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Riassunto del Rosati – a cura di Payam Tabaee

CAP 1: COMPOSTI CHIMICI


La maggior parte dei composti chimici in natura sono reperibili nella materia vivente = PROTOPLASMA:
Carbonio, idrogeno, azoto, ossigeno, ferro, cobalto, magnesio, manganese.
- 97% → Carbonio, azoto, idrogeno, ossigeno = sono composti quaternari; + zolfo e fosforo →
si definiscono ELEMENTI PLASTICI PRIMARI
- 3% → Calcio, potassio, fosforo, sodio, cloro, magnesio;
- Poco → Ferro, cobalto, rame, molibdeno, iodio, bromo, manganese, alluminio, selenio e vanadio.
Sono OLIGOELEMENTI.
Questi composti reagiscono formando:
- COMPOSTI INORGANICI = 1. acqua 75/85%
2. Sali 1%
- COMPOSTI ORGANICI = 1. proteine 20-30%
2. acidi nucleici 1-1.5%
3. glucidi 1%
4. lipidi 2-3%
• L’acqua è un solvente universale, in quanto la sua molecola non ha una distribuzione omogenea delle
cariche elettriche. Questa caratteristica la rende un DIPOLO, perciò la parte positiva reagisce con
tutte le sostanze negative, mentre la parte negativa reagisce con quelle positive.
L’acqua presente nella cellula è suddivisa in due parti:
 ACQUA DI SOLVATAZIONE o ACQUA COMBINATA = che si lega ai tessuti, alle proteine e
agli zuccheri mediante legami a idrogeno o altre forze. Le molecole sono ordinate;
 ACQUA DI RIEMPIMENTO o ACQUA LIBERA = rappresenta il 95% dell’acqua totale e non è
strettamente necessaria, si può perdere! Serve come solvente e mezzo disperdente delle
macromolecole del protoplasma. Qui hanno sede tutte le reazioni chimiche e gli scambi
intercellulari. L’acqua di riempimento si può identificare con l’ambiente extracellulare! Le
molecole sono disordinate.

• I Sali minerali sono presenti come ioni. I cationi più importanti sono: Na +; K+; Ca++; Mg++. Gli anioni
sono: Cl-; SO4-; PO4-; CO3-; NO3-. I Sali in forma dissociata non hanno una distribuzione uniforme:
Na+ e Cl- → Si trovano nell’ambiente extracellulare;
K+ e Mg++ → Si trovano nell’ambiente intracellulare.
Il mantenimento di queste diverse concentrazioni permette la formazione del potenziale di membrana,
la pressione osmotica, l'equilibrio acido-base e il pH cellulare.

• Le proteine, o polipeptidi, hanno un ruolo fondamentale nella vita di una cellula. Infatti sono i
principali costituenti della cellula. Le proteine possono essere:
 strutturali;
 costitutive;
 di trasporto;
 mortici;
 di accumulo;
 regolatrici di geni;
 rappresentare prodotti di secrezione esocrina o endocrina, ormoni, o sostanze di accumulo
intracellulare;
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 costituiscono gli enzimi, i catalizzatori di tutte le attività funzionali e metaboliche della cellula;
 segnale, come gli anticorpi e molti altri recettori;
 con funzioni specifiche.

Le proteine possono essere:


 semplici → catena di amminoacidi
 coniugate, cioè combinate con un gruppo non proteico, detto gruppo prostetico. A questa classe
di proteine appartengono le nucleoproteine, le glicoproteine, le lipoproteine e le cromoproteine,
tra le quali troviamo l’emoglobina, l’emocianica e i citocromi.
Le proteine sono polimeri biologici, composti da monomeri, detti amminoacidi, legati fra loro mediante
legami covalenti, detti legami peptidici, CO-NH, o carboammidici. La formazione del legame peptidico
porta alla perdita di una molecola di acqua. Più amminoacidi formano un polipeptide, il quale, se si ripiega
su se stesso in una forma 3D, forma una proteina. Le proteine possono essere distinte in:
 proteine lineari o fibrillari: costituiscono soprattutto le strutture fibrillari, come miosina,
cheratina, elastina, fibrinogeno, collagene;
 proteine corpuscolari o globulari: costituiscono composti biologici importanti, quali
l'emoglobina, gli enzimi, gli anticorpi.
Gli amminoacidi liberi costituiscono il pool amminoacidico, usato per la costituzione di nuove proteine.
Gli amminoacidi derivano dal corrispondente acido organico per la sostituzione dell'idrogeno in posizione
alfa, cioè legato al carbonio vicino al gruppo –COOH, con un gruppo amminico, NH2, da cui il nome di
alfa-amminoacidi. Questi monomeri hanno caratteri anfoteri, in quanto presentano un gruppo
carbossilico, -COOH, che si comporta da molecola idrofilica, e un gruppo amminico, NH 2, che si
comporta da molecola idrofobica. La dissociazione del gruppo carbossilico, o amminico, dipende dalla
concentrazione di ioni H+. Se l'ambiente è acido, l'amminoacido si comporta come un catione, cioè tende
ad accumulare ioni H+; si l’ambiente è basico, si comporta come un anione, rilasciando ioni H+. A pH
isoelettrico, l'amminoacido si comporta come uno ione dipolare, con una carica positiva e una negativa,
ma in totale carica netta zero. Per questo si chiama zwitterione.
Il carbonio che porta attaccati il gruppo amminico e il gruppo
carbossilico, presenta quattro diverse sostituzioni, cioè è asimmetrico.
Per questo, per ogni amminoacido, esistono due isomeri ottici, l'uno
immagine speculare dell'altro. Queste configurazioni vengono dette L e
D, per indicare che le due forme differiscono per il potere rotatorio,
cioè per la capacità di deviare la luce polarizzata verso destra, D, o
verso sinistra, L. Tutti gli amminoacidi delle proteine sono L-amminoacidi.
Gli amminoacidi sono composti da un atomo centrale di carbonio,
al quale si legano:
 un atomo di idrogeno;
 un gruppo amminico = -NH2;
 un gruppo carbossilico = -COOH;
 un gruppo R, il quale differisce a seconda dei diversi
amminoacidi:
1. R catena alifatica;
2. R anello aromatico;
3. R anello eterociclico;
4. R contenente una funzione ammidica;
5. R contenente una funzione alcolica;
6. R contenente zolfo;
7. R contenente un gruppo amminico;
8. R contenente un gruppo carbossilico.
In totale gli amminoacidi sono 20, e hanno tutti affinità per
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l'acqua, ma secondo proprietà specifiche. Difatti si dividono in quattro classi a seconda delle loro code:
- acidi; - basici;
- polari; - apolari.
Quelli con catene laterali basiche o acide sono molto idrofilici, quelli con catene laterali apolari lo sono
di meno, e sono definiti idrofobici.
Gli amminoacidi si legano tra loro per formare polipeptidi, mediante la combinazione del gruppo α-
carbossilico con il gruppo α-amminico, tramite l’eliminazione di una molecola d’acqua. Il composto
formato da due amminoacidi prende il nome di dipeptide, mentre quello formato da una lunga catena si
chiama polipeptide o proteina. La distanza tra due legami polipeptidici è di circa 0.35 nm.
Le proteine presentano ad un’estremità della molecola un gruppo carbossilico libero, C-terminale, e
all’altra estremità un gruppo amminico libero, N-terminale. Gli amminoacidi di una proteina sono
numerati a partire dall’estremità N-terminale. Le proteine basiche di basso peso molecolare associate
al DNA, denominate istoni e protamine, sono ricche di amminoacidi basici, lisina e arginina. I gruppi
carbossilici e amminici liberi possono ionizzarsi e sono detti gruppi ionogeni. I gruppi acidi si caricano
negativamente, mentre i gruppi basici si caricano positivamente. I gruppi ionogeni e i gruppi liberi
terminali, carbossilici ed amminici, contribuiscono a determinare la reazione acido-base e le proprietà
elettriche delle proteine. Per ogni proteina esiste un valore di pH ben definito, detto punto
isoelettrico, dove la proteina ha carica netta zero. A valori più alti prevale la dissociazione dei gruppi
acidi e la proteina si comporta come un acido; a valori inferiori prevale la dissociazione dei gruppi basici,
e la proteina si comporta come una base. La migrazione delle proteine in un campo elettrico,
elettroforesi, dipende dal valore di pH della soluzione. Al punto isoelettrico non migrano; a valori più
alti migrano verso l’anodo; a valori più bassi verso il catodo.
La posizione degli amminoacidi è una caratteristica genetica ed è importante per avere una
corretta distanza affinché si possano formare i legami elettrostatici, i ponti a idrogeno, le
interazioni ioniche e i ponti disolfuro.
Ogni proteina ha una sua forma specifica a seconda del ruolo che deve svolgere. La struttura si divide
in quattro livelli:
 struttura primaria → Costituita dalla successione dei diversi amminoacidi. Caratterizzata da
legami covalenti, determina la specificità delle proteine e la loro attività biologica. Possiamo
trovare anche legami S-S, o ponti disolfuro, tra due residui di cistina. In questa prima fase si
delineano due forze: attrazione e repulsione. Le strutture secondaria e terziaria dipendono
dalla struttura primaria. Il metodo di analisi della struttura primaria consiste nell’idrolizzare la
molecola in frammenti piccoli grazie ad enzimi e nell'identificare cromatograficamente gli
amminoacidi terminali. Una proteina male associata nella sua struttura primaria, non svolgerà più
la sua funzione;
 struttura secondaria → Si ha un primo ripiegamento della catena di amminoacidi. Si può
analizzare grazie alla rifrazione dei raggi X. Questo ripiegamento 3D assume due strutture:
1. α-elica → La catena è avvolta su se stessa, grazie a legami idrogeno, tra un atomo di H di un
gruppo ammidico e l’O di un gruppo carbonilico, situato quattro posti più un basso. La catena
si avvolge con un passo di 3,6;
2. β foglietto → Si ha un'interazione tra il gruppo carbonilico e quello ammidico, i quali però
possono essere anche molto lontani fra loro. La catena ha così una struttura più distesa.
Solo in questo ripiegamento entrano in gioco i vari gruppi R. Più sono voluminosi più
impediscono un avvolgimento stretto. La catena non è continua, ma si organizza in un
andamento casuale.
Se i gruppi R non ingombrano, la distanza tra i vari legami è maggiore e si forma una catena ad
α-elica; se i gruppi R ingombrano, le distanze tra i legami idrogeno sono minori e la catene è più
distesa, formando un β foglietto.
 struttura terziaria → I vari modelli di struttura secondaria assumono una conformazione 3D;
Le strutture secondaria e terziaria sono mantenute da una serie di legami deboli tra i residui di
amminoacidi presenti nelle catene polipeptidiche, legami ionici, a idrogeno, forze di Van der Waals.
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 struttura quaternaria → Varie catene polipeptidiche, uguali o diverse tra loro, si associano in
una forma 3D. I gruppi ionogeni intervengono nel legare insieme due o più catene polipeptidiche
e possono svolgere un ruolo importante nel meccanismo di spiralizzazione delle proteine. I
legami tra amminoacidi basici e dicarbossilici, nella struttura terziaria e quaternaria, non sono
legami covalenti, ma interazioni ioniche tra gruppi carbossilici e amminici ionizzati. I legami che
tengono unite le subunità di questa struttura sono legami deboli, che possono essere rotti da
sostanze chimiche particolari, come per esempio l’urea. Esempi di proteina con struttura
quaternaria sono l'emoglobina, con 4 catene polipeptidiche identiche a due a due, α e β, gli
anticorpi, le proteine virali, molti enzimi e il collagene, dato dalla combinazione di subunità di
tropocollagene. Queste molecole a loro volta sono costituite da tre catene polipeptidiche
avvolte a spirale, contenenti brevi catene laterali di monosaccaridi e disaccaridi.
La funzionalità e la corretta attività di una proteina dipendono dalle strutture terziaria e quaternaria.
Vi sono però degli ibridi:
 lipoproteine = lipidi + proteine → Principale forma di trasporto dei lipidi nel sangue. Formate da
una capsula proteica che avvolge un globulo di lipidi. Lei lipoproteine più importanti sono:
1. LDL → A bassa densità, trasportano il colesterolo in periferia;
2. HDL → Ad alta densità, trasportano il colesterolo al fegato.
 glicoproteine = proteine + carboidrati → Proteine come una catena laterale costituita da un
carboidrato.
La funzione di ogni proteina dipende dall'integrità dei vari livelli di organizzazione della molecola.
Esempi significativi dell'importanza della corretta conformazione proteica sono dati dalle interazioni
enzima-substrato, antigene-anticorpo, recettore-ormone.
Le proteine possono subire un processo di alterazione delle molecole detta della denaturazione. Questa
alterazione è causata dalla temperatura o da sostanze chimiche particolari, che alterano la struttura
secondaria, terziaria, quaternaria, con conseguente perdita dell'attività proteica.

• Gli acidi nucleici portano l'informazione genetica e sono i depositari del DNA. Sono lunghi
polinucleotidi, polimeri lineari, formati dall'unione di più unità dette nucleotidi. I nucleotidi sono
costituite da tre componenti:
1. una molecola di pentosio, uno zucchero monosaccaride a cinque atomi di carbonio;
2. un acido ortofosforico;
3. una base azotata purinica, adenina o guanina, o pirimidinica, timida, citosina, o uracile.
Esistono quindi cinque diversi nucleotidi:
 acido adenilico, o adenosinmonofosfato, AMP;
 acido guanilico, o guanosinmonofosfato, GMP;
 acido citidilico, o citidinmonofosfato, CMP;
 acido timidilico, o timidinmonofosfato, TMP;
 acido uridilico, o uridinmonofosfato, UMP.
A e G sono composte da due anelli a 5 e 6 atm di C; mentre T, C e U sono composte da un solo anello a 6
atm di C.
La molecola di pentosio lega lateralmente con il carbonio in posizione 1’ la base, e con il carbonio in
posizione 3’ o il 5’ l’acido fosforico. Nel DNA il pentosio è il desossiribosio, mentre nell’RNA è il ribosio.
Adenina, guanina e citosina sono comuni ai due tipi di acidi nucleici. La timina è tipica del DNA, mentre
l’uracile dell’RNA. Il DNA contiene anche piccole quantità di citosina metilata. Nell’RNA solubile o di
trasporto, una parte delle basi puriniche e pirimidiniche è metilata, metil-adenina, metil-guanina, metil-
citosina.
I nucleotidi liberi costituiscono il pool solubile nucleotidico, dal quale la cellula trae i monomeri per la
sintesi di nuovi acidi nucleici. I precursori della sintesi di DNA e RNA sono i nucleotidi allo stato di
trifosfati, ATP; GTP; CTP; TTP; UTP.
I nucleosidi = zucchero + base azotata. ⌠ Sono i componenti che danno E
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I nucleotidi = zucchero + base azotata + acido ortofosforico. ⌡ per il funzionamento delle cellule.

L'acido fosforico collega i nucleosidi con legami fosfodiesterici tra il carbonio 3’ del pentosio di un
nucleoside e il carbonio 5’ del nucleoside successivo. In questo modo sono utilizzati 2 dei gruppi acidi
del gruppo fosforico. Il gruppo acido rimanente è utilizzato per formare legami ionici con proteine
basiche. Questo gruppo acido è responsabile della basofilia degli acidi nucleici.
L’acido desossiribonucleico e l’acido ribonucleico possono essere marcati somministrando alle cellule i
precursori radioattivi, cioè la timidina per il DNA e l’uridina per l’RNA, i nucleotidi rispettivamente
della timina e dell’uracile. La cellula utilizza i nucleotidi radioattivi per sintetizzare nuove
macromolecole, che diventano radioattive possono essere svelate.

Nel 1953 Watson e Crick proposero un modello di struttura del DNA. Questo era composto da due
catene polinucleotidiche, che correvano in direzione opposta avvolte a spirale, a formare una doppia
elica. Le due catene erano collegate tra loro mediante legami idrogeno fra le basi. Le catene avevano
polarità opposte, erano antiparallele, cioè le posizioni 3’ e 5’ delle molecole di desossiribosio in una
catena erano orientate in direzione opposta a quelle delle molecole della catena complementare. Ciascun
giro completo della doppia elica si estendeva per circa 3,4nm e comprendeva dieci nucleotidi.
L’appaiamento delle basi è altamente specifico, nel senso che l’adenina si appaia mediante due legami a
idrogeno con la timina, mentre la citosina si appaia con tre legami idrogeno alla guanina. Questa
proprietà prende il nome di complementarietà e le due catene sono dette complementari.
La specificità dei geni e risiede nella successione, sequenza, delle basi, che può variare
considerevolmente nelle diverse molecole. Poiché l’appaiamento è specifico, avendo una sequenza di basi
si può predire una sequenza sulla catena opposta. Durante la duplicazione le due catene si separano per
l’apertura dei legami idrogeno e ciascuna catena funge da stampo per la sintesi di una catena
complementare, identica alla catena opposta. Per questo motivo si dice che la duplicazione è
semiconservativa → una catena di DNA è della cellula madre, l’altra è di nuova sintesi.
Riscaldando il DNA ad una temperatura superiore ai 70°C, i legami a idrogeno si rompono e le due
catene si separano = DENATURAZIONE. Ma abbassando gradualmente la temperatura la doppia elica si
ricompone, tramite un processo noto col nome di RINATURAZIONE.
Nella cellula sono presenti diversi tipi di RNA:
 mRNA = RNA messaggero = codifica per le proteine;
 rRNA = RNA ribosomiale = nucleo base dei ribosomi, sui quali l’mRNA viene tradotto in
proteine;
 tRNA = RNA transfer, o RNA di trasporto = insieme di adattatori tra l’mRNA e gli amminoacidi
nella sintesi proteica;
 RNA piccoli = sono attivi nello splicing dei precursori dell’mRNA, nel trasporto delle proteine al
RE e in altri processi cellulari.
La struttura primaria dell'RNA è simile a quella del DNA con l'eccezione che l'RNA contiene il ribosio e
l’uracile. La struttura secondaria del RNA è composta da una singola catena polinucleotidica, che può in
alcuni tratti ripiegarsi su se stessa a costituire i segmenti a doppi filamenti, mantenuti da ponti
idrogeno tra le basi appaiate. I tre RNA interagiscono tra loro provvedendo alla sintesi proteica della
cellula. L’mRNA porta l'informazione per la sintesi delle proteine dal DNA ai ribosomi; l’rRNA si associa
alle proteine formando i ribosomi, sede della sintesi proteica; il tRNA unisce sui ribosomi gli aminoacidi,
formando le proteine.
rRNA = questo RNA è situato nei ribosomi dello ialoplasma, nel nucleo e in piccola parte nei
mitocondri. È caratterizzato da una relativa stabilità, un lento “turnover”, e da una notevole omogeneità
per composizione di basi puriniche e pirimidiniche. Delle cellule superiori l’rRNA è presente nei ribosomi
in due forme con costanti di sedimentazione pari a 18S e 28S che è, combinandosi con le proteine
ribosomiali, formano le due subunità 40S, la minore, 60S, la maggiore. S = unità Svedberg di
sedimentazione. Nei batteri l’rRNA è presente in due forme 23S e 16S contenute in subunità ribosomi
che di 50S e 30S. Il nucleo loro era sede di produzione dell'rRNA.
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mRNA = questo RNA è in grado di trasferire l'informazione dal DNA ai ribosomi del citoplasma
e di codificare una proteina specifica. L'RNA messaggero è caratterizzato da una rapida degradazione
e dalla composizione in base si complementare a quella del DNA. Gli mRNA sono demoliti dalle
ribonucleasi endocellulari. L’mRNA è localizzato nel citoplasma dove è in parte libero in parte associato
ai polisomi. Questo RNA costituisce soltanto il 2-5% del contenuto in RNA totale della cellula. L’mRNA
è prodotto mediante un processo di rimodellamento di un RNA presente nel nucleo. (VEDI CAP. 6)
Queste sono le modalità di trasporto: l’mRNA viene trasportato fuori dallo nucleo, solo dopo aver
subito una maturazione, o processing, cioè una serie di reazioni chimiche, che avvengono durante la
trascrizione. Gli enzimi responsabili della maturazione dell'RNA seguono la RNA polimerasi, mentre
trascrive il DNA e si posizionano sulla molecola di RNA nascente. Solo gli RNA destinati a diventare
mRNA vengono dotati di:
 un cappuccio, capping: modificazione del trascritto primario alla sua estremità al 5’, con un
nucleotide atipico, un guanin nucleotide con un gruppo metilico attaccato, prima che la RNA
polimerasi abbia completato tutto il gene;
 un supplemento di coda per poliadenilazione: struttura applicata all'estremità 3’, o coda. Gli
RNA eucariotici vengono prima accorciati da un enzima e poi rifiniti da un altro che vi aggiunge
una serie di adenin (A) nucleotidi, la coda poli(A), lunga qualche centinaio di nucleotidi.
Queste due modificazioni:
 incrementano la stabilità della molecola;
 ne facilitano l'esportazione verso il citoplasma;
 segnalano che l’mRNA contiene un’informazione completa.
Gli RNA nucleari continuavano ad accorciarsi nel nucleo. Come mai? Nel 1977 fu scoperta
l'organizzazione dei geni eucariotici, che differisce da quella dei geni batterici. Nei batteri le proteine
sono codificate da una sequenza continua di DNA trascritta in una RNA. Nella maggior parte dei geni
eucariotici la sequenza codificante è interrotta da lunghe sequenze interposte, non codificanti, dette
introni. I pezzi sparsi della sequenza codificante, cioè le sequenze espresse, dette esoni sono
generalmente più corte degli introni.
Il gene, fatto di esoni e introni, viene trascritto in RNA. Dopo la posizione del cappuccio, mentre la
RNA polimerasi sta ancora trascrivendo, comincia il processo di splicing, processo che comporta la
rimozione di tutti gli introni e la cucitura degli esoni. Alla fine il trascritto viene provvisto della coda di
poli(A) e fuoriesce dal nucleo grazie al sistema dei pori nucleari. Quello che si ottiene da questo
processo è una molecola di RNA messaggero matura e funzionale.
Ma come fa la cellula a riconoscere le parti della trascritto primario da eliminare? Ogni introne
contiene sequenze di nucleotidi brevi che fungono da segnale di rimozione: questi si trovano in
prossimità dell’uno e dell'altro capo dell'introne e sono identiche in tutti gli introni.
Durante lo splicing, il filamento di RNA forma una struttura ad ansa. Nella prima tappa un residuo di
adenina particolare, situato nella sequenza intronica, attacca il sito di splicing 5’ e taglia lo scheletro
zucchero-fosfato dell’RNA in quel punto. Il punto di taglio al 5’ dell’introne viene unito all’adenina,
formando una struttura ad ansa. L’estremità libera 3’ -OH alla fine della sequenza esonica reagisce con
l'estremità iniziale della sequenza esonica successiva, unendo i due esoni e liberando la struttura a
cappio che contiene gli introni, destinata alla demolizione. Lo splicing vede l'intervento dominante di
molecole di RNA, anziché di proteine. Sono proprio queste molecole che individuano il confine tra
introni ed esoni = piccoli RNA nucleari = snRNA, legano alcune proteine per trasformare le particelle
ribonucleoproteiche nucleari piccole = snRNP.  Formano il corpo centrale dello spliceosoma, un grosso
aggregato di molecole proteiche e ribonucleiche, che nella cellula provvede a tagliare gli introni e
ricucire gli esoni.
Un gruppo di snRNP si associa al confine tra introni ed esoni, taglia via l’introne e ricongiunge la catena
di RNA liberando l’introne escisso sotto forma di una molecola con struttura a cappio. I compiti degli
snRNA nello spliceosoma sono:
 riconoscere e legare per appaiamento le sequenze di nucleotidi che segnano l'inizio e la fine di
ogni introne;
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 portare le due estremità introniche a contatto.


Tuttavia per questo processo sono necessarie altre proteine. I vantaggi dello splicing sono:
1. la presenza di tanti introni nel DNA rende più probabile la ricombinazione tra esoni di geni
diversi. I geni per nuove proteine potrebbero formarsi piuttosto rapidamente, combinando parti
di geni già esistenti. Proteine = mosaico di tessere ricorrenti, i domini proteici.
2. I trascritti primari di molti geni eucariotici possono venire elaborati in vari modi e dar luogo a
RNA messaggeri differenti. Si ottengono così proteine diverse dallo stesso gene.
Conclusione: lo splicing dell'RNA mette gli eucarioti in condizione di espandere il potenziale codificativo
del loro genoma.
Di tutto l’mRNA che viene sintetizzato, solo una piccola parte, quello maturo, è usato dalla cellula. I
pezzi che restano, introni e pezzi riusciti male, sono inutili e pericolosi. Ma come si riconosce l’mRNA
maturo e utile alla cellula? Il trasporto di mRNA deve essere selettivo ed è strettamente connesso ai
processi di maturazione sorretti dalla molecola. Questa connessione si ottiene attraverso il complesso
del poro nucleare, che riconosce e trasporta solo mRNA completi. Questi devono avere un
lasciapassare, creato da un apposito gruppo di proteine, che indicano una maturazione perfetta
dell’mRNA. Queste proteine svolgono diversi compiti:
 marcano i punti di splicing;
 legano la poliadenina;
 si aggregano sul cappuccio.
Ci sono delle connessioni tra la quantità di proteina prodotta e il tempo di permanenza dell’mRNA
maturo nella cellula. Questo tempo ha una durata variabile ed è legato al tipo di cellula che ha prodotto
l’mRNA e alla sequenza di nucleotidi. Queste differenze di vita sono dovute ad una sequenza presente
sull’mRNA, situata tra l'estremità 3’ della sequenza codificante e la coda di poli(A) = regione 3’ non
tradotta. Le proteine utili in gran quantità vengono tradotte da messaggeri a vita lunga, quelle presenti
in misura limitata da messaggeri a vita breve.
La trascrizione è un processo universale. Lo splicing dell'RNA distingue nettamente le cellule
eucariotiche da quelle batteriche. Com'è possibile? Il processo di riorganizzazione dell'RNA conferisce
agli eucariotica qualche vantaggio in termini di evoluzione: più proteine e meglio controllate. Questi
vantaggi portano costi enormi:
-genoma più grande; -eliminazione di gran parte dell’RNA sintetizzato.
Liberandosi degli introni, i batteri avrebbero guadagnato in rapidità ed efficienza riproduttiva.
tRNA = il nei vasi trasporto o uno sull'utile a un basso peso molecolare ed è caratterizzato dalla
presenza di basi metilate, metilguanina, metilcitosina, timina, ed altre basi insolite, pseudouridina ψ e
acido inosinico I. È presente nella matrice ialoplasmatica del citoplasma e rappresenta il 10-20% delle
rende a totale. ( VEDI CAP. 6)
La traduzione dell’mRNA in proteina dipende da molecole adattatrici che riconoscono e legano il codone
e l’amminoacido a siti diversi. Questi adattatori sono noti come RNA transfert, o tRNA, lunghi circa 80
nucleotidi. Nel tRNA ripiegato i tratti a doppia elica sono 4 e la molecola risultante prende la forma di
un trifoglio. Il trifoglio si ripiega ulteriormente in una struttura compatta a L, stabilizzata da legami
idrogeno. Due sono le regioni per la funzione del tRNA occupate da nucleotidi non appaiati, situati ai
poli opposti, nella conformazione ad L:
 anticodone = serie di tre nucleotidi consecutivi, capaci di appaiarsi al codone complementare in
una molecola di mRNA;
 3’ terminale della molecola = sito dove il tRNA lega l’amminoacido che corrisponde al codone.
Questa estremità finisce con la tripletta CCA, che lega l'amminoacido corrispondente, la
metionina.

Come avviene il legame tra amminoacido e tRNA? Il riconoscimento e l'attacco dell’amminoacido


dipendono da enzimi chiamati amminoacil-tRNA sintetasi, capaci di unire con un legame covalente un
amminoacido al tRNA che gli corrisponde. Esiste una sintetasi diversa per ogni amminoacido, cioè
esistono 20 amminosintetasi. Le sintetasi e i tRNA hanno pari importanza nel processo di decodifica.
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L'unione amminoacido-estremità 3’ del tRNA fa parte del gruppo di reazioni accoppiate all'idrolisi di
ATP, liberazione di E. Viene prodotto un legame ad alta E tra il tRNA e il suo amminoacido, che verrà
consumata nella sintesi delle proteine, per stabilire una legame covalente tra l'amminoacido e la catena
polipeptidica in crescita. L'accoppiamento codone-anticodone dipende dallo stesso tipo di
accoppiamento per basi complementari che regola replicazione e trascrizione del DNA.
La proteina viene costruita nel ribosoma, una grande complesso costituito da oltre 80 molecole
proteiche diverse, le proteine ribosomiche, e da svariati RNA detti RNA ribosomici, o rRNA. Negli
eucarioti le subunità dei ribosomi sono assemblate nel nucleo. Il ribosoma è costituito da due subunità:
1. subunità maggiore = 49 proteine + 3 molecole di RNA. Ha massa molecolare maggiore;
2. subunità minore = 33 proteine + una molecola di RNA. Ha massa molecolare minore.
I ribosomi degli eucarioti e dei batteri sono simili. Entrambi sono formati da una subunità più grande ed
una più piccola, che si combinano formando una ribosoma completo di massa cospicua. La subunità
minore accoppia i tRNA ai codoni dell’mRNA, mentre la subunità maggiore catalizza la formazione dei
legami peptidici che uniscono gli amminoacidi nella catena polipeptidica. Le due subunità si associano su
una molecola di mRNA e cominciano a sintetizzare una proteina. Il ribosoma scorre lungo l’mRNA
traducendo la sequenza di nucleotidi codone per codone, usando i tRNA come adattatori per aggiungere
un amminoacido. Le due subunità si separano, quando la sintesi è terminata. Ogni ribosoma contiene tre
siti di legame per le molecole di tRNA:
 sito A = amminoacil-tRNA;
 sito P = peptidil-tRNA;
 sito E = uscita.
Una volta iniziata la sintesi ogni amminoacido viene aggiunto alla catena con una serie ciclica di reazioni.
La catena scorre da 5’ a 3’. Questo ciclo è diviso in tre stadi:
1. nel sito P troviamo un pezzo di catena polipeptidica. Un tRNA, con l'amminoacido successivo
della catena, si associa alle sito A, abbinando anticodone e codone;
2. il carbossiterminale della catena polipeptidica si stacca dal tRNA delle sito P e si unisce con un
legame peptidico al gruppo amminico nel sito A. Questa reazione ha come catalizzatore l’enzima
peptidil transferasi, proprio del ribosoma. Questo enzima fa slittare la subunità maggiore
rispetto a quella minore, spostando i due tRNA nei siti E e P;
3. la subunità minore scorre di tre nucleotidi lungo la molecola di mRNA, riportandola nella
posizione iniziale. Il tRNA rimasto nel sito E si dissocia.
Il ribosoma è costituito per due terzi da RNA e per un terzo da proteine. Gli rRNA hanno una
conformazione tridimensionale precisa e compatta, e costituiscono il corpo centrale del ribosoma. Le
proteine sono disposte sulla superficie. La loro funzione è quella di stabilizzare il nucleo della ribosoma,
favorendo le variazioni di forma dell'rRNA. I tre siti di legame per i tRNA sono formati principalmente
da RNA ribosomico. Le molecole di tRNA che possiedono attività catalitica prendono il nome di ribozimi.
Il sito di inizio della sintesi delle proteine sull'mRNA è cruciale. Basta un solo nucleotidi in più o in meno
per portare alla produzione di una proteina inattiva. La tappa iniziale segna anche l'ultima occasione per
la cellula di decidere se l'mRNA va tradotto. Infatti dalla frequenza di inizio dipende la velocità di
sintesi della proteina. La traduzione di un mRNA comincia con il codone AUG e richiede un tRNA
particolare = tRNA iniziatore, che porta come amminoacido la metionina. Così tutte le proteine di
nuova sintesi hanno in posizione amminoterminale la metionina.
Negli eucarioti il tRNA iniziatore si associa alla subunità minore con altre proteine dette fattori di
inizio della traduzione. Solo l'iniziatore è in grado di legarsi al sito P. Questa subunità si lega
all'estremità 5’ di una molecola di mRNA, scorrendo lungo il filamento, fino a quando non incontra il
codone AUG. I fattori d’inizio si dissociano e alla subunità minore si lega quella maggiore. Nel sito A
giunge il primo tRNA con l’amminoacido amminoacil-tRNA, con conseguente formazione del primo
legame peptidico. La sintesi ha inizio.
Nei batteri il meccanismo d’inizio è diverso. Gli mRNA batterici non hanno cappuccio al 5’ per segnalare
al ribosoma dove trovare il punto d'inizio della traduzione. Essi contengono invece sequenze specifiche
per legare il ribosoma, lunghe fino a 6 nucleotidi, poste poco prima del codone AUG. Diversamente da
9

quello eucariotico, il ribosoma dei batteri ha la capacità di legarsi a codoni d'inizio posto all'interno di
un RNA messaggero purché sia preceduto da un sito di legame opportuno. In batteri hanno bisogno di
queste sequenze che legano i ribosomi perché gli mRNA sono spesso policistronici, cioè codificano
proteine diverse tutte tradotte dalla stessa molecole di mRNA. I codoni di terminazione, o codoni di
arresto o di stop, segnalano la fine del messaggio e solitamente sono tre:
- UAA; -UGA; -UAG.
Questi codoni segnalano al ribosoma di interrompere la traduzione. Proteine note come i fattori di
distacco si associano al codone di stop, modificando l'attività della ribosoma e facendogli aggiungere
una molecola d'acqua, al posto di un amminoacido. Questa reazione libera il carbossiterminale della
catena dal legame con una molecola di tRNA, inducendo il distacco. Il ribosoma lascia andare l'mRNA e
si dissocia nelle due subunità. Alcune catene polipeptidiche assumono spontaneamente la loro
conformazione tridimensionale; mentre altre richiedono l’aiuto di secondatrici molecolari per ripiegarsi
correttamente.
La sintesi di una proteina richiede da 20 secondi apparecchi minuti, ma anche in questo arco di tempo
così breve su una molecola di mRNA si verificano parecchi eventi di inizio. Spesso le molecole di mRNA
in via di traduzione assumono l'aspetto di poliribosomi, o polisomi, grossi aggregati costituiti da
ribosomi disposti su una sola molecola di mRNA distanti un minimo di 80 nucleotidi. Questo processo
permette di avere più proteine in un periodo molto breve.
Proteine, lipidi, acidi nucleici e carboidrati compongono gli organi cellulari, strutture metabolicamente
attive, delimitate da membrane e comuni a tutte le cellule.
Le cellule eucariotiche sembrano essere derivate per simbiosi, cioè fusione di due organismi per
reciproco vantaggio, di due cellule ancestrali.

• I carboidrati, o glucidi, o idrati di carbonio appartengono a quattro classi:


1. monosaccaridi o zuccheri semplici, che possono essere a 5 atomi di carbonio, pentosi, o a 6
atomi di carbonio, esosi;
2. oligosaccaridi;
3. polisaccaridi;
4. glicosamminoglicani, GAG.
♣ Le unità fondamentali dei carboidrati sono i monosaccaridi. I più importanti sono:
 6 atomi di C → Glucosio → Galattosio
 5 atomi di C → Fruttosio → Ribosio
→ Desossiribosio
♣ Gli oligosaccaridi sono carboidrati formati dall'associazione mediante un legame covalente di due o
più molecole di monosaccaridi, con la relativa perdita di acqua. Gli oligosaccaridi più importanti sono i
disaccaridi:
Glucosio + Glucosio → Maltosio
Glucosio + Fruttosio → Saccarosio
Glucosio + Galattosio → Lattosio
♣ I polisaccaridi sono formati dalla condensazione di molte molecole di monosaccaridi con la relativa
perdita di molecole di acqua. Sono polimeri di monosaccaridi. In seguito a idrolisi i polisaccaridi si
dissociano in zuccheri semplici.
Omopolimeri = polisaccaridi derivati da molecole uguali.
Eteropolimeri = polisaccaridi formati da due o tre specie molecolari.
I polisaccaridi più importanti sono il glicogeno, l'amido e la cellulosa.
Il glicogeno è un polimero ramificato di α-D-glucosio. È presente in molti tessuti ed organi, ma
abbondano le cellule e pratiche e nelle fibre muscolari studiate. Rappresenta un'importante riserva E.
L'amido è formato dall'unione di due polimeri, amilosio e amilopectina, costituiti dall'associazione con
legame diverso di monomeri di maltosio.
10

La cellulosa è un omopolimero non ramificato di β-D-glucosio. Le molecole di cellulosa sono molto lunghe
e raggruppate in complessi microfibrillari rigidi, disposti in falsi paralleli. Questa struttura conferisce
rigidità alla parete cellulare delle cellule vegetali.
♣ I glicosamminoglicani sono polimeri di derivati di zuccheri semplici tra i quali più importanti sono
l'acido D-glucuronico, gli aminozuccheri, glucosamina e galattosamina, e gli esteri solforici. Il GAG è
costituito dalla ripetizione di un’unità disaccaridica formata da un’esosamina e da un acido uronico.
Alcuni glicosamminoglicani contengono acido solforico e per questo sono fortemente basofile. Tra i
glicosamminoglicani acidi, localizzati nell’ambiente extracellulare, troviamo l’eparina, un fattore
anticoagulante; i condroitinsolfati, presenti nella cartilagine; e l’acido ialuronico, nel connettivo
propriamente detto. Quest’ ultimo è anche presente negli umori acqueo e vitreo dell’occhio e nei fluidi
sinoviali.
Gli oligosaccaridi e i glicosamminoglicani formano le glicoproteine. Esistono due classi di glicoproteine,
quelle che contengono oligosaccaridi legati con legame O-glicosidico agli amminoacidi serina e treonina,
e quelle che contengono ho oligosaccaridi legati con legame N-glicosidico all'amminoacido aspargina.
Nella prima classe lo zucchero che si lega agli amminoacidi è l’N-acetilgalattosamina. Nell'altra classe lo
zucchero è l’N-acetilglucosamina. Le catene di oligosaccaridi solo di due tipi:
 tipo semplice = contiene N-acetilglucosamina e mannosio;
 tipo complesso = contiene N-acetilglucosamina, mannosio, acido sialico, galattosio o fucosio.
I polisaccaridi e i glicosamminoglicani formano i proteoglicani. Questi sono costituiti da un asse
proteico al quale si lega non i glicosamminoglicani. Di solito o un solo tipo di glicosamminoglicano si lega
alla stessa proteina, ma può accadere che anche più tipi siano presenti, come succede nella cartina
agile, che contiene condroitin solfato e cheratan solfato. Il legame glicosamminoglicani-asse proteico è
di due tipi, sia N-glicosidico, che O-glicosidico.
I proteoglicani differiscono dalle glicoproteine per la diversa natura dei glicosamminoglicani. Entrambe
queste classi sono presenti nella sostanza amorfa di tutti i tessuti connettivi, nelle membrane basali,
nei prodotti di secrezione delle ghiandole salivari mucipare e mucose, negli ovomucoidi, nelle stanze
presenti nella zona pellucida degli ovociti e nella chitina.

• I lipidi sono caratterizzati dall’insolubilità in acqua e dalla solubilità in solventi organici apolari,
quali il benzolo, l’etere di petrolio, il cloroformio. In tutte le molecole lipidiche prevalgono i gruppi
idrofobici su quelli idrofilici. I lipidi sono formati dall’esterificazione del glicerolo con gli acidi grassi e
possono essere divisi in:
 lipidi semplici, o grassi neutri, o trigliceridi = triesteri di acidi grassi e glicerolo;
 lipidi composti.
I primi sono totalmente idrofobici e tendono a formare accumuli all'interno delle cellule o ad associarsi
a proteine di trasporto. I secondi sono anfipatici, in quanto dispongono di una componente idrofilica è di
una componente idrofobica. Tra i lipidi composti troviamo:
1. fosfolipidi o fosfatidi = lipidi semplici + gr. fosforici;
2. glicolipidi = lipidi semplici + zuccheri;
3. cerebrosidi = lipidi semplici + carboidrati;
4. sfingolipidi = lipidi semplici + sfingosina.
Esistono altre molecole con caratteristiche simili ai lipidi: gli steroidi, caratterizzati dal nucleo
ciclopentanoperidrofenantrenico, e quali contengono gli ormoni sessuali, gli ormoni corticosurrenali, la
vitamina D, gli acidi biliari, gli steroli, i carotenoidi, pigmenti liposolubili diffusi nel regno vegetale, la
vitamina A e il retinene, derivati del carotene.
I lipidi semplici sono una fonte di energia e svolgono una funzione di protezione. Lipidi composti, con gli
steroli, sono denominati lipoidi e sono componenti strutturali delle membrane cellulari. Svolgono la
funzione di recettori di particelle virali e trasportano milioni a attraverso le membrane. In più
importanti sono le lectine, le cefaline, le sfingomieline, i cerebrosidi e i gangliosidi. Gli ultimi tre sono
presenti nel tessuto nervoso come costituenti della mielina.
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I lipidi possono essere divisi in:


 visibili;
 invisibili o mascherati.
I primi possono essere facilmente visibile attraverso metodi istochimici. I secondi possono essere
mostrati solo dopo aver estratto dalla cellula i composti chimici, di solito proteine, che ne mascherano
le reazioni.

Abbiamo tre classi di lipidi:


1. La molecola più comune nei lipidi è il gliceride formato da due
parti:
 una testa, costituita da un alcool particolare, il
glicerolo;
 tre code, costituite da tre acidi grassi. Ciascun acido
grasso è una lunga catena di atm di C, ai quali sono
legati solo atm di H.
Quando al gr –OH del glicerolo si attacca un gr. carbossilico –COOH, il risultato è un gliceride.
Una molecola di glicerolo + tre acidi grassi = trigliceride.
Un acido grasso può essere:
 SATURO = privo di doppi legami; cioè ogni atm di C è legato al massimo numero di atm di
H;
 MONOINSATURO = con un doppio legame;
 POLIINSATURO = con più doppi legami.
2. Gli steroidi hanno una struttura costituita da quattro anelli di atm di C uniti insieme;
3. I fosfolipidi hanno una struttura simile ai trigliceridi:
 alla molecola del glicerolo sono legati due
acidi grassi, composti da lunghe catene di
CH2-CH3, idrofobiche, non solubili;
 mentre al terzo gr –OH del glicerolo è
legato un gr fosfato, composto da un atm
di P legato a 4 atm di O. Al gr fosfato è poi
legata una molecola di azoto polare.
In definitiva i fosfolipidi sono composti da due code non polari, idrofobiche e da una testa polare
idrofilica. Per questa loro doppia forma sono definite molecole anfipatiche.

