, legandosi allinibitore viene allontanato, esce dal sistema e quindi per il principio di Le-Chatelier la reazione spostata a destra e lenzima reagisce pi facilmente con il substrato per cui avremo unapparente diminuzione della KM). -Quindi lenzima non diventato pi affine, in realt lo spostamento dellequilibrio della reazione che favorisce ulteriormente la reazione tra lenzima e il substrato. b) La Vmax diminuisce. Quando lenzima si lega al substrato quello che sar il legame con linibitore viene modificato e ci spiega perch se aggiungiamo linibitore incompetitivo non si lega allenzima libero, ma soltanto dopo il legame con il substrato si apre il sito di legame per linibitore.

Velocit di unattivit enzimatica in funzione della concentrazione del substrato. La velocit viene indicata come concentrazione mol del prodotto della reazione per litro. Per costruire questo grafico dobbiamo comunque considerare che vi sono anche altri fattori che intervengono sulla velocit di unattivit enzimatica (nel saggio oltre alla concentrazione dellenzima assumiamo che anche la temperatura e il pH fattori che influenzano la KM - siano costanti per cui la variabile solo la concentrazione dei substrati ). * bianco di reazione molte di queste attivit enzimatiche vengono misurate mediante misure spettrofotometriche, quindi necessario che sia presente un bianco che sottragga leventuale valore dei componenti che possono essere presenti nella miscela di reazione ma che non sono il substrato. Allincremento della concentrazione del prodotto incrementa anche il colore (in una misura spettrofotometrica lintensit del colore correlata allintensit della concentrazione). Il bello della spettrofotometria che mette in relazione la concentrazione con lintensit dellassorbimento di una determinata sostanza alla lunghezza donda caratteristica.

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*Laspirina un farmaco che sfrutta un meccanismo di inibizione nei confronti di un enzima. Laspirina interferisce con la ciclossigenasi-2 ( cox 2) e va ad acetilare la serina 530, cio un particolare sito che va a inibire il metabolismo delle prostaglandine e di conseguenza va a interferire con il processo infiammatorio. Si tratta quindi di uninibizione in cui si ha una modificazione di una particolare serina (acetilazione) che compromette la funzionalit di un enzima.

VITAMINE consigliabile Siliprandi (capitolo Vitamine e coenzimi)


Le vitamine sono fondamentali per spiegare lattivit degli enzimi. Le vitamine sono delle sostanze organiche essenziali, cio non sono sintetizzate dallorganismo ma devono essere introdotte con la dieta. Esse sono importanti poich sono i precursori di molti coenzimi per cui carenze vitaminiche presuppongono anche la mancanza di coenzimi necessari per le attivit enzimatiche. Naturalmente vi una stretta relazione tra il fabbisogno di vitamine e fattori come et, sesso e condizioni fisiologiche. Le vitamine possono essere presentate in due grandi gruppi che rispecchiano le caratteristiche chimiche. VITAMINE LIPOSOLUBILI (A,D,E,K) che appartengono agli isoprenoidi quindi vitamine con caratteristiche lipidiche. VITAMINE IDROSOLUBILI. *E difficile che venga chiesta la struttura (formula) delle vitamine (secondo voi la prof. sa fare la vitamina B12 ??!), comunque utile conoscere gli alimenti che le contengono, ma soprattutto rapporto tra vitamine e relativi coenzimi e avitaminosi, cio le malattie da carenza vitaminica.

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Il METABOLISMO
Il metabolismo comprende la totalit dei processi attraverso i quali gli esseri viventi ricavano e utilizzano energia libera che sar utilizzata per svolgere diverse funzioni. Possiamo dividere il metabolismo in due parti fondamentali che sono catabolismo ,o degradazione, e anabolismo, o biosintesi. I componenti nutrizionali che introduciamo con lalimentazione, ma anche quei componenti cellulari che vengono degradati per il turnover dei costituenti cellulari possono essere degradati al fine di produrre energia. Quindi o le molecole che introduciamo con lalimentazione oppure quelle molecole che provengono dal ricambio cellulare, vengono utilizzate allo scopo di produrre energia. L energia che viene prodotta nel catabolismo sar utilizzata per la seconda fase che chiamiamo anabolismo, ovvero la fase di biosintesi in cui da molecole semplici vengono sintetizzate biomolecole pi complesse. -Quindi energia ricavata dal catabolismo e energia utilizzata nella fase di anabolismo. *Questa separazione in realt puramente didattica perch vedremo che molto spesso c una intersecazione tra vie cataboliche e vie anaboliche.

Vie metaboliche. Le vie metaboliche sono una serie di reazioni chimiche che vengono catalizzate da enzimi, quindi dobbiamo considerare in una via metabolica anche gli enzimi che presiedono alle singole tappe. Comunque dobbiamo sapere non soltanto quali sono gli enzimi che catalizzano le reazioni, ma anche come questi enzimi sono a loro volta regolati. Caratteristica del metabolismo degradativo, o anche catabolismo, che lenergia che viene prodotta in questa fase di degradazione non soltanto porta allimmagazzinamento di una certa quantit di energia in molecole che hanno un elevato contenuto energetico, ma ha anche la caratteristica di portare alla formazione di prodotti semplici e di intermedi comuni da cui si dipartiranno tutte le vie metaboliche che porteranno alla biosintesi. Lenergia prodotta dal catabolismo pu essere conservata in alcune molecole che poi in un secondo momento saranno utilizzate per rifornire di energia non soltanto le vie anaboliche ma tutti i processi cellulari. In questo gioco di catabolismo e anabolismo il ruolo fondamentale ricoperto dallATP e dal NADP. -Da cataboliti complessi come i lipidi, polisaccaridi, proteine mediante il processo di degradazione o catabolismo si ottengono sia i prodotti pi semplici ma lenergia liberata durante la degradazione viene conservata fondamentalmente sottoforma di ATP e di NADPH che saranno utilizzati nelle reazioni di biosintesi. *Non confondete il NADPH con il NADH perch il NADPH un coenzima utilizzato, entra direttamente nelle biosintesi riduttive mentre il NADH che si forma anche nelle vie di degradazione sar semplicemente un veicolo che porter gli equivalenti riducenti prodotti nel processo del catabolismo verso la catena respiratoria dove questa energia trasportata dal NADH sar convertita in sintesi di ATP. Quindi hanno ruoli completamente differenti. Lenergia conservata nel NADPH viene immediatamente utilizzata nelle biosintesi riduttive, quella
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conservata nel NADH deve prima passare nella catena respiratoria e viene utilizzata per sintetizzare ATP. -Lenergia immagazzinata in ATP e NADPH pu essere utilizzata nelle via biosintetica a partire dai prodotti semplici. Il catabolismo parte da metaboliti pi complessi come le proteine che durante la fase di degradazione saranno catabolizzate ad amminoacidi, i carboidrati in monosi, i lipidi in acidi grassi e glicerolo. Tutto il resto del catabolismo ossidativo parte di fatto da queste componenti pi semplici. Seguiamo la via del glucosio. Il glucosio che si formato dalla degradazione dei carboidrati, polisaccaridi entra nella via della glicolisi, subisce unossidazione dalla quale si trae energia. Gi nella glicolisi dallossidazione del glucosio si forma ATP. Questa sintesi di ATP non coinvolge direttamente la catena respiratoria ma si parla di fosforilazione a livello del substrato; in realt lATP si formato da ADP a cui il gruppo fosfato viene donato da intermedi della glicolisi che hanno un gruppo fosfato legato ad elevata energia, per cui si forma subito ATP. Altra energia viene conservata sottoforma di NADH, che di per s non rappresenta per dal punto di vista energetico una molecola utilizzabile; esso prima deve andare alla catena respiratoria e mediante la fosforilazione ossidativa dallADP si former ATP. -Quindi avremo da una parte ATP formato direttamente mediante processi di fosforilazione a livello del substrato e dallaltra ATP formato soltanto in conseguenza dellossidazione del NADH formato nella glicolisi. Il prodotto della glicolisi il piruvato. Dal piruvato si possono originare diverse vie; seguiamo quella pi diretta che continua nella ossidazione del piruvato. Il piruvato contiene ancora energia e questa pu essere ulteriormente sottratta quando il piruvato viene prima convertito in acetilCoA, e lacetilCoA entra nel ciclo dellacido citrico o ciclo di Krebs. LacetilCoA entrando nel ciclo dellacido citrico anche in questo caso porter a formazione di equivalenti riducenti come NADH , FADH2 i quali anchessi andranno a convergere verso la catena respiratoria portando alla formazione di ATP. Quindi questi equivalenti riducenti che escono dal ciclo dellacido citrico rappresentano la forma di energia che stata conservata e pu essere utilizzata per la sintesi di ATP. Nel ciclo dellacido citrico lossidazione viene completata e si ottiene come prodotto lacetilCoA. -Seguiamo invece anche i lipidi, che danno origine ad acidi grassi, ma anchessi poi sono soggetti a ulteriore metabolismo per cui possiamo avere una convergenza sia nella formazione del piruvato, sia verso lacetilCoA, cosa che accade anche per gli amminoacidi durante il loro metabolismo (alcuni di essi daranno origine a piruvato, altri ad acetilCoA; per cui lacetilCoA non soltanto si origina dal catabolismo dei carboidrati, ma anche dal catabolismo dei lipidi e degli amminoacidi. Il risultato che lacetilCoA che entra nel ciclo di Krebs pu avere unulteriore estrazione di energia sottoforma di equivalente riducente che andr ad alimentare la catena respiratoria e di conseguenza portare mediante la fosforilazione ossidativa dellADP alla sintesi di ATP. - Una cosa importante da tener presente quando si parla di un metabolismo quella di dare una localizzazione cellulare poich questo rappresenta un aspetto importante ai fini della sua regolazione. Quando parliamo di particelle subcellulari ci riferiamo a organelli delimitati da un
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sistema membranoso. La membrana semipermeabile ed esistono dei meccanismi di trasporto specifici e anche piuttosto selettivi per cui una membrana pu avere alcuni trasportatori e mancare di altri; questo significa che ci che entra e che esce da un organello cellulare strettamente correlato al metabolismo che avviene e modulare questo ingresso e questa fuoriuscita dallorganello significa anche regolare il metabolismo che avviene in esso. Quindi la compartimentazione cellulare ha di per s anche un significato di regolazione metabolica. -Cosa avviene nel mitocondrio? Nel mitocondrio fondamentalmente si produce energia, quindi laspetto pi importante legato alla sintesi dellATP. Ma non avviene soltanto questo. Il ciclo dellacido citrico, la fosforilazione ossidativa, lossidazione degli acidi grassi (gli acidi grassi vengono scissi e daranno origine ad acetilCoA ) avvengono allinterno del mitocondrio. Allinterno del mitocondrio avviene anche una parte della demolizione degli amminoacidi. Tutti questi processi (ciclo dellacido citrico, ossidazione degli acidi grassi, demolizione degli amminoacidi) serviranno a rifornire il sistema della fosforilazione ossidativa per la sintesi dellATP a livello mitocondriale. -Nel citosol si verificano la glicolisi, la via del pentosio fosfato, la biosintesi degli acidi grassi. Mentre la via dellossidazione degli acidi grassi interna al mitocondrio, la biosintesi avviene invece nel citosol. Quindi una via di biosintesi separata da una via di ossidazione per mezzo di una membrana. Questo serve ad evitare un ciclo futile, perch se la via biosintetica avviene nel citosol la via di ossidazione non pu svolgersi nel citosol, ( altrimenti sarebbe come se la cellula sintetizza e contemporaneamente degrada acidi grassi). Per cui lossidazione avviene nel mitocondrio, un compartimento differente in cui il passaggio viene regolato da trasportatori specifici che a loro volta saranno controllati. Nel citosol avremo anche diverse reazioni della gluconeogenesi (che linverso della glicolisi). Infatti le nostre cellule, soprattutto le cellule epatiche, sono in grado di sintetizzare glucosio; in caso di carenza di glucosio il nostro fegato si adopera per sintetizzarlo e quindi mantenere la glicemia a valori compatibili con la vita. Tutti i tessuti utilizzano glucosio e in particolare il tessuto nervoso un grande consumatore di glucosio, e dal punto di vista metabolico anche il pi debole, proprio perch utilizza quasi esclusivamente glucosio (quindi quello che risente maggiormente dellabbassamento della glicemia), mentre altri tessuti come quello muscolare, possono utilizzare anche acidi grassi. Il fegato ha la grande funzione di organo glucostatico, reagisce sia agli abbassamenti sia agli aumenti della glicemia, variando il proprio metabolismo. -I lisosomi sono dei compartimenti dove avviene fondamentalmente la digestione enzimatica di componenti cellulari. Si ha quindi un ricambio poich i prodotti semplici che derivano da questa digestione saranno utilizzati nelle vie biosintetiche. -Nellapparato del Golgi avviene soprattutto la modificazione post-traduzionale delle proteine di membrana e di secrezione, e la formazione della membrana plasmatica e delle vescicole di secrezione. -RER sintesi delle proteine legate alla membrana e delle proteine di secrezione -REL biosintesi dei lipidi e degli steroidi -perossisomi (gliosissomi nelle piante) reazioni ossidative catalizzate da amminoacido ossidasi (ossidazione degli amminoacidi della serie D) e catalasi; nelle piante reazioni del ciclo del gliossilato.
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Parlando di metabolismo non si pu non parlare di compartimentazione cellulare. Studiando il metabolismo andare a vedere le reazioni, gli enzimi, come gli enzimi vengono regolati, ma anche in quale parte della cellula il metabolismo avviene. LEZIONE 11

CONTROLLO DEL FLUSSO METABOLICO

Il metabolismo pu essere controllato. Possiamo parlare di flusso metabolico. In realt le vie anaboliche e cataboliche non sono separate le une dalle altre ma si integrano tra di loro e osserviamo quindi un flusso metabolico tra una via e laltra; (ad es. se parliamo di glicolisi, da questa possiamo anche parlare del ciclo di Krebs, della gluconeogenesi, fare dei riferimenti alla biosintesi degli acidi grassi). Quindi non si pu isolare una via metabolica dallaltra. -Il flusso metabolico viene regolato attraverso diversi meccanismi che chiamano in causa gli enzimi, le stesse concentrazioni dei substrati presenti nelle vie metaboliche e anche gli ormoni che controllano il metabolismo. Quindi questi meccanismi che controllano il flusso metabolico sono molto complessi e generalmente si integrano luno con laltro. I meccanismi fondamentali per controllare il flusso nei passaggi determinanti per la velocit di una via metabolica, che spesso sono presenti contemporaneamente sono: 1. controllo allosterico 2. modificazione covalente (a carico di quelli che chiamiamo enzimi chiave perch vanno a controllare in maniera specifica una via metabolica) 3. cicli del substrato 4. controllo genetico Da 1 a 3 rispondono rapidamente, nellarco di secondi o minuti, agli stimoli esterni e sono quindi classificati come meccanismi di controllo a breve termine. Il meccanismo 4 risponde pi lentamente ai cambiamenti di condizioni (nellarco di ore o giorni negli organismi superiori) ed quindi considerato un meccanismo di controllo a lungo termine. 1. Il controllo allosterico (vedi anche regolazione degli enzimi) riguarda fondamentalmente gli enzimi allosterici, cio quegli enzimi che possono modificare la propria conformazione in seguito allazione di un effettore, che pu essere positivo o negativo, il quale si va a legare in un sito specifico, il sito allosterico. Al sito allosterico si pu legare un effettore positivo se il legame con questo effettore modifica la conformazione in modo tale da rendere pi semplice il legame con il substrato o comunque la reazione che lenzima catalizza. Viceversa leffettore definito negativo se la modificazione conformazionale rende pi difficile lattivit enzimatica. In realt vi possono essere dei meccanismi
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anche pi complessi perch alcuni legami con lenzima si accompagnano anche al rilascio delle subunit catalitiche e delle subunit regolatorie. Un enzima che sottoposto al controllo e dal cui controllo dipende tutto il flusso metabolico prende il nome di enzima chiave. In ogni via metabolica, a seconda della sua complessit, possono essere presenti anche pi enzimi-chiave. Spesso il prodotto finale di una via metabolica ha un effetto di inibitore sullenzima chiave per cui quando la concentrazione del prodotto finale della via metabolica raggiunge una certa concentrazione esso si comporta da inibitore nei confronti dellenzima chiave quindi rallenta a monte la via metabolica. Quindi una via metabolica che controlla se stessa mediante un meccanismo in questo caso di feedback negativo, dove il prodotto della via metabolica funge anche da controllore dellenzima chiave. Questi controlli sono a monte della via metabolica in modo tale che la cellula non produca pi prodotti di quanto non necessiti, per cui una volta raggiunta la concentrazione che serve alla cellula, quella stessa concentrazione segnala alla via metabolica che essa deve essere rallentata. Allinterno delle cellule non avvengono mai delle reazioni inutili. Esempio Inibizione retroattiva dellATCasi dei procarioti (prima reazione di sintesi dei nucleotidi pirimidinici) - pag. 360 voet -

2. Un altro esempio di come possa essere controllata una via metabolica mediante il controllo dellenzima la modificazione covalente. Consideriamo ad esempio un enzima che attivo nella forma fosforilata e inattivo nella forma defosforilata, anche se la definizione attivo e inattivo non completamente esatta , poich in realt gli enzimi passano da uno stato di attivazione maggiore a uno stato di attivazione minore (quindi non abbiamo un effetto del tipo tutto o nulla ma lenzima pu essere pi o meno attivo). Questo enzima viene attivato dalla fosforilazione, che pu riguardare alcuni residui amminoacidici specifici e lenzima che controlla la fosforilazione prende il nome di chinasi (dove il termine chinasi preceduto dal nome dellenzima che viene fosforilato). La fosforilazione avviene ad opera di ATP che il secondo substrato della reazione, dove ATP pi lenzima defosforilato che per attivit chinasica viene trasformato nella forma fosforilata (che pu essere la forma attiva) e naturalmente si libera ADP. Non sempre comunque la fosforilazione di un enzima significa maggiore attivazione, alcuni enzimi nella forma fosforilata risultano meno attivi. Naturalmente ci sar un momento in cui lattivazione di questo enzima non pi necessaria perch ha assolto al suo compito di aumentare il flusso metabolico per una determinata via metabolica e allora deve subentrare un secondo meccanismo che defosforili lenzima e questo viene fatto ad opera delle fosfatasi. Questi enzimi idrolizzano un gruppo fosfato presente a livello dellenzima per cui si libera fosfato inorganico e lenzima torna nella forma meno attiva. -Questo tipo di modificazioni covalenti sono molto spesso sotto stretto controllo ormonale, cio le chinasi e le fosfatasi che sono responsabili della fosforilazione e della defosforilazione vengono controllati da un ormone. Comunque leffetto ormonale non diretto sugli enzimi ma viene mediato da meccanismi a volte anche molto complessi.

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3. La via metabolica pu essere controllata anche dai cosiddetti cicli del substrato. Consideriamo la via metabolica A B C: la reazione A B reversibile quindi pu anche essere vista nella forma in cui da B si origina A. Mentre poi B per formare C deve seguire la via f (dove f pu essere anche indicato come lenzima che controlla la via metabolica). Quindi per giungere da B a C viene seguita la via f. Ma se C dovesse tornare ad essere convertito in B vedremo che la reazione non reversibile, ma deve seguire unaltra via che viene indicata come r. Questo nel metabolismo significa che le due vie, quella che da B porta a C sotto il controllo di un enzima f, mentre quella che da C porta a B sotto il controllo dellenzima r. Questo vuol dire che anche se in teoria la reazione irreversibile, i controlli sono separati perch sono due enzimi diversi; mentre da A a B lo stesso enzima che pu funzionare in un senso o nellaltro sempre a seconda delle concentrazioni del substrato, per avere la reversibilit di BC devono essere seguite due vie differenti. Questo significa che questi due enzimi possono essere controllati in modo differente, quindi a questo punto si ha una sorta di separazione della via metabolica, che soggetta in quel punto a controlli differenti, a segnali differenti. -Questo un esempio che vedremo nella glicolisi e nella gluconeogenesi in cui il controllo, le due vie vengono separate, sono separate anche perch dal punto di vista energetico devono seguire tappe differenti, per cui una via metabolica pu essere separata in alcune parti e questo consente un controllo indipendente.
A

f r
r f

- Il controllo genetico si identifica nella modificazione delle concentrazioni di enzimi. Alcuni enzimi non sono presenti sempre nelle stesse concentrazioni in una cellula ma la loro concentrazione aumenta quando viene aumentata la loro sintesi attraverso un controllo sulla trascrizione. Possiamo comunque trovarci di fronte ad un controllo genetico, ma che dipenda anche da un controllo ormonale. Quando lattivit degli enzimi non pi necessaria vanno incontro ad una degradazione (che quella tipica delle proteine) e finch non arriva un secondo segnale che aumenti la loro trascrizione la loro concentrazione si abbassa. Quindi alcuni enzimi variano la loro concentrazione (generalmente sono enzimi che controllano delle tappe fondamentali di una via metabolica) in risposta ad un controllo genetico, quindi un controllo sulla trascrizione che a sua volta una risposta ad es. a stimoli ormonali. Si tratta di un meccanismo di controllo a lungo termine.

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ORMONI
Gli ormoni sono sostanze chimiche di segnale. Le cellule e i tessuti hanno bisogno di una serie di segnali chimici che facciano funzionare lorganismo in un modo coordinato. Il nostro metabolismo non soltanto strettamente collegato alla comunicazione metabolica tra i tessuti ma anche collegato con lesterno, noi ci serviamo dei nostri sensi per prendere rapporti con lesterno e questi sensi ci danno dei segnali ai quali il nostro organismo risponde anche modificando il metabolismo. Tutto questo reso possibile dalla presenza di una serie di molecole di natura chimica molto differente che prendono il nome di ormoni. Gli ormoni sono sostanze chimiche di segnale, che vengono sintetizzate da cellule specializzate organizzate in ghiandole endocrine. Le ghiandole endocrine secernono gli ormoni nel torrente circolatorio e attraverso il sangue essi raggiungono quelli che chiamiamo organi bersaglio. Le membrane plasmatiche delle cellule hanno un set recettoriale che consente a quella cellula e a quel tessuto di poter essere soggetti al controllo da parte di determinati ormoni e non di altri. *Per esempio il glucagone un ormone che ha recettori sul fegato, sul tessuto nervoso per ad es. non ha recettori sul tessuto muscolare e questo perch questo ormone non deve dialogare con quel tessuto perch quello deve continuare a svolgere la propria funzione senza rispondere ai segnali del glucagone. Quindi un tessuto risponde a un determinato ormone se ha il recettore specifico. Qual la funzione dei recettori? I recettori segnalano la presenza di un ormone o di un neurotrasmettitore e poi devono trasdurre questo segnale allinterno della cellula in modo che la cellula risponda alla presenza di quellormone e di quel neurotrasmettitore o comunque di quella sostanza che sta segnalando una situazione che pu essere insita nellorganismo oppure esterna allorganismo stesso. -Distinguiamo ormoni steroidei, ormoni peptidici, ormoni derivati da amminoacidi. Quello che a noi interessa per impostare un discorso generale che vi sono ormoni che possono avere natura steroidea oppure natura proteica (o comunque peptidica), e quindi ormoni che presentano una struttura lipofila e altri lipofobica. Questo importante perch corrisponde poi a un meccanismo di dialogo con le cellule. Gli ormoni di tipo steroideo sono in grado di attraversare la membrana plasmatica e quindi hanno recettori intracellulari, gli ormoni di tipo peptidico non possono attraversare la membrana e quindi devono ricorrere a dei recettori di membrana, e da qui si origine anche tutto il meccanismo della trasduzione del segnale e della formazione dei secondi messaggeri. -Molto spesso gli ormoni vengono trasportati da proteine specifiche presenti nel sangue; questo trasporto ha un duplice significato: non soltanto di poter trasportare, di poter aumentare lidrofilicit dellormone stesso e quindi consentire il passaggio attraverso il sangue ma ha anche il significato di consentire il rilascio graduale dellormone correlato alle necessit dellorganismo. Quindi il legame con il trasportatore condiziona anche il rilascio verso la cellula bersaglio. Una volta prodotti gli ormoni non rimangono presenti nel sangue a tempo indeterminato ma sono soggetti a un metabolismo (molto spesso il fegato a presiedere a questo metabolismo) per cui lormone viene metabolizzato, viene formato un cosiddetto metabolita dellormone e questo metabolita viene poi escreto dallemuntorio renale. Questo vuol dire che lormone viene sintetizzato e svolge la sua funzione ma viene poi anche metabolizzato, degradato e poi escreto, proprio perch questi ormoni svolgono la loro funzione anche a concentrazioni molto basse, per cui quando un
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ormone deve interrompere la sua azione sulla cellula bersaglio deve sparire (funzione metabolica del fegato e funzione escretoria dei reni).

Principi di interrelazione tra ormoni di tipo lipofilico e idrofilico con le cellule bersaglio
Lavvenimento che caratterizza gli ormoni lipofilici quello di poter attraversare la membrana, proprio per via della natura lipidica, e quindi di penetrare allinterno della cellula. Questo non significa che non abbiano recettori: questi recettori sono dei recettori nucleari. Questi recettori hanno il compito di modificare la trascrizione dei geni che rispondono a un determinato ormone.Per cui lormone entra liberamente attraverso la membrana plasmatica, trova il proprio recettore a ridosso del nucleo e questo complesso ormone-recettore nucleare funge da regolatore della trascrizione e della risposta cellulare che ne consegue. Un discorso diverso quello legato agli ormoni idrofilici. A causa della sua natura idrofilica non in grado di attraversare la membrana e allora deve comunicare con la cellula attraverso dei recettori di membrana. Lormone interagisce, si lega al recettore di membrana, ma a questo punto si deve originare un segnale che indichi alla cellula innanzitutto che si legato lormone e qual la risposta a questo segnale ormonale, cio viene avviata la trasduzione del segnale. -La trasduzione del segnale si identifica con la sintesi dei cosiddetti secondi messaggeri, cio molecole che vengono prodotte o comunque la cui concentrazione viene incrementata a seguito dellinterazione tra un ormone idrofilico e il recettore di membrana. I secondi messaggeri principali che conosciamo sono cAMP, cGMP, Ca2+, il diacilglicerolo e linositolo trifosfato. Per quanto riguarda gli ormoni lipofilici li vedremo meglio nella seconda parte quando si parler di ormoni steroidei mentre per quanto riguarda gli ormoni che controllano il metabolismo (insulina, glucagone, adrenalina ) ci interessa il meccanismo degli ormoni idrofilici, poich questi hanno una grande importanza nel controllo del metabolismo ossidativo.

