• I Sali minerali sono presenti come ioni. I cationi più importanti sono: Na +; K+; Ca++; Mg++. Gli anioni
sono: Cl-; SO4-; PO4-; CO3-; NO3-. I Sali in forma dissociata non hanno una distribuzione uniforme:
Na+ e Cl- → Si trovano nell’ambiente extracellulare;
K+ e Mg++ → Si trovano nell’ambiente intracellulare.
Il mantenimento di queste diverse concentrazioni permette la formazione del potenziale di membrana,
la pressione osmotica, l'equilibrio acido-base e il pH cellulare.
• Le proteine, o polipeptidi, hanno un ruolo fondamentale nella vita di una cellula. Infatti sono i
principali costituenti della cellula. Le proteine possono essere:
strutturali;
costitutive;
di trasporto;
mortici;
di accumulo;
regolatrici di geni;
rappresentare prodotti di secrezione esocrina o endocrina, ormoni, o sostanze di accumulo
intracellulare;
2
costituiscono gli enzimi, i catalizzatori di tutte le attività funzionali e metaboliche della cellula;
segnale, come gli anticorpi e molti altri recettori;
con funzioni specifiche.
l'acqua, ma secondo proprietà specifiche. Difatti si dividono in quattro classi a seconda delle loro code:
- acidi; - basici;
- polari; - apolari.
Quelli con catene laterali basiche o acide sono molto idrofilici, quelli con catene laterali apolari lo sono
di meno, e sono definiti idrofobici.
Gli amminoacidi si legano tra loro per formare polipeptidi, mediante la combinazione del gruppo α-
carbossilico con il gruppo α-amminico, tramite l’eliminazione di una molecola d’acqua. Il composto
formato da due amminoacidi prende il nome di dipeptide, mentre quello formato da una lunga catena si
chiama polipeptide o proteina. La distanza tra due legami polipeptidici è di circa 0.35 nm.
Le proteine presentano ad un’estremità della molecola un gruppo carbossilico libero, C-terminale, e
all’altra estremità un gruppo amminico libero, N-terminale. Gli amminoacidi di una proteina sono
numerati a partire dall’estremità N-terminale. Le proteine basiche di basso peso molecolare associate
al DNA, denominate istoni e protamine, sono ricche di amminoacidi basici, lisina e arginina. I gruppi
carbossilici e amminici liberi possono ionizzarsi e sono detti gruppi ionogeni. I gruppi acidi si caricano
negativamente, mentre i gruppi basici si caricano positivamente. I gruppi ionogeni e i gruppi liberi
terminali, carbossilici ed amminici, contribuiscono a determinare la reazione acido-base e le proprietà
elettriche delle proteine. Per ogni proteina esiste un valore di pH ben definito, detto punto
isoelettrico, dove la proteina ha carica netta zero. A valori più alti prevale la dissociazione dei gruppi
acidi e la proteina si comporta come un acido; a valori inferiori prevale la dissociazione dei gruppi basici,
e la proteina si comporta come una base. La migrazione delle proteine in un campo elettrico,
elettroforesi, dipende dal valore di pH della soluzione. Al punto isoelettrico non migrano; a valori più
alti migrano verso l’anodo; a valori più bassi verso il catodo.
La posizione degli amminoacidi è una caratteristica genetica ed è importante per avere una
corretta distanza affinché si possano formare i legami elettrostatici, i ponti a idrogeno, le
interazioni ioniche e i ponti disolfuro.
Ogni proteina ha una sua forma specifica a seconda del ruolo che deve svolgere. La struttura si divide
in quattro livelli:
struttura primaria → Costituita dalla successione dei diversi amminoacidi. Caratterizzata da
legami covalenti, determina la specificità delle proteine e la loro attività biologica. Possiamo
trovare anche legami S-S, o ponti disolfuro, tra due residui di cistina. In questa prima fase si
delineano due forze: attrazione e repulsione. Le strutture secondaria e terziaria dipendono
dalla struttura primaria. Il metodo di analisi della struttura primaria consiste nell’idrolizzare la
molecola in frammenti piccoli grazie ad enzimi e nell'identificare cromatograficamente gli
amminoacidi terminali. Una proteina male associata nella sua struttura primaria, non svolgerà più
la sua funzione;
struttura secondaria → Si ha un primo ripiegamento della catena di amminoacidi. Si può
analizzare grazie alla rifrazione dei raggi X. Questo ripiegamento 3D assume due strutture:
1. α-elica → La catena è avvolta su se stessa, grazie a legami idrogeno, tra un atomo di H di un
gruppo ammidico e l’O di un gruppo carbonilico, situato quattro posti più un basso. La catena
si avvolge con un passo di 3,6;
2. β foglietto → Si ha un'interazione tra il gruppo carbonilico e quello ammidico, i quali però
possono essere anche molto lontani fra loro. La catena ha così una struttura più distesa.
Solo in questo ripiegamento entrano in gioco i vari gruppi R. Più sono voluminosi più
impediscono un avvolgimento stretto. La catena non è continua, ma si organizza in un
andamento casuale.
Se i gruppi R non ingombrano, la distanza tra i vari legami è maggiore e si forma una catena ad
α-elica; se i gruppi R ingombrano, le distanze tra i legami idrogeno sono minori e la catene è più
distesa, formando un β foglietto.
struttura terziaria → I vari modelli di struttura secondaria assumono una conformazione 3D;
Le strutture secondaria e terziaria sono mantenute da una serie di legami deboli tra i residui di
amminoacidi presenti nelle catene polipeptidiche, legami ionici, a idrogeno, forze di Van der Waals.
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struttura quaternaria → Varie catene polipeptidiche, uguali o diverse tra loro, si associano in
una forma 3D. I gruppi ionogeni intervengono nel legare insieme due o più catene polipeptidiche
e possono svolgere un ruolo importante nel meccanismo di spiralizzazione delle proteine. I
legami tra amminoacidi basici e dicarbossilici, nella struttura terziaria e quaternaria, non sono
legami covalenti, ma interazioni ioniche tra gruppi carbossilici e amminici ionizzati. I legami che
tengono unite le subunità di questa struttura sono legami deboli, che possono essere rotti da
sostanze chimiche particolari, come per esempio l’urea. Esempi di proteina con struttura
quaternaria sono l'emoglobina, con 4 catene polipeptidiche identiche a due a due, α e β, gli
anticorpi, le proteine virali, molti enzimi e il collagene, dato dalla combinazione di subunità di
tropocollagene. Queste molecole a loro volta sono costituite da tre catene polipeptidiche
avvolte a spirale, contenenti brevi catene laterali di monosaccaridi e disaccaridi.
La funzionalità e la corretta attività di una proteina dipendono dalle strutture terziaria e quaternaria.
Vi sono però degli ibridi:
lipoproteine = lipidi + proteine → Principale forma di trasporto dei lipidi nel sangue. Formate da
una capsula proteica che avvolge un globulo di lipidi. Lei lipoproteine più importanti sono:
1. LDL → A bassa densità, trasportano il colesterolo in periferia;
2. HDL → Ad alta densità, trasportano il colesterolo al fegato.
glicoproteine = proteine + carboidrati → Proteine come una catena laterale costituita da un
carboidrato.
La funzione di ogni proteina dipende dall'integrità dei vari livelli di organizzazione della molecola.
Esempi significativi dell'importanza della corretta conformazione proteica sono dati dalle interazioni
enzima-substrato, antigene-anticorpo, recettore-ormone.
Le proteine possono subire un processo di alterazione delle molecole detta della denaturazione. Questa
alterazione è causata dalla temperatura o da sostanze chimiche particolari, che alterano la struttura
secondaria, terziaria, quaternaria, con conseguente perdita dell'attività proteica.
• Gli acidi nucleici portano l'informazione genetica e sono i depositari del DNA. Sono lunghi
polinucleotidi, polimeri lineari, formati dall'unione di più unità dette nucleotidi. I nucleotidi sono
costituite da tre componenti:
1. una molecola di pentosio, uno zucchero monosaccaride a cinque atomi di carbonio;
2. un acido ortofosforico;
3. una base azotata purinica, adenina o guanina, o pirimidinica, timida, citosina, o uracile.
Esistono quindi cinque diversi nucleotidi:
acido adenilico, o adenosinmonofosfato, AMP;
acido guanilico, o guanosinmonofosfato, GMP;
acido citidilico, o citidinmonofosfato, CMP;
acido timidilico, o timidinmonofosfato, TMP;
acido uridilico, o uridinmonofosfato, UMP.
A e G sono composte da due anelli a 5 e 6 atm di C; mentre T, C e U sono composte da un solo anello a 6
atm di C.
La molecola di pentosio lega lateralmente con il carbonio in posizione 1’ la base, e con il carbonio in
posizione 3’ o il 5’ l’acido fosforico. Nel DNA il pentosio è il desossiribosio, mentre nell’RNA è il ribosio.
Adenina, guanina e citosina sono comuni ai due tipi di acidi nucleici. La timina è tipica del DNA, mentre
l’uracile dell’RNA. Il DNA contiene anche piccole quantità di citosina metilata. Nell’RNA solubile o di
trasporto, una parte delle basi puriniche e pirimidiniche è metilata, metil-adenina, metil-guanina, metil-
citosina.
I nucleotidi liberi costituiscono il pool solubile nucleotidico, dal quale la cellula trae i monomeri per la
sintesi di nuovi acidi nucleici. I precursori della sintesi di DNA e RNA sono i nucleotidi allo stato di
trifosfati, ATP; GTP; CTP; TTP; UTP.
I nucleosidi = zucchero + base azotata. ⌠ Sono i componenti che danno E
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I nucleotidi = zucchero + base azotata + acido ortofosforico. ⌡ per il funzionamento delle cellule.
L'acido fosforico collega i nucleosidi con legami fosfodiesterici tra il carbonio 3’ del pentosio di un
nucleoside e il carbonio 5’ del nucleoside successivo. In questo modo sono utilizzati 2 dei gruppi acidi
del gruppo fosforico. Il gruppo acido rimanente è utilizzato per formare legami ionici con proteine
basiche. Questo gruppo acido è responsabile della basofilia degli acidi nucleici.
L’acido desossiribonucleico e l’acido ribonucleico possono essere marcati somministrando alle cellule i
precursori radioattivi, cioè la timidina per il DNA e l’uridina per l’RNA, i nucleotidi rispettivamente
della timina e dell’uracile. La cellula utilizza i nucleotidi radioattivi per sintetizzare nuove
macromolecole, che diventano radioattive possono essere svelate.
Nel 1953 Watson e Crick proposero un modello di struttura del DNA. Questo era composto da due
catene polinucleotidiche, che correvano in direzione opposta avvolte a spirale, a formare una doppia
elica. Le due catene erano collegate tra loro mediante legami idrogeno fra le basi. Le catene avevano
polarità opposte, erano antiparallele, cioè le posizioni 3’ e 5’ delle molecole di desossiribosio in una
catena erano orientate in direzione opposta a quelle delle molecole della catena complementare. Ciascun
giro completo della doppia elica si estendeva per circa 3,4nm e comprendeva dieci nucleotidi.
L’appaiamento delle basi è altamente specifico, nel senso che l’adenina si appaia mediante due legami a
idrogeno con la timina, mentre la citosina si appaia con tre legami idrogeno alla guanina. Questa
proprietà prende il nome di complementarietà e le due catene sono dette complementari.
La specificità dei geni e risiede nella successione, sequenza, delle basi, che può variare
considerevolmente nelle diverse molecole. Poiché l’appaiamento è specifico, avendo una sequenza di basi
si può predire una sequenza sulla catena opposta. Durante la duplicazione le due catene si separano per
l’apertura dei legami idrogeno e ciascuna catena funge da stampo per la sintesi di una catena
complementare, identica alla catena opposta. Per questo motivo si dice che la duplicazione è
semiconservativa → una catena di DNA è della cellula madre, l’altra è di nuova sintesi.
Riscaldando il DNA ad una temperatura superiore ai 70°C, i legami a idrogeno si rompono e le due
catene si separano = DENATURAZIONE. Ma abbassando gradualmente la temperatura la doppia elica si
ricompone, tramite un processo noto col nome di RINATURAZIONE.
Nella cellula sono presenti diversi tipi di RNA:
mRNA = RNA messaggero = codifica per le proteine;
rRNA = RNA ribosomiale = nucleo base dei ribosomi, sui quali l’mRNA viene tradotto in
proteine;
tRNA = RNA transfer, o RNA di trasporto = insieme di adattatori tra l’mRNA e gli amminoacidi
nella sintesi proteica;
RNA piccoli = sono attivi nello splicing dei precursori dell’mRNA, nel trasporto delle proteine al
RE e in altri processi cellulari.
La struttura primaria dell'RNA è simile a quella del DNA con l'eccezione che l'RNA contiene il ribosio e
l’uracile. La struttura secondaria del RNA è composta da una singola catena polinucleotidica, che può in
alcuni tratti ripiegarsi su se stessa a costituire i segmenti a doppi filamenti, mantenuti da ponti
idrogeno tra le basi appaiate. I tre RNA interagiscono tra loro provvedendo alla sintesi proteica della
cellula. L’mRNA porta l'informazione per la sintesi delle proteine dal DNA ai ribosomi; l’rRNA si associa
alle proteine formando i ribosomi, sede della sintesi proteica; il tRNA unisce sui ribosomi gli aminoacidi,
formando le proteine.
rRNA = questo RNA è situato nei ribosomi dello ialoplasma, nel nucleo e in piccola parte nei
mitocondri. È caratterizzato da una relativa stabilità, un lento “turnover”, e da una notevole omogeneità
per composizione di basi puriniche e pirimidiniche. Delle cellule superiori l’rRNA è presente nei ribosomi
in due forme con costanti di sedimentazione pari a 18S e 28S che è, combinandosi con le proteine
ribosomiali, formano le due subunità 40S, la minore, 60S, la maggiore. S = unità Svedberg di
sedimentazione. Nei batteri l’rRNA è presente in due forme 23S e 16S contenute in subunità ribosomi
che di 50S e 30S. Il nucleo loro era sede di produzione dell'rRNA.
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mRNA = questo RNA è in grado di trasferire l'informazione dal DNA ai ribosomi del citoplasma
e di codificare una proteina specifica. L'RNA messaggero è caratterizzato da una rapida degradazione
e dalla composizione in base si complementare a quella del DNA. Gli mRNA sono demoliti dalle
ribonucleasi endocellulari. L’mRNA è localizzato nel citoplasma dove è in parte libero in parte associato
ai polisomi. Questo RNA costituisce soltanto il 2-5% del contenuto in RNA totale della cellula. L’mRNA
è prodotto mediante un processo di rimodellamento di un RNA presente nel nucleo. (VEDI CAP. 6)
Queste sono le modalità di trasporto: l’mRNA viene trasportato fuori dallo nucleo, solo dopo aver
subito una maturazione, o processing, cioè una serie di reazioni chimiche, che avvengono durante la
trascrizione. Gli enzimi responsabili della maturazione dell'RNA seguono la RNA polimerasi, mentre
trascrive il DNA e si posizionano sulla molecola di RNA nascente. Solo gli RNA destinati a diventare
mRNA vengono dotati di:
un cappuccio, capping: modificazione del trascritto primario alla sua estremità al 5’, con un
nucleotide atipico, un guanin nucleotide con un gruppo metilico attaccato, prima che la RNA
polimerasi abbia completato tutto il gene;
un supplemento di coda per poliadenilazione: struttura applicata all'estremità 3’, o coda. Gli
RNA eucariotici vengono prima accorciati da un enzima e poi rifiniti da un altro che vi aggiunge
una serie di adenin (A) nucleotidi, la coda poli(A), lunga qualche centinaio di nucleotidi.
Queste due modificazioni:
incrementano la stabilità della molecola;
ne facilitano l'esportazione verso il citoplasma;
segnalano che l’mRNA contiene un’informazione completa.
Gli RNA nucleari continuavano ad accorciarsi nel nucleo. Come mai? Nel 1977 fu scoperta
l'organizzazione dei geni eucariotici, che differisce da quella dei geni batterici. Nei batteri le proteine
sono codificate da una sequenza continua di DNA trascritta in una RNA. Nella maggior parte dei geni
eucariotici la sequenza codificante è interrotta da lunghe sequenze interposte, non codificanti, dette
introni. I pezzi sparsi della sequenza codificante, cioè le sequenze espresse, dette esoni sono
generalmente più corte degli introni.
Il gene, fatto di esoni e introni, viene trascritto in RNA. Dopo la posizione del cappuccio, mentre la
RNA polimerasi sta ancora trascrivendo, comincia il processo di splicing, processo che comporta la
rimozione di tutti gli introni e la cucitura degli esoni. Alla fine il trascritto viene provvisto della coda di
poli(A) e fuoriesce dal nucleo grazie al sistema dei pori nucleari. Quello che si ottiene da questo
processo è una molecola di RNA messaggero matura e funzionale.
Ma come fa la cellula a riconoscere le parti della trascritto primario da eliminare? Ogni introne
contiene sequenze di nucleotidi brevi che fungono da segnale di rimozione: questi si trovano in
prossimità dell’uno e dell'altro capo dell'introne e sono identiche in tutti gli introni.
Durante lo splicing, il filamento di RNA forma una struttura ad ansa. Nella prima tappa un residuo di
adenina particolare, situato nella sequenza intronica, attacca il sito di splicing 5’ e taglia lo scheletro
zucchero-fosfato dell’RNA in quel punto. Il punto di taglio al 5’ dell’introne viene unito all’adenina,
formando una struttura ad ansa. L’estremità libera 3’ -OH alla fine della sequenza esonica reagisce con
l'estremità iniziale della sequenza esonica successiva, unendo i due esoni e liberando la struttura a
cappio che contiene gli introni, destinata alla demolizione. Lo splicing vede l'intervento dominante di
molecole di RNA, anziché di proteine. Sono proprio queste molecole che individuano il confine tra
introni ed esoni = piccoli RNA nucleari = snRNA, legano alcune proteine per trasformare le particelle
ribonucleoproteiche nucleari piccole = snRNP. Formano il corpo centrale dello spliceosoma, un grosso
aggregato di molecole proteiche e ribonucleiche, che nella cellula provvede a tagliare gli introni e
ricucire gli esoni.
Un gruppo di snRNP si associa al confine tra introni ed esoni, taglia via l’introne e ricongiunge la catena
di RNA liberando l’introne escisso sotto forma di una molecola con struttura a cappio. I compiti degli
snRNA nello spliceosoma sono:
riconoscere e legare per appaiamento le sequenze di nucleotidi che segnano l'inizio e la fine di
ogni introne;
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L'unione amminoacido-estremità 3’ del tRNA fa parte del gruppo di reazioni accoppiate all'idrolisi di
ATP, liberazione di E. Viene prodotto un legame ad alta E tra il tRNA e il suo amminoacido, che verrà
consumata nella sintesi delle proteine, per stabilire una legame covalente tra l'amminoacido e la catena
polipeptidica in crescita. L'accoppiamento codone-anticodone dipende dallo stesso tipo di
accoppiamento per basi complementari che regola replicazione e trascrizione del DNA.
La proteina viene costruita nel ribosoma, una grande complesso costituito da oltre 80 molecole
proteiche diverse, le proteine ribosomiche, e da svariati RNA detti RNA ribosomici, o rRNA. Negli
eucarioti le subunità dei ribosomi sono assemblate nel nucleo. Il ribosoma è costituito da due subunità:
1. subunità maggiore = 49 proteine + 3 molecole di RNA. Ha massa molecolare maggiore;
2. subunità minore = 33 proteine + una molecola di RNA. Ha massa molecolare minore.
I ribosomi degli eucarioti e dei batteri sono simili. Entrambi sono formati da una subunità più grande ed
una più piccola, che si combinano formando una ribosoma completo di massa cospicua. La subunità
minore accoppia i tRNA ai codoni dell’mRNA, mentre la subunità maggiore catalizza la formazione dei
legami peptidici che uniscono gli amminoacidi nella catena polipeptidica. Le due subunità si associano su
una molecola di mRNA e cominciano a sintetizzare una proteina. Il ribosoma scorre lungo l’mRNA
traducendo la sequenza di nucleotidi codone per codone, usando i tRNA come adattatori per aggiungere
un amminoacido. Le due subunità si separano, quando la sintesi è terminata. Ogni ribosoma contiene tre
siti di legame per le molecole di tRNA:
sito A = amminoacil-tRNA;
sito P = peptidil-tRNA;
sito E = uscita.
Una volta iniziata la sintesi ogni amminoacido viene aggiunto alla catena con una serie ciclica di reazioni.
La catena scorre da 5’ a 3’. Questo ciclo è diviso in tre stadi:
1. nel sito P troviamo un pezzo di catena polipeptidica. Un tRNA, con l'amminoacido successivo
della catena, si associa alle sito A, abbinando anticodone e codone;
2. il carbossiterminale della catena polipeptidica si stacca dal tRNA delle sito P e si unisce con un
legame peptidico al gruppo amminico nel sito A. Questa reazione ha come catalizzatore l’enzima
peptidil transferasi, proprio del ribosoma. Questo enzima fa slittare la subunità maggiore
rispetto a quella minore, spostando i due tRNA nei siti E e P;
3. la subunità minore scorre di tre nucleotidi lungo la molecola di mRNA, riportandola nella
posizione iniziale. Il tRNA rimasto nel sito E si dissocia.
Il ribosoma è costituito per due terzi da RNA e per un terzo da proteine. Gli rRNA hanno una
conformazione tridimensionale precisa e compatta, e costituiscono il corpo centrale del ribosoma. Le
proteine sono disposte sulla superficie. La loro funzione è quella di stabilizzare il nucleo della ribosoma,
favorendo le variazioni di forma dell'rRNA. I tre siti di legame per i tRNA sono formati principalmente
da RNA ribosomico. Le molecole di tRNA che possiedono attività catalitica prendono il nome di ribozimi.
Il sito di inizio della sintesi delle proteine sull'mRNA è cruciale. Basta un solo nucleotidi in più o in meno
per portare alla produzione di una proteina inattiva. La tappa iniziale segna anche l'ultima occasione per
la cellula di decidere se l'mRNA va tradotto. Infatti dalla frequenza di inizio dipende la velocità di
sintesi della proteina. La traduzione di un mRNA comincia con il codone AUG e richiede un tRNA
particolare = tRNA iniziatore, che porta come amminoacido la metionina. Così tutte le proteine di
nuova sintesi hanno in posizione amminoterminale la metionina.
Negli eucarioti il tRNA iniziatore si associa alla subunità minore con altre proteine dette fattori di
inizio della traduzione. Solo l'iniziatore è in grado di legarsi al sito P. Questa subunità si lega
all'estremità 5’ di una molecola di mRNA, scorrendo lungo il filamento, fino a quando non incontra il
codone AUG. I fattori d’inizio si dissociano e alla subunità minore si lega quella maggiore. Nel sito A
giunge il primo tRNA con l’amminoacido amminoacil-tRNA, con conseguente formazione del primo
legame peptidico. La sintesi ha inizio.
Nei batteri il meccanismo d’inizio è diverso. Gli mRNA batterici non hanno cappuccio al 5’ per segnalare
al ribosoma dove trovare il punto d'inizio della traduzione. Essi contengono invece sequenze specifiche
per legare il ribosoma, lunghe fino a 6 nucleotidi, poste poco prima del codone AUG. Diversamente da
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quello eucariotico, il ribosoma dei batteri ha la capacità di legarsi a codoni d'inizio posto all'interno di
un RNA messaggero purché sia preceduto da un sito di legame opportuno. In batteri hanno bisogno di
queste sequenze che legano i ribosomi perché gli mRNA sono spesso policistronici, cioè codificano
proteine diverse tutte tradotte dalla stessa molecole di mRNA. I codoni di terminazione, o codoni di
arresto o di stop, segnalano la fine del messaggio e solitamente sono tre:
- UAA; -UGA; -UAG.
Questi codoni segnalano al ribosoma di interrompere la traduzione. Proteine note come i fattori di
distacco si associano al codone di stop, modificando l'attività della ribosoma e facendogli aggiungere
una molecola d'acqua, al posto di un amminoacido. Questa reazione libera il carbossiterminale della
catena dal legame con una molecola di tRNA, inducendo il distacco. Il ribosoma lascia andare l'mRNA e
si dissocia nelle due subunità. Alcune catene polipeptidiche assumono spontaneamente la loro
conformazione tridimensionale; mentre altre richiedono l’aiuto di secondatrici molecolari per ripiegarsi
correttamente.
La sintesi di una proteina richiede da 20 secondi apparecchi minuti, ma anche in questo arco di tempo
così breve su una molecola di mRNA si verificano parecchi eventi di inizio. Spesso le molecole di mRNA
in via di traduzione assumono l'aspetto di poliribosomi, o polisomi, grossi aggregati costituiti da
ribosomi disposti su una sola molecola di mRNA distanti un minimo di 80 nucleotidi. Questo processo
permette di avere più proteine in un periodo molto breve.
Proteine, lipidi, acidi nucleici e carboidrati compongono gli organi cellulari, strutture metabolicamente
attive, delimitate da membrane e comuni a tutte le cellule.
Le cellule eucariotiche sembrano essere derivate per simbiosi, cioè fusione di due organismi per
reciproco vantaggio, di due cellule ancestrali.
La cellulosa è un omopolimero non ramificato di β-D-glucosio. Le molecole di cellulosa sono molto lunghe
e raggruppate in complessi microfibrillari rigidi, disposti in falsi paralleli. Questa struttura conferisce
rigidità alla parete cellulare delle cellule vegetali.
♣ I glicosamminoglicani sono polimeri di derivati di zuccheri semplici tra i quali più importanti sono
l'acido D-glucuronico, gli aminozuccheri, glucosamina e galattosamina, e gli esteri solforici. Il GAG è
costituito dalla ripetizione di un’unità disaccaridica formata da un’esosamina e da un acido uronico.
Alcuni glicosamminoglicani contengono acido solforico e per questo sono fortemente basofile. Tra i
glicosamminoglicani acidi, localizzati nell’ambiente extracellulare, troviamo l’eparina, un fattore
anticoagulante; i condroitinsolfati, presenti nella cartilagine; e l’acido ialuronico, nel connettivo
propriamente detto. Quest’ ultimo è anche presente negli umori acqueo e vitreo dell’occhio e nei fluidi
sinoviali.
Gli oligosaccaridi e i glicosamminoglicani formano le glicoproteine. Esistono due classi di glicoproteine,
quelle che contengono oligosaccaridi legati con legame O-glicosidico agli amminoacidi serina e treonina,
e quelle che contengono ho oligosaccaridi legati con legame N-glicosidico all'amminoacido aspargina.
Nella prima classe lo zucchero che si lega agli amminoacidi è l’N-acetilgalattosamina. Nell'altra classe lo
zucchero è l’N-acetilglucosamina. Le catene di oligosaccaridi solo di due tipi:
tipo semplice = contiene N-acetilglucosamina e mannosio;
tipo complesso = contiene N-acetilglucosamina, mannosio, acido sialico, galattosio o fucosio.
I polisaccaridi e i glicosamminoglicani formano i proteoglicani. Questi sono costituiti da un asse
proteico al quale si lega non i glicosamminoglicani. Di solito o un solo tipo di glicosamminoglicano si lega
alla stessa proteina, ma può accadere che anche più tipi siano presenti, come succede nella cartina
agile, che contiene condroitin solfato e cheratan solfato. Il legame glicosamminoglicani-asse proteico è
di due tipi, sia N-glicosidico, che O-glicosidico.
I proteoglicani differiscono dalle glicoproteine per la diversa natura dei glicosamminoglicani. Entrambe
queste classi sono presenti nella sostanza amorfa di tutti i tessuti connettivi, nelle membrane basali,
nei prodotti di secrezione delle ghiandole salivari mucipare e mucose, negli ovomucoidi, nelle stanze
presenti nella zona pellucida degli ovociti e nella chitina.
• I lipidi sono caratterizzati dall’insolubilità in acqua e dalla solubilità in solventi organici apolari,
quali il benzolo, l’etere di petrolio, il cloroformio. In tutte le molecole lipidiche prevalgono i gruppi
idrofobici su quelli idrofilici. I lipidi sono formati dall’esterificazione del glicerolo con gli acidi grassi e
possono essere divisi in:
lipidi semplici, o grassi neutri, o trigliceridi = triesteri di acidi grassi e glicerolo;
lipidi composti.
I primi sono totalmente idrofobici e tendono a formare accumuli all'interno delle cellule o ad associarsi
a proteine di trasporto. I secondi sono anfipatici, in quanto dispongono di una componente idrofilica è di
una componente idrofobica. Tra i lipidi composti troviamo:
1. fosfolipidi o fosfatidi = lipidi semplici + gr. fosforici;
2. glicolipidi = lipidi semplici + zuccheri;
3. cerebrosidi = lipidi semplici + carboidrati;
4. sfingolipidi = lipidi semplici + sfingosina.
Esistono altre molecole con caratteristiche simili ai lipidi: gli steroidi, caratterizzati dal nucleo
ciclopentanoperidrofenantrenico, e quali contengono gli ormoni sessuali, gli ormoni corticosurrenali, la
vitamina D, gli acidi biliari, gli steroli, i carotenoidi, pigmenti liposolubili diffusi nel regno vegetale, la
vitamina A e il retinene, derivati del carotene.
I lipidi semplici sono una fonte di energia e svolgono una funzione di protezione. Lipidi composti, con gli
steroli, sono denominati lipoidi e sono componenti strutturali delle membrane cellulari. Svolgono la
funzione di recettori di particelle virali e trasportano milioni a attraverso le membrane. In più
importanti sono le lectine, le cefaline, le sfingomieline, i cerebrosidi e i gangliosidi. Gli ultimi tre sono
presenti nel tessuto nervoso come costituenti della mielina.
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dovuti al movimento. I lipidi sono sostanze in grado di dare origine a strati molecolari dotati di queste
caratteristiche. Non sono solubili in acqua, in quanto contengono gruppi non polari, idrofobi. Nella
membrana plasmatica prevalgono i lipidi che contengono un gruppo fosfato, i fosfolipidi. La fluidità della
membrana è data da:
1. lipidi a catena corta, con doppi legami. Hanno punti di fusione bassi, per cui restano allo stato
fluido anche a bassa temperatura;
2. colesterolo = serve per riempire i buchi lasciati dalle catene dei fosfolipidi, a causa dei doppi
legami.
I lipidi di membrana hanno proprietà anfipatiche e formano nell'ambiente acquoso uno strato
bimolecolare = BILAYER LIPIDICO
- I lipidi di membrana sono definiti molecole anfipatiche in quanto posseggo una doppia natura:
1. Un gruppo idrofobico, costituito da residui di acidi grassi;
2. un gruppo polare, idrofilico. Nel colesterolo il gruppo idrofilico è un gruppo ossidrilico, mentre nei
fosfolipidi può essere un gruppo fosfato, carico negativamente, o un gruppo amminico, carico
positivamente.
In ambiente acquoso le teste polari si orientano verso la superficie acquosa, mentre le code apolari
rimangono in contatto tra loro, escludendo l'acqua. Si viene così a formare uno strato bimolecolare, con
le seguenti caratteristiche:
i gruppi apolari, rivolti verso l'interno della membrana, formano una barriera impermeabile alle
sostanze idrofile;
spessore di circa 4. 5 nm;
composizione di acidi grassi caratteristica per ogni classe di fosfolipidi di membrana.
I fosfogliceridi o glicerofosfolipidi sono i fosfolipidi più abbondanti nella membrana.
- Sono costituiti da una molecola di glicerolo, un alcol trivalente, con un atomo di carbonio esterificato
dall'acido fosforico, la testa, e gli altri due carboni esterificati da due lunghe molecole di acidi grassi,
la coda. La molecola di glicerolo triesterificata è denominata acido fosfatidico.
Solitamente l'acido fosforico dell'acido fosfati dico è esterificato da un alcol:
1. colina = fosfatidilcolina; ⌠sono i fosfogliceridi
2. etanolammina = fosfatidiletanolammina; ⌡più abbondanti
3. inositolo = fosfatidilinositolo. → Partecipa ai fenomeni di trasmissione dei segnali
- Gli sfingolipidi invece del glicerolo hanno un amminoalcol, la sfingosina, che si unisce tramite il gruppo
amminico ad un acido grasso, formando la ceramide. Il più abbondante sfingolipide di membrana è la
sfingomielina, una ceramide che presenta sul gruppo OH della sfingosina diverse sostituzioni. Un'altra
classe di molecole analoghe sono i glicosfingolipidi, nei quali la sfingosina della ceramide si lega ad uno
zucchero. A seconda del tipo di zucchero troviamo diverse classi di glicosfingolipidi, tra le quali i
cerebrosidi e i gangliosidi.
Le proteine sono insieme ai lipidi componenti principali della membrana plasmatica e costituiscono il
50% della massa delle membrane. Presentano un orientamento definito nel doppio strato e la loro
distribuzione determina un'asimmetria, cioè una diversificazione tra le due facce della membrana:
FACCIA ESTERNA = contiene glicoproteine responsabili dei fenomeni di interazione e
riconoscimento di molecole. Svolgono la funzione di recettori e di trasporto di nutrienti;
FACCIA INTERNA = troviamo di proteine necessarie per lo svolgimento di fenomeni specifici,
quali l'adesione, la tensione intracellulare o la trasmissione di segnali.
dalla natura delle code idrocarburiche. Quanto più le code sono fitte e stipate con regolarità, tanto più
viscoso e meno fluido risulta il doppio strato. Due proprietà condizionano la disposizione delle code:
lunghezza: code piuttosto corte fanno aumentare la fluidità del doppio strato. Le code
idrocarburiche variano tra i 14 e 24 atomi di carbonio, ma più comunemente si aggirano sui 18-
20;
insaturazione, cioè il numero di doppi legami che contengono. Nelle due catene fosfolipidiche
una contiene doppi legami, mentre l'altra è composta solo da singoli legami. La catena con doppi
legami non contiene il numero massimo di idrogeni legati al carbonio, per cui si dice che è
insatura rispetto all'idrogeno. La seconda catena che generalmente ha tutti i legami si dice
satura. Ogni doppio legame produce un gomito nell'ossatura carboniosa delle code, rendendo più
difficile disporsi a stretto contatto. I doppi strati che contengono una quantità abbondante di
code idrocarburiche insature, risultano più fluidi → i buchi creati dalle code sono occupati dal
colesterolo, al cui abbondanza riduce la fluidità, irrigidendo la membrana.
Nelle cellule animali la fluidità viene modulata dalla presenza del colesterolo, uno sterolo le cui molecole
corte e rigide abbondano nella membrana plasmatica, posizionandosi negli spazi lasciati dalle code
idrocarburiche insature. La fluidità:
1. consente alle proteine di diffondere nel doppio strato;
2. consente ai lipidi e alle proteine di diffondere dai siti in cui vengono prodotti alle regioni della
cellula in cui sono destinati;
3. permette la fusione di membrane.
I carboidrati sono presenti sulla superficie esterna della membrana, in combinazione con
proteine e lipidi
- I carboidrati della membrana sono oligosaccaridi e sono associati a:
proteine = formano:
1. glicoproteine = 4% dei carboidrati;
2. proteoglicani = contengono un'elevata concentrazione di derivati amminici e gli zuccheri;
lipidi = formano i glicolipidi.
Ad una catena polipeptidica sono attaccati in punti diversi più catene oligosaccaridiche. La componente
carboidratica è raccolta ad una estremità della catena polipeptidica e si dirama all' esterno della
membrana. Gli oligosaccaridi sono legati mediante legami glicosidici all'idrossile di serina e treonina, o al
gruppo amminico dell'aspargina. Nelle catene oligosaccaridiche è presente l'acido sialico. A causa del
suo gruppo carbossilico, l'acido possiede un potenziale elettrico che conferisce una carica negativa alla
superficie cellulare. È digerito dalla neuroaminidasi, che riduce fortemente la carica elettrica della
superficie cellulare.
- Il plasmalemma a uno spessore di 7.5-10nm e appare costituita da tre strati: due esterni e densi, di
uguale spessore, e uno intermedio più chiaro, più spesso. I due strati più scuri derivano dall'interazione
delle teste dei fosfolipidi, mentre lo strato più chiaro è dovuto alla interazione delle code idrofobiche.
IL TRASPORTO DI MEMBRANA
La membrana plasmatica regola scambi tra l'ambiente interno della cellula e quello esterno.
- La funzione principale della membrana è quella di regolare gli scambi tra l'ambiente interno e quello
esterno. Questo grazie alla sua permeabilità. Attraverso la membrana passano:
1. ioni = Na+, K+, Cl-, Ca++, Mg++;
2. piccole molecole provenienti dall'assorbimento intestinale, utilizzate per la sintesi di
aminoacidi, glucosio, acidi grassi...;
3. vitamine, ormoni, ossigeno e anidride carbonica.
La membrana esercita una selezione sulle sostanze da trasportare. Il trasporto avviene in due modi:
trasporto attivo = con consumo di energia. Avviene contro gradiente;
trasporto passivo = senza consumo di energia. Avviene secondo gradiente. È diviso in:
1. diffusione semplice;
2. diffusione facilitata.
Le modalità di trasporto variano in funzione delle dimensioni e della liposolubilità delle molecole
trasportate. Piccole molecole prive di carica elettrica diffondono attraverso il doppio strato lipidico,
mentre molecole dotate di carica diffondono attraverso la componente proteica.
La diffusione semplice è regolata dall' equilibrio di concentrazione.
- La diffusione semplice avviene secondo gradiente di concentrazione. Questo influenza la velocità di
diffusione, la quale è tanto più rapida, quanto maggiore è la differenza di concentrazione tra le due
soluzioni. La diffusione di ioni è influenzata anche dalle loro cariche elettriche. Affine al concetto di
diffusione c'è l'osmosi, che consiste in una migrazione delle molecole di un solvente, attraverso una
membrana, verso una zona dove si trova più concentrato un soluto. Una delle funzioni della membrana
plasmatica è quella di mantenere costante la pressione osmotica intracellulare. Soluzioni con la stessa
pressione si dicono isotoniche; con pressioni superiori, ipertoniche; con pressioni inferiori, ipotoniche.