CAP 2: LA SUPERFICIE CELLULARE: MEMBRANA PLASMATICA E


RIVESTIMENTI ESTERNI
ORGANIZZAZIONE DELLA MEMBRANA PLASMATICA
La membrana plasmatica separa due compartimenti interagenti tra loro.
- La membrana plasmatica. o membrana cellulare, o plasmalemma, è un sottile involucro che avvolge la
cellula e delimita lo spazio intracellulare da quello extracellulare. La membrana non isola i due
compartimenti, ma li mette in comunicazione, grazie a scambi bidirezionali e interazioni con l'ambiente
extracellulare.
Molte proprietà della membrana dipendono dalla sua componente lipidica.
- La membrana è costituita da sostanze non mescolabili in acqua o idrofobe, che formano una struttura
fluida, dotata di un certo grado di deformabilità, che le permette di adattarsi a cambiamenti di forma
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dovuti al movimento. I lipidi sono sostanze in grado di dare origine a strati molecolari dotati di queste
caratteristiche. Non sono solubili in acqua, in quanto contengono gruppi non polari, idrofobi. Nella
membrana plasmatica prevalgono i lipidi che contengono un gruppo fosfato, i fosfolipidi. La fluidità della
membrana è data da:
1. lipidi a catena corta, con doppi legami. Hanno punti di fusione bassi, per cui restano allo stato
fluido anche a bassa temperatura;
2. colesterolo = serve per riempire i buchi lasciati dalle catene dei fosfolipidi, a causa dei doppi
legami.
I lipidi di membrana hanno proprietà anfipatiche e formano nell'ambiente acquoso uno strato
bimolecolare = BILAYER LIPIDICO
- I lipidi di membrana sono definiti molecole anfipatiche in quanto posseggo una doppia natura:
1. Un gruppo idrofobico, costituito da residui di acidi grassi;
2. un gruppo polare, idrofilico. Nel colesterolo il gruppo idrofilico è un gruppo ossidrilico, mentre nei
fosfolipidi può essere un gruppo fosfato, carico negativamente, o un gruppo amminico, carico
positivamente.
In ambiente acquoso le teste polari si orientano verso la superficie acquosa, mentre le code apolari
rimangono in contatto tra loro, escludendo l'acqua. Si viene così a formare uno strato bimolecolare, con
le seguenti caratteristiche:
 i gruppi apolari, rivolti verso l'interno della membrana, formano una barriera impermeabile alle
sostanze idrofile;
 spessore di circa 4. 5 nm;
 composizione di acidi grassi caratteristica per ogni classe di fosfolipidi di membrana.
I fosfogliceridi o glicerofosfolipidi sono i fosfolipidi più abbondanti nella membrana.
- Sono costituiti da una molecola di glicerolo, un alcol trivalente, con un atomo di carbonio esterificato
dall'acido fosforico, la testa, e gli altri due carboni esterificati da due lunghe molecole di acidi grassi,
la coda. La molecola di glicerolo triesterificata è denominata acido fosfatidico.
Solitamente l'acido fosforico dell'acido fosfati dico è esterificato da un alcol:
1. colina = fosfatidilcolina; ⌠sono i fosfogliceridi
2. etanolammina = fosfatidiletanolammina; ⌡più abbondanti
3. inositolo = fosfatidilinositolo. → Partecipa ai fenomeni di trasmissione dei segnali

- Gli sfingolipidi invece del glicerolo hanno un amminoalcol, la sfingosina, che si unisce tramite il gruppo
amminico ad un acido grasso, formando la ceramide. Il più abbondante sfingolipide di membrana è la
sfingomielina, una ceramide che presenta sul gruppo OH della sfingosina diverse sostituzioni. Un'altra
classe di molecole analoghe sono i glicosfingolipidi, nei quali la sfingosina della ceramide si lega ad uno
zucchero. A seconda del tipo di zucchero troviamo diverse classi di glicosfingolipidi, tra le quali i
cerebrosidi e i gangliosidi.

La membrana plasmatica ha una composizione asimmetrica, con glicolipidi e fosfatidilcolina sulla


superficie era esterna, e fosfatidiletanolammina su quella interna.
glicerolo triesterificata nel quale l’alcool è una etanolammina
- Il ruolo dei lipidi è molto vario:
1. strutturale;
2. influenzano la composizione e l'attività delle proteine di membrana. Cambiamenti nelle
insaturazioni degli acidi grassi modulano l'attività di alcuni enzimi;
3. variazioni delle componenti lipidiche e del grado di insaturazione influenzano il trasporto di
membrana e le interazioni tra i recettori di membrana;
4. partecipano ad eventi metabolici. producendo secondi messaggeri.
I principali fosfolipidi che partecipano alle vie di segnale sono:
 PIP2 = fosfatidilinositolo-4,5-bisfosfato. Idrolizzato dalle fosfolipasi C a dare:
1. IP3, inositolotrifosfato. Il suo accumulo determina un aumento degli ioni
13

calcio, che producono risposte cellulari;


2. DAG, diacilglicerolo. Stimola una protein chinasi C che fosfori la alcuni
substrati, inducendo risposte cellulari;
 produzione di acido arachidonico, da precursori fosfolipidici e da diacilglicerolo. Quest'acido
è il precursori più importante per la sintesi delle prostaglandine;
 fosfatidilcolina, idrolizzata dalle fosfolipasi D, con produzione di colina e PA, acido
fosfatidico;
 sfingomieline, idrolizzate da sfingomielasi, con produzione di ceramide.

Le proteine sono insieme ai lipidi componenti principali della membrana plasmatica e costituiscono il
50% della massa delle membrane. Presentano un orientamento definito nel doppio strato e la loro
distribuzione determina un'asimmetria, cioè una diversificazione tra le due facce della membrana:
 FACCIA ESTERNA = contiene glicoproteine responsabili dei fenomeni di interazione e
riconoscimento di molecole. Svolgono la funzione di recettori e di trasporto di nutrienti;
 FACCIA INTERNA = troviamo di proteine necessarie per lo svolgimento di fenomeni specifici,
quali l'adesione, la tensione intracellulare o la trasmissione di segnali.

- In funzione al tipo di amminoacido che le compone, le proteine si dividono in due gruppi:


1. proteine estrinseche, o periferiche = sono situate esternamente al doppio strato, all'interno o
all'esterno, e si legano con legami deboli ai gruppi polari sulla superficie della membrana.
Possono essere facilmente solubilizzate senza alterazioni della membrana. Alcune proteine
possono legarsi alla membrana mediante un'ancora lipidica, formando un legame covalente con i
lipidi di membrana. Sulla faccia esterna l'ancora lipidica è un fosfatidilinositolo glicosilato, su
quella esterna un acido grasso;
2. Proteine intrinseche = interagiscono fortemente col doppio strato grazie all' elevato numero di
aminoacidi apolari. Fanno parte delle strutture della membrana. La porzione intermembrana che
interagisce col doppio strato lipidico è costituita da blocchi di aminoacidi idrofobici, disposti a
costituire una struttura ad a-elica che attraversa la membrana, una o più volte. Proteine che
attraversano la membrana più volte, disponendo di aminoacidi apolari sul versante esterno
dell'elica, in contatto con i lipidi del doppio strato, formano aree idrofili che all'interno della
membrana, i pori idrofilici, all'interno dei quali possono passare piccole molecole.
Alcune proteine intrinseche hanno una porzione idrofilica che sporge fuori della membrana. Per questo
sono dette proteine transmembrana. Solitamente la porzione esterna è una glicoproteina.

Le proteine e i lipidi formano nella membrana una struttura a mosaico fluido.


- Le proteine e le glicoproteine della superficie cellulare sono globulari e localizzate in zone
circoscritte della membrana. Sulla membrana quindi si alternano settori di doppio strato lipidico a
porzione di proteine. La membrana lipidica forma una matrice fluida e viscosa nella quale sono immerse
le proteine. La fluidità consente alle proteine di subire spostamenti di traslazione sul piano della
membrana.
I fosfolipidi sono capaci di movimenti nell'ambito del piano
della membrana:
 diffusione laterale;
 flessione;
 rotazione;
 capovolgimento, flip-flop, che però avviene di rado.
È per questo motivo che il doppio strato lipidico è definibile
come un fluido bidimensionale in cui le molecole sono libere di
muoversi in tutte le direzioni. Le catene idrocarburiche sono flessibili, e le molecole lipidiche ruotano
rapidissime intorno alloro asse maggiore.
La fluidità è importante per la funzionalità della cellula e dipende dalla sua composizione fosfolipidica e
14

dalla natura delle code idrocarburiche. Quanto più le code sono fitte e stipate con regolarità, tanto più
viscoso e meno fluido risulta il doppio strato. Due proprietà condizionano la disposizione delle code:
 lunghezza: code piuttosto corte fanno aumentare la fluidità del doppio strato. Le code
idrocarburiche variano tra i 14 e 24 atomi di carbonio, ma più comunemente si aggirano sui 18-
20;
 insaturazione, cioè il numero di doppi legami che contengono. Nelle due catene fosfolipidiche
una contiene doppi legami, mentre l'altra è composta solo da singoli legami. La catena con doppi
legami non contiene il numero massimo di idrogeni legati al carbonio, per cui si dice che è
insatura rispetto all'idrogeno. La seconda catena che generalmente ha tutti i legami si dice
satura. Ogni doppio legame produce un gomito nell'ossatura carboniosa delle code, rendendo più
difficile disporsi a stretto contatto. I doppi strati che contengono una quantità abbondante di
code idrocarburiche insature, risultano più fluidi → i buchi creati dalle code sono occupati dal
colesterolo, al cui abbondanza riduce la fluidità, irrigidendo la membrana.

Nelle cellule animali la fluidità viene modulata dalla presenza del colesterolo, uno sterolo le cui molecole
corte e rigide abbondano nella membrana plasmatica, posizionandosi negli spazi lasciati dalle code
idrocarburiche insature. La fluidità:
1. consente alle proteine di diffondere nel doppio strato;
2. consente ai lipidi e alle proteine di diffondere dai siti in cui vengono prodotti alle regioni della
cellula in cui sono destinati;
3. permette la fusione di membrane.

Le proteine recettoriali sono localizzate sulla superficie esterna della membrana.


- Alcune glicoproteine presenti sulla superficie della membrana sono definite recettori. Sono cioè in
grado di riconoscere molecole informative presenti nello spazio extracellulare, legandosi ad esse,
ligandi. I ligandi sono di natura glicoproteica e possono essere ormoni, fattori regolativi della crescita,
ecc... Queste molecole sono anche definite i primi messaggeri, in quanto sono le prime molecole ad
essere attivate dopo che si è verificato il legame ligando-recettore. Il meccanismo con cui il recettore
trasmette il segnale è il seguente: si forma il complesso recettore-ligando, il segnale è trasmesso al
citoplasma, con conseguente fosforilazione delle proteine citoplasmatiche.
Alcuni recettori sono protein chinasi, altri sono i grado di attivare protein chinasi, come le PKC. La loro
attivazione dipende dalla produzione, da parte dei recettori, di secondi messaggeri.

I carboidrati sono presenti sulla superficie esterna della membrana, in combinazione con
proteine e lipidi
- I carboidrati della membrana sono oligosaccaridi e sono associati a:
 proteine = formano:
1. glicoproteine = 4% dei carboidrati;
2. proteoglicani = contengono un'elevata concentrazione di derivati amminici e gli zuccheri;
 lipidi = formano i glicolipidi.
Ad una catena polipeptidica sono attaccati in punti diversi più catene oligosaccaridiche. La componente
carboidratica è raccolta ad una estremità della catena polipeptidica e si dirama all' esterno della
membrana. Gli oligosaccaridi sono legati mediante legami glicosidici all'idrossile di serina e treonina, o al
gruppo amminico dell'aspargina. Nelle catene oligosaccaridiche è presente l'acido sialico. A causa del
suo gruppo carbossilico, l'acido possiede un potenziale elettrico che conferisce una carica negativa alla
superficie cellulare. È digerito dalla neuroaminidasi, che riduce fortemente la carica elettrica della
superficie cellulare.

Le proteine di membrana si associano in vari modi al doppio strato lipidico:


1. proteine transmembrana = si estendono attraverso il doppio strato e parte della loro massa
sporge da entrambi i lati. Presentano regioni idrofiliche e regioni idrofobiche. Quelle
idrofobiche restano immerse nel doppio strato a contatto con le code idrofobiche delle
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molecole lipidiche, mentre le parti idrofiliche rimangono esposte all'ambiente acquoso su


entrambi i lati della membrana. Possono estendersi attraverso il doppio strato come singola a-
elica, come a-eliche multiple, o come piano-β avvolto su se stesso, manicotto β;
2. proteine associate alla membrana = sono ancorate alla faccia citosolica del doppio strato da un
a-elica antipatica;
3. proteine legate a lipidi = sono fissate ad un lato o all'altro del doppio strato per mezzo di un
legame covalente ad una molecola lipidica;
4. proteine legate a proteine = molte restano attaccate alla membrana in virtù di interazioni non
covalenti, relativamente deboli, con altre proteine di membrana.
Proteine integrali di membrana = proteine fissate direttamente che si possono staccare solo
frammentando il doppio strato con detergenti.
Proteine periferiche di membrana = si staccano con procedimenti di estrazione blandi che lasciano
intatto il doppio strato e agiscono solo sulle interazioni tra proteine.

- Il plasmalemma a uno spessore di 7.5-10nm e appare costituita da tre strati: due esterni e densi, di
uguale spessore, e uno intermedio più chiaro, più spesso. I due strati più scuri derivano dall'interazione
delle teste dei fosfolipidi, mentre lo strato più chiaro è dovuto alla interazione delle code idrofobiche.

IL TRASPORTO DI MEMBRANA
La membrana plasmatica regola scambi tra l'ambiente interno della cellula e quello esterno.
- La funzione principale della membrana è quella di regolare gli scambi tra l'ambiente interno e quello
esterno. Questo grazie alla sua permeabilità. Attraverso la membrana passano:
1. ioni = Na+, K+, Cl-, Ca++, Mg++;
2. piccole molecole provenienti dall'assorbimento intestinale, utilizzate per la sintesi di
aminoacidi, glucosio, acidi grassi...;
3. vitamine, ormoni, ossigeno e anidride carbonica.
La membrana esercita una selezione sulle sostanze da trasportare. Il trasporto avviene in due modi:
 trasporto attivo = con consumo di energia. Avviene contro gradiente;
 trasporto passivo = senza consumo di energia. Avviene secondo gradiente. È diviso in:
1. diffusione semplice;
2. diffusione facilitata.

Le modalità di trasporto variano in funzione delle dimensioni e della liposolubilità delle molecole
trasportate. Piccole molecole prive di carica elettrica diffondono attraverso il doppio strato lipidico,
mentre molecole dotate di carica diffondono attraverso la componente proteica.
La diffusione semplice è regolata dall' equilibrio di concentrazione.
- La diffusione semplice avviene secondo gradiente di concentrazione. Questo influenza la velocità di
diffusione, la quale è tanto più rapida, quanto maggiore è la differenza di concentrazione tra le due
soluzioni. La diffusione di ioni è influenzata anche dalle loro cariche elettriche. Affine al concetto di
diffusione c'è l'osmosi, che consiste in una migrazione delle molecole di un solvente, attraverso una
membrana, verso una zona dove si trova più concentrato un soluto. Una delle funzioni della membrana
plasmatica è quella di mantenere costante la pressione osmotica intracellulare. Soluzioni con la stessa
pressione si dicono isotoniche; con pressioni superiori, ipertoniche; con pressioni inferiori, ipotoniche.
Nelle cellule animali la pressione osmotica all'interno della cellula coincide con quella che si trova
all'esterno della cellula; mentre nelle cellule vegetali la pressione osmotica all'interno è » maggiore.
Questo determina il cosiddetto turgore cellulare.
Piccole molecole, come l'acqua o il glicerolo, attraversano spontaneamente la membrana plasmatica, per
diffusione semplice. Per gran parte di queste piccole molecole è un processo spontaneo, che avviene
senza consumo di energia. Questa modalità di trasporto si verifica anche per gli ioni che passano
attraverso la membrana, grazie alla presenza di canali idrofilici. Questi canali possono essere sempre
aperti oppure aperti solo in presenza di segnali opportuni. In questo caso sono detti canali con cancello.
16

Il trasporto attraverso la membrana di sostanze non liposolubili è molto lento, mentre quello delle
sostanze liposolubili ha una velocità influenzata dal grado di solubilità dei grassi e dalle dimensioni delle
molecole.

Con il trasporto attivo la cellula accumula/espelle soluti contro gradiente di concentrazione.


- I liquidi extracellulari hanno un'elevata concentrazione di Na+ e CI-, e basse concentrazioni di Mg++,
Ca++, K+, PO43-. I liquidi intracellulari possiedono elevate concentrazioni di K+, ma basse concentrazioni di
Na+. Il trasporto di questi ioni non è regolato dal principio dell'equilibrio delle concentrazioni, cioè non
avviene per diffusione semplice, ma richiede altri meccanismi. Infatti per mantenere tali differenze di
concentrazione la cellula deve trasportare gli ioni contro gradiente di concentrazione e contro
gradiente elettrochimico. La membrana è carica negativamente all'interno e positivamente all'esterno.
Un trasporto contro gradiente di concentrazione ed elettrochimico comporta un lavoro, cioè
dispersione di energia. Per, questo si parla di trasporto attivo. La cellula trasporta Na+ fuori e K+
dentro, grazie ad una pompa ionica, la pompa sodio-potassio. L’Na+ si lega alla home page, da dentro;
l’ATP si idrolizza e si crea un legame ad alta energia tra il P i e la pompa. Questa si apre verso l'esterno,
libera l’Na+ e lega K+. La pompa si defosforila e K+ viene liberato all'interno.
3 mol Na+ e 2 mol K+.
Lo stesso meccanismo permette di trasportare anche gli ioni Ca++, Cl- e I-.
La fonte più comune di energia e il trasporto attivo e l'ATP.

Oltre agli ioni anche piccole molecole entrano per trasporto attivo.
- Il trasporto attivo interviene anche nel passaggio di piccole molecole come zuccheri, aminoacidi, acidi
grassi, troppo grandi per poter attraversare il poro di membrana. Esistono delle molecole trasportatrici
specifiche per varie sostanze. Queste si combinano con la molecola, la trasporto attraverso la
membrana e poi la liberano sul versante opposto. Nei batteri esistono da 30-60 enzimi localizzati sulla
membrana cellulare, a formare i sistemi di permeasi. Negli eucarioti molti meccanismi di trasporto di
questo tipo sono sotto controllo ormonale. Ad esempio l'insulina accelera la velocità di penetrazione del
glucosio nella cellula.
La diffusione facilitata è mediata da molecole trasportatrici, trasporto passivo mediato.
- La diffusione facilitata è un processo di trasporto mediato da molecole trasportatrici, o vettrici, ma
non avviene contro gradiente di concentrazione. È una trasporto che avviene senza dispersione di
energia. Un gradiente di concentrazione, come quello generato dalla pompa sodio-potassio, può servire
al trasporto di altre molecole. Protende in lettori che fanno questo si definiscono proteine accoppiate.
Ci sono tre sistemi di trasporto:
1. simporto = due molecole vengono trasportate nella stessa direzione;
2. uniporto = una sola molecola viene trasportata in una sola direzione;
3. antiporto = due molecole vengono trasportate in due direzioni diverse.
Le molecole possono essere:
 due ioni inorganici;
 due molecole organiche;
 uno ione e una molecola.
Il principio base di questo trasporto è che se manca una componente il trasporto non avviene. Un
esempio di simporto è quello delle cellule intestinali che trasportano il glucosio.
La diffusione facilitata presenta una cinetica di saturazione: aumentando la concentrazione delle
sostanze, la concentrazione all'interno della cellula cresce linearmente per poi raggiungere un plateau,
quando tutte le molecole trasportatrici sono sature, cioè legate alle sostanze da trasportare. Un
esempio può essere il trasporto di glucosio nei globuli rossi o nelle cellule epatiche.
La diversa concentrazione di ioni all'interno e all'esterno della cellula determina il potenziale di
membrana.
- Nel citoplasma c'è una forte concentrazione di anioni organici, che possono diffondere liberamente
17

attraverso la membrana, a causa delle loro dimensioni. Questo provoca una diffusione non uguale di ioni
all'interno e all' esterno della cellula. Si genera, per questo motivo, una differenza di potenziale
elettrico tra il lato interno, carico n negativamente, e quello esterno, carico positivamente. Questa
differenza di potenziale prendere il nome di potenziale di membrana, o di riposo, e varia nei diversi
tessuti da -20 a -100mv, millivolt. Questa differenza di potenziale è di rilevante importanza fisiologica.

LA MATRICE PERICELLULARE O GLICOCALICE


Il glicocalice riveste il plasmalemma.
- Nelle cellule eucariotiche molti lipidi dello strato esterno della membrana plasmatica portano zuccheri
uniti da legami covalenti. Lo stesso vale per quasi tutte le proteine della membrana plasmatica. Per lo
più queste proteine portano legati degli oligosaccaridi, brevi catene di zuccheri, glicoproteine. Altre
portano una o più catene polisaccaridiche lunghe, proteoglicani. I carboidrati si trovano dallo stesso
lato della membrana, quello non citosolico, e contribuiscono a formare un involucro glucidico, il
glicocalice, o strato a carboidrati. In sintesi il glicocalice è il rivestimento esterno secreto dalla cellula
stessa e costituito da proteoglicani e glicoproteine.
LIPIDI + ZUCCHERI = GLICOLIPIDI
PROTEINE + ZUCCHERI = - catene brevi, cioè oligosaccaridi = GLICOPROTEINE;
- catene lunghe, cioè polisaccaridi = PROTEOGLICANI.
TUTTI I CARBOIDRATI DI GLICOLIPIDI, GLICOPROTEINE E PROTEOGLICANI,
SITUATI DALLA PARTE NON CITOSOLICA DELLA MEMBRANA, FORMANO IL
GLICOCALICE!
Il glicocalice serve per:
1. proteggere la superficie cellulare dal danneggiamento;
2. assorbendo l'acqua, lubrifica la superficie cellulare, permettendo alle cellule di insinuarsi negli
spazi della matrice extracellulare;
3. riconoscimento e adesione cellulare.
Le catene laterali delle glicoproteine e dei glicolipidi presentano una diversità: nei polipeptidi gli
amminoacidi si congiungono linearmente, con legami identici; mentre gli zuccheri possono aggregarsi in
varie sequenze e in vari modi. Il glicocalice funge da segnale di riconoscimento per le cellule
specializzate in una particolare funzione e le rende riconoscibile ad altre cellule con cui interagiscono.
Al termine di membrana si può sostituire quello di superficie cellulare, la quale risulta costituita da due
componimenti:
1. la membrana plasmatica vera e propria, detta membrana unitaria = di natura lipoproteica, lipo-
glicoproteica e glicolipidica;
2. il glicocalice = composto da proteoglicani e glicoproteine.
Possono essere definiti come rivestimenti esterni della membrana unitaria tutti quei composti chimici
che sono meno tenacemente attaccati alla superficie cellulare e possono essere rimossi senza
modificare le funzioni della membrana e senza danneggiare la cellula. Il glicocalice ha una struttura ed
una composizione chimica variabile.
Il glicocalice è presente sulla superficie di tutte le cellule.
- Il glicocalice dei microvilli è costituito da glicoproteine e glicosamminoglicani, ai quali sono associati
fosfatasi alcalina e molti enzimi, che intervengono nella demolizione dei carboidrati e delle proteine.
Anche antigeni specifici del tipo cellulare di alcuni recettori virali sono associati al glicocalice e alla
membrana. Alcune glicoproteine della superficie cellulare sono implicate nel riconoscimento cellulare,
nell'inibizione da contatto e nelle interazioni cellulari.
Le molecole del glicocalice partecipano alle interazioni tra cellula e all' ambiente.
- Glicoproteine e proteoglicani svolgono un ruolo fondamentale nelle interazioni con l'ambiente
extracellulare. Un esempio può essere l'adesione cellulare. La fibronectina è una glicoproteina
costituita da due subunità unite da ponti disolfuro e contenenti 5% dei carboidrati. È una proteina che
forma aggregati nello spazio extracellulare e ha un ruolo fondamentale nell'adesione cellulare, grazie
alla sua proprietà di legarsi a recettori specifici, detti integri ne. Un ruolo analogo è svolto
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dall'eparansolfato. Sulla membrana plasmatica esistono recettori, le integrine, che interagiscono con il
glicocalice, causando l'adesione della cellula all'ambiente esterno.

CAP 3: MATRICE CITOPLASMATICA, SISTEMA MEMBRANOSO, ENDO-


ESOCITOSI, RIBOSOMI E SINTESI PROTEICA
Il controllo delle funzioni della cellula risiede nel nucleo, mentre le sue attività metaboliche e
sintetiche sono localizzate nel citoplasma. Il citoplasma è un sistema costituito da una fase otticamente
omogenea, la matrice citoplasmatica o citosol, e diverse fasi, immerse in esso, gli organuli e le inclusioni.
Nella matrice citoplasmatica troviamo il reticolo endoplasmatico, l'apparato di Golgi, i ribosomi, i
lisosomi e una fitta rete di filamenti proteici che formano il citoscheletro. Il reticolo endoplasmatico,
insieme all'involucro nucleare, o carioteca, all'apparato di Golgi e ai lisosomi costituisce il sistema
membranoso o sistema vacuolare del citoplasma. Nel citoplasma si trovano anche sistemi di vescicole
delimitate da membrana, contenenti materiale che la cellula ha assunto per endocitosi, o che deve
rilasciare all'esterno per esocitosi. Nel citoplasma è attiva anche la sintesi proteica, a livello dei
ribosomi.

LA MATRICE CITOPLASMATICA
La matrice citoplasmatica rappresenta il mezzo nel quale si svolgono le funzioni biosintetiche della
cellula.
- La frazione solubile del citoplasma, o citosol, contiene i costituenti chimici della matrice
citoplasmatica. La matrice è ricca di acqua, ma contiene anche RNA, carboidrati, amminoacidi, fosfatidi,
nucleosidi, nucleotidi, componenti del metabolismo intermedio e sali in organici. Nella matrice sono
disperse molecole proteiche che formano le componenti del citoscheletro. Attraverso i pori del nucleo
la matrice citoplasmatica è in continuità con il nucleoplasma. Le proteine della matrice citoplasmatica,
per la maggior parte globulari, possono aggregarsi in strutture fibrillari dando luogo ad un reticolo 3D,
che modifica il grado di viscosità del citoplasma. Se la matrice è molto viscosa e possiede la consistenza
di un gel si parlerà di plasmagel; se diventa più liquida ed è paragonabile ad un sol, si parlerà di
plasmasol.

SISTEMA MEMBRANOSO O SISTEMA VACUOLARE DEL CITOPLASMA


- Il sistema endomembranoso è suddiviso in:
1. reticolo endoplasmatico;
2. apparato di Golgi;
3. lisosomi;
4. involucro nucleare.
Il sistema membranoso crea compartimenti, consentendo lo svolgimento coordinato di molte
attività funzionali cellulari.
- In aggiunta agli enzimi liberi nella matrice citoplasmatica, detti enzimi solubili, esistono numerosi
enzimi legati in forma insolubile alla membrana, detti enzimi insolubili. Questi sono associati in
complessi plurienzimatici secondo un'organizzazione spaziale ben definita, dalla quale dipende il
funzionamento delle attività cellulari. I substrati su cui agiscono tali enzimi sono localizzati nella
matrice citoplasmatica.
La grande estensione che assume il sistema di membrane intracellulare promuovere l'efficienza di
numerose reazioni, aumentando la superficie di interazione tra substrati ed enzimi.
Tutti gli organelli hanno un sistema di membrane di natura lipoproteica, simile a quello della membrana
plasmatica. Le membrane degli organelli appaiono risolvibili in tre strati: due esterni, più densi, ed uno
intermedio, meno denso e di spessore variabile. Esiste un sistema di comunicazione tra i vari organelli:
le vescicole di trasporto.
Reticolo endoplasmatico
Nel citoplasma si trova una rete tridimensionale di cavità chiuse delimitate da una membrana. Tale
sistema divide la matrice citoplasmatica in due fasi: una racchiusa dalle membrane, o fase interna,
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l'altra costituita dalla stessa matrice, fase esterna. Le cavità possono assumere forma di ampi sacchi
appiattiti o dilatati, le cisterne, oppure la forma di tubuli o vescicole. Tale sistema di membrane prende
il nome di reticolo endoplasmatico. Le cavità del reticolo comunicano tra loro e la sua dimensione varia
notevolmente. La superficie esterna delle membrane delle reticolo endoplasmatico può essere cosparsa
di ribosomi. Si possono distinguere due tipi di reticolo endoplasmatico, proprio grazie a questa
caratteristica:
1. reticolo endoplasmatico rugoso o granulare = RER, detto ergastoplasma è cosparso di ribosomi;
2. reticolo endoplasmatico liscio o agranulare = REL, è privo di ribosomi.
Tutte le cellule sono dotate di entrambi questi reticoli, ma sviluppati in maniera differente.
Le membrane delle reticolo endoplasmatico si continuano con le due membrane nucleari
formando l'involucro nucleare o carioteca.
- Si ha una comunicazione diretta delle cavità delle reticolo con la cisterna perinucleare. L’involucro
nucleare è una grande cisterna del RE che si distende ed avvolge il nucleo ed il nucleoplasma. L’involucro
nucleare si differenzia però dalle membrane delle reticolo endoplasmatico per la presenza di pori e
l'assenza di ribosomi.

RETICOLO ENDOPLASMATICO RUGOSO


Il RER appare costituito da cisterne sulla cui superficie sono adesi numerosi ribosomi.
- I ribosomi aderiscono alla membrana delle reticolo endoplasmatico in corrispondenza della subunità
maggiore 60S e la fessura che separa le due subunità, maggiore e minore, è parallela alla membrana
citoplasmatica.

RETICOLO ENDOPLASMATICO LISCIO


Il reticolo endoplasmatico liscio appare come un sistema di tubi e vescicole intercomunicanti
delimitati da membrane prive di ribosomi.
- Nelle cellule in cui il reticolo liscio prevale su quello rugoso, il citoplasma è spesso acidofilo. Nella
maggior parte delle cellule il reticolo liscio è scarso ed è limitato alle vescicole di transizione, quelle
vescicole di trasporto che trasferiscono materiali neosintetizzati dal reticolo endoplasmatico rugoso
alle cisterne del Golgi. Il reticolo endoplasmatico liscio prevale nelle cellule a secrezione endocrina
steroidea, cioè quelle cellule che secernono ormoni. Un tipo particolare di REL è il reticolo
sarcoplasmatico delle fibre muscolari striate.

MICROSOMI
I microsomi corrispondono a frammenti di reticolo endoplasmatico rugoso o liscio.
- I microsomi sono vescicole sferiche, contenenti materiale amorfo, rivestite di membrana, talune
provviste di ribosomi sulla loro superficie esterna. Hanno RNA, proteine, enzimi, fosfolipidi, inositolo e
gangliosidi. Tra gli enzimi troviamo fosfatasi, esterasi, enzimi del metabolismo del glicogeno, della
sintesi dei trigliceridi, degli acidi grassi ed enzimi che partecipano alla sintesi degli steroidi. Tra le
fosfatasi si osserva la glucosio-6-fosfatasi, marcatore specifico delle membrane delle reticolo
endoplasmatico liscio. La frazione microsomica contiene frammenti di membrane dell'apparato di Golgi
e di membrana plasmatica.

LE FUNZIONI DEL RETICOLO ENDOPLASMATICO RUGOSO


Il reticolo endoplasmatico rugoso partecipa con all'apparato di Golgi al processo della
secrezione cellulare.
- Le proteine destinate ad essere accumulate o utilizzate dalla cellula sono sintetizzate su ribosomi
liberi e si accumulano nella matrice ialoplasmatica, oppure sono trasferite alla loro destinazione finale
grazie a specifiche sequenze segnale. Le proteine da trasportate all'esterno della cellula vengono
sintetizzate su ribosomi associati alle membrane. Le proteine neosintetizzate penetrano nel RE dove
subiscono modificazioni, poi passano nell’apparato di Golgi e infine sono secrete dalla cellula. Anche le
20

proteine che non devono essere secrete possono essere sintetizzate su ribosomi associati alle
membrane.
Gli organelli sono polarizzati secondo l'asse longitudinale della cellula, con nucleo e RE situati nella
regione basale, apparato di Golgi nella regione centrale e vescicole nella regione apicale. Questa
disposizione viene messa in relazione al percorso dei prodotti di secrezione attraverso la cellula.
I ribosomi sono la sede di sintesi delle proteine; mentre RE, apparato di Golgi e vacuoli sono le tappe
successive dei prodotti di sintesi verso l'esterno.

Sul reticolo endoplasmatico rugoso avviene la sintesi delle proteine secretorie e lisosomiali.
- I ribosomi sono la sede della sintesi proteica e richiedono l'interazione delle tre classi di RNA, rRNA,
mRNA, tRNA. I ribosomi sulla faccia esterna delle cisterne del RER sono la sede della sintesi delle
proteine di secrezione, lisosomiali e di membrana, mentre i ribosomi liberi sono impegnati nella sintesi
di proteine solubili e destinate a restare dentro la cellula. La parte iniziale delle proteine, prossima
all’N-terminale, è una sequenza segnale capace di far aderire il complesso mRNA-ribosoma alla
membrana delle reticolo endoplasmatico e di consentire il passaggio del peptide nascente nel lume del
reticolo endoplasmatico. Anche la sintesi delle proteine destinate alla secrezione inizia dopo il legame
del mRNA ad un ribosoma libero nel citoplasma. Tuttavia il polipeptide nascente contiene una sequenza
iniziale idrofobica, formata da amminoacidi non polari, che indirizza la catena alle membrane delle
reticolo endoplasmatico e rimane fino al completamento della proteina. Appena sporge dal ribosoma, la
sequenza segnale viene riconosciuta da una complesso proteico e da una molecola di RNA, presenti nel
citoplasma. Tale complesso è denominato particella che riconosce il segnale,o SRP. L'aggancio di SRP
alla sequenza blocca la sintesi del polipeptide fino a che il complesso SRP-ribosoma-polipeptide non
giunge al reticolo endoplasmatico, al quale aderisce grazie alla presenza sulla membrana di un recettore
per SRP. L'aggancio alla membrana determina il distacco di SRP dalla sequenza segnale e il legame della
sequenza stessa ad una componente della membrana del reticolo endoplasmatico. La traduzione
riprende e la proteina, attraverso un canale di membrana, giunge nel lume del reticolo endoplasmatico.
Quando la sintesi è completa il ribosoma si distacca. Ogni molecola di mRNA si lega ha più ribosomi,
poliribosomi, che lo traducono contemporaneamente.
Sul reticolo endoplasmatico avviene la sintesi delle proteine e dei lipidi di membrana.
- Il destino di una proteina sintetizzata nel citosol dipende dalla sua sequenza di aminoacidi, che
contiene un segnale di smistamento preposto ad indirizzare la proteina verso l'organello appropriato. Le
proteine prive di tali segnali restano confinate nel citosol. Gli organelli devono risolvere una problema:
far superare alle macromolecole idrofiliche una barriera che, per loro, è impermeabile. Per fare ciò
importano le proteine con tre sistemi diversi:
1. dal citosol al nucleo = passaggio attraverso i pori nucleari, che fungono da barriere selettive,
trasportando attivamente macromolecole specifiche, senza ostacolare la diffusione di molecole
più piccole;
2. dal citosol al RE, ai mitocondri, ai cloroplasti o ai perossisomi = passaggio attraverso la
membrana dell'organello per mezzo di traslocatori proteici situati sulla membrana stessa. La
proteina deve svolgersi per penetrare nella membrana;
3. oltre il RE = viaggio attraverso vescicole di trasporto, che imbarcano un carico di proteine nello
spazio interno, o lume, di un comparto. Le vescicole depongono il carico fondendosi con la
membrana di un altro organello.
Tutti questi processi richiedono E. Nei meccanismi 1 e 3 la proteina mantiene la sua conformazione
ripiegata durante le varie fasi del trasporto; mentre nelle caso del meccanismo 2 deve solitamente
svolgersi per entrare. Sulle proteine il tipico segnale di smistamento consiste in una tratto continuo di
15-60 aminoacidi. Questa sequenza segnale viene spesso rimossa dalla proteina finita. È questa
sequenza che fa giungere la proteina alla giusta destinazione.
La formazione di nuova membrana avviene per l'inserimento di proteine e lipidi di nuova sintesi a livello
del reticolo endoplasmatico. Non tutte le proteine che entrano nel RE si liberano nel suo lume: alcune
restano immerse nella membrana come proteine transmembrana.
21

Per questo tipo di molecole esistono due casi:


1. proteina transmembrana con un solo tratto compreso nel doppio
strato: la sequenza segnale in posizione N-terminale dà inizio alla
traslocazione. L'arrivo di una sequenza successiva di amminoacidi
idrofobici, sequenza di arresto del trasferimento, nel canale di
traslocazione ferma il processo. Questa sequenza slitta nel doppio
strato lipidico e la sequenza segnale viene escissa. Dal lato
citosolico la sintesi proteica continua fino a completamento;
2. proteina transmembrana con due
ritratti compresi nel doppio strato:
la sequenza segnale per l'inizio del trasferimento si trova
all'interno della proteina, anziché dalla parte amminoterminale.
Questa sequenza iniziatrice interna non viene mai rimossa dalla
catena polipeptidica. Come avviene nel caso della sequenza segnale
per il RE, una SRP riconosce la sequenza interna di inizio del
trasferimento e guida il ribosoma alla membrana. Un volta che la
sequenza di arresto del trasferimento arriva al canale di
traslocazione, entrambe le due sequenze vengono incastrate nel doppio strato lipidico. Nessuna
delle due sequenze viene escissa, così l'intera catena polipeptidica resta ancorata nella membrana
come proteina transmembrana a doppio attraversamento.
Anche i lipidi sono sintetizzate sulle membrana del reticolo endoplasmatico, specie su quello liscio. Le
molecole lipidiche di nuova sintesi sono inserite dapprima sul foglietto citosolico del doppio strato
lipidico, poi vengono trasferite da proteine traslocatrici, le flippasi, sul foglietto che guarda verso il
lume del reticolo. La simmetria delle due facce della membrana si mantiene nei processi di gemmazione
e fusione che trasferiscono la membrana da reticolo al Golgi e quindi alla membrana cellulare. La
successiva fusione delle vescicole dell'apparato di Golgi con la membrana plasmatica determina
l'inversione della polarità della catena polipeptidica, che avrà il gruppo amminico terminale rivolto verso
lo spazio extracellulare e quello carbossilico verso il citoplasma.
Nel reticolo endoplasmatico le proteine sintetizzate acquisiscono la forma definitiva e vengono
glicosilare.
Acquisizione della conformazione specifica.
- Il polipeptide nel reticolo endoplasmatico va incontro ad una serie di modificazioni dovute ad enzimi di
membrana o liberi nel lume del reticolo stesso. Tra questi troviamo un enzima proteolitico, la segnal
peptidasi, che rimuove la porzione N-terminale contenente la sequenza segnale, e la
oligosaccariltransferasi, che inizia il processo di glicosilazione.
Nel lume delle reticolo i polipeptidi, attraverso dei ripiegamenti, acquisiscono la loro struttura
secondaria e terziaria. Le prime fasi del ripiegamento generano l'acquisizione della struttura
secondaria, ad alfa elica o a beta foglietto. Il successivo ripiegamento è determinato da interazioni
idrofobiche. L'ultima fase consiste nella formazione di legami disolfuro tra residui di cisteina. Possiamo
anche avere un ulteriore assemblaggio di più unità, che assumono una struttura quaternaria. Nel lume
del reticolo troviamo una grande quantità di molecole, dette proteine secondatrici, o proteine
chaperon, che tirano la proteina attraverso le membrane e le fanno recuperare la sua conformazione
una volta entrata. Sono proteine di aiuto, che segnano la strada della corretta conformazione 3D alle
proteine. Queste molecole si legano alle aree idrofobiche presenti sui polipeptidi a stadi intermedi delle
loro modificazioni, prevenendo l'aggregazione in grandi ammassi.
Proteine ripiegata non in modo corretto sono riconosciute e distrutte nel reticolo endoplasmatico
stesso. Questo processo è definito controllo di qualità.
Glicosilazione.
22

La gran parte delle proteine sintetizzate sui ribosomi del reticolo sono destinate a diventare
glicoproteine grazie ad un complesso processo di glicosilazione, che inizia nelle cavità del reticolo per
completarsi nell'apparato di Golgi. La componente carboidratica, oligosaccaride, viene attaccata alla
proteina da un atomo di azoto di un residuo asparginico. Il segmento iniziale di ciascun oligosaccaride
viene sintetizzato su una molecola lipidica di trasporto ancorata alla membrana: il dolicolo fosfato.
Alcuni enzimi aggiungono zuccheri al dolicolo. Una volta sintetizzata un'unità oligosaccaridica formata
da 14 molecole di zuccheri, questa viene aggiunta in blocco ad un residuo asparginico. Le successive
modificazioni avvengono prima nel RE, dove vengono rimosse alcune molecole terminali di glucosio, e
successivamente nel complesso di Golgi. Nel reticolo endoplasmatico si verifica anche l’idrossilazione
dei residui di lisina e di prolina del tropocollagene.

LE FUNZIONI DEL RETICOLO ENDOPLASMATICO LISCIO


Nelle gonadi e nella ghiandola surrenale il REL partecipa alla sintesi di ormoni steroidei, in
cooperazione con i mitocondri.
- La sintesi degli ormoni steroidei è un processo cooperativo tra il RE e i mitocondri. La sintesi inizia
sulle membrana del reticolo endoplasmatico liscio, che sintetizza il colesterolo a partire dall'acetato.
Questo è il precursore degli ormoni e subisce una prima trasformazione sulla membrana interna dei
mitocondri. Le tappe successive continuano nei mitocondri o nel reticolo endoplasmatico liscio. Questi
ormoni sono liberati in maniera continua, per diffusione attraverso la membrana.
Nel fegato le membrane del reticolo endoplasmatico liscio partecipano ai processi di
detossificazione.
- Tale processo è dovuto all'azione di varie ossigenasi, enzimi capaci di trasferire l'ossigeno. Queste
sono capaci di ossidare una quantità elevata di composti idrofobici diversi.
Il reticolo endoplasmatico liscio svolge una funzione importante nel metabolismo del glicogeno.
- Nelle cellule epatiche si osservano granuli di glicogeno associati alla faccia citosolica delle membrane
del REL. Quando l'organismo necessita di energia, il glicogeno è scisso in glucosio-6-fosfato dalla
glicogeno fosforilasi.
Il reticolo endoplasmatico liscio è un importante deposito di ioni calcio.
- Il rilascio di calcio dalle cavità del reticolo è un evento che determina specifiche risposte cellulari.