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Meccanismi di trasduzione del segnale


I meccanismi di trasduzione del segnale sono necessari proprio perch gli ormoni idrofilici non entrano nella cellula ma comunque questa deve rispondere in qualche modo per cui deve innanzitutto sapere che incrementata la concentrazione dellormone nel sangue e quindi i tessuti devono adattarsi. Quali sono le caratteristiche fondamentali dei sistemi di trasduzione del segnale? 1. Innanzitutto la specificit, la quale dipende dal fatto che ogni singolo ormone ha un recettore specifico. 2. Unaltra caratteristica lamplificazione. Se ad esempio un segnale giunge ad attivare un determinato enzima (i bersagli dei meccanismi di trasduzione del segnale sono enzimi), a sua volta lenzima 1 cos attivato in grado di amplificare il segnale andando a sua volta a modificare pi molecole dellenzima 2, ognuna delle quali pu determinare la modificazione degli enzimi 3, quindi in realt si tratta di una cascata di attivazioni che porta allamplificazione del segnale. Quindi il segnale viene amplificato, ed specifico. 3. Unaltra caratteristica quella della desensibilizzazione delladattamento , cio il segnale che giunge al recettore deve comunque anche avere un meccanismo di spegnimento del segnale e questi possono essere di tipo diverso; cio il segnale viene trasmesso alla cellula attraverso linterazione tra il recettore e lormone, la cellula d una risposta ma essa anche in grado, modificando il recettore ad esempio, di interrompere questo segnale. Quindi i segnali non funzionano in maniera continua ma chiaramente c un momento in cui la cellula ne determina lo spegnimento con meccanismi differenti. 4. Inoltre c anche leffetto delle integrazioni. A volte sono presenti pi segnali diversi tra di loro che utilizzano recettori diversi, vie differenti per poi hanno come risultato ununica risposta da parte cellulare, quindi c anche unintegrazione dei segnali che giungono alla cellula. Per quanto riguarda gli ormoni idrofilici abbiamo dunque dei meccanismi di trasduzione del segnale che ci fanno gi capire come questi meccanismi siano piuttosto complessi e quindi presuppongono risposte molto mediate e anche sistemi di controllo differenti.

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Vediamo i diversi tipi di trasduzione del segnale. -Possiamo avere trasduzione del segnale mediata da canali ionici. Gli ioni possono comportarsi da regolatori del metabolismo per cui la loro concentrazione pu essere variata. Consideriamo ad es. un canale ionico chiuso, quando arriva il segnale (la molecola del ligando) questo canale si apre e lo ione pu entrare (anche in questo caso sono canali selettivi, un canale ionico specifico per un determinato ione).

Insulina recettore dellinsulina


-In alcuni casi il recettore, oltre ad avere nella parte esterna della membrana il suo sito recettoriale, per quanto riguarda la porzione interna del recettore, la parte intracellulare ha anche la caratteristica di essere un enzima. In pratica quando un ligando si lega a un recettore attiva un particolare dominio intracellulare con funzione enzimatica. Un esempio tipico costituito dal recettore dellinsulina. *Linsulina ha un recettore di tipo tirosin-chinasi per cui quando linsulina si lega al recettore, questo recettore attiva la funzione tirosin chinasica, cio la fosforilazione a spese dellATP di un residuo di tirsosina. Queste tirosine sono presenti in proteine e in enzimi per cui si avvia una cascata di fosforilazioni. Linsulina, come molti altri ormoni proteici noti come fattori di crescita non agiscono tramite le vie dipendenti dai recettori associati a proteine G (GPCR) e dallcAMP, ma si legano a recettori i cui domini C-terminali hanno attivit tirosin-chinasica (RTK). -Il recettore dellinsulina ha la caratteristica di essere una proteina chinasi specifica per residui di tirosina. A differenza degli altri RTK, dove laggiunta del ligando favorisce lassociazione tra 2 recettori monomerici per formare un dimero, il recettore dellinsulina gi nello stato privo di ligando un dimero (il monomero ), per cui un recettore costituito da un tetramero (2 2); Il recettore dellinsulina presenta due subunit che sono esterne alla membrana plasmatica e due subunit che hanno delle porzioni extracellulari, una porzione che attraversa la membrana plasmatica e una porzione intracellulare. Sulla porzione sono presenti i siti di legame per linsulina, per cui linsulina si lega alle subunit e le modificazioni conformazionali che ne derivano vengono trasmesse alle subunit , le quali modificando a loro volta la propria conformazione attivano la funzione tirosin-chinasica presente nel dominio intracellulare. La prima attivit tirosina-chinasi viene espletata nello stesso dominio intracellulare, cio praticamente si assiste a una auto fosforilazione di alcuni residui specifici di tirosina presenti nel dominio tirosin-chinasi. Questa fosforilazione attiva ulteriormente la capacit tirosin-chinasi del recettore dellinsulina. Quindi prima auto fosforilazione dalla quale deriva un aumento della capacit fosforilativa del dominio tirosin-chinasi sulle proteine bersaglio presenti allinterno della cellula. -La cascata di fosforilazione poi porta alla fosforilazione o di enzimi che controllano direttamente il metabolismo oppure alla fosforilazione delle proteine che invece svolgono la loro funzione allinterno del nucleo modificando la trascrizione di alcuni geni.

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Vedi via di segnalazione dellinsulina pag. 724 Voet *Agli esami viene chiesto di disegnare il recettore dellinsulina e parlare della via di segnalazione

Glucagone e adrenalina recettori associati a proteine G


-Un altro sistema quello costituito da un recettore che utilizza il sistema detto delle proteine G. Al recettore legato un complesso di proteine (chiamate G perch sono in grado di legare GDP o GTP ma anche per la loro capacit di idrolizzare GTP in GDP e Pi attivit GTPasica ) e a seguito di questa situazione le proteine G si comporteranno da attivatori o da inibitori nei confronti di un enzima che localizzato sulla membrana e dalla modificazione di questo enzima si origina il secondo messaggero. Quindi il recettore non funziona direttamente ma la sua attivit viene mediata dal complesso delle proteine G, che vanno a condizionare lenzima di membrana che sar il responsabile della produzione dei secondi messaggeri. - Ladrenalina viene presa come esempio per il secondo meccanismo di trasduzione del segnale, quello che utilizza la formazione dellcAMP. Ladrenalina, come anche il glucagone, utilizza un tipo di reazione che interagisce con la cellula mediante un incremento della concentrazione del secondo messaggero, lcAMP. -Il recettore delladrenalina detto a serpentina perch costituita da una proteina che attraversa diverse volte il doppio strato della membrana, ha il sito recettoriale ed ha aggregato a s il complesso delle proteine G , cos chiamate perch sono in grado di legare o il GDP (in posizione di riposo del recettore, cio quando il recettore non ha legato il proprio ligando) oppure nel momento in cui avviene linterazione con il ligando queste proteine G sono in grado di scambiare, di legare il GTP, cedendo il GDP. In realt le proteine G sono costituite da 3 subunit . La subunit in grado di legare il GDP in posizione di riposo del recettore mentre quando il ligando si lega al recettore una modificazione conformazionale fa in modo che la subunit si dissoci dalle subunit e . Questa dissociazione determina il rilascio del GDP e il legame col GTP. Quando la subunit legata al GTP si muove lungo la membrana (in questo caso siamo in presenza di un sistema stimolatorio) e questo complesso subunit /GTP va ad attivare ladenilato ciclasi (un enzima che si trova nella membrana). Lattivazione delladenilato ciclasi determina la possibilit che questo enzima sintetizzi a partire da ATP, lcAMP. Quindi a seguito dellinterazione del ligando con il recettore, leffetto un aumento della concentrazione dellcAMP perch stata attivata attraverso la modificazione delle proteine G lattivit delladenilato ciclasi. Questo incremento dellcAMP comporta a sua volta lattivazione delle cosiddette proteine chinasi A, enzimi che fosforilano utilizzando ATP altre proteine, altri enzimi. Ci ricolleghiamo quindi alla modificazione covalente degli enzimi che ne determina lattivazione o linattivazione. In definitiva un segnale proveniente dallesterno della cellula ha determinato lincremento di un secondo messaggero cAMP, il quale a sua volta attivando delle proteine chinasi A determina la fosforilazione di altre proteine o di enzimi.

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Poich ununica interazione ligando-recettore pu attivare pi di una proteina G, questo passaggio della via di trasduzione del segnale serve per amplificare il segnale extracellulare originale. Inoltre tipi diversi di complessi ligando-recettore possono attivare la stessa proteina G, cos che differenti segnali extracellulari suscitano la stessa risposta cellulare. Anche in questo caso necessario poi che il segnale venga spento in qualche modo. Il modo pi semplice quello di idrolizzare lcAMP a 5-AMP. LAMP non ha nessun effetto di controllo sulle proteine chinasi e lenzima che presiede allidrolisi dellcAMP la fosfodiesterasi. Ci saranno dei segnali appositi che andranno ad attivare la fosfodiesterasi e in questo modo viene abbassata la concentrazione dellcAMP e quindi modificata lattivit delle proteine chinasi. -La subunit ha anche unaltra caratteristica, possiede anche attivit GTPasica, cio ad un certo punto il segnale si spegne perch il GTP viene idrolizzato e convertito in GDP e questo rende possibile la riassociazione della subunit con le subunit e . (approfondire sui libri di biologia e biochimica).

-Le proteine chinasi A ( cio quelle proteine che dipendono dalla concentrazione dellcAMP ) sono costituite da 2 subunit catalitiche e 2 subunit regolatorie. Ciascuna delle subunit regolatorie porta due siti dei legame per lcAMP. Per cui quando la concentrazione di cAMP bassa le proteine chinasi A si trovano nella forma in cui le subunit catalitiche sono legate alle subunit regolatorie e quindi lenzima non svolge attivit catalitiche (il sito catalitico occupato). Quando invece viene incrementata la concentrazione dellcAMP, esso si lega alle subunit regolatorie, le quali si dissociano e le subunit catalitiche sono a questo punto in grado di svolgere la loro attivit (cio la fosforilazione di altre proteine e quindi altri enzimi e dunque modificando lattivit dei loro enzimi bersaglio). Le proteine chinasi A (PKA) fosforilano specifici residui di serina e treonina. Per capire quanto sia importante questo sistema vediamo in quale vie metaboliche ritroveremo enzimi regolati da fosforilazione cAMP dipendente, cio da proteine chinasi A. Un enzima che viene regolato attraverso lattivit di proteine chinasi A e quindi attraverso la concentrazione dellcAMP : - la glicogeno sintasi , quindi il controllo sulla sintesi del glicogeno; - la fosforilasi B-chinasi, demolizione del glicogeno Quindi sia la sintesi sia la demolizione del glicogeno sono sotto il controllo delle concentrazioni dellcAMP e di quegli ormoni o di quei recettori che ne determinano laumento della concentrazione. - piruvato chinasi (nel fegato) e quindi controllo della glicolisi; - complesso della piruvato-deidrogenasi e quindi la via che porta da piruvato ad acetilCoA - fosfofrutto-2-chinasi II e fruttosio-2,6 difosfatasi Tra gli ormoni che utilizzano lcAMP come secondo messaggero, noi ci occuperemo, per quanto riguarda il metabolismo ossidativo, delladrenalina e del glucagone.
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Via del fosfoinositide


Un altro sistema quello che utilizza il fosfatidilinositolo. Il fosfatidilinositolo un fosfolipide di membrana, e di fatto si trova nella membrana anche per questo motivo; cio non soltanto contribuisce alla struttura della membrana ma anche il precursore di un meccanismo di trasduzione del segnale. Dallidrolisi del fosfatidilinositolo si ottengono due molecole, diacilglicerolo e inositolo 1,4,5 trifosfato (IP3). Il diacilglicerolo rimane in membrana, linositolo trifosfato si dirige invece nel citosol. Anche questo un sistema che utilizza le proteine G, quindi recettori che daranno origine a questi secondi messaggeri utilizzano tali proteine. La differenza sta nel fatto che rispetto al sistema che porta alla formazione dellcAMP la subunit legata a GTP non va ad attivare ovviamente ladenilato ciclasi ma va ad attivare un altro enzima che la fosfolipasi C, il quale idrolizza il fosfatidilinositolo presente nella membrana nei due componenti diacilglicerolo e inositolo 1,4,5 trifosfato. Il diacilglicerolo non abbandona la membrana mentre linositolo trifosfato entra nel citosol. -Linositolo trifosfato si va a legare a un canale per il Ca2+ che si trova nel reticolo endoplasmico. Il reticolo endoplasmico ha infatti tra laltro la funzione di concentrare il calcio allinterno delle cellule, questo perch il calcio un secondo messaggero e quindi la sua concentrazione nel citosol deve essere controllata. Uno dei meccanismi di controllo della concentrazione intracellulare di Ca2+ quello di relegarlo allinterno del reticolo endoplasmico. Linositolo trifosfato si va a legare al canale per il calcio presente nel reticolo endoplasmico e questo legame apre il canale e cos il Ca2+ esce dal suo deposito verso il citosol. Quindi si incrementa la sua concentrazione e questo importante poich il Ca2+ controlla lattivazione di una proteina chinasiC (cos chiamata perch calcio-dipendente). Tuttavia per lattivazione della proteina chinasiC non sufficiente soltanto lincremento del calcio ma necessaria anche la presenza del diacilglicerolo; cio la proteina chinasiC in forma non attiva citoplasmatica e per essere attivata ha bisogno di addossarsi alla membrana. Il legame con la membrana (si tratta cmq di un legame debole) possibile in presenza di diacilglicerolo e contemporaneamente lincremento della concentrazione di Ca2+ determina la sua completa attivazione. -Quindi la proteina chinasi C per essere attivata ha bisogno del diacilglicerolo di membrana, poich legandosi alla membrana disponibile alla successiva attivazione da parte del Ca2+, quindi i due segnali che si erano originati, diacilglicerolo e inositolo-trifosfato, in realt contribuiscono entrambi allattivazione della proteina chinasiC. Inoltre ricordiamoci che il calcio tramite il legame con la calmodulina, proteina specifica legante il Ca2+ pu a sua volta andare a regolare altre attivit enzimatiche; quindi questo sistema per quanto riguarda la prima parte il contributo che d la proteina G simile al sistema che attiva lcAMP, la seconda parte invece completamente differente perch lenzima che viene attivato dalla proteina G non ladenilato ciclasi, ma la fosfolipasi C, che a sua volta avr leffetto di produrre i 2 secondi messaggeri dal fosfatidilinositolo di membrana dando origine a diacilglicerolo (DAG) , e inositolo trifosfato (IP3). Linositolo trifosfato apre i canali del Ca2+ del reticolo endoplasmico e incrementa la concentrazione di calcio, il DAG sulla membrana consente alla proteina chinasi C di ancorarsi alla membrana e di arrivare definitivamente allinterazione con il calcio, la proteina chinasi C, essendo una chinasi, andr a fosforilare proteine, enzimi per cui avremo in questo caso
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un controllo del metabolismo. Come altri sistemi di segnalazione, il sistema del fosfoinositide limitato dalla degradazione dei suoi secondi messaggeri, ad es. tramite lazione dellinositolo polifosfato 5-fosfatasi che converte IP3 a IP2. *Inoltre la sfingosina, un altro lipide che funziona da secondo messaggero e che rilasciata dagli sfingolipidi, inibisce la PKC (proteina chinasi C). -La calmodulina presenta dei siti di legame con il calcio, per cui essa in realt si comporta come regolatore nei confronti di altri enzimi, quindi una sorta di subunit che una volta che viene attivata per lincremento della concentrazione di calcio va a controllare altre attivit enzimatiche. Ci sono vari esempi di proteine regolate da calcio/calmodulina (proteine chinasi, canali per il calcio, cAMP fosfodiesterasi che spegne il segnale idrolizzando lcAMP)

Ad es. controllo della calcio-ATPasi della membrana plasmatica; la concentrazione di calcio pu essere abbassata anche per esclusione del calcio che necessita per di una ATPasi, cio di un sistema attivo. La calmodulina agisce anche sulle chinasi ( legate alla miosina) e quindi controllo della contrazione muscolare.

ORMONI E METABOLISMO ENERGETICO

Vediamo qual il ruolo degli ormoni nel metabolismo energetico e quali ormoni sono correlati al metabolismo. La concentrazione del glucosio costituisce un segnale importante perch da essa derivano quei segnali che porteranno o alla produzione di insulina o di glucagone che a loro volta andranno a condizionare il metabolismo del glucosio. Gli ormoni ci consentono anche di rispondere ad una grande variet di stimoli esterni e consentono oltre alle risposte fisiologiche anche delle risposte metaboliche. Tipico esempio la condizione del <combatti o fuggi> che riguarda lincremento delle concentrazioni di adrenalina, situazioni di stress che preparano il nostro organismo a rispondere non soltanto fisiologicamente ma anche metabolicamente. Dal punto di vista metabolico questo significa mettere in campo tutte le risorse energetiche a disposizione per incrementare la reazione del tessuto muscolare, sostenere laumento del battito cardiaco, della ventilazione polmonare. Sia linsulina che il glucagone sono ormoni di tipo peptidico e sono ormoni di tipo idrofilico per cui utilizzeranno meccanismi di trasduzione del segnale. Altri ormoni chiamati in causa nel metabolismo energetico sono ladrenalina e noradrenalina, i quali presentano dei segnali simili a quelli del glucagone per mentre ladrenalina il mediatore del
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sistema del <combatti o fuggi>, il glucagone invece segnala un abbassamento della glicemia. Quindi dal punto di vista metabolico sono simili ma le condizioni che determinano sono ovviamente differenti. -Ladrenalina segnala un aumento della richiesta energetica per una situazione in cui lorganismo si prepara metabolicamente a combattere o fuggire. I valori considerati normali di glucosio nel sangue sono 60-90 mg/100 ml (sono ovviamente espressi come concentrazioni). Se si esprimono in mM (e questo a volte ci pu tornare utile) i valori normali del glucosio sono intorno ai 4,5 mM. Quando i valori si trovano al di sotto si registrano sintomi neurologici, fame, comincia ed essere rilasciato glucagone; anche ladrenalina va in aiuto, a rinforzare lattivit del glucagone. Al di sotto dei 50mg/100 ml si evidenzia la sintomatologia in cui si osservano danni allorganismo accompagnati a sudorazione, convulsioni, coma che corrispondono a quelle condizioni di digiuno molto prolungato (questo perch come vedremo il cervello costituisce un tessuto che dipende fondamentalmente dal glucosio). Quindi abbassamenti drastici della concentrazione del glucosio portano a danni del tessuto nervoso e di conseguenza a tutto lorganismo. Facendo riferimento ai valori espressi in mM del glucosio un abbassamento al di sotto dei 3,3 mM significa morte ed definita morte cerebrale. Le variazioni della concentrazione vanno viste in funzione dei tessuti; essendo il tessuto nervoso cos delicato da questo punto di vista anche un abbassamento di della glicemia pu portare alla morte. Effetti fisiologici e metabolici delladrenalina Se consideriamo prima qual la logica degli effetti fisiologici anche pi semplice analizzare gli effetti metabolici. effetti fisiologici: aumento del battito cardiaco, della pressione sanguigna innanzitutto perch deve aumentare la concentrazione dellossigeno che viene trasportato ai tessuti. -Lorganismo si prepara a reagire ma questa preparazione parte dagli effetti fisiologici ma inevitabilmente deve avere anche degli effetti metabolici. effetti metabolici aumento della demolizione del glicogeno (riserva di glucosio presente nel fegato e nei muscoli); in seguito ai segnali delladrenalina il fegato rilascia glucosio in circolo, ma verr rilasciato glucosio anche dal glicogeno muscolare. Se aumenta la demolizione del glicogeno deve diminuire la sua sintesi nellorganismo poich si tratta di due effetti opposti, cio se si devono utilizzare le riserve di glicogeno inutile sintetizzare altro glicogeno (gli enzimi che presiedono alla demolizione e alla sintesi del glicogeno sono regolati in maniera esattamente opposta). -Aumenta la gluconeogenesi da parte del fegato, cio la sintesi di glucosio da molecole non glucidiche. Quando stanno esaurendosi le riserve di glicogeno (questo avviene nel giro di poche ore) allora il fegato reagisce producendo altro glucosio. -aumenta anche la glicolisi a livello muscolare perch deve aumentare lATP che deve essere utilizzato per la contrazione.
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- lutilizzazione di acidi grassi del tessuto adiposo ai fini energetici, aumenta la concentrazione del glucagone e questo va a rinforzare gli effetti metabolici delladrenalina perch gli effetti del glucagone e delladrenalina sono quasi sovrapponibili, ma diminuisce la produzione di insulina.

-In definitiva fisiologia e metabolismo sono strettamente correlati, i tessuti reagiscono in maniera integrata.

Glucagone E un ormone che per alcuni effetti simile alladrenalina. Il glucagone aumenta la propria concentrazione a livello del sangue quando si abbassano i valori della glicemia cio quando il nostro organismo in carenza di glucosio, per cui un segnale correlato allo stato di alimentazione del soggetto. Laumento della concentrazione del glucagone a livello ematico segnala al fegato che si verificato un abbassamento della glicemia per cui il fegato deve modificare il proprio metabolismo innanzitutto in modo tale da incrementare la concentrazione ematica di glucosio. Quindi assisteremo alla glicogenolisi. La glicogenolisi epatica ha come prodotto glucosio che pu essere immesso in circolo e quindi riequilibrare labbassamento che stato segnalato dal glucagone. Di conseguenza avremo un incremento della concentrazione di glucosio, inizialmente allinterno del fegato, poi immissione in circolo; ma unaltra cosa che fa il fegato quella di produrre glucosio cio dar origine a gluconeogenesi. -Linsulina invece deve far decrescere la concentrazione ematica di glucosio e lo fa incrementando linternalizzazione del glucosio ad es. nel tessuto muscolare mediante i trasportatori del glucosio glut4 che sono insulino-dipendenti e sono attivati in presenza di insulina. Dunque la concentrazione del glucosio si abbassa sia per captazione da parte dei tessuti (ad es. tessuto muscolare e tessuto adiposo) e inoltre per attivazione del metabolismo del glucosio. Per quanto riguarda gli effetti dellinsulina sul tessuto epatico, essa incrementa le riserve di glicogeno epatico ma consente anche al glucosio di poter essere utilizzato nella glicolisi. Il fegato di fatto utilizza glucosio nella glicolisi soltanto quando c abbondanza altrimenti lo risparmia per gli altri tessuti, e invece il proprio metabolismo energetico, in caso di carenza di glucosio, viene supportato fondamentalmente dal metabolismo degli acidi grassi.

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LEZIONE 12

BIOENERGETICA
La bioenergetica lo studio delle trasformazioni energetiche che avvengono negli organismi viventi. Parliamo di bioenergetica proprio in riferimento alle trasformazioni energetiche che avvengono allinterno della cellula, per cui in pratica il metabolismo non altro che lo studio di queste trasformazioni energetiche. -Una sostanza organica per ossidazione (+O2) produce H2O, CO2 ed energia. Questa ossidazione cos come viene rappresentata da questa relazione in realt non esattamente cos per quanto riguarda le ossidazioni biologiche. Infatti, anche se lo mettiamo in evidenza in questa forma, lossigeno molecolare rappresenta solo lultimo anello della catena dellossidazione delle sostanze organiche. Le ossidazioni organiche che avvengono in una provetta sono diverse dalle ossidazioni che avvengono in una cellula: sia linizio che la fine di questo processo sono identici ma tutto ci che sta in mezzo diverso perch per quanto riguarda quelle biologiche sono delle ossidazioni in cui la sostanza organica viene degradata lentamente a tappe (che poi non rappresentano altro che il catabolismo) in modo tale da trarre lenergia contenuta nella sostanza organica ma trarla in modo tale da poterla poi anche conservare. Questa energia che stata estratta verr poi utilizzata nella fase anabolica. Non si tratta di unossidazione diretta della sostanza organica perch altrimenti avremmo questa energia fondamentalmente sottoforma di calore e quindi non utilizzabile dalla cellula. -Lenergia in tutti gli organismi viventi viene utilizzata nella trasduzione di segnali, nella contrazione muscolare, nellanabolismo (cio nella costruzione di nuove molecole), nel trasporto attraverso le membrane e nel mantenimento della temperatura del corpo. Quindi lenergia che viene estratta dal catabolismo ha poi diverse utilizzazioni. -Lenergia pu essere definita come la capacit di produrre lavoro. Il lavoro che a noi interessa dal punto di vista chimico, biologico, pu essere diviso fondamentalmente in 3 grandi classi. Il lavoro meccanico, cio quel lavoro che consente a una cellula, ad un organello di muoversi. Il lavoro di gradiente. Spesso tra un compartimento e laltro della cellula si creano dei gradienti di concentrazione che hanno ovviamente una loro funzione e un loro significato, i gradienti elettrici che si formano attraverso la membrana. Il lavoro di sintesi. E quello che comporta la rottura di legami e la produzione di nuovi composti. Quindi fondamentalmente lenergia che viene utilizzata dalla cellula pu essere divisa in queste 3 classi principali.

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Le 2 grandi categorie energetiche che vengono prese in considerazione sono lenergia cinetica e lenergia potenziale. Le diverse forme di energia cinetica (energia solare, energia eolica, energia delle maree, energia termica,energia elettrica) non ci interessano in modo particolare mentre le forme di energia potenziale che ci possono riguardare in maniera pi diretta sono lenergia presente nei legami chimici, lenergia dei gradienti di concentrazione; le altre forme di energia potenziale sono lenergia gravitazionale e lenergia nucleare (queste cose tra laltro dovreste gi saperle dalla fisica!!). -La prima legge della termodinamica dice lenergia non pu essere n creata n distrutta. Allinterno della cellula questo significa che lenergia in realt cambia aspetto, c una sorta di trasformazione energetica che si svolge proprio durante il metabolismo e durante lutilizzazione dellenergia stessa, quindi incontreremo diverse forme di energia poich viene sempre rispettata la prima legge della termodinamica. Quindi lenergia allinterno della cellula cambia aspetto ma risponde sempre a questa legge, per cui lenergia non viene mai creata n distrutta. -Lenergia libera cos chiamata perch in grado di compiere lavoro e la variazione di energia libera G che vediamo spesso accoppiata alle reazioni chimiche ci indica se la reazione avviene in maniera spontanea o meno. Infatti G uguale allenergia presente nei prodotti meno lenergia dei reagenti, quindi un G negativo significa che lenergia dei reagenti pi elevata di quella dei prodotti per cui la reazione avviene facilmente mentre se viceversa G ha valore positivo significa che i prodotti hanno un contenuto energetico superiore ai reagenti per cui bisogna somministrare energia al sistema. - I valori dellenergia libera vengono misurati in condizioni standard quindi viene presa in considerazione la temperatura 298K (o 25C) quando i reagenti e i prodotti sono presenti alla concentrazione 1M e alla pressione di 101,3 KPa. Queste sono le condizioni in cui osserviamo la variazione di energia libera. -Parlando di cellule dobbiamo introdurre un altro concetto che la variazione dellenergia libera standard biologica G, che la stessa cosa ma comporta laggiunta di altri parametri; oltre alla temperatura, alla pressione e alla molarit dei reagenti e dei prodotti viene introdotto il concetto che questa energia libera viene anche misurata a pH 7 e a condizioni 55,5 molari di acqua, proprio perch i processi chimici che osserviamo nella cellula avvengono in ambiente acquoso quindi si tiene conto della concentrazione dellacqua e del valore di riferimento del pH 7. Si tratta comunque di condizioni ideali, ma poi allinterno della cellula in realt le condizioni sono diverse e quindi anche le variazioni di energia libera sono diverse. -Una reazione viene detta esoergonica se lenergia libera viene rilasciata, G negativo per cui una reazione esoergonica in grado di produrre un lavoro chimico. Se questa energia liberata presente sottoforma di calore la reazione detta esotermica. Al contrario una reazione detta endoergonica quando assorbe energia e G risulta positivo, quindi la reazione per poter avvenire necessita di energia. Nelle reazioni chimiche del metabolismo avremo unalternanza di questo tipo di reazione e la cellula ricorre a delle strategie per poter soddisfare le richieste energetiche o la produzione di energia.