Nelle cellule animali la pressione osmotica all'interno della cellula coincide con quella che si trova
all'esterno della cellula; mentre nelle cellule vegetali la pressione osmotica all'interno è » maggiore.
Questo determina il cosiddetto turgore cellulare.
Piccole molecole, come l'acqua o il glicerolo, attraversano spontaneamente la membrana plasmatica, per
diffusione semplice. Per gran parte di queste piccole molecole è un processo spontaneo, che avviene
senza consumo di energia. Questa modalità di trasporto si verifica anche per gli ioni che passano
attraverso la membrana, grazie alla presenza di canali idrofilici. Questi canali possono essere sempre
aperti oppure aperti solo in presenza di segnali opportuni. In questo caso sono detti canali con cancello.
16
Il trasporto attraverso la membrana di sostanze non liposolubili è molto lento, mentre quello delle
sostanze liposolubili ha una velocità influenzata dal grado di solubilità dei grassi e dalle dimensioni delle
molecole.
Oltre agli ioni anche piccole molecole entrano per trasporto attivo.
- Il trasporto attivo interviene anche nel passaggio di piccole molecole come zuccheri, aminoacidi, acidi
grassi, troppo grandi per poter attraversare il poro di membrana. Esistono delle molecole trasportatrici
specifiche per varie sostanze. Queste si combinano con la molecola, la trasporto attraverso la
membrana e poi la liberano sul versante opposto. Nei batteri esistono da 30-60 enzimi localizzati sulla
membrana cellulare, a formare i sistemi di permeasi. Negli eucarioti molti meccanismi di trasporto di
questo tipo sono sotto controllo ormonale. Ad esempio l'insulina accelera la velocità di penetrazione del
glucosio nella cellula.
La diffusione facilitata è mediata da molecole trasportatrici, trasporto passivo mediato.
- La diffusione facilitata è un processo di trasporto mediato da molecole trasportatrici, o vettrici, ma
non avviene contro gradiente di concentrazione. È una trasporto che avviene senza dispersione di
energia. Un gradiente di concentrazione, come quello generato dalla pompa sodio-potassio, può servire
al trasporto di altre molecole. Protende in lettori che fanno questo si definiscono proteine accoppiate.
Ci sono tre sistemi di trasporto:
1. simporto = due molecole vengono trasportate nella stessa direzione;
2. uniporto = una sola molecola viene trasportata in una sola direzione;
3. antiporto = due molecole vengono trasportate in due direzioni diverse.
Le molecole possono essere:
due ioni inorganici;
due molecole organiche;
uno ione e una molecola.
Il principio base di questo trasporto è che se manca una componente il trasporto non avviene. Un
esempio di simporto è quello delle cellule intestinali che trasportano il glucosio.
La diffusione facilitata presenta una cinetica di saturazione: aumentando la concentrazione delle
sostanze, la concentrazione all'interno della cellula cresce linearmente per poi raggiungere un plateau,
quando tutte le molecole trasportatrici sono sature, cioè legate alle sostanze da trasportare. Un
esempio può essere il trasporto di glucosio nei globuli rossi o nelle cellule epatiche.
La diversa concentrazione di ioni all'interno e all'esterno della cellula determina il potenziale di
membrana.
- Nel citoplasma c'è una forte concentrazione di anioni organici, che possono diffondere liberamente
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attraverso la membrana, a causa delle loro dimensioni. Questo provoca una diffusione non uguale di ioni
all'interno e all' esterno della cellula. Si genera, per questo motivo, una differenza di potenziale
elettrico tra il lato interno, carico n negativamente, e quello esterno, carico positivamente. Questa
differenza di potenziale prendere il nome di potenziale di membrana, o di riposo, e varia nei diversi
tessuti da -20 a -100mv, millivolt. Questa differenza di potenziale è di rilevante importanza fisiologica.
dall'eparansolfato. Sulla membrana plasmatica esistono recettori, le integrine, che interagiscono con il
glicocalice, causando l'adesione della cellula all'ambiente esterno.
LA MATRICE CITOPLASMATICA
La matrice citoplasmatica rappresenta il mezzo nel quale si svolgono le funzioni biosintetiche della
cellula.
- La frazione solubile del citoplasma, o citosol, contiene i costituenti chimici della matrice
citoplasmatica. La matrice è ricca di acqua, ma contiene anche RNA, carboidrati, amminoacidi, fosfatidi,
nucleosidi, nucleotidi, componenti del metabolismo intermedio e sali in organici. Nella matrice sono
disperse molecole proteiche che formano le componenti del citoscheletro. Attraverso i pori del nucleo
la matrice citoplasmatica è in continuità con il nucleoplasma. Le proteine della matrice citoplasmatica,
per la maggior parte globulari, possono aggregarsi in strutture fibrillari dando luogo ad un reticolo 3D,
che modifica il grado di viscosità del citoplasma. Se la matrice è molto viscosa e possiede la consistenza
di un gel si parlerà di plasmagel; se diventa più liquida ed è paragonabile ad un sol, si parlerà di
plasmasol.
l'altra costituita dalla stessa matrice, fase esterna. Le cavità possono assumere forma di ampi sacchi
appiattiti o dilatati, le cisterne, oppure la forma di tubuli o vescicole. Tale sistema di membrane prende
il nome di reticolo endoplasmatico. Le cavità del reticolo comunicano tra loro e la sua dimensione varia
notevolmente. La superficie esterna delle membrane delle reticolo endoplasmatico può essere cosparsa
di ribosomi. Si possono distinguere due tipi di reticolo endoplasmatico, proprio grazie a questa
caratteristica:
1. reticolo endoplasmatico rugoso o granulare = RER, detto ergastoplasma è cosparso di ribosomi;
2. reticolo endoplasmatico liscio o agranulare = REL, è privo di ribosomi.
Tutte le cellule sono dotate di entrambi questi reticoli, ma sviluppati in maniera differente.
Le membrane delle reticolo endoplasmatico si continuano con le due membrane nucleari
formando l'involucro nucleare o carioteca.
- Si ha una comunicazione diretta delle cavità delle reticolo con la cisterna perinucleare. L’involucro
nucleare è una grande cisterna del RE che si distende ed avvolge il nucleo ed il nucleoplasma. L’involucro
nucleare si differenzia però dalle membrane delle reticolo endoplasmatico per la presenza di pori e
l'assenza di ribosomi.
MICROSOMI
I microsomi corrispondono a frammenti di reticolo endoplasmatico rugoso o liscio.
- I microsomi sono vescicole sferiche, contenenti materiale amorfo, rivestite di membrana, talune
provviste di ribosomi sulla loro superficie esterna. Hanno RNA, proteine, enzimi, fosfolipidi, inositolo e
gangliosidi. Tra gli enzimi troviamo fosfatasi, esterasi, enzimi del metabolismo del glicogeno, della
sintesi dei trigliceridi, degli acidi grassi ed enzimi che partecipano alla sintesi degli steroidi. Tra le
fosfatasi si osserva la glucosio-6-fosfatasi, marcatore specifico delle membrane delle reticolo
endoplasmatico liscio. La frazione microsomica contiene frammenti di membrane dell'apparato di Golgi
e di membrana plasmatica.
proteine che non devono essere secrete possono essere sintetizzate su ribosomi associati alle
membrane.
Gli organelli sono polarizzati secondo l'asse longitudinale della cellula, con nucleo e RE situati nella
regione basale, apparato di Golgi nella regione centrale e vescicole nella regione apicale. Questa
disposizione viene messa in relazione al percorso dei prodotti di secrezione attraverso la cellula.
I ribosomi sono la sede di sintesi delle proteine; mentre RE, apparato di Golgi e vacuoli sono le tappe
successive dei prodotti di sintesi verso l'esterno.
Sul reticolo endoplasmatico rugoso avviene la sintesi delle proteine secretorie e lisosomiali.
- I ribosomi sono la sede della sintesi proteica e richiedono l'interazione delle tre classi di RNA, rRNA,
mRNA, tRNA. I ribosomi sulla faccia esterna delle cisterne del RER sono la sede della sintesi delle
proteine di secrezione, lisosomiali e di membrana, mentre i ribosomi liberi sono impegnati nella sintesi
di proteine solubili e destinate a restare dentro la cellula. La parte iniziale delle proteine, prossima
all’N-terminale, è una sequenza segnale capace di far aderire il complesso mRNA-ribosoma alla
membrana delle reticolo endoplasmatico e di consentire il passaggio del peptide nascente nel lume del
reticolo endoplasmatico. Anche la sintesi delle proteine destinate alla secrezione inizia dopo il legame
del mRNA ad un ribosoma libero nel citoplasma. Tuttavia il polipeptide nascente contiene una sequenza
iniziale idrofobica, formata da amminoacidi non polari, che indirizza la catena alle membrane delle
reticolo endoplasmatico e rimane fino al completamento della proteina. Appena sporge dal ribosoma, la
sequenza segnale viene riconosciuta da una complesso proteico e da una molecola di RNA, presenti nel
citoplasma. Tale complesso è denominato particella che riconosce il segnale,o SRP. L'aggancio di SRP
alla sequenza blocca la sintesi del polipeptide fino a che il complesso SRP-ribosoma-polipeptide non
giunge al reticolo endoplasmatico, al quale aderisce grazie alla presenza sulla membrana di un recettore
per SRP. L'aggancio alla membrana determina il distacco di SRP dalla sequenza segnale e il legame della
sequenza stessa ad una componente della membrana del reticolo endoplasmatico. La traduzione
riprende e la proteina, attraverso un canale di membrana, giunge nel lume del reticolo endoplasmatico.
Quando la sintesi è completa il ribosoma si distacca. Ogni molecola di mRNA si lega ha più ribosomi,
poliribosomi, che lo traducono contemporaneamente.
Sul reticolo endoplasmatico avviene la sintesi delle proteine e dei lipidi di membrana.
- Il destino di una proteina sintetizzata nel citosol dipende dalla sua sequenza di aminoacidi, che
contiene un segnale di smistamento preposto ad indirizzare la proteina verso l'organello appropriato. Le
proteine prive di tali segnali restano confinate nel citosol. Gli organelli devono risolvere una problema:
far superare alle macromolecole idrofiliche una barriera che, per loro, è impermeabile. Per fare ciò
importano le proteine con tre sistemi diversi:
1. dal citosol al nucleo = passaggio attraverso i pori nucleari, che fungono da barriere selettive,
trasportando attivamente macromolecole specifiche, senza ostacolare la diffusione di molecole
più piccole;
2. dal citosol al RE, ai mitocondri, ai cloroplasti o ai perossisomi = passaggio attraverso la
membrana dell'organello per mezzo di traslocatori proteici situati sulla membrana stessa. La
proteina deve svolgersi per penetrare nella membrana;
3. oltre il RE = viaggio attraverso vescicole di trasporto, che imbarcano un carico di proteine nello
spazio interno, o lume, di un comparto. Le vescicole depongono il carico fondendosi con la
membrana di un altro organello.
Tutti questi processi richiedono E. Nei meccanismi 1 e 3 la proteina mantiene la sua conformazione
ripiegata durante le varie fasi del trasporto; mentre nelle caso del meccanismo 2 deve solitamente
svolgersi per entrare. Sulle proteine il tipico segnale di smistamento consiste in una tratto continuo di
15-60 aminoacidi. Questa sequenza segnale viene spesso rimossa dalla proteina finita. È questa
sequenza che fa giungere la proteina alla giusta destinazione.
La formazione di nuova membrana avviene per l'inserimento di proteine e lipidi di nuova sintesi a livello
del reticolo endoplasmatico. Non tutte le proteine che entrano nel RE si liberano nel suo lume: alcune
restano immerse nella membrana come proteine transmembrana.
21
La gran parte delle proteine sintetizzate sui ribosomi del reticolo sono destinate a diventare
glicoproteine grazie ad un complesso processo di glicosilazione, che inizia nelle cavità del reticolo per
completarsi nell'apparato di Golgi. La componente carboidratica, oligosaccaride, viene attaccata alla
proteina da un atomo di azoto di un residuo asparginico. Il segmento iniziale di ciascun oligosaccaride
viene sintetizzato su una molecola lipidica di trasporto ancorata alla membrana: il dolicolo fosfato.
Alcuni enzimi aggiungono zuccheri al dolicolo. Una volta sintetizzata un'unità oligosaccaridica formata
da 14 molecole di zuccheri, questa viene aggiunta in blocco ad un residuo asparginico. Le successive
modificazioni avvengono prima nel RE, dove vengono rimosse alcune molecole terminali di glucosio, e
successivamente nel complesso di Golgi. Nel reticolo endoplasmatico si verifica anche l’idrossilazione
dei residui di lisina e di prolina del tropocollagene.
LE VESCICOLE DI TRASPORTO
Proteine e lipidi di nuova sintesi si spostano lungo il sistema membranoso in vescicole di
trasporto.
- Le vescicole gemmano dal RE e passano da un compartimento all'altro del Golgi per giungere
direttamente alla membrana cellulare, ai lisosomi o alle vescicole di secrezione.
Formazione delle vescicole, identificazione della membrana bersagli e fusione tra membrane.
L'ingresso nell'RE è solo la prima tappa di un percorso verso un'altra destinazione, l'apparato di Golgi, e
successivamente altri organelli. Questo trasporto si svolge per gemmazione e fusione continua di
vescicole di trasporto. Queste vescicole attuano due tragitti: dall'interno verso l'esterno, e
dall'esterno verso l'interno. Man mano che le vescicole procedono verso l'esterno le molecole al loro
interno subiscono cambiamenti.
Il tragitto interno-esterno = via secretoria maestra = ESOCITOSI
Il tragitto esterno-interno = via endocitica maestra = ENDOCITOSI
Le vescicole gemmano da una membrana e vanno a fondersi con un'altra, trasportando componenti della
membrana e proteine solubili da un comparto cellulare all'altro. Lo spazio extracellulare e tutti i
compartimenti delimitati da membrana comunicano tra loro per mezzo di vescicole di trasporto. Nella
via secretoria diretta all'esterno le molecole proteiche vengono trasportate dal RE, attraverso
l'apparato di Golgi, alla membrana plasmatica, o grazie agli endosomi, giungono ai lisosomi. Nella via
endocitica, diretta verso l'interno, le molecole extracellulari vengono inglobate in vescicole derivate
dalla membrana plasmatica e recapitate agli endosomi precoci e infine, grazie agli endosomi tardivi,
23
giungono ai lisosomi. Per operare correttamente, ogni vescicola porta con sé solo le proteine necessarie
al destinatario e si fonde solo con la membrana bersaglio appropriata.
Le vescicole che gemmano dalla membrana mostrano un rivestimento proteico sulla faccia rivolta verso
il citosol = vescicole rivestite. Dopo la gemmazione la vescicola perde il suo rivestimento. La cellula
produce due tipi di vescicole rivestite, ciascuno caratterizzato da un involucro specifico, con due
funzioni diverse:
- conferisce alla membrana la conformazione a gemma;
- ingloba le molecole da trasportare a destinazione.
♀ 1. Le vescicole meglio esaminate hanno rivestimenti di clatrina, per cui sono note come
vescicole rivestite di clatrina. Queste gemmano:
- dall'apparato di Golgi se dirette verso l'esterno;
- dalla membrana plasmatica se dirette all'interno.
Ogni vescicola comincia come una fossette rivestita di clatrina. Le
molecole di questa proteina si aggregano in una rete a forma di canestro
sulla faccia citosolica della membrana, dando inizio alla creazione di una
vescicola. La dinamina, una piccola proteina capace di legare GTP, si
aggrega in un anello intorno alla radice di ogni fossetta. Insieme ad altre
proteine la dinamina, grazie all'idrolisi del GTP, fa contrarre l'anello e la
vescicola si stacca. Una seconda categoria di proteine di rivestimento sono
le adattine, che legano il rivestimento di clatrina alla membrana della
vescicola e contribuiscono a scegliere le molecole da trasportare. A
gemmazione completa le proteine di trasporto si staccano e la vescicola si fonde con la membrana
bersaglio.
Esistono due tipi di adattine:
1. quelle che legano i recettori di carico a livello della membrana plasmatica;
2. quelle che legano i recettori a livello dell'apparato di Golgi.
♀ 2. Le vescicole rivestite da COP, coat protein, coatomeri, appartengono ad un'altra classe,
adibita a trasferire molecole dal RE all'apparato di Golgi e da una zona dell'apparato di Golgi ad
un'altra.
Una volta gemmata la vescicole rivestita deve trovare la strada per giungere a destinazione. La
vescicole viene trasportata attivamente da proteine motrici. La specificità del trasporto vescicolare
indica che tutti i tipi di vescicole della cellula portano in superficie marcatori molecolari che ne
identificano l'origine e il contenuto. Questi marcatori devono essere riconosciuti da recettori
complementari situati sulla membrana bersaglio. Il meccanismo di questo riconoscimento è dovuto ad
una famiglia di proteine transmembrana = SNARE:
- quelle sulla vescicola = v-SNARE;
- quelle sul lato citosolico della membrana bersaglio = t-SNARE, target.
Ogni organello e ogni tipo di trasporto ha la sua specifica SNARE. Quando la vescicola ha riconosciuto
la membrana bersaglio si fonde con essa. Non solo il contenuto della vescicole si scarica dentro
organello, ma la sua membrana va ad aggiungersi a quella dell'organello stesso. La fusione della
membrana non è sempre immediata, spesso ha bisogno di un segnale. Affinché questa fusione avvenga i
due doppi strati devono restare A non più di 1,5 nm. Per stabilire un rapporto così stretto bisogna
escludere l'acqua. Le proteine SNARE svolgono un ruolo centrale nella fusione tra membrane.
L’appaiamento delle v-SNARE con le t-SNARE forza i due doppi strati a stretto contatto, in modo che i
lipidi fluiscono da uno all'altro e le membrane si fondono. Nella cellula altre proteine cooperano con le
SNARE per dare inizio alla fusione. Altre proteine ancora promuovono il distacco delle SNARE.
Le vescicole rivestite da coatomeri sono responsabili del flusso vescicolare costitutivo.
(vescicole rivestite da coatomeri)
- Esiste un flusso continuo di vescicole rivestite da coatomeri che originano dal RE, attraversano il
Golgi e giungono alla membrana plasmatica. Questo tipo di trasporto definito trasporto vescicolare non
regolato o costitutivo, consente a proteine di secrezione neosintetizzate di essere trasportate in
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maniera automatica da un compartimento all'altro, per essere secrete sulla superficie cellulare. Allo
stesso modo, proteine e lipidi di membrana sono continuamente trasferiti alla membrana cellulare.
Questo trasporto vescicolare è responsabile del continuo rinnovamento della membrana plasmatica e
della secrezione costitutiva. Esiste anche una secrezione regolata nella quale sono coinvolte vescicole
rivestite da clatrina, che originano dalla regione trans del Golgi.
Le proteine neosintetizzate destinati al reticolo endoplasmatico e alle regioni del Golgi sono
trattenute nelle sedi grazie al flusso vescicolare regolato. (vescicole rivestite da clatrina)
- Esistono specifiche frequenze di aminoacidi della proteina che svolgono funzioni di segnale di
localizzazione, indirizzando le proteine alla corretta destinazione. Il mantenimento nel reticolo
endoplasmatico di proteine proprie di quest'organello è dovuto alla sequenza segnale KDEL, lisina-
aspargina-glucina-leucina, presente all'estremità C-terminale delle proteine destinate alle rerticolo
endoplasmatico. La ritenzione di una proteina transmembrana è dovuta, invece, ad una sequenza
contenente due residui di lisina all’estremità C-terminale, KKXX, dove K è la lisina e X altri amminoacidi.
APPARATO DI GOLGI
Localizzazione e funzioni dell’apparato di Golgi.
- L’apparato di Golgi fu scoperto nel 1898 dall'omonimo scienziato, Camillo Golgi. La zona di citoplasma
dove risiede il complesso di Golgi prende il nome di zona di Golgi. L'apparato di Golgi è situato vicino al
nucleo, prossimo al centrosoma, e consiste in una serie di sacchetti, delimitati da membrana, detti
cisterne, disposti uno sopra l'altro. Ogni pila comprende da tre a venti cisterne. Nel Golgi ogni pila ha
due lati distinti:
- uno di ingresso o cis, adiacente al RE;
- uno di uscita o trans, rivolto verso la membrana plasmatica.
All'apparato di Golgi è inoltre associato un sistema di vescicole, alcune rivestite, altre no, e anche dei
vacuoli. Le sue dimensioni sono variabili e anche la posizione all’interno della cellula varia. L’apparato di
Golgi è diviso in tre compartimenti:
1. regione cis = prossima al nucleo e in rapporto con il reticolo endoplasmatico contiene proteine
solubile e di membrana provenienti dal RE sotto forma di vescicole di trasporto. In questa zona
avviene la fosforilazione delle proteine che così rimangono attaccate alla membrana, passando,
senza trasformazioni, al Golgi trans;
2. regione intermedia = qui avviene la solfatazione, SH, delle proteine, si formano i GAG e si
completano le glicoproteine;
3. regione trans = avviene il completamento della solfatazione, inizia la sintesi del
protoamminoglicano e le vescicole si spostano verso la fine dell’apparato, nella zona nota con il
nome di TRANS GOLGI NETWORK, dalla quale partiranno una serie di vescicole adibite al
trasporto delle sostanze nelle varie zone intra-extracelulari.
Le proteine viaggiano da una cisterna all'altra tramite vescicole. Le proteine escono dal reticolo di Golgi
trans dentro vescicole di trasporto destinate alla superficie cellulare, o ad un'altro comparto. Per lo
smistamento delle proteine sono importanti entrambi i reticoli di Golgi:
- le proteine che entrano nel reticolo di Golgi cis possono:
1. proseguire lungo tutta la serie delle cisterne;
2. se contengono il segnale di ritenzione al RE, tornare tu al RE stesso;
- le proteine che escono per il reticolo di Golgi trans vengono:
1. smistate verso i lisosomi;
2. smistate verso la superficie cellulare.
Le proteine subiscono ulteriori modifiche a livello dell'apparato di Golgi. Gli enzimi che intervengono in
fase precoce si collocano in prossimità della faccia cis, mentre gli enzimi della fase tardiva occupano
una posizione prossima alla faccia trans.
L’apparato di Golgi è preposto al rilascio delle proteine di secrezione all'esterno della cellula. In questo
organulo avvengono processi sintetici, come il completamento della glicosilazione, la sintesi di molecole
polisaccaridiche e di alcuni lipidi. Nel Golgi sono inoltre presenti enzimi capaci di aggiungere gruppi
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fosfato, solfato e acidi grassi alle proteine. Inoltre l'apparato di Golgi ha un ruolo centrale nel corretto
smistamento delle molecole sintetizzate nel reticolo e nel Golgi stesso, verso la loro destinazione
finale.
Nel Golgi si completa la sintesi della componente oligosaccaridica delle glicoproteine iniziata nel
reticolo endoplasmatico.
- La glicosilazione delle proteine inizia nel lume del reticolo endoplasmatico, dove ad ogni catena
polipeptidica viene aggiunto lo stesso tipo di oligosaccaride, costituito da 14 molecole di esosi: 2 di N-
acetilglucosammina; 9 di mannosio; 3 di glucosio. Questa catena viene sintetizzata sul dolicolo, un lipide
di membrana. Prima che le proteine lascino il reticolo endoplasmatico vengono rimosse tre molecole di
glucosio ed una di mannosio. Quando raggiungono il Golgi specifici enzimi completano la glicosilazione.
Dapprima vengono rimorse tre molecole di mannosio, grazie all'enzima mannosidasi I, seguito l'enzima
N-acetilglucosammina transferasi I, aggiunge una molecola di N-acetilglucosammina ai mannosi rimasti.
La mannosidasi II aggiunge due mannosi e la N-acetilglucosammina transferasi II una molecola di N-
acetilglucosammina. Altri enzimi aggiungono galattosio e acido sialico.
L’apparato di Golgi partecipa alla sintesi di lipidi e glicolipidi.
- La sfingomielina, l'unico fosfolipide di membrana che non contiene il glicerolo, è sintetizzato nel Golgi
per giunta di fosforilcolina alla ceramide, sintetizzata nel RE.
L’apparato di Golgi è anche sede della sintesi dei polisaccaridi.
- Tra questi troviamo i glicosamminoglicani, che costituiscono la componente carboidratica dei
proteoglicani, le macromolecole che formano la matrice extracellulare dei tessuti connettivi. La
secrezione del prodotto avviene per gemmazione dal Golgi di vescicole verso la membrana plasmatica.
Un'altro prodotto di sintesi è la mucina, sintetizzata dalle cellule caliciformi dell'intestino. Questo
polisaccaride si lega ad una componente proteica sintetizzata sui ribosomi adesi al RE. Il Golgi
sintetizza emicellulose e pectine. Inoltre costituisce la sede dell'informazione dell’acrosoma dei
spermatozoi.
L'apparato di Golgi separa gli enzimi lisosomiali dalle proteine destinate ad essere secrete.
- Le proteine lisosomiali sono glicosilate da un atomo di azoto di un residuo di aspargina. Tuttavia,
invece di avere una rimozione di mannosio, queste glicoproteine vengono fosforilate. Ecco come il Golgi
riconosce gli enzimi lisosomiali da trasportare ai lisosomi. I recettori situati nel trans Golgi che
riconoscono l’enzima lisosomiale sono indicati con la sigla MPR, perché si legano al mannosio-6-fosfato.
Riconoscendo questo zucchero, segregano le glicoproteine ad essere associate a vescicole rivestite da
clatrina. Il rivestimento delle vescicole è costituito da due tipi di proteine: clatrina e adattine. Le
molecole di clatrina sono disposte a gruppi di tre, trischilioni, e formano una specie di struttura a
canestro che circonda la vescicola. Le adattine, o proteine di assemblaggio, sono disposte a formare uno
strato tra la clatrina e la membrana plasmatica, possedendo siti di attacco per entrambe.
2. micropinocitosi, che recupera le vescicole che entrano a far parte del reticolo endoplasmatico.
La secrezione cellulare può essere costitutiva o regolata.
- Un tipo di secrezione, detta secrezione costitutiva, consiste nel flusso continuo, non regolato, di
vescicole di trasporto rivestite da COPs, coatomeri, dal Golgi e alla membrana cellulare. Con questa
modalità proteine solubili e polisaccaridi sono rilasciati all'esterno per esocitosi e allo stesso modo
proteine di membrana e lipidi vengono incorporati nella membrana plasmatica. Questo trasporto
costitutivo si verifica quando le proteine mancano di sequenze segnale che ne indicano una definitiva
destinazione.
Un'altro tipo di trasporto è la secrezione regolata, che si verifica quando si secernono proteine in
risposta a segnali che arrivano dall'ambiente extracellulare. Questo è il caso del rilascio degli ormoni,
degli enzimi digestivi, dei neurotrasmettitori. Le proteine destinate alla secrezione regolata si
accumulano, a livello della regione trans del Golgi, in vescicole di secrezione rivestite da clatrina e dalle
proteine associate alla clatrina. Mentre le vescicole rivestite da COPs non riconoscono le molecole
trasportate, quelle rivestite da clatrina trasportano materiale che è stato riconosciuto perché si è
legato a specifici recettori di membrana. All'interno di queste vescicole il materiale si condensa e si
concentra, formando i granuli di secrezione, rilasciati per esocitosi quando arriva il segnale specifico.
La selezione delle proteine destinate alla secrezione regolata dipende dalla loro conformazione 3D.
Le cellule a secrezione costitutiva sono le più comuni e comprendano epatociti, fibroblasti, cellule
muscolari e linfociti, secernenti anticorpi.
Le cellule secernenti regolate sono specializzate nel rilascio per brevi periodi di grandi quantità di
proteine con una velocità superiore a quella di sintesi. Questo è il risultato dell'accumulo delle proteine
in vescicole di secrezione. Queste cellule concentrano il loro prodotto nei granuli, detti granuli di
secrezione, e lo rilasciano solo quando arriva il segnale.
Il processo di secrezione è simile all'endocitosi, ma opera in direzione opposta. Per questo è detto e
esocitosi.
La secrezione può essere polarizzata o non polarizzata.
- Le cellule possono regolare i siti della superficie cellulare dove avviene l'esocitosi nonché la sua
velocità. Le cellule possono essere di due tipi:
1. cellule secernenti non polarizzate = cellule che liberano i secreti senza regolarne il sito di
fuoriuscita;
2. cellule secernenti polarizzate = cellule secernenti in zone specializzate della membrana
plasmatica.
- Nella fusione delle membrane, durante l'esocitosi, sono coinvolte proteine presenti sia sulla membrana
della vescicola, sia sulla membrana cellulare, dette proteine di fusione. Queste proteine determinano
aree di contatti tra le due membrane. Il progressivo allontanamento delle proteine porterebbe alla
formazione di pori di fusione, a livello dei quali il lume della vescicole comunica con l'ambiente
extracellulare. Questi pori, dilatandosi, consentirebbero lo svuotamento del contenuto della vescicola
all'esterno.
quale la cellula assume molecole troppo grandi per attraversare la membrana plasmatica. L'endocitosi è
necessaria per il processamenti degli antigeni e per la regolazione ormonale.
Il processo di endocitosi mediata da recettore consiste nel trasporto selettivo di molecole
attraverso la membrana cellulare.
- Esso inizia con il legame della molecola da introdurre nella cellula con specifici recettori di membrana.
I complessi ligando-recettore si accumulano nella fossetta, la quale si invagina e si distacca dalla
membrana. Queste vescicole perdono il rivestimento e diventano vescicole non rivestite, con una vita
media di 1-2 minuti. Poi rilasciano il loro contenuto in altre vescicole situate nel citoplasma, gli endosomi
precoci o corticali. Il loro pH interno e circa 6.0. Quest'ambiente acido è determinato da una pompa
per protoni ATP dipendente. In alcune cellule gli endosomi precoce contengono piccole quantità di
enzimi lisosomiali provenienti dal Golgi. L’endosoma elimina in tre modi diversi i recettori che trasporta:
1. molti dei ligandi si staccano dai recettori, cosicché questi ultimi possono essere riutilizzati,
dopo essere stati portati alla membrana plasmatica;
2. ci sono ligandi che non si distaccano dal recettore. Questi complessi sono trasferiti agli
endosomi tardivi, o perinucleari, e poi ai lisosomi, dove sono degradati. La degradazione
consente alle cellule il recupero di sostanze nutritive, ma è utile anche per il rinnovamento di
componenti molecolari della membrana. Così i recettori di membrana che non si sono staccati dai
ligandi vengono degradati nei lisosomi. Questo fenomeno viene denominato regolazione negativa
del recettore;
3. in alcuni tipi cellulari le molecole contenute negli endosomi precoci attraversano la cellula,
raggiungono il lato opposto e sono secreti all'esterno. Tale fenomeno è detto transcitosi. Un
esempio pratico sono le immunoglobuline.
Lisosomi
Il lisosoma è un vacuolo contenente un'elevata concentrazione di enzimi litici e idrolasi acide, che
intervengono nei processi digestivi della cellula. I lisosomi appaiono come corpi di forma rotonda, con
una membrana simile a quella del reticolo endoplasmatico. Possono contenere cristalli proteici,
frammenti di organuli cellulari, o sostanze fagocitate. Un criterio per distinguere i vari lisosomi è la
loro positività alle reazioni con idrolasi acide. Nei lisosomi sono stati identificate più di 40 enzimi, tra i
quali troviamo idrolasi acide, fosfolipasi, glucolipasi, ecc…, in grado di digerire acidi nucleici, proteine,
polisaccaridi, glicosamminoglicani, lipidi. Il lisosoma ha un pH interno pari a 5. Solo in questo ambiente
tutti gli enzimi possono lavorare. La membrana che avvolge i lisosomi deriva da quella degli endosomi
tardivi, con il contributo del complesso di Golgi, che porta le proteine di membrana specifiche del
lisosoma. Tra queste vi sono proteine di trasporto per aminoacidi, acidi grassi, carboidrati e altri
nutrienti. Il lisosoma è la tappa finale sia della via endocitotica, che di quella fagocitotica.
I lisosomi sono numerosi nei macrofagi e nei granulociti, dove
svolgono funzioni speciali nella fagocitosi, ma sono anche
presenti in tutte le altre cellule dove hanno funzioni più
generali. I lisosomi possono digerire parti della cellula stessa,
allora si parla di autofagia.
Formazione dei lisosomi
La formazione dei lisosomi avviene per l'incontro degli
endosomi tardivi con vescicole provenienti dal Golgi trans.
- Il contenuto degli endosomi precoci è trasferito agli
endosomi tardivi. Questi hanno un aspetto multivescicolare, e
contengono recettori per il mannosio-6-fosfato, MPR. Il loro
pH è 5.5, o meno. I lisosomi hanno origine:
1. dall'apparato di Golgi per fusione delle vescicole
contenenti idrolasi acide;
2. da endosomi tardivi con i quali tali enzimi si fondono,
riversando enzimi lisosomiali.
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Dalla maturazione degli endosomi tardivi, dovuta al continuo apporto di enzimi lisosomiali da parte delle
vescicole del Golgi, originano i lisosomi. Per tale motivo gli endosomi tardivi sono detti anche
prelisosomi.
Fagocitosi
La fagocitosi è la proprietà delle cellule di ingerire particelle solide.
- Nei mammiferi le cellule dotate di attività fagocitaria appartengono a due categorie: i macrofagi e i
granulociti neutrofili, deputati alla difesa dell'organismo. La fagocitosi si svolge secondo modalità ben
definite. Nella prima fase la particella aderisce alla membrana plasmatica che in quel punto forma una
piccola introflessione, che accoglie la particella da ingerire. L'adesione richiede un processo di
riconoscimento, realizzato grazie a specifici recettori sulla membrana del fagocita. I macrofagi
emettono sottili pseudopodi che avvolgono la particella. La membrana si restringe e si fonde e la
particella viene ingerita. Il materiale fagocitato viene distrutto grazie alle idrolasi acide, dei lisosomi.
Quando il fagosoma viene a contatto con uno o più lisosomi, le membrane di due organelli si fondono
formando un fagolisosoma. Gli enzimi litici contenuti nel lisosoma entrano in contatto con le sostanze
ingerite e le digeriscono. I prodotti di digestione possono seguire un duplice destino: quelli solubili
possono essere utilizzate come sorgenti di E o nei processi sintetici; il materiale non digeribile diventa
corpo residuo e viene espulso. Sia la fagocitosi che la pinocitosi richiedono energia, che proviene
dall’ATP. Se organelli citoplasmatici invecchiati o danneggiati vengono avvolti da vacuoli, si formano gli
autofagosomi. Questi si fondono con i lisosomi dando origine ad autofagolisosomi.
PEROSSISOMI
- I perossisomi sono formazioni delimitate da membrana, contenenti una matrice granulare, che può
addensarsi in una zona centrale più opaca, il nucleoide.
I perossisomi si formano per divisione di perossisomi preesistenti e importano dal citosol tutte
le loro proteine.
- Le caratteristiche che differenziano i perossisomi dai lisosomi sono:
1. assenza di enzimi idrolitici;
2. presenza di catalasi;
3. non partecipazione ai processi di digestione intracellulare;
4. presenza di nucleoide; → zona centrale più opaca
5. associazione con elementi del reticolo endoplasmatico liscio.
L’enzima più caratteristico dei perossisomi è la catalasi, che costituisce il 40% di tutte le proteine.
Quest’enzima è implicato nella rimozione di H 2O2 e dei metaboliti tossici dell'ossigeno. I meccanismi
che proteggono le cellule dai danni prodotti dalle specie creative dell'ossigeno coinvolgono enzimi anti-
ossidanti, tra i quali le superossido-dismutasi e le perossidasi. Il meccanismo di protezione cellulare
consiste nell'eliminare ossigeno, convertendolo a H 2O2, a sua volta trasformato in acqua.
Una classe particolare di perossisomi sono i gliossisomi, nelle piante.
RIBOSOMI
I ribosomi sono la sede delle sintesi proteiche della cellula ed
hanno la loro sede di origine nel nucleolo.
I ribosomi appaiono come particelle dense, distribuite nella
matrice ialoplasmatica, ribosomi liberi, oppure adesi alla
superficie esterna del reticolo endoplasmatico, ribosomi associati
alle membrane. I ribosomi liberi sono presenti soprattutto nei
linfociti, nei globuli rossi, nei reticolociti, nelle fibre muscolari e
nei batteri. Nelle cellule ghiandolare, nelle plasmacellule e
nervose, sono soprattutto associati a reticolo endoplasmatico. I
ribosomi liberi sono la sede della sintesi di proteine destinate a
rimanere nella cellula, mentre i ribosomi associati alle membrane
sono destinati alla sintesi di proteine di secrezione, di membrana
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e si lisosomiali. Il numero dei ribosomi è in stretto rapporto con il contenuto di RNA della cellula. Sia i
ribosomi liberi che quelli associati alle membrane appaiono spesso raccolti in gruppi, detti poliribosomi,
che possono assumere una caratteristica forma a spirale. I ribosomi singoli di ogni poliribosoma sono
collegati tra loro mediante un sottile affinamento di mRNA. La sintesi proteica avviene sui poliribosomi
e non su ribosomi liberi. I ribosomi sono costituiti da due subunità diseguali. I ribosomi batterici hanno
un coefficiente di sedimentazione di 70S, mentre quelli delle cellule superiori hanno un coefficiente di
80S. Il ribosoma 70S è costituito da due subunità di 50S e 30S; quello da 80S è costituito da due
subunità di 60S e 40S. L'associazione tra le due subunità e mantenuta grazie alla presenza di magnesio.