LE VESCICOLE DI TRASPORTO
Proteine e lipidi di nuova sintesi si spostano lungo il sistema membranoso in vescicole di
trasporto.
- Le vescicole gemmano dal RE e passano da un compartimento all'altro del Golgi per giungere
direttamente alla membrana cellulare, ai lisosomi o alle vescicole di secrezione.
Formazione delle vescicole, identificazione della membrana bersagli e fusione tra membrane.
L'ingresso nell'RE è solo la prima tappa di un percorso verso un'altra destinazione, l'apparato di Golgi, e
successivamente altri organelli. Questo trasporto si svolge per gemmazione e fusione continua di
vescicole di trasporto. Queste vescicole attuano due tragitti: dall'interno verso l'esterno, e
dall'esterno verso l'interno. Man mano che le vescicole procedono verso l'esterno le molecole al loro
interno subiscono cambiamenti.
Il tragitto interno-esterno = via secretoria maestra = ESOCITOSI
Il tragitto esterno-interno = via endocitica maestra = ENDOCITOSI
Le vescicole gemmano da una membrana e vanno a fondersi con un'altra, trasportando componenti della
membrana e proteine solubili da un comparto cellulare all'altro. Lo spazio extracellulare e tutti i
compartimenti delimitati da membrana comunicano tra loro per mezzo di vescicole di trasporto. Nella
via secretoria diretta all'esterno le molecole proteiche vengono trasportate dal RE, attraverso
l'apparato di Golgi, alla membrana plasmatica, o grazie agli endosomi, giungono ai lisosomi. Nella via
endocitica, diretta verso l'interno, le molecole extracellulari vengono inglobate in vescicole derivate
dalla membrana plasmatica e recapitate agli endosomi precoci e infine, grazie agli endosomi tardivi,
23

giungono ai lisosomi. Per operare correttamente, ogni vescicola porta con sé solo le proteine necessarie
al destinatario e si fonde solo con la membrana bersaglio appropriata.
Le vescicole che gemmano dalla membrana mostrano un rivestimento proteico sulla faccia rivolta verso
il citosol = vescicole rivestite. Dopo la gemmazione la vescicola perde il suo rivestimento. La cellula
produce due tipi di vescicole rivestite, ciascuno caratterizzato da un involucro specifico, con due
funzioni diverse:
- conferisce alla membrana la conformazione a gemma;
- ingloba le molecole da trasportare a destinazione.
♀ 1. Le vescicole meglio esaminate hanno rivestimenti di clatrina, per cui sono note come
vescicole rivestite di clatrina. Queste gemmano:
- dall'apparato di Golgi se dirette verso l'esterno;
- dalla membrana plasmatica se dirette all'interno.
Ogni vescicola comincia come una fossette rivestita di clatrina. Le
molecole di questa proteina si aggregano in una rete a forma di canestro
sulla faccia citosolica della membrana, dando inizio alla creazione di una
vescicola. La dinamina, una piccola proteina capace di legare GTP, si
aggrega in un anello intorno alla radice di ogni fossetta. Insieme ad altre
proteine la dinamina, grazie all'idrolisi del GTP, fa contrarre l'anello e la
vescicola si stacca. Una seconda categoria di proteine di rivestimento sono
le adattine, che legano il rivestimento di clatrina alla membrana della
vescicola e contribuiscono a scegliere le molecole da trasportare. A
gemmazione completa le proteine di trasporto si staccano e la vescicola si fonde con la membrana
bersaglio.
Esistono due tipi di adattine:
1. quelle che legano i recettori di carico a livello della membrana plasmatica;
2. quelle che legano i recettori a livello dell'apparato di Golgi.
♀ 2. Le vescicole rivestite da COP, coat protein, coatomeri, appartengono ad un'altra classe,
adibita a trasferire molecole dal RE all'apparato di Golgi e da una zona dell'apparato di Golgi ad
un'altra.
Una volta gemmata la vescicole rivestita deve trovare la strada per giungere a destinazione. La
vescicole viene trasportata attivamente da proteine motrici. La specificità del trasporto vescicolare
indica che tutti i tipi di vescicole della cellula portano in superficie marcatori molecolari che ne
identificano l'origine e il contenuto. Questi marcatori devono essere riconosciuti da recettori
complementari situati sulla membrana bersaglio. Il meccanismo di questo riconoscimento è dovuto ad
una famiglia di proteine transmembrana = SNARE:
- quelle sulla vescicola = v-SNARE;
- quelle sul lato citosolico della membrana bersaglio = t-SNARE, target.
Ogni organello e ogni tipo di trasporto ha la sua specifica SNARE. Quando la vescicola ha riconosciuto
la membrana bersaglio si fonde con essa. Non solo il contenuto della vescicole si scarica dentro
organello, ma la sua membrana va ad aggiungersi a quella dell'organello stesso. La fusione della
membrana non è sempre immediata, spesso ha bisogno di un segnale. Affinché questa fusione avvenga i
due doppi strati devono restare A non più di 1,5 nm. Per stabilire un rapporto così stretto bisogna
escludere l'acqua. Le proteine SNARE svolgono un ruolo centrale nella fusione tra membrane.
L’appaiamento delle v-SNARE con le t-SNARE forza i due doppi strati a stretto contatto, in modo che i
lipidi fluiscono da uno all'altro e le membrane si fondono. Nella cellula altre proteine cooperano con le
SNARE per dare inizio alla fusione. Altre proteine ancora promuovono il distacco delle SNARE.
Le vescicole rivestite da coatomeri sono responsabili del flusso vescicolare costitutivo.
(vescicole rivestite da coatomeri)
- Esiste un flusso continuo di vescicole rivestite da coatomeri che originano dal RE, attraversano il
Golgi e giungono alla membrana plasmatica. Questo tipo di trasporto definito trasporto vescicolare non
regolato o costitutivo, consente a proteine di secrezione neosintetizzate di essere trasportate in
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maniera automatica da un compartimento all'altro, per essere secrete sulla superficie cellulare. Allo
stesso modo, proteine e lipidi di membrana sono continuamente trasferiti alla membrana cellulare.
Questo trasporto vescicolare è responsabile del continuo rinnovamento della membrana plasmatica e
della secrezione costitutiva. Esiste anche una secrezione regolata nella quale sono coinvolte vescicole
rivestite da clatrina, che originano dalla regione trans del Golgi.
Le proteine neosintetizzate destinati al reticolo endoplasmatico e alle regioni del Golgi sono
trattenute nelle sedi grazie al flusso vescicolare regolato. (vescicole rivestite da clatrina)
- Esistono specifiche frequenze di aminoacidi della proteina che svolgono funzioni di segnale di
localizzazione, indirizzando le proteine alla corretta destinazione. Il mantenimento nel reticolo
endoplasmatico di proteine proprie di quest'organello è dovuto alla sequenza segnale KDEL, lisina-
aspargina-glucina-leucina, presente all'estremità C-terminale delle proteine destinate alle rerticolo
endoplasmatico. La ritenzione di una proteina transmembrana è dovuta, invece, ad una sequenza
contenente due residui di lisina all’estremità C-terminale, KKXX, dove K è la lisina e X altri amminoacidi.

APPARATO DI GOLGI
Localizzazione e funzioni dell’apparato di Golgi.
- L’apparato di Golgi fu scoperto nel 1898 dall'omonimo scienziato, Camillo Golgi. La zona di citoplasma
dove risiede il complesso di Golgi prende il nome di zona di Golgi. L'apparato di Golgi è situato vicino al
nucleo, prossimo al centrosoma, e consiste in una serie di sacchetti, delimitati da membrana, detti
cisterne, disposti uno sopra l'altro. Ogni pila comprende da tre a venti cisterne. Nel Golgi ogni pila ha
due lati distinti:
- uno di ingresso o cis, adiacente al RE;
- uno di uscita o trans, rivolto verso la membrana plasmatica.
All'apparato di Golgi è inoltre associato un sistema di vescicole, alcune rivestite, altre no, e anche dei
vacuoli. Le sue dimensioni sono variabili e anche la posizione all’interno della cellula varia. L’apparato di
Golgi è diviso in tre compartimenti:
1. regione cis = prossima al nucleo e in rapporto con il reticolo endoplasmatico contiene proteine
solubile e di membrana provenienti dal RE sotto forma di vescicole di trasporto. In questa zona
avviene la fosforilazione delle proteine che così rimangono attaccate alla membrana, passando,
senza trasformazioni, al Golgi trans;
2. regione intermedia = qui avviene la solfatazione, SH, delle proteine, si formano i GAG e si
completano le glicoproteine;
3. regione trans = avviene il completamento della solfatazione, inizia la sintesi del
protoamminoglicano e le vescicole si spostano verso la fine dell’apparato, nella zona nota con il
nome di TRANS GOLGI NETWORK, dalla quale partiranno una serie di vescicole adibite al
trasporto delle sostanze nelle varie zone intra-extracelulari.
Le proteine viaggiano da una cisterna all'altra tramite vescicole. Le proteine escono dal reticolo di Golgi
trans dentro vescicole di trasporto destinate alla superficie cellulare, o ad un'altro comparto. Per lo
smistamento delle proteine sono importanti entrambi i reticoli di Golgi:
- le proteine che entrano nel reticolo di Golgi cis possono:
1. proseguire lungo tutta la serie delle cisterne;
2. se contengono il segnale di ritenzione al RE, tornare tu al RE stesso;
- le proteine che escono per il reticolo di Golgi trans vengono:
1. smistate verso i lisosomi;
2. smistate verso la superficie cellulare.
Le proteine subiscono ulteriori modifiche a livello dell'apparato di Golgi. Gli enzimi che intervengono in
fase precoce si collocano in prossimità della faccia cis, mentre gli enzimi della fase tardiva occupano
una posizione prossima alla faccia trans.
L’apparato di Golgi è preposto al rilascio delle proteine di secrezione all'esterno della cellula. In questo
organulo avvengono processi sintetici, come il completamento della glicosilazione, la sintesi di molecole
polisaccaridiche e di alcuni lipidi. Nel Golgi sono inoltre presenti enzimi capaci di aggiungere gruppi
25

fosfato, solfato e acidi grassi alle proteine. Inoltre l'apparato di Golgi ha un ruolo centrale nel corretto
smistamento delle molecole sintetizzate nel reticolo e nel Golgi stesso, verso la loro destinazione
finale.
Nel Golgi si completa la sintesi della componente oligosaccaridica delle glicoproteine iniziata nel
reticolo endoplasmatico.
- La glicosilazione delle proteine inizia nel lume del reticolo endoplasmatico, dove ad ogni catena
polipeptidica viene aggiunto lo stesso tipo di oligosaccaride, costituito da 14 molecole di esosi: 2 di N-
acetilglucosammina; 9 di mannosio; 3 di glucosio. Questa catena viene sintetizzata sul dolicolo, un lipide
di membrana. Prima che le proteine lascino il reticolo endoplasmatico vengono rimosse tre molecole di
glucosio ed una di mannosio. Quando raggiungono il Golgi specifici enzimi completano la glicosilazione.
Dapprima vengono rimorse tre molecole di mannosio, grazie all'enzima mannosidasi I, seguito l'enzima
N-acetilglucosammina transferasi I, aggiunge una molecola di N-acetilglucosammina ai mannosi rimasti.
La mannosidasi II aggiunge due mannosi e la N-acetilglucosammina transferasi II una molecola di N-
acetilglucosammina. Altri enzimi aggiungono galattosio e acido sialico.
L’apparato di Golgi partecipa alla sintesi di lipidi e glicolipidi.
- La sfingomielina, l'unico fosfolipide di membrana che non contiene il glicerolo, è sintetizzato nel Golgi
per giunta di fosforilcolina alla ceramide, sintetizzata nel RE.
L’apparato di Golgi è anche sede della sintesi dei polisaccaridi.
- Tra questi troviamo i glicosamminoglicani, che costituiscono la componente carboidratica dei
proteoglicani, le macromolecole che formano la matrice extracellulare dei tessuti connettivi. La
secrezione del prodotto avviene per gemmazione dal Golgi di vescicole verso la membrana plasmatica.
Un'altro prodotto di sintesi è la mucina, sintetizzata dalle cellule caliciformi dell'intestino. Questo
polisaccaride si lega ad una componente proteica sintetizzata sui ribosomi adesi al RE. Il Golgi
sintetizza emicellulose e pectine. Inoltre costituisce la sede dell'informazione dell’acrosoma dei
spermatozoi.
L'apparato di Golgi separa gli enzimi lisosomiali dalle proteine destinate ad essere secrete.
- Le proteine lisosomiali sono glicosilate da un atomo di azoto di un residuo di aspargina. Tuttavia,
invece di avere una rimozione di mannosio, queste glicoproteine vengono fosforilate. Ecco come il Golgi
riconosce gli enzimi lisosomiali da trasportare ai lisosomi. I recettori situati nel trans Golgi che
riconoscono l’enzima lisosomiale sono indicati con la sigla MPR, perché si legano al mannosio-6-fosfato.
Riconoscendo questo zucchero, segregano le glicoproteine ad essere associate a vescicole rivestite da
clatrina. Il rivestimento delle vescicole è costituito da due tipi di proteine: clatrina e adattine. Le
molecole di clatrina sono disposte a gruppi di tre, trischilioni, e formano una specie di struttura a
canestro che circonda la vescicola. Le adattine, o proteine di assemblaggio, sono disposte a formare uno
strato tra la clatrina e la membrana plasmatica, possedendo siti di attacco per entrambe.

LE VIE DI TRASPORTO CELLULARE


Le vie di trasporto cellulare possono essere di due tipi:
1. endocitosi;
2. esocitosi.

 ESOCITOSI O SECREZIONE CELLULARE


- L'apparato di Golgi, in base a specifici segnali di riconoscimento, svolge la funzione di separare le
molecole immettendo in diversi tipi di vescicole. Il processo di esocitosi dipende da un aumento della
concentrazione extracellulare di ioni calcio e richiede consumo di E. L'aumento di ioni calcio dipende da
stimoli nervosi o ormonali che interagiscono con i recettori di superficie. Nelle cellule ad intensa
attività secernente si verifica una continua incorporazione di membrana nel plasmalemma. Per evitare
che la membrana plasmatica si accresca continuamente si verificano meccanismi di recupero di
membrana. Due sono le ipotesi proposte:
1. continua degradazione dei costituenti della membrana;
26

2. micropinocitosi, che recupera le vescicole che entrano a far parte del reticolo endoplasmatico.
La secrezione cellulare può essere costitutiva o regolata.
- Un tipo di secrezione, detta secrezione costitutiva, consiste nel flusso continuo, non regolato, di
vescicole di trasporto rivestite da COPs, coatomeri, dal Golgi e alla membrana cellulare. Con questa
modalità proteine solubili e polisaccaridi sono rilasciati all'esterno per esocitosi e allo stesso modo
proteine di membrana e lipidi vengono incorporati nella membrana plasmatica. Questo trasporto
costitutivo si verifica quando le proteine mancano di sequenze segnale che ne indicano una definitiva
destinazione.
Un'altro tipo di trasporto è la secrezione regolata, che si verifica quando si secernono proteine in
risposta a segnali che arrivano dall'ambiente extracellulare. Questo è il caso del rilascio degli ormoni,
degli enzimi digestivi, dei neurotrasmettitori. Le proteine destinate alla secrezione regolata si
accumulano, a livello della regione trans del Golgi, in vescicole di secrezione rivestite da clatrina e dalle
proteine associate alla clatrina. Mentre le vescicole rivestite da COPs non riconoscono le molecole
trasportate, quelle rivestite da clatrina trasportano materiale che è stato riconosciuto perché si è
legato a specifici recettori di membrana. All'interno di queste vescicole il materiale si condensa e si
concentra, formando i granuli di secrezione, rilasciati per esocitosi quando arriva il segnale specifico.
La selezione delle proteine destinate alla secrezione regolata dipende dalla loro conformazione 3D.
Le cellule a secrezione costitutiva sono le più comuni e comprendano epatociti, fibroblasti, cellule
muscolari e linfociti, secernenti anticorpi.
Le cellule secernenti regolate sono specializzate nel rilascio per brevi periodi di grandi quantità di
proteine con una velocità superiore a quella di sintesi. Questo è il risultato dell'accumulo delle proteine
in vescicole di secrezione. Queste cellule concentrano il loro prodotto nei granuli, detti granuli di
secrezione, e lo rilasciano solo quando arriva il segnale.
Il processo di secrezione è simile all'endocitosi, ma opera in direzione opposta. Per questo è detto e
esocitosi.
La secrezione può essere polarizzata o non polarizzata.
- Le cellule possono regolare i siti della superficie cellulare dove avviene l'esocitosi nonché la sua
velocità. Le cellule possono essere di due tipi:
1. cellule secernenti non polarizzate = cellule che liberano i secreti senza regolarne il sito di
fuoriuscita;
2. cellule secernenti polarizzate = cellule secernenti in zone specializzate della membrana
plasmatica.
- Nella fusione delle membrane, durante l'esocitosi, sono coinvolte proteine presenti sia sulla membrana
della vescicola, sia sulla membrana cellulare, dette proteine di fusione. Queste proteine determinano
aree di contatti tra le due membrane. Il progressivo allontanamento delle proteine porterebbe alla
formazione di pori di fusione, a livello dei quali il lume della vescicole comunica con l'ambiente
extracellulare. Questi pori, dilatandosi, consentirebbero lo svuotamento del contenuto della vescicola
all'esterno.

 ENDOCITOSI, LISOSOMI E FAGOCITOSI


Endocitosi
L'endocitosi consiste nell’internalizzazione di molecole situate nello spazio extracellulare
mediante formazione di vescicole derivanti da introflessioni della membrana plasmatica.
- Esistono due tipi di endocitosi, che si differenziano a seconda del materiale che viene introdotto nella
cellula:
1. fagocitosi = particelle solide;
2. pinocitosi = materiale liquido.
Con il termine endocitosi si indica la sola pinocitosi, cioè il processo di internalizzazione di fluidi e
molecole disciolte o in sospensione. Una cosa distinta dall'endocitosi è la fagocitosi, caratteristica di
alcune cellule specializzate, macrofagi e leucociti neutrofili. L'endocitosi rappresenta la modalità con la
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quale la cellula assume molecole troppo grandi per attraversare la membrana plasmatica. L'endocitosi è
necessaria per il processamenti degli antigeni e per la regolazione ormonale.
Il processo di endocitosi mediata da recettore consiste nel trasporto selettivo di molecole
attraverso la membrana cellulare.
- Esso inizia con il legame della molecola da introdurre nella cellula con specifici recettori di membrana.
I complessi ligando-recettore si accumulano nella fossetta, la quale si invagina e si distacca dalla
membrana. Queste vescicole perdono il rivestimento e diventano vescicole non rivestite, con una vita
media di 1-2 minuti. Poi rilasciano il loro contenuto in altre vescicole situate nel citoplasma, gli endosomi
precoci o corticali. Il loro pH interno e circa 6.0. Quest'ambiente acido è determinato da una pompa
per protoni ATP dipendente. In alcune cellule gli endosomi precoce contengono piccole quantità di
enzimi lisosomiali provenienti dal Golgi. L’endosoma elimina in tre modi diversi i recettori che trasporta:
1. molti dei ligandi si staccano dai recettori, cosicché questi ultimi possono essere riutilizzati,
dopo essere stati portati alla membrana plasmatica;
2. ci sono ligandi che non si distaccano dal recettore. Questi complessi sono trasferiti agli
endosomi tardivi, o perinucleari, e poi ai lisosomi, dove sono degradati. La degradazione
consente alle cellule il recupero di sostanze nutritive, ma è utile anche per il rinnovamento di
componenti molecolari della membrana. Così i recettori di membrana che non si sono staccati dai
ligandi vengono degradati nei lisosomi. Questo fenomeno viene denominato regolazione negativa
del recettore;
3. in alcuni tipi cellulari le molecole contenute negli endosomi precoci attraversano la cellula,
raggiungono il lato opposto e sono secreti all'esterno. Tale fenomeno è detto transcitosi. Un
esempio pratico sono le immunoglobuline.
Lisosomi
Il lisosoma è un vacuolo contenente un'elevata concentrazione di enzimi litici e idrolasi acide, che
intervengono nei processi digestivi della cellula. I lisosomi appaiono come corpi di forma rotonda, con
una membrana simile a quella del reticolo endoplasmatico. Possono contenere cristalli proteici,
frammenti di organuli cellulari, o sostanze fagocitate. Un criterio per distinguere i vari lisosomi è la
loro positività alle reazioni con idrolasi acide. Nei lisosomi sono stati identificate più di 40 enzimi, tra i
quali troviamo idrolasi acide, fosfolipasi, glucolipasi, ecc…, in grado di digerire acidi nucleici, proteine,
polisaccaridi, glicosamminoglicani, lipidi. Il lisosoma ha un pH interno pari a 5. Solo in questo ambiente
tutti gli enzimi possono lavorare. La membrana che avvolge i lisosomi deriva da quella degli endosomi
tardivi, con il contributo del complesso di Golgi, che porta le proteine di membrana specifiche del
lisosoma. Tra queste vi sono proteine di trasporto per aminoacidi, acidi grassi, carboidrati e altri
nutrienti. Il lisosoma è la tappa finale sia della via endocitotica, che di quella fagocitotica.
I lisosomi sono numerosi nei macrofagi e nei granulociti, dove
svolgono funzioni speciali nella fagocitosi, ma sono anche
presenti in tutte le altre cellule dove hanno funzioni più
generali. I lisosomi possono digerire parti della cellula stessa,
allora si parla di autofagia.
Formazione dei lisosomi
La formazione dei lisosomi avviene per l'incontro degli
endosomi tardivi con vescicole provenienti dal Golgi trans.
- Il contenuto degli endosomi precoci è trasferito agli
endosomi tardivi. Questi hanno un aspetto multivescicolare, e
contengono recettori per il mannosio-6-fosfato, MPR. Il loro
pH è 5.5, o meno. I lisosomi hanno origine:
1. dall'apparato di Golgi per fusione delle vescicole
contenenti idrolasi acide;
2. da endosomi tardivi con i quali tali enzimi si fondono,
riversando enzimi lisosomiali.
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Dalla maturazione degli endosomi tardivi, dovuta al continuo apporto di enzimi lisosomiali da parte delle
vescicole del Golgi, originano i lisosomi. Per tale motivo gli endosomi tardivi sono detti anche
prelisosomi.
Fagocitosi
La fagocitosi è la proprietà delle cellule di ingerire particelle solide.
- Nei mammiferi le cellule dotate di attività fagocitaria appartengono a due categorie: i macrofagi e i
granulociti neutrofili, deputati alla difesa dell'organismo. La fagocitosi si svolge secondo modalità ben
definite. Nella prima fase la particella aderisce alla membrana plasmatica che in quel punto forma una
piccola introflessione, che accoglie la particella da ingerire. L'adesione richiede un processo di
riconoscimento, realizzato grazie a specifici recettori sulla membrana del fagocita. I macrofagi
emettono sottili pseudopodi che avvolgono la particella. La membrana si restringe e si fonde e la
particella viene ingerita. Il materiale fagocitato viene distrutto grazie alle idrolasi acide, dei lisosomi.
Quando il fagosoma viene a contatto con uno o più lisosomi, le membrane di due organelli si fondono
formando un fagolisosoma. Gli enzimi litici contenuti nel lisosoma entrano in contatto con le sostanze
ingerite e le digeriscono. I prodotti di digestione possono seguire un duplice destino: quelli solubili
possono essere utilizzate come sorgenti di E o nei processi sintetici; il materiale non digeribile diventa
corpo residuo e viene espulso. Sia la fagocitosi che la pinocitosi richiedono energia, che proviene
dall’ATP. Se organelli citoplasmatici invecchiati o danneggiati vengono avvolti da vacuoli, si formano gli
autofagosomi. Questi si fondono con i lisosomi dando origine ad autofagolisosomi.

PEROSSISOMI
- I perossisomi sono formazioni delimitate da membrana, contenenti una matrice granulare, che può
addensarsi in una zona centrale più opaca, il nucleoide.
I perossisomi si formano per divisione di perossisomi preesistenti e importano dal citosol tutte
le loro proteine.
- Le caratteristiche che differenziano i perossisomi dai lisosomi sono:
1. assenza di enzimi idrolitici;
2. presenza di catalasi;
3. non partecipazione ai processi di digestione intracellulare;
4. presenza di nucleoide; → zona centrale più opaca
5. associazione con elementi del reticolo endoplasmatico liscio.
L’enzima più caratteristico dei perossisomi è la catalasi, che costituisce il 40% di tutte le proteine.
Quest’enzima è implicato nella rimozione di H 2O2 e dei metaboliti tossici dell'ossigeno. I meccanismi
che proteggono le cellule dai danni prodotti dalle specie creative dell'ossigeno coinvolgono enzimi anti-
ossidanti, tra i quali le superossido-dismutasi e le perossidasi. Il meccanismo di protezione cellulare
consiste nell'eliminare ossigeno, convertendolo a H 2O2, a sua volta trasformato in acqua.
Una classe particolare di perossisomi sono i gliossisomi, nelle piante.

RIBOSOMI
I ribosomi sono la sede delle sintesi proteiche della cellula ed
hanno la loro sede di origine nel nucleolo.
I ribosomi appaiono come particelle dense, distribuite nella
matrice ialoplasmatica, ribosomi liberi, oppure adesi alla
superficie esterna del reticolo endoplasmatico, ribosomi associati
alle membrane. I ribosomi liberi sono presenti soprattutto nei
linfociti, nei globuli rossi, nei reticolociti, nelle fibre muscolari e
nei batteri. Nelle cellule ghiandolare, nelle plasmacellule e
nervose, sono soprattutto associati a reticolo endoplasmatico. I
ribosomi liberi sono la sede della sintesi di proteine destinate a
rimanere nella cellula, mentre i ribosomi associati alle membrane
sono destinati alla sintesi di proteine di secrezione, di membrana
29

e si lisosomiali. Il numero dei ribosomi è in stretto rapporto con il contenuto di RNA della cellula. Sia i
ribosomi liberi che quelli associati alle membrane appaiono spesso raccolti in gruppi, detti poliribosomi,
che possono assumere una caratteristica forma a spirale. I ribosomi singoli di ogni poliribosoma sono
collegati tra loro mediante un sottile affinamento di mRNA. La sintesi proteica avviene sui poliribosomi
e non su ribosomi liberi. I ribosomi sono costituiti da due subunità diseguali. I ribosomi batterici hanno
un coefficiente di sedimentazione di 70S, mentre quelli delle cellule superiori hanno un coefficiente di
80S. Il ribosoma 70S è costituito da due subunità di 50S e 30S; quello da 80S è costituito da due
subunità di 60S e 40S. L'associazione tra le due subunità e mantenuta grazie alla presenza di magnesio.
Se la concentrazione di magnesio diminuisce le due subunità si staccano, se aumenta notevolmente i due
ribosomi si combinano per formare un dimero. Solitamente i ribosomi liberi sono nella forma dissociata
e le due subunità si uniscono solo con la sintesi proteica. I ribosomi si trovano per la maggior parte
sotto forma di polisomi, in minor parte sotto forma di ribosomi liberi.
In ribosomi aderiscono alle membrane del reticolo endoplasmatico in corrispondenza della subunità
maggiore della fessura che separa le due subunità è parallela alla membrana.
I ribosomi sono un grande complesso costituito da oltre 80 molecole proteiche diverse, le proteine
ribosomiche, e da svariati RNA detti RNA ribosomici, o rRNA. La struttura secondaria delle molecole di
rRNA è costituita da una catena unica, ripiegata in alcune zone a formare tratti a doppia elica. La
caratteristica dell'rRNA è di avere un contenuto in guanina e citosina più elevato, circa il 60%, del
contenuto in adenina e uracile, circa il 40%. Tutte le molecole di rRNA sono caratterizzate da la
presenza di basi metilate, nonché di pseudouridina e 2-0-metilribosio. Negli eucarioti le subunità dei
ribosomi sono assemblate nel nucleo. Il ribosoma è costituito da due subunità:
 subunità maggiore = 49 proteine + 3 molecole di RNA. Ha massa molecolare maggiore;
 subunità minore = 33 proteine + una molecola di RNA. Ha massa molecolare minore.
La subunità minore accoppia i tRNA ai codoni dell’mRNA, mentre la subunità maggiore catalizza la
formazione dei legami peptidici che uniscono gli amminoacidi nella catena polipeptidica. Le due
subunità si associano su una molecola di mRNA e cominciano a sintetizzare una proteina. Ogni
ribosoma contiene tre siti di legame per le molecole di tRNA:
 sito A = amminoacil-tRNA;
 sito P = peptidil-tRNA;
 sito E = uscita.

LA SINTESI DELLE PROTEINE


Il codice genetico, la traduzione del RNA messaggero, il ruolo del tRNA e il ruolo dei ribosomi
nella sintesi proteica
- Il tRNA o RNA di trasporto ha un basso peso molecolare ed è caratterizzato dalla presenza di basi
metilate, metilguanina, metilcitosina, timina, ed altre basi insolite, pseudouridina ψ e acido inosinico I. È
presente nella matrice ialoplasmatica del citoplasma e rappresenta il 10-20% dell’RNA totale.
Nel 1950 sorgeva il problema del codice: come si passava da nucleotidi ad amminoacidi? L’informazione
estratta dal DNA viene copiata prima in RNA e poi in proteina. Per
convertire l'informazione da RNA in proteina bisogna tradurre
l'informazione in un altro linguaggio. L’mRNA ha solo quattro nucleotidi
diversi, mentre le proteine hanno venti tipi di amminoacidi. La traduzione
non può avvenire facendo corrispondere un nucleotide ad un amminoacido.
Le regole per tradurre = codice genetico. Nella molecola di mRNA la
sequenza dei nucleotidi si legge per gruppi di tre elementi. Ci saranno 4 x
4 x 4 = 64 combinazioni possibili di tre nucleotidi. Tuttavia gli
amminoacidi sono solo 20. Il codice è ridondante, nel senso che parecchi
codoni specificano un solo amminoacido. Ogni gruppo di tre nucleotidi
nell’RNA si chiama codone.
Tutti gli amminoacidi, ad eccezione del triptofano e della metionina,
possono essere codificati da due o più codoni specifici. Questo fenomeno
30

è detto degenerazione del codice e riguarda quasi sempre la terza lettera del codone. Nella
codificazione le prime due basi del codone sono le più importanti. Delle 64 triplette, 61 sono dette
"codoni senso" e codificano un amminoacido determinato, tre sono dette "codoni non senso", UAA, UGA,
UAG. Queste triplette non codificano amminoacidi ma intervengono come segnali di terminazione della
traduzione del mRNA.
Una molecola di RNA è traducibile di tre modi diversi, a seconda del modello di lettura. La sequenza di
nucleotidi di una molecola di mRNA viene letta dall'estremità 5’ a quella 3’ in gruppi di tre nucleotidi. La
stessa sequenza di RNA potrebbe specificare tre sequenze amminoacidiche diverse, a seconda del
modulo di lettura, cioè della scansione in triplette. Di fatto, solo uno di questi moduli codifica il
messaggio corretto. La traduzione dell’mRNA in proteina dipende da molecole adattatrici che
riconoscono e legano il codone e l’amminoacido a siti diversi. Questi adattatori sono noti come RNA
transfert, o tRNA, lunghi circa 80 nucleotidi. Nel tRNA ripiegato i tratti a doppia elica sono 4 e la
molecola risultante prende la forma di un trifoglio. Il trifoglio si ripiega ulteriormente in una struttura
compatta a L, stabilizzata da legami idrogeno. Nella molecola di tRNA sono presenti 4 siti particolari:
1. l'estremità 3’, dove è presente la tripletta CCA, che lega l'amminoacido; l'estremità 5’, che lega
la guanina;
2. un anticodone, dalla parte opposta all'estremità a 3’, che rappresenta il sito di riconoscimento
delle triplette, codone si regola del mRNA. La anticodone è rappresentato da monasteri di tre
nucleotidi consecutivi;
3. sito specifico per l'enzima che attiva l'amminoacido, ansa D;
4. sito di riconoscimento del ribosoma, ansa T.
Come avviene il legame tra amminoacido e tRNA? Il riconoscimento e l'attacco dell’amminoacido
dipendono da enzimi chiamati amminoacil-tRNA sintetasi, capaci di unire con un legame covalente un
amminoacido al tRNA che gli corrisponde. Esiste una sintetasi diversa per ogni amminoacido, cioè
esistono 20 amminosintetasi. Per questo motivo si dice che il codice genetico è degenerata, cioè che
è ad ogni amminoacido può corrispondere più di un codone. Questo fenomeno può venire da due
meccanismi:
 per ciascun amminoacido esistono due o più specie di tRNA, riconosciuto dallo stesso in prima,
ma con anticodone diversi;
 del singolo di RNA con un anticodone particolare può riconoscere più di una tripletta. Si ritiene
che ciò sia possibile grazie al fatto che l’appaiamento tra le prime due basi del codone e le
corrispondenti basi dell’anticodone sia più forte di quello che si verifica con la terza base.
L'unione amminoacido-estremità 3’ del tRNA fa parte del gruppo di reazioni accoppiate all'idrolisi di
ATP. Viene prodotto un legame ad alta E tra il tRNA e il suo amminoacido, che verrà consumata nella
sintesi delle proteine, per stabilire una legame covalente tra l'amminoacido e la catena polipeptidica in
crescita. L'accoppiamento codone-anticodone dipende dallo stesso tipo di accoppiamento per basi
complementari che regola replicazione e trascrizione del DNA.
La traduzione di un mRNA comincia con il codone AUG, che sintetizza per l’amminoacido metionina, Met,
e richiede un tRNA particolare, tRNA iniziatore. Questa sequenza di inizio può essere preceduta da
una breve sequenza di altre basi, non tradotte, che servono come sito di riconoscimento per l'attacco
del mRNA sul ribosoma. L'amminoacido metionina verrà tuttavia asportato dopo l'inizio della sintesi
proteica. È da notare che esistono due tipi di tRNA per la metionina, uno che legge la tripletta AUG
all'inizio del messaggio, l'altro che la legge quando è situata all'interno del messaggio stesso.
La sintesi proteica ha sede sui ribosomi. Una volta iniziata la sintesi ogni amminoacido viene aggiunto
alla catena con una serie ciclica di reazioni. La catena scorre da 5’ a 3’. Questo ciclo è diviso in tre
stadi:
1. nel sito P troviamo un pezzo di catena polipeptidica. Un tRNA, con l'amminoacido successivo della
catena, si associa al sito A, abbinando anticodone e codone;
2. il carbossiterminale della catena polipeptidica si stacca dal tRNA del sito P e si unisce con un
legame peptidico al gruppo amminico nel sito A. Questa reazione ha come catalizzatore l’enzima
peptidil transferasi, proprio del ribosoma. Questo enzima fa slittare la subunità maggiore rispetto
31

a quella minore, spostando i due tRNA nei siti E e P;


3. la subunità minore scorre di tre nucleotidi lungo la molecola di mRNA, riportandola nella posizione
iniziale. Il tRNA rimasto nel sito E si dissocia. Proteine note come fattori di distacco si affacciano
al codone di stop e codificano l'attività del ribosoma, facendogli catalizzare l'aggiunta di una
molecola d'acqua alla catena nascente, al posto di un altro amminoacido. Questa reazione libera il
polipeptide dal suo legame con il tRNA. I ribosoma lascia andare l’rRNA e si dissocia nelle due
subunità.
Il sito di inizio della sintesi delle proteine sull'mRNA è cruciale. Basta un solo nucleotidi in più o in meno
per portare alla produzione di una proteina inattiva. La tappa iniziale segna anche l'ultima occasione per
la cellula di decidere se l'mRNA va tradotto. Infatti dalla sequenza di inizio dipende la velocità di
sintesi della proteina.

CAP 4: MITOCONDRI, CLOROPLASTI E INCLUSIONI


I MITOCONDRI
- I mitocondri sono organelli filamentosi presenti in tutte le cellule animali e vegetali. Hanno un elevato
contenuto di enzimi, che riescono ad ossidare i prodotti dell'assorbimento intestinale, degradandoli. La
serie di reazioni chimiche che avvengono nei mitocondri, respirazione cellulare, richiede ossigeno, e
produce CO2 e H2O. L'energia che si libera nel corso di queste degradazione viene usata dagli enzimi
per fosforilare ADP in ATP, attraverso un legame ad alto contenuto E. La cellula può liberare l'energia
accumulata delle molecole di ATP attraverso il processo inverso. I mitocondri sono organelli deputati
alla produzione dell'energia necessaria per le varie funzioni cellulari.
I mitocondri contengono un proprio DNA circolare e sono considerati organelli semiautonomi, cioè
capaci di replicare, codificare e provvedere alla sintesi di alcune proteine. I mitocondri sono distribuiti
uniformemente nel citoplasma, ma troviamo delle eccezioni: nelle cellule del tubulo renale sono disposti
nella regione basale; nelle fibre muscolari striate si trovano compresi fra le miofibrille; nelle cellule
degli epiteli sono orientati parallelamente all'asse maggiore della cellula; negli spermatozoi sono intorno
al segmento intermedio del flagello. Il numero di mitocondri in una cellula varia in rapporto alla sua
attività.
I mitocondri sono definiti da due membrane concentriche: lo spazio interno è suddiviso in due
compartimenti con diverse strutture e le funzioni
- I mitocondri presentano una organizzazione complessa. Appaiono come vescichette di forma allungata
la cui pare è costituita da due
membrane concentriche di uguale
spessore.
1. Membrana esterna = contiene
una grossa proteina canale, la
porina. Per questo motivo la
membrana esterna è permeabile a
tutte le molecole di massa uguale
o inferiore a 5000Da. Comprende
anche proteine enzimatiche,
attive nella sintesi di lipidi
mitocondriali e nella conversione
32

di substrati lipidici in una forma metabolizzato delle nella matrice;


2. Membrana interna = è separata dalla membrana esterna da uno spazio di circa 8-20nm, ed è
sollevata in pieghe, le creste mitocondriali, che penetrano nella cavità centrale dell’organulo,
dividendolo in concamerazione intercomunicanti. Queste creste aumentano enormemente la
superficie interna del mitocondrio. Le creste mitocondriali sono orientate trasversalmente
all'asse maggiore, o longitudinale mente. Possono essere semplici oppure ramificate, formando
reti complesse. Questa membrana è meno permeabile agli ioni, anche per il suo elevato contenuto
in fosfolipidi, specialmente cardiolipina. Tra i due lati di questa membrana si stabilisce una
gradiente elettrochimico di protoni, che alimenta la sintesi di ATP. Contiene proteine
appartenenti a tre classi:
- quelle impiegate nelle reazioni di ossidazione della catena vettore degli elettroni;
- l’ATP-sintetasi che produce ATP dal lato rivolto verso la matrice;
- le proteine vettore che fanno passare i metaboliti dentro o fuori la matrice.
3. Matrice mitocondriale = contiene una miscela di enzimi, tra cui quelli necessari per ossidare il
piruvato e gli acidi grassi, e quelli che catalizzano il ciclo dell'acido Citrico. La matrice contiene
parecchie copie del genoma mitocondriale a DNA, i ribosomi specifici del mitocondrio, tRNA ed
enzimi adibiti ad esprimere i geni mitocondriali.;
4. Spazio intermembrana = spazio compreso tra le due membrane. Contiene diversi e enzimi che
catalizzano la fosforilazione di vari nucleotidi con l'ATP proveniente dalla matrice.
La matrice mitocondriale è omogenea o finemente granulare, ma in alcuni casi può presentare grani
densi di circa 30nm. Alle volte si trovano granuli più piccoli di circa 12nm.
In condizioni di rallentamento dell'attività ossidativa, le creste hanno un aspetto lamellare, la camera
esterna è sottile e quella interna molto ampia. Questa la configurazione è denominata forma ortodossa.
Se la fosforilazione ossidativa viene stimolata, la camera esterna si allarga, le creste scompaiono e la
camera interna si riduce. Il mitocondrio assume una forma condensata. La stimolazione ormonale
produce cambiamenti di conformazione nei mitocondri. I mitocondri degenerati sono avvolti dai
lisosomi, che prendono il nome di autofagosomi.
Le membrane mitocondriali sono formati da un doppio strato di molecole lipidiche all'interno del quale
sono presenti molte proteine. Grazie alla membrana mitocondriale esterna, la matrice citoplasmatici a e
la camera esterna del mitocondrio hanno una composizione chimica simile.
L'ATP è la più importante fonte di energia per la cellula e viene prodotto nei mitocondri
- La cellula ha bisogno di E per svolgere le sue funzioni. Le molecole assunte dall'ambiente esterno
vengono degradate liberando E. Questa viene intrappolata in legami chimici che ne consentono il
trasporto e l'utilizzo. La molecola più usata come riserva di E è l'ATP, o adenosintrifosfato. Nel
citoplasma una molecola di glucosio viene degradata in due molecole di piruvato attraverso un processo
anaerobico, glicolisi. La glicolisi porta ad una guadagno energetico di due molecole di ATP. Nonostante
avvenga senza utilizzo di ossigeno anche nella glicolisi troviamo delle ossidazioni. Esistono accettori di
elettroni, ad esempio il NAD+, che trasformandosi in NADH, rimuovono gli elettroni. In caso di assenza
o limitata disponibilità di ossigeno, il piruvato viene trasformato in lattato, ed il NADH torna a NAD +.
In alcune cellule e il piruvato viene trasformato in etanolo e CO2. Si ha un processo detto di
fermentazione.
Nel metabolismo aerobico il piruvato viene decarbossilato ad opera della piruvato deidrogenasi. I
prodotti sono NADH e acetil CoA. Nei mitocondri, in presenza di ossigeno, avvengono i processi di
respirazione cellulare, che portano alla produzione di energia. La fosforilazione ossidativa è un processo
mediante il quale parte dell'E che deriva dall'ossidazione del NADH viene trasformata in ATP. E il
processo inizia quando uno ione idruro, H -, viene sottratto al NADH. H- = H+ + 2e-. Questi elettroni, con
un elevato livello di E, passano attraverso dei complessi enzoimatici presenti nella membrana
mitocondriale interna. Durante questo trasferimento gli elettroni decadono a livelli più bassi di energia,
che viene utilizzata dagli stessi enzimi per trasferire protoni dalla matrice allo spazio intenro della
membrana. Gli elettroni passano attraverso tre complessi:
1. complesso della NADH deidrogenasi;
33

2. complesso b-c1;
3. complesso della citocromo ossidasi.
L’ubichinone, Q, e il citocromo, C, fungono da vettori mobili per traghettare gli elettroni da un
complesso al successivo. Una volta che gli elettroni sono giunti al complesso della citocromo ossidasi,
vengono combinati con l'O2 e si forma H2O, secondo la reazione: 2 H + + ½ O2 → H 2 O
Mediante questo meccanismo detto chemiosmosi, l'energia degli elettroni forma una gradiente
elettrochimico di protoni, che rappresenta una forma di conservazione dell'energia recuperata dagli
elettroni stessi. A questo punto i protoni attraversano secondo gradiente la membrana mitocondriale
interna, tornando nella matrice. I protoni fluiscono in un altro enzima, detto ATP sintetasi, che genera
ATP nella matrice mitocondriale, secondo la reazione: ADP + Pi → ATP
Gli enzimi mitocondriali appartengono a tre classi:
1. Enzimi ossidativi del ciclo di Krebs, o ciclo dell'acido Citrico, o degli acidi tricarbossilici = sono
situati nella matrice mitocondriale e agiscono sui prodotti dell'assorbimento intestinale,
degradandoli e liberando atomi di idrogeno ed elettroni ad alta E. L'idrogeno si lega ad
accettori particolari, come il NAD e il FAD, riducendoli a FADH 2 e NADH;
2. Enzimi della catena respiratoria, o della catena di trasporto degli elettroni, o respiratori = sono
situati sulla membrana mitocondriale interna. Ad essi arrivano le molecole di FADH 2 e NADH.
Gli atomi di idrogeno legati a questi accettori si scindono in elettroni e protoni. Questi ultimi
passano nella camera esterna, mentre gli elettroni vengono trasportati attraverso enzimi,
rilasciando E. Al termine gli elettroni si combinano con l'ossigeno per formare acqua;
3. Enzima fosforilativo, o ATP sintetasi = situato sulla membrana mitocondriale interna, catalizza
la sintesi di ATP, usando l'energia degli ed elettroni, immagazzinata sotto forma di gradiente
elettrochimico di protoni.
Il funzionamento della cellula richiede la disponibilità continua di energia: il ciclo energetico
- L'ATP rappresenta la più importante riserva di energia della cellula. L'energia immagazzinata in
questo legame chimico viene liberata mediante riconversione in ADP, ad opera dell’enzima ATPasi. I
processi di utilizzazione dell’E si verificano:
- nello ialoplasma;
- nei ribosomi, sintesi proteica;
- nelle miofibrille, contrazione muscolare;
- nella membrana plasmatica, trasporto attivo ed endocitosi;
- nel reticolo endoplasmatico e nel complesso di Golgi, sintesi e trasporto.
L'immagazzinamento di E è possibile solo quando le ossidazioni sono accoppiate alle fosforilazioni. I
processi che generano E non sono localizzati solo nei mitocondri, ad esempio la glicolisi anaerobia è
localizzata nello ialoplasma.