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-La relazione che lega G con la costante di equilibrio: G= -RT lnKeq quindi esiste un collegamento tra la costante di equilibrio di una reazione e la variazione dellenergia libera.

OSSIDAZIONI BIOLOGICHE

Possiamo considerare lossidoriduzione una forma di energia chimica. Allinterno della cellula le ossidazioni sono reazioni che devono tenere conto delle caratteristiche delle molecole che vanno incontro allossidazione. Quando una sostanza organica nella cellula viene ossidata lossidazione comporta la perdita di elettroni e contemporaneamente di protoni. Queste ossidazioni devono avvenire in maniera frazionata per evitare la perdita di energia e quindi gli elettroni e i protoni che si liberano durante lossidazione delle sostanze organiche che ritroviamo nel metabolismo vengono raccolti da 2 molecole, il NAD+ e il FAD. -Queste due molecole sono coenzimi di ossidoriduzione. La funzione di questi due coenzimi quella di raccogliere elettroni e protoni, per cui in un metabolismo in cui si ha lossidazione di una sostanza organica molto spesso troveremo che gli enzimi che catalizzano queste reazioni hanno come coenzima NAD+ e FAD, che si ritrovano nella forma ridotta (NADH, FADH2) nel momento in cui legano elettroni e protoni. Il NADP+ non compare tra questi due coenzimi, pur essendo sempre un coenzima di ossidoriduzione, perch lenergia ossidoriduttiva che esso porta viene utilizzata nelle biosintesi riduttive, mentre lenergia incamerata nel NADH e nel FADH2 unenergia che sar invece trasformata in ATP. Questi due coenzimi vengono infatti convogliati verso la catena respiratoria che alimenteranno
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riossidandosi, quindi dando elettroni e protoni alla catena respiratoria e il funzionamento di questa catena sar responsabile della sintesi di ATP allinterno del mitocondrio; mentre il NADPH sempre un trasportatore di energia ossidoriduttiva ma la cede direttamente nelle biosintesi riduttive (non passa attraverso la catena respiratoria). Queste 2 molecole che sono in grado di ridursi e di ossidarsi sono detti equivalenti riducenti (quando parliamo di equivalenti riducenti ci riferiamo fondamentalmente a NADH e FADH2). Queste molecole si formano durante diversi metabolismi e la loro funzione quella di portare lenergia ossidoriduttiva verso la catena respiratoria . Apprendere strutture: NAD+/NADH e FAD/FADH2

NAD+

Riduzione del NAD+ a NADH

*Il NAD+ accetta uno ione idruro H (2 elettroni e 1 protone) quindi nella forma ridotta si scrive NADH + H+ perch rimane un protone libero

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FAD

Riduzione del FAD a FADH2

Differenza tra NAD e FAD *Una caratteristica del FADH2 quella di poter passare anche attraverso una forma radicalica o semichinonica per cui il FAD ossidato pu legare un protone e un elettrone (forma radicalica o semichinonica) oppure ridursi completamente, accettando un altro protone e un altro elettrone nella forma ridotta o idrochinonica.

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-Quando parliamo di reazioni di ossidoriduzione ci riferiamo sempre a coppie, cio un donatore di elettroni si trasforma nella forma di accettore di elettroni, cio una volta che ha donato gli elettroni poi in grado di riaccettare elettroni. Un accettore di elettroni pu legare elettroni e trasformarsi di nuovo in donatore di elettroni. Se abbiamo due composti A (in forma ossidata) e B (in forma ridotta), B pu cedere lelettrone alla forma ossidata e ritrovarsi quindi nella forma ossidata per cui parliamo sempre di reazione accoppiata, esattamente come nelle reazioni di ossidoriduzione in chimica.

Differenze tra ossidazione biologica e ossidazione biochimica


-Le ossidazioni biologiche sono abbastanza diverse dalle ossidazioni viste in chimica. Dalle molecole di sostanze organiche nutrienti viene tratta lenergia sottoforma di equivalenti-riducenti (quindi sono prelevati elettroni e anche protoni) e questi elettroni vengono trasportati attraverso dei trasportatori intermedi che ritroveremo poi nella catena respiratoria. Affinch possa avvenire un trasporto i singoli trasportatori devono possedere alcune caratteristiche: chiaramente il loro ordine, per poter creare un flusso, deve essere tale che i trasportatori che stanno a valle debbano avere una maggiore affinit verso gli elettroni. Nellambito della catena avviene sempre unossidoriduzione e questi elettroni vengono trasportati lungo la catena respiratoria, ma laspetto importante da osservare che laccettore ultimo di questo trasporto di elettroni proprio lelemento pi elettronegativo per eccellenza, cio lossigeno. Quindi alla fine questo trasporto di elettroni attraverso la catena respiratoria avr come accettore ultimo lossigeno. A cosa serve lossigeno nelle nostre cellule? Lossigeno serve a consentire il passaggio attraverso la catena respiratoria di questi elettroni, ma questo passaggio di elettroni, questa energia ossidoriduttiva nella catena respiratoria sar convertita in una energia di gradienti, in quanto il passaggio degli elettroni nella catena respiratoria si accoppier al pompaggio di protoni dalla matrice mitocondriale verso lo spazio intermembrana, formando un gradiente elettrochimico che sar il motore per la sintesi dellATP. Quindi passiamo da unenergia ossidoriduttiva (che avviene nel metabolismo), unenergia ossidoriduttiva nel trasporto degli elettroni che viene convertita in unenergia di gradiente elettrochimico che viene a sua volta convertita in unenergia di sintesi dellATP. E la stessa energia che si muove dal metabolismo, dalla fase catabolica alla fase anabolica, per cambia aspetto. -Ci che importante che la variazione di energia libera legata anche al valore del potenziale di riduzione standard. Quindi nelle reazioni in cui avvengono ossidoriduzioni, i valori della variazione di energia libera hanno uno stretto collegamento con il potenziale di riduzione standard. Lossigeno lagente ossidante pi elevato.

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Vediamo una tabella che raffigura i componenti che incontreremo nella catena respiratoria o nel metabolismo.

Valori di E pi positivi significano maggiore affinit per gli elettroni, e lo vediamo proprio per lO2, cio lelemento pi capace di accettare elettroni tant che lo ritroviamo pi a valle della catena respiratoria. -Consideriamo gli equivalenti riducenti. Il NADH e il FADH2 hanno valori negativi, quindi vero che essi hanno accettato durante il metabolismo, ma altrettanto vero che essi sono disposti a cedere questi elettroni quindi saranno proprio loro il punto di ingresso nella catena respiratoria. -Un'altra cosa che possiamo osservare che qui ci sono i valori per quanto riguarda il FADH2 come coenzima libero cio quello che si produce nel metabolismo (ad es. ciclo di Krebs, ossidazione degli acidi grassi), ma se vediamo invece la stessa molecola nelle flavoproteine, per cui quando esso non coenzima ma gruppo prostetico ha un valore prossimo allo 0. Quindi lambiente in cui si trova la stessa molecola varia le sue careatteristiche perch quando il FAD legato alla parte proteica delle flavoproteine acquisisce una maggiore capacit di legare elettroni. Inoltre vediamo anche i valori via via pi positivi tra quelli che sono i componenti della catena respiratoria; lubichinone, i vari tipi di citocromi e questo ci fa gi capire che lordine degli accettori di elettroni lungo la catena respiratoria ovviamente deve seguire il potenziale di riduzione standard, passando dalle specie chimiche che pi facilmente perdono elettroni alle specie come lossigeno che maggiormente li accettano. Le reazioni di trasferimento degli elettroni hanno una grande importanza biologica perch sono in grado di convertire unenergia ossidoriduttiva in una energia di sintesi (in particolare in energia di sintesi dellATP).

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LA CATENA RESPIRATORIA
La catena respiratoria la catena di trasporto degli elettroni, un insieme di complessi proteici contenenti centri redox caratterizzati da affinit per gli elettroni progressivamente crescente (cio da potenziali di riduzione standard sempre pi positivi). Gli elettroni si spostano lungo questa catena, da potenziali di riduzione standard pi bassi (negativi) verso potenziali di riduzione pi alti (positivi). La membrana mitocondriale esterna una membrana poco selettiva a differenza della membrana mitocondriale interna. La catena respiratoria localizzata nella membrana mitocondriale interna. Questa localizzazione molto importante perch strettamente correlata alla funzione della catena respiratoria. La via importante della formazione di ATP la fosforilazione ossidativa. Questa avviene grazie al trasporto di elettroni, quindi unenergia ossidoriduttiva, ma questo meccanismo di sintesi di ATP pu essere innescato grazie ad un altro tipo di energia, che dipende dallenergia ossidoriduttiva lungo la catena respiratoria, che porta alla formazione di un gradiente elettrochimico. -I complessi della catena respiratoria sono complessi ossidoriduttivi in cui avviene il trasporto degli elettroni che vengono portati dal NADH o dal FADH2 che entra per nel complesso II, che quello della succinico-deidrogenasi, il quale un punto di incontro tra la catena respiratoria e il ciclo di Krebs. Quindi attraverso queste due vie entrano NADH, FADH2 e gli elettroni che essi portano vengono trasportati lungo la catena di trasporto degli elettroni, ma al trasporto degli elettroni attraverso questa catena di trasporto viene associato un pompaggio di protoni dalla matrice allo spazio intermembrana, quindi lenergia ossidoriduttiva strettamente correlata a questa energia di formazione di un gradiente, che si dice gradiente elettrochimico perch i protoni si accumulano nello spazio intermembrana quindi aumenta la concentrazione dei protoni, per aumenta anche la differenza di potenziale tra i due versanti della membrana. Nella faccia della membrana mitocondriale interna che guarda verso lo spazio intermembrana si ha un accumulo di cariche positive rispetto alle cariche negative che si accumulano nella faccia che guarda verso la matrice. Questi protoni che si trovano nello spazio intermembrana dovrebbero tendenzialmente tornare alla matrice, sia in risposta al gradiente e sia in risposta alla differenza di cariche; ma sappiamo che, per quanto riguarda le caratteristiche delle membrane biologiche, i protoni non possono attraversare liberamente il doppio strato della membrana ma devono trovare un canale, una porta. Questo canale rappresentato dal cosiddetto complesso V (o complesso dellATP sintasi) che consente a questi protoni di ritornare verso la matrice ma questo movimento di protoni verso la matrice modifica la conformazione di questa proteina, che non altro che lenzima che sintetizza lATP a partire da ADP e fosfato inorganico. -Quindi flusso di elettroni attraverso la catena respiratoria, accumulo di protoni nello spazio intermembrana, ritorno dei protoni attraverso il canale dellATP-sintasi, e questo passaggio determina delle modificazioni conformazionali di questo enzima che in questo modo in grado di sintetizzare lATP (energia ossidoriduttivaenergia di gradienteenergia di sintesi).

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Vediamo com fatta la catena respiratoria per consentire questo processo.

La catena respiratoria comprende 3 complessi proteici (I, III, IV) che sono inseriti nella membrana mitocondriale interna, ai quali va associato il complesso II, il quale per un complesso in comune con il ciclo di Krebs, per cui addossato alla membrana mitocondriale interna dal lato della matrice. In realt si tratta di complessi enzimatici. -Il complesso I la NADH deidrogenasi; significa che il NAD arriva arriva sottoforma ridotta e ad opera del complesso I viene ossidato, per cui cede elettroni e protoni. In questo complesso vedremo che vi sono i cosiddetti trasportatori di elettroni e i trasportatori di elettroni e protoni. -Notiamo anche la presenza di un importante coenzima, il coenzima Q, che un trasportatore di elettroni e di protoni. La caratteristica del coenzima Q quella di essere un trasportatore mobile, cio di potersi muovere nello spessore della membrana proprio perch ha una natura di tipo lipofilico. Il coenzima Q raccoglie elettroni e protoni provenienti sia dal complesso I che dal complesso II, cio una sorta di collettore. Il coenzima Q poi lascier gli elettroni (e vedremo che sar anche responsabile del pompaggio di protoni nello spazio intermembrana) al complesso III, detto anche della citocromo-c-reduttasi. In questo complesso vengono raccolti gli elettroni provenienti dal coenzimaQ, questi elettroni saranno ceduti al citocromo c , il quale un trasportatore puro di elettroni (cio trasporta soltanto elettroni non protoni) e vediamo che nel complesso III non si genera pompaggio di protoni. Anche il citocromo c una molecola mobile ma a differenza del coenzima Q non si muove nello spessore della membrana ma si muove lungo la faccia della membrana che guarda nello spazio intermembrana. Questi elettroni che vengono trasportati dal citocromo c sono trasportati al complesso IV (citocromo c ossidasi) dove alla fine gli elettroni saranno legati allossigeno e a protoni per fomare molecole di acqua. Quindi a questo punto il trasferimento degli elettroni si conclude con laccettazione degli elettroni da parte dellossigeno, ma durante questo trasporto si generato il pompaggio di protoni nello spazio intermembrana. Sar questo il motore che consentir allATP-sintasi di modificare il proprio sito catalitico attraverso il ritorno dei protoni nella matrice e quindi portando questa energia di
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gradiente attraverso lATP-sintasi e sintesi dellATP. La funzione dei componenti della catena di trasporto quella di poter trasportare questa energia ossidoriduttiva proveniente dal NADH e dal FADH2 fino allossigeno. Com possibile questo? Sono presenti diversi tipi di sostanze in grado di far questo presenti nei diversi complessi. Abbiamo diversi tipi di coenzimi redox che sono: - flavine FMN (flavinmononucleotide) e FAD presenti nei complessi I e II - coenzima Q -centri ferro-zolfo presenti nei complessi I, II e III - gruppi eme presenti nei complessi II, III e IV I trasportatori flavinici e il coenzima Q sono detti trasportatori misti perch sono in grado di trasportare elettroni e protoni mentre per quanto riguarda i centri ferro-zolfo, i gruppi eme dei citocromi (cio quei gruppi eme che sono in grado di variare il numero di ossidazione del ferro da 2+ a 3+ viceversa sono invece trasportatori puri. Complesso I (detto anche della NADH deidrogenasi) In questo complesso troviamo intanto la proteina che ha di per s la funzione di enzima, inoltre una molecola di FMN, 2 centri ferro-zolfo di tipo Fe2S2 , e 4-5 centri di tipo Fe4S4. Quindi i complessi sono degli aggregati proteici con funzione enzimatica, con presenza di coenzimi (FMN) in grado di trasportare elettroni e protoni e in questo caso anche dei centri ferro-zolfo in grado di legare elettroni.

Il complesso II un complesso che si identifica con la succinico-deidrogenasi, quindi fa parte del ciclo di Krebs. Oltre alla succinico-deidrogenasi troveremo il FAD, tre tipi di centri ferro-zolfo ( [4Fe-4S], [3Fe-4S], [2Fe-2S] ); troveremo anche legato (pur non essendo un legame stabile) lubichinone e un gruppo eme di tipo b (citocromo b560). Al complesso III migreranno gli elettroni e protoni provenienti dallubichinone o ubichinolo nella sua forma ridotta che saranno ceduti al complesso terzo, che prende anche il nome di citocromo c reduttasi, proprio perch ha la funzione di trasferire elettroni al citocromo c. Contiene due citocromi tipo b (b566 b562), un citocromo c1 e un centro [2Fe-2S] dove per uno dei due atomi di ferro coordinato a due residui di His e non a due di Cys. Il complesso IV formato dalla citocromo c ossidasi, cio quel complesso in grado di staccare gli elettroni legati al citocromo c e alla fine poterli trasferire allossigeno molecolare con la formazione di molecole dacqua e quindi il completamento della catena respiratoria. Il complesso IV contiene 4 centri redox, in ordine lineare di trasferimento di elettroni: una coppia di atomi di rame noti come centro CuA, il citocromo a e il complesso binucleare costituito dalleme a3-CuB.
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Il complesso V quello detto dellATP sintasi perch utilizzando il trasporto dei protoni in grado di sintetizzare lATP.

-Anche il FMN ha la caratteristica di passare ad una forma intermedia semichinonica, quindi di passare da una forma semiridotta a una forma ridotta. -Il CoQ anchesso in grado di passare da una forma semiridotta ad una completamente ridotta. -I centri ferro-zolfo sono cos chiamati perch in realt gli atomi di ferro, che hanno la funzione di trasportare gli elettroni, sono legati a zolfo di tipo inorganico e a zolfo che invece fa parte delle cisteine. Quindi sono organizzati in modo tale che questi atomi di ferro abbiano sia legami con lo zolfo inorganico, sia legami con lo zolfo organico dei residui di cisteina del complesso proteico a cui appartengono. Possono essere di diverso tipo Fe2S2 (semplicemente 2 atomi di ferro- 2 atomi di zolfo) oppure possono formare complessi pi grandi Fe4S4. Comunque siano fatti il trasferimento degli elettroni avviene sempre uno alla volta. -I citocromi sono invece quegli altri componenti in cui il gruppo funzionale leme (che abbiamo gi visto parlando di mioglobina ed emoglobina) ma qui la funzione delleme non quella di legare lossigeno ma piuttosto quella di trasportare elettroni perch il ferro cambia il suo stato di ossidazione da 2+ a 3+ viceversa. Ci sono diversi tipi di citocromi i quali sono indicati con delle lettere differenti accompagnate da un numero che si riferisce allordine di scoperta (es. b1, b2) oppure in alternativa si pu trovare unindicazione della lunghezza donda a cui quel citocromo assorbe (es. b562 o bH). Il NADH entra nel complesso I e cede elettroni e protoni, prima al FMN dopodich gli elettroni vengono trasferiti sui centri ferro-zolfo. Il complesso II della succinico deidrogenasi porta equivalenti riducenti sottoforma di FADH2 (che pu provenire anche da altri metabolismi, ad es. il FADH2 si forma nellossidazione degli acidi grassi, oppure dal metabolismo del glicerolo trifosfato). Il punto di raccolta il coenzima Q o ubichinone, il quale un trasportatore misto perch porta sia elettroni sia protoni, il quale raccoglie dal complesso I, dal complesso II, dai FADH2 che provengono da altri metabolismi e ha la capacit di muoversi nellambito dello spessore della membrana grazie alla sua natura lipofilica.

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CICLO DEL COENZIMA Q (vedi voet pag.527 528)

Il coenzima Q nella forma ridotta cede elettroni al complesso III e contemporaneamente pompa protoni nello spazio intermembrana. Quindi lubichinone nella forma semiridotta cede elettroni ai citocromi presenti nel complesso III, via via rilascia protoni nello spazio intermembrana; il primo elettrone va al citocromo b, il secondo elettrone viene trasferito al citocromo c fino a che lubichinone nonsi ritrova nella forma ossidata per cui si muove nello spessore della membrana affacciandosi sulla matrice e raccoglie anche protoni dalla matrice. Ma per poter legare protoni gli servono anche elettroni i quali sono forniti dai citocromi b562 e poi b566 per cui il CoQ passa nella forma semichinonica e continuando il ciclo accetta elettroni dal complesso I e II e raccoglie ancora protoni dalla matrice. Si ricostituisce la forma ridotta e riprende il ciclo. Questo significa che il coenzima Q in grado di trasportare elettroni e protoni dal complesso I e II, pompare protoni nello spazio intermembrana ma grazie a questo ciclo interno al complesso III in grado di aumentare la concentrazione di protoni nello spazio intermembrana poich prende protoni anche nella matrice perch proprio la formazione di questo gradiente che sar la forza motrice della sintesi dellATP per cui pi protoni si accumulano nello spazio intermembrana maggiore sar lenergia utilizzata per la formazione dellATP. Il citocromo c raccoglie gli elettroni dal complesso III ed un trasportatore. Il citocromo utilizza i gruppi eme e quindi la variazione dello stato di ossidazione del ferro e cede gli elettroni al complesso IV. Nel complesso IV gli elettroni vengono accettati dai citocromi di tipo a che formano complessi con degli atomi di rame e alla fine questi elettroni vengono accetati dallossigeno, da protoni presenti nella matrice con formazione di molecole di acqua. Anche la formazione della molecola di acqua consente di aumentare la differenza di concentrazione tra lo spazio intermembrana e la matrice. -Ritroviamo alla fine il complesso V, quello dellATP-sintasi, entro cui ritornano i protoni verso la matrice. In definitiva il passaggio degli elettroni lungo la catena respiratoria serve proprio a determinare il passaggio di protoni e creare questa differenza di concentrazione tra lo spazio intermembrana e la matrice, cio il gradiente elettrochimico.

-Come pu avvenire il passaggio dei protoni? Vediamo quali sono i meccanismi Sono stati chiamati in causa 2 tipi di meccanismi: il meccanismo dei centri redox e il meccanismo delle pompe protoniche. Questi due meccanismi non si escludono luno con laltro. Com possibile che il flusso degli elettroni determini il pompaggio dei protoni? I coenzimi NADH e FADH2 vengono trasformati nella forma ossidata, ma nel far questo essi vanno a ridurre un trasportatore che presente nella forma ossidata nei complessi, il quale in grado di accettare gli elettroni e i protoni. Gli elettroni vengono trasferiti su dei trasportatori di elettroni mentre i protoni vengono riversati nello spazio intermembrana.

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*Questo ciclo redox soddisfacente se noi andiamo a guardare quello che succede effettivamente nel complesso I, nel complesso IV ma non nel complesso III. In effetti ci ritroviamo di fronte a NADH che viene riossidato, cede i propri elettroni e protoni al FMN del complesso I, gli elettroni viaggiano attraverso i complessi dei centri ferro-zolfo e i protoni vengono pompati fuori. Il coenzima Q fa la stessa cosa rispetto al FMN, cio si riduce accettando sia elettroni che protoni, trasferisce gli elettroni ai vari citocromi e pompa protoni. Quello che per manca la spiegazione di ci che avviene a livello di quei complessi in cui non sono presenti trasportatori misti, cio il complesso IV. -Come viene spiegata la traslocazione dei protoni in assenza di trasportatori misti? E stata ipotizzata questo tipo di spiegazione: quando nei complessi avviene lossidoriduzione per trasporto degli elettroni, le proteine che fanno parte del complesso cambiano la loro conformazione quindi sono in grado di legare i protoni presenti nella matrice e a seguito della riduzione dei trasportatori di elettroni presenti nel complesso queste proteine modificando la conformazione rilasciano protoni nello spazio intermembrana. Quindi vengono chiamate in causa anche le proteine che fanno parte dei complessi, con questa capacit di legare protoni dalla matrice e, al momento in cui avviene la riduzione, che non coinvolge la proteina, bens i centri ferro-zolfo o i citocromi, questa riduzione viene in qualche modo registrata da queste proteine che cambiano conformazione e cedono protoni nello spazio intermembrana. Queste due teorie coesistono e si propongono di spiegare laccumulo dei protoni e il ritorno alla matrice attraverso lATP-sintasi. -La teoria chemiosmotica ci dice che laccumulo dei protoni nello spazio intermembrana crea un gradiente sia di tipo chimico che di tipo elettrico (chimico perch si accumulano concentrazioni di protoni e di tipo elettrico perch si crea una differenza di potenziale tra le due faccie della membrana mitocondriale interna). Queste due forze tenderebbero a far rientrare i protoni attraverso la matrice trovando i canali proteici costituiti dallATP-sintasi. Quindi lATP-sintasi consente il ritorno dei protoni verso la matrice ma nel far questo i componenti dellATP-sintasi cambiano conformazione e lenzima acquisisce la possibilit di sintetizzare ATP partendo da ADP e fosfato inorganico. Quindi il ritorno dei protoni nella matrice si accompagna alla sintesi di ATP. Com fatta lATP sintasi per svolgere questa funzione? -LATP-sintasi costituita da 2 porzioni: la componente F1 e la componente FO (non zero ma O che sta per oligomicina!) La componente FO costituita da 6 copie di una proteina che attraversa la membrana.