Se la concentrazione di magnesio diminuisce le due subunità si staccano, se aumenta notevolmente i due
ribosomi si combinano per formare un dimero. Solitamente i ribosomi liberi sono nella forma dissociata
e le due subunità si uniscono solo con la sintesi proteica. I ribosomi si trovano per la maggior parte
sotto forma di polisomi, in minor parte sotto forma di ribosomi liberi.
In ribosomi aderiscono alle membrane del reticolo endoplasmatico in corrispondenza della subunità
maggiore della fessura che separa le due subunità è parallela alla membrana.
I ribosomi sono un grande complesso costituito da oltre 80 molecole proteiche diverse, le proteine
ribosomiche, e da svariati RNA detti RNA ribosomici, o rRNA. La struttura secondaria delle molecole di
rRNA è costituita da una catena unica, ripiegata in alcune zone a formare tratti a doppia elica. La
caratteristica dell'rRNA è di avere un contenuto in guanina e citosina più elevato, circa il 60%, del
contenuto in adenina e uracile, circa il 40%. Tutte le molecole di rRNA sono caratterizzate da la
presenza di basi metilate, nonché di pseudouridina e 2-0-metilribosio. Negli eucarioti le subunità dei
ribosomi sono assemblate nel nucleo. Il ribosoma è costituito da due subunità:
subunità maggiore = 49 proteine + 3 molecole di RNA. Ha massa molecolare maggiore;
subunità minore = 33 proteine + una molecola di RNA. Ha massa molecolare minore.
La subunità minore accoppia i tRNA ai codoni dell’mRNA, mentre la subunità maggiore catalizza la
formazione dei legami peptidici che uniscono gli amminoacidi nella catena polipeptidica. Le due
subunità si associano su una molecola di mRNA e cominciano a sintetizzare una proteina. Ogni
ribosoma contiene tre siti di legame per le molecole di tRNA:
sito A = amminoacil-tRNA;
sito P = peptidil-tRNA;
sito E = uscita.
è detto degenerazione del codice e riguarda quasi sempre la terza lettera del codone. Nella
codificazione le prime due basi del codone sono le più importanti. Delle 64 triplette, 61 sono dette
"codoni senso" e codificano un amminoacido determinato, tre sono dette "codoni non senso", UAA, UGA,
UAG. Queste triplette non codificano amminoacidi ma intervengono come segnali di terminazione della
traduzione del mRNA.
Una molecola di RNA è traducibile di tre modi diversi, a seconda del modello di lettura. La sequenza di
nucleotidi di una molecola di mRNA viene letta dall'estremità 5’ a quella 3’ in gruppi di tre nucleotidi. La
stessa sequenza di RNA potrebbe specificare tre sequenze amminoacidiche diverse, a seconda del
modulo di lettura, cioè della scansione in triplette. Di fatto, solo uno di questi moduli codifica il
messaggio corretto. La traduzione dell’mRNA in proteina dipende da molecole adattatrici che
riconoscono e legano il codone e l’amminoacido a siti diversi. Questi adattatori sono noti come RNA
transfert, o tRNA, lunghi circa 80 nucleotidi. Nel tRNA ripiegato i tratti a doppia elica sono 4 e la
molecola risultante prende la forma di un trifoglio. Il trifoglio si ripiega ulteriormente in una struttura
compatta a L, stabilizzata da legami idrogeno. Nella molecola di tRNA sono presenti 4 siti particolari:
1. l'estremità 3’, dove è presente la tripletta CCA, che lega l'amminoacido; l'estremità 5’, che lega
la guanina;
2. un anticodone, dalla parte opposta all'estremità a 3’, che rappresenta il sito di riconoscimento
delle triplette, codone si regola del mRNA. La anticodone è rappresentato da monasteri di tre
nucleotidi consecutivi;
3. sito specifico per l'enzima che attiva l'amminoacido, ansa D;
4. sito di riconoscimento del ribosoma, ansa T.
Come avviene il legame tra amminoacido e tRNA? Il riconoscimento e l'attacco dell’amminoacido
dipendono da enzimi chiamati amminoacil-tRNA sintetasi, capaci di unire con un legame covalente un
amminoacido al tRNA che gli corrisponde. Esiste una sintetasi diversa per ogni amminoacido, cioè
esistono 20 amminosintetasi. Per questo motivo si dice che il codice genetico è degenerata, cioè che
è ad ogni amminoacido può corrispondere più di un codone. Questo fenomeno può venire da due
meccanismi:
per ciascun amminoacido esistono due o più specie di tRNA, riconosciuto dallo stesso in prima,
ma con anticodone diversi;
del singolo di RNA con un anticodone particolare può riconoscere più di una tripletta. Si ritiene
che ciò sia possibile grazie al fatto che l’appaiamento tra le prime due basi del codone e le
corrispondenti basi dell’anticodone sia più forte di quello che si verifica con la terza base.
L'unione amminoacido-estremità 3’ del tRNA fa parte del gruppo di reazioni accoppiate all'idrolisi di
ATP. Viene prodotto un legame ad alta E tra il tRNA e il suo amminoacido, che verrà consumata nella
sintesi delle proteine, per stabilire una legame covalente tra l'amminoacido e la catena polipeptidica in
crescita. L'accoppiamento codone-anticodone dipende dallo stesso tipo di accoppiamento per basi
complementari che regola replicazione e trascrizione del DNA.
La traduzione di un mRNA comincia con il codone AUG, che sintetizza per l’amminoacido metionina, Met,
e richiede un tRNA particolare, tRNA iniziatore. Questa sequenza di inizio può essere preceduta da
una breve sequenza di altre basi, non tradotte, che servono come sito di riconoscimento per l'attacco
del mRNA sul ribosoma. L'amminoacido metionina verrà tuttavia asportato dopo l'inizio della sintesi
proteica. È da notare che esistono due tipi di tRNA per la metionina, uno che legge la tripletta AUG
all'inizio del messaggio, l'altro che la legge quando è situata all'interno del messaggio stesso.
La sintesi proteica ha sede sui ribosomi. Una volta iniziata la sintesi ogni amminoacido viene aggiunto
alla catena con una serie ciclica di reazioni. La catena scorre da 5’ a 3’. Questo ciclo è diviso in tre
stadi:
1. nel sito P troviamo un pezzo di catena polipeptidica. Un tRNA, con l'amminoacido successivo della
catena, si associa al sito A, abbinando anticodone e codone;
2. il carbossiterminale della catena polipeptidica si stacca dal tRNA del sito P e si unisce con un
legame peptidico al gruppo amminico nel sito A. Questa reazione ha come catalizzatore l’enzima
peptidil transferasi, proprio del ribosoma. Questo enzima fa slittare la subunità maggiore rispetto
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2. complesso b-c1;
3. complesso della citocromo ossidasi.
L’ubichinone, Q, e il citocromo, C, fungono da vettori mobili per traghettare gli elettroni da un
complesso al successivo. Una volta che gli elettroni sono giunti al complesso della citocromo ossidasi,
vengono combinati con l'O2 e si forma H2O, secondo la reazione: 2 H + + ½ O2 → H 2 O
Mediante questo meccanismo detto chemiosmosi, l'energia degli elettroni forma una gradiente
elettrochimico di protoni, che rappresenta una forma di conservazione dell'energia recuperata dagli
elettroni stessi. A questo punto i protoni attraversano secondo gradiente la membrana mitocondriale
interna, tornando nella matrice. I protoni fluiscono in un altro enzima, detto ATP sintetasi, che genera
ATP nella matrice mitocondriale, secondo la reazione: ADP + Pi → ATP
Gli enzimi mitocondriali appartengono a tre classi:
1. Enzimi ossidativi del ciclo di Krebs, o ciclo dell'acido Citrico, o degli acidi tricarbossilici = sono
situati nella matrice mitocondriale e agiscono sui prodotti dell'assorbimento intestinale,
degradandoli e liberando atomi di idrogeno ed elettroni ad alta E. L'idrogeno si lega ad
accettori particolari, come il NAD e il FAD, riducendoli a FADH 2 e NADH;
2. Enzimi della catena respiratoria, o della catena di trasporto degli elettroni, o respiratori = sono
situati sulla membrana mitocondriale interna. Ad essi arrivano le molecole di FADH 2 e NADH.
Gli atomi di idrogeno legati a questi accettori si scindono in elettroni e protoni. Questi ultimi
passano nella camera esterna, mentre gli elettroni vengono trasportati attraverso enzimi,
rilasciando E. Al termine gli elettroni si combinano con l'ossigeno per formare acqua;
3. Enzima fosforilativo, o ATP sintetasi = situato sulla membrana mitocondriale interna, catalizza
la sintesi di ATP, usando l'energia degli ed elettroni, immagazzinata sotto forma di gradiente
elettrochimico di protoni.
Il funzionamento della cellula richiede la disponibilità continua di energia: il ciclo energetico
- L'ATP rappresenta la più importante riserva di energia della cellula. L'energia immagazzinata in
questo legame chimico viene liberata mediante riconversione in ADP, ad opera dell’enzima ATPasi. I
processi di utilizzazione dell’E si verificano:
- nello ialoplasma;
- nei ribosomi, sintesi proteica;
- nelle miofibrille, contrazione muscolare;
- nella membrana plasmatica, trasporto attivo ed endocitosi;
- nel reticolo endoplasmatico e nel complesso di Golgi, sintesi e trasporto.
L'immagazzinamento di E è possibile solo quando le ossidazioni sono accoppiate alle fosforilazioni. I
processi che generano E non sono localizzati solo nei mitocondri, ad esempio la glicolisi anaerobia è
localizzata nello ialoplasma.
L’ATP
L’adenosintrifosfato, o ATP, è il nucleoside trifosfato dell’adenina. È composto da adenina, ribosio e da
tre molecole di acido fosforico. Il terzo gruppo fosforico, in una posizione gamma, possiede
un'elevatissima E potenziale di legame, superiore a quella di qualsiasi altro legame chimico. Questa E
viene liberata quando l'ATP si trasforma in ADP, o adenosindifosfato, composto da adenina, ribosio e
due molecole di acido fosforico, secondo la reazione catalizzata dall'enzima adenosintrifosfatasi, o
ATPasi: ATP → ADP + Pi + E
I legami fosforici consentono di accumulare una grande quantità di energia, utilizzabile per tutte le
attività funzionale della cellula. Esistono altre sorgenti di energia. Le più importanti sono gli altri
quattro nucleosidi trifosfati, CTP, UTP, GTP, TTP. Questi nucleotidi non sono prodotti nei mitocondri,
eccetto il GTP, prodotto in minima parte nel ciclo di Krebs, ma si formano nella matrice cito plasmatica
per la fosforilazione dei rispettivi nucleosidi difosfato, utilizzando il gruppo fosforico terminale
dell’ATP. In tal modo l'energia di legame dell'ATP è trasferita agli altri nucleosidi trifosfati. Questo
processo di accumulazione richiede energia ed avviene soprattutto in due tipi di anelli cellulari: il
cloroplasti e nei mitocondri.
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Per ricavar energia Le cellule non usano solo il glucosio. Alcune, come quelle del fegato, possono usare
anche acidi grassi ed aminoacidi. Questi composti sono degradati fino alla formazione dell’acetil CoA,
che entra nel ciclo di Krebs.
La respirazione cellulare
- La respirazione cellulare consiste in un gruppo di
reazioni attraverso le quali sostanze organiche vengono
degradate ad anidride carbonica e acqua mediante
l'intervento di ossigeno. Il processo avviene nei
mitocondri. L’energia liberata è utilizzata per la sintesi
di ATP. Queste molecole, riconvertendosi in ADP,
liberano l'energia contenuta nei loro legami chimici. I
processi enzimatici dei mitocondri appartengono a tre
sistemi:
1. enzimi ossidativi o enzimi del ciclo di Krebs;
2. enzimi della catena respiratoria o per trasporto
degli elettroni;
3. enzimi fosforilativi.
protoni fluiscono attraverso questo canale, secondo gradiente elettrochimico, l'ATP sintetasi
sintetizza ATP nella matrice mitocondriale.
La catena respiratoria forma per ogni due molecole di piruvato 30 molecole di ATP che, aggiunte alle 2
molecole della glicolisi anaerobia ed alle 4 prodotte in seguito all'ossidazione da due molecole di NADH,
danno una resa di 36 molecole di ATP per molecola di glucosio. La completa ossidazione di una molecola
di palmitato, un acido grasso a 16 atomi di carbonio, fornisce 129 molecole di ATP.
I mitocondri sono coinvolti nel metabolismo dei lipidi ed in altre attività cellulari
- I mitocondri svolgono un ruolo importante nel metabolismo dei lipidi e dei fosfolipidi. I mitocondri
sono in grado di decarbossilare fosfatidilcolina e fosfatidilserina, e di sintetizzare cardiolipina. I
mitocondri sono dotati della proprietà di accumulare concentrare varie sostanze: ioni, piccole molecole
e persino macro molecole. Il fenomeno più importante l'accumulo di cationi, quali Na +, K+, Mg++, Ca++,
nella matrice. I mitocondri svolgono un ruolo fondamentale anche il processo della morte cellulare
programmata, o apoptosi.
I mitocondri sono dotati di un genoma di tipo batterico, ma importano dalla cellula la maggior
parte delle proteine necessarie al loro funzionamento
- I mitocondri ed i cloroplasti contengono di DNA, sono capaci di duplicarsi e di codificare alcune
proteine. Contengono inoltre ribosomi. Il DNA mitocondriale è simile a quello batterico: si presenta
sotto forma di un'unica duplice elica con andamento circolare, ma più corta. Non è organizzato in
cromosomi e non ha associati istoni e proteine. Il DNA mitocondriale è capace di replicazione e
duplicazione dei mitocondri. La matrice mitocondriale contiene DNA, ribosomi, più piccoli di quelli
citoplasmatici, molecole di tRNA e mRNA. Contiene inoltre una DNA polimerasi, capace di sintesi
proteica. I mitocondri devono continuamente essere prodotti, sia a causa della divisione cellulare, sia a
causa della degenerazione, turnover. I mitocondri si duplicano come i batteri. La molecola di DNA si
replica semiconservativamente; le due molecole figlie vengono separate da un solco che si forma sulle
due membrane e che le divide. La maggior parte delle proteine mitocondriali è sintetizzata sugli
ribosomi ialoplasmatici, ed è successivamente trasportata all'interno dei mitocondri. Solo una piccola
parte è codificata sui ribosomi mitocondriali. Il DNA mitocondriale codifica per le tre subunità
maggiore del complesso citocromo ossidasi, per una delle subunità del complesso citocromo bc 1, per
alcuni subunità del complesso ATP sintetasi mitocondriale, per alcuni subunità della NADH
deidrogenasi. Il codice genetico nei mitocondri è diverso da quello di altri DNA noti e va incontro a
variazione nei diversi organismi. Ad esempio nel DNA mitocondriale dei mammiferi le triplette AGA e
AGG vengono lette come segnali di arresto e non come condoni per l'amminoacido arginina. Questa
notazione contraddice il concerto dell'universalità del codice genetico.
L'eredità mitocondriale
- I mitocondri dell'embrione provengono soltanto dalla cellula uovo e sono di origine materna. Dopo la
fecondazione i mitocondri disposti intorno al flagello dello spermatozoio vanno incontro a
degenerazione. Difatti sono distrutti dall’ovocito, dopo essere stati marcati con ubiquitina. Questo tipo
di ereditarietà, detta citoplasmatica o mitocondriale, è stata dimostrata sperimentalmente.
I mitocondri derivano da batteri divenuti parte della cellula eucariotica
- Esistono che numerose analogie tra mitocondri e batteri. La membrana interna dei mitocondri non è
paragonabile alla membrana plasmatica dei batteri. Inoltre il DNA ha forma circolare e sono assenti
proteine cromosomiche. Queste analogie hanno fatto sì che si formulasse l'ipotesi che mitocondri altro
non siano che batteri fagocitati da cellule ancestrali, con le quali hanno stabilito una simbiosi.
Un'ipotesi simile è stata proposta anche per i cloroplasti.
PLASTIDI E CLOROPLASTI
- Le cellule vegetali contengono mitocondri e plastidi, legati alle attività metaboliche dei vegetali. I
plastidi appartengono a diverse categorie:
- Plastidi incolori, o leucoplasti, a loro volta divisi in:
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La MATRICE citoplasmatica di tutte le cellule degli eucarioti è attraversata da una complessa trama
fibrillare, chiamata citoscheletro. Grazie a questa struttura la cellula mantiene o modifica alla sua
forma, migra e muove i suoi organuli interni.
Microtubuli.
Strutture tubulari cave. I più noti sono:
microtubuli dell'apparato del fuso mitotico e meiotico;
microtubuli che formano la struttura assile, assonema, di ciglia e flagelli.
I microtubuli forniscono alla cellula un sostegno meccanico e uno strumento essenziale per il movimento
degli organelli, comprese le vescicole da endocitare/esocitare. In microtubuli si dispongono in modo da
formare dei binari immersi nella matrice citoplasmatica, sui quali viaggiano gli organuli.
I microtubuli sono tubuli cavi, con diametro di circa 25-30 nm ed una parete spessa circa 5-7 nm. La
parete è costituita da 13 protofilamenti longitudinale, costituiti a loro volta da polimeri lineari di
tubulina. Ciascuna molecola di tubulina è un eterodimero composto da due subunità globulari, la tubulina
α e la tubulina β. È stato dimostrato che i microtubuli si allungano o si accorciano per aggiunta o
sottrazione di dimeri αβ di tubulina.
Una caratteristica fondamentale del microtubulo è che questo presenta una polarizzazione. Ciò
significa che il microtubulo presenta:
estremità + = o estremità di polimerizzazione di tubulina. È l'estremità attraverso la quale il
microtubulo si allunga. Estremità rivolta verso la membrana plasmatica;
estremità - = o estremità di depolimerizzazione di tubulina. È l'estremità attraverso la quale il
microtubulo si accorcia. Estremità rivolta verso il centrosoma.
Così il microtubulo mantiene la lunghezza costante, ma viene attraversata da un flusso continuo di
molecole di tubulina = fenomeno detto treadmilling.
Mediante tecniche particolari si nota che la disposizione dei microtubuli è particolarmente concentrata
intorno al nucleo. Da qui si irradiano in tutto in citoplasma. Se si provoca la depolimerizzazione e si
lascia che i microtubuli polimerico spontaneamente, si nota che essi rigenerano in prossimità di una o più
regioni specializzate vicine al nucleo = centri di un'organizzazione dei microtubuli. Il più studiato è
quello noto come CENTROSOMA, costituito da una coppia di centrioli, circondati da materiale
pericentriolare. In particolare questi centri di assemblaggio presentano un tipo particolare di tubulina,
la tubulina γ. Queste subunità di tubulina, associate ad altre proteine, formano complessi ad anello
aventi lo stesso diametro di un microtubulo, alle quali si associano dimeri di tubulina αβ.
40
Microfilamenti.
I microfilamenti sono strutture che hanno uno spessore di circa 6 nm e svolgono un ruolo importante al
termine del processo mitotico, permettendo la separazione delle cellule figlie. Permettono inoltre la
contrazione muscolare e la locomozione delle cellule.
I microfilamenti sono costituiti da una proteina particolare, l'actina. Nelle cellule dei mammiferi sono
presenti almeno sei tipi diversi di actina, codificate da diversi geni. Tre di queste forme sono espresse
nelle cellule muscolari, una per ciascun tipo. L'actina in forma monomerica è nota come actinaF, mentre
quella in forma bimerica è nota come actinaG. I microfilamenti derivano dalla polimerizzazione in
singola catena ad andamento elicoidale di subunità proteiche globulari di actina. Anche i microfilamenti
presentano una polarità strutturale e funzionale e presentano il fenomeno del treadmilling.
Grazie alla presenza di speciali proteine i filamenti sono responsabili di trasformazioni reversibili
sol/gel del citoplasma.
I microfilamenti sono soprattutto abbondanti subito al di sotto della membrana plasmatica. Durante la
divisione cellulare questa rete si concentra all'equatore della cellula, formando un anello contrattile che
strozza le due cellule figlie, separandole. In alcune cellule i microfilamenti forniscono un'impalcatura a
piccole estroflessioni. Un esempio sono i microvilli, estroflessioni delle cellule dell'epitelio intestinale,
che formano il tipico orletto a spazzola.
Alcune sostanze, come le citoclasine o la falloidina impediscono la funzione dei microfilamenti, la prima
impedendo l'aggiunta di subunità, la seconda impedendo l'eliminazione delle subunità.
Affinché la cellula possa muoversi l'actina deve interagire con la miosina. I filamenti di miosina nelle
cellule muscolari sono stabilmente associati in spessi filamenti, mentre nelle cellule non-muscolari si
associano solo su richiesta. L'interazione funzionale actina/miosina è regolata dagli ioni Ca++ e da varie
proteine regolative. Queste sono la calmodulina, una proteina calcio-dipendente, e la chinasi della
catena leggera della miosina. Queste due proteine concorrono a regolare l'apparato contrattile delle
cellule non-muscolari e delle cellule muscolari lisce. Un aumento di ioni Ca++ provoca l'attivazione
della calmodulina. Il complesso così formato si lega alla chinasi, fosforilando la miosina. Le
molecole di miosina si assemblano in filamenti, interagiscono con l'actina e provocano la
contrazione.
41
Anche i microfilamenti possono fungere da guida per i movimenti intracellulare degli organelli. Accanto
ai motori microtubulari esistono altri motori che consentono movimenti. Questi motori molecolari sono
formati da miosine "non convenzionali”.
Filamenti intermedi.
Esistono filamenti di spessore intermedio tra i microtubuli e i microfilamenti, circa 10 nm, detti
filamenti intermedi. I filamenti intermedi differiscono anche per composizione chimica, stabilità e
distribuzione intracellulare. Presentano alcune caratteristiche:
sono strutture molto stabili;
sono scarsamente solubili, anche in presenza di detergenti non ionici;
sono costituiti da subunità proteiche lineari, ad α-elica, non globulari.
Sulla base della loro composizione chimica è possibile classificare i filamenti intermedi in sei gruppi:
1. tipo I e II = filamenti di cheratina o tonofilamenti = hanno un diametro di 8-9 nm e sono
presenti in molte cellule epiteliali e nei derivati dell'epidermide. Alla formazione di questi
filamenti concorrono diverse specie di cheratina, divisibili in due gruppi, acide e neutre-basiche.
Ciascun tonofilamento deriva dalla polimerizzazione di eterodimeri composti da una proteina
acida e una basica, o neutra. Ciascun epitelio ha un suo caratteristico assetto di cheratine. I
tonofilamenti abbondano negli epiteli pavimentosi stratificati e si organizzano formando una
rete attorno al nucleo, irradiandosi verso la periferia della cellula, dirigendosi verso i
desmosomi. L'attacco dei tonofilamenti ai desmosomi serve per trasmettere le sollecitazioni
meccaniche da una cellula all'altra;
2. tipo III = filamenti costituiti da proteine come vimentina, desmina, GFAP e periferina = questi
filamenti presentano omologie di sequenze aminoacidiche che possono assemblarsi come
omo/eteropolimeri. I filamenti di vimentina si trovano nelle cellule di derivazione mesenchimale,
quali i fibroblasti, le cellule endoteliali e le cellule del Sertoli. La desmina ha una distribuzione
più limitata ed è presente nelle cellule muscolari lisce e striate, specie in corrispondenza delle
strie Z. I gliofilamenti derivano dalla polimerizzazione di subunità proteiche di un solo tipo, le
GFAP. La periferina, come i gliofilamenti, è localizzata in cellule del sistema nervoso,
precisamente in alcuni neuroni del SNP;
3. tipo IV = neurofilamenti e α-internexina = sono presenti nel corpo cellulare e nei prolungamenti
dei neuroni. Sono composti da tre diversi polipeptidi. I neurofilamenti appaiono come esili tubi
con un centro chiaro. L'aggregazione laterale dei neurofilamenti porta alla formazione delle
neurofibrille. L’α-internexina è espressa nei neuroni, durante lo sviluppo embrionale;
4. tipo V = lamine nucleari A, B, C = queste proteine formano una rete fibrillare bidimensionale,
posta sulla faccia interna dell'involucro nucleare, detta lamina nucleare, che si disperde e si
aggrega in momenti specifici della mitosi;
5. tipo VI = nestina = proteina che presenta omologie con i tipi III e IV, è espressa nelle cellule
del SNC e da precursori mesenchimali di vario tipo.
Tabella riassuntiva.
all'altra.
FUNZIONE Hanno il compito di Possiedono una grande Sono essenziali per
ancorare in posizione ben esistenza alla nazione e molti di loro
precisa di organelli servono soprattutto a me movimenti, e
delimitati da membrane e delle cellule in grado di permettono la
di dirigere i trasporti sopportare lo stress contrazione muscolare
intracellulare di. Quando meccanico da stiramento. e la citodieresi delle
la cellula entra in mitosi, Inoltre questi filamenti cellule in mitosi. Si è
i microtubuli si rafforzano l’involucro posta di sotto la
dissociano per cogliere il nucleare, facendogli da membrana plasmatica
formarsi nel fuso supporto, andando a sostengono la
mitotico. Possono anche costituire una lamina superficie della cellula
dare vita a strutture nucleare, che si aggrega e le conferiscono
permanenti, come me le e si disaggrega ad ogni resistenza meccanica.
ciglia e nei flagelli. divisione cellulare. Permettono lo
spostamento delle
cellule, con movimenti
ameboidi.
CARATTERISTICHE Hanno una rigidità Sono i filamenti più Filamenti più sottili,
MORFO- maggiore dei filamenti robusti e durevoli, anche flessibili e corti, ma
FUNZIONALI intermedi e dei se è trattati con molto più numerosi dei
microfilamenti. soluzioni saline o microtubuli. A seconda
Presentano una tipica detergenti non ionici. della proteina che il
instabilità dinamica, cioè filamento di actina
la capacità di aggregarsi lega si creano diverse
e disgregarsi, molto strutture:
rapidamente. microvilli =
formano lo re
d'una spazzola di
epitelio
intestinale;
facili contrattili;
anello contrattile.
3. actina;
4. banda 3 = mantiene l'integrità strutturale del globulo rosso, ancorando lo scheletro di
membrana al doppio strato lipidico. Fa aumentare la capacità dei globuli rossi di cambiare
anidride carbonica, sotto forma di acido carbonico.
Lo scheletro di membrana della fibra muscolare è molto sviluppato e ha la funzione di collegare in modo
stabile l'actina del citoscheletro alla matrice extracellulare, attraverso un complesso di glicoproteine
transmembrana. Il principale componente di questo complesso di proteine è la distrofina, la cui funzione
è quella di costruire uno stabile collegamento tra citoscheletro e matrice. Questo ancoraggio serve a
stabilizzare la membrana e a proteggerla dallo stress dovuto alla contrazione muscolare.
MOVIMENTO CELLULARE
Il movimento cellulare può essere:
quello degli organelli, dovuto al citoscheletro;
un movimento ameboide = grazie all’emissione di pseudopodi;
un movimento ciliare/flagellare.
Gli ultimi due tipi di movimenti rappresentano i principali meccanismi di locomozione negli organismi
unicellulari. Negli organismi pluricellulari animali il movimento ameboide è presente in molti tipi durante
lo sviluppo embrionale e fetale. Si può osservare anche durante la cicatrizzazione delle ferite.
Nell'animale adulto questo tipo di movimento è visibile solo in alcuni tipi cellulari, quali macrofagi,
leucociti e mastociti. Il movimento flagellare è limitato ai gameti maschili, mentre il movimento delle
ciglia determina correnti nei liquidi che bagnano la superficie degli epiteli vibratili.
45
CIGLIA FLAGELLI
DEFINIZIONE Sottili processi cellulari, corti e Sottili processi cellulari, pochi e
numerosi. lunghi.
MOVIMENTO I movimenti delle ciglia sono di I movimenti dei flagelli sono di
tipo pendolare. Se si osserva il tipo sinusoidale. Consiste di onde
battito di una fila si nota che sinusoidali di riflessione
ogni ciglio batte un poco dopo di propaganda del lungo l'asse del
quello che lo decide e un po' flagello.
prima di quello che lo segui. Le
varie ciglia battono
ritmicamente una dopo l'altra.
Tali battito è detto
metacronico. Il battito è
organizzato in due parti:
colpo efficace = rapido corpo
in cui il ciglio si flettere
rigidamente alla base,
scherzando il liquido
circostante;
colpo di ritorno = il ciglio
ritorna la sua posizione
iniziale con un movimento di
srotolamento. E
LOCALIZZAZIONE Nell’organismo umano sono Nei mammiferi le cellule con
ciliate le cellule superficiali flagello sono gli spermatozoi,
dell’epitelio di rivestimento di: anche se si possono trovare i
vie respiratorie; flagelli corti e immobili, le ciglia
vie percorse dalle cellule primaria e, in alcune cellule
genitali femminili, tube epiteliali del neurone, della rete
uterine e utero; testis (EPIDIDIMO), e in alcuni
vie percorse dalle cellule dotti ghiandolari.
genitali maschili,
condottini efferenti.
Questi epiteli sono detti
EPITELI VIBRATILI.
STRUTTURA Sono disposti in file o serie Il flagello degli spermatozoi
lineari. Sono appendici cellulari presenta una struttura
delimitate da un maestro assonemica identica a quella del
flessione della membrana ciglio, ma possiede una anello di
plasmatica. Hanno una lunghezza MITOCONDRI che avvolge
di circa 5-10 μm e un diametro di l’organizzazione 9 + 2. Questi
circa 0.2 μm. Alla base di ciascun mitocondri servono per dare
ciglio è presente un gran energia allo spermatozoo.
prudenza detto corpo basale. La
membrana del ciglio è in
continuità con la membrana
plasmatica. ( vedi assonema )
46
ATTENZIONE!!!
È importante non confondere il centriolo con l’assonema. La struttura del centriolo è
composta da 9 x 3 triplette di microtubuli A, B, C. Il microtubulo A è composto da 13
protofilamenti, mentre i microtubuli B e C hanno una parete parzialmente fusa con il
microtubulo A, perciò hanno solo 10/11 protofilamenti.
L’assonema ha una struttura 9 x 2 coppie di microtubuli, A e B. Il microtubulo A è
composto da 13 protofilamenti, mentre quello B è parzialmente fuso con A, e presenta
solo 10/11 protofilamenti.
Assonema.
Il ciglio ha origine da una struttura costituita da nuovi coppie di microtubuli disposte alla periferia e
una coppia al centro del ciglio. I due microtubuli centrali sono separati, mentre quelli di ciascuna delle
coppie degli fini che sono accostati e in parte fusi tra loro. Questa struttura prende il nome di
ASSONEMA. L’organizzazione dell’assonema è detta organizzazione 9 + 2. Ciascuna coppia periferica è
formata da un tubulo, tubulo A, che presenta delle proiezioni laterali, e le braccia, e da un secondo
tubulo, tubulo B. La parete dei tubuli centrali e del tubulo A è comparsa da 13 protofilamenti, mentre la
parete del tubulo B da soli 10/11. Da ciascuno tubulo della coppia centrale partono due braccia
proteiche che si curvano fino a raggiungere quelle dell'altro tubulo, formando la guaina centrale. Sono
inoltre visibili raggi di connessione disposti radialmente che si dipartono da ciascuno tubulo A. Le
braccia laterali di tubi A contengono la dineina assonemica, fondamentale per il movimento di ciglia e
flagelli.
Il movimento di ciglia e flagelli è dovuto allo scorrimento dei microtubuli periferici dell’assonema gli uni
sugli altri, senza che modifichino la loro lunghezza. Tale movimento richiede:
l'intervento dell'ATP, come fonte di energia;
la presenza nelle braccia laterali della dineina, una ATPsintetasi, cioè un enzima in grado di
scindere l’ATP.
Lo scorrimento di microtubuli periferici è reso possibile della presenza della dineina tra il tubulo A di
una coppia periferica e il tubulo B della coppia adiacente.
L’assonema origina da un corpo basale, un granulo denso posto alla base di ciglia e flagelli. La struttura
del corpo basale è identica a quella del centriolo dell'apparato mitotico, 9 x 3. I corpi basali sono chiusi
all’estremità distale, quella rivolta verso l’assonema, da una piastra basale. I microtubuli A e B di
ciascuna tripletta del corpo basale attraversano la piastra basale e si continuano nel ciglio, dove
formano le coppie di microtubuli periferici dell’assonema.
Nelle cellule che presentano un singolo flagello, il corpo basale, detto anche centriolo distale, è
affiancato da una struttura denominata centriolo prossimale, disposto perpendicolarmente al primo.
47
Movimenti intracellulari.
Un caso di particolare importanza è quello che si verifica negli assoni delle cellule nervose. Questo
movimento intracellulare consiste in uno spostamento continuo di piccole molecole, proteine e metaboliti
vari, ma anche di organelli citoplasmatici, che si dirigono lungo l'assone o lungo i dendriti.
Movimento ameboide.
Il movimento ameboide è la forma di locomozione caratteristica del protozoo ameba. La cellula emette
delle protrusioni citoplasmatiche, dette pseudopodi, nei quali fluisce il protoplasma, determinando lo
spostamento del corpo cellulare. Questo tipo di locomozione è riscontrabile nelle cellule embrionali, ma
anche nelle cellule dell'individuo adulto, come i macrofagi e i leucociti. Questi ultimi, attraversano i vasi
sanguigni mediante un processo chiamato diapedesi e migrano verso le infezioni. Un fattore importante
per il movimento ameboide è l'adesione ad un substrato solido. Gli pseudopodi possono avere diverse
forme:
globosa = lobopodi;
filiforme = filopodi;
esili membrane ondulanti = lamellipodi.
CAP 6: IL NUCLEO
GENERALITÀ
Il nucleo è l'organello più grande della cellula eucariotica in interfase. Questo organulo è composto da:
membrana nucleare o involucro nucleare = separa il nucleo dal restante citoplasma. Sulla
superficie presenta dei fori attraverso i quali il nucleo può comunicare con la restante parte
della cellula. Questi fori sono noti con il nome di pori nucleari;
cromatina = costituita da DNA associato a proteine basiche, gli istoni, + proteine non istoniche,
RNA e lipidi. La cromatina si presenta sotto forma di cromosomi durante la divisione cellulare;
nucleolo = zona del nucleo particolarmente evidente, di forma rotonda, densa e intensamente
colorata, ricca di RNA. Possono essere anche più di uno nella cellula;
matrice nucleare o NUCLEOPLASMA.
Nella maggior parte delle cellule il nucleo è uno solo, ma si possono trovare casi di cellule con due nuclei,
ad esempio le cellule cupoliformi, o anche con più nuclei, ad esempio:
sincizi = diverse cellule si fondono, mettendo in comune il citoplasma, ma lasciando i nuclei
separati tra loro;
plasmodi = avviene la divisione del nucleo, cariocinesi, ma non quella del citoplasma, diacinesi.
INVOLUCRO NUCLEARE
L'involucro nucleare funge da interfaccia tra ambiente citoplasmatico e nucleare.
Il nucleo è delimitato da un involucro, interrotto da pori, il cui componente principale è la cisterna
perinucleare, costituita da due membrane concentriche. Queste cisterne sono in continuità con quelle
del reticolo endoplasmatico. Le due membrane dell'involucro, esterna ed interna, hanno una struttura
unitaria e si continuano a livello dei pori, ma hanno composizione proteica e funzioni molto diverse:
membrana esterna = può presentare dei ribosomi sul versante citoplasmatico e partecipa
all'attività sintetica del RER;
membrana interna = assume intimi rapporti con la cromatina, che tende ad addensarsi in
prossimità dell'involucro nucleare. L'interazione cromatina-membrana nucleare è mediata dalla
lamina fibrosa o lamina nucleare, una rete formata da proteine filamentose, le lamìne, che
riveste internamente la membrana nucleare, e si interrompe a livello dei pori.
I pori nucleari sono complessi diaframmi che regolano gli scambi nucleo-citoplasma.
L'involucro nucleare non sigilla il nucleo, ma permette che avvengano scambi con il citoplasma,
attraverso i pori nucleari, in corrispondenza dei quali le due membrane nucleari si continuano l'una con
l'altra e la lamina nucleare si interrompe. I pori nucleari presentano un diametro esterno variabile da
30-100 nm. Ogni poro è formato da una struttura a simmetria ottagonale, il complesso del poro,
costituito da diversi proteine, le nucleoporine. Questo complesso è formato da due anelli posti sulla
membrana nucleare interna ed esterna, denominati anello nucleare ed anello citoplasmatico, ciascuno
costituito da otto subunità proteiche. Tra i due anelli se ne trova un altro, costituito da otto subunità
colonnari. Le caratteristiche funzionali del poro dipendono dalle sue componenti. Più le molecole sono
grandi, più le velocità con la quale queste attraversano il poro sarà maggiore, in quanto si formeranno
delle interazioni tra la struttura del poro e le macromolecole.
I pori nucleari partecipano al trasporto attivo di specifiche macromolecole dal citoplasma al nucleo
e viceversa.
Le proteine destinate al nucleo presentano dei segnali di localizzazione nucleare, SNL, che permettono
l'efficiente trasporto attraverso i pori nucleari. I classici segnali sono costituiti da brevi sequenze di
aminoacidi baltici, 4-8 aminoacidi, che formano anse sporgenti in diversi punti della proteina. Svariate
proteine citoplasmatiche, come le importine, riconoscono e si legano alle sequenze segnale che
permettono il passaggio delle proteine all'interno del nucleo. Questo processo richiede energia, fornita
dall'idrolisi del GTP.
Tutti i tipi di RNA sono sintetizzati nel nucleo ma svolgono la loro funzione nel citoplasma. I meccanismi
di esportazione dal nucleo sono meno chiari, ma sembra che vengano utilizzate delle sequenze di
esportazione nucleari, SEN. La più nota è costituita da dieci aminoacidi e ricca di leucina.