L’ATP
L’adenosintrifosfato, o ATP, è il nucleoside trifosfato dell’adenina. È composto da adenina, ribosio e da
tre molecole di acido fosforico. Il terzo gruppo fosforico, in una posizione gamma, possiede
un'elevatissima E potenziale di legame, superiore a quella di qualsiasi altro legame chimico. Questa E
viene liberata quando l'ATP si trasforma in ADP, o adenosindifosfato, composto da adenina, ribosio e
due molecole di acido fosforico, secondo la reazione catalizzata dall'enzima adenosintrifosfatasi, o
ATPasi: ATP → ADP + Pi + E
I legami fosforici consentono di accumulare una grande quantità di energia, utilizzabile per tutte le
attività funzionale della cellula. Esistono altre sorgenti di energia. Le più importanti sono gli altri
quattro nucleosidi trifosfati, CTP, UTP, GTP, TTP. Questi nucleotidi non sono prodotti nei mitocondri,
eccetto il GTP, prodotto in minima parte nel ciclo di Krebs, ma si formano nella matrice cito plasmatica
per la fosforilazione dei rispettivi nucleosidi difosfato, utilizzando il gruppo fosforico terminale
dell’ATP. In tal modo l'energia di legame dell'ATP è trasferita agli altri nucleosidi trifosfati. Questo
processo di accumulazione richiede energia ed avviene soprattutto in due tipi di anelli cellulari: il
cloroplasti e nei mitocondri.
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I cloroplasti e la sintesi di ATP


Il glucosio necessario per la sintesi di ATP deriva da un processo detto fotosintesi, che avviene nelle
piante verdi, grazie all'intervento dei cloroplasti. Questi organelli contengono un pigmento verde, la
clorofilla, in grado di assorbire l'energia solare, usata poi per la sintesi di glucosio.
- Le cellule possono essere divise dal punto di vista metabolico in due categorie:
1. organismi autotrofi = solitamente piante verdi. Soddisfano il loro fabbisogno energetico usando
la luce solare. Sintetizzano glucosio a partire dall'acqua e dalla CO 2 mediante la fotosintesi.
L'energia liberata dalla glicolisi è utilizzata per la sintesi di altri composti, quali proteine, lipidi,
polisaccaridi;
2. organismi eterotrofi = solitamente animali. Dipendono dagli altri organismi per la loro
sopravvivenza. Assumono le sostanze nutritive, carboidrati, proteine, grassi, scindendole in
molecole più piccole e degradandole mediante la glicolisi.
La demolizione completa di glucosio a H 2O e CO2, da cui deriva l'energia utilizzata per la sintesi di ATP,
è un processo che inizia nella matrice citoplasmatica con la glicolisi anaerobia e continua nei mitocondri
con la respirazione in presenza di ossigeno. Quest'ultima si esplica attraverso tre tappe:
1. ciclo di Krebs, o dell'acido Citrico;
2. sistema di trasporto degli elettroni;
3. fosforilazione.
La glicolisi anaerobia
- La prima tappa della degradazione del glucosio avviene nel citoplasma e non richiede l'intervento di
ossigeno. Per questo motivo è definita glicolisi anaerobia. Gli enzimi che
intervengono in tale processo sono detti enzimi solubili. Nella glicolisi il
glucosio avviene degradato a due molecole di acido piruvico. Il processo
prende il nome di ciclo di Embden Meyerhof e comporta la fosforilazione
della molecola di glucosio con la formazione di esteri fosforici, degradati a
due molecole di trioso e trasformate in piruvato. Il ciclo si svolge grazie ad
una serie di stadi catalizzati da enzimi specifici, in cui il prodotto di una
reazione funge da substrato per la reazione successiva. Se si parte da
glicogeno, questo viene depolimerizzato a glucosio. La degradazione di una
molecola di glucosio richiede due molecole di ATP e ne produce quattro, per
una resa totale di due molecole di ATP per ogni molecola di glucosio. La
respirazione cellulare produce in totale 36 molecole di ATP per molecola di glucosio. Da questo è
comprensibile come la glicolisi sia meno efficiente. Il cofattore che prendere parte alla glicolisi è il
NAD+, o nicotinammide adenin dinucleotide. Questo composto, acquisendo elettroni, è ridotto a NADH e
viene utilizzato nei mitocondri come portatore di elettroni.
L'acido piruvico può avere un duplice destino:
 in presenza di ossigeno diventa acetil CoA. Il
radicale acetato entra nel ciclo di Krebs e viene
ossidato totalmente a H2O e CO2;
 in assenza di ossigeno, l'acido piruvico è ridotto ad
acido lattico, utilizzando una molecola di NADH, che
torna la forma ossidata NAD+. Questo processo
prende il nome di fermentazione lattica e avviene quando l'ossigeno non riesce a raggiungere i
tessuti abbastanza rapidamente. L'accumulo di acido lattico è la causa della fatica muscolare e
del debito di ossigeno.
35

Per ricavar energia Le cellule non usano solo il glucosio. Alcune, come quelle del fegato, possono usare
anche acidi grassi ed aminoacidi. Questi composti sono degradati fino alla formazione dell’acetil CoA,
che entra nel ciclo di Krebs.

La respirazione cellulare
- La respirazione cellulare consiste in un gruppo di
reazioni attraverso le quali sostanze organiche vengono
degradate ad anidride carbonica e acqua mediante
l'intervento di ossigeno. Il processo avviene nei
mitocondri. L’energia liberata è utilizzata per la sintesi
di ATP. Queste molecole, riconvertendosi in ADP,
liberano l'energia contenuta nei loro legami chimici. I
processi enzimatici dei mitocondri appartengono a tre
sistemi:
1. enzimi ossidativi o enzimi del ciclo di Krebs;
2. enzimi della catena respiratoria o per trasporto
degli elettroni;
3. enzimi fosforilativi.

a. Ciclo degli acidi tricarbossilici, o dell’acido


citrico, o ciclo di Krebs = il piruvato degli acidi
che la attraversano le membrane mitocondriali e
si locali entrano nella matrice, dove viene
trasformati in acetil CoA. L'acetato si condensa con l'acido ossalacetico (VEDI FIGURA
SOPRA), formando citrato, che entra nel ciclo di Krebs. Questo ciclo consiste in una serie di
reazioni durante le quali il citrato viene degradato a CO2. Alla fine si riforma una molecole di
ossalacetato, che combinandosi con una nuova molecola di acetil CoA da inizio ad un nuovo ciclo.
In un giro completo del ciclo di Krebs si liberano due molecole di CO2 e quattro coppie di atomi
di idrogeno. I composti chiave in questo ciclo di reazioni sono:
- NAD+, o nicotinammide adenin dinucleotide. Ridotto = NADH;
- DPN+, o difosfopiridin nucleotide;
- NADP+, che si forma per aggiunta al NAD+ di un gruppo fosfato.
Ridotto = NADPH;
- FAD, o flavin-adenin nucleotide. Ridotto = FADH2.
Per ogni molecola di piruvato si formano 2 mol di NADH, 1 mol di NADPH e 1 mol di FADH 2. Si
produce anche GTP;
b. Enzimi della catena respiratoria o del trasporto di elettroni = i nucleotidi ridotti, formati
durante il ciclo di Krebs, sono trasferiti dalla matrice sulle creste. NADH, NADPH e FADH 2
ritornano alla forma ossidata, separandosi dagli a atomi di idrogeno. I protoni sono trasportati
nella camera esterna dei mitocondri, mentre gli elettroni attraversano una serie di complessi
enzimatici, perdendo energia. Al termine di questa catena di trasporto gli elettroni e gli ioni
idrogeno si combinano con l'ossigeno formando acqua. I complessi trasportatori di elettroni
comprendono una flavoproteina, il coenzima Q ed i citocromi b, c 1, c2, a e a3. Questi ultimi
contengono ferro, e sono detti anche emoproteine;
c. Fosforilazione ossidativa = la formazione di ATP è denominata fosforilazione ossidativa perché
il fosfato è aggiunto all’ADP impiegando l'energia prodotta dall'ossidazione. La reazione di
formazione dell'ATP è catalizzata dall’ATPsintetasi. ADP+ Pi + E → ATP
Questo enzima è un grande complesso proteico transmembrana, costituito da 9 polipeptidi
diversi. Al suo interno è presente un canale per protoni che attraversa la membrana. Quando i
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protoni fluiscono attraverso questo canale, secondo gradiente elettrochimico, l'ATP sintetasi
sintetizza ATP nella matrice mitocondriale.
La catena respiratoria forma per ogni due molecole di piruvato 30 molecole di ATP che, aggiunte alle 2
molecole della glicolisi anaerobia ed alle 4 prodotte in seguito all'ossidazione da due molecole di NADH,
danno una resa di 36 molecole di ATP per molecola di glucosio. La completa ossidazione di una molecola
di palmitato, un acido grasso a 16 atomi di carbonio, fornisce 129 molecole di ATP.
I mitocondri sono coinvolti nel metabolismo dei lipidi ed in altre attività cellulari
- I mitocondri svolgono un ruolo importante nel metabolismo dei lipidi e dei fosfolipidi. I mitocondri
sono in grado di decarbossilare fosfatidilcolina e fosfatidilserina, e di sintetizzare cardiolipina. I
mitocondri sono dotati della proprietà di accumulare concentrare varie sostanze: ioni, piccole molecole
e persino macro molecole. Il fenomeno più importante l'accumulo di cationi, quali Na +, K+, Mg++, Ca++,
nella matrice. I mitocondri svolgono un ruolo fondamentale anche il processo della morte cellulare
programmata, o apoptosi.
I mitocondri sono dotati di un genoma di tipo batterico, ma importano dalla cellula la maggior
parte delle proteine necessarie al loro funzionamento
- I mitocondri ed i cloroplasti contengono di DNA, sono capaci di duplicarsi e di codificare alcune
proteine. Contengono inoltre ribosomi. Il DNA mitocondriale è simile a quello batterico: si presenta
sotto forma di un'unica duplice elica con andamento circolare, ma più corta. Non è organizzato in
cromosomi e non ha associati istoni e proteine. Il DNA mitocondriale è capace di replicazione e
duplicazione dei mitocondri. La matrice mitocondriale contiene DNA, ribosomi, più piccoli di quelli
citoplasmatici, molecole di tRNA e mRNA. Contiene inoltre una DNA polimerasi, capace di sintesi
proteica. I mitocondri devono continuamente essere prodotti, sia a causa della divisione cellulare, sia a
causa della degenerazione, turnover. I mitocondri si duplicano come i batteri. La molecola di DNA si
replica semiconservativamente; le due molecole figlie vengono separate da un solco che si forma sulle
due membrane e che le divide. La maggior parte delle proteine mitocondriali è sintetizzata sugli
ribosomi ialoplasmatici, ed è successivamente trasportata all'interno dei mitocondri. Solo una piccola
parte è codificata sui ribosomi mitocondriali. Il DNA mitocondriale codifica per le tre subunità
maggiore del complesso citocromo ossidasi, per una delle subunità del complesso citocromo bc 1, per
alcuni subunità del complesso ATP sintetasi mitocondriale, per alcuni subunità della NADH
deidrogenasi. Il codice genetico nei mitocondri è diverso da quello di altri DNA noti e va incontro a
variazione nei diversi organismi. Ad esempio nel DNA mitocondriale dei mammiferi le triplette AGA e
AGG vengono lette come segnali di arresto e non come condoni per l'amminoacido arginina. Questa
notazione contraddice il concerto dell'universalità del codice genetico.
L'eredità mitocondriale
- I mitocondri dell'embrione provengono soltanto dalla cellula uovo e sono di origine materna. Dopo la
fecondazione i mitocondri disposti intorno al flagello dello spermatozoio vanno incontro a
degenerazione. Difatti sono distrutti dall’ovocito, dopo essere stati marcati con ubiquitina. Questo tipo
di ereditarietà, detta citoplasmatica o mitocondriale, è stata dimostrata sperimentalmente.
I mitocondri derivano da batteri divenuti parte della cellula eucariotica
- Esistono che numerose analogie tra mitocondri e batteri. La membrana interna dei mitocondri non è
paragonabile alla membrana plasmatica dei batteri. Inoltre il DNA ha forma circolare e sono assenti
proteine cromosomiche. Queste analogie hanno fatto sì che si formulasse l'ipotesi che mitocondri altro
non siano che batteri fagocitati da cellule ancestrali, con le quali hanno stabilito una simbiosi.
Un'ipotesi simile è stata proposta anche per i cloroplasti.

PLASTIDI E CLOROPLASTI
- Le cellule vegetali contengono mitocondri e plastidi, legati alle attività metaboliche dei vegetali. I
plastidi appartengono a diverse categorie:
- Plastidi incolori, o leucoplasti, a loro volta divisi in:
37

1. amiloplasti = accumulano amido, il quale è cristallizzato attorno ad uno o più punti di


accrescimento,ilo. Sono la principale fonte di zuccheri per l'uomo e in presenza di luce
possono trasformarsi in cloroplasti;
2. eialoplasti = accumulano lipidi;
3. proteoplasti = accumulano proteine cristallizzate e sono incolore;
- Plastidi colorati, o cromoplasti, che contengono pigmenti di varia natura. In questo gruppo
troviamo:
1. cloroplasti = contengono la clorofilla, che interviene nella fotosintesi;
2. carotenoidi = contengono la seconda classe di pigmenti importanti nella fotosintesi.
I cloroplasti
- I cloroplasti si presentano sotto forma di dischi elicoidali. Sono
distribuiti a ridosso della parete cellulare o in prossimità del
nucleo. Nella parte centrale troviamo uno stroma, all'interno del
quali sono immersi di granuli di amido e i grana, dischi appiattiti
posti l’uno sopra l'altro. I cloroplasti sono delimitati da due
membrane concentriche, e esterna ed interna, entrambe dello
scarso spessore presentò la regione interna e piena di materiale
amorfo, lo stroma, o matrice, che contiene gocce lipidiche e
granuli di amido. Nello strano ma sono presenti anche i tilacoide,
sistemi di vescicole appiattite, poste a pila, delimitata da
membrana. Queste vescicole formano i grana, collegati tra loro da
delle espansioni tubulari, i lumi tilacoidi. Le molecole presenti
all'interno dei cloroplasti sono simili ai mitocondri. Si riscontrano
componenti specifiche come la ferrodoxina. Componenti
fondamentali dei cloroplasti sono inoltre i pigmenti, come la clorofilla e i carotenoidi. La clorofilla è una
porfina simile a quella presente in molti pigmenti animali come l'emoglobina, ma contenente del centro
del nucleo tetrapirrolico un atomo di magnesio, anziché ferro. Esistono due tipi di clorofilla, la clorofilla
a e la clorofilla b. I carotenoidi comprendono due gruppi, il β-carotene e le xantofille. La funzione
principale del carotene è quella di modificare lo spettro di assorbimento della clorofilla.
I cloroplasti utilizzando l'energia solare sintetizzano carboidrati e liberano O 2 nell'atmosfera
- La fotosintesi clorofilliana è una delle principali funzioni biologiche delle piante. La fotosintesi
consiste nella capacità dei cloroplasti di catturare, grazie alla clorofilla, la luce solare e di utilizzarla
per la sintesi di carboidrati a partire da acqua e anidride carbonica. In queste reazioni si libera
ossigeno. L'energia solare viene convertita in energia cinica, cioè in energia a curata nei legami chimici
della molecola di glucosio. La reazione della fotosintesi è la seguente:
Luce
CO2 + 2H2O → (CH2O) + O2 + H2O
Clorofilla
CH2O rappresenta l'elemento base di una carboidrato.
Sotto l’azione della luce due molecole d’acqua sono scisse, fotolisi dell’acqua, liberando ossigeno, mentre
l'idrogeno viene utilizzato per ridurre l'anidride carbonica e formare una nuova molecola d'acqua. Le
reazioni di fotosintesi avvengono in due fasi:
1) dipende dalla luce = reazione di Hill. La luce viene catturata e immagazzinata come E di legame
chimico in piccole molecole. In questa prima fase si libera ossigeno gassoso O2;
2) non dipende dalla luce = vengono consumate le molecole per la fissazione del C, in cui si producono
zuccheri da CO2 e H2O;
E luminosa + CO2 + H2O → zuccheri + O2 + E termica
La luce assorbita dalla clorofilla determina l'eccitamento dei suoi elettroni. Quest'energia è utilizzata
per sintetizzare l'ATP o per ridurre i coenzimi attraverso una catena di trasporto degli elettroni.
Questa prima tappa, nella quale non si usa ossigeno, è detta fotofosforilazione. La seconda tappa è
l'idrolisi e la ionizzazione dell'acqua. Nella reazione oscura al anidride carbonica viene captata,
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fissazione di CO2, e ridotta in glucidi.


Affinché animali e vegetali possano vivere con l'E chimica la devono trasformare in una forma
utilizzabile. Questo processo avviene tramite l'ossidazione, ovvero una combustione controllata.
L'atmosfera terrestre contiene molto ossigeno al quale si legano C e H a formare due forme molto
stabili:CO2 e H2O. La cellula riesce a ottenere E da zuccheri e molecole creando questi due composti in
un processo chiamato respirazione cellulare. Fotosintesi e respirazione cellulare sono processi
complementari. Le piante, immagazzinando luce solare, producono ossigeno, utilizzato nella respirazione
dagli animali. Questi a loro volta producono CO2, utilizzata dalle piante per produrre zuccheri.
Genesi dei cloroplasti
- I cloroplasti sono organelli semi autonomi in quanto contengono un proprio genoma. Dipendono dal
nucleo e dai ribosomi citoplasmatici per la sintesi la maggior parte dei costituenti molecolari. I
cloroplasti si originano per divisione di cloroplasti preesistenti, con un meccanismo analogo radice dei
batteri; replicano il proprio DNA; contengono ribosomi impropri; effettua la sintesi proteica. I
cloroplasti potrebbero derivare dalla simbiosi di una cellula ancestrale con un microrganismo autotrofo
fotosintetico.

INCLUSIONI. GLICOGENO, LIPIDI, PIGMENTI, GRANULI DI SECREZIONE,


GRANULI DI VITELLO
- Alcune sostanze si accumulano nella cellula in attesa di essere metabolizzate ho espulse. Tali
sostanze, che non fanno parte delle strutture cellulari, sono indicate col termine generico di inclusioni.
Inclusioni molto diffuse sono il glicogeno, i lipidi ed i pigmenti.
GLICOGENO = il glicogeno epatico costituisce un'importante riserva energetica per gli
organismi animali. Mediante la glicogenolisi, il glicogeno viene depolimerizzato a glucosio che passa nel
circolo sanguigno. Questo viene poi assunto nelle cellule dove subisce glicolisi. Le masse di glicogeno
sono costituite da particelle microscopiche a contorni regolari, che possono essere isolate, allora sono
dette particelle beta, oppure possono associarsi tra loro, formando aggregati di maggiori dimensioni,
denominati particelle alfa. Nel fegato le particelle di glicogeno sono concentrate nelle aree provviste di
reticolo endoplasmatico liscio.
LIPIDI = molti tipi cellulari contengono deposito di grasso sotto forma di goccioline sparse del
citoplasma. Questi depositi di grasso sono abbondanti nelle cellule di polvere, deve niente del
citoplasma. In queste cellule in nucleo schiacciato alla periferia e la cellula risulta totalmente bianca.
PIGMENTI = alcune classi cellulari contengono granuli di pigmento. Nell'uomo, gli strati
profondi dell'epidermide ed il derma, l'epitelio pigmentato della retina, l’iride ed alcune zone del
sistema nervoso centrale, contengono cellule speciali, dette melanociti, che producono un gran numero
di granuli marrone scuro-neri, denominati melanosomi, contenenti un pigmento, la melanina. Nei soggetti
anziani, nelle cellule di vari tessuti si trovano granuli di un secondo tipo di pigmento, giallastro-marrone
chiaro, denominato lipofuscina. I granuli di lipofuscina sono considerati come residui non digeriti di
organelli cellulari degenerati. I macrofagi del tessuto collettivo della milza, del fegato e del midollo
osseo presentano granuli di pigmenti bruno-dorati contenenti ferro denominati emosiderina e ferritina.
Il ferro contenuto in questi pigmenti deriva dalla degradazione dell'emoglobina dei globuli rossi
fagocitati.
39

CAP 5: CITOSCHELETRO E MOVIMENTO CELLULARE

La MATRICE citoplasmatica di tutte le cellule degli eucarioti è attraversata da una complessa trama
fibrillare, chiamata citoscheletro. Grazie a questa struttura la cellula mantiene o modifica alla sua
forma, migra e muove i suoi organuli interni.

I componenti che formano il citoscheletro sono tre e tutti di natura proteica:


 microtubuli e microfilamenti = strutture instabili, costituite di subunità proteiche globulari, che
vengono rapidamente costituite nella cellula;
 filamenti intermedi = sono strutture più stabili, costituiti da subunità proteiche fibrose.

Microtubuli.
Strutture tubulari cave. I più noti sono:
 microtubuli dell'apparato del fuso mitotico e meiotico;
 microtubuli che formano la struttura assile, assonema, di ciglia e flagelli.
I microtubuli forniscono alla cellula un sostegno meccanico e uno strumento essenziale per il movimento
degli organelli, comprese le vescicole da endocitare/esocitare. In microtubuli si dispongono in modo da
formare dei binari immersi nella matrice citoplasmatica, sui quali viaggiano gli organuli.

I microtubuli sono tubuli cavi, con diametro di circa 25-30 nm ed una parete spessa circa 5-7 nm. La
parete è costituita da 13 protofilamenti longitudinale, costituiti a loro volta da polimeri lineari di
tubulina. Ciascuna molecola di tubulina è un eterodimero composto da due subunità globulari, la tubulina
α e la tubulina β. È stato dimostrato che i microtubuli si allungano o si accorciano per aggiunta o
sottrazione di dimeri αβ di tubulina.
Una caratteristica fondamentale del microtubulo è che questo presenta una polarizzazione. Ciò
significa che il microtubulo presenta:
 estremità + = o estremità di polimerizzazione di tubulina. È l'estremità attraverso la quale il
microtubulo si allunga. Estremità rivolta verso la membrana plasmatica;
 estremità - = o estremità di depolimerizzazione di tubulina. È l'estremità attraverso la quale il
microtubulo si accorcia. Estremità rivolta verso il centrosoma.
Così il microtubulo mantiene la lunghezza costante, ma viene attraversata da un flusso continuo di
molecole di tubulina = fenomeno detto treadmilling.

Polimerizzazione e depolimerizzazione dei microtubuli sono favorite da diversi fattori:


 bassa temperatura, o aumento della concentrazione intracellulare di ioni Ca ++, implicano una
depolimerizzazione;
 la presenza di colchicina favorisce la depolimerizzazione;
 l'acqua pesante e il tassolo stabilizzano i microtubuli.

Mediante tecniche particolari si nota che la disposizione dei microtubuli è particolarmente concentrata
intorno al nucleo. Da qui si irradiano in tutto in citoplasma. Se si provoca la depolimerizzazione e si
lascia che i microtubuli polimerico spontaneamente, si nota che essi rigenerano in prossimità di una o più
regioni specializzate vicine al nucleo = centri di un'organizzazione dei microtubuli. Il più studiato è
quello noto come CENTROSOMA, costituito da una coppia di centrioli, circondati da materiale
pericentriolare. In particolare questi centri di assemblaggio presentano un tipo particolare di tubulina,
la tubulina γ. Queste subunità di tubulina, associate ad altre proteine, formano complessi ad anello
aventi lo stesso diametro di un microtubulo, alle quali si associano dimeri di tubulina αβ.
40

Oltre alla tubulina i microtubuli contengono altre proteine = MAP:


 alcune di queste proteine sono in grado di accelerare la polimerizzazione spontanea della
tubulina;
 una classe particolare è costituita dai cosiddetti motori microtubulari, enzimi meccanochimici
che convertono l'energia chimica derivata dall'idrolisi dell'ATP in movimenti di scorrimento
lungo un microtubulo. Il movimento prodotto da ciascuno di questi motori è unidirezionale. Sono
state descritte due diverse famiglie di motori microtubulari:
 CINESINE = queste molecole sono grossi omodimeri proteici in grado di usare
l'energia dell'ATP per spostarsi verso l'estremità + del microtubulo, trascinando
gli organelli citoplasmatici ancorati ad essa;
 DINEINE = svolgono la stessa funzione delle precedenti, spostandosi, però, verso
l'estremità - del microtubulo.
 La dineina assonemica ha il compito di mediare lo scorrimento tra le
coppie di microtubuli esterni dell'assonema, producendo movimento di
ciglia e flagelli;
 La dineina citoplasmatica non è in grado di indurre lo scivolamento di
un microtubulo sull'altro, funzione della cinesina bipolare.

Microfilamenti.
I microfilamenti sono strutture che hanno uno spessore di circa 6 nm e svolgono un ruolo importante al
termine del processo mitotico, permettendo la separazione delle cellule figlie. Permettono inoltre la
contrazione muscolare e la locomozione delle cellule.

I microfilamenti sono costituiti da una proteina particolare, l'actina. Nelle cellule dei mammiferi sono
presenti almeno sei tipi diversi di actina, codificate da diversi geni. Tre di queste forme sono espresse
nelle cellule muscolari, una per ciascun tipo. L'actina in forma monomerica è nota come actinaF, mentre
quella in forma bimerica è nota come actinaG. I microfilamenti derivano dalla polimerizzazione in
singola catena ad andamento elicoidale di subunità proteiche globulari di actina. Anche i microfilamenti
presentano una polarità strutturale e funzionale e presentano il fenomeno del treadmilling.

Grazie alla presenza di speciali proteine i filamenti sono responsabili di trasformazioni reversibili
sol/gel del citoplasma.

I microfilamenti sono soprattutto abbondanti subito al di sotto della membrana plasmatica. Durante la
divisione cellulare questa rete si concentra all'equatore della cellula, formando un anello contrattile che
strozza le due cellule figlie, separandole. In alcune cellule i microfilamenti forniscono un'impalcatura a
piccole estroflessioni. Un esempio sono i microvilli, estroflessioni delle cellule dell'epitelio intestinale,
che formano il tipico orletto a spazzola.

Alcune sostanze, come le citoclasine o la falloidina impediscono la funzione dei microfilamenti, la prima
impedendo l'aggiunta di subunità, la seconda impedendo l'eliminazione delle subunità.

Affinché la cellula possa muoversi l'actina deve interagire con la miosina. I filamenti di miosina nelle
cellule muscolari sono stabilmente associati in spessi filamenti, mentre nelle cellule non-muscolari si
associano solo su richiesta. L'interazione funzionale actina/miosina è regolata dagli ioni Ca++ e da varie
proteine regolative. Queste sono la calmodulina, una proteina calcio-dipendente, e la chinasi della
catena leggera della miosina. Queste due proteine concorrono a regolare l'apparato contrattile delle
cellule non-muscolari e delle cellule muscolari lisce. Un aumento di ioni Ca++ provoca l'attivazione
della calmodulina. Il complesso così formato si lega alla chinasi, fosforilando la miosina. Le
molecole di miosina si assemblano in filamenti, interagiscono con l'actina e provocano la
contrazione.
41

Anche i microfilamenti possono fungere da guida per i movimenti intracellulare degli organelli. Accanto
ai motori microtubulari esistono altri motori che consentono movimenti. Questi motori molecolari sono
formati da miosine "non convenzionali”.

Filamenti intermedi.
Esistono filamenti di spessore intermedio tra i microtubuli e i microfilamenti, circa 10 nm, detti
filamenti intermedi. I filamenti intermedi differiscono anche per composizione chimica, stabilità e
distribuzione intracellulare. Presentano alcune caratteristiche:
 sono strutture molto stabili;
 sono scarsamente solubili, anche in presenza di detergenti non ionici;
 sono costituiti da subunità proteiche lineari, ad α-elica, non globulari.

Sulla base della loro composizione chimica è possibile classificare i filamenti intermedi in sei gruppi:
1. tipo I e II = filamenti di cheratina o tonofilamenti = hanno un diametro di 8-9 nm e sono
presenti in molte cellule epiteliali e nei derivati dell'epidermide. Alla formazione di questi
filamenti concorrono diverse specie di cheratina, divisibili in due gruppi, acide e neutre-basiche.
Ciascun tonofilamento deriva dalla polimerizzazione di eterodimeri composti da una proteina
acida e una basica, o neutra. Ciascun epitelio ha un suo caratteristico assetto di cheratine. I
tonofilamenti abbondano negli epiteli pavimentosi stratificati e si organizzano formando una
rete attorno al nucleo, irradiandosi verso la periferia della cellula, dirigendosi verso i
desmosomi. L'attacco dei tonofilamenti ai desmosomi serve per trasmettere le sollecitazioni
meccaniche da una cellula all'altra;
2. tipo III = filamenti costituiti da proteine come vimentina, desmina, GFAP e periferina = questi
filamenti presentano omologie di sequenze aminoacidiche che possono assemblarsi come
omo/eteropolimeri. I filamenti di vimentina si trovano nelle cellule di derivazione mesenchimale,
quali i fibroblasti, le cellule endoteliali e le cellule del Sertoli. La desmina ha una distribuzione
più limitata ed è presente nelle cellule muscolari lisce e striate, specie in corrispondenza delle
strie Z. I gliofilamenti derivano dalla polimerizzazione di subunità proteiche di un solo tipo, le
GFAP. La periferina, come i gliofilamenti, è localizzata in cellule del sistema nervoso,
precisamente in alcuni neuroni del SNP;
3. tipo IV = neurofilamenti e α-internexina = sono presenti nel corpo cellulare e nei prolungamenti
dei neuroni. Sono composti da tre diversi polipeptidi. I neurofilamenti appaiono come esili tubi
con un centro chiaro. L'aggregazione laterale dei neurofilamenti porta alla formazione delle
neurofibrille. L’α-internexina è espressa nei neuroni, durante lo sviluppo embrionale;
4. tipo V = lamine nucleari A, B, C = queste proteine formano una rete fibrillare bidimensionale,
posta sulla faccia interna dell'involucro nucleare, detta lamina nucleare, che si disperde e si
aggrega in momenti specifici della mitosi;
5. tipo VI = nestina = proteina che presenta omologie con i tipi III e IV, è espressa nelle cellule
del SNC e da precursori mesenchimali di vario tipo.

Tabella riassuntiva.

MICROTUBULI FILAMENTI MICROFILAMENTI o


INTERMEDI FILAMENTI
ACTINICI
COMPOSIZIONE Filamenti costituiti da Filamenti costituiti da Filamenti costituiti da
subunità di tubulina, proteine fibrose e una catena di tolta di
dimeriche, composte a allungate, composte molecole globulari di
loro volta da due ciascuna da: actina identiche, tutte
monomeri globulari, la  testa globulare le volte nella stessa
tubulina α e la tubulina β. amminoterminale; direzione rispetto
42

Le subunità di tutti Lina  dominio centrale a all'asse della catena.


si infilano a formare le bastoncello allungato; Anche il filamento di
pareti della carità del  coda globulare atti e una a una
microtubulo. Esso si amminoterminale. polarità, con una
presenta come una il dominio centrale estremità + e una -. I
cilindro costituito da 13 consiste in una estesa filamenti di actina si
protofilamenti //, regione ad α-elica, con allungano che
ciascuno dei quali è una cui le proteine dei l'aggiunta di monomeri
catena di subunità di filamenti intermedi ad entrambi i capi, ma
tubulina α e β, alternate formano dimeri stabili alla velocità di crescita
nel senso della avvolgendosi una sull’altra è maggiore alle
lunghezza. Ogni in una conformazione a estremità +.
protofilamento a una spirale retorica. Dunque
polarità strutturale: di questi dimeri si
 estremità + = associano, sfalsati e
comincia con la antiparalleli, in un
tubulina β. È rivolta tetramero. Infine i
verso la periferia tetrameri si uniscono per
della cellula; le estremità formando
 estremità - = lunghi filamenti.
comincia con la
tubulina α. È rivolta
verso l’interno della
cellula, a contatto
con il centrosoma.
Il microtubulo si sviluppa
a partire da una
struttura particolare
chiamata centrosoma,
composto da un terzo
tipo di tubulina, la
tubulina γ. A questa
proteina si attaccano i
dimeri di tubulina α β.
DIMENSIONI Diametro di circa 25 nm. Diametro di circa 10 nm. Diametro di circa 7
nm.
LOCALIZZAZIONE Sono presenti in tutte le Si sviluppano in modo Sono presenti in tutte
cellule. particolare nel le cellule. L’actina è
citoplasma di cellule situata in uno strato
soggette a sollecitazioni sotto la membrana
meccaniche. Sono plasmatica, a formare
abbondanti lungo gli la cortex cellulare.
assoni delle cellule
nervose, dove
irrobustiscono questi
prolungamenti. Sono
presenti anche nelle
cellule muscolari ed
epiteliali. Attraversano
tutto il citoplasma da una
giunzione cellulare
43

all'altra.
FUNZIONE Hanno il compito di Possiedono una grande Sono essenziali per
ancorare in posizione ben esistenza alla nazione e molti di loro
precisa di organelli servono soprattutto a me movimenti, e
delimitati da membrane e delle cellule in grado di permettono la
di dirigere i trasporti sopportare lo stress contrazione muscolare
intracellulare di. Quando meccanico da stiramento. e la citodieresi delle
la cellula entra in mitosi, Inoltre questi filamenti cellule in mitosi. Si è
i microtubuli si rafforzano l’involucro posta di sotto la
dissociano per cogliere il nucleare, facendogli da membrana plasmatica
formarsi nel fuso supporto, andando a sostengono la
mitotico. Possono anche costituire una lamina superficie della cellula
dare vita a strutture nucleare, che si aggrega e le conferiscono
permanenti, come me le e si disaggrega ad ogni resistenza meccanica.
ciglia e nei flagelli. divisione cellulare. Permettono lo
spostamento delle
cellule, con movimenti
ameboidi.
CARATTERISTICHE Hanno una rigidità Sono i filamenti più Filamenti più sottili,
MORFO- maggiore dei filamenti robusti e durevoli, anche flessibili e corti, ma
FUNZIONALI intermedi e dei se è trattati con molto più numerosi dei
microfilamenti. soluzioni saline o microtubuli. A seconda
Presentano una tipica detergenti non ionici. della proteina che il
instabilità dinamica, cioè filamento di actina
la capacità di aggregarsi lega si creano diverse
e disgregarsi, molto strutture:
rapidamente.  microvilli =
formano lo re
d'una spazzola di
epitelio
intestinale;
 facili contrattili;
 anello contrattile.

INTERAZIONI TRA CITOSCHELETRO E MEMBRANA PLASMATICA


Il citoscheletro può influenzare la mobilità dei recettori di membrana.
Le proteine intrinseche di membrana possono diffondere lateralmente nel piano della membrana stessa.
Tuttavia questi movimenti possono essere limitati per interazioni tra le proteine e le componenti
periferiche del citoscheletro. Un esempio può essere offerto dai linfociti, nel processo di formazione
dei patch.
Un altro esempio ben caratterizzato di interazioni membrana-citoscheletro è dato dallo scheletro di
membrana del globulo rosso. Per studiare la membrana plasmatica degli eritrociti è sufficiente esporli
ad una soluzione salina ipotonica per farli gonfiare fino a scoppiare = EMOLISI. Ciò che ne rimane sono
le membrane vuote, o "spettri" dei globuli rossi. Gli studi hanno dimostrato che alla faccia interna della
membrana è associata una componente citoscheletrica bidimensionale, che consente alla cellula di
resistere agli stress fisici della circolazione, mantenendo la sua integrità strutturale e la forma
biconcava. Lo scheletro del globulo rosso è costituito da quattro proteine:
1. spettrina = è la più abbondante delle proteine e forma una rete bidimensionale sotto la
membrana;
2. anchirina = fa da ponte tra la spettrina e la banda 3 e permette l'agganciamento dello scheletro
di membrana alla membrana plasmatica;
44

3. actina;
4. banda 3 = mantiene l'integrità strutturale del globulo rosso, ancorando lo scheletro di
membrana al doppio strato lipidico. Fa aumentare la capacità dei globuli rossi di cambiare
anidride carbonica, sotto forma di acido carbonico.

INTERAZIONI TRA CITOSCHELETRO E MATRICE EXTRACELLULARE


La matrice extracellulare svolge un ruolo importante nel regolare la migrazione, la proliferazione il
differenziamento di molti tipi cellulari. Le interazioni tra citoscheletro e matrice extracellulare sono
mediate da proteine transmembrana, dette integrine. La porzione extracellulare di queste proteine
stabilisce contatti di tipo recettoriale con elementi della matrice, mentre la parte intracellulare è
collegata a elementi del citoscheletro.
Esistono due diversi tipi di strutture di adesione cellula-matrice:
 podosomi o invadopodi = piccole protrusioni tondeggianti della superficie ventrale della cellula,
che aderiscono al substrato delle adesioni focali. Il centro di ciascun podosoma è formato da un
aggregato di actinaF e altre molecole, circondato da un anello in cui troviamo vincolina, talina,
proteine citoscheletriche e integrine;
 adesioni focali = struttura a forma di punta di lancia, grazie alla quale la superficie ventrale
della cellula aderisce alla matrice extracellulare. Sono placche di adesione, più grandi e stabili
dei podosomi, studiate soprattutto in cellule epiteliali, endoteliali e fibroblasti. Sul versante
citoplasmatico di queste strutture si ancorano fasci di microfilamenti, noti come fibre da
stress. Esistono alcune proteine, attraverso le quali queste fibre possono far presa sul
substrato. Tra queste proteine ricordiamo la talina, la vincolina, la tensina e la α-actina.
Vincolina e α-actina sono presenti in alcuni siti di adesione tra cellule, le zonulae adhaerentes.

Lo scheletro di membrana della fibra muscolare è molto sviluppato e ha la funzione di collegare in modo
stabile l'actina del citoscheletro alla matrice extracellulare, attraverso un complesso di glicoproteine
transmembrana. Il principale componente di questo complesso di proteine è la distrofina, la cui funzione
è quella di costruire uno stabile collegamento tra citoscheletro e matrice. Questo ancoraggio serve a
stabilizzare la membrana e a proteggerla dallo stress dovuto alla contrazione muscolare.

MOVIMENTO CELLULARE
Il movimento cellulare può essere:
 quello degli organelli, dovuto al citoscheletro;
 un movimento ameboide = grazie all’emissione di pseudopodi;
 un movimento ciliare/flagellare.
Gli ultimi due tipi di movimenti rappresentano i principali meccanismi di locomozione negli organismi
unicellulari. Negli organismi pluricellulari animali il movimento ameboide è presente in molti tipi durante
lo sviluppo embrionale e fetale. Si può osservare anche durante la cicatrizzazione delle ferite.
Nell'animale adulto questo tipo di movimento è visibile solo in alcuni tipi cellulari, quali macrofagi,
leucociti e mastociti. Il movimento flagellare è limitato ai gameti maschili, mentre il movimento delle
ciglia determina correnti nei liquidi che bagnano la superficie degli epiteli vibratili.
45

Movimento ciliare e flagellare

CIGLIA FLAGELLI
DEFINIZIONE Sottili processi cellulari, corti e Sottili processi cellulari, pochi e
numerosi. lunghi.
MOVIMENTO I movimenti delle ciglia sono di I movimenti dei flagelli sono di
tipo pendolare. Se si osserva il tipo sinusoidale. Consiste di onde
battito di una fila si nota che sinusoidali di riflessione
ogni ciglio batte un poco dopo di propaganda del lungo l'asse del
quello che lo decide e un po' flagello.
prima di quello che lo segui. Le
varie ciglia battono
ritmicamente una dopo l'altra.
Tali battito è detto
metacronico. Il battito è
organizzato in due parti:
 colpo efficace = rapido corpo
in cui il ciglio si flettere
rigidamente alla base,
scherzando il liquido
circostante;
 colpo di ritorno = il ciglio
ritorna la sua posizione
iniziale con un movimento di
srotolamento. E
LOCALIZZAZIONE Nell’organismo umano sono Nei mammiferi le cellule con
ciliate le cellule superficiali flagello sono gli spermatozoi,
dell’epitelio di rivestimento di: anche se si possono trovare i
 vie respiratorie; flagelli corti e immobili, le ciglia
 vie percorse dalle cellule primaria e, in alcune cellule
genitali femminili, tube epiteliali del neurone, della rete
uterine e utero; testis (EPIDIDIMO), e in alcuni
 vie percorse dalle cellule dotti ghiandolari.
genitali maschili,
condottini efferenti.
Questi epiteli sono detti
EPITELI VIBRATILI.
STRUTTURA Sono disposti in file o serie Il flagello degli spermatozoi
lineari. Sono appendici cellulari presenta una struttura
delimitate da un maestro assonemica identica a quella del
flessione della membrana ciglio, ma possiede una anello di
plasmatica. Hanno una lunghezza MITOCONDRI che avvolge
di circa 5-10 μm e un diametro di l’organizzazione 9 + 2. Questi
circa 0.2 μm. Alla base di ciascun mitocondri servono per dare
ciglio è presente un gran energia allo spermatozoo.
prudenza detto corpo basale. La
membrana del ciglio è in
continuità con la membrana
plasmatica. ( vedi assonema )
46

FUNZIONE La loro funzione è determinare I flagelli determinano lo


correnti di liquido che bagnano spostamento della cellula nel
superficie nell'epitelio, liquido in cui questa è immersa.
permettendo l'eliminazione di
particelle di particelle penetrate
nelle vie respiratorie e il
movimento dei gameti e delle
uova fecondate.