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LEZIONE 13

FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA - ATP-SINTASI


Meccanismo con cui lATP viene sintetizzato dal complesso V o ATP-sintasi. Nella struttura dellATP-sintasi possiamo distinguere 2 componenti, dette F1 e FO. La F1FO (ATP-asi) una proteina trans membrana costituita da pi subunit con un peso complessivo di 450kD. La componente FO (prende il nome dallantibiotico oligomicina che in grado, legandosi a questo componente, di inibire lattivit dellATP-sintasi) costituito da sei copie di una proteina che attraversa la membrana e sono organizzate si dice un pocome le doghe di un barile. Esse formano quello che il canale che consentir il passaggio dei protoni poich l ATP-sintasi viene alimentata dal passaggio dei protoni che dallo spazio intermembrana passano verso la matrice e tale passaggio guidato da un gradiente elettrochimico (che a sua volta si costituito attraverso il passaggio degli elettroni sulla catena respiratoria). Quindi ritorno di protoni attraverso questo canale proteico va ad attivare la funzione dellATP-sintasi. Per quanto riguarda invece la struttura della componente F1 un po pi complessa; essa costituita da 3 subunit , 3 subunit , 1 , 1 , 1 . Le subunit e , che sono poi quelle che costituiscono il vero e proprio sito catalitico, sono organizzati in 3 protomeri , , quindi si alternano in modo da andare a costituire questa struttura. Per quanto riguarda le subunit , ed , esse vanno a costituire lo stelo dellATP-sintasi. -Cosa succede quando i protoni ritornano verso la matrice? Vi sono numerosi dati sperimentali a sostegno del meccanismo per la sintesi di ATP proposto da Paul Boyer, chiamato meccanismo di variazione della capacit di legame. I protoni attraversano questo canale costituito inizialmente dallassemblaggio delle proteine della componente FO e attraversando il canale fanno muovere lo stelo; in realt quindi avvengono questi cambiamenti conformazionali che vengono poi trasmessi alle subunit catalitiche. La variazione della struttura delle subunit catalitiche consente la sintesi di ATP a partire da ADP e fosfato inorganico. La caratteristica di questo enzima quella di avere 3 siti catalitici (e non 1 come abbiamo visto parlando in generale degli enzimi); le subunit catalitiche si trovano in 3 conformazioni differenti contemporaneamente e il passaggio dei protoni attraverso il canale proteico e poi attraverso lo stelo determina il cambiamento conformazionale a turno delle tre subunit catalitiche. Le tre diverse conformazioni sono indicate con tre lettere (L,T,O). Nella conformazione L ( che sta per lose, in quanto questo sito catalitico ha la capacit di legare debolmente i substrati della reazione -ADP e Pi) il sito catalitico lega i substrati. Quando avviene il passaggio dei protoni esso cambia passando nella conformazione T (che sta per tight perch i componenti vengono legati strettamente) e quindi in questa conformazione avviene la sintesi dellATP. Contemporaneamente il passaggio dei protoni, non solo ha determinato la modificazione conformazionale di L, ma permette anche la differente conformazione degli altri due siti catalitici; infatti la conformazione T (che ha gi sintetizzato ATP) al passaggio dei protoni diventa O (open), apre quindi alla possibilit dellATP di lasciare il sito catalitico. Per cui la subunit catalitica O, la
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quale aperta perch ha gi rilasciato lATP, diventa adesso L quindi si prepara a poter legare di nuovo il substrato. -Quindi ciascuno dei tre siti catalitici passa in maniera alternata attraverso le tre conformazioni in modo tale da poter garantire contemporaneamente il legame con i substrati nella conformazione L, sintesi dellATP nella conformazione T e rilascio dellATP nella conformazione O, cio le tre subunit catalitiche lavorano contemporaneamente in seguito al flusso dei protoni che ritorna verso la matrice. Per cui quando avviene questo flusso di protoni lo stelo si muove, viene modificata la conformazione dei tre siti catalitici in modo che ciascuno dei siti possa svolgere una funzione in maniera alternata; in definitiva il flusso di protoni guider il flusso della sintesi di ATP. *Ma in che modo lenergia libera rilasciata dal trasferimento dei protoni accoppiata alla sintesi di ATP? Apparentemente la subunit , ruotando allinterno del complesso 3 3 e rimanendo in posizione fissa, agisce come un albero a camme molecolare, che collega il motore rotante guidato dal gradiente protonico alle modificazioni conformazionali nei siti catalitici di F1. Chiaramente si deduce che questo meccanismo del flusso degli elettroni lungo la catena respiratoria, che quello che d origine alla differenza di concentrazione dei protoni tra la matrice e lo spazio intermembrana, cio poi quella energia che serve allATP-sintasi per poter produrre lATP deve avvenire in maniera strettamente accoppiata. Se interrompiamo il flusso di elettroni, si interromper anche la formazione del gradiente di concentrazione dei protoni nello spazio intermembrana e quindi si interromper anche la sintesi dellATP. Questo accoppiamento dipende dallimpermeabilit della membrana mit. interna, che permette di stabilire un gradiente elettrochimico attraverso le due facce di questa membrana, mediante la traslocazione di ioni H durante il trasporto di elettroni. *studiare agenti disaccoppianti (vedi libri di testo) Vi sono dal punto di vista fisiologico anche delle situazioni di una sorta di disaccoppiamento e questo avviene fisiologicamente nel tessuto bruno. Il disaccoppiamento consiste nel fatto che la presenza nella membrana mitocondriale interna di un agente che ne aumenta la permeabilit agli ioni H disaccoppia la fosforilazione ossidativa dal trasporto di elettroni, in quanto genera una via alternativa di dissipazione del gradiente protonico elettrochimico che non porta alla sintesi di ATP. Il tessuto bruno ha la funzione di generare calore. Come avviene questo? I mitocondri presenti nel tessuto bruno sono un po particolari: oltre alla struttura e la composizione che abbiamo visto parlando del meccanismo della fosforilazione ossidativa, hanno anche una proteina detta termogenina , una proteina della membrana mitocondriale interna. Attraverso questa proteina possono anche rientrare i protoni, cio una sorta di porta di servizio dei protoni, i quali non passeranno soltanto attraverso lATP-sintasi, ma possono passare attraverso questa via alternativa costituita dalla termogenina. Quindi si disaccoppia quella che la catena respiratoria con la sintesi dellATP; per cui il tipo di energia che viene come dire dissipata perch non viene conservata sottoforma di sintesi di ATP genera calore. In questo modo il tessuto bruno genera calore (questo tessuto si trova nei neonati poich questi non hanno ancora una regolazione termica, per cui si protegge il neonato producendo calore attraverso il
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tessuto bruno, che poi scompare negli adulti ma viene conservato nella parte addominale in modo mantenere gli organi interni ad una temperatura adeguata). -Questo un esempio di disaccoppiante fisiologico, poi ve ne sono altri che possono essere dei veleni, il 2,4 dinitrofenolo. *2,4 dinitrofenolo una molecola diffusibile attraverso la membrana ed in grado di legare i protoni e li trasporta in questo modo da un lato allaltro dissipando cos il gradiente elettrochimico, cio consente ai protoni di viaggiare da un lato allaltro della membrana e quindi non essere utilizzati per la sintesi di ATP. Inibitori della catena respiratoria. Alcuni sono dei farmaci oppure un esempio costituito dal cianuro. Il cianuro un veleno poich blocca il flusso degli elettroni in quanto si lega ai citocromi del complesso IV quindi se si blocca il flusso degli elettroni lungo la catena respiratoria non pu avvenire la sintesi dellATP e le cellule muoiono per mancanza di energia. -Questo flusso degli elettroni che poi porta alla generazione di ATP genera una certa stechiometria protonica e di conseguenza anche una certa stechiometria di sintesi dellATP. In generale per ogni molecola di NADH che arriva alla catena respiratoria si formano 3 molecole di ATP, cio porta lenergia per sintetizzare 3 molecole di ATP. Degli studi, delle misure pi recenti indicano cmq 2,5 molecole di ATP. Invece il FADH2 che entra dopo, quindi genera meno energia, contribuisce per la sintesi di 2 molecole di ATP o di 1,5 secondo le misure pi recenti.

-I complessi I, II , III e IV rappresentano quella che noi chiamiamo catena di trasporto degli elettroni mentre a livello del complesso V, ATP-sintasi, avviene quella che noi chiamiamo fosforilazione ossidativa. -I valori G sono negativi e il processo (le reazioni della catena respiratoria) avviene spontaneamente perch lorganizzazione degli accettori degli elettroni tale che aumenta via via la capacit di accettare gli elettroni e si crea un vero e proprio flusso.

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Glicolisi
La glicolisi la via fondamentale catabolica per il glucosio. La glicolisi una via di catabolismo del glucosio presente in tutte le cellule e in alcune di esse addirittura rappresenta lunica fonte di energia. Ad es. negli eritrociti maturi perch mancano i mitocondri per cui non possono far conto di altri catabolismi e utilizzano la glicolisi, la quale un catabolismo che avviene a livello del citosol. Altri tessuti dipendono molto dal glucosio come la midollare renale, il cervello o gli spermatozoi. La glicolisi costituita da 10 reazioni, che possiamo suddividere in due fasi: la cosiddetta fase I o fase preparatoria e la fase II o fase di recupero energetico. Questo significa che nella glicolisi come daltronde in altri metabolismi, esistono delle reazioni che preparano il substrato alle reazioni successive. Vedremo che la fase preparatoria del glucosio in questo caso servir a rendere pi reattiva la molecola del glucosio per poter seguire le altre reazioni. Come avviene spesso nelle fasi preparatorie, si ha un impegno di energia, cosa che avviene anche nella glicolisi, ma questa energia che viene impegnata, utilizzata (in particolare saranno utilizzate 2 molecole di ATP), viene poi recuperata nella seconda fase o fase di recupero energetico in cui assisteremo a sintesi di ATP e produzione di equivalenti riducenti. Quindi la cellula impegna energia nella prima fase ma poi la recupera nella seconda fase.

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-La glicolisi parte dalla fosforilazione del glucosio. Il glucosio entra nella via glicolitica sottoforma di glucosio-6-fosfato -G6P- (ma dal glucosio-6fosfato si possono dipartire anche altre vie metaboliche). Questo significa che la cellula impegna energia, infatti questa fosforilazione avviene a spese di ATP. (1) Dal glucosio + ATP ad opera di un enzima che lesochinasi (enzima presente in tutte le cellule, e per quanto riguarda il fegato aggiungeremo la glucochinasi, il quale ha delle caratteristiche diverse dallesochinasi) e in presenza di Mg2+ perch in realt il substrato degli enzimi non sar lATP ma il complesso ATP/magnesio (ricordiamo ancora una volta che la funzione degli oligoelementi nelle attivit enzimatiche fondamentale). Il prodotto di questa reazione il glucosio-6-fosfato, il quale cos carico energeticamente e quindi pu entrare nella fase catabolica, quindi dellossidazione, per subire una modificazione (2) a fruttosio-6-fosfato (F6P) ad opera della fosfoglucosio isomerasi, quindi una isomerizzazione che da G6P lo trasforma in F6P. Vedremo che anche questa fase necessaria perch consentir alla glicolisi di scindere la molecola che in origine ha 6 atomi di carbonio, il glucosio, in due molecole a 3 atomi di carbonio; quindi una sorta di preparazione della molecola in modo che possa subire ulteriori modificazioni. *Perch necessaria questa isomerizzazione? La scissione aldolica del G6P porterebbe alla formazione di prodotti con un numero dispari di atomi di carbonio, mentre la scissione aldolica del fruttosio bisfosfato (reazione 4) produce due composti a 3 atomi di C convertibili luno nellaltro ( questo il vero vantaggio) che possono quindi entrare in una via di degradazione comune. Una seconda fosforilazione (3) ad opera di una fosfofruttochinasi (PFK) e a spese di ATP trasformer il fruttosio-6-fosfato in fruttosio-1,6-bifosfato. Questa molecola quella che sar scissa (4) nelle due molecole a 3 atomi di carbonio ad opera della aldolasi, che dar cos origine alla gliceraldeide-3-fosfato e lidrossiacetonfosfato.

Quindi da una molecola di glucosio a 6 atomi di carbonio se ne originano due a 3 atomi di carbonio, quindi viene divisa, scissa e per poter far questo la cellula deve prima caricare energia attraverso le fosforilazioni e lisomerizzazione in fruttosio-6-fosfato favorisce poi la scissione nelle due molecole a 3 atomi di carbonio. Da questo punto dobbiamo considerare doppia la via della glicolisi, cio noi seguiremo solo una delle due molecole per dobbiamo pensare che da questo punto le molecole di
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gliceraldeide sono 2. E la gliceraldeide che entra nel resto della glicolisi, mentre lidrossiacetonfosfato, che un isomero viene via via convertito in gliceraldeide man mano che la gliceraldeide viene consumata, quindi vero che si originano gliceraldeide e idrossiacetonfosfato, per lidrossiacetonfosfato non entra direttamente nelle successive fasi , perch la gliceraldeide il substrato per le fasi successive e via via che viene consumata lidrossiacetonfosfato viene riconvertito in gliceraldeide (5) trioso fosfato isomerasi Cosa succede nella fase di recupero energetico?

Dalla gliceraldeide-3-fosfato ad opera della gliceraldeide-3-fosfato-deidrogenasi (GAPDH) (6) avviene unossidazione sulla gliceraldeide e una riduzione sul NAD per cui entra NAD+ ed esce NADH (energia, equivalente riducente). Contemporaneamente entra anche del fosfato inorganico in modo tale che il prodotto della reazione sar l1,3 bifosfoglicerato (1,3 BGP). Per cui esce NADH, entra fosfato inorganico, quindi formazione di 1,3 BGP. Se ci ricordiamo la tabella che riguarda lenergia di idrolisi del gruppo fosforico, lATP si trova in una posizione centrale per cui non il composto a pi elevata energia che ha la cellula ma il composto che la cellula pu utilizzare di pi.
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A monte invece ci sono composti pi energeticamente carichi, uno di questi l1,3 BGP, tanto vero che nella reazione successiva (7), ad opera della fosfoglicerochinasi il fosfato contenuto nell1,3 BGP pu andare a fosforilare lADP, quindi abbiamo una fosforilazione a livello di substrato perci entra ADP ed esce ATP . Dal punto di vista energetico un guadagno perch la fosforilazione a 1,3 BGP era partita da Pi , quindi non c consumo di energia. Questa reazione dobbiamo vederla moltiplicata per due, cio gi a questo livello abbiamo bilanciato limpegno energetico della fase preparatoria. Si guadagnato inoltre un NADH ridotto, che sempre un equivalente riducente che corrisponde a 3/2,5 ATP. Nella reazione successiva (8) il 3-fosfoglicerato, ad opera della fosfoglicerato mutasi, viene convertito in 2-fosfoglicerato, quindi viene cambiata la posizione del gruppo fosfato e ad opera dellenolasi (9) per perdita di una molecola di acqua si forma il fosfoenolpiruvato (che nella tabella pi energetico dellATP per cui la reazione successiva (10) catalizzata dalla piruvato chinasi in grado di fosforilare ADP e quindi generare 2 molecole di ATP. A questo punto abbiamo quindi un guadagno energetico netto di ATP. Bilancio energetico della reazione Glucosio + 2 NAD+ + 2 ATP + 2 Pi 2 piruvato + 2 NADH + 2 ATP (+ 2 H2O + 4 H+) Dobbiamo considerare che vanno aggiunte le due molecole di ATP pi il Pi , quindi la fosforilazione a livello del substrato che per ha un valore di G positivo mentre queste reazioni parziali sono quelle a G negativo, cio che avvengono abbastanza spontaneamente. Quando invece viene sintetizzato ATP il valore di G positivo, quindi la reazione non spontanea, ma viene bilanciata, avviene proprio grazie al valore negativo delle altre reazioni, per cui se noi facciamo un bilancio energetico la variazione di energia libera standard biologica di -85 kJ/mol (che corrisponde al guadagno energetico). Ma facendo un calcolo delle variazioni di energia libera di tutta lossidazione di una molecola di glucosio, cio unossidazione completa, fino a CO2 e H2O vediamo che questo valore estremamente pi elevato, circa -2840 kJ/mol (quindi quelle 85 kJ/mol derivate dalla glicolisi rappresentano solo il 5,2 % dellenergia contenuta nel glucosio). Il piruvato quindi ha ancora molto da poter dare dal punto di vista energetico e le due molecole di piruvato devono trovare altri modi per produrre energia e li troveranno attraverso lulteriore ossidazione nel ciclo di Krebs. Quando dal glucosio si arriva a piruvato la quota di energia estratta dal glucosio ancora abbastanza minima; il piruvato deve continuare ad ossidarsi e produrre ulteriormente energia.

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Trasportatori del glucosio - glut


-Il glucosio per entrare nelle membrane ha bisogno di trasportatori; esistono diversi tipi di trasportatori che possono essere rappresentati in maniera diversa nei diversi tessuti, alcuni sono esclusivi di particolari tessuti, altri si possono trovare contemporaneamente in pi tessuti. Un trasportatore una proteina di membrana che consente il passaggio di una sostanza da un alto allaltro della membrana; la direzione di questo passaggio pu essere determinata dalla concentrazione o da altri fattori. Il glut1 un trasportatore quasi ubiquitario (presente ad es. negli eritrociti, nel cervello, nei muscoli e nel tessuto adiposo). La caratteristica del glut1 quella di non essere espresso nel fegato, oppure di essere espresso in quantit molto basse. Esistono altri trasportatori glut2, 3, 4, 5, 7 che sono espressi in maniera differente nei vari tessuti. Il glut2 sicuramente un trasportatore molto interessante ed principalmente presente nel fegato e nelle cellule del pancreas. Anche per i trasportatori viene utilizzata una terminologia che ricorda quella impiegata in enzimologia ha una KM piuttosto elevata (per KM intendiamo laffinit del trasportatore per la sostanza trasportata). Con una KM cos elevata, intorno ai 20 millimolare, significa che questo trasportatore non viene facilmente saturato alle concentrazioni fisiologiche del glucosio, quindi consente al glucosio nel sangue di entrare liberamente nel fegato e nelle cellule del pancreas. Praticamente questi organi vanno a livellare facilmente la concentrazione ematica di glucosio, cio essi riflettono allinterno delle loro cellule la concentrazione ematica (4-5 mM). Per il fegato e le cellule del pancreas importante sapere qual la concentrazione ematica poich il fegato un organo glucostatico e con il suo metabolismo che andr a bilanciare, controllare i valori della glicemia e quindi in caso di carenza metter a disposizione glucosio attivando i metabolismi o della glicogeno lisi o della gluconeogenesi oppure conservando glucosio sottoforma di glicogeno quando c un eccesso. Le cellule del pancreas secernono invece linsulina, quellormone che deve tendere ad abbassare (in diversi modi)i valori glicemici. Lobiettivo fondamentale quello di equilibrare il contenuto interno di glucosio delle cellule epatiche e delle cellule del pancreas per consentire a questi organi di reagire alle variazioni del glucosio. Il glut3 espresso nel tessuto nervoso che utilizzano molto il glucosio e insieme ad altri trasportatori glut1 rende massima la captazione del glucosio; -Un altro trasportatore interessante il glut4, il quale un trasportatore di glucosio sensibile allinsulina e i tessuti in cui presente, muscoli e tessuto adiposo si dicono insulino-dipendenti, cio questi tessuti per la captazione del glucosio dipendono dallinsulina poich il glut4 un trasportatore che non viene sempre espresso sulla superficie delle membrane plasmatiche. Questi trasportatori sono conservati in vescicole intracellulari. Quando si incrementa la concentrazione del glucosio ematica e di conseguenza la concentrazione di insulina, la presenza di insulina, che dialoga con il tessuto muscolare e il tessuto adiposo tramite i meccanismi di trasduzione del segnale, quindi registra le concentrazioni di glucosio e le comunica a queste cellule per risposta le cellule con un fenomeno di esocitosi vanno a esporre sulla membrana plasmatica i trasportatori di glucosio, i quali aumentano a questo punto la Vmax del trasportatore, cio aumentano la capacit di captazione del glucosio aumentando il numero dei trasportatori (quindi non varia laffinit altrimenti diremo che cambia la KM ,bens la variazione della Vmax indica che cambia il numero dei trasportatori). Tra laltro questi trasportatori hanno una KM piuttosto bassa (2-5 mM) per cui questi sono
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trasportatori che assumono rapidamente il glucosio. Quando diminuisce il segnale dellinsulina perch si abbassato il valore glicemico, con un meccanismo opposto di endocitosi i trasportatori vengono nuovamente conservati nelle vescicole. *Quindi mediante questo meccanismo di stimolazione di glut4 sul tessuto muscolare e tessuto adiposo, i quali sono tessuti che rappresentano una buona parte della massa corporea, linsulina consente una diminuzione della glicemia anche tramite la captazione. -Per quanto riguarda gli altri trasportatori, il glut5 presente principalmente nel duodeno ed quello responsabile del passaggio del glucosio dalle cellule della mucosa intestinale al circolo sanguigno, mentre per quanto riguarda lassorbimento del glucosio dal lume intestinale un trasportatore sodio-dipendente (simporto), il glut5 ha invece la funzione di immettere in circolo il glucosio (anche se cmq la funzione dei glut ovviamente non unidirezionale). Il glut7 presente nelle cellule epatiche ed localizzato nel reticolo endoplasmico. La sua sequenza identica al 68% al glut2 e la sua funzione quella di consentire la fuoriuscita del glucosio dal reticolo endoplasmico. Infatti il fegato in grado di mettere in circolo glucosio quando necessario per allinterno delle cellule il glucosio viene conservato sottoforma di glucosio-6-fosfato per due motivi: 1. perch in questa forma viene per cos dire incarcerato allinterno della cellula dal momento che non ci sono trasportatori per i glucosi fosfato, quindi una volta fosforilato viene incatenato e non pu pi fuoriuscire. 2. inoltre come accennato per la via glicolitica il glucosio-6fosfato rappresenta una forma attivata per cui pu entrare nei metabolismi, ovvero il metabolismo del glucosio comincia dalla forma fosforilata (non soltanto per la glicolisi ma anche per le altre vie metaboliche che coinvolgono il glucosio); quindi subito dopo la captazione del glucosio deve avvenire la fosforilazione in modo che esso rimanga bloccato allinterno della cellula. -Nel fegato per vi anche il problema, la necessit di poter anche mettere in circolo il glucosio (essendo egli un organo glucostatico) ma esso non pu fuoriuscire come G6P quindi esiste nel fegato un enzima, la G6P-fosfatasi, in grado di idrolizzare il G6P in Pi e glucosio libero. Questo enzima localizzato nel reticolo endoplasmico della cellula epatica, quindi dopo che il avvenuta lidrolisi del G6P, attraverso il trasportatore glut7 il glucosio fuoriesce dal RE dove avvenuta la reazione e quindi pu essere immesso in circolo attraverso il glut2. -Riassumendo il glut7 consente il passaggio dal reticolo endoplasmico al citosol quando si formato glucosio libero dal G6P, ad opera della G6P-fosfatasi. Questo enzima importante ed presente nel tessuto epatico per per esempio non presente nel tessuto muscolare che pur avendo una grossa riserva di glicogeno non pu mettere in circolo glucosio libero (proprio perch manca di questo enzima e non in grado di idrolizzare il G6P) ma quella riserva di glicogeno, e quindi di glucosio, sar utilizzata soltanto per il metabolismo muscolare.

Coinvolgimento del glucosio in diversi metabolismi.


Se la glicolisi per quanto riguarda le tappe fondamentali avviene in modo uguale in tutti i tessuti, a seconda dei tessuti ci sono per delle differenze di regolazione della via glicolitica e ci sono anche differenze di vie alternative allutilizzazione del glucosio o anche vie alternative di utilizzazione del prodotto della glicolisi.

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Eritrociti
- Nelleritrocita ad es. la glicolisi rappresenta la principale via di produzione di energia, in quanto nelleritrocita maturo sono assenti i mitocondri. Per cui entra il glucosio (glut1) avviene la fosforilazione a glucosio-6-fosfato. Il G6P pu prendere la via della glicolisi per pu anche prendere una via diversa che quella del pentosio fosfato. -La via del pentosio fosfato una via in cui si produce NADPH (che abbiamo detto diverso dal NADH) che contiene una energia riduttiva che viene utilizzata nelle biosintesi riduttive. Nel caso particolare invece delleritrocita la produzione di NADPH fondamentale per mantenere il glutatione (Glu-Cys-Gly) allo stato ridotto. Per poter mantenere il glutatione allo stato ridotto, che fondamentale per poter distruggere i perossidi che si formano allinterno della cellula (sia perossidi organici sia la cosiddetta acqua ossigenata) necessario che il glutatione, una volta consumato in questi processi possa essere riportato allo stato ridotto e quindi necessaria la presenza del NADPH. - Per cui il glucosio non viene soltanto utilizzato nella via glicolitica ma anche per alimentare la via del pentosio fosfato (per cui gi vediamo come un unico composto non segue mai una sola via ma ne segue diverse e queste vie possono essere pi o meno preponderanti a seconda del tipo di tessuto). Come prodotto finale della glicolisi (negli eritrociti) non citato il piruvato bens il lattato, perch il piruvato pu andare ad essere ulteriormente ossidato nel ciclo di Krebs oppure pu dare origine ad acido lattico. La formazione di acido lattico, (che chiaramente non di per s fondamentale come via metabolica per le cellule anzi un prodotto che viene escreto perch tenderebbe a far abbassare il pH della cellula) importante perch attraverso questa reazione (piruvato + NADH lattato e NAD+ ) si ottiene la riossidazione del NAD e ci consente alla via glicolitica di continuare a funzionare. Ricordiamo che nella glicolisi entra NAD+ ma questo una volta ridotto o un trasportatore di equivalenti riducenti (nella maggior parte delle cellule) e quindi pu portare questa energia alla catena respiratoria ed essere in quel modo riossidato; ma nel caso delleritrocita non ci sono mitocondri in grado di permettere una fosforilazione ossidativa e quindi di riossidare il NAD e allora si riossida il NAD attraverso la produzione del lattato dal piruvato. *Vedremo che questo meccanismo presente anche nel tessuto muscolare scheletrico, in particolare nelle fibre bianche le quali hanno pochi mitocondri ma sono quelle a contrazione pi veloce e ricavano energia fondamentalmente dalla glicolisi. Il lattato poi non sar perso (n negli eritrociti, n nel tessuto muscolare scheletrico) perch attraverso il sangue ritorner al fegato e nel fegato pu essere utilizzato nella via della gluconeogenesi, cio il lattato pu essere utilizzato per sintetizzare glucosio.

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LEZIONE 14
La prof. Viola si riferisce in genere al metabolismo epatico, poich il fegato lorgano che presenta il metabolismo pi complesso.

Nella puntata precedente


Vi sono trasportatori specifici per il glucosio che possono essere rappresentati in maggiore preponderanza in un tessuto o nellaltro a seconda del tipo cellulare. La prima modificazione che subisce il glucosio la fosforilazione a G6P (perch in questa forma non ha trasportatori e non pu fuoriuscire). Un secondo motivo di tipo energetico poich il glucosio nella forma fosforilata pu essere catabolizzato. -Per quanto riguarda leritrocita abbiamo visto che dal glucosio-6-fosfato si diparte la grande via della glicolisi che dal punto di vista energetico sicuramente il metabolismo pi importante in quanto nella sua forma matura leritrocita manca di mitocondri e non pu avere altri tipi di metabolismo a fini energetici e fa affidamento esclusivamente sulla glicolisi. Per dal G6P si diparte la via dei pentosi fosfati, la quale ha la funzione di produrre NADPH che sempre un equivalente riducente come il NADH ma a differenza del NADH non entra nella catena respiratoria ma la sua energia ossido riduttiva viene utilizzata nelle biosintesi riduttive. *Nel caso particolare degli eritrociti la presenza del NADPH collegata alla presenza del glutatione che permette lallontanamento dei perossidi (sia organici che acqua ossigenata) che rappresentano una fonte di danno per le cellule per cui il mantenimento del glutatione allo stato ridotto possibile solo se sono presenti quote sufficienti di NADPH. -Il catabolismo del G6P nella cellula eritrocitaria si ferma al lattato, cio il piruvato, non potendo essere ulteriormente ossidato nel ciclo di Krebs, allora viene convertito in lattato dalla lattico deidrogenasi. Il lattato chiaramente abbassa il pH allinterno della cellula per cui viene espulso (in antiporto con ioni OH ). Ricordiamo che il significato della produzione di lattato consentire la riossidazione del NAD. Il lattato andr poi in circolo e dal circolo giunger al fegato il quale lo utilizzer per la via di gluconeogenesi. Quindi lenergia contenuta nel lattato comunque sar riutilizzata sottoforma di biosintesi di glucosio che avviene prevalentemente nel tessuto epatico e in parte anche nel tessuto renale.

La glicolisi nel tessuto nervoso


Lingresso del glucosio avviene attraverso glut1 e glut3 che consentono una elevata captazione di glucosio allinterno del tessuto cerebrale o del tessuto nervoso in genere perch questo tessuto utilizza il glucosio in grande quantit per trarre energia, per cui la glicolisi ha una grande importanza nel tessuto nervoso in quanto il cervello un grande consumatore di glucosio. La presenza di glut1 e glut3 consente di aumentare la captazione di glucosio. Anche in questo caso la fosforilazione del glucosio fondamentale per poter dare inizio alle vie del catabolismo. Il glucosio entra nella glicolisi, il prodotto della glicolisi il piruvato (2 molecole di piruvato). Il piruvato a questo punto, previa conversione in acetilCoA, pu entrare nel ciclo di Krebs e quindi
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subire una completa ossidazione. Nel ciclo di Krebs vedremo si formano anche altri equivalenti riducenti (NADH e FADH2) che andranno poi nella catena respiratoria e si va a produrre anche una molecola di GTP che corrisponde dal punto di vista energetico a una molecola di ATP. -Il G6P pu deviare anche verso la via dei pentosio fosfati. Anche in questo caso necessaria la formazione di NADPH, sempre per il mantenimento del glutatione allo stato ridotto per qui aggiungiamo anche un altro aspetto. Il tessuto cerebrale un tessuto ricco di lipidi e il NADPH entra nelle biosintesi riduttive degli acidi grassi. La via dei pentosio fosfati riguarda quindi anche questaltro aspetto.