Il DNA varia da specie a specie, ma in ciascuna specie le quantità di DNA variano soltanto col variare
del numero dei cromosomi.
LA CROMATINA
La cromatina è costituita da DNA e istoni.
La cromatina è costituita da:
DNA;
istoni = proteine piuttosto piccole, ricche di amminoacidi basici, arginina e lisina.
Mutazioni nei geni degli istoni sono quasi sempre letali. La massa totale degli istoni contenuti in un
nucleo è circa pari a quella del DNA. Gli istoni appartengono a cinque classi:
1. H1 = molto ricchi in lisina, costituiscono un insieme di proteine correlate e sono le meno
conservate nell'evoluzione;
2. H2A e H2B = moderatamente ricchi in lisina;
3. H3 e H4 = ricchi in arginina. Sono le proteine più conservate nell'evoluzione.
Per ogni molecola H1 sono presenti due molecole di ciascuna delle altre classi. Si ritiene che questo
istone contribuisca alla regolazione dell'espressione genica della regione di cromatina in cui si trovano.
Gli istoni possono subire modificazioni post-trascrizionali reversibili, come la fosforilazione,
l'acetilazione e l'ubiquitinazione, che modificano la loro interazione con il DNA. Per quanto riguarda
l'ubiquitinazione per gli istoni questo non è un segnale di degradazione.
Altre classi di molecole associate alla cromatina sono le proteine non istoniche, o proteine nucleari
acide. A differenza delle proteine istoniche, cariche positivamente, che quindi si legano con facilità al
DNA, carico negativamente, queste proteine, a loro volta cariche negativamente, non possono legarsi al
DNA, per cui instaurano legami con le proteine istoniche.
50
Le proteine strutturali della matrice nucleare interagiscono con la cromatina e contribuiscono alla
funzione genica.
I nuclei mantengono la loro forma anche dopo estrazione con soluzioni saline concentrate e detergenti
non ionici. Questo grazie alla matrice cellulare, una trama fibro-granulosa diffusa, composta da tre
parti:
lamina nucleare;
reticolo fibro-granulare interno;
residui nucleolari.
Tra le proteine della matrice nucleare le più abbondanti sono le nucleoplasmine e le lamine, ma troviamo
anche actina e vimentina.
l'isotopo 15N. I batteri così marcati venivano fati riprodurre e poi inserite per un ciclo di riproduzione
in un terreno in cui l'isotopo dell'azoto era 14N.
Dopo un ciclo di riproduzione il DNA aveva una densità di isotopi 14N e 15N uguale. Dopo un ulteriore
ciclo metà DNA era di densità intermedia e metà era costituito da 14N. Queste erano le norme che
dovevano regolare il modello semiconservativo.
Se fosse stato corretto il modello conservativo la densità dell'isotopo 15N si sarebbe dovuta vedere ad
ogni ciclo di riproduzione. Se invece fosse stato vero il modello dispersivo avremmo dovuto vedere
pezzetti di DNA 15N in ogni ciclo riproduttivo.
Duplicazione del DNA nei batteri e negli eucarioti.
Utilizzando E. coli in vitro, Kornberg e colleghi hanno sperimentato un metodo per trovare gli enzimi
necessari per la replicazione del DNA. La prima sintesi di DNA fu ottenuta in una miscela contenente
frammenti di DNA, i quattro desossiribonucleosidi trifosfati, dNTP ed un lisato di cellule di E. coli.
Kornberg analizzò il lisato e trovò un enzima responsabile della sintesi del DNA, la DNA polimerasi I. In
questo modo egli capì che quattro erano le componenti indispensabili affinché avvenisse la sintesi di
DNA:
dNTP = cioè i precursori delle basi azotate;
un frammento di DNA che funga da stampo;
DNA polimerasi I;
ioni Magnesio, Mg++, necessari per la funzionalità ottimale dell'enzima.
Nei batteri la duplicazione del cromosoma circolare è sequenziale. Questo processo procede da una
estremità all'altra della doppia elica. Quando una molecola di DNA si srotola per la replicazione si
forma una struttura forma di "Y", chiamata la forcella e negativa. Questa si muove in una sola
direzione. Il cromosoma batterico è composto da una singola molecola di DNA circolare. La replicazione
inizia in un punto specifico dell'anello, detto origine di replicazione. Nel cromosoma circolare di E. Coli
vi è una sola origine di replicazione chiamata oriC. Siccome le eliche restano in una forma circolare,
affinché si possano srotolare si dovranno originare dei superavvolgimenti positivi in altre parti della
cellula. Il problema del superavvolgimento è risolto grazie alle topoisomerasi, gli ingredienti utili
organismi che intervengono sul grado di superavvolgimento del DNA circolare. Questi enzimi
introducono accorgimenti negativi nel DNA, o convertono DNA superavvolto in rilassato.
Nelle cellule di mammifero sono stati identificati cinque diverse DNA polimerasi:
α =alfa;
β = beta;
γ = gamma;
δ = delta;
ε = epsilon.
53
Le polimerasi α , β , δ ed ε sono localizzate nel nucleo, mentre la polimerasi γ si trova nel mitocondrio.
Le DNA polimerasi α e δ sono due enzimi responsabili della replicazione del DNA nucleare. Le DNA
polimerasi β ed ε servono per la riparazione del DNA danneggiato.
La replicazione del DNA è semidiscontinua. Quando una molecola di DNA si srotola per la replicazione si
forma una struttura a forma di "Y", chiamata forca replicativa. Questa si muove in una sola direzione.
L'elicasi svolge il DNA e produce due eliche stampo a singolo filamento. Le proteine SSB si legano al
DNA a singola elica e lo stabilizzano, impedendo che si riformi nuovamente la doppia elica. La primasi
sintetizza un primer di RNA su ciascuna elica stampo. Questi primer vengono allungati dalla DNA
polimerasi III che sintetizza nuove catene di DNA spostando le SSB. La DNA polimerasi può
catalizzare la sintesi di DNA solo in direzione 5'-3', mentre le due eliche hanno polarità opposta. La
nuova elica fatta in direzione 5'-3' è detta elica guida, mentre la nuova elica sintetizzata in direzione
opposta al movimento della forca replicativa è chiamata elica in ritardo. Per la sintesi dell'elica guida
basta un solo primer di RNA, mentre per la sintesi dell'elica in ritardo occorrono diversi primer. Man
mano che la forca di replicazione procede l'elicasi svolge altro DNA. L'elica guida è sintetizzata in
modo continuo, mentre l'elica in ritardo è sintetizzata in modo discontinuo in direzione 5'-3'. Si
formano perciò tanti piccoli frammenti preceduti da tanti piccoli primer di RNA. Questi frammenti
sono chiamati frammenti di Okazaki. Poiché le due eliche sono sintetizzate in modi diversi, la
replicazione del DNA si dice che avviene in maniera semidiscontinua. I frammenti di Okazaki vengono
congiunti tra di loro tramite l'attività di due enzimi, la DNA polimerasi I e la DNA ligasi. La DNA
polimerasi III si stacca e la DNA polimerasi I continua la sintesi in direzione 5'-3' del frammenta di
DNA, rimuovendo il primer. Quando la DNA polimerasi ha completato la sostituzione i due frammenti
sono uniti dalla DNA ligasi a formare un'elica più lunga.
Riassumendo, le proteine coinvolte in questa replicazione sono di tre classi:
DNA polimerasi;
elicasi = rompono i legami ad idrogeno che tengono unite le doppie eliche separandole;
topoisomerasi.
Tutte queste proteine non operano in modo distinto ma formano un complesso chiamato REPLISOMA,
localizzato in prossimità della forcella replicativa.
I cromosomi eucarioti si duplicano velocemente perché la replicazione del DNA inizia in molte origini di
replicazione sparse per tutto il genoma. In corrispondenza di ciascuna origine il DNA si denatura, si
srotola, e la replicazione procede in entrambe le direzioni. Ogni forca replicativa si incontrerà con
quella adiacente unendo tutti i tratti di DNA sintetizzato. Il tratto di DNA compreso tra un'origine di
replicazione e le due terminazioni della replicazione, dove le forche si fondono, si chiama unità di
replicazione o replicone. La replicazione delle DNA non avviene simultaneamente in tutti i repliconi, ma
è presente un ordine temporale ben preciso.
Il DNA batteri con si replica rimanendo attaccato alla membrana. Questo assicura che le due molecole
di DNA si segreghino nelle due cellule figlie. Negli eucarioti il DNA è attaccato alla matrice cellulare,
che partecipa alla replicazione offrendo un punto di attacco per l'inizio.
È stato scoperto che i segmenti di eterocromatina completano la duplicazione del loro DNA dopo i
segmenti di eucromatina. L'esempio tipico di replicazione tardiva è rqppresentato dal cromosoma X
inattivo delle femmine.
Il DNA è unito alle proteine istoniche. Quando avviene la replicazione gli istoni passano ad una delle
doppie eliche figlie, lasciando l'altra come sito della neo-formazione di nucleosomi.
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Ad ogni genere sono associate delle sequenze di corpi di basi chiamate e le menti e regolatori, coinvolti
nella regolazione dell'espressione igienica. La trascrizione si realizzano mediante un processo
biochimico realizzato da un enzima chiamato RNA polimerasi. La doppia elica di DNA deve essere
srotolata. Questo processo è attuato nei procarioti dalla RNA polimerasi, mentre negli eucarioti
abbiamo diverse proteine specifiche. L'RNA viene sintetizzato in direzione 5'-3'. Le elica di DNA 3'-
5', chiamata elica stampo, funge da base per la trascrizione del RNA. L'altra elica, detta elicasi senso,
ha la stessa polarità dell'elica di RNA.
A differenza delle DNA polimerasi, alle RNA polimerasi incominciano la sintesi di nuovi catene, senza
l'uso di primer, ma non possiedono la funzione di correzione. Quando si presenta sull'elica stampo delle
DNA un nucleotide A, questo verrà tradotto sul RNA inonda nucleotide U. Questo perché l'RNA non ha
la base T.
Il processo di trascrizione avviene in tre stadi:
inizio;
allungamento;
terminazione.
mRNA = Negli eucarioti i geni che codificano per le proteine sono trascritti dall'RNA polimerasi II. Il
prodotto della trascrizione è una molecola di pre-mRNA, un precursore che prima di poter produrre una
molecola di mRNA maturo deve essere modificato. I promotori dei geni che codificano per proteine
contengono:
elementi promotori basali = un esempio sono:
TATA box = ha una sequenza consenso di sette nucleotidi, TATAAAA, e facilita
la separazione di lei e che per l'inizio della trascrizione;
elemento iniziatore, o Inr = sequenza la ricca di pirimidine vicina al sito di inizio
della trascrizione;
elementi promotori prossimali = sono localizzati più a monte del TATA box, circa 50-200
nucleotidi dal punto di inizio. Esempi di questi elementi sono:
CAAT box;
GC box.
I promotori possono contenere varie combinazioni di elementi basali e prossimali.
L'accurato inizio della trascrizione di un gene che codifica per una proteina richiede l'assemblaggio
dell'RNA polimerasi II con un certo numero di altre proteine, chiamate fattori di base della
trascrizione, TF. Prima TFIID si lega al TATA box per formare il complesso di inizio preliminare.
Questo complesso agisce come sito di legame per TFIIB, che reclutale l'RNA polimerasi II e TFIIF,
producendo il complesso di inizio della trascrizione minimo. Poi TFIIE e TFIIH si lega non ho produrre
il complesso di inizio della trascrizione completo, in grado di dare inizio alla trascrizione. L'elevato
livello di trascrizione fra necessari altri fattori chiamati atti mattoni, che si legano ad elementi
regolatori, chiamati enhancer. Gli enhancer si trovasi singola o multipla copia e funziona entrambi gli
orientamenti, sia a sentirsi a valle e quelle interno del gene stesso. Elementi simili a questi, che però
reprimono, invece di attivare la trascrizione di un gene, sono chiamati silencer e funzionano quando sono
legati a fattori chiamati repressori.
PROCARIOTI EUCARIOTI
Negli eucarioti la maggior parte di geniche codificano per proteine contengono regioni che non
codificano per aminoacidi, chiamate introni, poste in mezzo alle altre sequenze, gli esoni. Gli introni
sono sequenze intere paste che non vengono tradotte in una sequenza di aminoacidi, mentre gli esoni
sono sequenze espresse, che quindi traducono per una sequenza di aminoacidi. Gli introni vengono
rimorsi durante la maturazione del pre-mRNA a dare la molecola di mRNA maturo.
56
Dopo che l'RNA polimerasi II ha sintetizzato circa 20-30 nucleotidi del pre-mRNA, le estremità 5' la
modificata grazie alla giunta di un cappuccio, cap. questo consiste nella giunta ha di una guanina al
nucleotide terminale mediante uno strano legame, 5'-5'. Questo processo è detto capping del 5'. Molti
mRNA vengono modificati anche le estremità 3' tramite la giunta ha di una sequenza di 50-250 adenine,
detta coda di poli(A). Questo processo è catalizzato grazie alla poli(A) polimerasi. Entrambe queste due
modificazioni e sono presenti nelle mRNA maturo e sono molto importante per la sua stabilità. Negli
eucarioti non esiste una sequenza di terminazione nel viene a che segnala la fine della trascrizione del
genere che codifica per una proteina. La trascrizione prosegue anche per centinaia/ migliaia nucleotidi
dopo il sito di poliadenilazione.
I pre-mRNA contengono spesso un certo numero di introni, che devono essere eliminati affinché
l'mRNA diventi maturo. Uno dei primi esperimenti che dimostrò l'esistenza degli introni fu sviluppato
da Leder. Egli studiava il gene della β-globina, e codificata il polipeptide β-globinico. Nella cellula sono
presenti RNA di diverse lunghezze, chiamati hnRNA. Da uno di questi RNA fu isolata la una molecola
che era il pre-mRNA della β-globina, lungo 1.5 kb. L'mRNA maturo era lungo 0.7 kb. Il gruppo di Leder
dimostrò che il pre-mRNA di 1.5 kb è colineare con il geniche lo codifica, mentre il mRNA di 0.7 kb non
lo era. Questo perché il primo conteneva ancora introni e dei suoni, mentre il secondo no. E si
concludono che nel viene era presente un introne di circa 800 bp. Durante il processo di maturazione
l'introne veniva eliminato e gli esoni legati insieme per formare un mRNA maturo.
tRNA = L'inizio della trascrizione di geni per i tRNA richiede il legame dei fattori di trascrizione al
promotore. TFIII si lega alla legge di controllo interna, per facilitare il legame del RNA polimerasi III.
Poi TFIIIB posiziona l'RNA polimerasi III in modo corretto sul gene, agisse cioè come fattore di inizio
di trascrizione. Il RNA polimerasi scrive il 50 bp a monte dell'inizio della zen e. I fattori di
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trascrizione interagiscono con una molecola di RNA polimerasi III dopo l'altra, facilitando la
trascrizione ripetuta del gene intero. Da terminazione della trascrizione richiede sequenze specifiche
all'estremità 3', che segnalano all'RNA polimerasi di fermarsi. La trascrizione di geni di tRNA produce
molecole precursori, pre-tRNA, che hanno sequenze addizionali ad ogni estremità. In alcuni eucarioti
qualche gene per tRNA contiene introni, specialmente quelli che codificata per gli amminoacidi tirosina,
fenilalanina, triptofano, lisina, serina, leucina e isoleucina. Il primo gene per tRNA nel quale sia stato
trovato un introne è il gene della tirosina. La rimozione dell'introne avviene in seguito al taglio operato
da un'endonucleasi, mentre i frammenti generati dal taglio vengono riuniti insieme dall'enzima RNA
ligasi.
rRNA = Le unità ripetute di rDNA sono raggruppate in uno o più gruppi e racchiusa nel nucleolo. Ogni
unità è trascritta dalla RNA polimerasi I a dare la molecola di pre-rRNA. Nel promotore dell'rDNA
dell'uomo troviamo due domini:
un elemento core, sovrapposto al punto di inizio della trascrizione;
un elemento di controllo.
Per la trascrizione dell'rDNA due fattori si legano al promotore, che inizia la trascrizione. Le RNA
polimerasi I incomincia a scrivere soltanto dopo che i due elementi, hUBF e SL1 ci sono legati al
promotore. Per ottenere molecole di rRNA mature, il precursore è tagliato imposizioni specifiche per
rimuovere le sequenze spaziatrici. Il primo taglio elimina quelle esterne, successivamente vengono
tagliate quelle interne. Una volta che le subunità dei ribosomi sono assemblate, vengono esportate nel
citoplasma, dove avviene la sintesi proteica.
I CROMOSOMI
Durante l’interfase la molecola di DNA è associata a proteine istoniche e forma insieme a queste la
cromatina interfasica. All’inizio della mitosi i segmenti di cromatina spiralizzati assumono l’aspetto di
singoli cromosomi. La cromatina è quindi lo stato interfasico dei cromosomi. I cromosomi sono i
depositari dei caratteri ereditari e determinano tutti i caratteri morfofunzionali della cellula. I
cromosomi all’inizio della mitosi sono costituiti da 2 cromatidi identici formati ciascuno da una molecola
di DNA e legati dalle coesine; vi è il centromero che suddivide il cromosoma in 2 bracci; in base alla
posizione del centromero possiamo classificare i cromosomi in:
-metacentrici = centromero al centro
-acrocentrici = centromero ad una delle 2 estremità
-submetacentrici = centromero è tra estremità e centro
-telocentrici = cromosoma è privo di uno dei bracci
il DNA del centromero è formato da sequenze ripetute non trascrivibili; il cinetocore è contenuto nel
centromero, è formato da 2 placche e consente al cromosoma di legarsi e muoversi sulle fibre del fuso;
può esistere una costrizione secondaria associata al nucleolo contenente la regione organizzatrice del
nucleolo e che divide una parte di cromosoma, detta satellite, dalla parte principale; le estremità dei
cromosomi sono dette telomeri i quali favoriscono l’appaiamento dei cromosomi omologhi e si accorciano
di divisione in divisione fino ad arrivare ad una lunghezza tale da bloccare il ciclo. Le uniche cellule che
sfuggono al controllo dei telomeri sono quelle germinali che contengono telomerasi.
Cariotipo = insieme delle caratteristiche che identificano un particolare corredo cromosomico e che
possono essere rappresentate da un cariogramma. Qui i cromosomi sono allineati secondo la loro
lunghezza.
I cromosomi che determinano il sesso sono detti cromosomi sessuali (XY , XX), mentre gli altri sono
detti autosomi i quali sono a due a due uguali. I due membri uguali di ogni coppia sono detti omologhi, dei
quali uno deriva dal padre e uno dalla madre. I geni uguali presenti nello stesso locus sui 2 cromosomi
omologhi sono detti alleli.
Le cellule somatiche e le cellule germinali immature sono diploidi, le cellule germinali mature sono
apolidi. Il sesso maschile nei mammiferi è eterogametico ( 2 gameti X e Y) quello femminile è
omogametico. I cromosomi sessuali sono costituiti da una regione omologa, uguale in X e Y, e da una
regione differenziale. L’appaiamento e il crossing over sono limitati alle regioni omologhe; la regione
differenziale è quella che contiene i geni che determinano il sesso. Nel maschio i geni presenti nella
regione di X che non ha una regione omologa con Y sono privi di alleli e sono detti emizigoti, i quali
vengono tutti espressi; nella femmina i geni recessivi si esprimono solo se sono allo stato omozigote.
APPARATO MITOTICO
Struttura costituita da centrioli, aster e fuso mitotico la cui funzione è quella di determinare la
migrazione dei cromosomi durante la mitosi.
-centrioli = strutture simili ai corpi basali circondati da materiale pericentriolare amorfo. L’insieme del
centriolo e del materiale è detto centrosoma. I centrioli sono duplici allo stato interfasico e sono posti
ad angolo retto tra loro; si trova dove possibile nel centro della cellula dove non ci sono vacuoli e vicino
al Golgi. Prima della mitosi i centrioli si duplicano; le due coppie migrano ai poli opposti della cellula dove
funzionano da organizzatori del fuso. La duplicazione avviane in fase G1: i due centrioli si allontanano e
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IL CICLO CELLULARE
Le fasi attraverso cui la cellula passa tra una divisione e l’altra costituiscono il ciclo cellulare. Il ciclo è
suddiviso in 2 fasi principali: interfase e mitosi.
-interfase = periodo del ciclo più lungo e la sua durata dipende dal tipo di cellula. È il periodo che segue
la mitosi e in cui avviene l’aumento della massa cellulare, la duplicazione del DNA e il controllo del ciclo.
Avvengono numerosi processi biosintetici. Può essere suddivisa in sottofasi:
fase G1 = fase in cui vi è un’intensa sintesi di RNA e proteine per l’accrescimento cellulare e
l’attivazione delle vie metaboliche necessarie per i processi di sintesi di DNA. È di durata
variabile a seconda dei tipi di cellule e delle condizioni in cui una cellula si trova.
Fase G0 = fase quiescente. Fase in cui le cellule restano uscendo dal ciclo cellulare o per
condizioni sfavorevoli o per caratteristica propria di un certo tipo di cellula ( es: nervosa). È una
fase stazionaria di durata variabile che può durare fino alla morte della cellula
fase S = fase in cui avviene la sintesi del DNA. Di durata costante
Fase G2 = fase in cui si svolgono i processi metabolici richiesti per la divisione cellulare. Di
durata costante
-mitosi = divisione e ripartizione del corredo cromosomico. Suddivisa in:
Profase = la cromatina si organizza in cromosomi i quali si accostano alla membrana nucleare. Si
forma l’aster e tra i due aster si organizza il fuso. I centrioli intanto migrano ai poli opposti e il
fuso si allunga.
Prometafase = scompaiono nucleoli e membrana nucleare che va a far parte di quella
citoplasmatica.
Metafase = i cromosomi si dispongono sul piano equatoriale della cellula e formano la piastra
equatoriale. Dopodichè si legano al fuso
Anafase =
anafase A -> i due cromatidi si separano grazie alla distruzione delle coesine, che avviene a
causa di un aumento della concentrazione di calcio, e migrano verso i poli.
Anafase B ->i 2 poli si allontanano
Telofase = i cromosomi si despiralizzano in cromatina, si riforma la membrana nucleare e
successivamente i pori, ricompaiono i nucleoli. Può succedere che i cromosomi non vengano racchiusi
in 2 nuclei diversi ma in uno solo e questo fenomeno è chiamato endomitosi (megacariociti).
Citochinesi = riguarda la divisione citoplasmatica. Compare a livello equatoriale durante la
mitosi una strozzatura sempre più evidente, effettuata da un anello contrattile formato da
actina. L’anello contrae la cellula fino a dividerla in 2. il citoplasma si divide equamente tra le 2
cellule. Questo anello è tipico solo delle cellule animali. Può succedere che la citochinesi non
avvenga e così si ottiene un plasmodio polinucleato
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GENERALITÀ
Epitelio = tessuto costituito da cellule contigue, con l'interposta scarsissima sostanza amorfa. Forma
lamine cellulari e si appoggia su una membrana basale, che lo separa dal tessuto connettivo e che è
costituita dalla sostanza intercellulare prodotta dalle cellule stesse.
Gli epiteli:
ricoprono le superfici esterne ed interne del corpo = epiteli di rivestimento;
rivestono le superfici interne dei vasi sanguigni e linfatici;
formano le ghiandole = epiteli ghiandolari.
Gli epiteli non sono vascolarizzati e ricevono i nutrienti per diffusione dai capillari del tessuto
connettivo.
CLASSIFICAZIONE
In base al numero di strati cellulari e della forma delle cellule dello strato superficiale e gli epiteli si
classificano in:
epiteli semplici =
pavimentoso semplice;
cubico semplice o isoprismatico;
cilindrico semplice o batiprismatico;
epiteli pluristratificato o composti =
pavimentoso composto;
cubico composto;
cilindrico composto;
epitelio di transizione = il numero di strati delle cellule e il loro aspetto variano a seconda dello
stato funzionale dell'organo. Questo e epitelio è tipico delle vie urinarie;
epitelio pseudostratificato = è uno strato semplice di cellule di altezza e disposizioni variabili,
che partono tutte sulla membrana basale, ma di cui solamente alcune cellule raggiungono la
superficie libera. I nuclei si trovano diverse altezze.
calibro una cellula endoteliale può espandersi anche per tutta la circonferenza del vaso.
Le cellule sono connesse tra loro da interdigitazioni della membrana e da giunzioni ancoranti, quali
desmosomi, zonulae aderens e zonulae occludens. Queste ultime regolano la permeabilità vascolare. Nel
SNC le zone occludenti formano la base della barriera emato-encefalica.
Caratteristiche:
presenza della lamina basale attorno all'endotelio;
presenza, all'esterno, di macrofagi e altre cellule connettivali.
Alcune capillari sono delimitati da cellule endoteliali con fenestrazioni o pori circolari, chiusi da un
diaframma molto sottile. Si parla allora di capillari fenestrati, per distinguerli dai capillari continui.
Funzioni delle cellule endoteliali:
regolano la permeabilità vascolare, a livello dei capillari con parete sottile e venule post-
capillari. In queste cellule è attivo il meccanismo della transcitosi = il materiale internalizzato
per endocitosi su uno dei due versanti della cellula viene trasferito sul versante opposto;
nelle cellule endoteliali delle venule è presente una struttura sessile, l'organello vesciculo-
vacuolare, che mette in continuità il lume del vaso con lo spazio extracellulare. Presto organello
è una in campi di aprire il trasferimento di macromolecole;
regolano l'adesione delle cellule del sangue alla parete del vaso e il trasferimento di
macromolecole, extravasazione;
regolano il tono vascolare, provocando vasocostrizione o vasodilatazione;
il mesotelio conferma parte della pluripotenzialità delle mesenchima. Queste cellule possono
differenziarsi in fibroblasti;
l'epitelio mesenchimale è un epitelio pavimentoso semplice che riveste alcune cavità poste nel
tessuto connettivo. Ad esempio la camera dell'occhio.
Per compiere efficacemente la sua funzione assorbente la mucosa intestinale presenta una serie di
dispositivi strutturali specializzati:
si solleva in pliche circolari per aumentare la superficie assorbente;
l'epitelio si estroflette sopra le pieghe e fra di loro formando i villi intestinali = espansioni
digitiformi di 0.5 - 1 mm di altezza;
le cellule assorbenti presentano sulla loro superficie libera una struttura finemente svegliata in
senso longitudinale = orletto a spazzola. È costituito da numerose e sottili espansioni cellulari
allungate, di forma cilindrica = MICROVILLI. Queste espansioni aumentano ulteriormente la
superficie assorbente dell'epitelio;
le superfici laterali delle cellule cilindriche dell'epitelio dell'intestino presentano una e
elaborato sistema di struttura di ingiunzione = complesso di ingiunzione.
Nella mucosa intestinale e sono presenti ghiandole secernenti enzimi digestivi, cripte di Lieberkuhn, e
numerose cellule caliciformi mucipare, con un nucleo schiacciato al polo basale. Queste cellule
producono il muco, che protegge il rivestimento epiteliale da eventuali elezioni. Sono ghiandole mucose
uni cellulari, il cui nucleo aumenta progressivamente dal duodeno a digiuno, ileo e colon.
Epitelio cilindrico semplice ciliato.
Si trova:
nella mucosa dell'ovidotto;
nella mucosa dei piccoli bronchi;
nelle aree circostanti dell'utero.
L'epitelio dell'ovidotto è costituito da un solo strato di cellule cilindriche di due tipi, alternate
regolarmente:
ciliate;
secernenti.
Se le cellule dell'epitelio cilindrico assumono la forma di una piramide tronca invece che una forma
prismatica, allora hanno una funzione secernente.
A seconda delle cellule che si considerano esistono due tipi di epitelio pavimentoso semplice.
Epitelio pavimentoso semplice non corneificato.
Composto da cellule non corneificate. Si trova:
cornea;
mucose di bocca, esofago, vagina.
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Queste due strati sono separati da una membrana basale, ancorata alla derma per mezzo di esili fibre
di collagene. Sotto il derma si trova il tessuto connettivo lasso, che in molte regioni del corpo si
trasforma nel pannicolo adiposo sottocutaneo. Ammessi alla cute troviamo peli, unghie, ghiandole
sebacee, sudoripare, ghiandola mammaria. Questi annessi si sviluppano dallo strato di germinativo
dell'epidermide.
Il derma si solleva in pieghe = papille dermiche, che si interdigitano con sporgenze dell’epidermide =
creste epidermiche. L'epidermide è priva di vasi sanguigni. Perciò le sostanze nutritive e sono fornite
dai capillari del tessuto connettivo e diffondono dei liquidi interstiziali.
Funzioni:
protezione dell'organismo da traumi fisici, meccanici, chimici provenienti dall'esterno;
ricezione degli stimoli;
partecipazione alla termoregolazione, al mantenimento dell'equilibrio idrico e alla difesa
immunitaria;
eliminazione di varia sostanze.
Epidermide.
Presenta uno spessore tra 70-120 μm, ma può arrivare 0.8 mm, sul palmo della mano, e 1.4 mm sotto la
pianta del piede. Presenta quattro strati cellulari:
1. STRATO BASALE = consiste in un singolo strato di cellule cubiche o cilindriche. È detto strato
di terminativo perché i cheratinociti che lo compongono proliferano per mitosi. Qui sono situati
i cheratinociti staminali, responsabili del continuo rinnovamento dell'epidermide. Le cellule dello
strato basale sono collegate da desmosomi, e passano direttamente sulla lamina basale, alla
quale sono adese per mezzo di emidesmosomi;
2. STRATO SPINOSO O DEL MALPIGHI = formato da 4-8 strati di cellule basofile di forma
poliedrica, che diventano appiattite mano a mano che si avvicinano alla superficie. Sono
saldamente unite tra loro da numerosi desmosomi. Il passaggio di un cheratinociti dallo strato
basale a quello spinoso, con il conseguente inizio del differenziamento, produce una nuova acqua
per le molecole di cheratina. Queste tendono ad aggregarsi in fasci più spessi, detti
TONOFIBRILLE, che attraversano il citoplasma in tutte le direzioni convergendo sui
desmosomi. Le cellule dello strato spinoso producono una proteina, l’involucrina, che si accumula
sua faccia interna della membrana plasmatica di ciascun cheratinocito, contribuendo a formare
l'involucro cellulare corneificato. In queste cellule sono presenti di tipi di granuli:
melanosomi = prodotti dai melanociti e trasferiti alle cellule spinose;
cheratinosomi = granuli del diametro di 100-150 nm. Contengono materiali lipidico
destinato allo spazio e intercellulare dello strato granuloso che riveste la
membrana. Sembra che serva come barriera e intercellulare per l’acqua;
3. STRATO GRANULOSO = composto da 3-5 strati di cellule capite, contenenti grassi granuli non
avvolti da membrana = granuli di cheratoialina. Queste cellule contengono:
filaggrina = proteina ricca di istidina, con la capacità di aggregare in macrofibrille
di farsi paralleli di cheratine;
loricrina = viene depositata sulla faccia interna della membrana plasmatica e
contribuisce alla formazione dell'involucro cellulare corneificato;
4. STRATO LUCIDO = strato di transizione costituito da pochi strati di cellule prive di nucleo,
addensate e rifrangenti. È presente solo dell'epidermide della mano e del piede;
5. STRATO CORNEO = composto da cellule appiattite e corneificate, dette cellule cornee. Sono
privi di nucleo e di Pirenei di filamenti di cheratina strettamente aggregati tra loro. Le cellule
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era sono connesse tra loro e con quelle dello strato lucido o granuloso. Le cellule cornee sono
particolarmente resistenti agli insulti meccanici e chimici, per la presenza, subito sotto la
membrana, dell'involucro cellulare corneificato, di composizione proteico-lipidica, che funge da
principale barriera verso l'esterno. Lo strato corneo contribuisce a impermeabilizzare
l'epidermide, proteggendo l'organismo dalla perdita di acqua. Le cellule cornee sono
metabolicamente inattive e prive di nucleo. Vanno incontro a continua desquamazione e sono
sostituite da nuovi elementi. Dalle cellule staminali nascono due “figlie”: una rimarrà staminale,
l’altra andrà a morire, formando lo strato corneo. Il ricambio avviene in 15-30 gg.
Desmosomi.
I desmosomi sono giunzioni che consentono l'adesione dei cheratinociti tra di loro. Rappresentano le
strutture di esistenza dell'epidermide. La loro funzione è resa possibile dall'interazione tra le molecole
desmosomiali e le strutture del citoscheletro, i filamenti intermedi di cheratina. Il citoplasma delle
cellule dello strato basale contiene i filamenti intermedi, detti tonofilamenti, che danno sostegno
meccanico ai cheratinociti. Questi filamenti sono costituiti da specifiche cheratine, che giungono a
costituire al 85% della componente molecolare di un cheratinocita.
Cellule epidermiche.
La pelle è costituita da tre linee cellulari:
cheratinociti = che proliferano dallo strato più profondo dell'epidermide e, spostandosi verso di
strati più superficiali, subiscono il processo di cheratinizzazione. Sono cellule che derivano
dall’ectoderma;
melanociti = solo un esiguo numero di cellule, limitate dagli strati profondi dell'epidermide. Non
subiscono cheratinizzazione, ma sintetizzano un pigmento che da colore alla pelle = melanina.
Sono localizzati nello strato basale e spinoso. Derivano dalle creste neurali emigrano durante la
vita embrionale nel derma, penetrando poi nell'epidermide. Sono cellule munite di prolungamenti
ramificati che è si estendono per lunga distanza verso la superficie dell'epitelio. Non sono
congiunte da desmosomi e sono prive di tonofilamenti. Possiedono granelli cellulari contenenti
melanina, detti melanosomi, un RER molto sviluppato e un grosso complesso di Golgi. I
melanosomi si formano nei Golgi come vescicole delimitate da membrana, poi assumono l'aspetto
di organelli ellittici con un’organizzazione lamellare interna a strati concentrici. Una volta
completata la loro formazione i melanosomi migrano nei prolungamenti e sono trasferite nelle
cellule dello strato basale e malpighiano.
MELANOCITI + CELLULA EPIDERMICA = UNITÀ MELANINA EPIDERMICA.
Melanina = polimero in una grado di assorbire la luce. La capacità di assorbire la luce
le conferisce molte funzioni:
fotoprotezione;
protezione dei fotorecettori;
termoregolazione;
neutralizzazione dei radicali liberi;
abbronzatura = dovuta all’attivazione dell'enzima tirosinasi, che
determina un aumento della quantità di melanina prodotta.
E si sono due tipi di melanina:
eumelanina = costituita da pigmenti marrone-neri
feomelanina = costituita da pigmenti di colorazione giallo-rossi;
cellule di Langerhans = cellule dendritiche che derivano dal midollo osseo, situate in posizione
soprabasale dell'epidermide e nella mucosa orale ed esofagea. Presentano una forma stellata o
dendritica e prolungamenti che si insinuano tra le cellule circostanti. Hanno caratteristiche
comuni a monociti e macrofagi:
sono capaci di presentare l'antigene durante l'induzione della risposta immunitaria;
secernono interleuchina I = importante mediatore della risposta immunitaria.
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Nell'epidermide sono state individuate altre cellule dendritiche, le cellule di Granstein, che
interagiscono con i linfociti T soppressori, e che formano un tessuto linfoide associato alla pelle.
Epitelio di transizione.
È una modificazione dell'epitelio stratificato. Si trova solo nelle vie urinarie: vescica, uretere e parte
superiore dell’uretra. Il numero di strati e della forma delle cellule variano secondo dello Stato
funzionale dell'organo, se disteso o contratto.
vescica vuota = contratta = Le epitelio assimilato le epitelio stratificato cubico. Lo strato
superficiale formato da grandi elementi con la superficie libera convessa;
vescica piena = distensione = le cellule superficiali si appiattiscono mantenendo i collegamenti
giunzionali. Lo spessore dell'epitelio si riduce e il numero di strati diminuisce. La superficie
aumenta notevolmente.
Citoscheletro.
I filamenti delle cellule epiteliali appartengono due categorie:
i filamenti intermedi = 20 epiteli di rivestimento hanno uno spessore di circa 8-9 nm e vengono
detti tonofilamenti. Degli strati più superficiali degli epiteli pavimentoso stratificati si
raccolgono in fasce, che convergono verso i desmosomi, e sono detti tonofibrille. La loro
funzione è quella di sostegno meccanico le cellule epiteliali. Sono composti dalla proteina fibrosa
cheratina. Mentre le braci ci sono due tipi di cheratina: tipo I e tipo II. Queste due tipologie
sono coespresse e formano eterodimeri, coppie di proteine tra loro diverse. Si dispongono l'uno
vicino all'altro si associano lateralmente in strutture filamentose di 8-10 nm;
microfilamenti = formati di actina, di 5-6 nm di spessore. Si trovano nell'epitelio cilindrico
semplice dell'intestino, sull’estremità apicale, dove stabiliscono rapporti di continuità con
proteine specifiche delle zone aderenti, o danno supporto alle strutture di giunzione. Si
dispongono formare la trama terminale, o terminal web, e danno sostegno ai microvilli. Le cellule
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epiteliali contengono anche microtubuli, che formano l'assonema del ciglio negli epiteli ciliati e
le fibre del fuso mitotico, nelle cellule in divisione. Costituiscono inoltre il supporto su cui si
spostano organelli e molecole, all'interno della cellula.
Polarità.
Le cellule hanno una polarità morfologica e funzionale. L'organizzazione degli organuli è diversa a
seconda che si guardi l'estremità apicale o l'estremità basale. Un ruolo determinante della polarità è
svolto dalle giunzioni occludenti, suddividono la membrana in due regioni:
dominio baso-laterale;
dominio apicale.