ATTENZIONE!!!
È importante non confondere il centriolo con l’assonema. La struttura del centriolo è
composta da 9 x 3 triplette di microtubuli A, B, C. Il microtubulo A è composto da 13
protofilamenti, mentre i microtubuli B e C hanno una parete parzialmente fusa con il
microtubulo A, perciò hanno solo 10/11 protofilamenti.
L’assonema ha una struttura 9 x 2 coppie di microtubuli, A e B. Il microtubulo A è
composto da 13 protofilamenti, mentre quello B è parzialmente fuso con A, e presenta
solo 10/11 protofilamenti.

Assonema.
Il ciglio ha origine da una struttura costituita da nuovi coppie di microtubuli disposte alla periferia e
una coppia al centro del ciglio. I due microtubuli centrali sono separati, mentre quelli di ciascuna delle
coppie degli fini che sono accostati e in parte fusi tra loro. Questa struttura prende il nome di
ASSONEMA. L’organizzazione dell’assonema è detta organizzazione 9 + 2. Ciascuna coppia periferica è
formata da un tubulo, tubulo A, che presenta delle proiezioni laterali, e le braccia, e da un secondo
tubulo, tubulo B. La parete dei tubuli centrali e del tubulo A è comparsa da 13 protofilamenti, mentre la
parete del tubulo B da soli 10/11. Da ciascuno tubulo della coppia centrale partono due braccia
proteiche che si curvano fino a raggiungere quelle dell'altro tubulo, formando la guaina centrale. Sono
inoltre visibili raggi di connessione disposti radialmente che si dipartono da ciascuno tubulo A. Le
braccia laterali di tubi A contengono la dineina assonemica, fondamentale per il movimento di ciglia e
flagelli.

Il movimento di ciglia e flagelli è dovuto allo scorrimento dei microtubuli periferici dell’assonema gli uni
sugli altri, senza che modifichino la loro lunghezza. Tale movimento richiede:
 l'intervento dell'ATP, come fonte di energia;
 la presenza nelle braccia laterali della dineina, una ATPsintetasi, cioè un enzima in grado di
scindere l’ATP.
Lo scorrimento di microtubuli periferici è reso possibile della presenza della dineina tra il tubulo A di
una coppia periferica e il tubulo B della coppia adiacente.
L’assonema origina da un corpo basale, un granulo denso posto alla base di ciglia e flagelli. La struttura
del corpo basale è identica a quella del centriolo dell'apparato mitotico, 9 x 3. I corpi basali sono chiusi
all’estremità distale, quella rivolta verso l’assonema, da una piastra basale. I microtubuli A e B di
ciascuna tripletta del corpo basale attraversano la piastra basale e si continuano nel ciglio, dove
formano le coppie di microtubuli periferici dell’assonema.
Nelle cellule che presentano un singolo flagello, il corpo basale, detto anche centriolo distale, è
affiancato da una struttura denominata centriolo prossimale, disposto perpendicolarmente al primo.
47

Movimenti intracellulari.
Un caso di particolare importanza è quello che si verifica negli assoni delle cellule nervose. Questo
movimento intracellulare consiste in uno spostamento continuo di piccole molecole, proteine e metaboliti
vari, ma anche di organelli citoplasmatici, che si dirigono lungo l'assone o lungo i dendriti.
Movimento ameboide.
Il movimento ameboide è la forma di locomozione caratteristica del protozoo ameba. La cellula emette
delle protrusioni citoplasmatiche, dette pseudopodi, nei quali fluisce il protoplasma, determinando lo
spostamento del corpo cellulare. Questo tipo di locomozione è riscontrabile nelle cellule embrionali, ma
anche nelle cellule dell'individuo adulto, come i macrofagi e i leucociti. Questi ultimi, attraversano i vasi
sanguigni mediante un processo chiamato diapedesi e migrano verso le infezioni. Un fattore importante
per il movimento ameboide è l'adesione ad un substrato solido. Gli pseudopodi possono avere diverse
forme:
 globosa = lobopodi;
 filiforme = filopodi;
 esili membrane ondulanti = lamellipodi.

La cellula emette uno pseudopodio circa parallelo al piano di movimento. In corrispondenza


dell'estremità che avanza, l'ectoplasma, uno strato corticale trasparente ed omogeneo, forma
un'espansione detta cappuccio ialino. L'endoplasma raggiunge questa zona e quindi si trasforma in
ectoplasma, dando origina ad un altro cappuccio. Questa serie di trasformazioni permette il movimento.

CAP 6: IL NUCLEO
GENERALITÀ
Il nucleo è l'organello più grande della cellula eucariotica in interfase. Questo organulo è composto da:
 membrana nucleare o involucro nucleare = separa il nucleo dal restante citoplasma. Sulla
superficie presenta dei fori attraverso i quali il nucleo può comunicare con la restante parte
della cellula. Questi fori sono noti con il nome di pori nucleari;
 cromatina = costituita da DNA associato a proteine basiche, gli istoni, + proteine non istoniche,
RNA e lipidi. La cromatina si presenta sotto forma di cromosomi durante la divisione cellulare;
 nucleolo = zona del nucleo particolarmente evidente, di forma rotonda, densa e intensamente
colorata, ricca di RNA. Possono essere anche più di uno nella cellula;
 matrice nucleare o NUCLEOPLASMA.

Il nucleo è la sede del materiale genetico. Qui si realizzano moltissime reazioni.


Nel nucleo in mitosi la membrana nucleare si disgrega e la cromatina si addensa in cromosomi.
Forma, dimensioni e posizione del nucleo sono caratteristiche dei diversi tipi cellulari.
La forma del nucleo è solitamente correlata a quella della cellula, mentre la dimensione è proporzionale
a quella del citoplasma. La posizione del nucleo varia a seconda che le cellule siano:
 non polarizzate = allora sarà al centro della cellula;
 secernenti esocrine = allora il nucleo sarà verso il polo basale della cellula;
 adipose = il nucleo sarà spinto alla periferia;
 nervose ed epiteliali = la posizione del nucleo è data dalla quantità/disposizione delle strutture
fibrillari del citoplasma.
48

Nella maggior parte delle cellule il nucleo è uno solo, ma si possono trovare casi di cellule con due nuclei,
ad esempio le cellule cupoliformi, o anche con più nuclei, ad esempio:
 sincizi = diverse cellule si fondono, mettendo in comune il citoplasma, ma lasciando i nuclei
separati tra loro;
 plasmodi = avviene la divisione del nucleo, cariocinesi, ma non quella del citoplasma, diacinesi.

INVOLUCRO NUCLEARE
L'involucro nucleare funge da interfaccia tra ambiente citoplasmatico e nucleare.
Il nucleo è delimitato da un involucro, interrotto da pori, il cui componente principale è la cisterna
perinucleare, costituita da due membrane concentriche. Queste cisterne sono in continuità con quelle
del reticolo endoplasmatico. Le due membrane dell'involucro, esterna ed interna, hanno una struttura
unitaria e si continuano a livello dei pori, ma hanno composizione proteica e funzioni molto diverse:
 membrana esterna = può presentare dei ribosomi sul versante citoplasmatico e partecipa
all'attività sintetica del RER;
 membrana interna = assume intimi rapporti con la cromatina, che tende ad addensarsi in
prossimità dell'involucro nucleare. L'interazione cromatina-membrana nucleare è mediata dalla
lamina fibrosa o lamina nucleare, una rete formata da proteine filamentose, le lamìne, che
riveste internamente la membrana nucleare, e si interrompe a livello dei pori.
I pori nucleari sono complessi diaframmi che regolano gli scambi nucleo-citoplasma.
L'involucro nucleare non sigilla il nucleo, ma permette che avvengano scambi con il citoplasma,
attraverso i pori nucleari, in corrispondenza dei quali le due membrane nucleari si continuano l'una con
l'altra e la lamina nucleare si interrompe. I pori nucleari presentano un diametro esterno variabile da
30-100 nm. Ogni poro è formato da una struttura a simmetria ottagonale, il complesso del poro,
costituito da diversi proteine, le nucleoporine. Questo complesso è formato da due anelli posti sulla
membrana nucleare interna ed esterna, denominati anello nucleare ed anello citoplasmatico, ciascuno
costituito da otto subunità proteiche. Tra i due anelli se ne trova un altro, costituito da otto subunità
colonnari. Le caratteristiche funzionali del poro dipendono dalle sue componenti. Più le molecole sono
grandi, più le velocità con la quale queste attraversano il poro sarà maggiore, in quanto si formeranno
delle interazioni tra la struttura del poro e le macromolecole.
I pori nucleari partecipano al trasporto attivo di specifiche macromolecole dal citoplasma al nucleo
e viceversa.
Le proteine destinate al nucleo presentano dei segnali di localizzazione nucleare, SNL, che permettono
l'efficiente trasporto attraverso i pori nucleari. I classici segnali sono costituiti da brevi sequenze di
aminoacidi baltici, 4-8 aminoacidi, che formano anse sporgenti in diversi punti della proteina. Svariate
proteine citoplasmatiche, come le importine, riconoscono e si legano alle sequenze segnale che
permettono il passaggio delle proteine all'interno del nucleo. Questo processo richiede energia, fornita
dall'idrolisi del GTP.
Tutti i tipi di RNA sono sintetizzati nel nucleo ma svolgono la loro funzione nel citoplasma. I meccanismi
di esportazione dal nucleo sono meno chiari, ma sembra che vengano utilizzate delle sequenze di
esportazione nucleari, SEN. La più nota è costituita da dieci aminoacidi e ricca di leucina.

STRUTTURA DEL NUCLEO INTERFASICO


Il nucleo presenta amassi più o meno grossi di una sostanza basofila, la cromatina, variamente dispersi
nel nucleo. Sono inoltre visibili uno o più corpi tondeggianti, densi, i nucleoli. Spesso i nucleoli sono
circondati da una anello di cromatina condensata, detta cromatina associata al nucleolo. Lo spazio
restante è denominato MATRICE CELLULARE.
Nel nucleo appaiono zone di materiale filamentoso fortemente addensato, e zone di materiale
filamentoso scarsamente addensato.
49

Questo materiale non è altro che cromatina:


 eterocromatina = cromatina più addensata. È caratterizzata da una inattivazione della
trascrizione dei geni in essa presenti. È situata nelle regioni telomeriche e centromeriche del
cromosoma;
 eucromatina = cromatina meno addensata. È la cromatina che si può duplicare durante la fase S
del ciclo cellulare. È ulteriormente divisibile in:
 eucromatina attiva = rappresenta lo stato meno addensato della cromatina nel nucleo
interfasico, ed è trascrizionalmente attiva;
 eucromatina inattiva = presenta un grado di condensazione intermedio tra quello
dell'eterocromatina e quello dell'eucromatina attiva.
La stabilità è una caratteristica fondamentale del DNA.
Il DNA è localizzato esclusivamente nella cromatina, ad eccezione del DNA dei mitocondri e dei
cloroplasti. Inoltre è digerito dall'enzima DNasi. Le molecole di DNA sono altamente stabili, ma
durante la duplicazione si possono verificare lesioni ed errori che modificano il DNA. Per questo motivo
esiste un complesso sistema di riparazione che provvede a correggere immediatamente la maggior parte
di questi errori. Solo quando un errore sfugge al sistema di riparazione del DNA si originano
MUTAZIONI.

Il DNA varia da specie a specie, ma in ciascuna specie le quantità di DNA variano soltanto col variare
del numero dei cromosomi.

LA CROMATINA
La cromatina è costituita da DNA e istoni.
La cromatina è costituita da:
 DNA;
 istoni = proteine piuttosto piccole, ricche di amminoacidi basici, arginina e lisina.

Mutazioni nei geni degli istoni sono quasi sempre letali. La massa totale degli istoni contenuti in un
nucleo è circa pari a quella del DNA. Gli istoni appartengono a cinque classi:
1. H1 = molto ricchi in lisina, costituiscono un insieme di proteine correlate e sono le meno
conservate nell'evoluzione;
2. H2A e H2B = moderatamente ricchi in lisina;
3. H3 e H4 = ricchi in arginina. Sono le proteine più conservate nell'evoluzione.

Per ogni molecola H1 sono presenti due molecole di ciascuna delle altre classi. Si ritiene che questo
istone contribuisca alla regolazione dell'espressione genica della regione di cromatina in cui si trovano.
Gli istoni possono subire modificazioni post-trascrizionali reversibili, come la fosforilazione,
l'acetilazione e l'ubiquitinazione, che modificano la loro interazione con il DNA. Per quanto riguarda
l'ubiquitinazione per gli istoni questo non è un segnale di degradazione.

Altre classi di molecole associate alla cromatina sono le proteine non istoniche, o proteine nucleari
acide. A differenza delle proteine istoniche, cariche positivamente, che quindi si legano con facilità al
DNA, carico negativamente, queste proteine, a loro volta cariche negativamente, non possono legarsi al
DNA, per cui instaurano legami con le proteine istoniche.
50

Il nucleosoma rappresenta la particella elementare della cromatina.


La cromatina presentava svariati livelli
di organizzazione. A partire dal livello
base abbiamo:
 nucleosoma = costituito da un
tratto di doppia elica di DNA di
147 coppie di basi e da due
molecole di ciascuno degli istoni
H2A, H2B, H3, H4, a formare
quello che è definito un
ottamero istonico. I vari
nucleosomi sono uniti tra loro da
delicati di DNA di circa 60
coppie di basi = DNA LINKER;
 fibra elementare di 11 nm =
costituita da una struttura a
collana di perle, nella quale le perle sono i nucleosomi e i fili che le collegano sono tratti di DNA;
 fibra di cromatina da 30 nm = l’avvolgimento della fibra elementare da 11 nm, a costituire un
solenoide di 30 nm, è data dall'istoni H1;
 cromosoma = ulteriore compattamento della fibra di cromatina da 30 nm.
Rapporti tra spiralizzazione e trascrizione.
Rispetto alla cromatina totale, l'eucromatina attiva rappresenta una piccola percentuale. Il 90% del
DNA non è importante, ed è costituito da sequenze ripetute e non conservate, nelle quali si sono
verificate mutazioni, che però non hanno impedito all'organismo/cellula di sopravvivere. Questa parte
di genoma è considerato silente. Il restante 10% è costituito da sequenze uniche, che codificano per
tutte le proteine utili alla cellula. Entrambe le componenti della cromatina, DNA e istoni, mostrano
caratteristiche che distinguono le regioni eterocromatiniche:
 il DNA è ipermetilato, cioè presenta molte 5-metil citosina;
 gli istoni, con i quali è il rapporto di DNA, sono deacetilati.
Al contrario, nelle regioni eucromatiniche, è rara la metilazione del DNA e la deacetilazione degli istoni.

PROTEINE NON ISTONICHE E MATRICE CELLULARE


Le proteine nucleari non istoniche costituiscono un insieme eterogeneo di proteine enzimatiche,
strutturali e regolative.
In aggiunta agli istoni, nel nucleo troviamo proteine non istoniche, o proteine acide del nucleo. Queste
proteine sono divisibili in:
 proteine della matrice cellulare = proteine fibrillari poco solubili che costituiscono la matrice
cellulare e l'impalcatura cromosomica;
 enzimi coinvolti nella duplicazione del DNA = sono le proteine che costituiscono il replisoma;
 enzimi della trascrizione del processamento degli RNA = sono le RNA polimerasi, gli enzimi
responsabili del capping e della coda di poli-A;
 proteine che si associano agli RNA;
 proteine stabilmente associate alla cromatina;
 regolatori specifici delle attività tradizionali = un gruppo di tali proteine sono quelle che si
legano a sequenze specifiche del DNA e permettono il legame con altre proteine, dando via alla
sintesi trascrizionale.
I regolatori trascrizionali specifici sono le proteine responsabili del meccanismo di attivazione selettiva
dell'espressione genica, che fa sì che, in ogni cellula differenziata, al solo una piccola parte del genoma
sia trascrizionalmente attiva.
51

Le proteine strutturali della matrice nucleare interagiscono con la cromatina e contribuiscono alla
funzione genica.
I nuclei mantengono la loro forma anche dopo estrazione con soluzioni saline concentrate e detergenti
non ionici. Questo grazie alla matrice cellulare, una trama fibro-granulosa diffusa, composta da tre
parti:
 lamina nucleare;
 reticolo fibro-granulare interno;
 residui nucleolari.

Tra le proteine della matrice nucleare le più abbondanti sono le nucleoplasmine e le lamine, ma troviamo
anche actina e vimentina.

MODIFICAZIONI NUCLEARI NELLA DIVISIONE CELLULARE E NELLA APOPTOSI


L'involucro nucleare si dissolve nel corso della divisione cellulare.
La divisione cellulare è accompagnata da cambiamenti strutturali della cellula. A livello nucleare
troviamo la condensazione della cromatina e la dissoluzione della membrana nucleare. L'elemento
scatenante della dissoluzione dell'involucro nucleare è la dissociazione della lamina nucleare
conseguente alla fosforilazione delle lamine. Successivamente la membrana nucleare in parte confluisce
nel ridicolo endoplasmatico, in parte forma le vescicole. Entrambi gli eventi sono reversibili.
I corpi nucleari sono caratteristici dell'apoptosi.
Nelle cellule che vanno incontro ad apoptosi, o morte cellulare programmata, si verificano alterazioni
morfologiche e funzionali a carico dell'intera cellula, in particolare del nucleo. La differenza
fondamentale tra apoptosi e necrosi è che il primo tipo di morte è programmata dalla stessa cellula,
mentre nella necrosi si assiste ad una istantanea interruzione delle funzioni cellulari. Nell'apoptosi i
mitocondri rimangono intatti, le pompe di ogni che continuano a funzionare, la cellula e il suo nucleo si
dividono in frammenti circondati da membrana, fagocitate delle cellule vicine. Una caratteristica
dell'apoptosi è la conversazione della cromatina del nucleo, in un processo chiamato picnosi nucleare.
Sostanzialmente l'apoptosi avviene senza che ci siano danni alle cellule circostanti. Nella necrosi si
assiste a degenerazione dei mitocondri, le pompe in ogni che cessano istantaneamente e di funzionale,
la membrana plasmatica e quella degli organuli si lisa.

LA DUPLICAZIONE DEL DNA


La duplicazione della DNA è semiconservativa.
Il DNA è costituito da due catene a volte a spirale, a formare una doppia elica. I due catene sono unite
da legami ad idrogeno, sono complementari ed antiparallele.
Esistono diversi modelli per la replicazione del DNA, ma solo uno è quello che, tramite analisi
sperimentale, è risultato corretto.
 modello semiconservativo = la molecola di DNA è srotolata e le due eliche sono separate. Così
ogni elica funge da stampo per la sintesi di un nuovo filamento complementare di DNA. In
questo modello ogni molecola figlia contiene una delle due eliche parentali;
 modello conservativo = le due eliche di DNA parentale rimangono insieme o si associano dopo la
replicazione, così una cellula figlia avrà il DNA parentale e l'altra un DNA di nuova sintesi;
 modello dispersivo = la doppia elica parentale viene tagliata in segmento di DNA a doppia elica
che funzionano da stampo e che vengono rimescolati insieme a segmenti di DNA nuovo.
Il meccanismo di duplicazione del DNA era stato postulato da Watson e Crick, e successivamente
confermato sperimentalmente da Meselson e Stahl.
Meselson e Stahl ottennero la prova sperimentale che il modello di replicazione del DNA era
semiconservativo. Essi presero una colonia di batteri E. coli facendoli crescere in un terreno minimo in
cui la fonte di azoto era il cloruro di ammonio e sostituirono il normale isotopo dell'azoto, 14N, con
52

l'isotopo 15N. I batteri così marcati venivano fati riprodurre e poi inserite per un ciclo di riproduzione
in un terreno in cui l'isotopo dell'azoto era 14N.
Dopo un ciclo di riproduzione il DNA aveva una densità di isotopi 14N e 15N uguale. Dopo un ulteriore
ciclo metà DNA era di densità intermedia e metà era costituito da 14N. Queste erano le norme che
dovevano regolare il modello semiconservativo.

Se fosse stato corretto il modello conservativo la densità dell'isotopo 15N si sarebbe dovuta vedere ad
ogni ciclo di riproduzione. Se invece fosse stato vero il modello dispersivo avremmo dovuto vedere
pezzetti di DNA 15N in ogni ciclo riproduttivo.
Duplicazione del DNA nei batteri e negli eucarioti.
Utilizzando E. coli in vitro, Kornberg e colleghi hanno sperimentato un metodo per trovare gli enzimi
necessari per la replicazione del DNA. La prima sintesi di DNA fu ottenuta in una miscela contenente
frammenti di DNA, i quattro desossiribonucleosidi trifosfati, dNTP ed un lisato di cellule di E. coli.
Kornberg analizzò il lisato e trovò un enzima responsabile della sintesi del DNA, la DNA polimerasi I. In
questo modo egli capì che quattro erano le componenti indispensabili affinché avvenisse la sintesi di
DNA:
 dNTP = cioè i precursori delle basi azotate;
 un frammento di DNA che funga da stampo;
 DNA polimerasi I;
 ioni Magnesio, Mg++, necessari per la funzionalità ottimale dell'enzima.

La replicazione del DNA ha tre caratteristiche principali:


 all'estremità crescente della catena, la DNA polimerasi catalizza la formazione di un legame
fosfodiesterico fra il gruppo 3'OH e il fosfato 5' del dNTP. L'energia per la formazione del
legame deriva dalla liberazione di due dei tre nucleotidi dNTP. La catena di DNA che si allunga
funziona come innesco, primer, nella reazione, dove una primer è una catena di polinucleotidi
preesistente alla replicazione del DNA, a cui si possono aggiungere nuovi nucleotidi
all'estremità 3'OH libera;
 ad ogni passaggio di allungamento della nuova catena di DNA la polimerasi trova il precursore
giusto per formare una copia di basi complementari con il nucleotide sull'elica stampo;
 la direzione della sintesi della nuova catena di DNA è 5'-3'. La catena stampo ha orientamento
3'-5'.

Nei batteri la duplicazione del cromosoma circolare è sequenziale. Questo processo procede da una
estremità all'altra della doppia elica. Quando una molecola di DNA si srotola per la replicazione si
forma una struttura forma di "Y", chiamata la forcella e negativa. Questa si muove in una sola
direzione. Il cromosoma batterico è composto da una singola molecola di DNA circolare. La replicazione
inizia in un punto specifico dell'anello, detto origine di replicazione. Nel cromosoma circolare di E. Coli
vi è una sola origine di replicazione chiamata oriC. Siccome le eliche restano in una forma circolare,
affinché si possano srotolare si dovranno originare dei superavvolgimenti positivi in altre parti della
cellula. Il problema del superavvolgimento è risolto grazie alle topoisomerasi, gli ingredienti utili
organismi che intervengono sul grado di superavvolgimento del DNA circolare. Questi enzimi
introducono accorgimenti negativi nel DNA, o convertono DNA superavvolto in rilassato.

Nelle cellule di mammifero sono stati identificati cinque diverse DNA polimerasi:
 α =alfa;
 β = beta;
 γ = gamma;
 δ = delta;
 ε = epsilon.
53

Le polimerasi α , β , δ ed ε sono localizzate nel nucleo, mentre la polimerasi γ si trova nel mitocondrio.
Le DNA polimerasi α e δ sono due enzimi responsabili della replicazione del DNA nucleare. Le DNA
polimerasi β ed ε servono per la riparazione del DNA danneggiato.
La replicazione del DNA è semidiscontinua. Quando una molecola di DNA si srotola per la replicazione si
forma una struttura a forma di "Y", chiamata forca replicativa. Questa si muove in una sola direzione.
L'elicasi svolge il DNA e produce due eliche stampo a singolo filamento. Le proteine SSB si legano al
DNA a singola elica e lo stabilizzano, impedendo che si riformi nuovamente la doppia elica. La primasi
sintetizza un primer di RNA su ciascuna elica stampo. Questi primer vengono allungati dalla DNA
polimerasi III che sintetizza nuove catene di DNA spostando le SSB. La DNA polimerasi può
catalizzare la sintesi di DNA solo in direzione 5'-3', mentre le due eliche hanno polarità opposta. La
nuova elica fatta in direzione 5'-3' è detta elica guida, mentre la nuova elica sintetizzata in direzione
opposta al movimento della forca replicativa è chiamata elica in ritardo. Per la sintesi dell'elica guida
basta un solo primer di RNA, mentre per la sintesi dell'elica in ritardo occorrono diversi primer. Man
mano che la forca di replicazione procede l'elicasi svolge altro DNA. L'elica guida è sintetizzata in
modo continuo, mentre l'elica in ritardo è sintetizzata in modo discontinuo in direzione 5'-3'. Si
formano perciò tanti piccoli frammenti preceduti da tanti piccoli primer di RNA. Questi frammenti
sono chiamati frammenti di Okazaki. Poiché le due eliche sono sintetizzate in modi diversi, la
replicazione del DNA si dice che avviene in maniera semidiscontinua. I frammenti di Okazaki vengono
congiunti tra di loro tramite l'attività di due enzimi, la DNA polimerasi I e la DNA ligasi. La DNA
polimerasi III si stacca e la DNA polimerasi I continua la sintesi in direzione 5'-3' del frammenta di
DNA, rimuovendo il primer. Quando la DNA polimerasi ha completato la sostituzione i due frammenti
sono uniti dalla DNA ligasi a formare un'elica più lunga.
Riassumendo, le proteine coinvolte in questa replicazione sono di tre classi:
 DNA polimerasi;
 elicasi = rompono i legami ad idrogeno che tengono unite le doppie eliche separandole;
 topoisomerasi.
Tutte queste proteine non operano in modo distinto ma formano un complesso chiamato REPLISOMA,
localizzato in prossimità della forcella replicativa.

I cromosomi eucarioti si duplicano velocemente perché la replicazione del DNA inizia in molte origini di
replicazione sparse per tutto il genoma. In corrispondenza di ciascuna origine il DNA si denatura, si
srotola, e la replicazione procede in entrambe le direzioni. Ogni forca replicativa si incontrerà con
quella adiacente unendo tutti i tratti di DNA sintetizzato. Il tratto di DNA compreso tra un'origine di
replicazione e le due terminazioni della replicazione, dove le forche si fondono, si chiama unità di
replicazione o replicone. La replicazione delle DNA non avviene simultaneamente in tutti i repliconi, ma
è presente un ordine temporale ben preciso.

Il DNA batteri con si replica rimanendo attaccato alla membrana. Questo assicura che le due molecole
di DNA si segreghino nelle due cellule figlie. Negli eucarioti il DNA è attaccato alla matrice cellulare,
che partecipa alla replicazione offrendo un punto di attacco per l'inizio.

È stato scoperto che i segmenti di eterocromatina completano la duplicazione del loro DNA dopo i
segmenti di eucromatina. L'esempio tipico di replicazione tardiva è rqppresentato dal cromosoma X
inattivo delle femmine.

Il DNA è unito alle proteine istoniche. Quando avviene la replicazione gli istoni passano ad una delle
doppie eliche figlie, lasciando l'altra come sito della neo-formazione di nucleosomi.
54

LA TRASCRIZIONE DELL’INFORMAZIONE GENETICA E IL NUCLEOLO


L’espressione dell’informazione genica consta della trascrizione e della traduzione.
La struttura, la funzione, lo sviluppo e la riproduzione di un organismo dipendono dalle caratteristiche
delle proteine presenti in ciascuna cellula e tessuto. Ogni proteina consiste di una o più catene di
amminoacidi, detta polipeptide. La frequenza degli amminoacidi e codificata da un gene un po' quando la
cellula bisogno di una proteina, all'informazione genetica deve essere ottenuta dal DNA. Il processo di
sintesi proteica comporta due fasi:
 trascrizione = è la sintesi di una filamento di RNA copiato da un segmento di DNA
 traduzione = è la sintesi proteica e consiste nella conversione del RNA messaggero nella
sequenza di amminoacidi di una polipeptide.
La trascrizione e la traduzione a vengono durante tutto il ciclo cellulare, anche se ridotta durante la
fase M.
Il Dogma Centrale della biologia è: DNA → RNA → Proteina.
La trascrizione è la sintesi di una molecola di RNA copiato su un segmento di lì è ne ha. Solo una delle
due eliche di DNA di pietra scritta di RNA, tramite l'aiuto di una RNA polimerasi. Ci sono quattro tipi
diversi di RNA:
 mRNA = RNA messaggero. Codifica per la sequenza di amminoacidi di una proteina. Gli mRNA
sono riprodotti di geni che codificano per proteine, detti anche geni strutturali;
 rRNA = RNA ribosomiali. Insieme alle proteine ribosomiali forma i ribosomi, strutture sulle
quali gli mRNA vengono tradotti in proteine;
 tRNA = RNA transfer. Porta gli amminoacidi agli ribosomi durante la traduzione;
 snRNA = piccolo RNA nucleare. Con alcune proteine e forma dei complessi coinvolti nella
maturazione dell'RNA eucariote.

Ad ogni genere sono associate delle sequenze di corpi di basi chiamate e le menti e regolatori, coinvolti
nella regolazione dell'espressione igienica. La trascrizione si realizzano mediante un processo
biochimico realizzato da un enzima chiamato RNA polimerasi. La doppia elica di DNA deve essere
srotolata. Questo processo è attuato nei procarioti dalla RNA polimerasi, mentre negli eucarioti
abbiamo diverse proteine specifiche. L'RNA viene sintetizzato in direzione 5'-3'. Le elica di DNA 3'-
5', chiamata elica stampo, funge da base per la trascrizione del RNA. L'altra elica, detta elicasi senso,
ha la stessa polarità dell'elica di RNA.
A differenza delle DNA polimerasi, alle RNA polimerasi incominciano la sintesi di nuovi catene, senza
l'uso di primer, ma non possiedono la funzione di correzione. Quando si presenta sull'elica stampo delle
DNA un nucleotide A, questo verrà tradotto sul RNA inonda nucleotide U. Questo perché l'RNA non ha
la base T.
Il processo di trascrizione avviene in tre stadi:
 inizio;
 allungamento;
 terminazione.

Un gene può essere diviso in tre parti:


 promotore = sequenza a monte del punto di inizio della trascrizione, con la quale la RNA
polimerasi interagisce per iniziare la trascrizione stessa;
 regione codificante = sequenza di DNA che viene trascritta in RNA;
 terminatore = regione situata a valle della regione codificante, specifica per l'interruzione della
trascrizione.
55

mRNA = Negli eucarioti i geni che codificano per le proteine sono trascritti dall'RNA polimerasi II. Il
prodotto della trascrizione è una molecola di pre-mRNA, un precursore che prima di poter produrre una
molecola di mRNA maturo deve essere modificato. I promotori dei geni che codificano per proteine
contengono:
 elementi promotori basali = un esempio sono:
 TATA box = ha una sequenza consenso di sette nucleotidi, TATAAAA, e facilita
la separazione di lei e che per l'inizio della trascrizione;
 elemento iniziatore, o Inr = sequenza la ricca di pirimidine vicina al sito di inizio
della trascrizione;
 elementi promotori prossimali = sono localizzati più a monte del TATA box, circa 50-200
nucleotidi dal punto di inizio. Esempi di questi elementi sono:
 CAAT box;
 GC box.
I promotori possono contenere varie combinazioni di elementi basali e prossimali.
L'accurato inizio della trascrizione di un gene che codifica per una proteina richiede l'assemblaggio
dell'RNA polimerasi II con un certo numero di altre proteine, chiamate fattori di base della
trascrizione, TF. Prima TFIID si lega al TATA box per formare il complesso di inizio preliminare.
Questo complesso agisce come sito di legame per TFIIB, che reclutale l'RNA polimerasi II e TFIIF,
producendo il complesso di inizio della trascrizione minimo. Poi TFIIE e TFIIH si lega non ho produrre
il complesso di inizio della trascrizione completo, in grado di dare inizio alla trascrizione. L'elevato
livello di trascrizione fra necessari altri fattori chiamati atti mattoni, che si legano ad elementi
regolatori, chiamati enhancer. Gli enhancer si trovasi singola o multipla copia e funziona entrambi gli
orientamenti, sia a sentirsi a valle e quelle interno del gene stesso. Elementi simili a questi, che però
reprimono, invece di attivare la trascrizione di un gene, sono chiamati silencer e funzionano quando sono
legati a fattori chiamati repressori.

La molecola di mRNA è composta da tre parti:


 sequenza leader = è detta anche regione al 5' non tradotta, o 5' UTR;
 sequenza codificante = segue la sequenza leader;
 sequenza di coda = è detta anche regione al 3' non tradotta, o 3' UTR.

PROCARIOTI EUCARIOTI

♣ Il trascritto di RNA funziona ♠ Il trascritto primario, pre-mRNA, per


come messaggero; produrre un mRNA maturo deve
♣ Poichè non esiste nucleo, un essere modificato;
mRNA incomincia ad essere ♠ Prima di essere tradotto, l'mRNA deve
prodotto soli ribosomi, prima migrare dal nucleo al citoplasma, dove
che la sua trascrizione sia sono localizzati di ribosomi;
completa = accoppiamento di ♠ Gli mRNA sono monocistronici, cioè
trascrizione e traduzione; contengono l'informazione codificante
♣ Gli mRNA sono policistronici, per un solo gene;
cioè contengono l'informazione ♠ Gli mRNA sono modificati ad ambo
codificante per più geni. le estremità 5' e 3'.

Negli eucarioti la maggior parte di geniche codificano per proteine contengono regioni che non
codificano per aminoacidi, chiamate introni, poste in mezzo alle altre sequenze, gli esoni. Gli introni
sono sequenze intere paste che non vengono tradotte in una sequenza di aminoacidi, mentre gli esoni
sono sequenze espresse, che quindi traducono per una sequenza di aminoacidi. Gli introni vengono
rimorsi durante la maturazione del pre-mRNA a dare la molecola di mRNA maturo.
56

Dopo che l'RNA polimerasi II ha sintetizzato circa 20-30 nucleotidi del pre-mRNA, le estremità 5' la
modificata grazie alla giunta di un cappuccio, cap. questo consiste nella giunta ha di una guanina al
nucleotide terminale mediante uno strano legame, 5'-5'. Questo processo è detto capping del 5'. Molti
mRNA vengono modificati anche le estremità 3' tramite la giunta ha di una sequenza di 50-250 adenine,
detta coda di poli(A). Questo processo è catalizzato grazie alla poli(A) polimerasi. Entrambe queste due
modificazioni e sono presenti nelle mRNA maturo e sono molto importante per la sua stabilità. Negli
eucarioti non esiste una sequenza di terminazione nel viene a che segnala la fine della trascrizione del
genere che codifica per una proteina. La trascrizione prosegue anche per centinaia/ migliaia nucleotidi
dopo il sito di poliadenilazione.

I pre-mRNA contengono spesso un certo numero di introni, che devono essere eliminati affinché
l'mRNA diventi maturo. Uno dei primi esperimenti che dimostrò l'esistenza degli introni fu sviluppato
da Leder. Egli studiava il gene della β-globina, e codificata il polipeptide β-globinico. Nella cellula sono
presenti RNA di diverse lunghezze, chiamati hnRNA. Da uno di questi RNA fu isolata la una molecola
che era il pre-mRNA della β-globina, lungo 1.5 kb. L'mRNA maturo era lungo 0.7 kb. Il gruppo di Leder
dimostrò che il pre-mRNA di 1.5 kb è colineare con il geniche lo codifica, mentre il mRNA di 0.7 kb non
lo era. Questo perché il primo conteneva ancora introni e dei suoni, mentre il secondo no. E si
concludono che nel viene era presente un introne di circa 800 bp. Durante il processo di maturazione
l'introne veniva eliminato e gli esoni legati insieme per formare un mRNA maturo.

La produzione dell'mRNA maturo consta di più fasi:


 trascrizione del gene da parte dell'RNA polimerasi II;
 aggiunta del cappuccio al 5';
 aggiunta della coda al 3';
 rimozione degli introni;
 unione degli esoni.
Gli introni e vengono rimossi e gli esoni uniti tramite un processo chiamato giunzione, o mRNA splicing.
Solitamente un introne è riconosciuto perchè inizia con un GU al 5' e termina con un AG al 3'. Il primo
passaggio è il taglio, al 5', dell'introne con l'esone. L'estremità 5' dell'introne si stacca e si lega, a
formare un occhiello, ad una A che fa parte della sequenza del punto di ramificazione, nell'introne
stesso. L'introne viene exciso e i due esoni sono riuniti. L'RNA laccio viene linearizzato e poi eliminato.
La maturazione degli mRNA avviene nel nucleo, in speciali strutture chiamate spliceosomi, costituite da
pre-mRNA legato a snRNP. Ci sono 6 snRNP, U1-U6.
 U1 si lega all'introne al 5';
 U2 si lega nel punto di ramificazione a monte del 3';
 U4-5-6 si legano alle U1-2 e provocano il ripiegamento dell'introne nella forma ad occhiello;
 le snRNP tagliano l'esone e l'introne e quest'ultimo si ripiega a laccio;
 l'introne viene exciso e gli esoni si uniscono.

L'RNA editing, correzione, riguarda l'inserzione o la delezione post-trascrizionale di nucleotidi, una


conversione di una base in un'altra. Un accurato confronto tra il DNA e il mRNA indica che le
differenze possono essere attribuite alla presenza di nucleotidi U nell'mRNA, non presenti nel DNA.
Questo RNA editing deve essere accurato per ricostruire l'appropriata sequenza di traduzione per la
proteina. Una molecola speciale di RNA, l'RNA guida, è coinvolta in questo processo. Questo RNA si
appaia con l'mRNA ed è responsabile del taglio del trascritto, di fornire lo stampo per i nucleotidi U e
di rilegare il trascritto.

tRNA = L'inizio della trascrizione di geni per i tRNA richiede il legame dei fattori di trascrizione al
promotore. TFIII si lega alla legge di controllo interna, per facilitare il legame del RNA polimerasi III.
Poi TFIIIB posiziona l'RNA polimerasi III in modo corretto sul gene, agisse cioè come fattore di inizio
di trascrizione. Il RNA polimerasi scrive il 50 bp a monte dell'inizio della zen e. I fattori di
57

trascrizione interagiscono con una molecola di RNA polimerasi III dopo l'altra, facilitando la
trascrizione ripetuta del gene intero. Da terminazione della trascrizione richiede sequenze specifiche
all'estremità 3', che segnalano all'RNA polimerasi di fermarsi. La trascrizione di geni di tRNA produce
molecole precursori, pre-tRNA, che hanno sequenze addizionali ad ogni estremità. In alcuni eucarioti
qualche gene per tRNA contiene introni, specialmente quelli che codificata per gli amminoacidi tirosina,
fenilalanina, triptofano, lisina, serina, leucina e isoleucina. Il primo gene per tRNA nel quale sia stato
trovato un introne è il gene della tirosina. La rimozione dell'introne avviene in seguito al taglio operato
da un'endonucleasi, mentre i frammenti generati dal taglio vengono riuniti insieme dall'enzima RNA
ligasi.

rRNA = Le unità ripetute di rDNA sono raggruppate in uno o più gruppi e racchiusa nel nucleolo. Ogni
unità è trascritta dalla RNA polimerasi I a dare la molecola di pre-rRNA. Nel promotore dell'rDNA
dell'uomo troviamo due domini:
 un elemento core, sovrapposto al punto di inizio della trascrizione;
 un elemento di controllo.
Per la trascrizione dell'rDNA due fattori si legano al promotore, che inizia la trascrizione. Le RNA
polimerasi I incomincia a scrivere soltanto dopo che i due elementi, hUBF e SL1 ci sono legati al
promotore. Per ottenere molecole di rRNA mature, il precursore è tagliato imposizioni specifiche per
rimuovere le sequenze spaziatrici. Il primo taglio elimina quelle esterne, successivamente vengono
tagliate quelle interne. Una volta che le subunità dei ribosomi sono assemblate, vengono esportate nel
citoplasma, dove avviene la sintesi proteica.

Morfologia e citologia del nucleolo.


Il nucleolo è visibile nella cellula come un corpo molto compatto pasto al centro del nucleo. Si colora
intensamente con i coloranti basici. Può a ride circondato da un anello di cromatina molto condensata,
detta cromatina associata al nucleolo o cromatina perinucleare. Il numero dei nucle varia da 1 a 6. Il
nucleolo scompare durante la mitosi e si riforma successivamente.
Il nucleolo nonè era avvolto da alcun tipo di involucro, ma è costituito da due componenti principali:
 componente granulare = contiene le informazioni corrispondenti alle fasi di rimodellamento dei
ribosomi, ed è costituita da subunità ribosomiali in corso di assemblaggio;
 componente fibrillare = contiene le informazioni per la trascrizione dell'rRNA.
Nel nucleolo di alcune cellule è possibile riconoscere una terza componente, costituita da una o più zone
specifiche e poco dense a gli elettroni, chiamate centri fibrillari.
Il nucleolo è la sede della trascrizione di geni dell'rRNA ribosomiale.
58

CAP 7: CICLO CELLULARE, CROMOSOMI, MITOSI


LA DUPLICAZIONE CELLULARE
L’organismo deriva da un'unica cellula, lo zigote, il quale va incontro a duplicazioni cellulari che
continuano anche dopo la nascita fino alla completa maturazione dell’individuo. La cellula ha durata
definita e per mantenere in equilibrio il numero delle cellule l’organismo provvede a generarne di nuove.
La cellula che prolifera è detta cellula madre la quale duplicando il suo corredo cromosomico e
dividendosi dà origine a 2 figlie geneticamente identiche.