Tessuto muscolare
Nelle cellule muscolari la prima grande differenza la presenza nelle membrane del glut4, che ha la particolare caratteristica di essere un trasportatore dipendente da insulina. Questo vuol dire che il tessuto muscolare, come anche il tessuto adiposo, per poter captare il glucosio devono anche aspettare il segnale dellinsulina. Quindi aumenta la glicemia, viene prodotta insulina, e questa d a questi due tessuti il segnale per la captazione del glucosio. I glut4 aumentano quindi la Vmax della captazione e non la KM, cio i glut4 non sono sempre esposti in vetrina ma vengono conservate allinterno di vescicole. Il segnale dellinsulina serve ad esporre per esocitosi queste vescicole sulla superficie della cellula e come risultato aumenta il numero dei trasportatori di glucosio, quindi aumenta la Vmax del trasporto interno di glucosio (in pratica non incide sulla capacit dei trasportatori di introdurre glucosio ma sul numero dei trasportatori). -Il metabolismo del G6P pu prendere anche altre vie. Sempre la via della glicolisi con formazione di piruvato; il piruvato pu essere ulteriormente ossidato previa conversione in acetilCoA nel ciclo di Krebs. Per pu essere anche convertito in lattato, quindi una glicolisi di tipo anaerobia e questo avviene soprattutto nelle cellule muscolari delle fibre bianche, dove la rappresentanza di mitocondri bassa e il piruvato segue la via del lattato proprio per consentire la riossidazione del NAD e permettere a queste cellule di utilizzare lATP che si produce durante la glicolisi. In glicolisi si pu produrre ATP con fosforilazioni a livello del substrato, quindi per velocizzare la produzione di ATP che serve al muscolo scheletrico a fibre bianche il piruvato pu prendere la via del lattato, oppure nelle fibre rosse pu prendere la via ossidativa attraverso il ciclo di Krebs. Anche in questo caso troviamo la via dei pentosio fosfati. E presente inoltre unaltra via, la cosiddetta via del glicogeno. Il glucosio-6-fosfato, quando presente in grande disponibilit, viene conservato nel tessuto muscolare (ma ci avviene anche a livello del tessuto epatico) sottoforma di glicogeno che rappresenta una riserva di glucosio, che sar poi messa a disposizione attraverso la via della glicogenolisi, presente sia nel tessuto muscolare ed epatico, con delle importanti differenze. Il glicogeno muscolare una riserva di glucosio utilizzabile soltanto dal tessuto muscolare mentre la riserva di glicogeno presente a livello del tessuto epatico una riserva a disposizione di tutto lorganismo. -Come mai questi due tessuti si possono comportare in maniera cos differente? Perch il glicogeno epatico rappresenta una riserva di glucosio per tutto lorganismo? Il glucosio deve poter uscire dalla cellula epatica per poter essere messo in circolo e quindi essere distribuito ai tessuti, ma il G6P non lo pu fare poich non c il trasportatore e allora lalternativa la de fosforilazione per mezzo di un enzima particolare, la G6P-fosfatasi, che presente nel tessuto
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epatico ma non presente nel tessuto muscolare, quindi la presenza o lassenza di questo enzima modifica di fatto la possibilit del tessuto di mettere in circolo glucosio (per cui nel tessuto muscolare il G6P che si libera dalla glicogeno lisi sar utilizzato soltanto allinterno del muscolo).

Tessuto adiposo
Anche in questo caso G6P da cui si diparte la via per la formazione di piruvato, formazione di acetilCoA ma la principale via metabolica quella della sintesi degli acidi grassi. LacetilCoA, oltre ad essere utilizzato per il ciclo di Krebs, allinterno del mitocondrio anche un substrato per la biosintesi degli acidi grassi a livello citoplasmatico. Quindi lacetilCoA diventa importante per la via biosintetica degli acidi grassi dunque chiaro che ci sar anche il ciclo di Krebs ma non sicuramente tra i metabolismi pi importanti. Il tessuto adiposo infatti un tessuto di deposito di energia sottoforma di trigliceridi. Ma per sintetizzare acidi grassi serve anche NADPH e quindi presente anche la via dei pentosio fosfati. E presente una seppur minima conservazione del G6P sottoforma di glicogeno.

Tessuto epatico
Nel fegato abbiamo lingresso del glucosio attraverso il glut2 che ha la caratteristica di possedere una elevata KM per cui questi trasportatori non vanno mai incontro a saturazione quindi consentono lingresso del glucosio finch non si realizza un equilibrio tra la concentrazione interna delle cellule epatiche con la concentrazione della glicemia. I glut2 si trovano anche in un altro tessuto, nel pancreas. Anche il pancreas ha bisogno di sapere quali sono i valori della glicemia perch deve reagire sintetizzando gli ormoni insulina e glucagone. Ecco perch questi glut sono presenti in questi tessuti e non in altri. Nel fegato avviene il pi completo metabolismo del glucosio. La funzione del fegato quella di organo glucostatico in quanto in grado di reagire metabolicamente per riequilibrare la concentrazione e i valori della glicemia. Quindi nel momento in cui vi unelevata concentrazione di glicemia si ha un ingresso veloce del glucosio, il quale viene fosforilato a G6P. A questo punto il metabolismo si complica molto. Dal glucosio-6-fosfato possiamo avere come al solito la glicolisi con formazione di piruvato, il piruvato pu essere convertito in acetilCoA ed entrare nel ciclo di Krebs; -ma dal G6P si pu dipartire la via dei pentoso fosfati, -si pu dipartire la via dei glucuronidi (cio composti che hanno la capacit di legare ad es. dei farmaci e quindi presiedere alleffetto di detossificazione che ricopre il fegato); -inoltre il fegato ha anche la funzione di conservare il glucosio sottoforma di glicogeno -nel fegato possibile anche la sintesi degli acidi grassi, per cui una quota di acetilCoA pu essere deviata anche verso la sintesi degli acidi grassi Inoltre quando richiesto un aumento dei valori della glicemia il fegato pu idrolizzare la riserva di glicogeno e quindi fornire G6P che poi sar idrolizzato a glucosio libero e poi immettere in circolo il glucosio. Pu anche fare unaltra cosa: poich le riserve di glicogeno durano soltanto poche ore, pu addirittura sintetizzare glucosio attraverso la via della gluconeogenesi che pu essere vista come
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linverso della glicolisi, alcune tappe sono comuni altre invece sono differenti proprio perch queste due vie devono essere regolate in maniera esattamente opposta. Se presente la via glicolitica vuol dire che c glucosio a disposizione, se invece presente la via della gluconeogenesi vuol dire che lorganismo necessita di glucosio poich i valori glicemici sono bassi. In questo caso la via dellacido lattico funziona in entrata pi che non in uscita, poich viene portato lattato dai muscoli o dagli eritrociti; lacido lattico presente nel fegato proviene ad es. da un muscolo in elevata attivit o dagli eritrociti per il fegato lo utilizza per sintetizzare glucosio. *Questi metabolismi sono collegati, cio un tipico esempio di integrazione metabolica. Se c un muscolo in elevata attivit, cio un muscolo che sta consumando glucosio, allora il fegato si occupa di rifornire al sangue altro glucosio: in prima istanza lo fa attraverso il glicogeno, per man mano che arriva acido lattico comincia anche a sintetizzare glucosio attraverso la gluconeogenesi. Quindi il metabolismo converge nel sostenere lutilizzazione del glucosio da parte del tessuto muscolare, quindi c una grande flessibilit del metabolismo da parte del fegato ed questa la sua grande caratteristica, cio la sua capacit di adattarsi per poter mettere nelle migliori condizioni di funzionamento i vari organi, i vari apparati, i vari tessuti. Il piruvato il prodotto diretto della glicolisi che in condizioni aerobiche (che non significa tanto presenza di ossigeno ma piuttosto possibilit di utilizzarlo) viene convertito in acetilCoA, cio subisce una decarbossilazione e passiamo da un composto a 3 atomi di carbonio ad uno a 2 atomi di carbonio, unulteriore ossidazione nel ciclo di Krebs in cui avviene la completa ossidazione e viene ricavata tutta lenergia che possibile trarre dal piruvato. Il piruvato pu, in condizioni anaerobiche, cio nellimpossibilit di utilizzare lossigeno (perch mancano i mitocondri [eritrociti, alcuni microrganismi] o ce ne sono pochi [fibre bianche]) formare il lattato. Unaltra possibilit di condizione anaerobia la fermentazione alcolica che riguarda i lieviti (birra, champagne, vino ma noi non ce ne occupiamo [o quasi!]).

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Regolazione della glicolisi


La parte pi importante di questo metabolismo la regolazione della glicolisi. Abbiamo descritto le tappe della glicolisi, vediamo adesso cosa condiziona la via glicolitica e la sua velocit. Si accennato, parlando di metabolismo in generale, che ogni via metabolica ha dei punti di controllo da cui dipende poi anche la sua velocit. 1. Una regolazione fondamentale viene attuata a livello della formazione del glucosio-6-fosfato ma riguarda esclusivamente il fegato dove sono presenti due tipi di enzimi in grado di fosforilare il glucosio (glucochinasi ed esochinasi). Altri due importanti punti di regolazione sono: 2. La conversione da fruttosio-6-fosfato a fruttosio 1,6 bifosfato (3 reazione) dipende dalla presenza di regolatori come lAMP, il Pi, il fruttosio 2,6 bifosfato che sono degli attivatori di questa tappa. Il fruttosio 2,6 bifosfato un composto che si origina in risposta a segnali ormonali, cio un prodotto del controllo ormonale sulla via gli colitica. Invece ATP, citrato e protoni rallentano questa conversione, cio di fatto osserviamo che se ci sono dei segnali di elevato contenuto energetico quali possono essere lATP o il citrato.

Significato del controllo da parte del citrato


*Il citrato di solito un composto che si trova allinterno dei mitocondri (mentre la glicolisi avviene a livello citoplasmatico) e soltanto in condizioni di elevata disponibilit energetica pu migrare a livello citoplasmatico dove ha la funzione di rallentare la via glicolitica e ha anche la funzione di essere la molecola mediante la quale si pu dare inizio alla biosintesi degli acidi grassi. Infatti esiste un enzima chiamato ATP citrato liasi che porter alla formazione di acetilCoA a livello citoplasmatico per poter dare origine alla via della biosintesi degli acidi grassi. LATP citrato liasi catalizza la reazione: CITRATO + CoA + ATP acetil-CoA + OSSALACETATO + ADP + Pi, una reazione simile a quella inversa della citrato sintasi tranne che per il fatto che richiesta lenergia dellATP per la sintesi del legame tioestere. Lacetil-CoA entra quindi nel citosol sottoforma di citrato tramite il cosiddetto sistema di trasporto del tricarbossilato o ciclo citrato-piruvato (verr ripreso in BIOCHIMICA 2 a proposito della sintesi degli acidi grassi)

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mitocondrio

acetil-CoA ossalacetato
ATP ADP malato deidrogenasi

citosol

citrato
CoA-SH

NADH+H + NAD+

acetil-CoA ossalacetato
ADP

malato NADP+
malico

CO2

ATP

CO2

NADPH+H + piruvato

piruvato

sintesi del palmitato

-Per cui se vi un elevato contenuto energetico inutile che la cellula continui a produrre piruvato e quindi acetilCoA che venga ossidato nel ciclo di Krebs ma si pu dedicare alle vie biosintetiche come la via di biosintesi degli acidi grassi. Invece i segnali che accelerano la via glicolitica AMP, Pi e fruttosio 2,6 bifosfato sono contemporaneamente effettori negativi della via della gluconeogenesi. Ci aspettiamo logicamente che se aumenta la via della glicolisi, rallenta quella della gluconeogenesi e viceversa, poich sono due vie opposte e non potrebbero funzionare se non in maniera alternata. 3. Un altro punto di controllo la conversione del fosfoenolpiruvato in acido piruvico (10 reazione) con la formazione di ATP, quindi una fosforilazione a livello di substrato. Effettore positivo il fruttosio-1,6-difosfato, cio un segnale che si trova a monte e man mano che si produce accelera una tappa che sta a valle per consentire la progressione della via glicolitica. Al contrario ATP e alanina sono segnali per un rallentamento perch ATP rappresenta una molecola
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ad elevato contenuto energetico (e segnala che non necessario continuare a produrre ATP) invece alanina un segnale che proviene dal tessuto muscolare e rappresenta un po un trasportatore di ammoniaca da un tessuto a livello epatico e la sua presenza significa che deve essere accelerata la via della gluconeogenesi. -Questo enzima inoltre sotto controllo per modificazione covalente. I substrati di questa regolazione sono ovviamente gli enzimi chiave coinvolti nella glicolisi. -lesochinasi (o glucochinasi) se parliamo della prima tappa cio la fosforilazione; -la 6-fosfofrutto-1chinasi , cio la tappa di conversione da fruttosio-6-fosfato a fruttosio 1,6 bifosfato; -la piruvato-chinasi, cio da fosfoenolpiruvato a piruvato Come vengono regolati? Innanzitutto la regolazione di una via metabolica si esplica attraverso la regolazione di enzimi che catalizzano reazioni non allequilibrio. 1. Primo punto di controllo esochinasi e glucochinasi questi enzimi sono entrambi presenti nel fegato; essi svolgono di fatto la stessa funzione. (1 differenza) La parola stessa esochinasi ci dice che si tratta di un enzima che catalizza la fosforilazione di esosi mentre la glucochinasi un enzima che catalizza la fosforilazione specifica del glucosio. Mentre isoenzimi della esochinasi si trovano un po in tutti i tessuti, la glucochinasi specifica per il fegato. Questa specificit rientra nel quadro di insieme di caratteristiche che consentono al fegato di svolgere questa funzione glucostatica. (2 differenza) Lesochinasi ha un valore di KM di 0,1 mM, se consideriamo che il valore della glicemia sta intorno a 4,5-5 mM, questo valore significa che questo enzima lavora alla grande , cio ha unelevata affinit per il substrato ed molto attivo. Questo enzima quindi fosforila facilmente il glucosio anche quando esso presente in basse concentrazioni. Lesochinasi ha anche altre caratteristiche: inibito da glucosio-6-fosfato (cio dal prodotto della reazione!) , per cui si verifica una retro inibizione. - La glucochinasi ha unelevata KM per il glucosio, addirittura intorno ai 10 mM. Questo significa che lenzima entra in funzione solo ad elevati valori di concentrazione del glucosio (ad es. subito dopo un pasto quando i valori della glicemia si elevano), per cui questo enzima comincia a captare glucosio soltanto nel momento in cui vi unelevata disponibilit di glucosio, dunque non un enzima che funziona sempre nelle cellule epatiche. La sua funzione in definitiva quella di captare glucosio quando ce n molto a disposizione. (3 differenza) Inoltre la glucochinasi un enzima di tipo induttivo, (e non costitutivo) cio un enzima la cui sintesi viene indotta, quindi viene espresso lmRNA soltanto in determinate condizioni. La trascrizione del gene viene indotta dallinsulina (per mezzo di fattori di trascrizione), quindi le concentrazioni di questo enzima non sono costanti nella cellula epatica ma soltanto quando si eleva la glicemia e i valori dellinsulina, questultima segnala alla cellula epatica di trascrivere il gene della glucochinasi e quindi si va ad elevare la concentrazione di questo enzima a livello della
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cellula. Perci un enzima che entra in gioco quando necessario, sia per la sua elevata KM, per cui ha bisogno di elevate concentrazioni di glucosio per poter funzionare e inoltre, proprio perch la sua espressione sotto il controllo dellinsulina, anche in questo caso la glicemia che comanda la concentrazione dellenzima allinterno della cellula. Lattivit della glucochinasi importante nel momento in cui vi unelevata concentrazione di glucosio e il fegato ha la necessit di captare questo glucosio per poi poterlo utilizzare o nella via glicolitica oppure, cosa pi importante, di poterlo conservare nella sintesi del glicogeno. Quindi pur catalizzando la stessa reazione, glucochinasi ed esochinasi hanno due significati differenti. La glucochinasi specifica del fegato proprio perch questo deve tamponare i valori glicemici,cio captare il glucosio quando esso in grande disponibilit. Limmagine mostra come lattivit enzimatica dellesochinasi ha questo picco in rapporto alle basse concentrazioni del glucosio e quindi le curve di saturazione sono molto differenti, poich lesochinasi raggiunge gi a basse concentrazioni il massimo dellattivit. Quindi sono enzimi che entrano in gioco in condizioni differenti.

(4 differenza) Lesochinasi inibita dal prodotto di reazione G6P, invece la glucochinasi non inibita da G6P. *Di fatto il fegato utilizza la via glicolitica soltanto quando c abbondanza di glucosio. Quando questo inizia a scarseggiare il fegato comincia a risparmiarlo, quindi non utilizza ai fini energetici della cellula la via glicolitica ma passa alla via dellossidazione degli acidi grassi. Che altruismo!! Il fegato (in condizioni di scarsit) risparmia glucosio per poterlo donare agli altri tessuti ma per il sostegno energetico della stessa cellula epatica devia dal suo metabolismo verso lossidazione degli acidi grassi. 2. Secondo punto di controllo (6-fosfofrutto-1chinasi) E quello esercitato dallATP , dal citrato e dai protoni come effettori negativi, mentre da AMP, fruttosio 2,6 bifosfato come effettori positivi. Questi effettori negativi e positivi agiscono sulla 6-fosfo-frutto1chinasi , e questo costituisce il principale punto di regolazone della glicolisi. Si tratta di un punto in cui sicuramente il glucosio stato estradato verso la via glicolitica, cio mentre il glucosio-6-fosfato pu prendere vie diverse, una volta formato il fruttosio-6-fosfato viene
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scelta la via glicolitica e non pu tornare indietro. La 6-fosfo-frutto1chinasi un enzima che viene regolato allo stericamente, cio ha un sito allosterico, o pi siti allosterici, dal momento che gli effettori sono molecole diverse come ad es. ATP, citrato, protoni che sono effettori negativi per cui tendono a far funzionare meno questo enzima e quindi rallentare la via glicolitica; tutto questo in perfetta coerenza poich ATP significa disponibilit di energia, quindi non c nessun motivo per cui la glicolisi proceda ad elevata velocit se gi la disponibilit energetica sufficiente, il citrato a livello citoplasmatico rappresenta anchesso un segnale energetico perch fuoriesce dal mitocondrio soltanto quando vi unelevata disponibilit energetica e ha la funzione di rallentare la glicolisi ma rappresenta anche il substrato da cui si originer la via di biosintesi degli acidi grassi. Invece lAMP e il fruttosio-2,6 bifosfato sono effettori positivi che tendono a far aumentare la via glicolitica. Si comprende facilmente perch LAMP sia un effettore positivo: esso infatti deriva dallidrolisi dellATP perci rappresenta lATP che gi stato sfruttato nella sua capacit di cedere energia, mentre il fruttosio-2,6 bifosfato richiede una spiegazione un po pi elaborata. Non confondiamo il fruttosio-2,6 bifosfato con il fruttosio-1,6 bifosfato (che un intermedio della glicolisi). Il fruttosio-2,6 bifosfato invece rappresenta un prodotto del controllo ormonale sulla via glicolitica. Questa una cellula epatica con il recettore per il glucagone. E presente glucagone in circolo e questo significa che la glicemia diminuita. In queste condizioni il fegato deve liberare il glucosio in circolo e lo pu fare attraverso la glicogenolisi, cio pu utilizzare la riserva di glucosio oppure aumentando la sintesi di glucosio attraverso la gluconeogenesi. Ma deve anche rallentare la sua glicolisi. I recettori per il glucagone fanno parte di quel gruppo di recettori che hanno associate proteine G e hanno come secondo messaggero lAMP ciclico. -Quindi il glucagone si lega al proprio recettore, e questo risponde attraverso le proteine G mediante lattivazione delladenilato ciclasi. LATP viene convertito in cAMP il quale attiva le proteine chinasi, che fosforilano proteine o enzimi modificando lattivit catalitica. *ATTENZIONE: La fosforilazione di una proteina o di un enzima non significa necessariamente attivazione o inibizione che dipendono invece dal tipo di enzima.
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-Lincremento di cAMP determina una diminuzione della sintesi di fruttosio-2,6 bifosfato. La diminuzione del fruttosio-2,6 bifosfato comporta una inibizione della glicolisi poich il fruttosio-2,6 bifosfato un effettore positivo e diminuendo la sua concentrazione si ha un effetto inibitorio sulla glicolisi, per il fruttosio-2,6 bifosfato anche un inibitore della gluconeogenesi (infatti effettore negativo della fruttosio 1,6 bifosfato fosfatasi) per cui se diminuisce la sua concentrazione viene attivata la gluconeogenesi. -Il fruttosio-2,6 bifosfato deriva dal fruttosio-6-fosfato per fosforilazione a spese di ATP da parte della 6-fosfofrutto2chinasi. Esiste anche la via inversa nella quale il fruttosio-2,6 bifosfato viene idrolizzato da una fruttosio-2,6 difosfatasi per ritornare a F6P, il quale non ha nessun effetto regolatorio. E chiaro che la regolazione della concentrazione del fruttosio-2,6 bifosfato deve avvenire sullattivit chinasica o sullattivit fosfatasica ma una caratteristica di questa via di sintesi che le due attivit enzimatiche, chinasica e fosfatasica, si trovano sulla stessa molecola proteica, quindi in realt un unico enzima che viene detto bifunzionale. Lo stesso enzima possiede infatti un dominio con attivit chinasica e un dominio con attivit fosfatasica (attivit chinasica sulla parte amminoterminale, attivit fosfatasica sulla parte carbossiterminale). Nella forma non fosforilata lattivit chinasica nella forma a (pi attiva) mentre il dominio fosfatasico si trova nella forma b (meno attiva); ad opera dellincremento di cAMP si attiva la proteina chinasi cAMP-dipendente e lenzima bi funzionale viene fosforilato e a seguito della fosforilazione da parte della proteina chinasi A si ha la conversione del dominio chinasico nella forma b e del dominio fosfatasico nella forma a, quindi diminuisce la sintesi di fruttosio-2,6 bisfosfato e aumenta la sua idrolisi. Per cui il glucagone determina una diminuzione della concentrazione di fruttosio-2,6 bifosfato attraverso questo meccanismo, ma dal momento che il fruttosio 2,6 bifosfato anche un inibitore della gluconeogenesi, se diminuisce la sua concentrazione viene attivata la gluconeogenesi. - Il composto chiave nella regolazione combinata, coordinata di glicolisi e gluconeogenesi il fruttosio 2,6 bifosfato.

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LEZIONE 15
E sicuramente importante conoscere le tappe, quindi le formule di una via metabolica ma soprattutto capire la regolazione. Se non si comprende la regolazione si fa uno sforzo inutile che non servir assolutamente a nulla, quindi la regolazione, diciamo, rappresenta la parte pi importante dello studio di una via metabolica. 6-fosfofrutto 1-chinasi un enzima chiave nella regolazione della glicolisi. E una regolazione di tipo allosterico, per cui la 6fosfofrutto 1-chinasi un enzima allosterico che pu essere regolato in maniera positiva da fruttosio 2,6 difosfato e da AMP. Lo stesso fruttosio 2,6 bifosfato (ancora una volta non va confuso con il fruttosio 1,6 bifosfato) un effettore allosterico negativo della fruttosio-1,6 difosfatasi, (lenzima inverso che controlla la gluconeogenesi). -Il fruttosio2,6 bifosfato rappresenta un messaggero della regolazione ormonale. In particolare rappresenta un metabolita che si origina dal segnale o del glucagone o delladrenalina Il segnale da parte del glucagone e delladrenalina, i quali sono ormoni che agiscono mediante il sistema della trasduzione del segnale collegato alladenilato ciclasi (cio il segnale del glucagone viene recepito da un recettore il quale contiene associate le proteine G e allattivazione di queste proteine segue la stimolazione delladenilato ciclasi) che trasforma lATP in cAMP. Quindi la concentrazione di cAMP incrementa a seguito dellinterazione del recettore con il glucagone (o anche con ladrenalina); leffetto allinterno della cellula la diminuzione del fruttosio2,6 bifosfato.

Regolazione combinata di glicolisi e gluconeogenesi


Se il fruttosio2,6- bifosfato un attivatore della glicolisi, la diminuzione della sua concentrazione porter ad una inibizione della glicolisi. Al contrario il fruttosio2,6-bifosfato un inibitore della gluconeogenesi regolando la via inversa (effettore negativo della fruttosio 1,6 bifosfato fosfatasi, lenzima che catalizza la reazione inversa nella gluconeogenesi). Quindi lo stesso composto regolatore o positivo per la glicolisi o negativo per la gluconeogenesi ha il compito di regolare contemporaneamente glicolisi e gluconeogenesi. Questo perfettamente comprensibile perch se la glicolisi pi attiva deve essere rallentata la gluconeogenesi e viceversa poich sono due vie che hanno un significato metabolico completamente differente. Mentre la glicolisi attiva quando c disponibilit di glucosio e quindi si pu procedere allossidazione di questo substrato, la gluconeogenesi ha il significato esattamente opposto e converge verso la sintesi del glucosio e non verso la sua ossidazione. -Tra lincremento della concentrazione dellcAMP e la diminuzione della concentrazione del fruttosio2,6 bifosfato in realt c un vuoto (nel senso che bisogna chiarire alcuni passaggi, aspetti). Vediamo come glucagone e adrenalina siano in grado di regolare la concentrazione del fruttosio2,6 bifosfato. Il fruttosio-6fosfato per essere convertito in fruttosio2,6 bifosfato ha bisogno dellattivit dellenzima 6fosfofrutto-2chinasi, per cui una fosforilazione in posizione 2 a spese di una molecola di ATP. Il fruttosio2,6 bifosfato, una volta incrementata la sua concentrazione, pu anche diminuire attraverso unattivit difosfatasica, cio esiste unaltra attivit enzimatica, quella della fruttosio2,6difosfatasi che idrolizza il fosfato in posizione 2 per portare nuovamente alla formazione di F6P
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e Pi. *Leccezione, la particolarit di questa sintesi di fruttosio2,6 bifosfato e la sua riconversione a fruttosio-6-fosfato sta nelle due attivit enzimatiche che si trovano in maniera del tutto eccezionale sulla stessa molecola proteica. Quindi lenzima unico e presenta due siti, uno chinasico (nella parte amminoterminale) e uno fosfatasico (nella parte carbossiterminale). Questo lunico enzima, detto enzima tandem o bi funzionale, ad avere sia attivit chinasica sia attivit fosfatasica, entrambe localizzate sulla stessa proteina.