Nell’epitelio semplice cilindrico dell'intestino rappresenta una struttura caratteristica: con presto, o
apparato, di tensione. È costituito da:
zonula occludente;
zonula aderente;
desmosomi.
È presente anche in altri epiteli:
fegato = lungo i margini dei canalicoli biliari, dove sigillano insieme le cellule parchi che
adiacenti, impedendo il passaggio della bile e gli spazi intercellulari;
disco intercalare delle fibre muscolari cardiache = simile alle giunzioni epiteliali, comprende
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GHIANDOLE ESOCRINE
Processo di secrezione.
Esistono due tipi di secrezione:
proteica = avviene sui ribosomi;
polisaccaridica o proteoglicanico = avviene nella membrana del RE e del complesso di Golgi.
Delle ghiandole semplici tutti gli elementi epiteliali hanno funzione secernente e delimitano il lume del
dotto. Quello più complesse contengono:
adenomero = porzione secernente. Costituito da cellule disposte a circoscrivere un rom e che si
continuò con il dotto. Si trova alle estremità del dotto e nelle ghiandole con dotti ramificati,
alle estremità di ogni singola ramificazione;
dotti escretori = porzione escretrice.
GHIANDOLE ENDOCRINE
Le sostanze secrete si chiamano ormoni e regolano l’attività metabolica di diversi organi. Questi sono
trasportati dal sangue ed influenzano organi situati a distanza = organi bersaglio. Possono essere
liberati nel circolo sanguigno appena prodotti oppure possono immagazzinati entro le cellule ed essere
liberati solo successivamente all’arrivo di un segnale.
Gli ormoni riconoscono le cellule bersaglio, perché sulla loro superficie sono presenti particolari
macromolecole proteiche dette recettori ormonali, specifici per ogni ormone. Gli ormoni interagiscono
con il recettore e inducono un particolare effetto, risposta, nella cellula. Esistono due diversi tipi di
recettori, situati in diverse zone della cellula:
recettori per ormoni proteici = sono situati sulla superficie della cellula;
recettori per ormoni steroidei = sono situati nel nucleo.
L’apparato endocrino è costituito da cellule, organi e raggruppamenti di cellule sparsi , con la comune
caratteristica di produrre ormoni, che possono avere diversa natura:
oligopeptidi;
polipeptidi;
proteine;
glicoproteine;
steroidi;
catecolamine.
La concentrazione ormonale plasmatica è bassa, circa 10 -6-10-9.
Gli ormoni che regolano la sintesi di altri ormoni si chiamano tropoormoni, TSH.
Le ghiandole endocrine sono caratterizzate una ricca rete di capillare che avvolge le cellule secernenti.
È sempre presente una membrana basale e lo stroma è formato da un ricco intreccio di fibre reticolari.
Si riconoscono tre principali varietà strutturali di ghiandole endocrine:
GHIANDOLE A CORDONI = le cellule sono allineate a formare dei cordoni piuttosto evidenti.
Questa organizzazione è quella della maggior parte delle ghiandole endocrine: ipofisi,
paratiroidi, pancreas, surrene, epifisi. Le cellule epiteliali sono a volte da una membrana basale,
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all'esterno della quale c'è una ricca rete di capillari, sinusoidi. Hanno un lume più ampio e un
endotelio fenestrato. Le cellule sono connesse tra loro da desmosomi e gap junction;
GHIANDOLE INTERSTIZIALI = formata da isolotti o gruppi o nidi cellulari. Sono le ghiandole
interstiziali del testicolo e dell’ovaio, le cellule parafollicolari della tiroide e le cellule della
mucosa gastrointestinale;
GHIANDOLE A FOLLICOLI CHIUSI, O VESCICOLE = hanno una organizzazione complessa.
L'unico esempio è dato dalla tiroide.
IPOFISI.
Detta anche ghiandola pituitaria è localizzata alla base del cervello e porge una profonda depressione
dell'osso sfenoide, detta sella turcica. È la ghiandola endocrina più importante, in quanto controlla
l'attività delle altre ghiandole. La sua attività socialmente è regolata da ormoni o fattori di liberazione
e di inibizione secreti dall'ipotalamo. È formato due organi diversi:
adenoipofisi = detta anche ipofisi ghiandolare o ipofisi anteriore. Si origina dall'embrione come
evaginazione dell’ectoderma, dello stomodeo. È una ghiandola a cordoni e nidi cellulari. È divisa
in tre parti:
1. parte distale = o lobo anteriore. Costituisce la maggior parte del parenchima
ghiandolare. È formato da cordoni cellulari, in stretto rapporto con una ricca rete di
capillari. Produce 6 ormoni:
somatotropo = STH, ormone della crescita;
prolattina = LTH, stimola la produzione di latte;
ormone tireotropo = THS, stimola la tiroide;
ormone gonadotropo = FSH;
ormone luteinizzante = LH;
ormone adenocorticotropo = ACTH, gluteostimolante.
Questi ormoni sono a loro volta controllati da neurotrasmettitori liberati dalle
terminazioni nervose dell'ipotalamo;
2. parte intermedia = è poco sviluppato nell'uomo e secerne l'ormone che stimola il sistema
melanocitario. Influenzare la colorazione delle acute stimolando la produzione di
melanina e la dispersione dei suoi granuli;
3. parte tuberale = è molto piccola e non le sono attribuite funzioni endocrine. Contiene
per lo più cellule cromofobe.
neuroipofisi = o ipofisi nervosa. Deriva dal pavimento del diencefalo. È costituito da cellule
particolari,pituiciti, dalle terminazioni degli assoni dei neuroni i cui pirenoforo sono situati
nell’ipotalamo. Questi neuroni producono:
vasopressina;
ossitocina;
prodotti nel nucleo sopraottico e paraventricolare. Questi ormoni sono trasportati lungo gli
assoni fino alla neuroipofisi, grazie ad un sistema di vescicole rivestite di membrana, che
derivano dal complesso di Golgi. Poi gli ormoni sono riversati nei capillari. Questi ormoni sono
legate speciali proteine solubili di trasporto = neurofisine.
Adenoipofisi.
Nell’adenoipofisi troviamo due tipologie cellulari:
cellule cromofile = distinte in:
acidofile = hanno un secreto proteico, PAS -;
basofile = hanno un secreto glicoproteico, PAS +;
cellule cromofobe = prive di granuli. Si pensa siano una riserva di cellule non differenziate.
78
CELLULE CROMOFILE.
Cellule Acidofile.
Rappresentano il 40% delle cellule dell’ipofisi. Hanno un diametro compreso tra il 15-20 μm e
contengono granuli PAS -. Sono divisibili in:
cellule somatotrope, o STH cells, o cellule alfa = forma tondeggiante, nucleo sferico, RER e
Golgi ben sviluppati. I granuli maturi contengono l’STH, in vescicole di diametro tra 350-450
nm. Queste cellule secernono l’ormone somatotropo, la cui carenza determina il nanismo, mentre
la sua eccessiva produzione determina il gigantismo;
cellule mammotrope, o LTH cells, o cellule a prolattina, o cellule epsilon = rappresentano il
10-20% di tutte le cellule ipofisarie. Sono elementi oblunghi, con elevato rapporto nucleo-
citoplasma. RER e Golgi esteso. I granuli con l’ormone hanno un diametro di circa 600 nm e
forma irregolare. Secernono gli ormoni luteotropo, LTH, e prolattina, PRL.
Cellule Basofile.
Rappresentano il 10-15% della popolazione cellulare ipofisaria. Hanno dimensioni maggiori rispetto alle
cellule acidofile, 20-25 μm, e contengono granuli PAS +. Si dividono in:
cellule gonadotrope o beta = rilasciano entrambe le gonadotropine, FSH, follicolo stimolante, e
LH, luteinizzante. Hanno granuli relativamente piccoli, 200 nm, che contengono entrambe gli
ormoni;
cellule tireotrope, o TSH cells, o cellule delta = sono basofile e PAS +. Sono il 5%del totale
delle cellule ipofisarie. Hanno granuli con un diametro tra 50-150 nm. Secernono il TSH, ormone
tireotropo , che regola la produzione degli ormoni T3 e T4;
cellule corticotrope o cellule gamma = hanno piccoli granuli distribuiti soprattutto in periferia.
Rappresentano il 20% della popolazione totale di cellule. Producono l’ormone ACTH, o
adenocorticotropo, che stimola la zona fascicolata del surrene a produrre gli ormoni gli coattivi.
Sono cellule che secernono più di un ormone, ma tutti derivanti da una sola proteina, la POMC,
che produce ACTH, MSH, melanocitastimolante CLIP, γ-lipotropina e β-endorfina.
Neuroipofisi.
È un derivato neuroectodermico diencefalico. Produce ormoni sintetizzati da neuroni ipotalamici.
Gli ormoni neuroipofisari, vasopressina e ossitocina, sono sintetizzati dai nuclei magnicellulari
ipotalamici, nuclei sopraottico e paraventricolare. Accumuli di materiale neosecreto si possono notare
anche come corpi di Herring. Granuli di ormone sono legati da una proteina, la neurofisina, in una
rapporto 6:1.
ossitocina = stimola la contrazione della parete dell’utero durante il parto;
vasopressina = azione vasocostrittrice e antidiuretica, in quanto stimola l’assorbimento di acqua
nei dotti collettori.
La neuroipofisi contiene fibre nervose amieliniche, immerse in uno stroma connettivale lasso, ricco di
capillari. Gli assoni sono circondati da prolungamenti citoplasmatici dei pituiciti.
PARATIROIDI.
Sono quattro ghiandole appoggiate alla faccia superiore dei lobi della tiroide, distinte in superiori e
inferiori. Il suo parenchima è costituito da cordoni e nidi di cellule epiteliali immersi in un connettivo
riccamente vascolarizzato. Troviamo anche adipociti. Queste cellule si dividono in due categorie:
cellule principali = sintetizzano l'ormone paratiroideo, o paratormone, di natura polipeptidica.
Questo è antagonista alla calcitonina, in quanto regola il riassorbimento dell'osso, innalzando il
livello di ioni calcio nel sangue. È una secrezione regolata da feedback negativo;
cellule ossifile.
79
Cellule principali.
Presentano struttura diversa a seconda dello stato funzionale:
forma inattiva = scarso RER e Golgi, e abbondanti granuli di glicogeno e lipofuscina;
forma attiva = abbondanti RER e Golgi, e scarsi granuli di glicogeno e lipofuscina.
L’attività di queste cellule è regolata dallo ione Ca++ extracellulare.
Il paratormone ha come effetto quello di aumentare, a livello osseo, il riassorbimento delle ossa, e
quindi aumenta il tasso ematico di Ca++.
Cellule ossifile.
Compaiono nelle paratiroidi dopo la pubertà. Hanno un nucleo ricco di cromatina e un citoplasma
acidofilo, con granuli di glicogeno.
SURRENE.
È costituito da due organi endocrini, con origine e funzione diverse:
corticale del surrene = si sviluppa nel mesoderma ed è disposta alla periferia della ghiandola. È
composto da tre zone, organizzate a cordoni cellulari:
1. zona glomerulare = disposta subito sotto la capsula connettivale. È formata da cellulare
disposte in cordoni, a formare gomitoli irregolari. Corrisponde al 15% della parte
corticale. Le cellule sono piccole, poliedriche e unite tra loro da giunzioni tipo macula
adhaerens. Citoplasma ricco di ribosomi e REL. Le cellule producono mineralcorticoidi,
come l’aldosterone, che agisce sul tasso ematico di minerali;
2. zona fascicolata = corrisponde all’80% della parte corticale. È formata da cellule
disposte in lunghi cordoni paralleli, tra i quali si dispongono ampi sinusoidi. Le cellule
contengono gocce lipidiche, REL molto sviluppato e mitocondri tubulari. Produce
glucocorticoidi, come cortisolo e corticosterone, che agiscono sul metabolismo dei
carboidrati;
3. zona reticolare = confina con la parte midollare della ghiandola. È costituito da cordoni
di cellule intrecciate a formare una rete, perciò si dice ce i cordoni sono anastomizzati
tra loro. Cellule molto piccole, con citoplasma colorabile e granuli di lipofuscina. Secerne
anabolizzanti e ormoni sessuali, come l’androstenedione e DHEA, che stimolano la sintesi
proteica;
midollare del surrene = composto da grosse cellule epiteliali raccolte in gruppi tondeggianti =
cellule cromaffini, con un citoplasma pieno di granuli bruni. Inoltre troviamo anche cellule
simpatiche gangliari. È organizzata in nidi e cordini, separati da stroma, dove troviamo numerosi
capillari. Deriva dal neuroectoderma
Agiscono sul sistema cardiovascolare e su alcune funzioni metaboliche.
La midollare è innervata da fibre simpatiche gangliari, che contraggono giunzioni con le cellule
cromaffini.
Secerne due ormoni, detti anche catecolamine:
adrenalina;
noradrenalina.
Questi ormoni sono contenuti in granuli. Quelli di adrenalina hanno un nucleo centrale,
disomogeneamente elettrondenso; mentre quelli di noradrenalina sono più voluminosi e hanno una
omogeneità.
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EPIFISI.
Detta anche ghiandola pineale, per la sua forma a pigna, è situata nell'encefalo, appoggiata ai tubercoli
quadrigemini superiori. Deriva dall'organo pineale di lucertole e coccodrilli, il terzo occhio, in cui ha la
funzione di sensore di variazioni luminose. Le sue cellule sono organizzate in cordoni. Le cellule sono i
pinealociti, tra i quali troviamo cellule interstiziali, di derivazione neuroepiteliale. L'epifisi sintetizza
due tipi di ormoni, che si influenzano a vicenda:
melatonina = deriva dalla serotonina per acetilazione e ossi-metilazione. L'azione di questo
ormone dipende dai cicli di luce-buio. La stimolazione luminosa della retina rallenta la produzione
di melatonina, mentre il buio la stimola. Perciò la sua produzione è minima di giorno e massima di
notte. Le sue funzioni sono varie:
protegge il sistema nervoso e eliminando i radicali liberi;
influenzar attività riproduttiva;
una sua eccessiva produzione determina stati di depressione.
serotonina = è il precursore della melatonina. Agisce secondo un ritmo diverso, difatti è
prodotta in massima quantità di giorno e in minima di notte.
All'interno della ghiandola compaiono delle concrezioni calcaree, sabbia cerebrale, prodotta dai
pinealociti. È riccamente innervata da fibre simpatiche, che si collegano ai pinealociti.
TIROIDE.
Si trova nella parte anteriore del collo, appoggiata alle cartilagini tiroidea e cricoide della laringe. È
formata da due lobi uniti da una porzione trasversale detta istmo, dalla quale a volte un lungo e sottile
globo piramidale si dirige in alto verso l’osso ioide. È rivestita da una sottile capsula di connettivo
fibroso, ricca di fibre elastiche, che suddividono il parenchima in territori irregolari. Questi sono
formati da follicoli la cui parete è formata da un epitelio cubico semplice. I follicoli contengono la
colloide, una sostanza omogenea e gelatinosa, ricca di tireoglobulina, una glicoproteina. I follicoli hanno
un diametro tra i 20-500 μm, a seconda del loro stato funzionale.
La parete dei follicoli è composto da due elementi cellulari epiteliali:
cellule follicolari o tireociti = poggiano sulla membrana basale e delimitano il lume del follicolo.
Presentano piccole gocce di colloide nel citoplasma e mostrano una certa polarità. Hanno forma
appiattita o cubica. Secernono tireoglobulina, sui poliribosomi adesi al RER. Una volta glicosilata
nel Golgi viene esocitata nel lume del follicolo.
cellule C o parafollicolari = poggiano sulla membrana basale ma non delimitano il lume del
follicolo. Secernono calcitonina, che abbassa il livello di ioni calcio nel sangue. Sono meno
numerose, ma più grandi, con un nucleo ovale e citoplasma chiaro. Secernono la tireocalcitonina,
che aumenta il deposito di calcio nelle ossa.
Nella colloide sono presenti due ormoni, T3, triiodotironina, e T4, tiroxina. L'attività della tiroide è
regolato dall'ormone THS, secreto dal lobo anteriore dell’adenoipofisi. Stimola il riassorbimento delle
gocce di colloide e l’idrolisi della tireoglobulina.
FEGATO.
Ha una duplice funzione, sia esocrina, secerne bile, sia endocrina, secerne proteine plasmatiche.
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PANCREAS.
È una ghiandola mista:
porzione esocrina = è una ghiandola tubulo-acinosa composta. Produce enzimi digestivi che
riversa nel duodeno. L'attività secernente regolata dalla secrezione di ormoni intestinali, quali:
secretina = stimola il pancreas a produrre acqua e sali minerali;
pancreozima = provoca Allah secrezione di grandi quantità di enzimi digestivi nel lume
intestinale. Attiva la contrazione della cistifellea provocando l'afflusso della bile nel
duodeno;
e di ormoni gastrointestinali, come la gastrina, agisce sullo stomaco stimolando la secrezione
acida.
Porzione endocrina = costituita da cumuli di cellule, cellule di Langerhans, sparse nel parenchima
esocrino. Le cellule sono piccole, poligonali e disposte in cordoni anastomizzati. Queste cellule
sono avvolte da una ricca rete di capillari nei quali si versano i prodotti di secrezione. Le sono di
4 tipi:
1. cellule A o alfa = rappresentano il 20% delle cellule e contengono granuli solubili in
alcol. Producono il glucagone, che favorisce la glicogenolisi epatica, aumentando il tasso
di glucosio nel sangue. Stimola l'attività cardiaca e favorisce la liberazione di acidi
grassi dagli adipociti;
2. cellule B o beta = rappresentano il 70% delle cellule e presentano granuli di secreto
molto variabili per forma. Producono l'insulina, che favorisce l'accumulo di glucosio nel
fegato;
3. cellule D o delta = rappresentano il 5-10% delle cellule e hanno granuli piuttosto
grandi con una modesta omogenea opacità. Producono somatostatina che inibisce la
sintesi dell'ormone della crescita. Ha un’azione modulatrice sulle cellule alfa e beta;
4. cellule PP o F = sono rare e hanno granuli densi con un ampio alone opaco periferico.
Producono il polipeptide pancreatico.
MUCOSA GASTRO-INTESTINALE.
Gli ormoni più importanti sono: serotonina, gastrina, secretina, istamina e glucagone.
RENE.
Produce l’ormone eritropoietina, che agisce sul sistema eritropoietico e un enzima, la renina, che
influenza la pressione sanguigna. Questo enzima viene liberato dall’apparato iuxtaglomerulari e
influenza l’angiotensinogeno, trasformandolo in angiotensina I e II. Quest’ultima promuove il rilascio
dell’aldosterone, che promuove il riassorbimento di sodio e acqua.
TIMO.
È l'organo dove i linfociti T maturano e vengono selezionati. Il suo e epitelio produce ormoni che hanno
come obiettivo e i linfociti T, e sono:
fattore timico umorale;
timosina;
timopoietina;
timulina.
82
GONADI FEMMINILI.
La componente endocrina è formata dia follicoli ovarici e dai corpi lutei. A questi si aggiungono ammassi
di cellule interstiziali.
Nel corso della maturazione, ogni follicolo è circondato da un gruppo di cellule, le più interne delle quali,
la teca interna, hanno funzione secernente. Queste secernono un ormone, estradiolo.
Sotto lo stimolo dell’LH le cellule della teca interna producono testosterone, che assunto dalle cellule
della granulosa, grazie all’azione dell’FSH, viene trasformato in estradiolo. Questo ormone è
responsabile dello sviluppo e del mantenimento dei caratteri secondari femminili e regola il ciclo
uterino. Il follicolo ovarico, arrivato a maturazione, secerne progesterone, che provoca la maturazione
dell’ovocita, e insieme all’LH induce l’ovulazione. Una volta avvenuta l’ovulazione le cellule della parrete
interna del follicolo collassato dando origine al corpo luteo, il quale secerno progesterone ed estrogeni.
Può diventare C.L. gravidico, se avviene la fecondazione, o C.L. albicante se ciò non avviene, regredendo.
Il corpo luteo, durante le prime settimane di gravidanza rilascia la relaxina, un ormone che permette il
rilassamento delle pareti dell’utero, permettendo l’impianto e lo sviluppo della cellula uovo. La placenta,
dal 6 mese in poi diventa un organo endocrino, che svolge le stesse funzioni del corpo luteo.
NEUROSECREZIONE.
Una categoria speciale di secrezione endocrina è la neurosecrezione. Esistono due categorie principali
di neuroni secretori:
neuroni peptidergici = sono neuroni seminati in varie aree cerebrali, che producono piccoli
peptidi:
1. neuroni ipotalamici che producono vasopressina e ossitocina;
2. neuroni ipotalamici che producono fattori favorenti ed inibenti;
3. neuroni che elaborano una serie di peptidi.
Atri neuroni elaborano ormoni di rilascio, come la vasopressina e l’ossitocina, che rilasciate dalla
neuroipofisi, entrano in circolo
neuroni aminergici =sono situati in diverse zone del sistema nervoso e producono dopamina,
noradrenalina e serotonina.
Qualità, quantità di disposizione delle fibre sono i criteri importante per classificare il tessuto
connettivo propriamente detto
- Il tessuto connettivo propriamente detto è suddiviso in quattro sottoclassi:
1. tessuto collettivo lasso = fibre meno abbondanti e mollemente intrecciate tra loro. Prevale la
sostanza amorfa;
2. tessuto connettivo denso o compatto = fibre abbastanza abbondanti raccolte in grossi fasci
stipati che conferiscono al tessuto consistenza. A sua volta questo tessuto può essere diviso in
due sottoclassi ulteriori, in base alla disposizione delle fibre:
- tessuto connettivo denso irregolare = fibre disposte irregolarmente, come nel derma;
- tessuto connettivo denso regolare = fibre raccolte in fasci paralleli, come nei tendini o
nei legamenti.
3. Tessuto adiposo = diviso in:
- tessuto adiposo bianco;
- tessuto adiposo bruno;
4. Tessuto reticolare
Esistono anche varietà di tessuto connettivo che hanno proprietà speciali, quali il tessuto mucoso e il
tessuto pigmentato.
intermolecolari, tra idrossilisine, che contribuiscono alla resistenza alla trazione. Il tropocollagene è
una glicoproteina.
L'assortimento di diverse catene α nella tripla elica determina diversi tipi di collagene
- Esistono venticinque tipi distinti di catene α e il loro assortimento determina circa 14 diversi tipi di
collagene. I tipi di collagene più rappresentati sono i collageni fibrillari, che costituiscono la maggior
parte della matrice extracellulare di tessuti collettivi, come il derma, i tendini, i legamenti, le
cartilagini. Si possono trovare più tipi di collagene appartenenti a questa classe nello stesso tessuto
collettivo.
Il collagene di tipo I costituisce il 90% del collagene del corpo, essendo il solo presente nelle ossa e nei
tendini. Predomina inoltre anche nel derma. La molecola di tipo I è prodotta da due distinti geni
strutturali: la tripla elica è costituita da due catene α diverse, due α1 e una α2. A causa della loro
colorabilità vengono definite fibre argirofile.
Il collagene di tipo II si trova nelle fibre collagene della cartilagine ialina, ma è anche presente nel
disco intervertebrale, nella notocorda, nell’occhio e nel corpo vitreo.
I collageni associati a fibrille sono costituiti d'amore con in cui la tripla elica è interrotta da uno o due
domini non elicoidali. Queste molecole si associano a collageni fibrillari, stabilendo legami all'interno
delle fibrille, e tra fibrille e macromolecole della matrice.
I collageni laminari o reticolari sono localizzati verso l'esterno della cellula, in quanto fanno quasi parte
dello scheletro esterno. Appartengono a questa classe, i collageni della membrana basale degli epiteli,
che formano maglie reticolari.
La fibrillogenesi.
- La sintesi delle fibrille di collagene, la fibrillogenesi, era un processo a che comprende i fenomeni
intra-extra cellulari, ed è operato da diversi tipi cellulari, nei diversi tipi di tessuto connettivo:
fibroblasti, condroblasti, osteoblasti, odontoblasti e cementoblasti, nel dente.
Il processo inizia nel nucleo con la trascrizione dei geni. Il collagene nasce come procollagene, collagene
con la giunta di un propeptide, o telomero, alle due estremità. I propeptidi hanno struttura globulare, e
non elicoidale.
Il procollagene subisce numerose modificazioni
- La traduzione avviene sul RER, dove la catena subisce la rimozione del peptide segnale e subisce
un’idrossilazione. Terminata la traduzione avviene la glicosilazione delle idrossiproline. Da questo
processo nascono le catene α, tre delle quali essi allineano, con formazione di ponti disolfuro tra le
estremità C-terminali. L'avvolgimento della tripla elica è stabilizzata da legami idrogeno. È interessante
notare che la vitamina C, o acido ascorbico, è un cofattore essenziale degli enzimi che idrossilano la
prolina. La molecola di procollagene passa nell'apparato di Golgi, dove si completa la glicosilazione, e
viene secreta all'esterno della cellula.
La conversione del procollagene in collagene avviene all'esterno della cellula
- Le triple eliche di procollagene secrete all'esterno della cellula subiscono l'azione di alcune
procollagene peptidasi, che tagliano i telomeri e le trasformano in molecole di tropocollagene. Le
fibrille collagene, così formate, hanno i caratteri di fibre reticolari, cioè sono isolate. Queste fibrille si
raccolgono in fasci ondulati, paralleli, assumendo l'aspetto delle fibre collagene. Ci sono due motivi
fondamentali che portano alla formazione di tropocollagene all'esterno della cellula:
- l'allineamento corretto delle tre catene dipende dallo stabilirsi di ponti disolfuro tra i telomeri;
- le molecole di tropocollagene si aggregano spontaneamente in fibrille, e questo fenomeno
avrebbe conseguenze catastrofiche se avvenisse all'interno della cellula.
La crescita e la stabilizzazione delle fibrille dipende da numerosi fattori
- La fibrillogenesi è l'evento iniziale che porta alla formazione delle fibre collagene. Le fibrille si
aggregano in una struttura di ordine superiore, quali le fibre e in fasci di fibre. È frequente
l'associazione di collagene di tipo I e V nella stessa fibrilla. Durante il processo di fibrillogenesi, residui
di lisina e idrossilisina sono ossidati ad aldeidi, che reagiscono tra loro formando legami crociati, i quali
contribuiscono alla resistenza delle fibre. Anche i collageni associati a fibrille svolgono un ruolo
importante, in quanto mantengono i telomeri. Per questo non si associano tra loro, ma solo a fibre di
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collagene: il tipo IX si associa a fibrille di collagene tipo II, mentre il tipo XII si associa a fibrille di
collagene tipo I. Questi collageni associati a fibrille contribuiscono a legare le fibrille stesse tra loro e
con le macro molecole della matrice e della membrana cellulare.
Le fibrille reticolari sono costituiti da collageni di tipo III
- Il collagene di tipo III lo si trova nel connettivo lasso delle tonache sierose, nella parete dei vasi
sanguigni, nel connettivo delle fibre muscolari, negli organi linfoidi e mieloidi, nel tessuto adiposo, ecc...,
dove si presenta sotto forma di fibre reticolari. Il collagene di tipo III è caratterizzato da un alto
contenuto di idrossilisina e da una grado di glicosilazione maggiore rispetto al tipo I. Inoltre le fibre di
collagene tipo III sono più sottili e formano un intreccio ramificato. Ne risulta un tessuto
caratterizzato da fibre relativamente sottili, ramificate e intrecciate, con ampi spazi occupati da
matrice amorfa. A causa del minor grado di aggregazione non sono visibili le striature.
Le fibre elastiche sono diverse da quelle collagene
- Le fibre elastiche sono meno numerose delle fibre collagene nel connettivo lasso, ma si accumulano in
quello elastico, una varietà di tessuto connettivo caratterizzata dalla capacità di distendersi sotto
l'azione di una forza, per riacquistare le dimensioni originali, restituendo energia. Le fibre elastiche
sono molto abbondanti nella tonaca elastica delle arterie, nei legamenti e nei tendini, nella cartilagine
elastica. Le fibre elastiche non sono striate, ma si ramificano formando un reticolo. Sono più sottili e si
raccolgono in fasci, colorati di giallo, per questo vengono definite fibre gialle. Le fibre elastiche
possono associarsi anche in lamine. Nelle arterie le membrane elastiche presentano numerose aperture
e prendono il nome di membrane elastiche fenestrate. Le fibre gialle si lasciano facilmente distendere,
ritornando alla lunghezza originaria quando cessa la trazione esercitata su di esse, ma sono meno
resistenti alla trazione rispetto alle fibre collagene.
Le fibre elastiche sono composte da elastina e fibrillina
- Le fibre e le lamine elastiche sono costituiti da due componenti:
1. un materiale omogeneo di intensità variabile, che costituisce la componente amorfa;
2. microfibrille molto sottili, immerse nella componente amorfa.
La componente amorfa è costituita da elastina, mentre le microfibrille sono ricche di una proteina
detta fibrillina. L'elastina è molto abbondanti nella parete dell'aorta e dei vasi maggiori, nei legamenti
elastici, nei polmoni, nei tendini e nel derma.
L'elastina è un polimero costituito da molecole di tropoelastina
- L'elastina risulta dalla polimerizzazione, mediante legami crociati, di molecole di tropoelastina e, i
precursori solubili dell'elastina. La caratteristica principale è l'elevata presenza di glicina, e il fatto
che il 75% degli amminoacidi è costituito da quattro residui idrofobici, glicina, alanina, valina e prolina.
Le diverse tropoelastina e sono dovute ad una riarrangiamento del gene localizzato nel cromosoma 7.
Il processo dell'elastogenesi è composto da fasi intra-extra cellulari
- All'interno della cellula, l'associazione tra monomeri di tropoelastina è impedita dal loro legame con
una proteina, che accompagna la tropoelastina fino all'esterno della cellula. Dopo la secrezione, la
molecola di tropoelastina si separa dalla proteina ed è libera di polimerizzare, mediante la formazione
di legami crociati tra le molecole stesse. Il risultato di questi processi è alla formazione dell'elastina,
un polimero amorfo, insolubile ma altamente idratato, che forma un reticolo 3D, che avvolge le
microfibrille di fibrillina, stabilizzata da legami crociati, che si alternano ai tratti idrofobici molto
flessibili. L'elastina è ricca di glicina, valina, lisina, desmosina, e isodesmosina.
Le microfibrille e elastiche sono costituiti da fibrillina e altre macromolecole
- Il costituente principale delle microfibrille è la fibrillina, una glicoproteina filamentosa, presente in
due isoforme. La disposizione in senso longitudinale, testa-coda, e per file parallele delle molecole di
fibrillina da luogo alle microfibrille. Associate alla fibrillina troviamo altre macromolecole:
proteoglicani, con abbondanza di condroitin solfato e cheratan solfato, e la glicoproteina MAGP-1.
L'analisi strutturale e delle microfibrille evidenzia una struttura a filo di perle, con una periodicità di
circa 50nm.
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FIBROBLASTI E FIBROCITI
I fibroblasti producono la sostanza intercellulare del tessuto connettivo
- I fibroblasti sono le cellule più numerosa del tessuto connettivo. La loro funzione è quella di elaborare
gli elementi costitutivi delle fibre collagene ed elastiche e i componenti della sostanza amorfa. I
fibroblasti sono spesso disposti lungo i fasci di fibre collagene ed appaiono come elementi fusati, con un
nucleo allungato. Altre volte presentano forma stellata con numerosi prolungamenti. In queste cellule
troviamo, in prossimità del nucleo, i centrioli e l’apparato di Golgi, ma anche mitocondri e RE. Molto
sviluppato è il citoscheletro. La funzione è quella di mantenere l'integrità del tessuto connettivo
mediante un continuo, lento ricambio dei componenti intracellulari. Non hanno attività fagocitaria.
I fibrociti sono più piccoli dei fibroblasti e rappresentano la loro forma e inattiva, matura. Proliferano
e possono acquistare attività sintetica o diventare elementi cellulari.
MACROFAGI
Caratteristiche morfologiche dei macrofagi
- La seconda classe, per frequenza numerica, di elementi cellulari nel tessuto connettivo lasso è
costituita dai macrofagi, che svolgono un ruolo fondamentale nei processi di difesa e sono
caratterizzati dall'intesa cattività fagocitaria. Il loro precursori sono gli monociti, che si formano nel
midollo osseo e utilizzano il sangue come via di distribuzione a tutti distretti. Nel tessuto connettivo la
loro vita media è circa due mesi. Nei tessuti periferici i macrofagi possono dividersi in nuovi macrofagi.
Queste cellule possono essere fisse, nel tessuto connettivo, o migranti, se si trovano nei tessuti affetti
da infiammazioni. Nel primo caso vengono definiti macrofagi non stimolati o non attivati, nel secondo
macrofagi attivati. I macrofagi non attivati sono cellule rotonde, stellate o fusiformi, con espansioni,
apparato di banchi e RER. I macrofagi attivati si muovono con movimento ameboide ed hanno un'intesa
fagocitosi e pinocitosi.
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MASTOCITI
I mastociti elaborano e rilasciano eparina, istamina e numerosi altri fattori
- I mastociti sono cellule grandi, di forma tondeggiante e mobili. La loro caratteristica principale
consiste nella presenza di numerosi granuli, spesso così stipati da mascherare il nucleo. Per questo
motivo sono chiamate cellule granulose basofile. Sono presenti in numero variabile nel tessuto
connettivo lasso, ma tendono a concentrarsi lungo i vasi sanguigni. Sono munite di numerose e sottili
espansioni. Contengono glicosamminoglicani, ricchi di gruppi pilianionici liberi: eparina, un GAG solforato
con funzione anticoagulante, acido condroitinsolforico e istamina, che induce la vasodilatazione ed
aumenta la permeabilità dei capillari. Il granuli sono liberati per esocitosi quando la cellula è stimolata,
nel corso di una risposta allergica o infiammatoria. Il rilascio di istamina in grande quantità può
provocare shock anafilattico. Nelle cellule sono presenti gocce lipidiche non circondate da membrana,
dette corpi lipidici, siti di accumulo dell'acido arachidonico. I mastociti, nel corso della loro risposta
immunitaria, secernono interleuchina, citochine e fattori chemiotattici.
La degranulazione dei mastociti può avvenire con diverse modalità
- La degranulazione è attivata grazie al legame che si forma tra l'antigene e almeno due molecole di IgE
legate a recettori sulla membrana dei mastociti. Le immunoglobuline E vengono secrete da alcune
plasmacellule e si legano ai recettori presenti sulla membrana plasmatica dei mastociti, che riconoscono
la porzione Fc delle IgE. Questa reazione è molto veloce ed efficace. La degranulazione non è altro che
una vivace e veloce esocitosi, cui è stato attribuito il nome di degranulazione asincrona o
disorganizzata. La degranulazione può estendersi ad interi apparati, istaurando uno shock anafilattico.
Questa degranulazione esplosiva, denominata degranulazione anafilattica, e con il meccanismo
dell'esocitosi composta: tutte le vescicole si fondono tra loro e il contenuto viene riversato
violentemente fuori dalla cellula.
I mastociti originano da uno specifico precursore
- I progenitori dei mastociti sono elementi cellulari reperibili nel midollo osseo, nel sangue, nel cordone
ombelicale e nel fegato fetale, con caratteristici marcatori molecolari e recettori per l’Fc delle IgG e
IgE. Il differenziamento di tali precursori in mastociti è indotto dal SCF, il cui specifico recettore è il
c-kit, espresso dai precursori dei mastociti. Questo fattore è espresso da fibroblasti e cellule
epiteliali.
ADIPOCITI
Gli adipociti permettono di mantenere costante il rifornimento energetico anche in assenza di cibo
- Le cellule adipose accumulano molecole altamente energetiche, i lipidi. Le cellule adipose, o adipociti,
cellule fisse dei tessuti connettivi, sono specializzate nella sintesi, nell'accumulo e nella cessione di
lipidi. Anche esse derivano dal mesenchima. Gli adipociti possono trovarsi dispersi, lungo il decorso dei
vasi sanguigni, o raggruppati a formare un tipo particolare di tessuto connettivo, il tessuto adiposo.
Esistono due tipi di cellule adipose:
1. cellula uniloculare = forma il tessuto adiposo bianco;
2. cellula multiloculare = forma il tessuto adiposo bruno.
Le cellule uniloculari hanno forma sferica, ma se contigue ad altre cellule adipose tendono ad
ingrandirsi, assumendo una forma poligonale. La goccia lipidica occupa tutta la cellula, così che il nucleo
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è schiacciato alla periferia, insieme al citoplasma. Attorno alla goccia lipidica non è presente una
membrana, ma solo filamenti intermedi di vimentina. Le cellule adipose non hanno attività ameboide né
fagocitaria. L’adipocita deriva da una cellula mesenchimale fibroblasto-simile: il lipoblasto o
preadipocita, che accumula lipidi sotto forma di molteplici piccole gocce, le quali gradualmente
confluiscono in un'unica goccia lipidica.
Le cellule multiloculari solo più piccole e presenta numerose goccioline lipidiche distribuite nel
citoplasma. Queste rimangono isolate, per cui il nucleo risulta centrale.
L’adipocito svolge costantemente un'intensa attività metabolica
- L’adipocito era una cellula costantemente a clima dal punto di vista metabolico: non solo a accumula
lipidi, lipogenesi, e li cede, li polisti, ma continua a rinnovarle anche nella condizione di equilibrio
calorico. Il lipidi chi è la adipocito assume possono essere di origine alimentare, esogeni, oppure
derivare da neosintesi epatica, endogeni. I chilomicroni sono trigliceridi di origine alimentare, composti
al 90% da trigliceridi, e per il restante 10% da fosfolipidi e apolipoproteine. Sono sintetizzati
nell'intestino. A questi trigliceridi si uniscono, nel circolo sanguigno, i trigliceridi endogeni, che uniti alle
proteine formano le lipoproteine a densità molto bassa, VLDL. Queste proteine sono sintetizzati e nel
fegato e rappresentano un'importante fonte di energia. Contengono solo il 60% di trigliceridi.