I CROMOSOMI
Durante l’interfase la molecola di DNA è associata a proteine istoniche e forma insieme a queste la
cromatina interfasica. All’inizio della mitosi i segmenti di cromatina spiralizzati assumono l’aspetto di
singoli cromosomi. La cromatina è quindi lo stato interfasico dei cromosomi. I cromosomi sono i
depositari dei caratteri ereditari e determinano tutti i caratteri morfofunzionali della cellula. I
cromosomi all’inizio della mitosi sono costituiti da 2 cromatidi identici formati ciascuno da una molecola
di DNA e legati dalle coesine; vi è il centromero che suddivide il cromosoma in 2 bracci; in base alla
posizione del centromero possiamo classificare i cromosomi in:
-metacentrici = centromero al centro
-acrocentrici = centromero ad una delle 2 estremità
-submetacentrici = centromero è tra estremità e centro
-telocentrici = cromosoma è privo di uno dei bracci
il DNA del centromero è formato da sequenze ripetute non trascrivibili; il cinetocore è contenuto nel
centromero, è formato da 2 placche e consente al cromosoma di legarsi e muoversi sulle fibre del fuso;
può esistere una costrizione secondaria associata al nucleolo contenente la regione organizzatrice del
nucleolo e che divide una parte di cromosoma, detta satellite, dalla parte principale; le estremità dei
cromosomi sono dette telomeri i quali favoriscono l’appaiamento dei cromosomi omologhi e si accorciano
di divisione in divisione fino ad arrivare ad una lunghezza tale da bloccare il ciclo. Le uniche cellule che
sfuggono al controllo dei telomeri sono quelle germinali che contengono telomerasi.
Cariotipo = insieme delle caratteristiche che identificano un particolare corredo cromosomico e che
possono essere rappresentate da un cariogramma. Qui i cromosomi sono allineati secondo la loro
lunghezza.
I cromosomi che determinano il sesso sono detti cromosomi sessuali (XY , XX), mentre gli altri sono
detti autosomi i quali sono a due a due uguali. I due membri uguali di ogni coppia sono detti omologhi, dei
quali uno deriva dal padre e uno dalla madre. I geni uguali presenti nello stesso locus sui 2 cromosomi
omologhi sono detti alleli.
Le cellule somatiche e le cellule germinali immature sono diploidi, le cellule germinali mature sono
apolidi. Il sesso maschile nei mammiferi è eterogametico ( 2 gameti X e Y) quello femminile è
omogametico. I cromosomi sessuali sono costituiti da una regione omologa, uguale in X e Y, e da una
regione differenziale. L’appaiamento e il crossing over sono limitati alle regioni omologhe; la regione
differenziale è quella che contiene i geni che determinano il sesso. Nel maschio i geni presenti nella
regione di X che non ha una regione omologa con Y sono privi di alleli e sono detti emizigoti, i quali
vengono tutti espressi; nella femmina i geni recessivi si esprimono solo se sono allo stato omozigote.

APPARATO MITOTICO
Struttura costituita da centrioli, aster e fuso mitotico la cui funzione è quella di determinare la
migrazione dei cromosomi durante la mitosi.
-centrioli = strutture simili ai corpi basali circondati da materiale pericentriolare amorfo. L’insieme del
centriolo e del materiale è detto centrosoma. I centrioli sono duplici allo stato interfasico e sono posti
ad angolo retto tra loro; si trova dove possibile nel centro della cellula dove non ci sono vacuoli e vicino
al Golgi. Prima della mitosi i centrioli si duplicano; le due coppie migrano ai poli opposti della cellula dove
funzionano da organizzatori del fuso. La duplicazione avviane in fase G1: i due centrioli si allontanano e
59

compare vicino a ognuno un procentriolo formato da 9 microtubuli; in fase G2 il procentriolo si allunga.


La funzione dei centrioli in mitosi è poco chiara: potrebbero controllare l’aggregazione del materiale
pericentriolare o la sua attivazione nel produrre il fuso e l’aster. Si pensa che nei centrioli sia
addirittura contenuta una molecola di DNA.
-aster = fibrille che si irradiano dai due centrosoma. Compare nella profase e scompare alla fine della
telofase.
-fuso mitotico = costituito da fasci di microtubuli. Possono essere fibre continue o cromosomiche. Le
fibre continue sono formate da microtubuli polari che terminano nella regione centrale del fuso
comunicando con quelli che provengono dal polo opposto. Le fibre cromosomiche si legano al cinetocore.
Esistono anche collegamenti laterali tra i microtubuli (cinesina bipolare) che consentono lo scorrimento
antiparallelo dei microtubuli. Il movimento dei cromosomi verso i poli della cellula sono dovuti a 2 eventi:
l’accorciamento delle fibre cromosomiche e l’allungamento delle fibre continue.

IL CICLO CELLULARE
Le fasi attraverso cui la cellula passa tra una divisione e l’altra costituiscono il ciclo cellulare. Il ciclo è
suddiviso in 2 fasi principali: interfase e mitosi.
-interfase = periodo del ciclo più lungo e la sua durata dipende dal tipo di cellula. È il periodo che segue
la mitosi e in cui avviene l’aumento della massa cellulare, la duplicazione del DNA e il controllo del ciclo.
Avvengono numerosi processi biosintetici. Può essere suddivisa in sottofasi:
 fase G1 = fase in cui vi è un’intensa sintesi di RNA e proteine per l’accrescimento cellulare e
l’attivazione delle vie metaboliche necessarie per i processi di sintesi di DNA. È di durata
variabile a seconda dei tipi di cellule e delle condizioni in cui una cellula si trova.
 Fase G0 = fase quiescente. Fase in cui le cellule restano uscendo dal ciclo cellulare o per
condizioni sfavorevoli o per caratteristica propria di un certo tipo di cellula ( es: nervosa). È una
fase stazionaria di durata variabile che può durare fino alla morte della cellula
 fase S = fase in cui avviene la sintesi del DNA. Di durata costante
 Fase G2 = fase in cui si svolgono i processi metabolici richiesti per la divisione cellulare. Di
durata costante
-mitosi = divisione e ripartizione del corredo cromosomico. Suddivisa in:
 Profase = la cromatina si organizza in cromosomi i quali si accostano alla membrana nucleare. Si
forma l’aster e tra i due aster si organizza il fuso. I centrioli intanto migrano ai poli opposti e il
fuso si allunga.
 Prometafase = scompaiono nucleoli e membrana nucleare che va a far parte di quella
citoplasmatica.
 Metafase = i cromosomi si dispongono sul piano equatoriale della cellula e formano la piastra
equatoriale. Dopodichè si legano al fuso
 Anafase =
anafase A -> i due cromatidi si separano grazie alla distruzione delle coesine, che avviene a
causa di un aumento della concentrazione di calcio, e migrano verso i poli.
Anafase B ->i 2 poli si allontanano
 Telofase = i cromosomi si despiralizzano in cromatina, si riforma la membrana nucleare e
successivamente i pori, ricompaiono i nucleoli. Può succedere che i cromosomi non vengano racchiusi
in 2 nuclei diversi ma in uno solo e questo fenomeno è chiamato endomitosi (megacariociti).
 Citochinesi = riguarda la divisione citoplasmatica. Compare a livello equatoriale durante la
mitosi una strozzatura sempre più evidente, effettuata da un anello contrattile formato da
actina. L’anello contrae la cellula fino a dividerla in 2. il citoplasma si divide equamente tra le 2
cellule. Questo anello è tipico solo delle cellule animali. Può succedere che la citochinesi non
avvenga e così si ottiene un plasmodio polinucleato
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PUNTI E MECCANISMI DI CONTROLLO


-fattori di crescita = messaggeri originati in ambiente extracellulare con ruolo fitogeno
-inibizione da contatto = le cellule in coltura arrestano la loro attività ciclante quando si trovano a
contatto tra loro
-differenziamento = reprime le attività replicative
-transizione G1/S = determina l’entrata in fase S solo se le condizioni sono favorevoli alla replicazione
del DNA.
-transizione S/G2 = determina l’avvio della mitosi solo se i processi precedenti sono stati completati.
-cicline e complessi ciclina-cdk = le cicline sono proteine che vengono sintetizzate ad ogni ciclo
cellulare e distrutte dopo aver svolto la loro funzione. Sono i segnali extracellulari e i fattori di
crescita a far innescare la produzione di ciclina. Le cicline servono per attivare le protein chinasi cdk
che fosforilano complessi proteici e permettono l’avanzamento del ciclo. Il complesso ciclina-cdk è
attivato da una fosforilazione effettuata da cak attivata dal legame con la ciclina H. Quando la cellula
deve uscire dalla fase G0 la ciclina D viene prodotta e si lega alle chinasi cdk4 e 6 attivandole, mentre
la sua assenza determina l’entrata in G0. il complesso ciclina D-cdk4 fosforila la proteina soppressore
tumorale Rb e permette l’entrata in S. i complessi ciclina-cdk attivano la replicazione del DNA, la
transizione in G1/S, bloccano la formazione di pre-RC in G2, determinano la metafase.
-ORC = complesso di origine di replicazione. È legato al DNA nel sito replicatore per tutto il ciclo e può
combinarsi con varie proteine che variano a seconda della fase del ciclo in cui si trova la cellula. I
complessi principali formati da OCR e le varie proteine sono 2:
 pre-RC= presente dalla fine della mitosi alla fine di G1. Contiene: OCR, cdc6 (che stabilizza
pre-RC), cdc45, il fattore di licenza delle replicazione (RLF) che garantisce che la replicazione
avvenga in modo giusto e non sfasato. RLF è formato da proteine MCM che si legano alla
cromatina dalla fine della mitosi fino alla fase S. Una volta che è iniziata la replicazione pre-RC
viene distrutto e le proteine MCM persistono sul DNA (probabilmente sono loro a costituire le
elicasi).
 Post-RC= presente durante le fasi M, S e G2. contiene solo OCR.
-MPF= complesso formato da: proteinchinasi specifica per serina e treonina; il substrato della chinasi,
la proteina ciclina B. Durante l’interfase la ciclina viene prodotta e si combina con la chinasi formando il
pre-MPF inattivo. L’entrata in mitosi è favorita dalla defosforilazione e dall’attivazione del MPF. La
ciclina viene poi degradata e la sua scomparsa determina la fine della mitosi.
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CAP 9: TESSUTO E EPITELIALE O EPITELIO


Elementi simili si associano tra di loro a formare tessuti:
 svolgono un ruolo particolare nella struttura e nella funzione dell'organismo;
 si uniscono formare organi, che si associano costituire apparati.
I tessuti fondamentali sono quattro:
 epiteliale;
 connettivo;
 muscolare;
 nervoso.

GENERALITÀ
Epitelio = tessuto costituito da cellule contigue, con l'interposta scarsissima sostanza amorfa. Forma
lamine cellulari e si appoggia su una membrana basale, che lo separa dal tessuto connettivo e che è
costituita dalla sostanza intercellulare prodotta dalle cellule stesse.
Gli epiteli:
 ricoprono le superfici esterne ed interne del corpo = epiteli di rivestimento;
 rivestono le superfici interne dei vasi sanguigni e linfatici;
 formano le ghiandole = epiteli ghiandolari.

Gli epiteli sono costituiti da cellule:


 polarizzate = hanno un versante basale, che guarda verso la lamina basale, e un versante api
calde, che guarda verso la superficie libera dell'epitelio. Hanno caratteristiche strutturali e
funzionali diverse;
 tenacemente adese tra di loro ed alla membrana basale, grazie alla presenza di specializzazioni
di membrana = strutture di giunzione.

Gli epiteli non sono vascolarizzati e ricevono i nutrienti per diffusione dai capillari del tessuto
connettivo.

Il tessuto e epiteliale deriva da tre foglietti germinativi:


 ectoderma = prendono origine l'epidermide, l'epitelio della cornea, le ghiandole sebacee e
sudoripare connesse alla cute, le ghiandole mammarie;
 endoderma = dà luogo alla formazione dell'epitelio che riveste la superficie interna delle cavità
del corpo che comunicano con l'esterno e le ghiandole annesse;
 mesoderma = dà luogo al:
 MESOTELIO = epitelio di rivestimento delle vie urinarie e genitali, dell'ovaio e delle
cavità sierose;
 ENDOTELIO = epitelio di rivestimento interno di vasi sanguigni e linfatici.

Gli epiteli possono essere suddivise in tre categorie:


 epiteli di rivestimento = rivestono le superfici corporea. Sono costituiti principalmente da:
 epiteli di rivestimento della cute = l'epitelio si chiama epidermide, lo strato di
connettivo sottostante è il derma, al di sotto troviamo il tessuto connettivo
sottocutaneo;
 epiteli delle membrane o tonache mucose = costituiti da due strati diversi, uno
superficiale e epiteliale ed uno profondo connettivale, denominato a cronaca un
lamina propria. Al di sotto della sicuro si trovano diversi strati, con me la tonaca
sottomucosa, la tonaca muscolare e la tonaca avventizia;
 epiteli delle membrane o tonache sierose = rivestono la pleura, il pericardio e il
peritoneo e sono costituiti da un epitelio piatto, mesotelio, e da una lamina di tessuto
connettivo lasso. Troviamo anche ghiandole mucose;
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 epiteli dei vasi sanguigni e linfatici.


Poggiano sempre su un tessuto connettivo. Questo tipo di epiteli presenta delle specializzazioni
rivolte alla superficie libera:
 ciglia;
 stereociglia;
 microvilli;
 epiteli ghiandolari o secernenti = costituiscono il parenchima delle ghiandole ed occhi e ed
endocrine;
 epiteli sensoriali = epiteli che intervengono nella reazione agli stimoli. Sono compatti da cellule
sensoriali provviste di recettori specifici, a volte e dalle espansioni terminali di fibre nervose
appartenenti a neuroni dei gangli cerebro-spinali. Appartengono a questa categoria:
 coni e bastoncelli;
 cellule cupoliformi dell'orecchio;
 papille gustative.

Le funzioni dell'epitelio sono:


 protezione;
 recezione degli stimoli;
 secrezione;
 assorbimento;
 trasporto in superficie di muco e sostanze di scarto;
 respirazione, a livello polmonare.

CLASSIFICAZIONE
In base al numero di strati cellulari e della forma delle cellule dello strato superficiale e gli epiteli si
classificano in:
 epiteli semplici =
 pavimentoso semplice;
 cubico semplice o isoprismatico;
 cilindrico semplice o batiprismatico;
 epiteli pluristratificato o composti =
 pavimentoso composto;
 cubico composto;
 cilindrico composto;
 epitelio di transizione = il numero di strati delle cellule e il loro aspetto variano a seconda dello
stato funzionale dell'organo. Questo e epitelio è tipico delle vie urinarie;
 epitelio pseudostratificato = è uno strato semplice di cellule di altezza e disposizioni variabili,
che partono tutte sulla membrana basale, ma di cui solamente alcune cellule raggiungono la
superficie libera. I nuclei si trovano diverse altezze.

Epitelio pavimentoso semplice.


Costituito da un singolo strato di cellule piatte, provviste di un nucleo centrale, ovoidale o sferico. I
margini sono irregolari e uniti da giunzioni.
È largamente presente nell'organismo umano:
 riveste gli alveoli polmonari, facilitando gli scambi gassosi fra l'aria alveolare e il sangue;
 costituisce la rete testis e porzioni dei nefroni (reni)
 forma la parete del labirinto del timpano dell'orecchio;
 costituisce mesotelio, il rivestimento delle cavità pleurica, peritoneale e pericardica;
 costituisce l'endotelio, il rivestimento del lume dei vasi.
Le cellule endoteliali.
Sono cellule allungate nella direzione del vaso e si assottigliano alle estremità. Nei capillari di minor
63

calibro una cellula endoteliale può espandersi anche per tutta la circonferenza del vaso.
Le cellule sono connesse tra loro da interdigitazioni della membrana e da giunzioni ancoranti, quali
desmosomi, zonulae aderens e zonulae occludens. Queste ultime regolano la permeabilità vascolare. Nel
SNC le zone occludenti formano la base della barriera emato-encefalica.
Caratteristiche:
 presenza della lamina basale attorno all'endotelio;
 presenza, all'esterno, di macrofagi e altre cellule connettivali.

Alcune capillari sono delimitati da cellule endoteliali con fenestrazioni o pori circolari, chiusi da un
diaframma molto sottile. Si parla allora di capillari fenestrati, per distinguerli dai capillari continui.
Funzioni delle cellule endoteliali:
 regolano la permeabilità vascolare, a livello dei capillari con parete sottile e venule post-
capillari. In queste cellule è attivo il meccanismo della transcitosi = il materiale internalizzato
per endocitosi su uno dei due versanti della cellula viene trasferito sul versante opposto;
 nelle cellule endoteliali delle venule è presente una struttura sessile, l'organello vesciculo-
vacuolare, che mette in continuità il lume del vaso con lo spazio extracellulare. Presto organello
è una in campi di aprire il trasferimento di macromolecole;
 regolano l'adesione delle cellule del sangue alla parete del vaso e il trasferimento di
macromolecole, extravasazione;
 regolano il tono vascolare, provocando vasocostrizione o vasodilatazione;
 il mesotelio conferma parte della pluripotenzialità delle mesenchima. Queste cellule possono
differenziarsi in fibroblasti;
 l'epitelio mesenchimale è un epitelio pavimentoso semplice che riveste alcune cavità poste nel
tessuto connettivo. Ad esempio la camera dell'occhio.

Epitelio cubico semplice o isoprismatico.


Epitelio formato da un singolo strato di cellule di aspetto cuboide. Si trova nella:
 superficie dell'ovaio;
 tiroide;
 condotti escretori di molte ghiandole;
 retina, come epitelio pigmentato.

Epitelio cilindrico semplice o batiprismatico.


Epitelio costituito da cellule di forma cilindrica, le cui caratteristiche variano notevolmente a seconda
della sede e della funzione. Esistono due tipi di epitelio cilindrico semplice:
 ciliato;
 non ciliato.

Epitelio semplice non ciliato.


Si trova:
 nell'epitelio dello stomaco e dei dotti escretori delle ghiandole;
 nell'intestino tenue = è specializzato nell'assorbimento e nella secrezione. Ha due funzioni:
 digestiva;
 assorbente = permette ai prodotti finali della digestione di passare selettivamente ne vasi
sanguigni e linfatici.
Le cellule dell'epitelio intestinale sono gli enterociti. Sono cellule polarizzate che presentano:
 polo apicale = rivolto verso il lume e specializzato nell'assorbimento dei prodotti della
digestione;
 polo basale = si affaccia sulla tonaca propria e interviene nei processi di trasporto delle
sostanze assorbite verso la rete capillare sanguigna e linfatica.
64

Per compiere efficacemente la sua funzione assorbente la mucosa intestinale presenta una serie di
dispositivi strutturali specializzati:
 si solleva in pliche circolari per aumentare la superficie assorbente;
 l'epitelio si estroflette sopra le pieghe e fra di loro formando i villi intestinali = espansioni
digitiformi di 0.5 - 1 mm di altezza;
 le cellule assorbenti presentano sulla loro superficie libera una struttura finemente svegliata in
senso longitudinale = orletto a spazzola. È costituito da numerose e sottili espansioni cellulari
allungate, di forma cilindrica = MICROVILLI. Queste espansioni aumentano ulteriormente la
superficie assorbente dell'epitelio;
 le superfici laterali delle cellule cilindriche dell'epitelio dell'intestino presentano una e
elaborato sistema di struttura di ingiunzione = complesso di ingiunzione.

Nella mucosa intestinale e sono presenti ghiandole secernenti enzimi digestivi, cripte di Lieberkuhn, e
numerose cellule caliciformi mucipare, con un nucleo schiacciato al polo basale. Queste cellule
producono il muco, che protegge il rivestimento epiteliale da eventuali elezioni. Sono ghiandole mucose
uni cellulari, il cui nucleo aumenta progressivamente dal duodeno a digiuno, ileo e colon.
Epitelio cilindrico semplice ciliato.
Si trova:
 nella mucosa dell'ovidotto;
 nella mucosa dei piccoli bronchi;
 nelle aree circostanti dell'utero.

L'epitelio dell'ovidotto è costituito da un solo strato di cellule cilindriche di due tipi, alternate
regolarmente:
 ciliate;
 secernenti.

Se le cellule dell'epitelio cilindrico assumono la forma di una piramide tronca invece che una forma
prismatica, allora hanno una funzione secernente.

Epitelio pavimentoso pluristratificato.


Epitelio costituito da molti strati di cellule di varia forma:
 strato profondo = appoggia sulla membrana basale ed è costituito da cellule cubiche o
cilindriche. A una intensa attività metabolica e proliferativa, a differenza delle cellule più
superficiali;
 uno o più strati di cellule con contorni irregolarmente poliedrici;
 elementi appiattiti, di aspetto squamoso.

Esistono due tipologie di cellule:


 CORNEIFICATE = sono le regioni esposte all'aria, pelle. Le cellule superficiali perdano i nuclei e
si trasformano in squame corneificate.
 NON CORNEIFICATE = sono regioni bagnate da liquidi, come cornea, bocca, esofago, vagina. Le
cellule non perdano il nucleo e non sono corneificate.

A seconda delle cellule che si considerano esistono due tipi di epitelio pavimentoso semplice.
Epitelio pavimentoso semplice non corneificato.
Composto da cellule non corneificate. Si trova:
 cornea;
 mucose di bocca, esofago, vagina.
65

Epitelio pavimentoso semplice corneificato.


Lo si trova solo della pelle o cute = organo che ricopre superficie del corpo. È costituito da due
componenti:
 epidermide = si trova in superficie. È di natura epiteliale e di origine ectodermica;
 derma o corion = di natura connettivale e di derivazione mesodermica, lo si trova in profondità.

Queste due strati sono separati da una membrana basale, ancorata alla derma per mezzo di esili fibre
di collagene. Sotto il derma si trova il tessuto connettivo lasso, che in molte regioni del corpo si
trasforma nel pannicolo adiposo sottocutaneo. Ammessi alla cute troviamo peli, unghie, ghiandole
sebacee, sudoripare, ghiandola mammaria. Questi annessi si sviluppano dallo strato di germinativo
dell'epidermide.
Il derma si solleva in pieghe = papille dermiche, che si interdigitano con sporgenze dell’epidermide =
creste epidermiche. L'epidermide è priva di vasi sanguigni. Perciò le sostanze nutritive e sono fornite
dai capillari del tessuto connettivo e diffondono dei liquidi interstiziali.
Funzioni:
 protezione dell'organismo da traumi fisici, meccanici, chimici provenienti dall'esterno;
 ricezione degli stimoli;
 partecipazione alla termoregolazione, al mantenimento dell'equilibrio idrico e alla difesa
immunitaria;
 eliminazione di varia sostanze.
Epidermide.
Presenta uno spessore tra 70-120 μm, ma può arrivare 0.8 mm, sul palmo della mano, e 1.4 mm sotto la
pianta del piede. Presenta quattro strati cellulari:
1. STRATO BASALE = consiste in un singolo strato di cellule cubiche o cilindriche. È detto strato
di terminativo perché i cheratinociti che lo compongono proliferano per mitosi. Qui sono situati
i cheratinociti staminali, responsabili del continuo rinnovamento dell'epidermide. Le cellule dello
strato basale sono collegate da desmosomi, e passano direttamente sulla lamina basale, alla
quale sono adese per mezzo di emidesmosomi;
2. STRATO SPINOSO O DEL MALPIGHI = formato da 4-8 strati di cellule basofile di forma
poliedrica, che diventano appiattite mano a mano che si avvicinano alla superficie. Sono
saldamente unite tra loro da numerosi desmosomi. Il passaggio di un cheratinociti dallo strato
basale a quello spinoso, con il conseguente inizio del differenziamento, produce una nuova acqua
per le molecole di cheratina. Queste tendono ad aggregarsi in fasci più spessi, detti
TONOFIBRILLE, che attraversano il citoplasma in tutte le direzioni convergendo sui
desmosomi. Le cellule dello strato spinoso producono una proteina, l’involucrina, che si accumula
sua faccia interna della membrana plasmatica di ciascun cheratinocito, contribuendo a formare
l'involucro cellulare corneificato. In queste cellule sono presenti di tipi di granuli:
 melanosomi = prodotti dai melanociti e trasferiti alle cellule spinose;
 cheratinosomi = granuli del diametro di 100-150 nm. Contengono materiali lipidico
destinato allo spazio e intercellulare dello strato granuloso che riveste la
membrana. Sembra che serva come barriera e intercellulare per l’acqua;
3. STRATO GRANULOSO = composto da 3-5 strati di cellule capite, contenenti grassi granuli non
avvolti da membrana = granuli di cheratoialina. Queste cellule contengono:
 filaggrina = proteina ricca di istidina, con la capacità di aggregare in macrofibrille
di farsi paralleli di cheratine;
 loricrina = viene depositata sulla faccia interna della membrana plasmatica e
contribuisce alla formazione dell'involucro cellulare corneificato;
4. STRATO LUCIDO = strato di transizione costituito da pochi strati di cellule prive di nucleo,
addensate e rifrangenti. È presente solo dell'epidermide della mano e del piede;
5. STRATO CORNEO = composto da cellule appiattite e corneificate, dette cellule cornee. Sono
privi di nucleo e di Pirenei di filamenti di cheratina strettamente aggregati tra loro. Le cellule
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era sono connesse tra loro e con quelle dello strato lucido o granuloso. Le cellule cornee sono
particolarmente resistenti agli insulti meccanici e chimici, per la presenza, subito sotto la
membrana, dell'involucro cellulare corneificato, di composizione proteico-lipidica, che funge da
principale barriera verso l'esterno. Lo strato corneo contribuisce a impermeabilizzare
l'epidermide, proteggendo l'organismo dalla perdita di acqua. Le cellule cornee sono
metabolicamente inattive e prive di nucleo. Vanno incontro a continua desquamazione e sono
sostituite da nuovi elementi. Dalle cellule staminali nascono due “figlie”: una rimarrà staminale,
l’altra andrà a morire, formando lo strato corneo. Il ricambio avviene in 15-30 gg.
Desmosomi.
I desmosomi sono giunzioni che consentono l'adesione dei cheratinociti tra di loro. Rappresentano le
strutture di esistenza dell'epidermide. La loro funzione è resa possibile dall'interazione tra le molecole
desmosomiali e le strutture del citoscheletro, i filamenti intermedi di cheratina. Il citoplasma delle
cellule dello strato basale contiene i filamenti intermedi, detti tonofilamenti, che danno sostegno
meccanico ai cheratinociti. Questi filamenti sono costituiti da specifiche cheratine, che giungono a
costituire al 85% della componente molecolare di un cheratinocita.
Cellule epidermiche.
La pelle è costituita da tre linee cellulari:
 cheratinociti = che proliferano dallo strato più profondo dell'epidermide e, spostandosi verso di
strati più superficiali, subiscono il processo di cheratinizzazione. Sono cellule che derivano
dall’ectoderma;
 melanociti = solo un esiguo numero di cellule, limitate dagli strati profondi dell'epidermide. Non
subiscono cheratinizzazione, ma sintetizzano un pigmento che da colore alla pelle = melanina.
Sono localizzati nello strato basale e spinoso. Derivano dalle creste neurali emigrano durante la
vita embrionale nel derma, penetrando poi nell'epidermide. Sono cellule munite di prolungamenti
ramificati che è si estendono per lunga distanza verso la superficie dell'epitelio. Non sono
congiunte da desmosomi e sono prive di tonofilamenti. Possiedono granelli cellulari contenenti
melanina, detti melanosomi, un RER molto sviluppato e un grosso complesso di Golgi. I
melanosomi si formano nei Golgi come vescicole delimitate da membrana, poi assumono l'aspetto
di organelli ellittici con un’organizzazione lamellare interna a strati concentrici. Una volta
completata la loro formazione i melanosomi migrano nei prolungamenti e sono trasferite nelle
cellule dello strato basale e malpighiano.
MELANOCITI + CELLULA EPIDERMICA = UNITÀ MELANINA EPIDERMICA.
 Melanina = polimero in una grado di assorbire la luce. La capacità di assorbire la luce
le conferisce molte funzioni:
 fotoprotezione;
 protezione dei fotorecettori;
 termoregolazione;
 neutralizzazione dei radicali liberi;
 abbronzatura = dovuta all’attivazione dell'enzima tirosinasi, che
determina un aumento della quantità di melanina prodotta.
E si sono due tipi di melanina:
 eumelanina = costituita da pigmenti marrone-neri
 feomelanina = costituita da pigmenti di colorazione giallo-rossi;
 cellule di Langerhans = cellule dendritiche che derivano dal midollo osseo, situate in posizione
soprabasale dell'epidermide e nella mucosa orale ed esofagea. Presentano una forma stellata o
dendritica e prolungamenti che si insinuano tra le cellule circostanti. Hanno caratteristiche
comuni a monociti e macrofagi:
 sono capaci di presentare l'antigene durante l'induzione della risposta immunitaria;
 secernono interleuchina I = importante mediatore della risposta immunitaria.
67

Nell'epidermide sono state individuate altre cellule dendritiche, le cellule di Granstein, che
interagiscono con i linfociti T soppressori, e che formano un tessuto linfoide associato alla pelle.

Epitelio cilindrico o cubico pluristratificato.


Formato da cellule poliedriche di strati profondi ed elementi prismatici o cubici in quelli superficiali. È
una epitelio piuttosto raro, che si trova in parte nella mucosa della laringe e della faringe, nella parte
cavernosa dell’uretra e nei condotti escretori più voluminosi di alcune ghiandole. Se le cellule
superficiali sono provviste di ciglia allora si parla di epitelio batiprismatico stratificato ciliato, che si
trova solo nella mucosa della faccia posteriore dell'epiglottide.

Epitelio batiprismatico pseudostratificato.


Composto da un unico strato di cellule di altezza variabile, ma che poggiano tutti sulla membrana basale.
Alcune raggiungono la superficie libera, mentre altri si arrestano livelli inferiori. I nuclei si trovano ad
altezze diverse. Può essere di due tipi:
 non ciliato = si trova nell’uretra maschile, nel condotto deferente, nell’epididimo e le grosse
condotti escretori di alcune ghiandole;
 ciliato = si trova nelle mucose dell'apparato respiratorio, faringe, trachea, bronchi.

Epitelio di transizione.
È una modificazione dell'epitelio stratificato. Si trova solo nelle vie urinarie: vescica, uretere e parte
superiore dell’uretra. Il numero di strati e della forma delle cellule variano secondo dello Stato
funzionale dell'organo, se disteso o contratto.
 vescica vuota = contratta = Le epitelio assimilato le epitelio stratificato cubico. Lo strato
superficiale formato da grandi elementi con la superficie libera convessa;
 vescica piena = distensione = le cellule superficiali si appiattiscono mantenendo i collegamenti
giunzionali. Lo spessore dell'epitelio si riduce e il numero di strati diminuisce. La superficie
aumenta notevolmente.

CARATTERI CITOLOGICI DEGLI EPITELI


Le cellule epiteliali presentano caratteristiche strutturali particolari, in rapporto alle loro molteplici
funzioni: protezione, assorbimento, secrezione, escrezione, trasporto. I caratteri citologici degli epiteli
sono divisi in cinque categorie:
 citoscheletro;
 polarità delle cellule;
 specializzazioni della superficie laterale;
 specializzazioni della superficie basale;
 specializzazioni della superficie libera.

Citoscheletro.
I filamenti delle cellule epiteliali appartengono due categorie:
 i filamenti intermedi = 20 epiteli di rivestimento hanno uno spessore di circa 8-9 nm e vengono
detti tonofilamenti. Degli strati più superficiali degli epiteli pavimentoso stratificati si
raccolgono in fasce, che convergono verso i desmosomi, e sono detti tonofibrille. La loro
funzione è quella di sostegno meccanico le cellule epiteliali. Sono composti dalla proteina fibrosa
cheratina. Mentre le braci ci sono due tipi di cheratina: tipo I e tipo II. Queste due tipologie
sono coespresse e formano eterodimeri, coppie di proteine tra loro diverse. Si dispongono l'uno
vicino all'altro si associano lateralmente in strutture filamentose di 8-10 nm;
 microfilamenti = formati di actina, di 5-6 nm di spessore. Si trovano nell'epitelio cilindrico
semplice dell'intestino, sull’estremità apicale, dove stabiliscono rapporti di continuità con
proteine specifiche delle zone aderenti, o danno supporto alle strutture di giunzione. Si
dispongono formare la trama terminale, o terminal web, e danno sostegno ai microvilli. Le cellule
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epiteliali contengono anche microtubuli, che formano l'assonema del ciglio negli epiteli ciliati e
le fibre del fuso mitotico, nelle cellule in divisione. Costituiscono inoltre il supporto su cui si
spostano organelli e molecole, all'interno della cellula.
Polarità.
Le cellule hanno una polarità morfologica e funzionale. L'organizzazione degli organuli è diversa a
seconda che si guardi l'estremità apicale o l'estremità basale. Un ruolo determinante della polarità è
svolto dalle giunzioni occludenti, suddividono la membrana in due regioni:
 dominio baso-laterale;
 dominio apicale.

La polarità delle cellule epiteliali e soprattutto evidente nell'epitelio cilindrico semplice:


 epitelio intestinale = margine libero provvisto di microvilli; complesso di Golgi in prossimità del
polo capitale; mitocondri orientati parallelamente all’asse cellulare;
 tubulo renale = superficie libera ricoperta da microvilli; superficie basale che presenta
invaginazione della membrana, tra le quali sono allineati i mitocondri;
 ghiandole esocrine = gli organuli impegnato nel processo di secrezione sono disposti secondo la
funzionale delle cellule
Specializzazioni della superficie laterale.
♣ Strutture di ingiunzione.
Le cellule epiteliali non giungono in contatto diretto tra loro, ma sono sempre separate da un sottile
interstizio di 10-30 nm. Questo interstizio è occupato da GAG e glicoproteine; inoltre qui circolano i
liquidi interstiziali che provvedono agli scambi metabolici gassosi tra l’epitelio e la rete capillare del
tessuto connettivo.
Tra le cellule epiteliali sono pronti di contatto dove queste abili scovò l'una all'altra, formando una
lamina di tessuto compatto e continuo. In questi tratti si evidenzia alla presenza di molecole di adesione
sulle membrane plasmatiche che si organizza formare il strutture di giunzioni. Queste sono localizzate
sulle superfici laterali, ma possono essere presenti e dei ponti di contatto tra cellule adiacenti e tra
cellula e matrice.
In base alla funzione che svolgono sono classificate in tre tipi:
 giunzioni occludenti = costituita da linee di fusione tra le membrane plasmatiche adiacenti,
estese “a cintura” tutto attorno al perimetro cellulare. Sigillano le cellule tra loro chiudendo gli
spazi intercellulari. Queste giunzioni sono responsabili del mantenimento della polarità della
membrana, cioè impediscono alle molecole di attraversare l'epitelio diffondendo attraverso gli
interstizi. Le strutture giunzionali perimetrali sono indicate come “zonule” = zonula occludente;
 giunzioni ancoranti = mantengono tenacemente ad essere cellule adiacenti tra di loro e sono
sempre in rapporto con il citoscheletro. Queste giunzioni sono compare una piccola aria
circoscritta = desmosomi; oppure possono avere un'estensione perimetrale = zonula aderente;
 giunzioni comunicanti = presentano, in un'aria circoscritta una, ponti di fusione tra le due
membrane cellulari, a livello delle quali avviene nel passaggio di ioni e piccoli molecole dal
citoplasma della cellula a quello dell'altro cellula connessa. Questa funzione è detta giunzione
serrata o gap junction.

Nell’epitelio semplice cilindrico dell'intestino rappresenta una struttura caratteristica: con presto, o
apparato, di tensione. È costituito da:
 zonula occludente;
 zonula aderente;
 desmosomi.
È presente anche in altri epiteli:
 fegato = lungo i margini dei canalicoli biliari, dove sigillano insieme le cellule parchi che
adiacenti, impedendo il passaggio della bile e gli spazi intercellulari;
 disco intercalare delle fibre muscolari cardiache = simile alle giunzioni epiteliali, comprende
69

tratti simili alla zonula aderente.


Giunzioni occludenti.
Sono formate da linee di fusione che uniscono due membrane giustapposte. Le zonule occludenti sono
formate da particelle di membrane globulari, proteine di adesione, presenti su ciascuna delle due
membrane. Porgono nel ristretto spazio intercellulare fondendosi tra loro. Chiudono gli interstizi tra le
cellule rendendole impermeabili. Il livello di impermeabilizzazione è funzione del numero di linee
diffusione che formano la giunzione.
Queste giunzioni mantengono la polarità della membrana cellulare, suddividendo la membrana plasmatica
in due domini: apicale e baso-laterale, che mantengono una composizione molecolare diversa. Il ruolo
delle zone occludenti a pare evidente nell'epitelio intestinale. Il trasferimento delle sostanze nutritive
che attraverso l'epitelio dal nome ai vasi sanguigni avviene per l'attività assorbente delle cellule =
assorbimento selettivo. Questo è possibile per la polarizzazione della membrana:
 presenza nella regione capitale di proteine di trasporto che trasferiscono attivamente molecole
nutritive dal lume al citoplasma;
 nel dominio baso-laterale si ha la presenza di proteine in grado di trasferire per diffusione
facilitata le stesse molecole nel connettivo.
Legge in occludenti sono responsabili della formazione di barriere tra il compartimento vascolare e
specifici distretti corporei:
 barriera emato-encefalica = formata da zone occludenti tra le cellule endoteliali dei capillari;
 barriera emato-testicolare formata da zone occludenti tra le cellule del Sertoli adiacenti
nell'epitelio seminiferi.
Giunzioni ancoranti.
Sono in rapporto con i filamenti del citoscheletro. Servono per mantenere le cellule adiacenti a Desio
tra di loro e alla lamina basale. Sono formate da due classi di proteine:
 proteine di ancoraggio intercellulari = desmoplachine = si commettono con elementi del
citoscheletro;
 proteine di adesione transmembrana = appartengono alla classe delle caderine, proteine Ca ++
dipendenti. Queste, con il dominio citoplasma attico, legano una o più proteine di ancoraggio
intercellulari; mentre con il dominio extracellulare, legano il dominio extracellulare di proteine
omologhe situate sulle cellule adiacenti. Questo permette l'epitelio di funzionare come una
lamina cellulare continuo e solida, capace di e si spiega stimoli meccanici, soprattutto alla
trazione. Se le trovano molte nell'epidermide e nel miocardio.

Giunzioni ancoranti possono avere diversa estensione sulla membrana cellulare:


 ZONULE ADERENTI = giunzioni ancoranti estende tutto attorno al perimetro della cellula.
Sono situate in prossimità della regione apicale, subito sotto la zonula occludente. Le membrane
cellulari adiacenti appaiono parallele e separate da uno spazio di circa 15-25 nm. Nella faccia
anulare della membrana plasmatica relativa ciascuna donna aderente è concentrata una proteina
tra membrana di adesione, calcio dipendente, appartenente alle caderine;
 DESMOSOMI, O MACULE ADERENTI = le due membrane giustapposte sono attraversate da
proteine transmembrana di adesione, appartenenti alla famiglia delle caderine = desmogleine o
desmocolline. Queste si commettono tra di loro con il dominio extracellulare, mentre con quello
citoplasmatico rapporto con una struttura densa agli elettroni = placca di adesione, formata da
un insieme di proteine citoplasmatiche di adesione = desmoplachine. A queste si agganciano i
filamenti intermedi. Alterazioni delle proteine desmosomiali possono dare origine a perdita di
coesione tra le cellule epiteliali;
 EMIDESMOSOMI = strutture giunzionali formate da metà desmosoma, presenti nella regione
basale della membrana plasmatica. Hanno la funzione di permette l'adesione dell'epitelio alla
lamina basale.
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Giunzioni comunicanti, o gap junction o nexus.


Si stabiliscono tra:
 cellule epiteliali;
 cellule muscolari lisce;
 fibre muscolari lisce;
 fibre muscolari cardiache;
 cellule nervose;
 prolungamenti citoplasmatici degli osteociti;
 cellule follicolari ed ovocito;
 cellule del Sertoli.
Sono costituite dalle due membrane plasmatiche separate da un sottile spazio, circa 2 nm, interrotto
da ponte di fusione. Queste sono formate da proteine contenute nello spessore di ciascuna membrana.
Queste si saldano livello delle rispettive porzioni esposte sulla superficie, collegando i due citoplasmi.
Non formano uno strato continuo, ma sono disposte a distanze regolari. Le proteine contengono canale
idrofilo, orientato perpendicolarmente al piano della membrana, attraverso il quale le cellule adiacenti
possono scambiarsi ioni e piccoli molecole.
L'unità funzionale e strutturale delle giunzioni Gap è il connessone che, inserito nella membrana
plasmatica delle due cellule di accenti, è costituito da un oligomero anulare composto da sei subunità
proteiche che attraversa la membrana e la attraversano da entrambi i lati. Le sei subunità delimitano
un sottilissimo canale che attraversa la membrana. I connessoni di due cellule adiacenti si possono unire
a formare un canale che mette in reciproca diretta comunicazione le due cellule.
I canali delle giunzioni gap si possono aprire o chiudere in base a variazioni citoplasmatici e, come
l'abbassamento del pH o l'aumento del calcio libero. Attraverso il connessone possono passare ioni e
molecole fino a 1000 Dalton. Questo consente l'accoppiamento elettrico e metabolico tra le cellule.
Il costituente proteico principale delle giunzioni gap sono le connessine.
Specializzazioni della superficie basale.
Membrana basale = lamina è extracellulare interposta tra l'epitelio tessuto connettivo. È una struttura
di sostegno alla quale aderiscono le cellule epiteliali. Regola di scambi nutritivi tra i due tessuti. È
composta da due componenti:
 LAMINA BASALE = sottile strato continuo di matrice è extracellulare, prodotta dalle cellule
epiteliali sovrastanti. È situato immediatamente a ridosso della superficie basale delle cellule
epiteliali. Circonda anche le singole cellule muscolari, adipociti e cellule di Schwann. È formata
da:
 lamina lucida, o rara = omogenea, situata subito a ridosso della superficie basale
delle cellule. È povera di fibre ed è composta principalmente da:
 eparansolfato = proteoglicano;
 laminina = glicoproteina. Grande molecola formata da tre catene
polipeptidiche unite tra di loro da ponti disolfuro, S-S. Possiede vari
domini funzionali: un nono lega collagene di tipo IV, uno lega
l’eparansolfato, 1 specifici recettori per la lamina presenti sulla
membrana plasmatica;
 lamina densa = filamentosa, elettrondensa;
 LAMINA RETICOLARE = connette la lamina basale al tessuto connettivo. È formata da fibre
reticolari, fibre collagene di tipo III, IV, VII, prodotte dai fibroblasti del tessuto connettivo.
Non è sempre presente.
Le sue funzioni sono:
 regola di scambi nutritivi;
 prego la polarità e metabolismo delle cellule epiteliali.
La lamina basale è necessaria nei processi di rigenerazione o riparazione degli epiteli, grazie alla
capacità delle cellule di migrare. È inoltre una barriera selettiva che consente il passaggio nell'epitelio
di linfociti e macrofagi, ma non dei fibroblasti.
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♠ Specializzazioni del dominio basale della membrana cellulare.