Struttura dei domini dellenzima bifunzionale fosfofruttochinasi2 PFK2 e FBPasi sono presenti in una singola catena polipeptidica

Quando lenzima si trova nella forma defosforilata lattivit chinasica pi attiva (indicata con la lettera a) mentre lattivit fosfatasica in forma b, meno attiva, quindi la proteina non fosforilata ha una maggiore affinit chinasica e una minore affinit fosfatasica e di conseguenza tende a produrre pi fruttosio2,6 bifosfato. Lenzima viene fosforilato, ad opera di una proteina chinasi cAMP-dipendente (ecco come entra in gioco lincremento della concentrazione di cAMP) e a seguito della fosforilazione lattivit chinasica viene repressa, lattivit fosfatasica viene attivata (la chinasi passa in forma b, la fosfatasi in forma a). La concentrazione del fruttosio2,6 bifosfato diminuisce e cos facendo rallenta la via glicolitica mentre viene aumentata la via gluconeogenetica per la quale il fruttosio2,6 bifosfato era un inibitore. Tutto questo ha un senso, una logica biochimica. -Partiamo dai segnali che hanno scatenato questi eventi. Il glucagone segnala bassi livelli glicemici, per cui inutile che il fegato continui a utilizzare glucosio poich deve entrare invece in una organizzazione metabolica in cui il glucosio devessere dato alla cellula e quindi lidrolisi del glicogeno. Tuttavia la riserva di glicogeno epatica non illimitata, pu reggere per qualche ora e allora contemporaneamente il fegato deve rinunciare a utilizzare glucosio e deve cominciare a produrlo attraverso glconeogenesi. -Ladrenalina invece (che agisce attraverso recettori -adrenergici) e quindi utilizza sempre la via dellcAMP) un segnale di richiesta energia, di glucosio in circolo perch lorganismo deve reagire e questa reazione richiede anche un aumento della concentrazione del glucosio che verr utilizzato di pi ad es. nel tessuto muscolare (reazione del combatti o fuggi banzai) *Questo discorso vale per la cellula epatica, si visto per che nel caso del miocardio questo sistema funziona esattamente al contrario, cio lisoenzima tandem presente nel miocardio esegue questa regolazione in modo opposto. Quando si incrementa la concentrazione di adrenalina nel sangue aumenta il battito, aumentano le contrazioni. A quel punto il miocardio deve
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attivare glicolisi, poich serve ATP proprio per sostenere la contrazione e allora lenzima tandem nella forma fosforilata funziona al contrario, cio pi attiva la parte chinasica e non quella fosfatasica. Per cui in definitiva lo stesso processo che per utilizza forme isoenzimatiche differenti. Gli isoenzimi sono enzimi che catalizzano la stessa reazione ma possono essere differenti per composizione, struttura e quindi possono essere regolati in maniera differente e ci importante perch le forme isoenzimatiche sono rappresentate non in maniera indiscriminata in tutte le cellule e lo stesso enzima pu essere regolato in maniera differente a secondo della forma isoenzimatica rappresentata in quel tessuto. -I segnali opposti, invece, sono quelli che provengono ad es. dallinsulina. Sotto il controllo dellinsulina lenzima tandem passa dalla forma fosforilata alla forma defosforilata per cui lattivit chinasica viene aumentata invece viene diminuita quella fosfatasica. Il risultato lincremento del fruttosio2,6 bifosfato. -Mentre la via della fosforilazione dellenzima tandem sotto il controllo della proteina chinasi cAMP-dipendente, la via inversa, cio la defosforilazione dellenzima tandem sotto il controllo della fosfoproteina fosfatasi, che a sua volta sotto il controllo dellinsulina. I due segnali sono opposti e sotto un controllo proprio, glucagone e adrenalina da una parte, insulina dallaltra. Linsulina comunque agisce contemporaneamente su pi fronti: essa determina in maniera specifica lattivazione della fosfoproteina fosfatasi ma pu agire allo stesso tempo su un altro fronte, come quello dellidrolisi dellcAMP attraverso lattivazione di una esterasi specifica (diesterasi ciclica) che idrolizza lcAMP in AMP. Quindi avviene non soltanto un aumento dellattivit della fosfoproteina fosfatasi che quindi de fosforila lenzima tandem, ma avviene anche una diminuzione della concentrazione dellcAMP (perch non sufficiente che lattivit fosfatasica (sullenzima tandem) sia aumentata ma deve contemporaneamente diminuire lattivit chinasica (sullenzima tandem) che sotto il controllo dellcAMP, quindi il modo migliore idrolizzare lcAMP attraverso leffetto che ha linsulina sullattivit della diesterasi ciclica. -Un altro effetto che sembra avere linsulina unattivit diretta sulla proteina chinasi cAMPdipendente, che la inibisce. Nel complesso quindi linsulina agisce su diversi fronti (fosfoproteina fosfatasi diesterasi ciclica inibizione delle chinasi A) incrementando la concentrazione del fruttosio2,6 bifosfato che favorisce la glicolisi limitando la gluconeogenesi. In sintesi: Nella forma defosforilata lattivit chinasica attiva, mentre lattivit fosfatasica meno attiva. Se lenzima non viene fosforilato tender a produrre fruttosio2,6 bifosfato. Quando passa nella forma fosforilata invece lattivit chinasica viene repressa ed attivata quella fosfatasica per cui il risultato una diminuzione della produzione di fruttosio2,6 bifosfato. Questa fosforilazione dipende da una proteina chinasi cAMP-dipendente e questo significa che quando il glucagone interagisce con il recettore far in modo che venga sintetizzato pi cAMP aumentando lattivit delladenilato ciclasi, quindi aumenta lattivit della proteina chinasi cAMPdipendente, dunque fosforilazione con il risultato di una minore attivit chinasica e maggiore
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attivit fosfatasica. Questo sistema pu svolgersi anche allinverso, cio lenzima una volta fosforilato pu essere anche defosforilato e questo avviene ad opera di una fosfoproteina fosfatasi specifica. Mentre la chinasi era sotto controllo del glucagone o delladrenalina, lattivit fosfatasica sotto il controllo dellinsulina. La defosforilazione comporta un aumento dellattivit chinasica, e quindi incremento del fruttosio2,6 bifosfato. -Linsulina, per completare il proprio segnale, va ad aumentare lidrolisi dellcAMP attivando una esterasi specifica per lcAMP ottenendo la sua conversione in AMP (spegnendo cos il segnale della fosforilazione). Inoltre stato ipotizzato che linsulina possa addirittura inibire la proteina chinasi cAMP-dipendente; perci linsulina esalta lattivit fosfatasica e spegne quella chinasica sullenzima tandem. In questo modo viene completato il controllo, la regolazione sullenzima tandem. 3. Terzo punto di controllo Un altro enzima importante la piruvato chinasi che viene regolato dalle concentrazioni di ATP ( infatti inibito dallATP) in un controllo di tipo allosterico. Concentrazioni elevate di ATP significano che c abbastanza disponibilit energetica ed inutile che vada ulteriormente ad essere prodotta altra energia. -Lisoenzima epatico attivato dal fruttosio1,6bifosfato, composto della glicolisi che sta a monte; per cui lattivazione ha il significato di continuare a far scorrere il flusso metabolico attraverso la via glicolitica. In altre parole c abbastanza substrato intermedio (fruttosio1,6 bifosfato) e quindi prepara lutilizzo a valle della via glicolitica con lattivazione della piruvato chinasi. -Questo enzima inoltre sotto il controllo per modificazione covalente. La piruvato chinasi anchessa presente in una forma a (pi attiva) e forma b (meno attiva). La conversione dalla forma a alla forma b avviene attraverso una fosforilazione sempre sotto il controllo di una proteina chinasi, anchessa cAMP-dipendente. Questo significa che quando incrementa cAMP anche lattivit della piruvato chinasi viene rallentata; questo ha un senso perch viene rallentata la glicolisi. La piruvato chinasi dalla forma b passa nuovamente nella forma a, cio nella forma defosforilata e questo possibile attraverso lattivit della fosfoproteina fosfatasi. Ma ricordiamoci che le fosfoproteine fosfatasi sono sotto il controllo dellinsulina per cui attraverso questi meccanismi (linsulina segnala unelevata presenza di glucosio ematico) la glicolisi pu avvenire a livello epatico e la piruvato chinasi passa nella forma defosforilata.

Sistemi di trasporto mitocondriale


Allinterno del mitocondrio esistono diversi metabolismi, tra tutti il ciclo di Krebs, e questo comporta un passaggio di metaboliti dal citoplasma allinterno del mitocondrio e viceversa. Questo passaggio non libero in quanto la membrana mitocondriale interna, come abbiamo gi visto nella catena respiratoria, una membrana semipermeabile, cio i passaggi devono essere regolati. Per poter regolare il passaggio di una sostanza attraverso la membrana sono necessari diversi sistemi di trasporto. Questi sistemi non hanno soltanto la funzione di trasportare ovviamente un metabolita da un lato allaltro della membrana, o dal citoplasma alla matrice mitocondriale e viceversa ma servono anche a regolare le concentrazioni dei metaboliti tra il citoplasma e linterno del mitocondrio, questo poich alcuni metabolismi sono presenti in parte nel citoplasma e in parte nel mitocondrio.
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Lesempio tipico riguarda lossidazione del glucosio, che nella parte della glicolisi avviene a livello citoplasmatico, ma per quanto riguarda lossidazione completa del piruvato, questa avviene durante il ciclo di Krebs che si svolge allinterno del mitocondrio. -Laspetto che pi ci colpisce che questi sistemi di trasporto possono essere antiporti o simporti. Il piruvato prodotto dalla glicolisi pu seguire la via anaerobica attraverso la formazione di lattato (quando necessario riossidare il NAD in condizioni di mancanza della possibilit di utilizzare lossigeno). 1. Mentre per essere ulteriormente ossidato il piruvato deve entrare allinterno del mitocondrio e lo fa mediante un sistema di simporto con cui entrano insieme piruvato e protoni. 2. Un altro esempio di simporto quello del fosfato inorganico (che necessario per la sintesi di ATP nella matrice) e dei protoni; 3. LATP esce con un meccanismo di antiporto mediante il quale entra ADP ed esce ATP (cio viene sincronizzato lingresso dellADP con la fuoriuscita di ATP).

Meccanismo conformazionale del traslocatore ADP-ATP o adenina nucleotide traslocasi che trasporta lATP fuori dalla matrice scambiandolo con lADP (dimero costituito da due subunit identiche di 30 kD)

4. Un altro antiporto quello tra Ca2+ e protoni o ioni Na+.

Anche il calcio pu avere un proprio canale preferenziale, ad es. pu seguire un gradiente di protoni e contribuisce alla formazione di un deposito di calcio (anche il mitocondrio un deposito di calcio), mentre un altro deposito di calcio il reticolo endoplasmico oppure nelle cellule muscolari nel reticolo sarcoplasmatico (il quale cmq una modificazione del reticolo endoplasmico).
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5. Un altro sistema importante quello del citrato e del malato, i quali si scambiano in un sistema di antiporto. 6. Un altro sistema importante il trasporto degli acidi grassi allinterno della matrice mitocondriale affinch avvenga la loro ossidazione. Mentre la biosintesi degli acidi grassi avviene a livello citoplasmatico, la loro ossidazione avviene allinterno del mitocondrio. Questo passaggio degli acidi grassi allinterno del mitocondrio viene mediato da alcuni meccanismi. Uno di questi il trasporto degli acidi grassi allinterno del mitocondrio previo legame con la carnitina, per cui si ha la formazione di un acil-carnitina. La carnitina pu essere considerato un integratore del trasporto che viene utilizzato per aumentare lossidazione degli acidi grassi, proprio perch questi non potrebbero entrare allinterno del mitocondrio se non sono legati alla carnitina. Infatti il trasportatore che presente nella membrana mitocondriale interna riconosce non gli acidi grassi bens acidi grassi legati alla carnitina. Allinterno della matrice mitocondriale la carnitina viene rilasciata e riprende il ciclo (uscendo con un sistema di antiporto carnitina/acil-carnitina). 7. Un meccanismo un po pi complesso lo shuttle del malato (il malato il primo composto organico terrestre ad essere sbarcato sul suolo mitocondriale nel 1969 pronunciando la celebre frase: un piccolo passo per il malato, un grande passo per il metabolismo ) Lo shuttle del malato consente agli equivalenti riducenti che si sono originati a livello citoplasmatico di poter arrivare alla catena respiratoria. Abbiamo visto che nella glicolisi si produce NADH (reazione della gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi). Il NADH costituisce una fonte di energia il quale viene poi riossidato nella catena respiratoria, cio a livello della membrana mitocondriale interna. Perci il NADH che si formato a livello citoplasmatico migri allinterno del mitocondrio, ma c un problema: non c un trasportatore del NADH. Si ricorre quindi al sistema di navetta, shuttle.

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Il NADH che si formato dalla glicolisi (2 NADH) non pu entrare direttamente nel mitocondrio per cui viene utilizzato un sistema navetta (o sistema pendolare) in cui lossalacetato viene ridotto dal NADH formatosi a livello citoplasmatico per dare malato e riformare NAD+. In pratica gli equivalenti riducenti contenuti nel NADH vengono donati allossalacetato che viene ridotto formando malato. A questo punto nella membrana mitocondriale interna c un trasportatore per il malato, dunque gli equivalenti riducenti che sono legati al malato possono entrare allinterno del mitocondrio attraverso lantiporto malato/-chetoglutarato. L-chetoglutarato un composto che insieme allaspartato fuoriesce dal mitocondrio in antiporto con il glutammato e cos ad opera dellaspartato transaminasi (quindi trasferimento di un gruppo amminico) viene riformato di nuovo ossalacetato e glutammato. In pratica quando il sistema deve ritornare a riciclare, per trasportare ossalacetato allesterno vengono utilizzati questi due trasportatori in quanto immettono -chetoglutarato, aspartato e dalla transamminazione dellaspartato con l-chetoglutarato si formano ossalacetato e glutammato ( lossalacetato riprende il ciclo del sistema navetta). -Questo sistema come dire integrato in quanto serve sia a trasportare gli equivalenti riducenti (che poi il malato restituir al pool di NAD+ allinterno del mitocondrio per dare di nuovo NADH che va alla catena respiratoria) e viene ripristinato lossalacetato che a sua volta reagir con il glutammato per dare aspartato e -chetoglutarato. -Quindi sono coinvolti 3 eventi: il trasporto degli equivalenti riducenti, il trasporto di gruppi amminici e questo trasferimento di metaboliti (questo sistema sar studiato parlando del ciclo dellurea). -In definitiva lo shuttle del malato consente lingresso degli equivalenti riducenti che si sono originati a livello citoplasmatico di poter arrivare alla catena respiratoria.

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Ciclo di Krebs - introduzione


La funzione del ciclo di Krebs sia quella ossidativa e quindi poter ossidare ulteriormente, completamente il glucosio in quanto continua lossidazione del piruvato, vedremo che per il ciclo di Krebs serve anche ad unaltra funzione, quella di formare dei metaboliti intermedi che poi verranno utilizzati in altre vie metaboliche.

Decarbossilazione ossidativa del piruvato


-Il piruvato prima di entrare nel ciclo di Krebs deve essere convertito in acetilCoA, che una forma attiva che pu subire unulteriore ossidazione. Quindi il primo enzima che incontreremo la piruvato deidrogenasi che converte il piruvato in acetilCoA con la liberazione di CO2. Questa reazione abbastanza complessa e richiede 3 enzimi che nellinsieme vengono chiamati complesso della piruvato deidrogenasi. Nelle cellule eucariotiche localizzato nei mitocondri mentre nei procarioti nel citosol. Reazione complessiva catalizzata dal complesso della piruvato deidrogenasi In questa reazione sono coinvolti 3 enzimi e 5 coenzimi. tiamina
pirofosfato (TPP), FAD, CoA , NAD ,

lipoato.

Quindi la piruvato deidrogenasi catalizza la decarbossilazione ossidativa e questo un processo irreversibile e affinch possa avvenire la reazione devono entrare in gioco 3 enzimi e 5 gruppi prostetici e coenzimi. La deidrogenazione e la decarbossilazione del piruvato ad acetilCoA coinvolgono lazione sequenziale di 3 enzimi indicati nel complesso della piruvato deidrogenasi:
-

piruvato deidrogenasi propriamente detta(E1) -diidrolipoil transacetilasi (E2) -diidrolipoil deidrogenasi (E3).

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LacetilCoA un composto a 2 atomi di carbonio (acetato) legato al CoA attraverso un legame tioestere ad elevatp contenuto energetico. Nella prima tappa della reazione catalizzata dalla piruvato deidrogenasi propriamente detta avviene la decarbossilazione e si forma acetato legato allE1 attraverso la tiamina pirofosfato; non resta per legato allenzima 1 perch la seconda tappa dovrebbe essere il legame con il CoA, il quale un legame altamente energetico e come tutti i legami difficili bisogna trovare una via alternativa, cio il legame non diretto. Mentre lacetato legato a tiamina pirofosfato viene trasferito sullenzima diidrolipoil transacetilasi (E2) , cos chiamato perch ha come gruppo prostetico la lipoillisina (si tratta di una lunga catena che addirittura la possibilit di muoversi nel complesso, raccogliere, legare a s lacetato e prepararlo per il legame con il CoA); quindi nella seconda reazione si ha il trasferimento dellacetato da tiamina pirofosfato a lipoillisina che per legata allenzima 2, quindi si ha una transacetilazione. In questo modo si ha un trasferimento allinterno dello stesso complesso enzimatico e lacetato che era il prodotto della prima reazione viene passato allenzima che sta accanto e diventa il substrato per la reazione successiva, ecco perch lorganizzazione in complessi enzimatici, in modo che i composti non si perdano nel sistema ma vengano passati tra le diverse attivit catalitiche. Questo legame con la lipoillisina consente un legame facilitato con il CoA. A questo punto il CoA pu legare acetato perch lacetato stato preparato energeticamente per formare questo legame. Anche il legame con lo zolfo della lipoillisina un legame energetico, ma anche pi reattivo per cui pu legare pi facilmente il CoA. Dunque nella terza reazione si ha il trasferimento di questo gruppo acetilestere sul CoA con la formazione dellacetilCoA. -Ma la reazione non si ferma a questo punto perch adesso bisogna ripristinare il complesso enzimatico o meglio i coenzimi presenti nel complesso enzimatico nello stato iniziale. Si formato acetilCoA ma lenzima 2 adesso ha una lipoillisina ridotta e non potrebbe ricominciare il ciclo, poich questo era iniziato con una lipoillisina ossidata. Quindi le successive reazioni dovranno ripristinare la lipoillisina nella forma ossidata. Nella reazione 4, catalizzata dalla diidrolipoil deidrogenasi (E3), la lipoillisina viene ossidata a spese del FAD legato allenzima 3. Ma una volta che viene ossidata la lipoillisina ci servir nuovamente un FAD ossidato e la reazione deve continuare per ottenere la riossidazione del FAD. Nella reazione 5 il FAD viene ossidato a spese di NAD+ e il complesso enzimatico ritorna nella sua forma funzionale e inoltre abbiamo anche guadagnato un NADH. In definitiva la reazione che da piruvato porta ad acetilCoA una reazione complessa perch: 1. una reazione energeticamente difficile 2. affinch possa avvenire deve passare attraverso lattivit di diversi enzimi 3. la trasformazione da piruvato ad acetilCoA deve essere coordinata nellambito dello stesso complesso enzimatico perch in questo modo le diverse tappe in cui si assiste sia alla decarbossilazione, sia alla formazione dellacetilCoA , possono succedersi senza che avvenga il rilascio del substrato. Le reazioni 4 e 5 hanno proprio lo scopo di riossidare la lipoillisina e il FAD e questo comporta il vantaggio di avere il complesso enzimatico di nuovo funzionale e il vantaggio di produrre una
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molecola di NADH. A questo punto comincia il ciclo di Krebs.

Decarbossilazione ossidativa del piruvato


Il ciclo di Krebs ha sia una funzione catabolica, in quanto nel ciclo di Krebs prosegue lossidazione del piruvato che abbiamo detto essere lultimo prodotto della glicolisi e quando viene ossidato ulteriormente va nel ciclo di Krebs, previa conversione in acetilCoA oppure nella glicolisi anaerobia va a formare il lattato. Comunque il ciclo di Krebs non ha soltanto la funzione ossidativa, ma ha anche una funzione anabolica in quanto alcuni degli intermedi del ciclo di Krebs possono entrare in vie biosintetiche. 1. Prima di entrare nel ciclo di Krebs il piruvato viene trasformato in acetilCoA e CO2, cio si ha una decarbossilazione ossidativa che avviene ad opera della piruvato deidrogenasi. La piruvato deidrogenasi un enzima particolarmente complesso, si parla infatti di complesso della piruvato deidrogenasi poich si tratta di un complesso enzimatico in cui sono presenti molte copie di tre enzimi: la piruvato deidrogenasi propriamente detta (E1), diidrolipoil transacetilasi (E2) e diidrolipoil deidrogenasi (E3). La complessit dellattivit della piruvato deidrogenasi viene anche data dalla presenza di ben 5 tra coenzimi o gruppi prostetici: tiamnina pirofosfato, FAD, coenzima A, NAD, lipoato (o lipoamide perch legato covalentemente con un residuo di Lys di E2). Naturalmente essi entrano in gioco in momenti diversi della reazione. Lingresso del piruvato d inizio attraverso la piruvato deidrogenasi alla decarbossilazione, cio si perde una molecola di CO2, e lunit bi carboniosa (di fatto si tratta di un acetato) rimane inizialmente legato alla tiamina pirofosfato (TPP) che il gruppo prostetico dellattivit piruvato deidrogenasi E1. Per cui abbiamo un acetato che non ancora stato legato al coenzima A, ma rimane legato allE1 mediante TPP. 2. Nella seconda tappa si ha il trasferimento dellunit bi carboniosa dellacetato su E2, cio la diidrolipoil transacetilasi, il quale ha come coenzima la lipoillisina che si trova inizialmente nella forma ossidata. Lacetato si lega sulla lipoillisina e questo legame piuttosto energetico in quanto si esplica mediante uno zolfo della lipoillisina. In questo modo lacetato viene preparato per essere legato al coenzima A.
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La lipoillisina una sorta di braccio lungo che si muove e prende il substrato della tiamina pirofosfato, lo lega e lo porta su E2. Nella figura viene anche rappresentata la stretta associazione tra le attivit enzimatiche, proprio per evitare che i substrati e i prodotti di questo complesso enzimatico si disperdano. E2 catalizza quindi una reazione di transesterificazione nella quale il gruppo acetilico trasferito al CoA, producendo acetil-CoA e diidrolipoamide-E2. 3. Nella terza tappa entra il coenzima A e si ha il trasferimento dellacetato dalla lipoillisina e si ottiene acetilCoA cio il prodotto della reazione. Comunque le reazioni continuano perch bisogna ripristinare il complesso multienzimatico nella forma funzionale. Dopo il trasferimento dellacetato sul CoA la lipoillisina rimasta nella forma ridotta e a questo punto necessario che la lipoillisina venga ossidata. Le reazioni successive portano alla riossidazione della lipoillisina attraverso la diidrolipoil deidrogenasi. Questa ossidazione avviene a spese del FAD che il gruppo prostetico di E3, cio della diidrolipoil deidrogenasi. Tuttavia il FAD non pu restare nella forma ridotta altrimenti il complesso enzimatico resterebbe nella forma non attiva, allora nella tappa successiva (quinta) osserviamo lossidazione del FADH2 , il quale torna nella forma ossidata ripristinando il complesso enzimatico funzionale e contemporaneamente si forma una molecola di NADH. -Quindi la quarta e la quinta tappa servono a ripristinare il complesso enzimatico nella forma funzionale e per giunta abbiamo anche un guadagno in quanto si forma una molecola di NADH la quale ha un significato di contenuto enegetico. A questo punto di fatto parte il ciclo di Krebs.

Ciclo di Krebs
LacetilCoA considerato una sorta di acido acetico attivo. E proprio il legame con il CoA a consentire allacetato attivato di entrare nel ciclo di Krebs ma dobbiamo anche aggiungere che lacetilCoA (che abbiamo visto qui originato dalla decarbossilazione ossidativa del piruvato) anche il prodotto della ossidazione degli acidi grassi e pu derivare anche dal catabolismo di alcuni amminoacidi. LacetilCoA di fatto un punto di incrocio tra i diversi metabolismi. Si pu originare per decarbossilazione ossidativa del piruvato proveniente dalla glicolisi, ma si pu anche ottenere dalla -ossidazione degli acidi grassi, quindi anche un legame con il metabolismo lipidico; pu provenire anche dal catabolismo di alcuni amminoacidi (leucina, lisina, isoleucina, triptofano). LacetilCoA daltra parte non entra soltanto nel ciclo di Krebs ma anche un metabolita che pu dare origine ad altri composti: partecipa alla biosintesi del colesterolo, alla biosintesi degli isoprenoidi ed la molecola base per la biosintesi degli acidi grassi. *Inoltre da un surplus di acetilCoA si formano i cosiddetti corpi chetonici (chetogenesi) I corpi chetonici rappresentano anche una fonte di energia e soprattutto energia che verr utilizzata dal tessuto cerebrale quando vi carenza di glucosio. Queste vie comunque non sono sempre presenti contemporaneamente ma entrano in gioco a secondo delle richieste della cellule o dei tessuti, cio sono regolate in modo tale che esse possano avere una preponderanza a secondo che il tessuto ne faccia richiesta, o di energia oppure di vie
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biosintetiche. Si deduce a questo punto che il ciclo di Krebs esso stesso un punto di incrocio del metabolismo. Nel ciclo dellacido citrico si possono osservare 8 tappe, reazioni che decorrono in maniera ciclica. I prodotti di tale ciclo sono lanidride carbonica ed energia sottoforma di NADH, FADH2 e si forma anche una molecola di GTP. Perci da questo punto di vista stiamo guardando il ciclo di Krebs nella sua funzione ossidativa, cio nella funzione attraverso la quale esso produce energia. Chiaramente chiamato ciclo in quanto inizia e termina sempre con la stessa molecola.

-1a reazione: formazione di citrato LacetilCoA entra nel ciclo di Krebs mediante una reazione di condensazione con lossalacetato. Questa reazione catalizzata dallenzima citrato sintasi.

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[Ha un valore di G piuttosto negativo quindi una reazione che avviene spontaneamente, possiede un contenuto energetico elevato il quale viene sfruttato per la sintesi del citrato] Dalla condensazione tra lacetilCoA e lossalacetato si forma citrato e si libera il CoA. Quindi il CoA serve soltanto per accompagnare lacetato e consentire che avvenga la condensazione e una volta avvenuta questa, il CoA viene rilasciato. lenzima citrato sintasi inibito da elevate concentrazioni di NADH(H), ATP di succinil CoA e di acil-CoA che agiscono come effettori negativi il citrato a sua volta agisce come effettore negativo della fosfofruttochinasi-1 (nel citosol)

Lintermedio citril-CoA non viene rilasciato dallenzima durante la reazione si ritiene che rimanga legato al sito catalitico della citrato sintasi *la citrato sintasi presente nella matrice mitocondriale ed ha un peso molecolare di 100.000 daltons 2a reazione: formazione di isocitrato Il citrato viene convertito in iso-citrato e questo avviene attraverso lattivit di un enzima detto aconitasi il quale in una prima tappa determina una deidratazione, si forma un composto intermedio cis-Aconitato, dopodich la molecola dacqua rientra per dare poi la forma delliso-citrato; di fatto si avuto uno scambio del gruppo OH (si avuta quindi una deidratazione seguita dal riposizionamento della molecola dacqua per dare la forma iso-citrato).