Nei capillari queste molecole sono scisse e assorbite dagli adipociti, che risintetizzano i trigliceridi e li
immagazzinano. La cellula di porta è capace di sintetizzare lipidi a partire da glucosio e da aminoacidi.
Tutte le attività della cellula di porla sono controllate da ormoni lipolitici, cioè in grado di attivare la
lipasi adipocitica. Il meccanismo di attivazione inizia così:
- legame ormone-recettore,
- attivazione dell’adenilato ciclasi, che sintetizza cAMP;
- il cAMP attiva la protein chinasi cAMP-dipendente, PKA;
- la PKA fosforila e attiva la lipasi.
L’enzima cilindri e i trigliceridi immagazzinati nel adipocito in acidi grassi e glicerolo. di acidi grassi
passano dalle cellule adipose al sangue, che li trasporta ai tessuti che necessitano di energia. L'insulina,
che favorisce la lipogenesi, opera in senso opposto agli ormoni lipolitici.
L’adipocito è un'importante cellula endocrina
- Gli adipociti svolgono un ruolo importante come produttori di ormoni e fattori di crescita.
La cellula adiposa multiloculare utilizza i lipidi per produrre calore
- In queste cellule l'energia liberata dall'ossidazione degli acidi grassi è dissipata sotto forma di
calore, anziché essere utilizzato a quella produzione di atti pini. Il calore riscalda il sangue e
contribuisce ad elevare la temperatura corporea. L'origine di questa cellula è mesenchimale, come per il
lipoblasto uniloculare, ma le due linee di derivazione sono differenti.
CELLULE MIGRANTI DAL SANGUE
I linfociti svolgono funzioni di sorveglianza immunitaria nei tessuti
- I linfociti B, presenti nei tessuti connettivi, sono più numerosi dove è più facile la penetrazione di
agenti patogeni. Aumentano di numero nei siti di infiammazione e si accumulano in grande numero nel
tessuto linfoide. I linfociti provengono dal sangue circolante, attraversano i capillari e migrano nei
tessuti connettivi, dove svolgono le loro funzioni. Sono dotati di proprietà ameboide ma sono privi di
attività fagocitaria. Intervengono nella produzione di anticorpi e danno origine a plasmacellule che
provvedono alla sintesi e alla secrezione di immunoglobuline.
Le plasmacellule producono anticorpi solubili
- Le plasmacellule sono elementi ovoidali con abbondante citoplasma. a differenza dei linfociti, sono
cellule che si differenziano raramente, con scarsa motilità e inesistente attività fagocitaria. le
plasmacellule hanno vita media di pochi giorni, duranti i quali producono e secernono grandi quantitativi
di anticorpi.
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I neutrofili circolanti sono riconosciuti dalle cellule endoteliali dei capillari nelle sedi
dell’infiammazione
- Tra le cellule migranti dei tessuti connettivi troviamo i granulociti, che si sviluppano nel midollo osseo
e, attraversando il circolo sanguigno, passano negli organi dove si stanno sviluppando reazioni
infiammatorie. I granulociti neutrofili sono dotati di notevole motilità e attività ameboide.
Queste cellule giungono nelle sedi di infiammazione attraversando la parete dei capillari sanguigni,
diapedesi, e fagocitano PC intrusi. I residui di materiale digerito e dei neutrofili degenerati
costituiscono il pus, che si forma nel focolaio di infiammazioni acute.
Gli eosinofili intervengono nella difesa contro i parassiti e nelle reazioni allergiche
- Anche i granulociti eosinofili giungono nel tessuto connettivo dal sangue, attraverso la parete dei
capillari. Queste cellule non fagocitano i batteri ma intervengono nella difesa contro i parassiti,
rilasciando numerosi fattori che ne ledono la membrana. Intervengono anche nelle reazioni allergiche e
nei fenomeni di ipersensibilità. Riconoscono e ingeriscono immunocomplessi e producono enzimi che
idrolizzano i mediatori delle reazioni allergiche, quali l’eparina e l’istamina.
CELLULE RETICOLARI
- Sono cellule stellate, simili alle primitive cellule mesenchimali. Sintetizzare fibre reticolari sono
dotati di una discreta attività fagocitaria.
CELLULE PIGMENTATE
- Le cellule pigmentate sono presenti nel derma e nello strato basale dell'epidermide, come melanociti,
cellule che producono melanina. Si possono trovare anche nell'iride e nella coroide dell'occhio.
1. tessuto connettivo fibroso a fibre parallele = costituisce i tendini ed i legamenti. Le fibre sono
disparte a farsi paralleli, tenuti insieme da scarsa tessuto connettivo lasso o e sottili fibre
nervose. Anche i fibrociti sono disposti in modo regolare, in file, tra le fibre di collagene;
2. tessuto connettivo fibroso a farsi intrecciati = le fibre collagene sono organizzate in grassi
facili, ondulati, che si intrecciano in tutte le direzioni. Conferiscono grande resistenza alla
trazione ed alla pressione. Lo si trova nel derma, nella sclera dell’occhio e nelle aponeurosi;
3. tessuto connettivo fibroso a farsi incrociati = caratteristico della cornea. Le fibre sono
disporsi parallelamente tra loro a formare la pelle, che a loro volta si incrociano;
4. tessuto connettivo fibroso capsulare = le fibre collagene sono allungate e disposte in maniera
irregolare in modo da costituire una capsula robusta che riveste fegato, milza, linfonodi e
ghiandole salivari.
In questo tessuto prevalgono le proprietà meccaniche rispetto a quelle trofiche e di difesa. Prevale il
collagene di tipo I.
Tessuto connettivo elastico o giallo
- È molto ricco di fibre elastiche e povero di cellule. Si trova nel legamento nucale dei bovini, ma è
anche presente nei legamenti gialli delle vertebre, nelle corde vocali, nelle lamine fenestrate delle
arterie maggiori, nel legamento sospensorio del pene, nel connettivo dei polmoni.
Le singole fibre elastiche sono a volte da una delicata trama di fibre reticolari. Il legamento nucale, che
ha la funzione di sostenere la testa dei quadrupedi, è costituito da fibre elastiche strettamente
stipate in un fasci paralleli. Nel legamento stiloioideo il tessuto si presenta sotto forma di fasci
costituiti da grosse fibre parallele. La fascia dello Scarpa, della porzione inferiore della parete
anteriore dell'addome, è molto ricca di fibre elastiche. Le membrane elastiche interna ed esterna di
tutte le arterie e la tonaca media delle grosse arterie sono costituite da più strati di lamelle elastiche
di spessore variabile, ma disposte concentricamente attorno al lume del vaso.
Tessuto connettivo pigmentato
- È responsabile della colorazione della cute. Sono presenti cellule pigmentate o melanociti, che si
possono trovare sia nell'epidermide, che nello stroma della coroide e nell'iride. Il citoplasma di queste
cellule ripieno di granuli di pigmento bruno o vero che corrisponde a melanina. Bisogna differenziare la
melanina dalla melatonina. La prima da colore alla pelle, o agli occhi, la seconda, prodotta dall’epifisi,
provoca l’aggregazione dei granuli, con conseguente riduzione della pigmentazione.
Il tessuto adiposo
- Se le cellule adipose si accumulano in grande numero, diventando il tipo cellulare preponderante, esse
costituiscono una varietà di tessuto connettivo denominata tessuto adiposo. Il tessuto adiposo svolgere
un ruolo fondamentale nell'assicurare una morto costante di materiale energetico all'organismo.
Esistono due tipi di tessuto adiposo, che differiscono per colore e caratteri:
tessuto adiposo bianco, o secondario = le cellule sono molto grosse e il grasso si accumula sotto
forma di gocce che si fondono in unica grossa goccia, detta liposoma, che occupa la maggior
parte del citoplasma. Il tessuto adiposo è un importante riserva energetica. Funge da isolante
termico, costituisce un rivestimento sottocutaneo ,che evita la dispersione del calore interno,
serve come ammortizzatore meccanico e ha funzione di sostegno. I depositi di grasso che si
riscontrano nel tessuto connettivo sottocutaneo, detti pannicoli adiposi, sono uniformemente
distribuiti nell'infanzia, ma acquisiscono una distribuzione sesso-specifica dopo la pubertà. La
cellula adiposa è rivestita da un involucro glicoproteico, contenente una delicata rete di fibre
reticolari. Nel digiuno prolungato l’adipocito si svuota. È importante ricordare che non tutte le
regioni corporee di deposito di grasso perdono lipidi durante il digiuno. Ad esempio, il tessuto
adiposo dell'orbita dell'occhio, quello delle articolazioni maggiori e quello della pianta del piede
e del palmo della mano si impoveriscono molto lentamente. Può accumularsi durante l'arco della
vita ed è responsabile dell'obesità.
Tessuto adiposo bruno, o primario = le cellule sono molto più piccole e il lipidi sono
immagazzinati in tante goccioline. Il nucleo è in posizione eccentrica o alla periferia della
cellula, ma mai schiacciato. All'interno della cellula troviamo moltissimi mitocondri, ricchi di
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citocromi, responsabili del colore bruno. Si trova nei neonati, nei editori e negli animali
ibernanti, dove ha un ruolo importante nella termoregolazione. È difatti in grado di produrre
calore attraverso la degradazione lipidica realizzata da particolari mitocondri. Nell'individuo
adulto si trova nella regione perirenale, circostante le ghiandole surrenali ed intorno ai grossi
vasi. Dopo la vita natale non si formano ulteriori depositi. La bassa scolarizzazione di questo
tessuto è più ricca di quella del tessuto adiposo bianco. Si sviluppa soltanto durante la vita
embrionale e fetale.
L’istogenesi del tessuto adiposo è specifica
le cellule adipose derivano direttamente dalla cellula mesenchimale, secondo una linea differenziativa
autonoma. Lo stadio iniziale di tale processo corrisponde al lipoblasto o preadipocito, che rappresentano
l'elemento precursore delle cellule adipose. Durante la formazione del tessuto adiposo bianco, piccole e
numerose gocce lipidiche compaiono nel citoplasma dei lipoblasti. O progressivamente le gocce
confluiscono in un'unica grande goccia, che riempie tutto volume della cellula. Le cellule adipose mature
sono incapaci di dividersi, anche se possono produrre fattori capaci di stimolare la proliferazione
differenziamento di lipoblasti. Anche le cellule adipose brune derivano da cellule mesenchimali, ma con
una linea differenziativa distinta da quelle adipose bianche.
La cartilagine costituisce un primitivo abbozzo dello scheletro fetale, poi sostituita dall'osso.
Nell'adulto ha una distribuzione ridotta:
superfici articolari delle ossa;
dischi intervertebrali;
menischi;
naso;
orecchio;
organi cavi come trachea, faringe, bronchi.
Cartilagine Ialina.
Caratteristiche: elastica, resistente alla compressione, di colore binaco, opalescente,
traslucida;
Dove: nel feto lo scheletro si abbozza come cartilagine ialina, dopodichè ossifica e forma le
ossa. Nello stato post natale permane tra epifisi e diafisi delle ossa lunghe (cartilagine di
coniugazione, o disco epifisario) per un ulteriore allungamento, dopodichè scompare e la si
trova nelle superfici articolari e come scheletro di sostegno di alcune parti come naso e
orecchio.
Origine e sviluppo: nell’embrione compare nel mesenchima, si formano poi densi aggregati di
cellule mesenchimali detti tessuti, o blastemi protocondriali; le cellule iniziano a secernere una
matrice metacromatica ialina e collagene e qui si differenziano in condroblasti (scomparsa
prolungamenti cellulari, il citoplasma diventa più basofilo, si sviluppano RER e Golgi). Durante il
differenziamento dalla produzione di collagene di tipo IIA si possa al IIB insieme al
proteoglicano aggrecano; la sostanza intercellulare aumenta e le cellule si allontanano e
rimangono incluse nelle lacune cartilaginee; quando l’attività del condroblasto diminuisce esso
prende il nome di condrocita; il mesenchima che circonda l’abbozzo cartilagineo si condensa e
forma il pericondrio, che separa la cartilagine dal mesenchima. L’accrescimento avviene in 2
modi:
interstiziale = se avviene una divisione di cellule già differenziate che vanno a
formare i gruppi isogeni;
per apposizione = se avviene la differenziazione di cellule mesenchimali in
condroblasti. Il differenziamento avviene grazie a fattori chiamati BMP.
Cellule: condroblasti, contengono molti mitocondri, RER e ribosomi liberi ed esteso complesso di
Golgi. Contengono glicogeno e i vacuoli contengono proteoglicani in attesa della secrezione.I
condroblasti e i condrociti sono accolti in cavità, dette lacune, le quali possono contenere più
condrociti, originati tutti da una stesa cellula, a formare i GRUPPI ISOGENI. Queste cellule
secernono le sostanze responsabili della struttura della matrice cartilaginea. Qu4sto ruolo nel
tessuto connettivo è scvolto dai fibroblasti.
Matrice extracellulare: è allo stato di gel compatto costituito da 2 componenti:
fibre collagene = le fibre non sono raccolte in fasci. Le fibrille più piccole si trovano
nella zona tangenziale, quelle più grandi nella zona interna. Il tipo di collagene
sintetizzato è prevalentemente di tipo II a cui sono legate covalente mente fibre di
collagene di tipo IX e XI. La concentrazione di fibre collagene aumenta
allontanandosi dalle cellule, mentre vicino alle cellule è scarsa.
sostanza fondamentale = ricca di proteoglicani che favoriscono l’idratazione del
tessuto. I proteoglicani sono presenti soprattutto vicino ai gruppi isogeni dove ci
sono poche fibre collagene. Questa regione è denominata matrice territoriale. Qui i
GAG sono più concentrati attorno alle lacune, formando un intensamente basofilo e
vengono definite capsule. Le regioni tra i gruppi isogeni contengono meno
proteoglicani, più collagene e sono meno basofili. Costituiscono la matrice
interstiziale. È consistente e resistente alla pressione. Presenta molti granuli
elettrondensi associati o meno alle fibre collagene che costituiscono aggregati di
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Elastica
- Dove: orecchio, epiglottide…
- Caratteristiche: colore giallastro e opaco, flessibile e elastica
- Costituzione: matrice poco omogenea, ricca di fibre elastiche, povera di proteoglicani. Cellule
arrotondate circondate da matrice addensata. Le fibre costituiscono una rete molto fitta che
diventa più lassa vicino al pericondrio e contengono la fibrillino che orienta le molecole di elastina
in accrescimento. La sostanza amorfa è meno abbondante della cartilagine ialina.
- Origine e sviluppo: si sviluppa da un blastema ialino. Le fibre elastiche si formano alla periferia delle
cellule x la polimerizzazione di tropoelastina secreta dalle cellule. L’accrescimento avviene sia per
divisione che per apposizione.
Fibrosa
- Dove: nei dischi intervertebrali, tra osso e tendini, tra prima costa e sterno, nei menischi
articolari…
- Costituzione: grossi fasci fibrosi di collagene di tipo I immersi in una scarsa matrice contenente
quantità variabili di proteoglicani. Abbondanza componente fibrosa rispetto a proteoglicani rende
il tessuto acidofilo. Le cellule sono isolate o allineate in fila tra i fasci di fibre collagene. È priva
di pericondrio.
- Origine: simile a quella del tessuto connettivo. È una forma di transizione tra tessuto connettivo e
cartilagine ialina.
Regressione e rigenerazione
Fenomeni di degradazione riguardano il periodo di sviluppo e embrionale e post natale: vi è un rilascio di
proteasi e una degradazione dell’aggrecano.
Fenomeni regressivi si verificano nell’età senile: la cartilagine diventa opaca perché i proteoglicani
idratano in modo peggiore il tessuto e le fibre non sono più di collagene ma fibre grossolane che
possono dissolversi portando al rammollimento del tessuto e alla formazione di cavità.
Calcificazione: processo di formazione dell’osso della cartilagine ialina, mentre è più dannoso x le altre
cartilagini.
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- globuline = 35%, sono suddivisi in alcune frazioni, α1, α2, β, γ. La frazione γ è formata dagli
anticorpi secreti dai linfociti dalle plasmacellule. Le globuline β partecipar trasporto di ormoni,
ioni metallici e lipidi.
Altre proteine sono rappresentate da fibrinogeno, 5%, da protrombina, dai fattori plasmatici della
coagulazione, dalle pretese del sistema del complemento.
Il fibrinogeno è una proteina solubile, che, usata nella coagulazione, viene trasformata in fibrina. La
componente lipidica del plasma è rappresentata da trigliceridi, fosfolipidi, colesterolo e acidi grassi.
Troviamo inoltre una certa quantità di glucosio e composti di azoto non proteico, quali l’urea, l’acido
urico, la creatinina, l’ammoniaca, alcuni ormoni, fattori della crescita, enzimi e ioni.
Il sistema del complemento
Il sistema del complemento è costituito da proteine plasmatiche prodotte nel fegato, e
circolanti nel sangue e nel fluido extracellulare, e da recettori di membrana. Svolge un ruolo essenziale
della difesa contro le infezioni.
- Il sistema del complemento comprende proteine plasmatiche e proteine di membrana con funzione
recettoriale. L'attivazione del sistema si attua attraverso le azioni a cascata. Esistono due modalità di
attivazione:
- via classica;
- via alternativa.
Entrambe queste vie portano l'attivazione della componente centrale,la C3.
La via classica è innescata dal legame diretto o tra antigene e anticorpo.
La via alternativa è attivata da molteplici sostanze, come ad esempio le endotossine, o i
componenti polisaccaridi di alcune capsule batteriche.
I recettori di membrana riconoscono frammenti di antigene dando luogo l'attivazione cellulare. I
meccanismi difensive sono vari, ad esempio, lisi cellulare, fagocitosi, aumento della permeabilità
vascolare, produzione di mediatori per la chemiotassi. Esistono però anche meccanismi di disattivazione
del sistema.
GLI ELEMENTI FIGURATI
Gli elementi figurati costituiscono la componente corpuscolata del sangue e comprendano
strutture prive di nucleo, globuli rossi e piastrine, e strutture nucleate, globuli bianchi.
I globuli rossi
Il globulo rosso è specializzato nel trasporto dei gas respiratori, O 2 e CO2.
- I globuli rossi, o eritrociti, o emazie, sono costituiti da un involucro, la membrana eritrocitaria, al cui
interno è contenuta una cromoproteine, l'emoglobina, Hb, contenente ferro, e in grado di legarsi
reversibilmente all’O2. Prima rovina era responsabile del colore del sangue.
Il globulo rosso ha un diametro di 7.5 – 8 μm, è privo di nucleo e il suo citoplasma è senza granuli. Alla
forma di disco biconcavo, con la regione centrale più sottile. Nell'uomo sono circa 5 milioni, mentre
nella donna sono circa 4.5. La loro vita media e di 120 giorni, e che non ad assumere una forma sferica,
sferociti, se invecchiano. Gli eritrociti vecchi, o danneggiati, vengono trasportati nella milza, o nel
fegato, dove vengono farlo citati dai macrofagi. Gli eritrociti immaturi, appena messi in circolo, sono
detti reticolociti, e conservano per ventiquattro ore mRNA e ribosomi. I reticolociti producono Hb
Grazie a questi visivi, prodotti nella fase nucleata, eritroblasti. La percentuale di reticolociti circolanti
nel sangue e indica la funzionalità del midollo osseo rosso.
La membrana eritrocitaria
La membrana eritrocitaria rappresenta la barriera di separazione fra interno del globo lo rosso
e il plasma, e regola la concentrazione di ioni e metaboliti cellulari, interviene nel mantenere la forma
biconcava e l'integrità strutturale.
- La membrana eritrocitaria è caratterizzata da un doppio strato lipidico, e presenta all'interno non
citoscheletro di membrana responsabile della flessibilità del globulo. I libri e sono rappresentati del
95% da fosfolipidi e colesterolo, ma troviamo anche numerose proteine, alcune confinate in uno dei
foglietti, altre transmembrana. Di queste le principali sono le glicoforine, A, B, C, e le proteine della
banda 3. Lo scheletro della membrana è organizzato sotto forma di una rete bidimensionale, appena
100
sotto lo strato lipidico, e costa di due componenti principali: la spettrina, α e β, e l’actina, entrambe
proteine filamentose. Le proteine dello scheletro sono connesse a quelle dello strato lipidico da due
proteine: anchirina e proteina 4.1. L’anchirina si lega alla subunità β della spectrina e alla banda 4.2,
mentre la proteina 4.1 interagisce con la glicoforina e la banda 3. Le proteine integrali di membrana e
alcuni lipidi sono legati a residui glucidici che costituiscono gli antigeni dei gruppi sanguigni.
L'emoglobina
L'emoglobina è una proteina tetramerica capace di ridare ossigeno e cederla ai tessuti con un
meccanismo dipendente dalla tensione di ossigeno stesso.
- L'emoglobina è una cromoproteina formata da una componente proteica, la globina, e da un gruppo
prostetico, l’eme. L'emoglobina ha una struttura X2Y2, e la globina è costituita da due coppie di catene
polipeptidiche, α e β. Queste catene possono essere diverse a seconda dell'età dell'uomo:
1. adulto = 2α e 2β; α = 141 a.a. β = 146 a.a.
2α e 2δ; δ = 147 a.a. γ = 147 a.a.
2. feto = 2α e 2c; ε = 147 a.a.
3. embrione = 2α e 2ε.
Per questo motivo abbiamo quattro tipi diversi di emoglobina: HbA, HbA2; HbF; HbE.
Le catene β includono le catene di HbA, HbA2, HbF. La struttura secondaria di queste catene
polipeptidica è costituita da una struttura α-elica.
Il gruppo eme è rappresentata dalla ferroprotoporfina IX costituita da quattro anelli pirrolici
contenente al centro Fe++. Lei me è essenziale per le funzioni delle cellule aerobiche. Il gruppo eme è
situato in una fessura dell'α-elica, e la gabbia idrofobica intorno a questo gruppo fornisce la forza di
stabilizzazione per i legami dell’eme alle catene globiniche. Questa caratteristica facilita il legame con
ossigeno senza che avvenga l'ossidazione del ferro. I principali fattori che regolano l'affinità
dell'emoglobina per l'ossigeno sono il pH, la temperatura e la concentrazione dei globuli rossi di 2,3-
difosfatidilglicerolo, DPG. La metaemoglobina è un’emoglobina in cui ferro stato sfidato, perciò non è
più possibile legare a questa proteina l'ossigeno. La carbossiemoglobina è il risultato del legame della
CO2 al ferro. Degli alberi premolari l'emoglobina lega reversibilmente l'ossigeno agli atomi di ferro
diventando ossiemoglobina. Nei capillari arteriosa l'ossigeno si stacca dall'emoglobina e diffonde in
tutte le cellule. L'anidride carbonica può essere trasportata dalla periferia verso i polmoni in tre modi:
1. legata l'emoglobina, 20%;
2. disciolta il plasma, 10%;
3. sotto forma di bicarbonati, disciolta il plasma con i globuli rossi, 70%.
Le funzioni dei globuli rossi devono garantire:
- il mantenimento del ferro non ha ossidato;
- l'elevata concentrazione di potassio e i bassi livelli di calcio e sodio;
- lo stato ridotto attivo dei gruppi sulfidrilici degli enzimi eritrocitari e dell'emoglobina;
- forma biconcava della cellula.
Di glucosio era principale fonte di energia per il globulo rosso. Questa sostanza viene metabolizzato
lungo due le principali:la via glicolitica e lo shunt degli esoso-monofosfati. (Lo shunt è un raccordo
anomalo, naturale o chirurgico, fatto per deviare un flusso.)
I gruppi sanguigni
I gruppi sanguigni sono determinati dalla presenza di antigeni sulla membrana dei globuli rossi
costituiti da radicali glucidici, di natura diversa, legate le proteine ai lipidi. Fu di
- L’importanza veri antigeni è legata alle trasfusioni, al rigetto del midollo e di altri tessuti trapiantati
e alla malattia emofiliaca del neonato. Il sistema ABO è costituita dalla presenza differente antigeni,
A, B, O, sulla membrana dei globuli rossi. Queste antigeni, glicolipidi e glicoproteine, possiedono diversi
residui glucidici legati allo scheletro proteico e lipidico, grazia a delle glicosiltransferasi. I geni per
questi enzimi si trova sul braccio lungo del cromosoma 9, e si ereditano per via mendeliana. Il
meccanismo dell'incompatibilità trascorrerà né dovuto alla presenza del sangue di anticorpi. Qualora si
verifichi un’emoagglutinazione si avrà un rigetto dell'organismo dovuto ad una trasfusioni di sangue non
compatibile.
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- Il complesso genico HLA è situato sul braccio corto del cromosoma 6 e codificate glicoproteine di
membrana. Il ruolo del sistema HLA è connesso con l'attività dei linfociti T della difesa immunitaria
specifica. Si distinguono due classi di proteine MHC:
- MHC classe I;
- MHC classe II.
Le proteine di classe I sono costituite dalla catena polipeptidica transmembrana, ripiegata nella
porzione N-terminale, extracellulare, in tre domini, α1, α2, α3. La catena α è unito in modo non covalente
ad una catena β2-microglobulina. Lo spazio compreso tre domini α 1 e α2 accoglie gli antigeni, che poi
verranno connessi ai linfociti T citotossici. Quando un linfocita T citotossico riconosce l’antigene
estraneo uccide cellula. In riconoscimento coinvolge un complesso multimolecolare costituito dal
recettore delle cellule T, dal recettore CD8 e dalle molecole della classe I. La molecola CD8 è un
eterodimero costituito da una catena α e una β.
Le proteine di classe II sono costituite da un eterodimero transmembrana caratterizzato da due
domini di tipo Ig, vicino alla membrana, e da due domini amminoterminali polimorfici che legano
l’antigene. Le molecole di questa classe si trovano nei linfociti B, nelle cellule dendritiche, nelle cellule
di Langerhans e nei macrofagi. Il complesso classeII-antigeni estranei è riconosciuto dalle cellule T-
helper.
Cellule dendritiche
Le cellule dendritiche costituiscono un’importante categoria di cellule che presentano l’antigene.
- Le cellule dendritiche sono cellule prive di attività fagocitaria, ma hanno dei prolungamenti che
permettono di mantenere una più duratura adesione dei linfociti con gli antigeni che queste cellule
espongono. Si riconoscono diversi tipi di cellule dendritiche:
- cellule follicolari dendritiche = a livello del centro germinativo e del mantello del follicolo
linfatico;
- cellule interdigitate = nel timo e nelle zone timo-dipendenti;
- cellule di Langerhans = negli spazi soprabasali dell’epidermide.
I GRANULOCITI
I granulociti sono caratterizzati dal nucleo lobato con granulazioni citoplasmatiche.
- I granulociti sono cellule globulose, con un diametro di 10-12 μm, con un nucleo multilobato, 2-5 lobi
uniti da sottili filamenti di cromatina. Sono cellule incapaci di dividersi perché altamente differenziate.
Il citoplasma è abbondante e contiene numerose granulazioni. È possibile dividere i granulociti in tre
classi:
- granulociti eosinofili;
- granulociti basofili;
- granulociti neutrofili.
La popolazione totale di granulociti è divisa in tre compartimenti:
- compartimento midollare = troviamo granulociti maturi, la riserva riversata in circolo in caso di
infezione;
- compartimento ematico = troviamo granulociti circolanti e granulociti adesi alla parete delle
venule postcapillari;
- compartimento tissutale = troviamo granulociti che lasciano il circolo sanguigno e migrano nei
tessuti o nelle cavità interne del corpo.
I granulociti vengono richiamati nel luogo dell’infezione da diversi segnali, come il rilascio di mediatori
nella zona infiammata; l’azione sulla parete endoteliale dei capillari; il passaggio dei granulociti
attraverso la parete vasale.
Granulocito neutrofilo
È granulociti neutrofili sono cellule ad attività fagocitaria, con funzione distruttiva verso i
microrganismi patogeni.
- I granulociti neutrofili sono il gruppo di globuli bianchi più consistente. Hanno attività ameboide e
capacità fagocitaria, fondamentale per il loro ruolo. Passano attraverso la parete endoteliale, con un
103
moto chiamato diapedesi, ed attraverso le tessuti connettivi con movimenti ameboidi. Sono il fango citi
più attivi nonché i primi a giungere sull'uomo dell'infezione. L'attacco è batteri è duplice:
mediante la generazione di radicali liberi, come H 2O2, o l’acido ipocloroso;
mediante proteine.
Dopo la fagocitosi i granulociti degenerano, generando pus.
Hanno vita breve, 12-14 ore e vengono continuamente rimpiazzati. Le tessuti con i libri vivono da 1 a
quattro giorni. Presentano una forma globosa, con il nucleo polilobato, da due a 5 lobi. Questo numero
accresce con l'invecchiamento della cellula. Il 3% dei granulociti neutrofili nelle femmine possiede
un'appendice di cromatina collegata addosso tre filamento ad uno dei nobili, denominata drumstick,
bacchetta di tamburo. Questa appendice corrisponde ad uno dei due cromosomi in testa, che nella
femmina si inattivano. I granuli possono essere di tre tipi:
granuli primari o azzurrofili = grandi, densi, omogenei, sono assimilabili a lisosomi primari.
Contengono proteine ad azione antimicrobica. Sono colorati con il blu di Metilene;
grano di secondario specifici = dimensioni minori, meno e le condensine, altamente concentrati.
Il loro contenuto è secreto nello spazio è extracellulare. Sono colorati con cosina;
granuli terziari = piccoli, contengono gelatinasi, capaci di degradare il collagene denaturato.
Il citoplasma contiene scarsi mitocondri un piccolo apparato di Golgi. È presente una quantità notevole
di glicogeno. Hanno un citoscheletro ben sviluppato.
Ruolo difensivo dei neutrofili
I granulociti neutrofili svolgono ruolo difensivo contro l'invito di batteriche. La loro funzione
integrata quella di macrofagi e dei linfociti.
- I neutrofili proteggono l'organismo da agenti estranei, in particolar modo effettivi. Per svolgere la
loro fu un fiore devono raggiungere luogo di infezione, in genere d'agente esterno e digerirlo. Per
questo motivo è neutrofili si sposta emettendo pseudopodi, sia anteriori che posteriori. Sono richiamati
nelle fedi di infezione da fattori chemiotattici generati dall'interazione anticorpo-antigene. I neutrofili
fagocitano le particelle strane perché questi sono rivestite da particolari sostanze, le opsonine, le quali
possiedono specifici ligandi sulla loro superficie. La fagocitosi è attirata da recitare di membrana che
riconoscono il dominio Fc delle immunoglobuline, i fattori del complemento legate degenti strane e che i
polisaccaridi dei batteri. A contatto con particelle estranee, i neutrofili e mettono pseudopodi che
aderiscono all'invasore iniziando la fagocitosi. Questa fase è caratterizzata da un incremento della
glicolisi, associata al moto della cellula. La particella viene inglobata in un fagosoma, che si fonde con i
lisosomi, formando un fagolisosoma. I granuli riversano il contenuto nel vacuolo, fase di degranulazione,
rilasciando una NADPH-ossidasi la cui attività metaboliche a porta la formazione di perossidi. Questi
permettono di gestione del batterio fango citato. I sistemi antimicrobici dei neutrofili si dividono in:
- ossigeno-dipendenti = comprendano i superossidi, l’H2O2 e la mieloperossidasi. L'azione tra
superossidi e H2O2 può portare la formazione di O2 e radicali liberi, tossici per le cellule;
- ossigeno-indipendenti = sono responsabili di attività di uccisioni di batteri in condizioni
anaerobiche. Tali sistemi sono rappresentati da:
1. proteine contenute nei granuli azzurrofili, che impediscono ai batteri di replicarsi;
2. lattoferrina, contenuta nei granuli specifici, si lega al ferro, così inutilizzabile dai
batteri;
3. lisozima, che danneggia la parete dei batteri.
Granulocito eosinofilo
I granulociti eosinofili sono dotati di attività selettiva nei confronti delle infezioni batteriche.
- I granulociti eosinofili, o acidofili, rappresentano il 2-4% dei leucociti. Il nucleo è bilobato e
contengono granuli specifici, acidofili. All'interno delle cellule troviamo a apparato di Golgi, mitocondri,
ribosomi, eretico endoplasmatico liscio e rugoso. Nei granuli troviamo un corpo o a struttura cristallina,
contenente la "proteina basica maggiore" ricca di zinco, lisina e arginina. I granulociti eosinofili restano
in circolo 3-8 ore. Hanno recettori per la porzione Fc delle IgM, IgG e IgE.
La maggior parte degli usi i nostri li si trova nel midollo osseo e le tessuti, dove resistono 8-12 giorni.
Sono cellule mobili dotati di attività fagocitaria. Rilasciano insigni che riducono l'infiammazione e il
104
Il linfocito
I linfociti costituiscono la componente cellulare fondamentale del sistema immunitario,
immunità acquisita, provvedendo riconoscimento delle antigeni esterni.
- I linfociti rappresentano il 20-30% dei globuli bianchi. Si trovano anche nella linfa, dove
rappresentano la componente cellulare e da dove deriva loro nome, negli organi linfoidi e in alcune
tessuti collettivi. Possono ricircolare, cioè passare dal circolo sanguigno al circolo linfatico o al tessuto
connettivo, e poi rientrare nel circolo sanguigno. Non hanno attività fagocitaria ma sono dotati di
movimento ameboide, riuscendo a passare attraverso il vasi sanguigni. Sono distinti in piccoli linfociti,
predominano nel sangue, e in grandi e linfociti, quelli attivi sono circa il 3%. I piccoli linfociti sono la
componente prevalente, con un nucleo reniforme e scarso citoplasma. I grandi linfociti hanno un
citoplasma più colorato, ma sempre scarso. E linfociti derivano dalla cellula staminale emopoietica
pluripotente. Originano nel midollo osseo russo, ma si differenziano e maturano negli organi linfoidi, nel
timo nel midollo osseo. E linfociti sono caratterizzate dalla presenza di antigeni sulla membrana. In
linfociti sono suddivisi dal punto di vista funzionale in:
1. linfociti B, midollo-derivati. Rappresentano il 5-15% dei linfociti. Maturano nel midollo osseo.
Sono noti anche come linfociti borsali, perché scoperti negli uccelli, nelle borse di Fabrizia,
chiamate così in onore dell'omonimo scopritore;
2. linfociti T, timo-derivati. Rappresentano il 60-80% dei linfociti. Maturano nel timo e sono
suddivisi in:
T-citotossici;
T-helper;
NK, natural killer. Rappresentano il 10-20% dei linfociti. Maturano nel midollo osseo.
Linfociti NK
Rappresentano un'importante categoria di cellule effettrici della risposta difensiva innata.
Svolgono attività aspecifica.
- I linfociti NK sono cellule piuttosto grandi, con numerosi granuli azzurrofili. Sono adibiti all’uccisione
di cellule batteriche, o virali, che non contengono antigeni di istocompatibilità self.
Immunità acquisita
I linfociti B e T sono coinvolti nei due principali meccanismi di difese immunitaria,
rispettivamente umorale, mediata da anticorpi, e cellulare, o cellulo-mediata.
- La differenza principale tra linfociti B e T è basata sulla forma dell'antigene che riconoscono. I
linfociti B riconoscono l'antigene nella sua conferma c'era naturale, mentre i linfociti T riconoscono
l'antigene si è legato all'anticorpo. La principale funzione dei linfociti B era produttore di anticorpi che
mediano l'immunità umorale, neutralizzando agenti patogeni. I linfociti T sono in grado di uccidere
cellule infettate da virus, grazie alla loro attività citotossica. Inoltre stimolano i linfociti di nella
produzione di anticorpi.
Immunità umorale
L’immunità umorale è dovuta alla presenza di anticorpi circolanti, le immunoglobuline. Queste
sono glicoproteine presenti come recettori di membrana sui linfociti B e secrete dagli stessi linfociti e
dalle plasmacellule.
- Le immunoglobuline sono glicoproteine prodotte da linfociti B e plasmacellule. La loro funzione
principale è quella di legare l'antigene. Il legame antigene-anticorpo determina l'attivazione del
complemento con la conseguente eliminazione della sostanza patogena. Quando sono attivati dallo
specifico antigene, i linfociti B subiscono molteplici divisioni cellulari e la maggior parte di loro si
differiscono in plasmacellule. Alcuni diventano cellule B memoria, che ricordano la precedente invasione
e inducono una risposta immunitaria più veloce. Questo tipo di risposta immunitaria umorale può essere
trasferita da un organismo all'altro mediante vaccinazione.
La struttura fondamentale delle immunoglobuline è rappresentata da un monomero formato da quattro
catene polipeptidiche, due leggere, L, due pesanti, H. Questi quattro polipeptidi sono assemblati in una
struttura a forma di Y e legati in modo covalente da ponti di solfuro, i quali determinano un
ripiegamento dei polipeptidi in regioni compatte, i domini. Le catene leggere hanno due domini, quelle
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pesanti 4-5. Le catene pesanti interagiscono a formare una regione definita cerniera. Le
immunoglobuline possono essere distinte in diversi frammenti:
1. i bracci laterali, costituiti dalle catene leggere e dalla parte ammino-terminale delle catene
pesanti = Fab;
2. la coda, costituita dalla parte carbossilica delle catene pesanti = Fc. Questo dominio è
responsabile della funzione effettrice delle Ig.
Fab e Fc rappresentano i domini funzionali delle immunoglobuline. La diversità e la specificità di legame
delle immunoglobuline dipende dal fatto che sono costituite da diverse porzioni:
1. una composta dai domini ammino-terminali, denominata variabile, V, e divisa in VL e VH;
2. una composta da una struttura costante, C, e divisa in CL e CH;
3. una regione ipervariabile.