Sulla superficie basale di cellule impegnate nel trasporto dei liquidi si osservano numerose
introflessione della membrana plasmatica che penetrano nella cellula. In queste pieghe sono
regolarmente allineati i mitocondri, posti perpendicolare mentre alla superficie della membrana. Sulla
superficie di cellule impegnate nell'assorbimento dei nutrienti, del dominio baso-laterale troviamo
proteine capaci di trasferire per di funzione facilitata le molecole assorbite dalla porzione appiccare
della cellula, al connettivo sottostante l'epitelio.
Specializzazioni della superficie libera.
 ORLETTO STRIATO O MICROVILLI = estroflessioni digitiformi presenti sulla superficie
libera delle cellule degli epiteli cilindrici e con funzione assorbente (l'intestino, tubulo
prossimale del rene ). Solo delle espansioni del citoplasma della porzione api calle, disposte per
formare uno strato continuo, che aumenta la superficie ha assorbente. I microvilli hanno
un'asta centrale costituito da farsi di microfilamenti di actina, che si connettivo tra di loro alla
base dei microvilli, a formare una fitta rete = trama terminale. Questa dà rigidità e stabilità al
citoplasma della cellula. I microfilamenti sono connessi tra loro trasversalmente mediante una
proteina = villina. Sono inoltre connessi alla membrana plasmatica da molecole di miosina-II,
legate a calmodulina.
L’assorbimento selettivo avviene nei microvilli. La membrana possiede proteine di trasporto
capace di trasferire attivamente molecole dal lume. I microvilli dell'intestino che noi sono
rivestiti da spesso glicocalice, con funzione protettiva, che interviene nell'idrolisi terminale dei
prodotti della digestione che inizia nel lume intestinale.
Le gocce lipidiche, prive di membrana, di grano lungo gli interstizi cellulari, ha raggiungono la
lamina basale, l'attraversano e si trovano del tessuto connettivo. Pui entrano nei vasi linfatici;
 STEREOCIGLIA = sottili propaggini cellulari immobili, presenti sulle cellule epiteliali
dell’epididimo e dei condottini deferenti. Sono dei microvilli molto lunghi e sottili,
dall'andamento sinuoso, intrecciati tra di loro. Nell’epididimo intervengono in uno
speciale processo di riassorbimento e secrezione che conduce alla formazione del mezzo
liquido nel quale sono sospesi gli spermatozoi. Il liquido svolgere una funzione
fondamentale nella maturazione degli spermini;
 CIGLIA = presenti degli epiteli e qui cellule sono specializzate nel trasporto di liquidi odio
sottile strato di muco, che bagna la superficie. Ricoprono la superficie libera delle
cellule. Hanno una struttura interna formata da microtubuli disposti secondo una ben
definita organizzazione = ASSONEMA. S'inseriscono nel citoplasma in un corpo basale,
strutturalmente identico al centriolo.

RIGENERAZIONE DEGLI EPITELI


Rigenerazione dell’epidermide = le cellule dello strato basale continua a produrre per mitosi nuovi
elementi che sostituiscono quelli che degenerano negli strati superficiali. Le nuove cellule migrano verso
la superficie e si differenziano in cellule cheratinizzate.
Nel canale alimentare le cellule si staccano continuamente dall'apice dei villi e sono sostituite da nuove
cellule prodotte per attività proliferativa di cellule staminali, situate nelle cripte di Lieberkuhn.
L'epitelio dei villi intestinali è sostituito ogni2-4 gg.

VASI SANGUIGNI E FIBRE NERVOSE


Gli epiteli sono in genere sprovvisti di vasi. Le sostanze diffondono lungo gli spazi intercellulari
contenenti di liquidi interstiziali. Alcune epiteli, come l’epidermide, sono riccamente innervati, altri,
come la mucosa dello stomaco, dell'intestino e del collo dell’utero, sono poveri di terminazioni nervose.
Esistono vari tipi di terminazioni nervose:
 libere = nell'idea romana, dell'epidermide e nella guaina epiteliale dei peli;
72

 dilatate = attorno ai peli;


 incluse in corpuscoli =
 corpuscoli di MEISSNER = stimoli termici;
 corpuscoli di PACINI = stimoli meccanici;
 corpuscoli di RUFFINI = stimoli dolorifici.

Il sistema nervoso autonomo fornisce l'innervazione simpatica, costituita da piccole terminazioni


nervose non mielinizzate in stretto rapporto con le appendici cutanee, con l'eccezione delle ghiandole
sebacee.

CAP 10: EPITELI GHIANDOLARI O GHIANDOLE


GHIANDOLE ESOCRINE ED ENDOCRINE
Le ghiandole si sviluppano dall'epitelio superficiale, per formazione di un cordone solido di cellule che
proliferano verso il basso e si approfondano nel connettivo.
Questo cordone può:
 rimanere in contatto con l'epitelio = ghiandole esocrine = riversano il loro secreto sulla
superficie esterna del corpo, (ghiandole sebacee e sudoripare), o in cavità che comunicano con
l'esterno, (pancreas, fegato);
 scomparire = ghiandole ed endocrine = provviste di dotti e scrittori, riversano il loro prodotto
di secrezione, ormoni, direttamente nel circolo sanguigno.

SVILUPPO DELLE GHIANDOLE


Originano dall'epitelio di rivestimento, infossandosi verso il tessuto connettivo sottostante. Poi:
 ghiandole esocrine = le cellule profonde del cordone si differenziano in elementi secernenti =
ADENOMERI; mentre la porzione di connessione con l'epitelio = DOTTO ESCRETORE;
 ghiandole ed endocrine = il cordone di connessione scompare e la ghiandola rimane isolata.

GHIANDOLE ESOCRINE
Processo di secrezione.
Esistono due tipi di secrezione:
 proteica = avviene sui ribosomi;
 polisaccaridica o proteoglicanico = avviene nella membrana del RE e del complesso di Golgi.

Classificazione delle ghiandole esocrine.


♣ In base al numero di cellule:
 GHIANDOLE UNICELLULARI = l'unico esempio è la cellula mucipara caliciforme. È intercalata
tra due cellule di rivestimento dell'epitelio cilindrico o pluristratificato di molte membrane
mucose, come l'intestino delle vie respiratorie. Queste ghiandole secernono MUCINA = una
miscela di glicoproteine e GAG, che forma con all'acqua il MUCO. Durante il processo di
secrezione, gocce di mucinogeno, avvolte da membrana, si accumulano nella regione del Golgi,
situata tra il nucleo e la superficie libera della cellula. L'accumulo delle gocce nella porzione
apicale della cellula, fa sì che questa si distenda e assuma la tipica forma a calice;
 GHIANDOLE PLURICELLULARI = queste possono essere classificate in base a:
1. POSIZIONE =
73

 INTRAEPITELIALI = situate nello spessore dell'epitelio dal quale hanno


origine;
 EXTRAEPITELIALI = escono dall'epitelio dal quale hanno origine e si
approfondiscono nel connettivo sottostante. Si dividono in:
 INTRAPARIETALI O INTRAMURALI = se rimangono nello
spessore della parete dell'organo dal cui epitelio hanno avuto
origine. Si dividono in:
 coriali = se situate nella tonaca propria;
 sottomucose = se situate nella tonaca sottomucosa;
 EXTRAPARIETALI O EXTRAMURALI = sono situate al di fuori
della parete dell'organo dal cui epitelio hanno avuto origine.
Solitamente sono ghiandole piuttosto grosse, come il fegato;
2. FORMA DELL’ADENOMERO = avremo ghiandole:
 tubulari;
 acinose;
 alveolari;
 tubulo-acinose;
 tubulo-alveolari;
3. RAMIFICAZIONE DEI DOTTI ESCRETORI = le ramificazioni suonò essere:
 semplici = la ghiandola è formata da un solo adenomero e un solo dotto
escretore;
 ramificate = 2 o più adenomeri confluiscono in un unico dotto escretore;
 composte = più dotti escretori, con relativi adenomeri, confluiscono in un
unico dotto escretore principale, di diametro maggiore.
In base a questi criteri e ai precedenti avremo:
 GHIANDOLE TUBULARI =
 semplici = gastriche, intestinali;
 glomerulari semplici = sudoripare;
 ramificate = gastriche;
 composte = linguali, parte delle gh. del Brunner;
 tubulo-acinose composte = pancreas esocrino, lacrimali, salivari;
 tubulo-alveolari composte = mammaria;
 GHIANDOLE ALVEOLARI =
 semplici = intraepiteliali della cavità nasale;
 GHIANDOLE ACINOSE =
 semplici = sebacee annesse ai peli;
 ramificate = sebacee annesse alla cute.
In generale le ghiandole sono classificate in:
 GHIANDOLE ESOCRINE SEMPLICI = sono ghiandole formate da uno o più
adenomeri, connessi alla superficie dell'epitelio tramite un dotto non ha
ramificato. Si dividono in:
 ghiandole tubulari in semplici = non esiste una separazione tra
porzione facilmente e porzione escretrice. Un esempio sono le
ghiandole intestinali del Lieberkun, formate da cinque tipi cellulari:
1. cellule indifferenziate o staminali;
2. cellule a funzione assorbente;
3. cellule mucipare;
4. cellule secernenti del Paneth = secernono enzimi digestivi;
5. cellule endocrine = secernono ormoni;
 ghiandole tubulari glomerulari = l'adenomero ha la forma di un
tubulo, con la parte finale immersa nel connettivo a volta a
74

gomitolo, mentre il resto di forma rettilinea;


 ghiandole tubulari ramificate = il dotto escretore riceve due o più
tubulina ramificati che costituiscono la porzione secernente;
 ghiandole acinose o alveolari = possono essere:
 semplici = adenomero ha forma di sfera. Mancano nei mammiferi;
 ramificate = più a cinesi connettono ad un unico dotto escretore;
 GHIANDOLE ESOCRINE COMPOSTE = il dotto escretore principale si
ramificate ripetutamente in condotti di calibro sempre più piccolo, che
terminano con una adenomero. Ciascuna ramificazione presentava una
adenomero. Adenomeri + dotti escretori = parenchima secernente.
A seconda della forma di alveoli avremo:
 ghiandole tubulari composte = gli adenomeri hanno forma tubulare;
 ghiandole a acinose o alveolari composte = gli adenomeri
presentano una forma sferica, oppure formate da tubulina
ramificati;
 ghiandole tubulo-acinose o tubulo-alveolari composte = sono le più
comuni e sono costituite da adenomeri sia tubulari sia alveolari.
Le grosse ghiandole composte sono avvolte da una guaina connettivale o capsula e sono
suddivise in LOBI da setti di tessuto connettivo, detti SETTI INTERLOBARI, che si
dipartono dalla superficie interna della capsula. Gli occhi sono successivamente divisi
da SETTI INTERLOBULARI, in parti più piccole, i LOBULI. Il lobulo contiene al suo
interno delle fibre di connettivo reticolare, nel quale decorrono vasi sanguigni e
terminazioni nervose = STROMA.
Il condotto principale della ghiandola si ramifica nel tessuto connettivo per formare i
CONDOTTI LOBARI, ciascuno dei quali riceve il prodotto di secrezione di un lobo.
Questi condotti si ramificano nei lobi in DOTTI INTERLOBULARI, le cui ramificazioni
nei lobuli sono dette DOTTI INTRALOBULARI. Questi si ramificano continuamente,
continuandosi con i DOTTI INTERCALARI, che terminano con l’adenomero.
L'epitelio che riveste il condotto escretore principale, è prima a pavimentoso
stratificato, puoi di identità cilindrico semplice e poi pavimentoso semplice. I vasi
sanguigni, linfatici e i nervi si distribuiscono delle ghiandole seguendo il setti
connettivali interposti tra i lobi e i lobuli. Tra queste ghiandole troviamo:
 ghiandole salivari = il condotto intercalare era preceduto da un breve
condotto, il condotto striato o salivare, rivestito da un epitelio
batiprismatico basso.
La porzione basale di queste cellule presenta una striatura verticale dovuta
ai mitocondri allineati tra le invaginazioni della membrana;
 pancreas = il condotto intercalare penetra nell’interno dell’acino: la sua
estremità distale viene avvolta dalle cellule dell’adenomero = cellule centro-
acinose;
 fegato = l’unità funzionale del parenchima è il lobulo epatico. Ciascun lobulo
è formato da lamine anastomizzate di cellule epiteliali disposte radialmente
intorno all’asse del lobulo, percorso da una vena centrale. Lo spazio
interlobulare è detto spazio o area portale. Gli spazi tra le facce continue =
fessure interlobulare.
Il fegato riceve due sistemi di vasi sanguigni:
 arteria e pratica = forma una rete che vascolarizza lo stroma;
 vena porta = conduce al fegato il sangue refluo dall'intestino,
dallo stomaco, dalla milza e dal pancreas. La vena porta si
ramificano nell'organismo originando le vene interlobulare, che
decorrono nell'area portale e nelle fessure interlobulare. Le
75

vene interlobulare si risolvono in una rete capillare sinusoidale


fenestrata, disposta tra le lamine. Le vene centrali dei lobuli
si aprono nella vena sottolobulare, che decorre lungo la base
dei lobuli. Queste vene convergono nella vena e pratica che si
apre nella vena cava inferiore. La parete dei sinusoidi epatici è
formata dalle cellule di Kupffer…
Il fegato è una ghiandola mista:
 esocrina = produce la bile che riversa tramite i dotti biliari nel
duodeno;
 endocrina = produce varie sostanze, tra cui proteine
plasmatiche.
La parte endocrina possiede anche numerose altre funzioni, come la
capacità di intervenire nel metabolismo dei grassi, dei carboidrati, nella
sintesi di glicogeno, del colesterolo, dei grassi, dell'urina. È anche in grado
di detossificare l’organismo da sostanze dannose. Le cellule pratiche sono
ricchi di ribosomi, presentano numerosi mitocondri;
4. MODALITÀ DI SECREZIONE =
 GHIANDOLE OLOCRINE = l'intera cellula dopo aver accumulato il prodotto
di sintesi è eliminata, andando a far parte del secreto. Ghiandole di questo
tipo presentano una riserva di cellule staminale di indifferenziate che
proliferano e si differenziano, sostituendo quelle eliminate. Sono soprattutto
ghiandole sebacee della cute;
 GHIANDOLE APOCRINE = la cellula e elimina insieme al secreto la parte
apicale del citoplasma. Un esempio lo si trova nella gh mammaria;
 GHIANDOLE MEROCRINE O ECCRINE = secernono soltanto il prodotto di
secrezione, contenuto in un grano di secrezione. La cellula rimane
integra. Rappresentano la maggior parte delle ghiandole;
5. COMPOSIZIONE CHIMICA DEL SECRETO =
 GHIANDOLE SIEROSE = secernono un liquido chiaro ed accuso, contenente
perlopiù enzimi. Al secreto proteico che si colora intensamente. Le cellule si
erose contengono una grande quantità di ribosomi. Negli adenomeri le cellule
hanno:
 nucleo localizzato alla base della cellula, insieme al RER, molto
sviluppato;
 Golgi poco sviluppato, situato verso la parte apicale;
 secreto accumulato nella parte alta della cellula, in vacuoli.
Alcuni esempi sono il pancreas esocrine non e le ghiandole lacrimali;
 GHIANDOLE MUCOSE = secernono un liquido viscoso = mucina, che a
contatto con l'acqua diventa muco. È un complesso proteina-polisacaride. Dille
secreto è poco colorabile. Le cellule presentano:
 nucleo alla base della cellula, schiacciato;
 RER poco sviluppato;
 Golgi molto sviluppato;
 la porzione apicale non presenta granuli, ma un numero variabile di
gocce di mucinogeno, che poi diventerà muco;
 GHIANDOLE MISTE = producono un liquido misto, sieroso e mucoso.
Contengono sia adenomeri mucosi che adenomeri sierosi. Spesso gli adenomeri
ministri sono formati da unità secernenti mucose, incappucciate da cellule si
erose di spasso per formare una mezza luna = SEMILUNE DEL GIANNUZZI.

In tutte le ghiandole salivari maggiori e minori e nelle ghiandole lacrimali, troviamo


76

delle cellule particolari, detti cellule mioepiteliali o a canestro, la cui funzione


contratti le favorisce l'espulsione del secreto verso i dotti.

Delle ghiandole semplici tutti gli elementi epiteliali hanno funzione secernente e delimitano il lume del
dotto. Quello più complesse contengono:
 adenomero = porzione secernente. Costituito da cellule disposte a circoscrivere un rom e che si
continuò con il dotto. Si trova alle estremità del dotto e nelle ghiandole con dotti ramificati,
alle estremità di ogni singola ramificazione;
 dotti escretori = porzione escretrice.

GHIANDOLE ENDOCRINE
Le sostanze secrete si chiamano ormoni e regolano l’attività metabolica di diversi organi. Questi sono
trasportati dal sangue ed influenzano organi situati a distanza = organi bersaglio. Possono essere
liberati nel circolo sanguigno appena prodotti oppure possono immagazzinati entro le cellule ed essere
liberati solo successivamente all’arrivo di un segnale.
Gli ormoni riconoscono le cellule bersaglio, perché sulla loro superficie sono presenti particolari
macromolecole proteiche dette recettori ormonali, specifici per ogni ormone. Gli ormoni interagiscono
con il recettore e inducono un particolare effetto, risposta, nella cellula. Esistono due diversi tipi di
recettori, situati in diverse zone della cellula:
 recettori per ormoni proteici = sono situati sulla superficie della cellula;
 recettori per ormoni steroidei = sono situati nel nucleo.

L’apparato endocrino è costituito da cellule, organi e raggruppamenti di cellule sparsi , con la comune
caratteristica di produrre ormoni, che possono avere diversa natura:
 oligopeptidi;
 polipeptidi;
 proteine;
 glicoproteine;
 steroidi;
 catecolamine.
La concentrazione ormonale plasmatica è bassa, circa 10 -6-10-9.

Il legame ormone-ricettore attiva la trasduzione del segnale:


 ormone = 1° messaggero = il suo legame con il precettore e innesca una complessa serie di
nazione che coinvolge proteine e lipidi membrana;
 queste reazioni si concludono con l'aumento della concentrazione di una molecola o ione = 2°
messaggero. Questo processo è detto trasduzione del segnale;
 il secondo messaggero provoca una risposta da parte della cellula bersaglio, attraverso
l'attivazione di vie metaboliche che coinvolgono enzimi detti cinasi, capaci di fosco e l'area in
successione substrati diversi. Questo processo è detto cascata delle cinasi;
 questa cascata può portare l'attivazione di specifici geni e/o elementi e concludersi con
l'attivazione di processi biosintetici/secretori.

Gli ormoni che regolano la sintesi di altri ormoni si chiamano tropoormoni, TSH.

Le ghiandole endocrine sono caratterizzate una ricca rete di capillare che avvolge le cellule secernenti.
È sempre presente una membrana basale e lo stroma è formato da un ricco intreccio di fibre reticolari.
Si riconoscono tre principali varietà strutturali di ghiandole endocrine:
 GHIANDOLE A CORDONI = le cellule sono allineate a formare dei cordoni piuttosto evidenti.
Questa organizzazione è quella della maggior parte delle ghiandole endocrine: ipofisi,
paratiroidi, pancreas, surrene, epifisi. Le cellule epiteliali sono a volte da una membrana basale,
77

all'esterno della quale c'è una ricca rete di capillari, sinusoidi. Hanno un lume più ampio e un
endotelio fenestrato. Le cellule sono connesse tra loro da desmosomi e gap junction;
 GHIANDOLE INTERSTIZIALI = formata da isolotti o gruppi o nidi cellulari. Sono le ghiandole
interstiziali del testicolo e dell’ovaio, le cellule parafollicolari della tiroide e le cellule della
mucosa gastrointestinale;
 GHIANDOLE A FOLLICOLI CHIUSI, O VESCICOLE = hanno una organizzazione complessa.
L'unico esempio è dato dalla tiroide.

IPOFISI.
Detta anche ghiandola pituitaria è localizzata alla base del cervello e porge una profonda depressione
dell'osso sfenoide, detta sella turcica. È la ghiandola endocrina più importante, in quanto controlla
l'attività delle altre ghiandole. La sua attività socialmente è regolata da ormoni o fattori di liberazione
e di inibizione secreti dall'ipotalamo. È formato due organi diversi:
 adenoipofisi = detta anche ipofisi ghiandolare o ipofisi anteriore. Si origina dall'embrione come
evaginazione dell’ectoderma, dello stomodeo. È una ghiandola a cordoni e nidi cellulari. È divisa
in tre parti:
1. parte distale = o lobo anteriore. Costituisce la maggior parte del parenchima
ghiandolare. È formato da cordoni cellulari, in stretto rapporto con una ricca rete di
capillari. Produce 6 ormoni:
 somatotropo = STH, ormone della crescita;
 prolattina = LTH, stimola la produzione di latte;
 ormone tireotropo = THS, stimola la tiroide;
 ormone gonadotropo = FSH;
 ormone luteinizzante = LH;
 ormone adenocorticotropo = ACTH, gluteostimolante.
Questi ormoni sono a loro volta controllati da neurotrasmettitori liberati dalle
terminazioni nervose dell'ipotalamo;
2. parte intermedia = è poco sviluppato nell'uomo e secerne l'ormone che stimola il sistema
melanocitario. Influenzare la colorazione delle acute stimolando la produzione di
melanina e la dispersione dei suoi granuli;
3. parte tuberale = è molto piccola e non le sono attribuite funzioni endocrine. Contiene
per lo più cellule cromofobe.
 neuroipofisi = o ipofisi nervosa. Deriva dal pavimento del diencefalo. È costituito da cellule
particolari,pituiciti, dalle terminazioni degli assoni dei neuroni i cui pirenoforo sono situati
nell’ipotalamo. Questi neuroni producono:
 vasopressina;
 ossitocina;
prodotti nel nucleo sopraottico e paraventricolare. Questi ormoni sono trasportati lungo gli
assoni fino alla neuroipofisi, grazie ad un sistema di vescicole rivestite di membrana, che
derivano dal complesso di Golgi. Poi gli ormoni sono riversati nei capillari. Questi ormoni sono
legate speciali proteine solubili di trasporto = neurofisine.

Adenoipofisi.
Nell’adenoipofisi troviamo due tipologie cellulari:
 cellule cromofile = distinte in:
 acidofile = hanno un secreto proteico, PAS -;
 basofile = hanno un secreto glicoproteico, PAS +;
 cellule cromofobe = prive di granuli. Si pensa siano una riserva di cellule non differenziate.
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CELLULE CROMOFILE.
Cellule Acidofile.
Rappresentano il 40% delle cellule dell’ipofisi. Hanno un diametro compreso tra il 15-20 μm e
contengono granuli PAS -. Sono divisibili in:
 cellule somatotrope, o STH cells, o cellule alfa = forma tondeggiante, nucleo sferico, RER e
Golgi ben sviluppati. I granuli maturi contengono l’STH, in vescicole di diametro tra 350-450
nm. Queste cellule secernono l’ormone somatotropo, la cui carenza determina il nanismo, mentre
la sua eccessiva produzione determina il gigantismo;
 cellule mammotrope, o LTH cells, o cellule a prolattina, o cellule epsilon = rappresentano il
10-20% di tutte le cellule ipofisarie. Sono elementi oblunghi, con elevato rapporto nucleo-
citoplasma. RER e Golgi esteso. I granuli con l’ormone hanno un diametro di circa 600 nm e
forma irregolare. Secernono gli ormoni luteotropo, LTH, e prolattina, PRL.

Cellule Basofile.
Rappresentano il 10-15% della popolazione cellulare ipofisaria. Hanno dimensioni maggiori rispetto alle
cellule acidofile, 20-25 μm, e contengono granuli PAS +. Si dividono in:
 cellule gonadotrope o beta = rilasciano entrambe le gonadotropine, FSH, follicolo stimolante, e
LH, luteinizzante. Hanno granuli relativamente piccoli, 200 nm, che contengono entrambe gli
ormoni;
 cellule tireotrope, o TSH cells, o cellule delta = sono basofile e PAS +. Sono il 5%del totale
delle cellule ipofisarie. Hanno granuli con un diametro tra 50-150 nm. Secernono il TSH, ormone
tireotropo , che regola la produzione degli ormoni T3 e T4;
 cellule corticotrope o cellule gamma = hanno piccoli granuli distribuiti soprattutto in periferia.
Rappresentano il 20% della popolazione totale di cellule. Producono l’ormone ACTH, o
adenocorticotropo, che stimola la zona fascicolata del surrene a produrre gli ormoni gli coattivi.
Sono cellule che secernono più di un ormone, ma tutti derivanti da una sola proteina, la POMC,
che produce ACTH, MSH, melanocitastimolante CLIP, γ-lipotropina e β-endorfina.

Neuroipofisi.
È un derivato neuroectodermico diencefalico. Produce ormoni sintetizzati da neuroni ipotalamici.
Gli ormoni neuroipofisari, vasopressina e ossitocina, sono sintetizzati dai nuclei magnicellulari
ipotalamici, nuclei sopraottico e paraventricolare. Accumuli di materiale neosecreto si possono notare
anche come corpi di Herring. Granuli di ormone sono legati da una proteina, la neurofisina, in una
rapporto 6:1.
 ossitocina = stimola la contrazione della parete dell’utero durante il parto;
 vasopressina = azione vasocostrittrice e antidiuretica, in quanto stimola l’assorbimento di acqua
nei dotti collettori.

La neuroipofisi contiene fibre nervose amieliniche, immerse in uno stroma connettivale lasso, ricco di
capillari. Gli assoni sono circondati da prolungamenti citoplasmatici dei pituiciti.

PARATIROIDI.
Sono quattro ghiandole appoggiate alla faccia superiore dei lobi della tiroide, distinte in superiori e
inferiori. Il suo parenchima è costituito da cordoni e nidi di cellule epiteliali immersi in un connettivo
riccamente vascolarizzato. Troviamo anche adipociti. Queste cellule si dividono in due categorie:
 cellule principali = sintetizzano l'ormone paratiroideo, o paratormone, di natura polipeptidica.
Questo è antagonista alla calcitonina, in quanto regola il riassorbimento dell'osso, innalzando il
livello di ioni calcio nel sangue. È una secrezione regolata da feedback negativo;
 cellule ossifile.
79

Cellule principali.
Presentano struttura diversa a seconda dello stato funzionale:
 forma inattiva = scarso RER e Golgi, e abbondanti granuli di glicogeno e lipofuscina;
 forma attiva = abbondanti RER e Golgi, e scarsi granuli di glicogeno e lipofuscina.
L’attività di queste cellule è regolata dallo ione Ca++ extracellulare.
Il paratormone ha come effetto quello di aumentare, a livello osseo, il riassorbimento delle ossa, e
quindi aumenta il tasso ematico di Ca++.

Cellule ossifile.
Compaiono nelle paratiroidi dopo la pubertà. Hanno un nucleo ricco di cromatina e un citoplasma
acidofilo, con granuli di glicogeno.

SURRENE.
È costituito da due organi endocrini, con origine e funzione diverse:
 corticale del surrene = si sviluppa nel mesoderma ed è disposta alla periferia della ghiandola. È
composto da tre zone, organizzate a cordoni cellulari:
1. zona glomerulare = disposta subito sotto la capsula connettivale. È formata da cellulare
disposte in cordoni, a formare gomitoli irregolari. Corrisponde al 15% della parte
corticale. Le cellule sono piccole, poliedriche e unite tra loro da giunzioni tipo macula
adhaerens. Citoplasma ricco di ribosomi e REL. Le cellule producono mineralcorticoidi,
come l’aldosterone, che agisce sul tasso ematico di minerali;
2. zona fascicolata = corrisponde all’80% della parte corticale. È formata da cellule
disposte in lunghi cordoni paralleli, tra i quali si dispongono ampi sinusoidi. Le cellule
contengono gocce lipidiche, REL molto sviluppato e mitocondri tubulari. Produce
glucocorticoidi, come cortisolo e corticosterone, che agiscono sul metabolismo dei
carboidrati;
3. zona reticolare = confina con la parte midollare della ghiandola. È costituito da cordoni
di cellule intrecciate a formare una rete, perciò si dice ce i cordoni sono anastomizzati
tra loro. Cellule molto piccole, con citoplasma colorabile e granuli di lipofuscina. Secerne
anabolizzanti e ormoni sessuali, come l’androstenedione e DHEA, che stimolano la sintesi
proteica;
 midollare del surrene = composto da grosse cellule epiteliali raccolte in gruppi tondeggianti =
cellule cromaffini, con un citoplasma pieno di granuli bruni. Inoltre troviamo anche cellule
simpatiche gangliari. È organizzata in nidi e cordini, separati da stroma, dove troviamo numerosi
capillari. Deriva dal neuroectoderma
Agiscono sul sistema cardiovascolare e su alcune funzioni metaboliche.
La midollare è innervata da fibre simpatiche gangliari, che contraggono giunzioni con le cellule
cromaffini.
Secerne due ormoni, detti anche catecolamine:
 adrenalina;
 noradrenalina.
Questi ormoni sono contenuti in granuli. Quelli di adrenalina hanno un nucleo centrale,
disomogeneamente elettrondenso; mentre quelli di noradrenalina sono più voluminosi e hanno una
omogeneità.
80

EPIFISI.
Detta anche ghiandola pineale, per la sua forma a pigna, è situata nell'encefalo, appoggiata ai tubercoli
quadrigemini superiori. Deriva dall'organo pineale di lucertole e coccodrilli, il terzo occhio, in cui ha la
funzione di sensore di variazioni luminose. Le sue cellule sono organizzate in cordoni. Le cellule sono i
pinealociti, tra i quali troviamo cellule interstiziali, di derivazione neuroepiteliale. L'epifisi sintetizza
due tipi di ormoni, che si influenzano a vicenda:
 melatonina = deriva dalla serotonina per acetilazione e ossi-metilazione. L'azione di questo
ormone dipende dai cicli di luce-buio. La stimolazione luminosa della retina rallenta la produzione
di melatonina, mentre il buio la stimola. Perciò la sua produzione è minima di giorno e massima di
notte. Le sue funzioni sono varie:
 protegge il sistema nervoso e eliminando i radicali liberi;
 influenzar attività riproduttiva;
 una sua eccessiva produzione determina stati di depressione.
 serotonina = è il precursore della melatonina. Agisce secondo un ritmo diverso, difatti è
prodotta in massima quantità di giorno e in minima di notte.
All'interno della ghiandola compaiono delle concrezioni calcaree, sabbia cerebrale, prodotta dai
pinealociti. È riccamente innervata da fibre simpatiche, che si collegano ai pinealociti.

TIROIDE.
Si trova nella parte anteriore del collo, appoggiata alle cartilagini tiroidea e cricoide della laringe. È
formata da due lobi uniti da una porzione trasversale detta istmo, dalla quale a volte un lungo e sottile
globo piramidale si dirige in alto verso l’osso ioide. È rivestita da una sottile capsula di connettivo
fibroso, ricca di fibre elastiche, che suddividono il parenchima in territori irregolari. Questi sono
formati da follicoli la cui parete è formata da un epitelio cubico semplice. I follicoli contengono la
colloide, una sostanza omogenea e gelatinosa, ricca di tireoglobulina, una glicoproteina. I follicoli hanno
un diametro tra i 20-500 μm, a seconda del loro stato funzionale.
La parete dei follicoli è composto da due elementi cellulari epiteliali:
 cellule follicolari o tireociti = poggiano sulla membrana basale e delimitano il lume del follicolo.
Presentano piccole gocce di colloide nel citoplasma e mostrano una certa polarità. Hanno forma
appiattita o cubica. Secernono tireoglobulina, sui poliribosomi adesi al RER. Una volta glicosilata
nel Golgi viene esocitata nel lume del follicolo.
 cellule C o parafollicolari = poggiano sulla membrana basale ma non delimitano il lume del
follicolo. Secernono calcitonina, che abbassa il livello di ioni calcio nel sangue. Sono meno
numerose, ma più grandi, con un nucleo ovale e citoplasma chiaro. Secernono la tireocalcitonina,
che aumenta il deposito di calcio nelle ossa.
Nella colloide sono presenti due ormoni, T3, triiodotironina, e T4, tiroxina. L'attività della tiroide è
regolato dall'ormone THS, secreto dal lobo anteriore dell’adenoipofisi. Stimola il riassorbimento delle
gocce di colloide e l’idrolisi della tireoglobulina.

APPUNTI PROF pag. 68b

FEGATO.
Ha una duplice funzione, sia esocrina, secerne bile, sia endocrina, secerne proteine plasmatiche.
81

PANCREAS.
È una ghiandola mista:
 porzione esocrina = è una ghiandola tubulo-acinosa composta. Produce enzimi digestivi che
riversa nel duodeno. L'attività secernente regolata dalla secrezione di ormoni intestinali, quali:
 secretina = stimola il pancreas a produrre acqua e sali minerali;
 pancreozima = provoca Allah secrezione di grandi quantità di enzimi digestivi nel lume
intestinale. Attiva la contrazione della cistifellea provocando l'afflusso della bile nel
duodeno;
e di ormoni gastrointestinali, come la gastrina, agisce sullo stomaco stimolando la secrezione
acida.
 Porzione endocrina = costituita da cumuli di cellule, cellule di Langerhans, sparse nel parenchima
esocrino. Le cellule sono piccole, poligonali e disposte in cordoni anastomizzati. Queste cellule
sono avvolte da una ricca rete di capillari nei quali si versano i prodotti di secrezione. Le sono di
4 tipi:
1. cellule A o alfa = rappresentano il 20% delle cellule e contengono granuli solubili in
alcol. Producono il glucagone, che favorisce la glicogenolisi epatica, aumentando il tasso
di glucosio nel sangue. Stimola l'attività cardiaca e favorisce la liberazione di acidi
grassi dagli adipociti;
2. cellule B o beta = rappresentano il 70% delle cellule e presentano granuli di secreto
molto variabili per forma. Producono l'insulina, che favorisce l'accumulo di glucosio nel
fegato;
3. cellule D o delta = rappresentano il 5-10% delle cellule e hanno granuli piuttosto
grandi con una modesta omogenea opacità. Producono somatostatina che inibisce la
sintesi dell'ormone della crescita. Ha un’azione modulatrice sulle cellule alfa e beta;
4. cellule PP o F = sono rare e hanno granuli densi con un ampio alone opaco periferico.
Producono il polipeptide pancreatico.

MUCOSA GASTRO-INTESTINALE.
Gli ormoni più importanti sono: serotonina, gastrina, secretina, istamina e glucagone.

RENE.
Produce l’ormone eritropoietina, che agisce sul sistema eritropoietico e un enzima, la renina, che
influenza la pressione sanguigna. Questo enzima viene liberato dall’apparato iuxtaglomerulari e
influenza l’angiotensinogeno, trasformandolo in angiotensina I e II. Quest’ultima promuove il rilascio
dell’aldosterone, che promuove il riassorbimento di sodio e acqua.

TIMO.
È l'organo dove i linfociti T maturano e vengono selezionati. Il suo e epitelio produce ormoni che hanno
come obiettivo e i linfociti T, e sono:
 fattore timico umorale;
 timosina;
 timopoietina;
 timulina.
82

Altri organi con funzione endocrina sono:


 cellule interstiziali del testicolo e dell’ovaio = secernono testosterone ed estrogeni;
 cellule del Sertoli = stimolato dall'ormone FSH a produrre il precettore per il testosterone;
 follicolo ovarico = secerne estrogeni;
 corpo luteo = secerne progesterone. Si è luogo era fecondato diventa corpo luteo gravido, se
non è fecondato, degenera.

GHIANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO.


Questa ghiandola è formata dalle cellule di Leydig: elementi con un diametro di circa 20 μm, di forma
poliedrica. Sono unite in gruppi astretto contatto con vasi sanguigni. La membrana cellulare presenta
microvilli. Il nucleo è eccentrico, sferico e presenta uno o più nucleoli. Il citoplasma è acidofilo e
granulare. Il REL contiene enzimi per la sintesi degli androgeni.
Nell’uomo si trovano formazioni particolari, i istalli di Reinke. Le cellule di Leydig secernono androgeni,
tra i quali ricordiamo il testosterone.

GONADI FEMMINILI.
La componente endocrina è formata dia follicoli ovarici e dai corpi lutei. A questi si aggiungono ammassi
di cellule interstiziali.
Nel corso della maturazione, ogni follicolo è circondato da un gruppo di cellule, le più interne delle quali,
la teca interna, hanno funzione secernente. Queste secernono un ormone, estradiolo.
Sotto lo stimolo dell’LH le cellule della teca interna producono testosterone, che assunto dalle cellule
della granulosa, grazie all’azione dell’FSH, viene trasformato in estradiolo. Questo ormone è
responsabile dello sviluppo e del mantenimento dei caratteri secondari femminili e regola il ciclo
uterino. Il follicolo ovarico, arrivato a maturazione, secerne progesterone, che provoca la maturazione
dell’ovocita, e insieme all’LH induce l’ovulazione. Una volta avvenuta l’ovulazione le cellule della parrete
interna del follicolo collassato dando origine al corpo luteo, il quale secerno progesterone ed estrogeni.
Può diventare C.L. gravidico, se avviene la fecondazione, o C.L. albicante se ciò non avviene, regredendo.
Il corpo luteo, durante le prime settimane di gravidanza rilascia la relaxina, un ormone che permette il
rilassamento delle pareti dell’utero, permettendo l’impianto e lo sviluppo della cellula uovo. La placenta,
dal 6 mese in poi diventa un organo endocrino, che svolge le stesse funzioni del corpo luteo.

NEUROSECREZIONE.
Una categoria speciale di secrezione endocrina è la neurosecrezione. Esistono due categorie principali
di neuroni secretori:
 neuroni peptidergici = sono neuroni seminati in varie aree cerebrali, che producono piccoli
peptidi:
1. neuroni ipotalamici che producono vasopressina e ossitocina;
2. neuroni ipotalamici che producono fattori favorenti ed inibenti;
3. neuroni che elaborano una serie di peptidi.
Atri neuroni elaborano ormoni di rilascio, come la vasopressina e l’ossitocina, che rilasciate dalla
neuroipofisi, entrano in circolo
 neuroni aminergici =sono situati in diverse zone del sistema nervoso e producono dopamina,
noradrenalina e serotonina.

Queste cellule danno origine al sistema APUD, o sistema neuro-endocrino diffuso


83

CAP 11: TESSUTI CONNETTIVI, TESSUTO CONNETTIVO PROPRIAMENTE


DETTO
I tessuti connettivi hanno la funzione di connettere vari tessuti tra di loro. Le cellule sono separate da
un'abbondante sostanza o matrice intercellulare, a sua volta costituita da due parti:
 componente amorfa = sostanza fondamentale costituita da proteoglicani e glicosamminoglicani,
tra cui elevata idratazione permette la diffusione di nutrienti, metaboliti e ormoni;
 componente fibrillare, o fibrosa = costituita da fibre collagene ed elastiche e glicoproteine
strutturali, tra le quali troviamo la fibronectina e la fibrillina.
La sostanza fondamentale contiene il liquido tissutale o interstiziale. Dalle caratteristiche della
matrice dipendono le proprietà strutturali e funzionali di ogni tessuto connettivo.
I tessuti corretti e per hanno diverse funzioni:
 sostegno;
 funzioni trofiche;
 accumulo di lipidi;
 difesa;
 riparazione delle lesioni;
 termogenesi.

ORIGINE E CLASSIFICAZIONE DEI TESSUTI CONNETTIVI


Il mesenchima dà origine a tutti i tessuti connettivi
- Tutti i tessuti connettivi derivano dal mesenchima, o tessuto connettivo embrionale, che ha origine dal
mesoderma. Alcune cellule del mesoderma migrano negli spazi situati tra i foglietti germinativi primitivi
degli organi da essi derivati e formano un reticolo diffuso di connettivo embrionale noto come
mesenchima. Tutte le cellule dei tessuti connettivali derivano dalla cellula mesenchimale, una cellula
pluripotente, dotata di attività fagocitaria e movimento ameboide. Nel tessuto connettivo troviamo
cellule di forma irregolare, con prolungamenti, e una sostanza intercellulare amorfa piuttosto fluida,
inizialmente priva di fibre reticolari, proteoglicani e glicoproteine.
Diversi tipi di tessuto connettivo
- Esistono diversi tipi di tessuto connettivo:
84

Qualità, quantità di disposizione delle fibre sono i criteri importante per classificare il tessuto
connettivo propriamente detto
- Il tessuto connettivo propriamente detto è suddiviso in quattro sottoclassi:
1. tessuto collettivo lasso = fibre meno abbondanti e mollemente intrecciate tra loro. Prevale la
sostanza amorfa;
2. tessuto connettivo denso o compatto = fibre abbastanza abbondanti raccolte in grossi fasci
stipati che conferiscono al tessuto consistenza. A sua volta questo tessuto può essere diviso in
due sottoclassi ulteriori, in base alla disposizione delle fibre:
- tessuto connettivo denso irregolare = fibre disposte irregolarmente, come nel derma;
- tessuto connettivo denso regolare = fibre raccolte in fasci paralleli, come nei tendini o
nei legamenti.
3. Tessuto adiposo = diviso in:
- tessuto adiposo bianco;
- tessuto adiposo bruno;
4. Tessuto reticolare
Esistono anche varietà di tessuto connettivo che hanno proprietà speciali, quali il tessuto mucoso e il
tessuto pigmentato.