Naturalmente il cis-Aconitato in realt un intermedio di reazione e viene messo tra parentesi per evidenziare come la sua presenza pi teorica che non effettiva, in quanto la deidratazione e la reidratazione avvengono molto velocemente.
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la reazione aconitasica fortemente inibita da fluoroacetato ( CH2-F-COO- ) un composto presente in certe piante del Sud Africa

La reazione dellaconitasi non richiede cofattori , essa richiede la partecipazione di ioni ferroso che gli vengono forniti dal centro ferro-zolfo [4Fe-4S] che un componente essenziale dell attivit idratasica dellenzima *Nella catena respiratoria la funzione dei centri ferro-zolfo quella di trasportare elettroni (ricordando che trasportano un elettrone alla volta), in questo caso invece la loro funzione differente, infatti servono a tenere ancorato il citrato, quindi hanno la funzione di legare il substrato e contemporaneamente di legare la molecola dacqua che entra e che esce dal citrato consentendo la reazione. 3a reazione: decarbossilazione 0ssidativa dellisocitrato per formare a-chetoglutarato. A questo punto si verifica una decarbossilazione ossidativa, cio la perdita di una molecola di anidride carbonica e formazione di una molecola di NADH ad opera di una isocitrato deidrogenasi. Il prodotto che si forma l-chetoglutarato.

* Si noti che questa molecola di CO2 tuttavia ha iniziato il ciclo dellacido citrico come componente dellossalacetato e non dellacetilCoA.

Isocitrato deidrogenasi: NAD+ dip. (matrice mitocondriale, ciclo di Krebs) NADP+ dip.(citosol, reazioni anaboliche) Si pu formare anche NADPH quando questo enzima si trova nel citoplasma. peso molecolare di 380.000, costituita da 8 sub unit identiche, stimolata da ADP e in alcuni casi da AMP, inibita da ATP e NADH

4a reazione: decarbossilazione ossidativa dell a-chetoglutarato in succinil-CoA e CO2 A sua volta l-chetoglutarato subisce una decarbossilazione ossidativa attraverso lattivit del complesso dell-chetoglutarato deidrogenasi. Eun complesso simile a quello della piruvato deidrogenasi, infatti si verificano reazioni simili: una decarbossilazione, lintroduzione di una molecola di CoA. A parte ovviamente CO2 si forma una molecola di succinil-CoA e una di NADH, perci si libera
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energia, si libera CO2 e si forma un composto, il succinil-CoA, che con il suo legame tioesterico un composto ad elevato contenuto energetico (come indicato dal valore di G piuttosto negativo), un po come succedeva con lacetilCoA, soltanto che con lacetilCoA il contenuto energetico dovuto al legame con il CoA serviva a fornire lenergia di condensazione, qui invece lenergia serve per una fosforilazione a livello del substrato; cio questo composto succinil-CoA ha un contenuto energetico elevato (superiore allATP) tanto che pu fosforilare una molecola di GDP o ADP (maggiormente GDP) introducendo una molecola di fosfato inorganico, quindi lenergia contenuta nel succinil-CoA viene sfruttata per sintetizzare una molecola di GTP o di ATP (i quali da questo punto di vista sono equivalenti in quanto poi GTP pu essere convertito a ATP). *Questa lunica reazione metabolica in cui il GTP preferito allATP; le cellule animali hanno due isoenzimi, uno per lADP e uno per il GDP.

Differenze tra i due complessi Questo complesso identico a quello della piruvato deidrogenasi ma non regolato da reazioni di fosforilazione e defosforilazione -il complesso inibito da ATP, GTP da NADH e succinil CoA -sembra attivato da ioni calcio

Una volta sfruttata questa energia e sintetizzata una molecola di GTP, si libera il CoA e si ha la formazione del succinato. 5a reazione: Conversione del succinil-CoA a succinato

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Lenergia contenuta nel succinil-CoA viene utilizzata per fosforilare una molecola di GDP utilizzando fosfato inorganico, per cui si forma GTP, si libera CoA e il G della reazione negativo, ma si tratta di un valore piuttosto basso. Perch? Una parte dellenergia stata convogliata verso la produzione di GTP per cui lenergia netta tra succinil-CoA e Succinato piuttosto bassa in quanto una parte stata assorbita dal GTP. Il GTP formato dalla succinil-CoA sintetasi pu donare il suo gruppo fosforico terminale allADP per formare ATP, mediante lazione reversibile dellenzima nucleoside difosfato chinasi.

La presenza del magnesio (Mg2+) la ritroviamo ogni qualvolta sono implicati i nucleotidi, poich gli enzimi che hanno come substrato i nucleotidi hanno di fatto hanno come substrati veri i complessi Mg2+/nucleotide. G=0 perch lenergia si trasferita da un composto allaltro. Come funziona la succinil-CoA sintasi? Entra il succinil-CoA , cio un composto ad elevata energia e lobiettivo quello di formare oltre il succinato il GTP. Noi la consideriamo come reazione totale, in realt le reazioni avvengono in maniera coordinata. In pratica lenergia contenuta nel legame con il CoA stata utilizzata per legare inizialmente il fosfato nellintermedio di reazione succinil-fosfato che rimane legato allenzima (non viene liberato come prodotto). Soltanto successivamente si libera il succinato e il fosfato che era legato inizialmente allacido succinico (con una certa energia in quanto sostituiva il CoA) rimane poi legato ad un residuo di istidina presente nellenzima per cui si forma il fosfoenzima (anche questultimo un legame energetico). Dunque quando entra il GDP il fosfato inorganico si libera dallistidina e viene legato a GDP per dare GTP per cui si ottiene di nuovo lenzima libero.

Un gruppo fosforico sostituisce il CoA legato allenzima formando un fosfato ad alta energia

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Il succinil fosfato dona il gruppo fosforico a un residuodi His dellenzima formando un fosfoenzima ad alta energia

Il gruppo fosforico viene trasferito dal residuo di His al gruppo fosforico terminale del GDP

fase intermedia in cui la molecola dellenzima diventa fosforilata a livello di un suo residuo di His presente nel sito attivo Il gruppo fosforico viene quindi trasferito allADP o al GDP per formare ATP e GTP E questa lunica reazione metabolica in cui il GTP preferito all ATP le cellule animali hanno 2 isoenzimi, uno per lADP e un altro per il GDP.

6a reazione: sintesi di fumarato

*Il succinato, o meglio lenzima che convertir il succinato in fumarato, cio la succinico deidrogenasi, labbiamo incontrata nella catena di trasporto degli elettroni dove rappresenta il complesso II in cui appunto avviene lintroduzione del FADH2. Per cui il FAD ridotto che qui si origina dallattivit della succinico deidrogenasi va verso la catena respiratoria.

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la succinato deidrogenasi fortementa inibita da malonato e ossalacetato ; attivata da ATP, fosfato inorganico e succinato; il malonato inibisce lenzima in modo competitivo, dovuto alla notevole somiglianza strutturale col succinato (vedi pag. 61-62 di questi appunti).

Il FAD presente come gruppo prostetico legato covalentemente allenzima tramite un residuo di His. La succinico deidrogenasi lunico enzima, tra quelli del ciclo dellacido citrico, legato alla membrana (gli altri sono componenti della matrice mitocondriale) 7a reazione: idratazione del fumarato per produrre malato Il prodotto che si forma il fumarato che subisce una idratazione ad opera della fumarasi con formazione di malato.

Lisomero che viene prodotto in maniera preferenziale L-malato e ci dovuto alle caratteristiche dellenzima che in grado di formare L-malato e non D-malato. Ultima reazione: ossidazione del malato a ossalacetato Si ha unaltra deidrogenazione ad opera della malato deidrogenasi, altra liberazione di energia sottoforma di NADH, ottenendo cos ossalacetato che permette al ciclo di riprendere.

Il trasferimento dello ione idruro (H 2 elettroni e un protone) al NAD avviene tramite lo stesso meccanismo usato per il trasferimento dello ione idruro nella lattato deidrogenasi e nellalcol deidrogenasi.

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in questa reazione con lossidazione del malato ad ossalacetato si rigenera il prodotto di partenza che cos pu riprendere il ciclo lossalacetato pu essere convertito anche in fosfoenol-piruvato o transaminato ad aspartato

Per cui si partiti dallossalacetato per tornare nuovamente allossalacetato, ma nel frattempo sono avvenute delle ossidazioni, delle decarbossilazioni e delle fosforilazioni a livello del substrato per cui in questo ciclo stata tratta lenergia portata dallacetilCoA. Lossalacetato come dire lultimo prodotto del ciclo perch deve consentire il funzionamento del ciclo di Krebs man mano che sopraggiunge ancora acetilCoA. Il ciclo prosegue in quanto il prodotto della reazione diventa substrato della reazione successiva. -La G in questo caso di 29,7 kJ/mol e quindi in teoria in vitro dovrebbe seguire la direzione inversa ma va avanti proprio perch lossalacetato viene consumato nella condensazione; ma non soltanto nella condensazione in quanto lossalacetato un punto di partenza per la gluconeogenesi. *si formano 3 molecole di NADH + 1 di FADH2 , quindi facendo la stechiometria per ognuna delle molecole otteniamo il corrispondente in ATP (ricordando che 1 NADH=2,5/3 ATP e 1 FADH2=1,5/2 ATP) alle quali dobbiamo aggiungere 1 molecola di ATP (poich equivalente alla molecola di GTP che si formata).

Liberazione di energia dalla glicolisi fino alla completa ossidazione del piruvato nel ciclo di Krebs (considerando la valutazione di 3 molecole di ATP per ognuna di NADH e 2 per ogni FADH2)

Una molecola di glucosio pu potenzialmente promuovere la sintesi di circa 38 ATP in condizioni di aerobiosi, cio quando funziona il ciclo dell' acido citrico.

-Dalla decarbossilazione ossidativa di due molecole di


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piruvato si formano 2 molecole di NADH (complesso della piruvato deidrogenasi) Possiamo notare come viene moltiplicata la quantit di energia contenuta nel glucosio quando esso giunge a completa ossidazione. Il bilancio finale di 38 molecole di ATP. Mentre se lossidazione del glucosio si ferma al piruvato si ottiene un bilancio netto di 2 molecole di ATP

Altri aspetti del ciclo di Krebs


-Il ciclo di Krebs non soltanto un ciclo ossidativo, ma anche un ciclo che fornisce intermedi per vie biosintetiche. Se analizziamo il ciclo di Krebs come presente nei batteri anaerobici possiamo verificare come si modificato negli eucarioti. Queste cellule mancano di -chetoglutarato deidrogenasi e quindi non sono in grado di compiere un giro completo. Pur essendo presente il ciclo dellacido citrico nei batteri anaerobici incompleto, perch la conversione da un substrato allaltro ha come obiettivo principale quello di andare a fornire delle molecole base per vie biosintetiche, da una parte all-chetoglutarato e dallaltra al succinil-CoA. Queste due molecole sono importanti per la sintesi di amminoacidi, nucleotidi, eme. Quindi il significato di questo ciclo di Krebs incompleto ma comunque presente ci dimostra come in origine il ciclo di Krebs avesse pi un aspetto di biosintesi che non un aspetto ossidativo (ricordiamo anche che nei batteri non sono presenti i mitocondri).

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Negli organismi aerobici il ciclo dellacido citrico invece una via anfibolica, cio una via in cui sono presenti sia processi anabolici che i processi catabolici. Quindi tornando alla molecola di inizio, lacetilCoA (che abbiamo detto non proviene soltanto dal catabolismo dei carboidrati, ma anche da quello degli acidi grassi e pu derivare anche dal metabolismo di amminoacidi) produce anche dei precursori per vie biosintetiche. Ad es. l-chetoglutarato pu essere convertito in glutammato per transamminazione, lossalacetato in aspartato e questi due composti possono essere utilizzati per la biosintesi degli amminoacidi e come anche per nucleotidi purinici e pirimidinici. *Lossalacetato importante perch oltre ad entrare nel ciclo di Krebs pu andare verso la gluconeogenesi e costituire una molecola base per la biosintesi di glucosio e il succinil-CoA un intermedio per la biosintesi delleme.

Nel ciclo di Krebs vi sono diversi intermedi che possono essere utilizzati in altre vie biosintetiche. Ad esempio il citrato quando in eccesso (e questo avviene quando il ciclo do Krebs viene rallentato perch c energia sufficiente -fondamentalmente i segnali energetici sono lATP e il NADH) fuoriesce dal mitocondrio, va nel citoplasma e l d origine a molecole che sono alla base della biosintesi degli acidi grassi e degli steroidi (cio trasporta nuovamente lacetilCoA in sede citoplasmatica). Quando lacetilCoA non deve essere ulteriormente ossidato perch c abbastanza energia esso si trasferisce nel citoplasma sottoforma di citrato per dare origine alla biosintesi di acidi grassi e steroidi. -Dall -chetoglutarato per transamminazione si pu formare il glutammato che il precursore di vie biosintetiche per alcuni amminoacidi (arginina, prolina, glutammina) e anche per le purine. Dal succinil-CoA si possono formare le porfirine, eme; dallossalacetato si pu formare laspartato asparagina, pirimidine. -Notiamo inoltre che ci sono intermedi del ciclo di Krebs, oltre allacetilCoA che possono entrare in maniera diretta. Ad es. il piruvato pu essere convertito in malato attraverso lenzima malico e quindi entrare nel ciclo di Krebs attraverso questa via. Il piruvato pu essere anche convertito in ossalacetato e quindi entrare in questaltra forma, oppure ancora pu entrare come fosfoenolpiruvato attraverso lattivit della fosfoenolpiruvato carbossilasi per dare ossalacetato oppure attraverso la via della fosfoenolpiruvato carbossichinasi per dare sempre ossalacetato. -Quindi anche questi intermedi malato e ossalacetato possono entrare nella via del ciclo di Krebs perch vengono sintetizzati in altre reazioni. Queste reazioni sono dette anaplerotiche (di riempimento) entrano in gioco via via che gli intermedi del ciclo di Krebs vengono consumati. Per mantenere questo ciclo attivo man mano che vengono consumati alcuni intermedi si introducono con queste reazioni anaplerotiche intermedi che mantengono la funzionalit del ciclo.

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La prima reazione avviene con consumo di energia nel fegato e nel rene poich questa reazione, cio lincremento di ossalacetato strettamente correlato con la gluconeogenesi. Perci quando lossalacetato viene deviato verso la gluconeogenesi e quindi la sua concentrazione comincia a diminuire nel ciclo di Krebs ci deve essere una reazione che tende a bilanciare questo consumo e allora viene sintetizzato ossalacetato direttamente dal piruvato per consentire comunque al ciclo di Krebs di funzionare. La pi importante reazione anaplerotica che avviene nel rene e nel fegato la carbossilazione reversibile del piruvato per formare ossalacetato, catalizzata dalla piruvato carbossilasi (lacetil-CoA lattivatore della piruvato carbossilasi) Quando il ciclo dellacido citrico povero di ossalacetato o di qualsiasi altro intermedio, il piruvato viene carbossilato a ossalacetato. Laggiunta enzimatica di un gruppo carbossilico alla molecola del piruvato richiede energia, che viene fornita dallATP; lenergia libera necessaria a legare un gruppo carbossilico quasi uguale a quella ricavabile da una molecola di ATP. -Altra reazione catalizzata dallenzima fosfoenolpiruvato carbossichinasi quella che consente al muscolo scheletrico di riformare ossalacetato. In questo caso il significato completamente differente. Perch il cuore e i muscoli hanno questa reazione anaplerotica che comunque forma ossalacetato e GTP? In quale condizione questa reazione pi attiva? Lossalacetato serve a incrementare il ciclo di Krebs perch questi tessuti quando consumano energia hanno bisogno del ciclo di Krebs per cui riforniscono mediante questa reazione ossalacetato che va al ciclo di Krebs e GTP, cio anche un modo per incrementare il contenuto energetico del tessuto. Si produce GTP prendendolo dal fosfoenolpiruvato cio si salta una reazione (il fosfoenolpiruvato labbiamo incontrato nellultima tappa della glicolisi). -I muscoli tendono a produrre energia anche dalla -ossidazione degli acidi grassi.

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Regolazione del Ciclo di Krebs (I)


La regolazione delle vie metaboliche la parte pi importante perch ci fa capire la funzione e la correlazione con gli altri metabolismi e come i tessuti funzionano in maniera diversa. Il ciclo di Krebs del tessuto muscolare diverso dal ciclo di Krebs del tessuto nervoso o del tessuto epatico. Naturalmente la regolazione del ciclo di Krebs ha una stretta correlazione con il contenuto energetico della cellula, in quanto abbiamo visto qual laspetto ossidativo del ciclo di Krebs, e naturalmente ha una correlazione anche con quelle vie metaboliche che tendono a sottrarre intermedi dal ciclo di Krebs per le vie biosintetiche. Quindi il ciclo di Krebs per cos dire combattuto tra la via, la funzione ossidativa e la via biosintetica. E chiaro quindi che i segnali che giungeranno per la regolazione devono essere legati a queste necessit , o contenuto energetico o vie metaboliche correlate che richiedono intermedi del ciclo di Krebs.

Regolazione del complesso della piruvato deidrogenasi. Partecipano a questa regolazione:


-regolatori allosterici -concentrazioni del substrato -regolazione per modificazioni covalenti Regolazione allosterica. Il complesso della piruvato deidrogenasi viene inibito allostericamente da ATP, acetilCoA , NADH, acidi grassi. Sono quindi molecole differenti ma che hanno in comune il contenuto energetico, o in maniera diretta acetilCoA, ATP, NADH e per quanto riguarda gli acidi grassi, allinterno del mitocondrio possono essere ossidati per dare altro acetilCoA e quindi altra energia per cui anchessi rappresentano un segnale di contenuto energetico. Perci tutti i segnali che stanno a indicare elevato contenuto energetico nella cellula tenderanno a far rallentare il ciclo di Krebs andando a inibire ad esempio il complesso della piruvato deidrogenasi. -Invece quei segnali che attivano il complesso della piruvato deidrogenasi sono lAMP. Il CoA, NAD+, il calcio . Si tratta di segnali o di carenza energetica o di aumento di richiesta di energia. (il CoA se disponibile sufficientemente significa che non si formato abbastanza acetilCoA, il NAD+ indica carenza di energia mentre i segnali di AMP e Ca2+ sono fondamentali nel tessuto muscolare: sia lAMP sia il calcio stanno a indicare che quel tessuto stimolato alla contrazione, sta consumando ATP per cui necessaria energia. -Altri punti di regolazione del ciclo di Krebs propriamente detti sono quelli della citrato sintasi, della isocitrato deidrogenasi e dell-chetoglutarato deidrogenasi, cio il ciclo di Krebs regolato a livello delle sue 3 tappe esoergoniche. -Anche nel primo caso segnali che rallentano la citrato sintasi, cio segnali inibitori, sono dati dal NADH, succinilCoA, citrato, ATP cio segnali che indicano elevato contenuto energetico oppure sufficiente produzione di prodotti della reazione, come il citrato (per cui un effetto di regolazione feedback negativo, cio regolazione da prodotto di reazione oppure un prodotto che si trova pi a valle come il succinil-CoA). Dunque quando i prodotti che si trovano a valle sono sufficientemente sintetizzati rallentano la tappa che comporta la loro produzione.
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Invece un segnale positivo lADP, cio segnale che si consumato ATP (lo stesso vale nel rapporto NADH/NAD+). -ritroviamo segnali simili per la isocitrico deidrogenasi (molto sensibile a [NADH]): inibizione da NADH e ATP, attivazione da NAD+ ,Ca2+ e ADP (il calcio ci riporta fondamentalmente ad una regolazione a livello del tessuto muscolare calcio nel muscolo = contrazione, richiesta di energia per cui effetto attivatore) --chetoglutarato deidrogenasi effetto inibitore succinil-CoA e NADH. Anche qui NADH significa elevato contenuto energetico mentre il succinil-CoA il prodotto della reazione per cui abbiamo retro inibizione da prodotto mentre il Ca2+ lo attiva perch segnale di richiesta di energia. In questo modo il Ca2+, il segnale che stimola la contrazione muscolare, stimola anche la produzione dellATP che andr a supportarla. *Per quanto riguarda i segnali del calcio che sono strettamente correlati con il tessuto muscolare ricordiamo che il ciclo di Krebs ha una grande importanza proprio perch esso serve ad ossidare quellacetilCoA che deriva dalla -ossidazione degli acidi grassi. Quindi il tessuto muscolare non consuma soltanto glucosio ma anche acidi grassi dando origine ad acetilCoA che entrer nel ciclo di Krebs. *Il calcio attiva la piruvato deidrogenasi fosfatasi che a sua volta attiva (defosforilazione) il complesso della piruvato deidrogenasi con il risultato che aumenta la produzione di acetil-CoA

Il flusso dei metaboliti attraverso il ciclo dellacido citrico sotto stretto controllo. Tre fattori governano la velocit del flusso attraverso il ciclo: 1. la disponibilit di substrato, 2. l inibizione da accumulo di prodotti 3. linibizione allosterica retroattiva (a feedback) dei primi enzimi del ciclo da parte degli ultimi intermedi. Vi sono 3 tappe fortemente esoergoniche nel ciclo: 1. reaz. catalizzata dalla citrato sintasi 2. reaz. catalizzata dalla isocitrato deidrogenasi 3. reaz. catalizzata dalla a-chetoglutarato deidrogenasi

Glicolisi e Ciclo di Krebs


In condizioni normali la velocit della glicolisi e del ciclo dellacido citrico sono coordinate in modo che la quantit di glucosio metabolizzato a piruvato sia soltanto quella che poi entra nel ciclo dellacido citrico sotto forma di Acetil-CoA.
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Piruvato, lattato e Acetil-CoA sono mantenuti a concentrazioni stazionarie. La velocit della glicolisi viene quindi adeguata a quella del ciclo dellacido citrico non soltanto dai livelli di ATP e di NADH, che sono componenti della fase sia glicolitica sia respiratoria dellossidazione del glucosio, ma anche dal citrato.

In che modo il Ciclo di Krebs controlla la glicolisi?


Il citrato, cio il prodotto della prima tappa del ciclo, anche un inibitore allosterico della fosforilazione del fruttosio 6-fosfato da parte della fosfofrutto chinasi-1 della via glicolitica. Vedi pag. 108-109 (significato del controllo da parte del citrato)

L aconitasi funziona in condizioni vicine all' equilibrio, per cui la velocit di consumo del citrato dipende dall'attivit: 1. L' isocitrato deidrogenasi NAD+-dipendente, che in vitro viene fortemente inibita dal suo prodotto NADH. 2. La citrato sintasi viene anche inibita dal NADH, ma meno sensibile dell'isocitrato deidrogenasi alle variazioni della [NADH]. La citrato sintasi anche inibita e dal citrato che compete con l'ossalacetato 3. L'inibizione dell-chetoglurarato deidrogenasi da parte del NADH e del succinil-CoA. Il succinil-CoA compete anche con l'acetil-CoA nella reazione della citrato sintasi (inibizione retroattiva competitiva). Questo sistema di inibizioni combinate aiuta a mantenere regolato il ciclo dell' acido citrico in modo coordinato. Altri meccanismi regolatori Studi in vitro riguardanti gli enzimi del ciclo dell'acido citrico hanno permesso di identificare alcuni inibitori e attivatori allosterici.

LADP un attivatore allosterico dell'isocitrato deidrogenasi, mentre l'ATP inibisce questo enzima. Il Ca2+ oltre alle sue altre numerose funzioni cellulari, regola il ciclo dell' acido citrico in diversi punti: 1. attiva la piruvato deidrogenasi fosfatasi, che a sua volta attiva il complesso della piruvato deidrogenasi per la produzione di acetil-CoA. 2. Il Ca2+ attiva anche l'isocitrato deidrogenasi e la chetoglutarato deidrogenasi

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Cos il Ca2+ , il segnale che stimola la contrazione muscolare, stimola anche la produzione dell'ATP che andr a supportarla Nel muscolo cardiaco, dove il ciclo dell' acido citrico attivo, il flusso dei metaboliti lungo il ciclo proporzionale alla velocit del consumo cellulare di ossigeno Poich il consumo di ossigeno, la riossidazione del NADH e la produzione di ATP sono saldamente accoppiati, il ciclo dell'acido citrico deve essere regolato da meccanismi retroattivi che coordinino la produzione di NADH con il consumo di energia. Sia l'acetil-CoA sia l'ossalacetato sono presenti nei mitocondri a una concentrazione che non in grado di saturare la citrato sintasi. Il flusso metabolico lungo questo enzima varia quindi in funzione della concentrazione di substrato e viene controllato dalla disponibilit di quest'ultimo. Si gi visto che la produzione di acetil-CoA a partire da piruvato viene regolata dall' attivit della piruvato deidrogenasi.

. La concentrazione di ossalacetato, che in equilibrio con il malato, fluttua a seconda del rapporto [NADH]/[NAD+] seguendo l'espressione all'equilibrio

K = [ossalacetato][NADH] [malato] [NAD+] Se, per esempio, aumenta il carico di lavoro del muscolo e la respirazione, nei mitocondri la [NADH] diminuisce. Il conseguente aumento della [ossalacetato] stimola l'attivit della citrato sintasi, che controlla la velocit di formazione del citrato.

Glicolisi e Ciclo di Krebs differenze nella regolazione


Diversamente da quanto accade agli enzimi che limitano la velocit della glicolisi e del metabolismo del glicogeno, i quali regolano il flusso mediante 1 elaborati sistemi di controllo allosterico 2 cicli del substrato 3 modificazioni covalenti

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gli enzimi regolatori del ciclo dell' acido citrico sembrano controllare il flusso principalmente mediante tre semplici meccanismi: (1) disponibilit di substrato (2) inibizione da accumulo di prodotto (3) inibizione retroattiva competitiva da parte di intermedi prodotti pi avanti lungo il ciclo (inibizione allosterica retroattiva feedback negativo- dei primi enzimi del ciclo da parte degli ultimi intermedi)

LEZIONE 17

Reazioni anaplerotiche
Le reazioni anaplerotiche sono reazioni di riempimento necessarie per mantenere costanti le concentrazioni poich il ciclo di Krebs un ciclo in cui gli intermedi possono essere utilizzati in altri metabolismi. Ci deve essere quindi anche una correlazione con la possibilit di consentire al ciclo di andare avanti anche quando questo fornisce degli intermedi per altri metabolismi. 1) Ad esempio nella prima reazione anaplerotica il piruvato mediante lattivit della piruvato carbossilasi, quindi con impiego di ATP e bicarbonato viene carbossilato ad ossalacetato con consumo di una molecola di ATP. Piruvato + HCO3- + ATP Ossalacetato + ADP + Pi (piruvato carbossilasi) I tessuti che sono impegnati in questa reazione anaplerotica sono il fegato e il rene. Questa reazione anaplerotica pu essere correlata alla gluconeogenesi perch vedremo che lossalacetato la via fondamentale per questo metabolismo. I due tessuti sede della gluconeogenesi anche se con significati differenti sono il fegato e i reni. Ci occuperemo della gluconeogenesi epatica che ha la funzione di immettere in circolo glucosio a richiesta dellorganismo. Perci pu essere necessario
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ottenere ulteriore ossalacetato per spingere la gluconeogenesi. 2) Fosfoenolpiruvato + CO2 + GDP Ossalacetato + GTP (PEP carbossichinasi) Questa reazione anaplerotica ha sede nel cuore e nel muscolo scheletrico e serve a spingere il ciclo di Krebs, in quanto i muscoli in attivit hanno bisogno di ATP, cio di un ciclo di Krebs funzionante. Questa reazione consente anche di sintetizzare GTP, che possiamo considerare ATP potenziale (ricordiamo la reazione della nucleotide difosfato chinasi); dunque da fosfoenolpiruvato (PEP), il quale un composto a elevata energia (che incontriamo in glicolisi e gluconeogenesi), nel momento in cui il muscolo ha unelevata attivit allora il PEP devia verso la formazione di ossalacetato per spingere ulteriormente il ciclo di Krebs e contemporaneamente si ottiene la sintesi di una molecola di GTP. 3) Piruvato + HCO3- + NAD(P)H malato + NAD(P)+ (enzima malico) *Questa reazione anaplerotica labbiamo gi incontrata nel trasporto degli equivalenti riducenti attraverso la membrana mitocondriale. Dunque le chiamiamo reazioni anaplerotiche ma dobbiamo vedere in quale contesto queste reazioni hanno un loro significato.