Gli amminoacidi delle regioni variabili e ipervariabili delle catene L e H, interagiscono formando il sito di
legame con l'antigene. Ogni immunoglobulina è dotata di due siti di legame con l’antigene, posti al
termine dei due domini Fab.
Catene leggere
Ci sono due tipi di catene: κ e λ. Il loro lo rapporto quantitativo è di 2:1.
Catene pesanti
Ci sono diversi isotopi e i principali sono: γ, α, μ, δ, ε. Pertanto che sono cinque classi di immunoglobuline:
IgG, IgA, IgM, IgD, IgE. Ogni molecola presenta una delle due catene leggere.
IgG
Rappresentano il 75% delle immunoglobuline e costituiscono il principale anticorpo durante la risposta
immunitaria secondaria. Possono penetrare gli spazi extra-vascolari, attraversando la barriera
placentare e fornendo al neonato l’immunizzazione passiva. Si divide in quattro sottoclassi: IgG1, IgG2,
IgG3, IgG4. le prime due attimo del complemento attraverso la via classica. Gli immuno-complessi si
legano a recettori per il frammento Fc, presenti sui neutrofili e suoi macrofagi. I complessi vengono
fagocitati e degradati. La vita media delle IgG è 21 giorni.
IgA
Rappresentano il 15% delle immunoglobuline e sono sintetizzate durante la risposta immunitaria
secondaria. Sono presenti nelle secrezioni delle lacrime, della salita, delle mucose respiratorie ed
intestinali. Formano dimeri legati tra loro da un polipeptide, catena J, e da un frammento secretorio. Le
IgA attivano il complemento attraverso la via alternativa. Hanno vita media di 6 giorni e la funzione
principale è quella di prevenire l'adesione di antigeni estranei sulle superfici mucose.
IgM
Rappresentano il 10% delle immunoglobuline e sono denominate macroglobuline. Sono costituite da
cinque unità immunoglobuliniche con dieci siti di legame dell'antigene. Sono di anticorpi più antichi,
nonché la prima classe di immunoglobuline e introdotta nel corso della maturazione dei linfocito B. Sono
segrete nel sangue nel corso la risposta immunitaria primaria. Il legame antigene-Fab fa sì che la coda
leghi e attivi la prima componente del complemento. Anch'esse hanno vita media di 6 giorni.
IgD
Rappresentano l'1% delle immunoglobuline e sono espresse insieme alle IgM sulla superficie dei linfociti
di mature ma non atti fatti. La loro funzione è quella di legare l'antigene e attivare proliferazione e
differenziazione dei linfociti B.
IgE
Note come reagine, si legano con la porzione Fc ai recettori dei granulociti basofili e dei mastociti.
Stimolano la secrezione di sostanze vasoattive, come l’istamina e la serotonina.
Variabilità anticorporale
Nel corso della maturazione dei linfociti B si differenziano un numero enorme di cloni, ciascuno
caratterizzato dalla presenza di specifici recettori di membrana. La variabilità anticorporale è dovuto a
processo di riarrangiamento genico sito-specifico.
107
- I geni che codificano per la sintesi delle immunoglobuline formano tre gruppi situati su tra cromosomi
diversi. I geni che codificano per le catene pesanti, γ, α, μ, δ, ε, si trovano sul braccio lungo del
cromosoma 14; quelli per le catene leggere κ sul braccio corto del cromosoma 2; quelli per le catene
leggere λ sul braccio corto del cromosoma 22.
Il gene che codifica per la parte variabile della catena pesante comprende diversi segmenti: V, D, J. Il
gene che codifica per la parte costante delle catene pesanti è costituito da un tratto polinucleotidico
per i 5 isotopi. Il complesso genico per le catene leggere è costituito da due segmenti della regione
variabile, V e J, e da un esone per la regione costante.
Nel corso della maturazione delle cellule B si ha un riarrangiamento del DNA. Questo processo si
realizza attraverso la fusione di segmenti genici V/D/J, catene pesanti, e V/J, catene leggere, grazie
ad un enzima che elimina gli introni. Avviene prima il riarrangiamento delle catene pesanti, poi il coro
delle catene leggere.
Diversità delle porzioni variabili delle Ig
Diversi meccanismi contribuiscono a generare le diversità fra le porzioni variabili delle Ig.
- I meccanismi della variabilità del sito di legame tra l'antigene delle Ig sono rappresentate da:
- presenza nella linea germinale di molte forme alleliche di V, D, J;
- associazione casuale di tali segmenti;
- comparsa di mutazioni somatiche;
- assemblaggio delle date leggere e pesanti.
Esclusione allelica = un linfociti B o una plasmacellula è in grado di esprimere o di riarrangiare un
singolo allele per la catena pesante e uno per la catena leggera.
Un particolare tipo di riarrangiamento somatico è costituito dal cambiamento di classe
anticorpale.
- Il linfocito B può sintetizzare catene pesanti che presentano la stessa regione variabile, ma diverso
regione costante. Si osserva cioè lo switch da IgM a IgG, IgA, o IgE. Questo switch comporta un
cambiamento della funzione effettrice dell’immunoglobulina.
Produzione di cloni di linfociti B
Durante la maturazione si formano dei linfociti B in grado di reagire con gli antigene
dell'organismo. Tra linfociti devono essere neutralizzati.
- La funzione principale dei linfociti B è la formazione di popolazioni di cloni, per neutralizzare agenti
patogeni. Quando si crea il legame antigene estraneo-anticorpo, il linfocito B prolifera e si differenzia
in plasmacellule eccellenti anticorpi. Gli anticorpi legano gli antigeni e aiutano la cellula a digerire il
batterio. Il processo di riarrangiamento comporta la produzione di cloni di linfociti B in grado di
riconoscere antigeni dell'organismo, self, determinando una reazione auto-immune. Per evitare questa
reazione sono presenti meccanismi che governano la tolleranza immunologica, quali:
1. la non attivazione delle cellule self-reagenti;
2. l’anergia dei linfociti B;
3. la distruzione di cloni self-reagenti da parte dei macrofagi.
Immunità cellulo-mediata
L'immunità cellulo-mediata risulta da una interazione tra i linfociti T e le cellule self che
espongono antigeni estranei e sulla loro superficie. Questa immunità ha il compito di eliminare cellule a
appartenenti allo stesso organismo che sono alternate e di provvedere a stimolare l'espansione clonale
dei linfociti B.
- L’immunità cellulo-mediata implica una diretta interazione tra linfociti chi e antigene. Questa
immunità non può essere trasferita mediante siero, ma solo tramite il trasferimento di cellule
immunizzate da un organismo all'altro. Il legame tra linfocito T e antigene era specifico. A seconda
delle modalità con cui avviene il riconoscimento dell'antigene i linfociti T si dividono in tre classi:
1. linfociti T citotossici, o linfociti Tc, o CD8+ = rappresentano il 25-35% della popolazione
linfocitaria. Riconoscono gli antigeni legati a molecole MHC, classe I. Il legame con l'antigene
determina dall'attivazione delle linfocito T, con la conseguente proliferazione dei cloni e la
comparsa delle cellule memoria. La cellula infetta viene distrutta per apoptosi, o lisi;
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2. linfociti T soppressori, o Ts = svolgono una funzione di soppressione sulle altre cellule del
sistema immunitario;
3. linfociti NK, o natural killer = svolgono azioni difensive aspecifiche;
4. linfociti T helper, o CD4+ o Th = costituiscono il 65-75% dei linfociti circolanti. Riconoscono gli
antigeni legati a proteine MHC, classe II, ed esposti su particolari cellule, dette cellule che
presentano l'antigene. La risposta effettrice è l'espansione clonale, con l’attivazione di altre
cellule mediante secrezione di mediatori locali, con effetto paracrino. Questi linfociti possono
essere divisi in due gruppi: Th1 e Th2.
I linfociti Th1
Questi linfociti di riconoscono gli antigeni derivanti da microrganismi o da prodotte fagocitano che il
punto producono interleuchina-2 e interferone γ. Hanno attività paracrino e attivano i macrofagi
affinché distruggano i microrganismi che hanno ingerito e le cellule T citotossiche.
I linfociti Th2
Attivano i linfociti B e gli eosinofili. Stimolano le cellule della memoria e il cambiamento di classe
anticorpale nella secrezione gli anticorpi. Il recettore per il legame è CD4, che funziona come
accettore per il virus HIV. Questo virus infetta le cellule T helper con conseguente caduta della
risposta monetaria.
Recettori dei linfociti T o TCR
L’immunità cellulo-mediata si attiva dopo il legame antigene-anticorpo.
Il recettore dei linfociti T, TCR, è un eterodimero costituito da due catene polipeptidiche, α e β, legati
in modo covalente da ponti disolfuro. La struttura del TCR a svariate somiglianze con la struttura delle
Ig. Ciascuna catena contiene una regione N-terminale variabile e una regione C-terminale costante. Per
trasmettere l'attivazione cellulare il recettore associato ad un complesso multimerico, con passo dal 5
di spinte proteine. Il TCR a una distribuzione clonale, ed ogni linfocito T può esprimere una sola catena
α e una sola catena β. I geni per la regione costante della catena β sono situati sul braccio lungo del
cromosoma 7; quelli per la regione variabile sul braccio lungo del cromosoma 14.
Le piastrine o trombociti
Le piastrine sono piccoli elementi derivati dalla frammentazione del citoplasma dei
megacariociti. Questi elementi partecipano al processo della coagulazione.
- Le piastrine sono prive di nucleo e hanno una vita media di 5-9 giorni. Contengono una regione centrale
colorata, cromomero, o granulomero, ed una zona periferica, ialomero. La membra la pragmatica è
rivestita da proteoglicani e glicoproteine, essenziali per la funzione recettoriale svolta dalle piastrine.
Troviamo anche un citoscheletro, piuttosto sviluppato, formato da microtubuli e microfilamenti. La
membrana presenta numerose introflessioni, che costituiscono canali interni, con la funzione di
accumulare e rilasciare io di calcio. Troviamo diversi tipi di granuli:
1. granuli α = rotondi avvolti da membrana, costituiscono il 10% del volume delle piastrine.
Contengono proteine specifiche, fattori della coagulazione e della fibrinoformazione, proteine
adesive e fattori di crescita;
2. granuli densi = pochi, contengono nucleotidi, ammine piogene, come la serotonina, l’adrenalina e
l’istamina, ioni Ca++ e PO43-;
3. granuli lisosomiali = contengono fosfatasi acida e altri composti. Sono presenti mitocondri e
granuli di glicogeno.
Il fattore di crescita delle piastrine, PDGF, induce la proliferazione delle cellule muscolari lisce e dei
fibroblasti, e stimola quest'ultimi a produrre matrice extra cellulare. Agisce come segnale che mio
tattico per fibroblasti e macrofagi.
L'attivazione delle piastrine avviene quando un danno della parete vasale espone le componenti sub-
endoteliali. Le piastrine aderiscono all’area danneggiata coesivandosi tra loro a formare un tappo, il
coagulo bianco, e attivando la coagulazione, che parte alla formato ed il coagulo rosso. In questo tipo di
coagulo interviene il fibrinogeno, che si trasforma in fibrina.
Emostasi
109
L’emostasi meccanismo diretto chiudere l'adesione formata della parete dei vasi sanguigni. Un
ruolo importante svolta dalle piastrine, in quattro fasi: adesione, aggregazione, secrezione ed
elaborazione di attività procoaulante.
- L’emostasi si sviluppa in quattro fasi ed il risultato finale è il tamponamento della ferita.
1. Adesione piastrinica = le piastrine aderiscono alla superficie estranea. È il primo momento per
la formazione del trombo emostatico piastrinico. Le piastrine aderiscono alle strutture sotto-
endoteliali mediante le integrine di membrana e si appiattiscono allargandosi, in modo da
riparare il danno;
2. Aggregazione piastrinica = dovuta ad un legame delle piastrine fra loro per stimoli esogeni o
endogeni. Gli stimoli possono essere ADP, rilasciato dalla piastrina stessa, trombina e fibre
collagene. Le piastrine perdono la loro forma a disco, per assumere quella sferica, emettendo
pseudopodi, la contrazione delle piastrine dovuta alla liberazione di ioni Ca ++, con conseguente
stimolazione dell'apparato contrattile ATPasi-dipendente. A seconda dell'intensità dello stimolo
si può avere una gridacele primaria, reversibile, oppure una secondaria, irreversibile. Le
aggregazioni tra piastrine formano il trombo emostatico piastrinico;
3. Coagulazione = l'agglomerato di piastrine si combatte in coagulo, in seguito la trasformazione
del fibrinogeno in fibrina. Il liquido che si separa dal coagulo è detto fiero. La conversione del
fibrinogeno in fibrina si realizza grazie alla trombina, che si forma per trasformazione dalla
protrombina. Tale reazione ricerca ioni Ca++. La trasformazione in trombina avviene grazie a
fattori ematici, piastrinici e tissutali. Il meccanismo sia attua attraverso una serie di lettera
cascata, in cui la tappa finale è costituito dall'attivazione del fattore X. Questo fattore può
essere attivato lungo due vie:
- via intrinseca uguale richiede l'intervento di fattori presenti nel sangue, liberati
dalle piastrine. Un danno a livello dei vasi sanguigni fa sì che le piastrine rilascino
fosfolipidi e il fattore XIIa. Quest'ultimo attiva il fattore XI, che insieme al di ioni
Ca++ a prima il fattore IX. Questo a sua volta, unito al fattore VIII, agli ioni Ca ++ e
ai fosfolipidi attiva il fattore X, che promuove la trasformazione di prototrombina,
in trombina;
- via estrinseca = implica l'intervento della tromboplastina tissutale. Un danno livello
dei vasi sanguigni fa sì che venga rilasciata tromboplastina. Questa insieme al
fattore VII e agli ioni Ca++ attiva il fattore X, il quale unito al fattore V, agli ioni
Ca++ e ai lipidi, promuove la trasformazione di prototrombina, in trombina. Questa è
la via che porta rapidamente alla formazione del coagulo.
4. Retrazione del coagulo = le piastrine di inducono alla riduzione del coagulo attraverso la
contrazione del citoscheletro.
LA LINFA
- Il sistema linfatico è un sistema di drenaggio dei tessuti con un inizio, i capillari linfatici, e una fine, i
due dotti linfatici, che riversano la linfa nel sistema venoso. I capillari linfatici iniziano a fondo cieco
nei tessuti, dove drenano il liquido in eccesso, la linfa. La linfa attraversa gli organi linfoidi periferici, i
linfonodi, con funzione depurativa nei confronti di eventuali batteri. Qui la linfa si arricchisce di
linfociti e anticorpi. Durante la digestione i vasi linfatici dell'intestino si caricano di globuli di
grasso,chilomicroni. Per questo la linfa assume un colore bianco, ed è nota come chilo. La linfa coagula
formando una rete di fibrina nella quale rimangono intrappolate le cellule. Per questo il coagulo è bianco
anziché rosso. Di elementi cellulari sono i linfociti, che ricircolano continuamente tra sangue e linfa.
Questi elementi sono specialmente i linfociti T. I linfociti originano da cellule staminale pluripotenti che
si trovano nei tessuti emopoietici. I linfociti T si sviluppano nel timo, quelli B e le NK si sviluppano nei
tessuti emopoietici stessi. I linfociti crescono negli organi linfoidi primari, o centrali, che nei
mammiferi sono il midollo osseo rosso, nell'adulto, il fegato fetale per le cellule B ed il timo per le
cellule T. La maggior parte dei linfociti muore subito dopo essersi sviluppata all'interno dell'organo
linfoidi primario. Altri, invece, maturano e migrano attraverso il torrente linfatico in organi linfoidi
secondari, o periferici. I linfonodi, posti lungo il percorso dei vasi linfatici come filtri della linfa,
110
riconoscono l'antigene delle cellule B e producono plasmacellule, che secernono anticorpi. Il linfonodo
ha una capsula esterna di tessuto connettivo fibroso di tipo capsulare; lo stroma è costituito da tessuto
collettivo reticolare, ricco di cellule reticolari e macrofagico-simili. I linfonodi sono avvolti da una
capsula connettivale e sono costituiti da:
1. zona corticale = esterna, formata da linfociti B, grandi e piccoli, plasmacellule e macrofagi;
2. zona paracorticale = formata da linfociti T;
3. zona midollare = formata da linfociti B attivati e plasmacellule.
Nella zona corticale i piccoli linfociti B formano addensamenti detti follicoli linfoidi primari, o immaturi.
La caratteristica di questi follicoli è una colorazione omogenea. A volte la parte centrale appare più
chiara della parte periferica, corona o mantello, ed è detta centro germinativo, o centro di reazione. Se
questi follicoli assumono due colorazioni diverse sono detti follicoli secondari o maturi.
Controllo dell’eritropoiesi.
L’eritropoiesi è sottoposta all'azione dell'ormone eritropoietina e di altri meccanismo umorali. Si pensa
che l’eritropoietina agisca in due modi:
1. DEREPRESSORE = induce la differenziazione della cellula staminale e la produzione di mRNA;
2. AGENTE MITOGENO = Imola la proliferazione cellulare.
La popolazione staminale comprende elementi in continua proliferazione e cellule arrestate nella fase
G0. L’effetto mitogeno potrebbe attuarsi in due meccanismi:
accorciando la durata del ciclo cellulare;
stimolando le cellule in G0 a dividersi.
Granulocitopoiesi
Mieloblasto, promielocito, mielocito, metamielocito, sono tutti precursore del granulocito.
- Nel corso della granulocitopoiesi, si osservano modificazioni della forma del nucleo da rotondo a
lobato, condensazione della cromatina e perdita dei nucleoli. L'attività mitotica continua fino allo stadio
di mielocito, poi si ferma. L'attività ameboide compare solo nel granulocito maturo.
MIELOBLASTO = nucleo voluminoso e rotondo, con 1-5 nucleoli, privo di granuli;
PROMIELOCITO = dimensioni maggiori, con il nucleo di forma variabile. Compaiono grani azzurrofili;
MIELOCITO = nucleo tondeggiante con la cromatina granulare. Numerosi granuli specifici ricoprono il
nucleo. Si distinguono i mielocito neutrofili, basofili e eosinofili. Il mielocito è l’ultima cellula in grado di
dividersi;
METAMIELOCITO = nucleo reniforme. Gli organelli interni si inattivano;
GRANULOCITO MATURO = il nucleo diventa lobato e acquisisce attività ameboide.
La maturazione degli eosinofili e degli basofili segue le stesse tappe fino alla comparsa delle
granulazioni specifiche, cioè fino al mielocito. L’eosinofilo presenta un nucleo bilobato ed un citoplasma
corna numerosi granuli rosso-arancione. Il basofilo ha un nucleo meno segmentato e un citoplasma con
granuli rosso-violetto intenso. I granuli spesso nascondono il nucleo e il citoplasma.
La granulocitopoiesi include:
un compartimento che comprende di progenitori e i precursori del granulocito;
un compartimento di maturazione costituito dal metamielocito e dal granulocito midollare
maturo.
L'intero processo di maturazione dura dodici giorni, 5 per la fase mitotica, dal mieloblasto al mielocito,
e 6.5 per la fase post-mitotica, dal metamielocito al granulocito maturo. Di elementi maturi rilasciati
nel circolo sanguigno rimangono per un periodo limitato, 6-10 ore, per poi emigrare nei tessuti collettivi
dove sopravvivono per 24-48 ore prima di degenerare ed essere fagocitati. Nel midollo è presente una
riserva di granulociti maturi.
Monocitopoiesi
I granulociti e i monociti derivano da un progenitore comune bipotente, la CFU-GM.
- Il sistema monocito-macrofagico costituisce un insieme di cellule specializzate nell'attività
fagocitaria. Nel midollo troviamo i precursori, promonociti e monociti. Le mitosi si osservano fino allo
stadio di promonocito, sebbene le cellule passano dividersi anche allo stadio di macro fagotti in maturo.
Il macrofago elabora i fattori stimolanti, rilascia citochine, interleuchina 1 e fattori di crescita
trasformanti, che stimolano le cellule endoteliali e mesenchimali a produrre proteine.
PROMONOCITO = dimensioni grandi, abbondante citoplasma povero di lisosomi, grosso apparato di
Golgi. Intensa attività mitotica, ma scarsa capacità fagocitaria e pochi recettori per la porzione Fc
delle IgG.
MONOCITI MATURI = in circolo rimangono per tempi brevissimi e poi emigrano nel tessuto connettivo,
dove completano il loro ciclo vitale. I monociti del sangue sono cellule in transito dal midollo al tessuto
connettivo. I monociti si trasformano spesso e in macrofagi. Tale trasformazione è caratterizzata dalla
comparsa di una attività fagocitaria, dall'aumento del numero dei lisosomi, dei microtubuli e dei
microfilamenti, e dallo sviluppo di un voluminoso complesso di Golgi.
114
isolotti sono formati da una macrofago centrale circondato da uno o più strati di eritroblasti, con gli
elementi immaturi all'interno. Il macrofago fagocita gli eritroblasto difettosi e i nuclei espulsi. I
granulociti maturano in profondità, lontano dai seni venosi.
Le cellule staminale in mieloide e le cellule progenitrici si concentrano nelle regioni sottocorticali dei
cordoni emopoietici. Linfociti e macrofagi si concentrano intorno alle arterie. Il midollo svolge un ruolo
emopoietico, ma ha anche il compito di distruggere il cellule ematiche invecchiate o danneggiate. Serve
come difesa immunologica e provvede alla produzione di monociti, macrofagi e linfociti B.
Il timo
- Il timo è un organo deputato alla maturazione dei linfociti T, responsabili dell'immunità cellulo-
mediata. Costituisce un organo linfoide primario o centrale. Il timo si sviluppa nell'ottava settimana,
derivando dalla terza e quarta tasca branchiale. A struttura a epiteliali, ma presto viene popolata da
elementi provenienti dal fegato e dal midollo osseo. Dopo la pubertà va incontro ad un processo di
atrofizzazione. Il timo è costituito da due lobi vicini, ciascuno avvolto da una capsula connettivale
fibrosa da cui si staccano setti che dividono l'organo in lobuli. Ogni lobulo è costituito da una zona
periferica e intensamente colorata, corticale, e da una porzione più chiara, midollare. La corticale è
formata da timociti di piccole e medie dimensioni, cellule epiteliali e macrofagi. La midollare forma la
parte centrale dell'organo e contiene timociti, cellule epiteliali e corpuscoli di Hassal. I macrofagi sono
collocati in prossimità della giunzione cortico-midollare. Le arterie che irrorano il timo si risolvono in un
ricco complesso di capillari a livello della giunzione cortico-midollare. I rami verso la corticale sono
rivestiti da un endotelio continuo e accompagnati da una manicotto di cellule epiteliali, una barriera
impermeabile agli agenti immunogeni, barriera emato-timica. I capillari della midollare sono rivestiti da
uno strato epiteliale fenestrato. La diffusione di antigeni alla corticale è impedita grazie alla presenza
dei macrofagi nella zona di confine. Nella corticale timica avviene la maturazione dei linfociti T in
cellule immunocompetenti. I linfociti acquisiscono i marcatori di superficie propri dei Th e Tc. La
maggior parte dei linfociti prodotti bene distrutta, perché reattiva contro di antigeni dell'organismo.
Una quota lascia la midollare ed entra nel circolo sanguigno. I linfociti T possono ricircolare tra sangue
e linfa, attraversando gli organi linfoidi secondari dove soggiornano. Lo sviluppo della milza, dei
linfonodi e delle zone il timo-dipendenti si deve al timo che continuamente li rifornisce di linfociti T.
La milza
- La milza è uno organo linfoide che svolge funzioni immunologiche e di filtro lungo la circolazione
sanguigna. È il risultato di due tessuti differenti: una tessuto linfoide, che le volte a formare la polpa
bianca, e una tessuto e emopoietico diffuso, che nell'uomo perde la sua funzione emopoietica ed è forte
nella polpa rossa. La milza è avvolta da una spessa capsula libro-muscolare dalla cui superficie interna si
originano introflessioni che penetrano nell'organo ramificandosi e suddividendolo in compartimenti
intercomunicanti. Gli spazi tra la capsula e le introflessioni sono occupati dal tessuto splenico o polpa
splenica, che è costituisce la porta rossa e la polpa bianca. Entrambi sono formate da due componenti:
tessuto collettivo reticolare, simile a quello degli organi e emopoiesi ci, e il cellule libere. Le zone che
separano la polpa rossa da quella bianca sono denominate zone marginali. Alle arterie, le vene, i vasi
linfatici ed i rami nervosi sono disposti lungo il sistema di introflessioni. Le ramificazioni delle arterie
trabecolari penetrano nella polpa bianca, dove sono circondate da un manicotto di trama reticolare
addensata di piccoli linfociti. In diversi tratti troviamo fuori con o accumuli di linfociti, detti corpuscoli
del Malpighi. All'uscita dal manicotto alle arterie si entrano nella polpa rossa. Alcuni dei capillari si
connettono a i seni venosi, altri perdano la parete e ripresentano intorno a punto terminale un guscio di
cellule macrofagiche, capillari col guscio. I seni venosi sono canali relativamente ampi comporti da un
endotelio e da una lamina basale. Questi canali confluiscono nelle vene della polpa. L’endotelio è formato
da lunghe cellule fusi informi, con nell'asse maggiore orientato parallelamente al latte longitudinale del
vaso, cellule a bacchetta. Questi elementi appaiono separati tra loro da ampie fessure, attraverso le
quali passano le cellule del sangue.
117
Il sangue che perviene alla milza viene incanalato in due vie di circolazione, chiusa o aperta. La
circolazione chiusa segue il percorso dei capillari e dei seni venosi, circa il 90% della circolazione; la
circolazione aperta interessa i capillari col guscio, circa il 10%. Il sangue si spande nei cordoni della
polpa rossa e rientra nel circolo attraversando la parete dei seni venosi.
La milza svolge diversi compiti:
- immunologici = polpa bianca = il passaggio attraverso la milza di di grandi quantità di sangue
rende l'organo sito primario nella sorveglianza degli antichi e trasportati dal sangue. L'organo
cattura di antigeni e li concentra nella polpa bianca dove l'interazione tra i linfociti T e B
produce anticorpi;
- circolatori = polpa rossa = la rete vascolare costituisce un esteso filtro selettivo nella
circolazione sistemica. Provvede a selezionare, alterare e distruggere i globuli rossi; trattiene e
modifica i reticolociti; conserva un pool di piastrine.
Grazie alla capacità di immagazzinare sangue, la milza rappresenta un meccanismo di regolazione del
volume ematico.
Polpa bianca.
La polpa bianca rappresenta la principale componente immunologica dell'organo ed è formata da tessuto
linfoide, disposto lungo le guaine e nei follicoli. Le cellule T sono concentrate nelle guaine linfatiche
periarteriose. I follicoli sono costituiti da linfociti B. La milza contiene il 25% dei linfociti T e il 15%
dei linfociti B. In seguito ad attivazione immunologica compaiono nella zona centrale dei follicoli, centri
germinativi che reclutano linfociti dalla zona periferica, detta zona del mantello. Queste cellule
proliferano e si differenziano. I linfociti B attraversano la guaina linfatica rimanendo a contatto con i
linfociti T, e creando una certa cooperazione.
Polpa rossa.
La polpa rossa è costituita da due componenti: i seni o sinusoidi venosi e i cordoni splenici, o lienali, o
cordoni di Billroth, la cui funzione è riempire gli spazi tra i seni. I cordoni compongono una rete 3D
simile ad una spugna. L'intreccio di fibre reticolari e di cellule reticolari forma l'impalcatura della polpa
rossa, continuandosi con quello della polpa bianca in corrispondenza della zona marginale. I cordoni
contengono sangue e cellule libere del tessuto connettivo, tra le quali macrofagi liberi e molte
plasmacellule. I cordoni costituiscono ampi spazi nei quali scorre il sangue.
I linfonodi
- I linfonodi sono formazioni costituite da ammassi di linfociti, plasmacellule e macrofagi, intercalate
nel circolo linfatico e distribuite in regioni corporee, quali ascelle, collo, addome, inguine. Ciascun
linfonodo è avvolto da una capsula connettivale, divisa da setti in spazi di forma irregolari, le logge
corticali, nella parte periferica, e i canali midollari, nella parte centrale.
Il reticolo, formato da fibre reticolari e cellule reticolari, forma una rete a maglie strette, all'interno
della quale sono contenuti linfociti, plasmacellule e macrofagi. Gli ammassi di linfociti formano i cordoni
midollari, nella parte centrale, e i follicoli linfatici primari, nella parte esterna della corticale. Nelle
porzioni al confine con la midollare è presente tessuto linfatico diffuso formato da linfociti T. La
capsula è attraversata da vasi linfatici che drenano la linfa dai tessuti regionali. Il linfonodo si svuota in
un vaso linfatico efferente, che emerge dall’ilo del linfonodo. I vasi afferenti ed efferenti sono in
comunicazione tra loro grazie a capillari dilatati e intercomunicanti, detti seni linfatici.
Le zone paracorticali sono aree T-dipendenti; i follicoli della corticale e i cordoni della midollare sono
aree B-dipendenti. Un gran numero di linfociti T circola tra il sangue e i linfonodi. Per questo i linfonodi
costituiscono un dispositivo di infiltrazione che impedisce la diffusione di infezioni e agenti infettivi.
118
Il neurone
-costituito da:
Pirenoforo= corpo cellulare di varia grandezza e forma; può essere stellato, poligonale,
piramidale, piriforme o sferico e la sua grandezza dipende da quanto l’assone è lungo. Contiene il
nucleo e tutti gli organuli citoplasmatici presenti anche nei vari prolungamenti; i mitocondri sono
numerosi e sono presenti in tutta la cellula; il complesso di golgi è attorno al nucleo; i centrioli
sono solo il centro di organizzazione del microtubuli perché la cellula non si divide; zolle di Nissl
sono fortemente colorabili e sono costituiti da cisterne del reticolo endoplasmatico granulare; i
ribosomi sono numerosissimi e sono diffusi in tutta la cellula tranne che negli assoni; ricco di
neurofibrille e neurofilamenti.
Dendriti= prolungamenti in genere multipli del corpo cellulare confinati nella regione del
pirenoforo; possono ramificarsi e spesso sono presenti sulla loro superficie delle spine
dendritiche le quali sono sede di contatti sinaptici di tipo eccitatorio. Le spine hanno un
citoscheletro molto elastico e hanno la capacità di modellarsi. La funzione dei dendriti è quella
di ricevere impulsi nervosi eccitatori o inibitori dalle terminazioni assoniche e trasmetterli
all’assone del neurone di cui fanno parte.
Assone= prolungamento di varia lunghezza, di solito unico che origina da una protusione del
pirenoforo detta cono di emergenza. È privo di ribosomi, del reticolo endoplasmatico,
dell’apparato del Golgi, mentre contiene molti mitocondri. È avvolto in una membrana unitaria
detta assolemma che avvolge anche il pirenoforo. È più lungo dei dendriti, emette rami
collaterali che si staccano ad angolo retto a livello dei nodi di Ranvier e si ramifica poco prima
della sua terminazione. Le terminazioni su altri neuroni o su cellule effettrici presentano
rigonfiamenti detti bottoni terminali, mentre la zona in cui un assone viene in contatto con un
neurone o con una cellula effettrice attraverso cui viene trasmesso l’impulso nervoso è detta
sinapsi. Solitamente è la parte del neurone che trasmette l’impulso, ma ha anche la capacità di
riceverlo quando ad esempio alla cellula mancano i dendriti.
-classi:
Neuroni del I tipo di Golgi = lungo assone che origina nella sostanza grigia e decorre nella
sostanza bianca e vanno a costituire i fasci del nevrasse.
119
Neuroni del II tipo di Golgi = assone più breve che non entra nella sostanza bianca e non
partecipa alla formazione di un nervo ma si ramifica nella sostanza grigia.
-forma: possono essere classificati in base al numero di prolungamenti. I neuroni sono per la maggior
parte multipolari, ossia presentano molti dendriti e un solo assone; ci sono però anche gli unipolari che
presentano solo l’assone il quale è in grado di ricevere e trasmettere l’impulso nervoso, i bipolari che
hanno solo 1 assone e 1 dendrite e gli pseudopolari in cui assone e dendriti si uniscono prima di entrare
nel pirenoforo
-rivestimento: il pirenoforo e i dendriti sono circondati dalle cellule di nevroglia, che hanno funzioni
trofiche e di sostegno, da cellule satelliti che formano intorno ai corpi cellulari una capsula detta
gliale e da tessuto connettivo. L’assone del I tipo di Golgi è privo di rivestimento nella parte iniziale e
finale, mentre è circondato lungo il suo corso da cellule di Schwann (nevroglia) nel sistema nervoso
periferico, da cellule di oligodendroglia nel sistema nervoso centrale.
Trasporto assonico
L’assone è sostenuto in tutta la sua lunghezza da un citoscheletro ben sviluppato. I microtubuli assonici
sono tutti orientati con l’estremità + verso la terminazione nervosa e l’estremità – verso il pirenoforo; i
neurofilamenti sono dei filamenti intermedi legati ai microtubuli tramite delle sporgenze laterali; i
microfilamenti sono abbondantissimi sulla superficie interna della membrana.
Poiché l’assone dipende metabolicamente dal pirenoforo vi è un continuo movimento di sostanze dal
corpo cellulare alla terminazione assonica che avviene grazie all’impalcatura di sostegno appena
descritta. Lo spostamento delle molecole avviene con 2 velocità diverse: il trasporto di componenti
solubili è molto più lento rispetto al trasporto bidirezionale degli organelli citoplasmatici. Il trasporto
lento è responsabile del ricambio delle molecole del citoplasma e del citoscheletro dell’assone; il
trasporto veloce riguarda la vescicole derivate dal reticolo endoplasmatico e dall’apparato del Golgi ed
è correlato con i meccanismi di trasmissione sinaptica e di neurosecrezione. Il trasporto veloce avviene
come in tutti i tipi cellulari attraverso i microtubuli grazie a delle proteine motrici ( cinesina e dineina)
e ad un impiego di ATP.
Fibra nervosa
L’insieme dell’assone e dei suoi involucri costituisce la fibra nervosa. Gli assoni dei nervi cerebrospinali
e del sistema nervoso autonomo sono avvolti da cellule di Schwann, tipi di nevroglia. La maggior parte
degli assoni di maggior diametro sono ricoperti da un altro involucro interposto tra le cellule di
Schwann e l’assone detto guaina mielinica. Le fibre provviste di questo involucro sono dette mieliniche,
quelle che ne sono prive sono dette amieliniche. Nel sistema nervoso centrale le cellule di Schwann sono
sostituite da oligodendroglia. La guaina mielinica è formata da avvolgimenti concentrici della membrana
plasmatica delle cellule di Schwann o oligodendroglia attorno all’assone. Gli avvolgimenti appaiono chiari
e scuri, si ripetono in modo regolare e il colore dipende dall’accollamento delle facce esterne o interne
della membrana plasmatica. Man mano che la membrana plasmatica delle cellule si avvolge attorno
all’assone il citoplasma delle cellule di Schwann diventa sempre meno anche se un sottile strato rimane
formando lo strato adassonale di Schwann. La guaina mielinica appare interrotta ad intervalli irregolari
in certi punti detti nodi di Ranvier, mentre il tratto di fibra ricoperto dalla guaina è detto segmento
internodale. Il segmento internodale è rivestito da un’unica cellula di Schwann e la sua lunghezza
dipende dalla lunghezza dell’assone. A livello dei nodi di Ranvier l’assone non è completamente nudo ma
ricoperto da espansioni delle cellule adiacenti e dalla membrana basale. Altri punti di discontinuità sono
le incisure oblique di Schmidt-Lanterman in cui le lamelle della guaina si separano senza interrompersi.
Intorno alla guaina mielinica nelle fibre nervose periferiche vi è un rivestimento composto da 2 strati:
membrana basale (più interno costituito da glicoproteine), guaina reticolare di Key e Retzius. La guaina
reticolare è spessa nelle fibre sensitive e assente nel sistema nervoso centrale.
Nelle fibre del sistema nervoso centrale sono le cellule di oligodendroglia a rivestire gli assoni e un
singolo oligodendrocita può avvolgere più assoni. I nodi di Ranvier qui sono punti di assone
completamente nudo.
120
La guaina mielinica e le cellule di Schwann hanno la funzione di isolare l’assone dall’ambiente esterno e
di aumentare la velocità di conduzione dell’impulso tramite una conduzione saltatoria: più lungo è il
segmento internodale più veloce è la trasmissione. Le cellule di Schwann sono importanti anche per la
rigenerazione delle fibre del sistema nervoso periferico.
La mielinizzazione comincia durante la vita fetale e termina nella pubertà
I nervi
Le fibre nervose che fuoriescono dal nevrasse si associano parallelamente tra loro e con tessuto
connettivo per formare i nervi. La guaina di tessuto connettivo che avvolge il nervo è detta epinevrio, i
fascetti che costituiscono il nervo sono circondati da perinevrio e tra le singole fibre nervose troviamo
l’endonevrio. In questo tessuto connettivo troviamo capillari e piccoli vasi sanguigni che irrorano il
tessuto nervoso. Possiamo suddividerli in nervi bianchi e nervi grigi a seconda dell’abbondanza o della
scarsità di mielina presente in quel tipo di nervo. I nervi bianchi sono costituiti da fibre nervose di
grosso calibro e sono quindi costituiti da molta mielina ( es: nervi di moto); i nervi grigi sono costituiti
da fibre di piccolo calibro e la mielina è scarsa o quasi inesistente (es: nervi di sensibilità dolorifica e
gustativa). Vi sono fibre che possono anche essere costituite dai soli assoni in cui quindi la guaina
mielinica non c’è (es: nervi olfattivi).
Le fibre nervose e i tratti costituiti dai nervi del sistema nervoso centrale sono privi di perinevrio e
endonevrio e quindi le funzioni trofica e di sostegno sono effettuate dalle cellule di nevroglia.
La sinapsi
La sinapsi è la zona di contatto tra 2 neuroni attraverso la quale viene trasferito l’impulso nervoso. Non
tutti i punti di contatto tra 2 neuroni sono sinapsi.
Le sinapsi possono essere classificate a seconda della parte della cellula con cui un neurone è in
contatto:
- sinapsi asso-somatica = tra assone e pirenoforo
- sinapsi asso-dendritica = tra assone e dendriti
- sinapsi asso-assonica = tra 2 assoni
- sinapsi dendro-dendritica = tra 2 dendriti
La sinapsi permette la trasmissione dell’impulso nervoso solo in una sola direzione poiché polarizzata:
dall’assone al corpo cellulare o ai dendriti. In base alla trasmissione e alla ricezione dell’impulso si
distinguono neuroni pre-sinaptici e neuroni post-sinaptici.
A livello delle sinapsi non c’è continuità citoplasmatica tra i 2 neuroni ma c’è una fessura sinaptica
costituita da materiale glicoproteico di aspetto filamentoso. L’assone in prossimità della sinapsi
presenta un rigonfiamento detto bottone sinaptico il quale contiene le vescicole sinaptiche e molti
mitocondri, mentre è privo di microtubuli; nella porzione post sinaptica invece le vescicole sono assenti
e sono presenti molti microtubuli e microfilamenti per il riconoscimento del bottone.
Sul versante citoplasmatico dei 2 neuroni sono presenti ispessimenti detti densità pre e post
sinaptica. La densità pre-sinaptica presenta filamenti di spectrina che organizzano le vescicole e altri
filamenti che servono ad aderire all’altro neurone. La densità post-sinaptica può essere di 2 tipi:
eccitatoria o inibitoria; è costituita da proteine legate ai recettori in grado di modulare l’intensità della
risposta all’impulso nervoso.
Le vescicole sinaptiche contengono sostanze chimiche dette neurotrasmettitori, la cui liberazione
determina la trasmissione dell’impulso nervoso. I neurotrasmettitori sono per la maggior parte
amminoacidi. Neurotrasmettitori più comuni: acetilcolina, noradrenalina.
122
Esistono altre molecole di segnalazione dette neuropeptidi che sono racchiuse in vescicole diverse dalle
altre e rilasciate insieme a quelle dei neurotrasmettitori al di fuori della zona sinaptica. Hanno effetti
di lunga durata e sono presenti anche nell’epitelio intestinale. L’ipotalamo poi elabora il neurosecreto
costituito da 2 ormoni: vasopressina e ossitocina.
diffondere nello spazio circostante, può venire ripreso dal neurone ed essere riutilizzato, può venire
idrolizzato.
Il neurotrasmettitore può indurre non solo un eccitamento ma anche un’inibizione. Il
neurotrasmettitore delle sinapsi inibitorie si lega al recettore provocando l’apertura di canali ionici che
favoriscono il flusso di ioni cloro dall’esterno all’interno o di ioni potassio dall’interno all’esterno.
Questo fenomeno determina una iperpolarizzazione che contrasta la depolarizzazione delle sinapsi
eccitatorie.
In alcune regioni del sistema nervoso centrale sono state trovate sinapsi elettriche: l’onda di
depolarizzazione è continua tra neurone pre e post sinaptico e non c’è bisogno di un trasmettitore
chimico.
Nevroglia
Cellule non nervose più numerose dei neuroni.
Nel sistema nervoso centrale formano una fitta rete di sostegno e hanno funzioni trofica, di
riparazione del sistema nervoso e isolano i neuroni. Sono inoltre responsabili della formazione della
guaina mielinica nelle fibre nervose periferiche e centrali. 6 tipi di nevroglia di cui 5 di origine
ectodermica: ependimociti, astrociti, oligodendrocita, cellule satelliti, cellule di Schwann e microglia
che ha origine mesodermica. Le cellule di nevroglia e quelle nervose hanno la stessa origine ma poi
prendono strade diverse.
- Ependimociti = l’ependima riveste le cavità del cervello e del midollo spinale e sono probabilmente
le cellule staminali del tessuto nervoso dell’adulto.
- Astrociti = nel sistema nervoso centrale. Sono i più numerosi. Si dividono in: fibrosi (corpo
cellulare piccolo, numerosi prolungamenti, presenza di strutture fibrillari. Si trovano
prevalentemente nella sostanza bianca); protoplasmatici (corpo cellulare più grande e citoplasma
granuloso. Si trovano prevalentemente nella sostanza grigia). Gli astrociti sono collegati tra loro
da giunzioni gap. Intervengono nella trasmissione dell’impulso nervoso regolando la concentrazione
del potassio e rimuovono neurotrasmettitori. Hanno funzioni trofiche verso i neuroni.
Probabilmente formano una barriera emato-cefalica che favorisce la penetrazione nel neurone di
alcune sostanze e ne blocca altre. Svolgono una funzione importante nello sviluppo e nella
organizzazione del sistema nervoso centrale e nella sinaptogenesi.
- Oligodendrociti = piccole cellule ricche di microtubuli. Si trovano nel sistema nervoso centrale
attorno ai neuroni e più specificatamente intorno agli assoni. Infatti si ritiene che la guaina
mielinica dei neuroni del sistema nervoso centrale sia dovuta non alle cellule di Schwann ma a
queste cellule ognuna delle quali può ricoprire più assoni.
- Microglia = derivano dal mesoderma e compaiono nel SNC verso la fine della vita fetale.
Possiedono pochi prolungamenti e sono ricoperti di numerose spine. Aumentano il loro numero
durante lesioni, emorragie, tumori poiché fagocitano rapidamente frammenti cellulari delle aree
lese.
E' un tessuto diffuso in tutto l'organismo, che collega le diverse parti dell'organismo tra loro e con la
periferia.
Vie afferenti = sono vie sensitive e portano le informazioni dalla periferia agli organi assiali e
sovrassiali;
Vie efferenti = sono vie motorie e portano le informazioni dagli organi assiali e sovrassiali alla
periferia.
I pirenofori e gli assoni si aggregano in zone diverse del SNC formando aree diverse:
sostanza grigia = occupa la parte periferica degli emisferi cerebrali e quella centrale del
midollo spinale, forma ad H. Contiene i pirenofori, i dendriti e il cono d'emergenza degli assoni.
I corpi cellulari, nel SNC, sono raggruppati in nuclei, immersi nella sostanza bianca = nuclei
encefalici;
sostanza bianca = occupa la parte interna degli emisferi cerebrali e la parte esterna del
midollo spinale. Contiene gli assoni ricoperti da guaina mielinica, fibre nervose, che si raccolgono
in fasci detti tratti. La guaina mielinica è composta da due tipi cellulari a seconda che ci si trovi
nel:
125
La caratteristica che differenzia il neurone dalle altre cellule eccitabili è la soglia di eccitabilità
estremamente bassa.
Le cellule nervose sono indipendenti l'una dall'altra, ma connesse tra loro mediante zone di contatto
dette sinapsi. Esistono contatti anche tra neuroni e cellule non nervose = giunzioni citoneurali.
È importante ricordare che i rapporti tra i neuroni sono rapporti di contiguità e non di continuità, in
quanto tra queste cellule c'è una stretta contiguità, ma non una continuità citoplasmatica.
Il neurone è l'unità morfo-funzionale del tessuto nervoso. Può assumere forme diverse ma risulta
sempre costituito da:
corpo centrale o pirenoforo o soma = contiene il citoplasma, pericarion, e il nucleo;
prolungamenti:
dendriti = ricevono e trasformano in impulsi nervosi gli stimoli provenienti dall'ambiente
esterno o interno, altri neuroni. Sono molti più dell'assone e molto più corti. Contengono
tutte le strutture e gli organelli dell'assone, eccetto l'app. di Golgi. Possono essere
considerati come una estensione della somma. Costituiscono il collo ricettivo del corpo
neuronale;
assone o neurite o cilindrasse = conduce gli impulsi distalmente al corpo cellulare. Il
citoplasma contenuto dell'assone è detto assoplasma. Si origina da un punto preciso del
corpo del neurone, detto cono di emergenza, ma può anche originarsi da un dendrite.
I neuroni hanno dimensioni molto variabili, da un diametro di 4 μm, i granuli del cervelletto, ad uno di
135 μm, i grassi neuroni motori delle corna anteriori del midollo spinale. I neuroni perdono
precocemente la capacità di dividersi, ma aumentano il loro volume in modo proporzionale alla grandezza
del corpo che devono innervare.
126
prolungamenti =
1. dendriti = prolungamenti del corpo cellulare, piuttosto numerosi. Caratteristiche:
hanno un calibro maggiore appena staccati dal pirenoforo, che poi va
diminuendo;
si dividono in rami con un angolo inferiore ai 90°;
sono relativamente corti e numerosi;
la loro lunghezza non raggiunge i 700 μm;
non hanno particolari rivestimenti;
hanno una superficie con spine, sollevamenti ovoidali del plasmalemma. Tali
espansioni, della lunghezza tra 1-5 μm, rappresentano zone di contatto sinaptico
con altre cellule nervose = apparato della spina;
presentano zone di Nissl;
presentano numerosi bottoni sinaptici, con i quali fanno sinapsi con altre cellule,
nervose e non;
2. assone o neurite = conduce gli impulsi ad una distanza variabile dal corpo neuronale.
Presenta alcune caratteristiche:
lungo, 20 μm-1m (nervo ischiatico), ed unico;
ha un diametro circa costante, compreso tra 0.1-20 μm;
sono spesso ramificati e presentano due rivestimenti, il neurilemma e la guaina mielinica;
127
FLUSSO ASSONICO.
L’assone, a causa della sua sottile struttura, necessita di un citoscheletro. Questo è costituito da:
neurofilamenti = compito meccanico o di sostegno;
microtubuli = funzione di trasporto.
Le sostanze trasportate sono quelle che vengono utilizzate alla terminazione, ma anche scarti e virus,
che però non si dirigono in periferia, ma verso il pirenoforo. Questo traffico bidirezionale rende
necessaria una precisa organizzazione. Lungo tutto l’assone si assiste ad un traffico vescicolare, il
flusso assonico, diviso in due linee:
flusso assonico lento = si attua secondo due velocità, a seconda del materiale trasportato:
1. componente più lenta = si muove di 1 mm al giorno e riguarda le subunità di
microtubuli e neurofilamenti, proteine, ecc…;
2. componente più rapida = si muove di 5 mm al giorno e riguarda enzimi e componenti
citosolici;
flusso assonico rapido = il materiale trasportato viaggia circa 50-400 mm al giorno. Trasporta
granuli citoplasmatiche vescicole contenenti trasmettitori chimici. Queste sostanze sono
trasportate mediante due flussi:
1. flusso anterogrado = verso la terminazione nervosa;
2. flusso retrogrado = verso il pirenoforo. Mediante questo flusso si trasportano
vescicole rivestite, coatomeri, e organuli da riciclare.
Le proteine sulle quali vengono trasportate le vescicole sono la dineina e la chinesina. La chinesina si
muove verso l’estremità + del microtubulo. Presenta due catene pesanti, avvolte a elica, e due di minori
dimensioni. Le catene pesanti presentano una testa ATP-asica e una coda, alla quale si attaccano i
materiali da trasportare. La dineina, invece, si muove verso l’estremità – del microtubulo. Presenta due
catene pesanti, che presentano due teste ATP-asiche e all’altra estremità domini per il materiale.
certa distanza del pirenoforo si divide a T o V, in due rami, uno diretto alla periferia,
funzionalmente associabili a dendriti, uno al nevrasse. Entrambi i prolungamenti
presentano guaina mielinica;
3. neuroni bipolari = presentano un assone e un dendrite, che fuoriescono dai poli opposti
del neurone;
4. neuroni multipolari = pirenoforo con forma variabile, molte dendriti e un solo assone.
Un neurone particolare sono le cellule del Purkinje, che presentano pochi dendriti,
molto ramificati, che formano una specie di spalliera. Il corpo presenta forma a
fiaschetta;
lunghezza dell’assone =
1. I° tipo di Golgi = assone molto lungo che esce dalla sostanza grigia e penetra in quella
bianca. Vi troviamo i neuroni delle corna anteriori del midollo spinale, i nuclei motori
del tronco encefalico, le cellule del gangli spinali, le cellule piramidali della corteccia
telencefalica e le cellule di Purkinje;
2. II° tipo di golgi = assone corte che non esce dalla sostanza grigia. Si trovano nella
corteccia encefalica telencefalica, nella corteccia cerebellare, nella retina e nel M.S.;
funzioni dei neuroni =
1. neuroni sensitivi = portano lo stimolo dalla periferia al nevrasse;
2. neuroni motori = conducono gli stimoli dal nevrasse alla periferia;
3. neuroni misti = intercalati tra i neuroni precedenti.
FIBRE NERVOSE.
L’insieme dell’assone e delle guaine che lo avvolgono è detto fibra nervosa. Le guaine degli assoni sono
composte da due tipi particolari di cellule gliali, che variano a seconda che rivestano fibre del SNC o del
SNP. nel SNC troviamo gli oligodendrociti, mentre nel SNP le cellule di Schwann. Queste cellule si
avvolgono più volte attorno all’assone, a costituire la guaina mielinica. A seconda della presenza o
dell’assenza sui neuroni di queste guaine avremo:
fibre mieliniche = hanno una guaina mielinica di spessore variabile;
fibre amieliniche = non hanno la guaina mielinica.
NEURILEMMA.
Nel SNP le cellule di Schwann costituiscono, insieme alla loro lamina basale, la guaina di Schwann o
neurilemma, situata esternamente alle fibre mieliniche. Le cellule si Schwann sono le principali cellule
non eccitabili del tessuto nervoso periferico. Queste si dispongono attorno all’assone, allineate le une
alle altre, in modo discontinuo. I segmenti rivestiti sono detti internodi o segmenti internodali, mentre
i tratti di assone non mielinizzato sono detti nodi di Ranvier.
Le fibre mieliniche sono avvolte in più giri da una sola cellula di Schwann, mentre nelle fibre amieliniche
più assoni sono avvolti da una sola cellula, in modo non così stretto.
GUAINA MIELINICA.
La mielina è un buon isolante elettrico, che accelera la velocità di conduzione degli impulsi. Le fibre
nervoso non sono totalmente rivestite di mielina. In alcuni punti, nodi di Ranvier, la guaina non è
presente. Questi nodi hanno la funzione di accelerare la condizione nervosa. Ad ogni segmenti
internodale, lungo tra i 200-1000 μm, corrisponde una singola cellule di Schwann.
Nel SNP la guaina mielinica presenta delle fessure denominate incisure di Schimdt-Lantermann.
Queste non sono altro che delle aree della guaina mielinica in cui il citoplasma di interpone tra le
lamelle. Queste ncisre permettono al citoplasma della guaina di comunicare.
La guaina è composta da lamelle lipo-proteinche, nelle quali la concentrazione di lipidi raggiunge il 70%.
Questo permette di avere una ottima funzione isolante. La minor presenza di proteine e il fatto che non
ve ne siano che permettono il passaggio di ioni la rende ancora più impermeabile.
129
La guaina presenta bande chiare e scure, secondo un modello che si ripete ogni 12-18 nm, che
costituisce il periodo. La linea scura è chiamata linea densa maggiore delimita ogni periodo e presenta
uno spessore di circa 3 nm. Tra due linee dense si trova una linea chiara dello spessore di circa 10 nm.
Quest’ultima è divisa in due da una linea intermedia di spessore inferiore, detta linea intraperiodo.
Nodi di Ranvier.
Sono restringimenti periodici delle fibre mieliniche. Qui la guaina si interrompe. A ciascun lato del nodo
la membrana si rigonfia in due bulbi paranodali. Nella zona del bulbo guaina e bulbo presentano creste e
depressioni. In queste zone la guaina mielinica non è più parallela all’assone, ma forma una cupola. Qui le
linee dense si aprono, dividendosi in due membrane che delimitano un rigonfiamento all’interno del quale
troviamo il citoplasma delle cellule di Schwann. In corrispondenza dei nodi il citoplasma delle cellule di
Schwann forma un collare circolare ricco di mitocondri. I nodi non sono totalmente nudi, ma sono
rivestiti da delle interdigitazioni delle cellule di Schwann.
Le fibre si possono classificare anche in base al diametro. Esiste una relazione diretta tra:
diametro della fibra e velocità di propagazione dell’impulso;
diametro della fibra e numero di guaine mieliniche.
2. fibre di tipo B = sono piuttosto piccole, diametro di circa 3 μm. Sono le fibre dei nervi simpatici;
3. fibre tipo C = sono le più piccole diametro di circa 0.3-1.5 μm. Nel sistema simpatico sono le
fibre efferenti post-gangliari e quelle somatiche per la sensibilità termica e dolorifica.
NERVI PERIFERICI.
Le fibre che vanno dal corpo alle loro terminazioni sono dette fibre periferiche, e formano i fasci di
nervi periferici. Avremo nervi cranici, se le fibre sono connesse con l’encefalo, e nervi spinali, se
connesse con il midollo spinale.
Il nervo spinale si stacca dal M.S. con due radici, una anteriore, o ventrale, ed una posteriore, o
dorsale., che presenta un ganglio spinale, nel quale si trovano i corpi cellulari dei neuroni sensitivi.
Questi neuroni sono pseudounipolari. Sono nervi misti.
I nervi encefalici possono essere sensitivi, motori o misti.
In tutti i nervi periferici le fibre, mieliniche e non , sono avvolte da connettivo = ENDONEVRO. A loro
volta i fasci di fibre sono avvolte da altro connettivo = PERINEVRO. In fine tutto il nervo è avvolto da
latro connettivo = EPINEVRO. L’endonevro forma attorno alla guaina di Schwann una rete che si
continua con la membrana basale delle cellule stesse.
Nell’endonevro troviamo vasi sanguigni.
GANGLI.
Raggruppamenti di cellule nervose disposte lungo il percorso dei nervi. I gangli sensitivi sono associati
ai nervi spinali e cranici, alcuni. Ogni ganglio comprende:
cellule nervose;
cellule gliali;
tessuto connettivo;
fibre nervose;
vasi sanguigni.
Il ganglio è circondato da una capsula di connettivo che si continua con epi/perinevro. All’interno setti
di connettivo formano una rete sulla quale sono appoggiate le cellule gangliari. Troviamo inoltre cellule
più piccole, le cellule satelliti, che altro non sono che cellule della glia. Le cellule gangliari sono neuroni
pseudounipolari, con un corpo il cui diametro varia tra 15-100 μm.
I gangli del SNA sono posti sul perscorso dei nervi o in organi, gangli intramurali. In questo caso le
cellule gangliari sono multipolari.
TRASMISSIONE DELL’IMPULSO.
A livello della membrana plasmatica, tra ambiente extra/intracitosolico è riscontrabile una differenza
di potenziale, dovuta alla diversa concentrazione di cariche positive e negative, ( Na+ e K+), circa -72
mV.
Tra fattori:
1. l’impulso è un fenomeno bioelettrico di membrana;
2. gli agenti responsabili dell’impulso nervoso sono di natura chimica;
3. il plasmalemma delle cellule eccitabili resene canali ionici che rimangono impermeabili = canali di
sbarramento. Questi sono divisibili in due gruppi:
canali a controllo di ligando = sensibili a fattori chimici. Sono poco selettivi;
canali a controllo di potenziale = sensibili a variazioni del potenziale elettrico. Sono
specifici per uno dei due ioni.
Quando i canali a controllo di ligando vengono aperti entrambi gli ioni, Na+ e K+, attraversano la
membrana depolarizzandola. Si innesca una reazione a cascata che portala membrana ad avere un
potenziale da negativo a positivo, +30 mV = potenziale di azione.
131
I canali a controllo di potenziale che inducono il potenziale sono quelli per il sodio. Sorto il potenziale di
azione i canali per il sodio si chiudono e si aprono quelli per il potassio, che portano la membrana ad uno
stato di riposo. Nel tratto di membrana successivo si aprono i canali di sbarramento per il sodio, e il
meccanismo continua. Si crea una forte depolarizzazione della membrana. Alle spalle del fronte, le
pompe sodio-potassio riprendono la loro attività, favorendo il ripristino del potenziale di riposo. Ciò
evita che la propagazione torni indietro. Questo tipo di conduzione riguarda le fibre amieliniche, nelle
quali la velocità di conduzione è piuttosto bassa, 0.6-2.3 m/s.
Nelle fibre mieliniche le cellule che formano la quali la costituiscono un ottimo isolante elettrico, che
permette una conduzione più veloce. Solo a livello dei nodi non troviamo la guaina. Questo fa sì che
questi punti possono essere fede di attività elettrica. A livello dei nodi e esiste una elevata
concentrazione di canali di sbarramento per il sodio. Quando compare un potenziale d'azione in
corrispondenza di un modo, questo e polarizzata e aree vicine, che saranno solamente nodi, non potendo
avvolgere le aree con la guaina, per la scarsità o a se sarei canali ionici e per il completo isolamento
dell'assone. I questo tipo di conduzione è detta conduzione è saltato aria, perché il potenziale d'azione
fatta da un nodo all'altro. La conduzione risulta 20-25 volte maggiore, raggiungendo fino i 120 m/s.
SINAPSI.
I neuroni stabiliscono tra loro rapporti di contiguità che permettono la trasmissione gli impulsi da un
neurone all'altro. I questi tipi di giunzioni vengono definite sinapsi o giunzioni sinaptica. La sinapsi è
unidirezionale.
Nella sinapsi, la zona di giunzione tra neurone e terminazione nervosa è chiamata elemento presinaptico
o zona presinaptica. La porzione cellulare con la quale si stabilisce il collegamento è la zona
postsinaptica, mentre lo spazio che intercorre tra le due aree è la fessura sinaptica. Le due aree
post/presinaptica comprendono le membrane e il citoplasma sottomembranoso. Qui la fibra nervosa
perde la sua guaina mielinica e si espande nel bottone terminale. Esistono poi bottoni localizzati sul
percorso dell’assone detti “boutons en passant”. A livello di questi e anche a livello dei normali bottoni si
osserva la presenza di vescicole e materiale elettrondenso a livello delle due membrane
pre/postsinaptica.
Esistono due tipi di sinapsi:
sinapsi di tipo I o asimmetrica = se il materiale elettrondenso è maggiore nell’elemento
postsinaptico. Sono sinapsi di tipo eccitatorio;
sinapsi di tipo II o simmetrica = se la quantità di materiale è simile. Sono sinapsi di tipo
inibitorio.
La fessura sinaptica ha uno spessore di circa 25-30 nm e contiene materiale filamentoso.
Esistono diversi tipi di relazioni sinaptiche:
1. ASSONICHE =
asso-assoniche;
asso-somatiche = tra l’assone e il pirenoforo;
asso-dendritiche;
asso-spinose = tra le spine e le sinapsi;
2. DENDRITICHE =
dendro-dentritiche;
dendro-somatiche;
3. SOMATICHE =
somato-somatiche;
somato-assoniche;
somato-dendritiche;
glomerulari.
132
Zona presinaptica.
La zona presinaptica contiene numerose vescicole, mitocondri ed elementi del REL. Le vescicole
contengono i mediatori chimici o neurotrasmettitori, liberati durante la trasmissione dell’impulso nella
fessura sinaptica. Uno dei neurotrasmettitori è il GABA. Ma ricordiamo anche il glutammato, la
noradrenalina, la dopamina e la serotonina. Hanno un diametro tra i 30-70 μm.
La membrana presinaptica presenta un materiale opaco agli elettroni che assume conformazione
regolare e viene definito griglia presinaptica. Troviamo inoltre delle proiezioni alte circa 60 nm,
disposte secondo un disegno esagonale e collegate da sottili filamenti di actina. Queste estroflessioni
guidano le vescicole verso le zone attive della membrana, dove possono essere esocitate.
Fessura sinaptica.
È uno spazio di 25-30 nm di spessore.
Zona postsinaptica.
La membrana postsinaptica presenta numerose glicoproteine integrali che funzionano come recettori
per i mediatori chimici. Al disotto troviamo materiale elettrondenso e si approfondì nel citoplasma per
circa 150 nm.
MATERIALE FILAMENTOSO + PLACCA ELETTRONDENSA = APPARATO SOTTOSINAPTICO.
In alcune sinapsi asso-spinose è stato individuato un apparato della spina.
Funzionamento.
Il segnale elettrico che giunge alla terminazione nervosa viene convertito in segnale chimico, attraversa
la fessura sinaptica e poi torna ad essere segnale elettrico. Il collegamento tra i due neuroni avviene
grazie ai mediatori chimici, che legandosi ai recettori sulla membrana postsinaptica creano una
depolarizzazione nel neurone contiguo, che trasporta il segnale. Quando l’impulso nervoso arriva alla
membrana presinaptica si aprono i canali specifici per gli ioni Ca++, che permette la fusione delle
vescicole con la membrana e il relativo rilascio del mediatore chimico. La quantità di mediatore chimico
rilasciato è proporzionale alla quantità di calcio rilasciata.
Le vescicole contenenti il neurotrasmettitore giungono al bottone sinaptico e si riuniscono in gruppi,
cluster, connessi tra loro dalla sinapsina I.
In specifico:
gli ioni Ca++ si legano alla calmodulina;
questo complesso attiva la calmodulina-chinasi II, che fosforila la sinapsina II;
le vescicole, liberate dall’actina, si possono fondere con la membrana plasmatica rilasciando il
loro contenuto;
il mediatore si lega ai recettori della membrana postsinaptica, innescando una modificazione del
potenziale di membrana.
Le risposte del neurone postsinaptico possono essere diverse a seconda che si abbiano sinapsi
eccitatorie o inibitorie.
1. SINAPSI ECCITATORIE = si aprono i canali ionici positivi. (acetilcolina). La membrana si
depolarizza;
2. SINAPSI INIBITORIE = si aprono i canali ionici negativi (GABA). Il grado di polarizzazione si
mantiene o si accentua.
I mediatori hanno vita brave perché vengono degradati a livello dello spazio sinaptico.
Le fibre recettrici possono terminare libere nei tessuti, terminazioni sensitive libere, o essere avvolte
da connettivo, fibre sensitive capsulare.
Terminazioni libere.
Si trovano in tutto l’organismo, specie nei connettivi e negli epiteli. La guaina mielinica non avvolge più le
terminazioni nervose, che terminano in ramificazioni bottoniformi. Nella cute formano un plesso sub-
epiteliale.
Tra derma ed epidermide si trovano i corpuscoli di Merkel, costituite da una cellula epitelioidi e dalla
sua terminazione nervosa.
Una fibra che dà luogo ad espansioni di tipo diverso si definisce fibra pecilomorfa.
Ogni fuso è avvolto da una capsula aperta ai due poli e circondata da fibre muscolari, dette fibre
intrafusali. La capsula si continua con l’endomisio e con la guaina di Schwann. Le fibre intrafusali sono
separate dalla capsula da uno spazio periassiale.
Le fibre muscolari sono di due tipi:
1. I tipo = costituite da una zona centrale con numerosi nuclei, che costituiscono il sacco nucleare.
Alla sua periferia troviamo miofibrille, in una zona detta zona equatoriale. Questa è compresa
tra due zone simmetriche dove le miofibrille sono abbondanti, dette zone extraequatoriali;
134
2. II tipo = nella zona equatoriale troviamo una sola fila di nuclei, che formano la catena nucleare.
Le miofibrille si addensano alle estremità, in zone apicali.
Ai fusi pervengono sia terminazioni sensitive, divise in fibre con terminazioni anulospinali e fibre con
terminazioni a fiorami, che motorie, anche queste di due tipi, a seconda del diametro.
Gli organi muscolo-tendinei di Golgi sono recettori che si trovano in corrispondenza delle
giunzioni muscolo-tendine. Hanno un asse maggiore parallelo a quello longitudinale del muscolo. Sono
interosti tra la fibra muscolare e il tendine. Questi organi sono costituiti da fibre collagene. Questi
organi sono disposti in serie rispetto alle fibre muscolari.
NEVROGLIA o NEUROGLIA.
Composto da cellule non eccitabili, che si interpongono tra i neuroni, per evitarne il contatto reciproco.
Forniscono anche il rivestimento ai neuroni.
SNP = cellule di Schwann e cellule satelliti dei gangli;
SNC = popolazione cellulare eterogenea nota col nome di neuroglia.
Queste cellule gliali sono dotate di capacità riproduttiva, anche nell’uomo. hanno derivazione
ectodermica, dalle creste neurali.
astrociti = cellule stellate con prolungamenti ramificati sottili. hanno un nucleo ovalare con
cromatina poco colorabile. Il citoplasmi presentano numerosi filamenti gliali, costituiti da
actina. Le membrane sono unite da gap junction. Partecipano alla costituzione della barriera
emato-encefalica. Gli astrociti possono essere di due tipi:
1. protoplasmatici = nella sostanza grigia;
2. fibrosi = nella sostanza bianca;
oligodendrociti = sono il 75% della popolazione gliale. Sono più piccole degli astrociti, con
prolungamenti meno numerosi, ma più sottili. Hanno un nucleo tondeggiante, con RER, ribosomi e
mitocondri. Golgi ben Sviluppato. Servono per la mielinizzazione delle fibre del SNC;
microglia = i microgliociti hanno origine mesenchimale. Sono piccoli e si trovano si anella
sostanza bianca che in quella grigia. Hanno molti lisosomi, sia nel corpo che nei prolungamenti;
cellule ependimali = derivano del neuroectoderma del tubo neurale primitivo. Il loro corpo può
presentare ciglia e microvilli;
cellule dei plessi corioidei = sono composti da cellule ependimali modificate, con un polo apicale
ricco di microvilli e una forma cubica. Hanno le caratteristiche di cellule che trasportano ioni e
intervengono nel processo di produzione del liquor.
BARRIERA EMATO-ENCEFALICA.
Barriera alla diffusione dei capillari sanguigni verso i neuroni. È costituita dall’endotelio capillare e dalla
membrana basale relativa. Inoltre troviamo anche gli astrociti, che espandono i loro piedi terminali sui
capillari.
135
Z H Z
banda A
banda I banda I
Ogni segmento di miofibrilla che si estende tra due linee Z successive è definito sarcomero. I filamenti
che costituiscono le miofibrille sono suddivisibili in:
- miofilamenti spessi = composti da miosina. Determinano la lunghezza della banda A. Sono
paralleli tra loro e sono più grossi nella parte centrale dove sono muniti di ponti trasversali i
quali tengono uniti i miofilamenti spessi formando la banda M. Ciascun filamento spesso è
circondato da 6 filamenti sottili.
- miofilamenti sottili = composti da actina. Determinano la lunghezza della banda I e penetrano
per un tratto nella banda A. Ogni filamento sottile è collegato a 4 miofilamenti sottili del
sarcomero adiacente mediante i filamenti Z.
136
del calcio. Ciò che non permette l’interazione tra actina e miosina anche in fase di riposo è la
tropomiosina la cui posizione impedisce il loro legame. Quando arriva un impulso nervoso gli ioni calcio si
legano alla troponina la quale modificando la sua conformazione fa scivolare la tropomiosina liberando i
siti attivi per il legame actina-miosina.
Il reticolo sarcoplasmatico
Il calcio è contenuto nel reticolo sarcoplasmatico. Il reticolo sarcoplasmatico (liscio) è formato da
cisterne dette sarcotubuli che compongono una rete attorno a ciascuna miofibrilla. I tubuli longitudinali
sono tubuli paralleli tra loro che confluiscono in una cisterna centrale della banda H e in 2 cisterne
terminali parallele alla linea Z. Fra le 2 cisterne terminali all’altezza della linea Z vi è un elemento
tubulare trasversale, detto tubulo T. Esso rappresenta una introflessione del plasmalemma e forma con
le 2 cisterne terminali la triade del reticolo. Il suo lume non si continua con le cisterne terminali, è un
elemento distinto dal reticolo. Il tubulo T rende possibile una rapida diffusione dell’impulso nervoso
all’interno della fibra. I recettori rianodinici sono proteine intrinseche del reticolo e si trovano
parallelamente al tubulo T. questi recettori vengono attivati da proteine adiacenti che formano il
recettore diidropropiridinico, voltaggio dipendente. Proteina estrinseca del reticolo è ad esempio la
calsequestrina che ha il ruolo di trattenere nelle cavità del reticolo il calcio prelevato dal sarcoplasma
dalle pompe.
La placca motrice
La zona di contatto (sinapsi) tra la fibra nevosa e la fibra muscolare è detta placca motrice. Le fibre
nervose di un nervo di moto si ramificano ripetutamente in seno al perimisio e endomisio. La placca
motrice è costituita di 2 parti: una appartiene alla fibra muscolare, l’atra a quella nervosa. Quando un
ramo nervoso terminale si avvicina alla fibra muscolare perde la guaina mielinica ma conserva l’involucro
formato dalla cellula di Schwann che si fonde con la lamina basale che ricopre la superficie esterna del
sarcolemma. La fibra muscolare in prossimità della sinapsi presenta una zona di citoplasma addensato
detta suola terminale. Qui si accumulano molti nuclei, mitocondri, reticolo endoplasmatico granulare e
ribosomi liberi. Le ramificazioni nervose sono accolte in fessure sinaptiche primarie.
Trasmissione impulso nervoso
La trasmissione dell’impulso nervoso richiede la liberazione dell’acetilcolina a livello della placca
motrice, la presenza dei recettori acetilcolinici sulla membrana postsinaptica muscolare, l’intervento
del sistema dei tubuli T mediante recettori diidropropiridinici e del reticolo endoplasmatico mediante i
recettori rianodinici.
Il recettore acetilcolinico è costituito da 5 subunità delimitanti il canale ionico per il sodio. Il canale si
apre in seguito al legame con l’acetilcolina, causando l’ingresso del sodio e la depolarizzazione della
membrana. Tutte e 5 le subunità vengono fosforilate grazie a 3 proteinchinasi (cAMP-dipendente,
proteinchinasi C, tiroxina-chinasi) la cui fosforilazione causa per un breve periodo la perdita della
capacità di rispondere a ulteriori stimoli. L’accoppiamento eccitazione-contrazione avviene in questo
modo: l’onda di depolarizzazione provocata dall’acetilcolina si propaga lungo la membrana fino ai tubuli T
dove vengono attivati i recettori diidropropiridinici; questi recettori attivano i recettori rianodinici
determinando l’apertura delle cisterne e il rilascio del calcio; il calcio diffonde nel citoplasma e attiva il
sistema contrattile che porta allo scorrimento dei filamenti di actina su quelli miosinici. Finito l’impulso
il calcio viene catturato nel reticolo e alla contrazione segue il rilasciamento della fibra.
Tipi di fibre muscolari
fibre lente o rosse = contrazione prolungata e poco intensa, poco suscettibili ad
affaticamento. Metabolismo ossidativo (ATP prodotta mediante fosforilazione ossidativi). Il
colore rosso evidenzia un’alta concentrazione di mioglobina adibita al trasporto di ossigeno. I
mitocondri sono numerosissimi e si accumulano sotto la membrana, tra le miofibrille e lungo la
linea Z; reticolo endoplasmatico ben sviluppato e linea Z più spessa, poco glicogeno. Attività
ATPasica più lenta poiché sono presenti isoforme diverse di miosina nei 2 tipi di fibre. Alta
attività enzimi ossidativi. Stimolazione nervosa prolungata e sostenuta, ciò determina un’alta
concentrazione di calcio
138
I muscoli lisci hanno proprietà fisiologiche diverse nei vari organi in base al tipo di contrazione e alle
modalità delle diffusione dell’impulso. La muscolatura liscia è capace di mantenersi in contrazione per
periodi molto lunghi ed è dotata di duplice innervazione motrice : ortosimpatica (contrazione) e
parasimpatica (rilasciamento). La contrazione può essere spontanea oppure indotta da uno stimolo
ormonale senza l’intervento del sistema nervoso. Le modalità di diffusione dell’impulso distinguono la
muscolatura liscia in :
- multiunitaria =ogni fibra muscolare riceve una terminazione motrice in m odo tale che si
contraggano contemporaneamente; non hanno ruolo importate le giunzioni GAP.
Esempio:muscolatura vascolare
- unitaria = poche cellule ricevono terminazioni nervose con cui si stabiliscono rapporti sinaptici e
lo stimolo si propaga attraverso le giunzioni GAP. Esempio: muscolatura viscerale
ISTOGENESI E RIGENERAZIONE
Tessuto muscolare striato scheletrico = i precursori cellulari miocenici originano nel
dermomiotomo che si sviluppa nella regione dorsale del somite. Le cellule della regione mediale
si differenziano in miociti che vanno a costituire il dorso, quelli della regione laterale vanno a
costituire gli arti. Le cellule mesodermiche destinate a diventare fibre muscolari si chiamano
mioblasti. Hanno forma fusiforme e sono dotati di intensa attività mitotica. La determinazione
140
-metafase 1 = le tetrodi si muovono verso l’equatore del fuso e i centromero si attaccano al fuso in
modo casuale.
-anafase 1 = si separano i 2 omologhi detti diadi perché formati da 2 cromatidi.
-telofase 1 = non c’è decondensazione della cromatina, né duplicazione del DNA ma le 2 cellule figlie
riorganizzano i fusi.
Seconda divisione
-metafase 2 = i cromosomi si attaccano alle fibre del fuso con i centromero
-anafase 2 = i cromatidi si separano e migrano ai poli opposti e le 2 figlie ricevono un numero apolide di
cromatidi
-telofase 2 = i cromosomi si decondensano e si ricostituisce l’involucro nucleare.
Solo nella gametogenesi maschile le 4 cellule figlie si differenziano in spermatozoi; in quella femminile
invece una sola delle 4 diventa ovocita, le altre 3 chiamate globuli polari vengono espulsi. Questo perché
il citoplasma dell’ovocita è fondamentale per la crescita dello zigote.