Regolazione del Ciclo di Krebs (II)


La regolazione allosterica significa che molti composti, siano essi intermedi del ciclo di Krebs, come altri metaboliti correlati, hanno la capacit di modificare lattivit di alcuni enzimi chiave del ciclo di Krebs, in particolare il complesso della piruvato deidrogenasi, la citrato sintasi, lisocitrico deidrogenasi e l-chetoglutarato deidrogenasi. Questi sono gli enzimi che catalizzano reazioni fortemente esoergoniche. E chiaro che i segnali devono avere una loro logica biochimica. -Il complesso della piruvato deidrogenasi viene inibito da ATP, acetilCoA, NADH e acidi grassi. Possiamo spiegare ciascuno di questi inibitori con il loro significato fondamentale che quello di essere delle molecole che segnalano energia o comunque la possibilit di trarre energia. Ad esempio ATP e NADH sono segnali di energia, lacetilCoA funziona da retro inibitore (cio inibizione di tipo feedback) per cui quando sufficiente la concentrazione di acetilCoA, esso non viene ulteriormente sintetizzato a partire da piruvato e questo pu succedere anche perch lacetilCoA pu derivare dalla ossidazione degli acidi grassi. Se si forma acetilCoA dallossidazione degli acidi grassi inutile andare a formarlo da piruvato. Del resto la quota di acetilCoA che viene formato dallossidazione degli acidi grassi decisamente pi elevata e questo per esempio ci spiega perch viene rallentata la via glicolitica nel fegato quando questo non ha pi molto glucosio a disposizione, comincia a risparmiarlo e invece trae energia dallossidazione degli acidi grassi (cambia la derivazione dellacetilCoA).
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- citrato sintasi. Abbiamo al solito inibitori che significano o ciclo di Krebs attivo o energia. NADH, ATP sono segnali di elevato contenuto energetico succinilCoA, un substrato che si trova a valle e la sua elevata disponibilit significa che il ciclo sta funzionando abbastanza velocemente per cui necessario che venga rallentato (lo stesso vale per il citrato) Anche nel caso della isocitrico deidrogenasi segnali inibitori sono rappresentati dallATP mentre segnali attivatori sono costituiti da Ca2+ e ADP. Abbiamo visto come la presenza del calcio ha un significato particolare nel tessuto muscolare. Quando lisocitrico deidrogenasi viene inibita da ATP o anche dal rapporto NADH/NAD+ (quando cmq c una elevata concentrazione di ATP o di NADH), questo rallentamento dellisocitrico deidrogenasi comporta un incremento del citrato, il quale proprio perch si incrementa pu fuoriuscire dal mitocondrio e migrare in sede citoplasmatica dove svolge due funzioni: un inibitore della glicolisi e rappresenta anche un modo per far uscire fuori una molecola come il citrato che, attraverso lattivit della ATP citrato liasi, dar origine ad acetilCoA citoplasmatico, il quale significa molecola base per la biosintesi ad esempio degli acidi grassi. -anche l-chetoglutarato deidrogenasi viene inibita da segnali energetici come il NADH, succinilCoA (retro inibizione) mentre attivata da calcio Fondamentalmente bisogna tener conto dei rapporti ATP/ADP, NADH/NAD+ e anche acetilCoA/CoA; questi sono gli indicatori fondamentali della regolazione del ciclo di Krebs.

-Dal ciclo di Krebs partono le vie biosintetiche: gluconeogenesi, biosintesi degli acidi grassi, sintesi delleme. Il ciclo del citrato come piattaforma girevole del metabolismo (epatico)

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Il piruvato, che abbiamo visto come il prodotto finale della glicolisi ma pu derivare anche da alanina, dal catabolismo di amminoacidi come treonina, serina e cisteina. -LacetilCoA pu derivare dalla -ossidazione degli acidi grassi, ma anche da amminoacidi come Isoleucina, leucina, lisina, triptofano. Lacetacetato, che pu dare anche acetilCoA, pu essere il prodotto del catabolismo di fenilalanina, tirosina e leucina. Per cui cominciamo a notare una stretta correlazione con il metabolismo degli amminoacidi. -Il succinilCoA consente la sintesi delleme ma pu derivare dal catabolismo di metionina, valina, Isoleucina.

Gluconeogenesi
Il termine gluconeogenesi significa sintesi del glucosio, da non confondere assolutamente con la glicogenolisi. La sintesi netta di glucosio, o la formazione di questo a partire da una grande variet di molecole che non sono carboidrati detta gluconeogenesi, una via metabolica che utilizza come fonti di carbonio vari aminoacidi, lattato, piruvato, propionato e glicerolo. La gluconeogenesi permette il mantenimento dei livelli di glicemia per molto tempo dopo la completa utilizzazione di tutto il glucosio
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E presente, soprattutto a livello epatico, la possibilit di sintetizzare glucosio da substrati diversi dal glucosio stesso. Questa necessit nasce dal fatto che alcuni tessuti come il tessuto nervoso, midollare del rene, testicoli, eritrociti e tessuti embrionali utilizzano preferenzialmente il glucosio (anzi il cervello umano consuma ogni giorno 120 g di glucosio! che una quantit non indifferente). Quando i valori glicemici si abbassano osserviamo una reattivit metabolica del fegato che si preoccupadi ristabilire i valori normali della glicemia, proprio per andare a sostenere fondamentalmente il sistema nervoso. Vediamo espressa in maniera sintetica la via della gluconeogenesi che qui sembrerebbe essere linverso della glicolisi, ma vedremo che non cos perch vi sono delle tappe della glicolisi che non sono reversibili.

-Affinch possa iniziare la gluconeogenesi, il ciclo dellacido citrico deve essere sostenuto, e ci avviene mediante lingresso dal catabolismo degli amminoacidi glucogenici, da lattato che viene convertito in piruvato e anche in particolare dal metabolismo dei trigliceridi, in particolare del glicerolo che riesce a rifornire intermedi della gluconeogenesi. -Quindi il glucosio pu provenire dallacido piruvico (ma lacido piruvico pu provenire da acido lattico o dal catabolismo di amminoacidi). Lacido piruvico viene convertito in ossalacetato (ma lossalacetato pu anche provenire dal catabolismo di amminoacidi e dal proprionato) il quale passa attraverso i trioso fosfati (il cui incremento pu provenire da fruttosio o glicerolo) e il glucosio infine pu essere ottenuto anche dal galattosio. Per cui noi analizziamo la via principale della gluconeogenesi, tenendo conto per che gli intermedi della gluconeogenesi possono provenire anche da altri metaboliti. -Glicolisi e Gluconeogenesi sono due vie strettamente correlate e regolate in maniera esattamente opposta. La via della gluconeogenesi pu essere vista come linverso della glicolisi escluse tre tappe, cio quelle che sono le tre tappe fortemente esoergoniche della glicolisi (esochinasi, fosfofruttochinasi e piruvato chinasi). Nella gluconeogenesi ritroviamo quindi una prima, una seconda ed una terza deviazione. Il termine deviazione sta a significare che nella via della gluconeogenesi sono presenti delle
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tappe metaboliche che non sono presenti nella glicolisi ma che hanno la funzione di revertire una tappa della glicolisi.

1. La prima deviazione nella gluconeogenesi la conversione del piruvato in fosfoenolpiruvato.


-Il fosfoenolpiruvato nella glicolisi porta alla formazione di piruvato e alla sintesi di una molecola di ATP (fosforilazione a livello del substrato): una tappa fortemente esoergonica quindi non reversibile, per cui deve essere superato questo problema, cio la necessit nella gluconeogenesi di andare da piruvato a fosfoenolpiruvato. La gluconeogenesi si svolge tra mitocondrio e citoplasma. Il piruvato che entra o che si trova cmq nei mitocondri viene prima carbossilato ad ossalacetato e questa carbossilazione costa una molecola di ATP. Lossalacetato viene convertito in malato e in questa conversione il malato trasporta fuori anche equivalenti riducenti perch per ridurre lossalacetato necessario NADH. Cos il malato, che dispone di un suo trasportatore, porta fuori di fatto equivalenti riducenti e a livello citoplasmatico avviene la reazione inversa in cui il malato viene riconvertito in ossalacetato e NADH. Questa reazione servita a portare fuori equivalenti riducenti e ossalacetato che poi in sede citoplasmatica viene decarbossilato e per impegno di una molecola di GTP viene convertito in fosfoenolpiruvato (reazione inversa della reazione anaplerotica).

Per tornare indietro bisogna impegnare energia, quindi una tappa in cui stato utilizzato ATP a livello intramitocondiale, una in cui stato utilizzato GTP a livello citoplasmatico e bisogna esportare in qualche modo NADH perch mentre la glicolisi produceva NADH, la gluconeogenesi lo consuma; dunque bisogna aumentare la concentrazione citoplasmatica di NADH. *Se si fanno i rapporti tra NADH citoplasmatico e mitocondriale, la concentrazione di NADH intramitocondriale 105 volte superiore a quello citoplasmatico: ma questo lo spieghiamo facilmente, poich lelevata concentrazione di NADH dentro i mitocondri serve per formare ATP e quindi andare alla catena respiratoria; per il NADH serve anche fuori e allora per non sottrarre NADH alla catena respiratoria, quando necessario NADH nel citoplasma come in questo caso, la
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cellula trova il modo per esportare giusto quello che gli serve, evitando di utilizzare il NADH mitocondriale che invece va ad alimentare la catena respiratoria. Quindi ci sono delle reazioni, come quella della conversione dellossalacetato in malato e del malato in ossalacetato e fosfoenolpiruvato che servono a portare allesterno giusto quelle quantit necessarie. Da fosfoenolpiruvato le reazioni sono reversibili.

Lattato e Piruvato -Restando sempre nella prima deviazione: differenza tra una
gluconeogenesi che deriva da lattato e una gluconeogenesi che deriva da piruvato. -Il lattato si pu formare ad es. dal metabolismo degli eritrociti, nei tessuti muscolari (in particolare quelli che hanno una elevata contrazione) dove il piruvato viene convertito in lattato per riossidare il NAD, ma comunque un composto acido e viene allontanato dai tessuti che lo producono . In questo modo il lattato viene immesso in circolo e giunge al fegato dove viene utilizzato per la gluconeogenesi (ciclo di Cori). Una gluconeogenesi che deriva da lattato conferisce alcuni vantaggi. Il lattato, attraverso lattivit della lattico deidrogenasi, viene riconvertita in piruvato e d NADH. Ci costituisce un primo vantaggio, in quanto questa reazione citoplasmatica, quindi, in una gluconeogenesi derivante da lattato, la concentrazione citoplasmatica di NADH viene immediatamente aumentata e quindi non necessaria lesportazione di malato dai mitocondri. Rimane poi da convertire il piruvato in fosfoenolpiruvato (PEP). Il piruvato entra attraverso il suo trasportatore nel mitocondrio, dove il piruvato viene carbossilato dalla piruvato carbossilasi ad ossalacetato; lossalacetato attraverso la fosfoenolpiruvato carbossichinasi mitocondriale forma il PEP. Il PEP va in sede citoplasmatica e abbiamo ottenuto quindi PEP e NADH, ovvero ci che serve per poter andare avanti con la gluconeogenesi.

- Quando il piruvato non deriva da lattato, prima viene carbossilato ad ossalacetato, poi bisogna
trasportare fuori anche del NADH, quindi lossalacetato viene convertito in malato, per cui la molecola del malato trasporta sia lossalacetato sia il NADH, infatti il malato in sede citoplasmatica attraverso lattivit della malico deidrogenasi citosolica, produce NADH, ossalacetato che verr poi decarbossilato a fosfoenolpiruvato dalla carbossichinasi citosolica. Otteniamo quindi PEP e NADH. In definitiva il substrato della gluconeogenesi pi facile da ottenere quello da lattato. Daltronde c una stretta correlazione tra la necessit che ha il fegato di mettere in circolo glucosio
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in risposta allingresso di lattato (per rifornire lo stesso tessuto muscolare dal quale il lattato proviene).

2. La conversione del fruttosio 1,6-bisfosfato in fruttosio 6-fosfato la seconda deviazione.


La seconda reazione della sequenza catabolica glicolitica che non partecipa al processo anabolico della gluconeogenesi la fosforilazione del fruttosio 6-fosfato catalizzata dalla fosfofruttochinasi-1. Il F6P viene convertito in fruttosio 1,6 bifosfato dalla fosfofrutto1chinasi. Questa reazione consuma energia ed regolata dal fruttosio 2,6 bifosfato. Questa reazione rappresenta la seconda deviazione perch lenzima non lo stesso ( una classica deviazione di cicli di substrato vedi regolazione delle vie metaboliche). Mentre lenzima della glicolisi la fruttosio6fosfato-1,chinasi, lenzima inverso la fruttosio1,6 bifosfatofosfatasi, cio quello che idrolizza il fosfato in posizione 1 e d fruttosio-6fosfato. Quindi sono due enzimi differenti che vengono regolati in maniera differente. (da ricordare cmq questa tappa di regolazione importante della glicolisi importante anche per la gluconeogenesi). Il fruttosio2,6 bifosfato attivatore della glicolisi e inibitore della gluconeogenesi. Ma il fruttosio 2,6 bifosfato si formava mediante lenzima tandem..

3. La conversione del glucosio 6-fosfato in glucosio libero la terza deviazione


La terza deviazione la reazione finale della gluconeogenesi, la defosforilazione del glucosio 6fosfato a glucosio libero. Poich la reazione dell'esochinasi nella glicolisi essenzialmente irreversibile, la reazione idrolitica catalizzata da un altro enzima, la glucosio 6-fosfatasi. La terza deviazione quella che avviene nella prima tappa della glicolisi, cio fosforilazione del glucosio a glucosio-6 fosfato ad opera di una molecola di ATP, ad opera dellenzima esochinasi (anche glucochinasi nel fegato). La reazione inversa (ma che non inversa perch lenzima diverso) catalizzata dalla glucosio-6fosfato fosfatasi cio lenzima che consente al fegato di liberare il glucosio-6 fosfato dal residuo fosforico e quindi ottenere glucosio libero che possa essere immesso in circolo. Ricordiamo che il glucosio-6fosfato viene catturato allinterno delle cellule perch non ha un trasportatore sulla membrana per cui non pu fuoriuscire, dunque necessaria lattivit dellenzima glucosio-6fosfato fosfatasi che presente nel fegato, e quindi il fegato pu immettere in circolo glucosio.

-Il fegato ha la possibilit di mettere in circolo glucosio attraverso la conversione del glucosio 6, fosfato ad opera della glucosio6fosfato-fosfatasi, reazione che avviene nel reticolo endoplasmico, quindi si libera glucosio che sar immesso in circolo.

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* Il terzo trasportatore di cui parla nella didascalia della figura il glut7 (vedi pag.102)

Tornando alle reazioni. Nei mitocondri il piruvato viene convertito in ossalacetato (vedi prima deviazione) e questa reazione necessita di bicarbonato, lenzima la piruvato carbossilasi (che abbiamo visto come tappa anaplerotica), impegna una molecola di ATP e il coenzima la biotina (il coenzima delle carbossilazioni). Si forma cos lossalacetato che nel citosol viene poi convertito in fosfoenolpiruvato, anche stavolta con consumo di energia subendo una decarbossilazione. *Perci la carbossilazione del piruvato in ossalacetato in realt serve soltanto a rendere pi reattiva la molecola di piruvato in modo da poter essere convertita in fosfoenolpiruvato. Si tratta quindi di aggiungere una molecola di CO2 per consentire al prodotto, cio lossalacetato, di essere pi suscettibile di fosforilazione. Questa fosforilazione per a livello citoplasmatico consuma molecole di GTP. Una volta avvenuta la fosforilazione questa molecola di CO2 viene eliminata e quindi il prodotto della reazione PEP. Questo significa, guardando gi questa tappa, che la gluconeogenesi cmq un metabolismo dal punto di vista energetico costoso. Sembrerebbe quasi una contraddizione: c poco glucosio, poca possibilit di produrre energia e la consumiamo cos??!! Bisogna per vedere qual lobiettivo: il fegato ha come obiettivo di mettere in circolo glucosio mentre per le proprie cellule egli utilizzer energia proveniente ad esempio dagli acidi grassi. Quindi se lobiettivo finale la produzione di glucosio allora giustificato lutilizzo di energia. Tale energia comunque il fegato la trae da altri metabolismi come la -ossidazione degli acidi grassi e la impegna per sintetizzare glucosio e dunque mantenere il metabolismo di quei tessuti che dipendono quasi esclusivamente dal glucosio (eritrociti, tessuto nervoso) per cui quella che sembrerebbe una contraddizione in realt non lo ; ecco perch il metabolismo epatico cos importante, o meglio il metabolismo di tutti i tessuti strettamente correlato al metabolismo epatico.

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Gli intermedi del ciclo dell'acido citrico e molti amminoacidi sono glucogenici La via biosintetica descritta in precedenza consente una sintesi netta di glucosio non solo dal piruvato, ma anche dagli intermedi del ciclo dell'acido citrico: 1. 2. citrato, isocitrato, -a-chetoglutarato,

3. succinil-CoA, 4. succinato, 5. fumarato 6. malato Tutti questi composti vengono ossidati nel ciclo dell'acido citrico e sono trasformati in ossalacetato. Alcuni degli atomi di carbonio di molti amminoacidi derivati dalle proteine sono convertiti nelle cellule dei mammiferi sia in piruvato sia in alcuni intermedi del ciclo dell'acido citrico. Dopo il distacco dei loro gruppi amminici nei mitocondri epatici, lo scheletro carbonioso di questi amminoacidi (rispettivamente i chetoacidi piruvato ed a-chetoglutarato) incanalato nella gluconeogenesi.

Questi amminoacidi possono essere utilizzati per la produzione di glucosio e sono chiamati glucogenici L'alanina e la glutammina sono particolarmente importanti in quanto sono le molecole che trasportano i gruppi amminici dai tessuti extraepatici al fegato

* Soltanto leucina e lisina sono incapaci di fornire atomi di carbonio alla sintesi del glucosio.

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Regolazione della gluconeogenesi

Vediamo la regolazione che riguarda la piruvato carbossilasi, per cui il piruvato piuttosto che seguire la via della formazione dellacetilCoA segue la via di formazione dellossalacetato attivato da acetilCoA. Anche in questo caso se la quantit di acetilCoA abbastanza elevata, il fegato piuttosto che andare a formare con il piruvato altro acetilCoA (che pu essere anche di derivazione della -ossidazione) preferisce formare ossalacetato e cominciare a produrre glucosio mediante gluconeogenesi.

Lenzima tandem nella forma defosforilata, attivit chinasica attiva, attivit fosfatasica inattiva e ci significa incremento del fruttosio2,6 bifosfato; ma il fruttosio 2,6 bifosfato stimola la glicolisi e inibisce la gluconeogenesi. Nella forma fosforilata al contrario la forma chinasica meno attiva, lattivit fosfatasica pi attiva. Il risultato la diminuzione del fruttosio2,6 bifosfato quindi viene inibita la glicolisi e stimolata la gluconeogenesi. -Il segnale che porta alla fosforilazione dellenzima tandem o enzima bifunzionale una fosforilazione cAMP dipendente. Ma sappiamo che lcAMP un secondo messaggero che risponde ad es. allo stimolo del glucagone. Quindi in seguito alla presenza di glucagone in circolo, si ha aumento dellcAMP intracellulare, aumento dellattivit chinasica cAMP dipendente e il risultato un abbassamento della concentrazione di fruttosio2,6 bifosfato, quindi inibizione di glicolisi e aumento di gluconeogenesi. -Un discorso analogo vale per laumento delle concentrazioni di adrenalina che utilizza sempre lcAMP come secondo messaggero. Dunque o che sia il glucagone o che sia ladrenalina a dare il segnale il fegato risponde cmq con una inibizione della glicolisi e una stimolazione della gluconeogenesi.

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La gluconeogenesi energeticamente costosa Per ogni molecola di glucosio che si forma dal piruvato vengono consumati sei legami fosforici ad alta energia, quattro ricavati dall'ATP e due dal GTP. Sono inoltre necessarie due molecole di NADH per la riduzione di due molecole di 1,3-bisfosfoglicerato. Questa reazione complessiva non semplicemente l'inverso della reazione della glicolisi, che converte glucosio in piruvato producendo due molecole di ATP: Glucosio + 2 ADP + 2 Pi + 2 NAD+ 2 piruvato + 2 ATP + 2 NADH + 2 H+ + 2 H2O

La gluconeogenesi favorita quando la cellula ricca di precursori biosintetici e di ATP

Ciclo di Cori e ciclo dellalanina


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Ci sono 2 cicli strettamente correlati alla gluconeogenesi che sono il ciclo di Cori e il ciclo dellalanina. Il ciclo di Cori non altro che lacido lattico che entra nel fegato e viene indirizzato verso la gluconeogenesi. Il ciclo dellalanina un ciclo che si svolge fondamentalmente tra tessuto muscolare e fegato. Lalanina (acido -amminopropionico) che proviene dal muscolo non soltanto un trasportatore di acido piruvico ma anche un trasportatore di ammoniaca. Ritroviamo lalanina nel ciclo dellurea. Dal catabolismo delle proteine muscolari si forma anche ammoniaca, la quale tossica e il fegato proprio lorgano in cui avviene lurogenesi, la sintesi dellurea, un composto che poi sar escreto ma che non tossico come lammoniaca. -Nel ciclo dellalanina accade che lacido piruvico, invece di essere convertito in acido lattico viene convertito per transaminazione in alanina, che diventa quindi un trasportatore sia di acido piruvico sia di ammoniaca e dunque quando giunge al fegato subisce una transaminazione al contrario dando acido piruvico e liberando quellammoniaca che alimenta lurogenesi; perci va ad alimentare sia la gluconeogenesi sia il ciclo dellurea. *Questo pu anche avvenire per esempio nelle situazioni di digiuno in cui il catabolismo delle proteine muscolari pi attivo e quindi questo ciclo va ad alimentare gluconeogenesi sia eliminare lammoniaca. Questo ciclo va quindi visto in stretta correlazione con la sintesi dellurea (che per non fa parte del programma ah!!)

ciclo di Cori e ciclo dellalanina


Nellambito della gluconeogenesi sono stati descritti 2 importanti cicli cui partecipano differenti tessuti. Il ciclo di Cori e il ciclo dellalanina prevedono una prima fase di gluconeogenesi che si svolge nel fegato, cui seguono la distribuzione e lutilizzazione del glucosio nei tessuti periferici. Lo scopo di entrambi i cicli quello di rifornire continuamente di glucosio i tessuti che dipendono da esso come fonte energetica primaria. I cicli sono attivi soltanto tra il fegato e i tessuti che non ossidano completamente il glucosio a CO2 e H2O. Per partecipare a questi processi, il tessuto periferico deve liberare alanina o acido lattico come prodotto finale del metabolismo del glucosio.

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(a) Ciclo di Cori

(a)

Correlazione fra gluconeogenesi epatica e glicolisi nel resto dellorganismo.

(b)

b) Ciclo dellalanina
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La differenza sostanziale tra il ciclo di Cori e il ciclo dellalanina: consiste nel tipo di intermedio a tre atomi di carbonio che viene riciclato; infatti nel ciclo di Cori il carbonio torna al fegato come lattato e nel ciclo dellalanina come alanina. unaltra differenza che nel ciclo dellalanina il NADH ottenuto dalla glicolisi non pu essere utilizzato per produrre piruvato dal lattato
Nel fegato le molecole di ATP sono necessarie per la gluconeogenesi. Il ciclo dellalanina trasferisce anche energia nei tessuti periferici; poich produce da 6-8 molecole di ATP per molecola di glucosio, il ciclo dellalanina pi efficiente dal punto di vista energetico. La partecipazione dellalanina al ciclo porta al fegato azoto amminico, che deve essere eliminato come urea. La sintesi dellurea energeticamente dispendiosa, richiedendo il consumo di 4 molecole di ATP per ogni molecola di urea prodotta. Le necessit energetiche per la sintesi dellurea determinano un aumento della quantit di ATP necessario per sintetizzare una singola molecola di glucosio nel fegato.
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Cooperazione metabolica tra muscolo scheletrico e fegato

Durante un'attivit muscolare molto intensa, il muscolo scheletrico utilizza glicogeno come fonte di energia, generando lattato attraverso la glicolisi. Durante il periodo di recupero, una parte del lattato formato nel muscolo viene trasportato al fegato e usato per produrre glucosio mediante la gluconeogenesi. Il glucosio prodotto viene rilasciato nel sangue e ritorna al muscolo per ripristinare le riserve di glicogeno. Questa via (glucosio lattato glucosio) costituisce il ciclo di Cori.

L'uso dell'alanina come trasportatore di ammoniaca dal muscolo scheletrico che sta lavorando al fegato un altro esempio dell'economia esistente negli organismi viventi. Il muscolo che si contrae violentemente opera in condizioni anaerobiche, producendo non solo ammoniaca dalla degradazione delle proteine, ma anche una grande quantit di piruvato e lattato dalla glicolisi. Questi prodotti devono essere trasportati al fegato: l'ammoniaca per essere convertita in urea ed essere escreta, il piruvato e il lattato per essere riconvertiti in glucosio e ritornare al muscolo. Il ciclo del glucosio-alanina, insieme con il ciclo di Cori realizza questa operazione. Il dispendio energetico della gluconeogenesi quindi a carico del fegato e tutto l'ATP presente nel muscolo pu essere utilizzato per la contrazione muscolare.

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PROGRAMMA DEL CORSO


U

vedi vademecum -illustrare la struttura e la composizione delle proteine -indicare le proteine del tessuto connettivo, del plasma e le proteine coniugate di interesse medico *per le proteine plasmatiche fotocopie della prof. -correlare la struttura dellemoglobina con le sue funzioni di legame e trasporto dellossigeno -descrivere le funzioni generali degli enzimi e indicare le caratteristiche della cinetica enzimatica -definire le caratteristiche funzionali dei coenzimi utilizzati nelle reazioni metaboliche e identificare lazione biochimica delle varie vitamine -definire il concetto di bioenergetica e rappresentare le caratteristiche funzionali delle ossidazioni biologiche -elencare le tappe della glicolisi anaerobica -ossidazione del piruvato -correlare il ciclo di Krebs con i processi di fosforilazione ossidativa -shunt dellesosio monofosfato e finalit nei processi antiossidativi -descrivere il metabolismo del glicogeno -gluconeogenesi

MODALITA DELLESAME
U

-tanto per rompere il ghiaccio scrivere un metabolismo a piacere, cio bisogna conoscere le formule delle vie metaboliche, gli enzimi, la regolazione (a partire da questo la prof. Viola pu fare domande su altri argomenti correlati, cio su tutto non si scappa) in alternativa si pu recitare una poesia a scelta tra Leopardi e Ungaretti.

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