FIBRE DEL TESSUTO CONNETTIVO


- Le fibre del tessuto connettivo si dividono in: fibre di collagene, fibre reticolari e il fibre elastiche.
Le fibre collagene e reticolari rappresentano due modi diversi di aggregazione delle unità fibrose di
tropocollagene; mentre le fibre elastiche hanno una costituzione diversa. Le fibre collagene
conferiscono al tessuto resistenza meccanica, quelle elastiche la capacità di recuperare le dimensioni
originali dopo la distensione.
Le fibre collagene sono uno dei costituenti principali dell'organismo
- Le fibre collagene sono flessibili ma poco estensibili ed offrono una grande resistenza alla trazione.
Sono rapidamente digerite nell'intestino, ma resistono alla digestione con tripsina. Se il collagene è
sottoposto a bollitura si trasforma in gelatina.
Le fibre di collagene hanno un colorito bianco, perciò sono dette fibre bianche, in contrapposizione alle
fibre elastiche, denominati il fibre gialle per il loro colorito giallastro. Le fibre bianche appaiano come
filamenti molto lunghi che decorrono in più direzioni. Hanno una fine striatura longitudinale dovuta alla
presenza di fibrille disposte parallelamente. Le fibrille sono tenute insieme da un materiale amorfo, e
sono costituite da unità filamentose sottili, le microfibrille, o fibre submicroscopiche, orientate
secondo l'asse della fibra. Le microfibrille appaiano strigliate trasversalmente, in bande che si ripetono
ogni 70nm. Per questo motivo il fibre collagene mostrano una periodicità assile, con un periodo di 70nm.
Di costituenti elementari delle microfibrille sono le molecole di tropocollagene.
Il tropocollagene è il costituenti elementare delle fibre di collagene
- Il collagene è secreto nella matrice extracellulare sotto forma di molecole filamentose di
tropocollagene, sintetizzate dai fibroblasti nei tessuti connettivi, dai condroblasti nella cartilagine,
dagli osteoblasti nel tessuto osseo, dalle cellule epiteliali e dalle cellule muscolari lisce.
La molecola di tropocollagene è costituita da una tripla e il legame, determinata dall'avvolgimento di tre
catene polipeptidiche e α-eliche. Le catene α hanno una composizione di amminoacidi costanti: allegati è
una e comporta da 333 triplette e elementari, nelle quali troviamo come amminoacidi la prolina,
l’idrossiprolina e la glicina. La tripla elica è stabilizzata da legami idrogeno tra le catene α. Le molecole
di tropocollagene si associano longitudinalmente, unendosi testa-coda, e lateralmente, formando le
microfibrille. Queste, a loro volta, si uniscono a formare le fibrille, le quali si associano costituendo le
fibre di collagene. Esistono 14 tipi di collagene, ma solo alcuni di essi sono fibrillari, tipo I, II, III, V,
XI. Ciascuna microfibrilla di collagene si sovrappone alla successiva per circa un quarto della sua
lunghezza. Il collagene è acidofilo, a causa dei suoi gruppi laterali carichi positivamente. Le interazioni
laterali tra le molecole di tropocollagene sono stabilizzate da legamenti crociati covalenti
85

intermolecolari, tra idrossilisine, che contribuiscono alla resistenza alla trazione. Il tropocollagene è
una glicoproteina.
L'assortimento di diverse catene α nella tripla elica determina diversi tipi di collagene
- Esistono venticinque tipi distinti di catene α e il loro assortimento determina circa 14 diversi tipi di
collagene. I tipi di collagene più rappresentati sono i collageni fibrillari, che costituiscono la maggior
parte della matrice extracellulare di tessuti collettivi, come il derma, i tendini, i legamenti, le
cartilagini. Si possono trovare più tipi di collagene appartenenti a questa classe nello stesso tessuto
collettivo.
Il collagene di tipo I costituisce il 90% del collagene del corpo, essendo il solo presente nelle ossa e nei
tendini. Predomina inoltre anche nel derma. La molecola di tipo I è prodotta da due distinti geni
strutturali: la tripla elica è costituita da due catene α diverse, due α1 e una α2. A causa della loro
colorabilità vengono definite fibre argirofile.
Il collagene di tipo II si trova nelle fibre collagene della cartilagine ialina, ma è anche presente nel
disco intervertebrale, nella notocorda, nell’occhio e nel corpo vitreo.
I collageni associati a fibrille sono costituiti d'amore con in cui la tripla elica è interrotta da uno o due
domini non elicoidali. Queste molecole si associano a collageni fibrillari, stabilendo legami all'interno
delle fibrille, e tra fibrille e macromolecole della matrice.
I collageni laminari o reticolari sono localizzati verso l'esterno della cellula, in quanto fanno quasi parte
dello scheletro esterno. Appartengono a questa classe, i collageni della membrana basale degli epiteli,
che formano maglie reticolari.
La fibrillogenesi.
- La sintesi delle fibrille di collagene, la fibrillogenesi, era un processo a che comprende i fenomeni
intra-extra cellulari, ed è operato da diversi tipi cellulari, nei diversi tipi di tessuto connettivo:
fibroblasti, condroblasti, osteoblasti, odontoblasti e cementoblasti, nel dente.
Il processo inizia nel nucleo con la trascrizione dei geni. Il collagene nasce come procollagene, collagene
con la giunta di un propeptide, o telomero, alle due estremità. I propeptidi hanno struttura globulare, e
non elicoidale.
Il procollagene subisce numerose modificazioni
- La traduzione avviene sul RER, dove la catena subisce la rimozione del peptide segnale e subisce
un’idrossilazione. Terminata la traduzione avviene la glicosilazione delle idrossiproline. Da questo
processo nascono le catene α, tre delle quali essi allineano, con formazione di ponti disolfuro tra le
estremità C-terminali. L'avvolgimento della tripla elica è stabilizzata da legami idrogeno. È interessante
notare che la vitamina C, o acido ascorbico, è un cofattore essenziale degli enzimi che idrossilano la
prolina. La molecola di procollagene passa nell'apparato di Golgi, dove si completa la glicosilazione, e
viene secreta all'esterno della cellula.
La conversione del procollagene in collagene avviene all'esterno della cellula
- Le triple eliche di procollagene secrete all'esterno della cellula subiscono l'azione di alcune
procollagene peptidasi, che tagliano i telomeri e le trasformano in molecole di tropocollagene. Le
fibrille collagene, così formate, hanno i caratteri di fibre reticolari, cioè sono isolate. Queste fibrille si
raccolgono in fasci ondulati, paralleli, assumendo l'aspetto delle fibre collagene. Ci sono due motivi
fondamentali che portano alla formazione di tropocollagene all'esterno della cellula:
- l'allineamento corretto delle tre catene dipende dallo stabilirsi di ponti disolfuro tra i telomeri;
- le molecole di tropocollagene si aggregano spontaneamente in fibrille, e questo fenomeno
avrebbe conseguenze catastrofiche se avvenisse all'interno della cellula.
La crescita e la stabilizzazione delle fibrille dipende da numerosi fattori
- La fibrillogenesi è l'evento iniziale che porta alla formazione delle fibre collagene. Le fibrille si
aggregano in una struttura di ordine superiore, quali le fibre e in fasci di fibre. È frequente
l'associazione di collagene di tipo I e V nella stessa fibrilla. Durante il processo di fibrillogenesi, residui
di lisina e idrossilisina sono ossidati ad aldeidi, che reagiscono tra loro formando legami crociati, i quali
contribuiscono alla resistenza delle fibre. Anche i collageni associati a fibrille svolgono un ruolo
importante, in quanto mantengono i telomeri. Per questo non si associano tra loro, ma solo a fibre di
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collagene: il tipo IX si associa a fibrille di collagene tipo II, mentre il tipo XII si associa a fibrille di
collagene tipo I. Questi collageni associati a fibrille contribuiscono a legare le fibrille stesse tra loro e
con le macro molecole della matrice e della membrana cellulare.
Le fibrille reticolari sono costituiti da collageni di tipo III
- Il collagene di tipo III lo si trova nel connettivo lasso delle tonache sierose, nella parete dei vasi
sanguigni, nel connettivo delle fibre muscolari, negli organi linfoidi e mieloidi, nel tessuto adiposo, ecc...,
dove si presenta sotto forma di fibre reticolari. Il collagene di tipo III è caratterizzato da un alto
contenuto di idrossilisina e da una grado di glicosilazione maggiore rispetto al tipo I. Inoltre le fibre di
collagene tipo III sono più sottili e formano un intreccio ramificato. Ne risulta un tessuto
caratterizzato da fibre relativamente sottili, ramificate e intrecciate, con ampi spazi occupati da
matrice amorfa. A causa del minor grado di aggregazione non sono visibili le striature.
Le fibre elastiche sono diverse da quelle collagene
- Le fibre elastiche sono meno numerose delle fibre collagene nel connettivo lasso, ma si accumulano in
quello elastico, una varietà di tessuto connettivo caratterizzata dalla capacità di distendersi sotto
l'azione di una forza, per riacquistare le dimensioni originali, restituendo energia. Le fibre elastiche
sono molto abbondanti nella tonaca elastica delle arterie, nei legamenti e nei tendini, nella cartilagine
elastica. Le fibre elastiche non sono striate, ma si ramificano formando un reticolo. Sono più sottili e si
raccolgono in fasci, colorati di giallo, per questo vengono definite fibre gialle. Le fibre elastiche
possono associarsi anche in lamine. Nelle arterie le membrane elastiche presentano numerose aperture
e prendono il nome di membrane elastiche fenestrate. Le fibre gialle si lasciano facilmente distendere,
ritornando alla lunghezza originaria quando cessa la trazione esercitata su di esse, ma sono meno
resistenti alla trazione rispetto alle fibre collagene.
Le fibre elastiche sono composte da elastina e fibrillina
- Le fibre e le lamine elastiche sono costituiti da due componenti:
1. un materiale omogeneo di intensità variabile, che costituisce la componente amorfa;
2. microfibrille molto sottili, immerse nella componente amorfa.
La componente amorfa è costituita da elastina, mentre le microfibrille sono ricche di una proteina
detta fibrillina. L'elastina è molto abbondanti nella parete dell'aorta e dei vasi maggiori, nei legamenti
elastici, nei polmoni, nei tendini e nel derma.
L'elastina è un polimero costituito da molecole di tropoelastina
- L'elastina risulta dalla polimerizzazione, mediante legami crociati, di molecole di tropoelastina e, i
precursori solubili dell'elastina. La caratteristica principale è l'elevata presenza di glicina, e il fatto
che il 75% degli amminoacidi è costituito da quattro residui idrofobici, glicina, alanina, valina e prolina.
Le diverse tropoelastina e sono dovute ad una riarrangiamento del gene localizzato nel cromosoma 7.
Il processo dell'elastogenesi è composto da fasi intra-extra cellulari
- All'interno della cellula, l'associazione tra monomeri di tropoelastina è impedita dal loro legame con
una proteina, che accompagna la tropoelastina fino all'esterno della cellula. Dopo la secrezione, la
molecola di tropoelastina si separa dalla proteina ed è libera di polimerizzare, mediante la formazione
di legami crociati tra le molecole stesse. Il risultato di questi processi è alla formazione dell'elastina,
un polimero amorfo, insolubile ma altamente idratato, che forma un reticolo 3D, che avvolge le
microfibrille di fibrillina, stabilizzata da legami crociati, che si alternano ai tratti idrofobici molto
flessibili. L'elastina è ricca di glicina, valina, lisina, desmosina, e isodesmosina.
Le microfibrille e elastiche sono costituiti da fibrillina e altre macromolecole
- Il costituente principale delle microfibrille è la fibrillina, una glicoproteina filamentosa, presente in
due isoforme. La disposizione in senso longitudinale, testa-coda, e per file parallele delle molecole di
fibrillina da luogo alle microfibrille. Associate alla fibrillina troviamo altre macromolecole:
proteoglicani, con abbondanza di condroitin solfato e cheratan solfato, e la glicoproteina MAGP-1.
L'analisi strutturale e delle microfibrille evidenzia una struttura a filo di perle, con una periodicità di
circa 50nm.
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SOSTANZA FONDAMENTALE O AMORFA


- Nella sostanza intercellulare amor a sonno e immerse le fibre e le cellule di ogni tessuto connettivo.
Essa è costituita da glicosamminoglicani, proteoglicani e glicoproteina e, tra le quali troviamo proteine
adesive, come la fibronectina. Nel connettivo propriamente detto queste macromolecole sono
sintetizzate dai fibroblasti.
La matrice amorfa e il liquido interstiziale sono essenziali per gli scambi metabolici
- La sostanza fondamentale è una materiale amorfo, trasparente, con le proprietà di un gel semifluido.
È formata da due fasi:
1. fase disperdente acquosa = sono presenti sali inorganici;
2. fase dispersa = costituita da glicoproteine non strutturali, enzimi, vitamine, ormoni,
tropocollagene, polisaccaridi e proteoglicani.
L'acqua, con le sostanze ed il grasso in essa disciolti, costituisce il liquido struttale o interstiziale.
Inoltre funziona come mezzo disperdente per la diffusione di diverse sostanze, dai capillari sanguigni
alle cellule di tessuti e viceversa no. La sostanza amorfa influenza l'orientamento delle microfibrille di
collagene e di fibrillina e contribuisce le reazioni di difesa dell'organismo.
Glicoproteine simili sono presenti nella matrice dei tessuti connettivi e nel glicocalice di cellule non
connettivali
- Le glicoproteine sono una componente importante della sostanza fondamentale. Costituiscono un
gruppo molto vasto di macromolecole contenenti proteine e carboidrati, tra i quali acido sialico,
glucosio, mannosio, galattosio, fucosio ed esosamine. Le glicoproteine si distinguono dai proteoglicani
per la prevalenza delle proteine, 60-90% sui carboidrati, 10-40%. Sono costituiti da brevi catene
oligosaccaridiche e formano di villa glicocalice, posto sulle membrane delle cellule. Una glicoproteina
importante è la fibronectina, costituita da due subunità unite da un ponte disolfuro. La fibronectina è
una glicoproteina multifunzionale, il cui ruolo è quello di fattore di adesione. Questa proteina può
essere localizzata sulla superficie cellulare, dove si lega ad uno specifico recettore, l’integrina, o nella
matrice extracellulare. Il legame fibronectina-collagene può essere modulata dai GAG, i quali regolano il
legame tra fibronectina e collagene, stabilizzando il complesso, ed inducendo la precipitazione delle due
proteine, di modo da determinare la loro organizzazione strutturale a costituire un reticolo fibrillare.
Le caratteristiche funzionali della matrice amorfa dipendono dai glicosamminoglicani
- I costituenti chimici più importanti della sostanza fondamentale sono i glicosamminoglicani, che,
legandosi a proteine, formano complessi detti proteoglicani. La sostanza amorfa contiene anche
glicoproteine e tropocollagene non polimerizzato. I glicosamminoglicani, o GAG, sono lunghi polisaccaridi
lineari costituiti dal concatenamento, mediante il legame O-glicosidico, di unità disaccaridiche ripetute
numerose volte. Ogni disaccaride è costituito da:
1. un acido uronico, D o L;
2. uno zucchero, D-glucosammina e D-galattosammina.
I GAG possono essere divisi in due classi, a seconda del disaccaride che li compone:
1. GAG non solforati = formati da:
- acido ialuronico = molto abbondante nel connettivo lasso, dove controlla la diffusione
delle sostanze. Lo troviamo anche nel derma, negli epiteli, nell'umore vitreo, nel liquido
sinoviale e nel cordone ombelicale;
- acido condroitinico;
2. GAG solforati = formati da:
- Condroitinsolfato A, o condroitin-4-solfato = nella cartilagine, nell'osso, nella cornea, e
nel derma;
- Condroitinsolfati B, o dermatansolfato = nel derma, nei tendini, nei vasi sanguigni e nel
cuore;
- condroitinsolfato C, o condroitin-6-solfato = nella cartilagine ialina ed elastica, nei
tendini, nelle valvole cardiache, nei dischi intervertebrali e nel cordone ombelicale;
- cheratansolfato = nella cornea e nella cartilagine ialina;
- eparansolfato = nel polmone, nelle lamine basali e nell’aorta;
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- eparina = nei mastociti, nel polmone, nel fegato e nella pelle.


Tutti i GAG, come acido base, contengono il D-glucoronato, a differenza del cheratansolfato che
contiene D-galattosio. Lo zucchero è per i GAG non solforati, l’eparansolfato, il cheratansolfato e
l’eparina, l’N-acetil-D-glucosammina, per i condroitinsolfati e il dermatansolfato è l’N-acetil-D-
galattosammina.
L’acido ialuronico è una singola catena non ramificata, costituita da un disaccaride non solforato,
ripetuto fino a 25.000 volte. È abbondante in numerosi tessuti. Grazie alla sua elevata viscosità è un
ottimo lubrificante nelle sedi in cui, come nelle articolazioni, si verificano attriti. È una componente
fondamentale del liquido sinoviale. La viscosità di quest'acido dipende dal suo grado di polimerizzazione,
dalla sua conformazione 3D e dalla capacità di legare acqua. L'acido ialuronico svolgere un ruolo
fondamentale nel controllare la diffusione nel tessuto connettivo di sostanze disciolte e nel prevenire
la diffusione di agenti tossici e di batteri. Non a caso quest'acido è sintetizzata sulla superficie della
cellula. Le sue caratteristiche chimico-fisiche lo rendono adatto a resistere alla compressione.
Dal punto di vista biologico, l’eparina e l’eparansolfato sono due composti differenti. L’eparina è
localizzata all’interno della cellula e può essere rilasciata in seguito a segnali esterni, mentre
l’eparansolfato è un componente della superficie cellulare.
Glicosamminoglicani e proteine costituiscono i proteoglicani
- I glicosamminoglicani sono quasi sempre legati a proteine diverse dal collagene, formando
macromolecole dette proteoglicani. I proteoglicani sono sintetizzati all’interno della cellula e secreti
mediante esocitosi. Nell'apparato di Golgi, ad una proteina centrale, che costituisce l'asse del
proteoglicano, si legano, mediante uno specifico tetrasaccaride, costituito da xilosio-galattosio-
galattosio-acido glucoronico, due glicosamminoglicani, cheratansolfato e condroitinsolfato.
I proteoglicani non sono costituenti inerti della matrice
- Le caratteristiche funzionali dei proteoglicani coincidono con quelle dei glicosamminoglicani, che li
costituiscono:
- filtri molecolari a porosità variabili, per regolare la diffusione di molecole e sostanze;
- grazie alla loro carica negativa proteggono gli endoteli e impediscono l’attacco di cellule
circolanti del sangue alla parete del vaso;
- intrappolano nello spazio intercellulare molecole diverse;
- possono rimanere nelle membrane plasmatiche, diventando componenti intrinseci con diverse
funzioni.
I proteoglicani si legano ad altre macromolecole, formando strutture di ordine superiore
- Un aggregato proteoglicanico è composto da un asse centrale, formato dall'acido ialuronico, al quale si
legano, mediante proteine di connessione, i proteoglicani.
I proteoglicani possono aggregarsi anche con altre macro, e, tra cui il tropocollagene o la fibronectina,
formando reti tridimensionali complesse.
Un intreccio di collagene, laminina, entactina e proteoglicani costituisce la membrana basale
- Le membrane basali sono localizzate in tutte le zone in cui le cellule non connettivali sono a contatto
con la sostanza fondamentale del connettivo. Si tratta di una zona priva di cellule ma ricca di
macromolecole della matrice. È suddivisa in due strati:
1. lamina basale = a stretto contatto con gli epiteli, è suddivisa in due strati:
a. lamina lucida = strato trasparente agli elettroni, omogeneo, ricco di integrine e
glicoproteine, quali la laminina e la entactina;
b. lamina densa = strato piuttosto denso, ricco di filamenti di collagene tipo IV e di
perlecano, un proteoglicano ricco di eparansolfato;
2. lamina reticolare = strato trasparente agli elettroni, in continuità con il tessuto connettivo
sottostante. Ricco di collagene di tipo III, di fibronectina e di macromolecole elaborate dai
fibroblasti.
Le funzioni sono:
- supporto meccanico e di contatto tra epiteli e connettivo;
- controllo di crescita e differenziamento degli epiteli;
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- barriera impenetrabile che si par all'epitelio dallo stroma;


- permette il passaggio di nutrienti.

LE CELLULE DEL TESSUTO CONNETTIVO


- Le cellule del tessuto connettivo appartengono a diverse classi, ciascuna delle quali ha una specifica
funzione:
1. sintesi e secrezione delle macromolecole della matrice = fibroblasti;
2. riserva e metabolismo di lipidi = adipociti;
3. difesa immunitaria e non-immunitaria = mastociti, macrofagi, globuli bianchi.
Le cellule si possono distinguere in:
- cellule fisse, come i fibroblasti e gli adipociti, ferme nel tessuto connettivo;
- cellule libere o migranti, che arrivano continuamente al connettivo dal circolo sanguigno.
I tipi cellulari più numerosi sono i fibroblasti ed i macrofagi. Gli adipociti sono sempre presenti, sparsi
nel tessuto connettivo o raggruppate a formare il tessuto adiposo, una varietà di tessuto connettivo. Le
cellule dei tessuti connettivi derivano dalla cellula mesenchimale, cellula pluripotente, con attività
fagocitaria e movimento ameboide. I diversi tipi cellulari sono:
1. fibroblasti e fibrociti;
2. macrofagi o istiociti;
3. mastociti, o mastzellen;
4. cellule reticolari;
5. cellule migranti dal sangue = linfociti, granulociti, monociti e plasmacellule;
6. cellule adipose o adipociti;
7. cellule pigmentate o cromatofori.

FIBROBLASTI E FIBROCITI
I fibroblasti producono la sostanza intercellulare del tessuto connettivo
- I fibroblasti sono le cellule più numerosa del tessuto connettivo. La loro funzione è quella di elaborare
gli elementi costitutivi delle fibre collagene ed elastiche e i componenti della sostanza amorfa. I
fibroblasti sono spesso disposti lungo i fasci di fibre collagene ed appaiono come elementi fusati, con un
nucleo allungato. Altre volte presentano forma stellata con numerosi prolungamenti. In queste cellule
troviamo, in prossimità del nucleo, i centrioli e l’apparato di Golgi, ma anche mitocondri e RE. Molto
sviluppato è il citoscheletro. La funzione è quella di mantenere l'integrità del tessuto connettivo
mediante un continuo, lento ricambio dei componenti intracellulari. Non hanno attività fagocitaria.
I fibrociti sono più piccoli dei fibroblasti e rappresentano la loro forma e inattiva, matura. Proliferano
e possono acquistare attività sintetica o diventare elementi cellulari.

MACROFAGI
Caratteristiche morfologiche dei macrofagi
- La seconda classe, per frequenza numerica, di elementi cellulari nel tessuto connettivo lasso è
costituita dai macrofagi, che svolgono un ruolo fondamentale nei processi di difesa e sono
caratterizzati dall'intesa cattività fagocitaria. Il loro precursori sono gli monociti, che si formano nel
midollo osseo e utilizzano il sangue come via di distribuzione a tutti distretti. Nel tessuto connettivo la
loro vita media è circa due mesi. Nei tessuti periferici i macrofagi possono dividersi in nuovi macrofagi.
Queste cellule possono essere fisse, nel tessuto connettivo, o migranti, se si trovano nei tessuti affetti
da infiammazioni. Nel primo caso vengono definiti macrofagi non stimolati o non attivati, nel secondo
macrofagi attivati. I macrofagi non attivati sono cellule rotonde, stellate o fusiformi, con espansioni,
apparato di banchi e RER. I macrofagi attivati si muovono con movimento ameboide ed hanno un'intesa
fagocitosi e pinocitosi.
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Il macrofago attivato acquisisce movimento e attività fagocitaria


- Quando sono attivati, i macrofagi si staccano dalle fibre collagene e diventano liberi, aumentando il
loro volume. Grazie ad una vivace attività ameboide, i macrofagi si dirigono verso il luogo dell'infezione,
attratti per chemiotassi.
I macrofagi sono cellule fagocitarie professioniste
- Grazie alla loro motilità e all'attività fagocitaria, i macrofagi ed i granulociti sono importanti nei
processi di difesa. L'attività fagocitaria dei macrofagi è diretta contro agenti patogeni, cellule morte,
detriti cellulari di cellule ematiche invecchiate, di cellule tumorali e di corpi estranei. Il materiale
ingerito viene digerito tra gli enzimi lisosomiali e sostanze residue sono espulse dalla cellula. Nel corso
di malattie e infiammato alle croniche caratterizzate dalla formazione di granulomi, come la
tubercolosi, la sifilide, la libera, i macrofagi possono raggrupparsi insieme assumendo l'aspetto di
cellule epitelioidi. In queste affezioni croniche o quando un corpo estraneo e troppo voluminoso per
essere ingerito da una singola cellula, più macrofagi si raggruppano e si fondono formando una cellula
gigante polinucleata, 80-90 nuclei, di pietra cellula gigante da corpo estraneo.
Il sistema dei macrofagi
- È stata coniata l'espressione sistema dei macrofagi per ricomporre in un unico insieme tutti i tipi
cellulari apparentemente diversi, ma che sono gli equivalenti locali dei macrofagi stessi. Le cellule del
sistema dei macrofagi sono dotate di capacità fagocitaria, legano alla loro superficie gli anticorpi ed il
complemento ed hanno un'origine comune, che deriva dai promonociti del midollo e dai monociti del
sangue. Le cellule del sistema dei macrofagi vengono attivate da vari agenti infettivi, reagendo con una
rapida proliferazione, una vivace attività motoria ed un'intesa attività fagocitaria. Svolgono un ruolo
fondamentale nei processi di difesa e nell'eliminazione di cellule morte o di detriti cellulari.
I macrofagi aumentano di numero e attirano altre cellule nei siti di infiammazione
- La fagocitosi è stimolata da numerosi fattori, che contengono alcuni anticorpi chiamati opsonine. Un
batterio che penetra nel tessuto connettivo, è rapidamente rivestito da anticorpi e proteine del
complemento, riconosciuto da i macrofagi e fagocitato. Nelle aree colpite da processo infiammatorio i
macrofagi aumentano di numero. Tale aumento dovuto tre fattori:
1. proliferazione locale dei macrofagi indotta dall'antigene e da materiali estranei;
2. attrazione di macrofagi da aree vicine anche per via ematica;
3. migrazione di monociti dai vasi sanguigni e trasformazione in macrofagi.
Il macrofago attivato produce ossido di azoto e prostaglandine, che inducono vasodilatazione, con
maggiore afflusso di anticorpi, e aumento della permeabilità capillare. Il macrofago attivato secerne
anche interleuchina 1, che è a chi era linfociti e neutrofili della fede dell'infiammazione. Vengono
rilasciate una vasta gamma di molecole segnale di natura proteica, citochine, chiede, agendo sui diversi
tipi cellulari, l'inducono risposte immunitarie.
Meccanismi immunitari intervengono nei processi di riconoscimento e fagocitosi dei macrofagi
- Il processo di fagocitosi dei macrofagi può essere diviso in due fasi:
1. adesione della particella da ingerire alla superficie del macrofago;
2. fagocitosi della particella.
Entrambi questi stadi richiedono l'intervento del meccanismo di riconoscimento del materiale da
fagocitare. Le cellule invecchiate o danneggiate si comportano da autoantigeni e provocano la
formazione di anticorpi diretti contro i propri componenti. Il fagocito è in grado di riconoscere ciò che
è proprio, self, cioè che fa parte del suo organismo, da ciò che è non-proprio, not self. Il
riconoscimento è dovuto al fatto che il macrofago riconosce gli anticorpi ed il complemento legati sulla
superficie delle cellule estranee o delle proprie cellule alterate. Sulla superficie del macrofago sono
stati trovati recettori specifici per la porzione Fc degli anticorpi IgG e per il fattore C3b del
complemento. Mediante il legame che si forma tra la cellula e la particella da fagocitare, la membrana
plasmatica si espande sulla particella avvolgendola ed internalizzandola, con un meccanismo a zip. Una
volta che le cellule estranee sono inglobate dal fagocito, vengono digerite da gli enzimi lisosomiali.
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I macrofagi presentano gli antigene alle cellule immunocompetenti


- Le cellule del sistema dei macrofagi partecipano indirettamente alla produzione di anticorpi. Difatti
intervengono nella risposta immunitaria fagocitando antigeni estranei, degradandoli parzialmente ed
esponendoli sulla propria superficie, uniti agli antigeni. Lo scopo di questa presentazione è quello di
esibire tali antigeni ai linfociti Th, attivando la risposta immunitaria.
I macrofagi, producendo sostanze immunologiche, attivano i linfociti T e B, ma sono a loro volta atti
fatti e da questi. Ad esempio i linfociti T, attivati da antigeni, producono diverse interleuchina, tra le
quali l’interferone, agisce sui macrofagi attivandone la funzione battericida, citotossica è la
replicazione.

MASTOCITI
I mastociti elaborano e rilasciano eparina, istamina e numerosi altri fattori
- I mastociti sono cellule grandi, di forma tondeggiante e mobili. La loro caratteristica principale
consiste nella presenza di numerosi granuli, spesso così stipati da mascherare il nucleo. Per questo
motivo sono chiamate cellule granulose basofile. Sono presenti in numero variabile nel tessuto
connettivo lasso, ma tendono a concentrarsi lungo i vasi sanguigni. Sono munite di numerose e sottili
espansioni. Contengono glicosamminoglicani, ricchi di gruppi pilianionici liberi: eparina, un GAG solforato
con funzione anticoagulante, acido condroitinsolforico e istamina, che induce la vasodilatazione ed
aumenta la permeabilità dei capillari. Il granuli sono liberati per esocitosi quando la cellula è stimolata,
nel corso di una risposta allergica o infiammatoria. Il rilascio di istamina in grande quantità può
provocare shock anafilattico. Nelle cellule sono presenti gocce lipidiche non circondate da membrana,
dette corpi lipidici, siti di accumulo dell'acido arachidonico. I mastociti, nel corso della loro risposta
immunitaria, secernono interleuchina, citochine e fattori chemiotattici.
La degranulazione dei mastociti può avvenire con diverse modalità
- La degranulazione è attivata grazie al legame che si forma tra l'antigene e almeno due molecole di IgE
legate a recettori sulla membrana dei mastociti. Le immunoglobuline E vengono secrete da alcune
plasmacellule e si legano ai recettori presenti sulla membrana plasmatica dei mastociti, che riconoscono
la porzione Fc delle IgE. Questa reazione è molto veloce ed efficace. La degranulazione non è altro che
una vivace e veloce esocitosi, cui è stato attribuito il nome di degranulazione asincrona o
disorganizzata. La degranulazione può estendersi ad interi apparati, istaurando uno shock anafilattico.
Questa degranulazione esplosiva, denominata degranulazione anafilattica, e con il meccanismo
dell'esocitosi composta: tutte le vescicole si fondono tra loro e il contenuto viene riversato
violentemente fuori dalla cellula.
I mastociti originano da uno specifico precursore
- I progenitori dei mastociti sono elementi cellulari reperibili nel midollo osseo, nel sangue, nel cordone
ombelicale e nel fegato fetale, con caratteristici marcatori molecolari e recettori per l’Fc delle IgG e
IgE. Il differenziamento di tali precursori in mastociti è indotto dal SCF, il cui specifico recettore è il
c-kit, espresso dai precursori dei mastociti. Questo fattore è espresso da fibroblasti e cellule
epiteliali.

ADIPOCITI
Gli adipociti permettono di mantenere costante il rifornimento energetico anche in assenza di cibo
- Le cellule adipose accumulano molecole altamente energetiche, i lipidi. Le cellule adipose, o adipociti,
cellule fisse dei tessuti connettivi, sono specializzate nella sintesi, nell'accumulo e nella cessione di
lipidi. Anche esse derivano dal mesenchima. Gli adipociti possono trovarsi dispersi, lungo il decorso dei
vasi sanguigni, o raggruppati a formare un tipo particolare di tessuto connettivo, il tessuto adiposo.
Esistono due tipi di cellule adipose:
1. cellula uniloculare = forma il tessuto adiposo bianco;
2. cellula multiloculare = forma il tessuto adiposo bruno.
Le cellule uniloculari hanno forma sferica, ma se contigue ad altre cellule adipose tendono ad
ingrandirsi, assumendo una forma poligonale. La goccia lipidica occupa tutta la cellula, così che il nucleo
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è schiacciato alla periferia, insieme al citoplasma. Attorno alla goccia lipidica non è presente una
membrana, ma solo filamenti intermedi di vimentina. Le cellule adipose non hanno attività ameboide né
fagocitaria. L’adipocita deriva da una cellula mesenchimale fibroblasto-simile: il lipoblasto o
preadipocita, che accumula lipidi sotto forma di molteplici piccole gocce, le quali gradualmente
confluiscono in un'unica goccia lipidica.
Le cellule multiloculari solo più piccole e presenta numerose goccioline lipidiche distribuite nel
citoplasma. Queste rimangono isolate, per cui il nucleo risulta centrale.
L’adipocito svolge costantemente un'intensa attività metabolica
- L’adipocito era una cellula costantemente a clima dal punto di vista metabolico: non solo a accumula
lipidi, lipogenesi, e li cede, li polisti, ma continua a rinnovarle anche nella condizione di equilibrio
calorico. Il lipidi chi è la adipocito assume possono essere di origine alimentare, esogeni, oppure
derivare da neosintesi epatica, endogeni. I chilomicroni sono trigliceridi di origine alimentare, composti
al 90% da trigliceridi, e per il restante 10% da fosfolipidi e apolipoproteine. Sono sintetizzati
nell'intestino. A questi trigliceridi si uniscono, nel circolo sanguigno, i trigliceridi endogeni, che uniti alle
proteine formano le lipoproteine a densità molto bassa, VLDL. Queste proteine sono sintetizzati e nel
fegato e rappresentano un'importante fonte di energia. Contengono solo il 60% di trigliceridi.
Nei capillari queste molecole sono scisse e assorbite dagli adipociti, che risintetizzano i trigliceridi e li
immagazzinano. La cellula di porta è capace di sintetizzare lipidi a partire da glucosio e da aminoacidi.
Tutte le attività della cellula di porla sono controllate da ormoni lipolitici, cioè in grado di attivare la
lipasi adipocitica. Il meccanismo di attivazione inizia così:
- legame ormone-recettore,
- attivazione dell’adenilato ciclasi, che sintetizza cAMP;
- il cAMP attiva la protein chinasi cAMP-dipendente, PKA;
- la PKA fosforila e attiva la lipasi.
L’enzima cilindri e i trigliceridi immagazzinati nel adipocito in acidi grassi e glicerolo. di acidi grassi
passano dalle cellule adipose al sangue, che li trasporta ai tessuti che necessitano di energia. L'insulina,
che favorisce la lipogenesi, opera in senso opposto agli ormoni lipolitici.
L’adipocito è un'importante cellula endocrina
- Gli adipociti svolgono un ruolo importante come produttori di ormoni e fattori di crescita.
La cellula adiposa multiloculare utilizza i lipidi per produrre calore
- In queste cellule l'energia liberata dall'ossidazione degli acidi grassi è dissipata sotto forma di
calore, anziché essere utilizzato a quella produzione di atti pini. Il calore riscalda il sangue e
contribuisce ad elevare la temperatura corporea. L'origine di questa cellula è mesenchimale, come per il
lipoblasto uniloculare, ma le due linee di derivazione sono differenti.
CELLULE MIGRANTI DAL SANGUE
I linfociti svolgono funzioni di sorveglianza immunitaria nei tessuti
- I linfociti B, presenti nei tessuti connettivi, sono più numerosi dove è più facile la penetrazione di
agenti patogeni. Aumentano di numero nei siti di infiammazione e si accumulano in grande numero nel
tessuto linfoide. I linfociti provengono dal sangue circolante, attraversano i capillari e migrano nei
tessuti connettivi, dove svolgono le loro funzioni. Sono dotati di proprietà ameboide ma sono privi di
attività fagocitaria. Intervengono nella produzione di anticorpi e danno origine a plasmacellule che
provvedono alla sintesi e alla secrezione di immunoglobuline.
Le plasmacellule producono anticorpi solubili
- Le plasmacellule sono elementi ovoidali con abbondante citoplasma. a differenza dei linfociti, sono
cellule che si differenziano raramente, con scarsa motilità e inesistente attività fagocitaria. le
plasmacellule hanno vita media di pochi giorni, duranti i quali producono e secernono grandi quantitativi
di anticorpi.
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I neutrofili circolanti sono riconosciuti dalle cellule endoteliali dei capillari nelle sedi
dell’infiammazione
- Tra le cellule migranti dei tessuti connettivi troviamo i granulociti, che si sviluppano nel midollo osseo
e, attraversando il circolo sanguigno, passano negli organi dove si stanno sviluppando reazioni
infiammatorie. I granulociti neutrofili sono dotati di notevole motilità e attività ameboide.
Queste cellule giungono nelle sedi di infiammazione attraversando la parete dei capillari sanguigni,
diapedesi, e fagocitano PC intrusi. I residui di materiale digerito e dei neutrofili degenerati
costituiscono il pus, che si forma nel focolaio di infiammazioni acute.
Gli eosinofili intervengono nella difesa contro i parassiti e nelle reazioni allergiche
- Anche i granulociti eosinofili giungono nel tessuto connettivo dal sangue, attraverso la parete dei
capillari. Queste cellule non fagocitano i batteri ma intervengono nella difesa contro i parassiti,
rilasciando numerosi fattori che ne ledono la membrana. Intervengono anche nelle reazioni allergiche e
nei fenomeni di ipersensibilità. Riconoscono e ingeriscono immunocomplessi e producono enzimi che
idrolizzano i mediatori delle reazioni allergiche, quali l’eparina e l’istamina.

CELLULE RETICOLARI
- Sono cellule stellate, simili alle primitive cellule mesenchimali. Sintetizzare fibre reticolari sono
dotati di una discreta attività fagocitaria.

CELLULE PIGMENTATE
- Le cellule pigmentate sono presenti nel derma e nello strato basale dell'epidermide, come melanociti,
cellule che producono melanina. Si possono trovare anche nell'iride e nella coroide dell'occhio.

VARIETÀ DI TESSUTO CONNETTIVO


Il tessuto connettivo lasso è il tipo più diffuso di tessuto connettivo
- Il tessuto connettivo lasso, o areolare, formale panna che è propria che accompagnano gli epiteli di
rivestimento e l'età nate sotto mucose degli organi cavi comunicanti con l'esterno. Il tessuto collettivo
lasso delle mucose è denominato lamina propria. Questo tessuto avvolge tutti gli organi e costituisce lo
stroma o connettivo interstiziale. Il tessuto connettivo lasso forma la tonaca intima e avventizia delle
arterie, e la tonaca media e avventizia delle vene. Riempie di spazi liberi situati tra gli organi e li
connette. Circonda i muscoli ed i nervi penetrando all’interno e avvolgendone le singole fibre e i fasci. È
caratterizzato da abbondante sostanza amorfa e prevale sulla componente cellulare e fibrosa.
Il tessuto reticolare è presente negli organi linfoidi e mieloidi
- Nel tessuto connettivo reticolare la sostanza intercellulare è molto ricca di fibre reticolari. Sono
presenti cellule reticolari ed cellule simili ai macrofagi. Questo tessuto forma una rete di supporto, lo
stroma, per molti organi ad elevata densità cellulare, come le ghiandole endocrine ed esocrine, lilla
midollo osseo, i linfonodi, la milza e il fegato. Costituisce la lamina reticolare della membrana basale,
avvolge le fibre muscolari e le fibre nervose.
Il tessuto connettivo mucoso
- È una via di mezzo tra il mesenchima e il tessuto connettivo lasso. È molto diffuso nell'embrione,
specie nel cordone ombelicale del feto. Lo si può trovare nella polpa dentaria degli individui più giovani.
È caratterizzato da abbondante sostanza fondamentale molle e gelatinosa, dovuta a grandi quantità di
acido ialuronico. Le fibre collagene ed elastiche e sono scarse. Sono presenti fibroblasti, spesso
stellati, e scarsi macrofagi.
Tessuto connettivo denso, o compatto, o tessuto connettivo fibroso
- Le fibre di collagene predominano sulla componente cellulare ed amorfa, e sono raccolti in grossi fasci
stipati. Questi fasci possono intrecciarsi tra loro senza un orientamento ordinato, oppure disporsi
parallelamente. In base alla disposizione assunta dalle fibre collagene si distinguono i seguenti tipi di
tessuto connettivo:
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1. tessuto connettivo fibroso a fibre parallele = costituisce i tendini ed i legamenti. Le fibre sono
disparte a farsi paralleli, tenuti insieme da scarsa tessuto connettivo lasso o e sottili fibre
nervose. Anche i fibrociti sono disposti in modo regolare, in file, tra le fibre di collagene;
2. tessuto connettivo fibroso a farsi intrecciati = le fibre collagene sono organizzate in grassi
facili, ondulati, che si intrecciano in tutte le direzioni. Conferiscono grande resistenza alla
trazione ed alla pressione. Lo si trova nel derma, nella sclera dell’occhio e nelle aponeurosi;
3. tessuto connettivo fibroso a farsi incrociati = caratteristico della cornea. Le fibre sono
disporsi parallelamente tra loro a formare la pelle, che a loro volta si incrociano;
4. tessuto connettivo fibroso capsulare = le fibre collagene sono allungate e disposte in maniera
irregolare in modo da costituire una capsula robusta che riveste fegato, milza, linfonodi e
ghiandole salivari.
In questo tessuto prevalgono le proprietà meccaniche rispetto a quelle trofiche e di difesa. Prevale il
collagene di tipo I.
Tessuto connettivo elastico o giallo
- È molto ricco di fibre elastiche e povero di cellule. Si trova nel legamento nucale dei bovini, ma è
anche presente nei legamenti gialli delle vertebre, nelle corde vocali, nelle lamine fenestrate delle
arterie maggiori, nel legamento sospensorio del pene, nel connettivo dei polmoni.
Le singole fibre elastiche sono a volte da una delicata trama di fibre reticolari. Il legamento nucale, che
ha la funzione di sostenere la testa dei quadrupedi, è costituito da fibre elastiche strettamente
stipate in un fasci paralleli. Nel legamento stiloioideo il tessuto si presenta sotto forma di fasci
costituiti da grosse fibre parallele. La fascia dello Scarpa, della porzione inferiore della parete
anteriore dell'addome, è molto ricca di fibre elastiche. Le membrane elastiche interna ed esterna di
tutte le arterie e la tonaca media delle grosse arterie sono costituite da più strati di lamelle elastiche
di spessore variabile, ma disposte concentricamente attorno al lume del vaso.
Tessuto connettivo pigmentato
- È responsabile della colorazione della cute. Sono presenti cellule pigmentate o melanociti, che si
possono trovare sia nell'epidermide, che nello stroma della coroide e nell'iride. Il citoplasma di queste
cellule ripieno di granuli di pigmento bruno o vero che corrisponde a melanina. Bisogna differenziare la
melanina dalla melatonina. La prima da colore alla pelle, o agli occhi, la seconda, prodotta dall’epifisi,
provoca l’aggregazione dei granuli, con conseguente riduzione della pigmentazione.
Il tessuto adiposo
- Se le cellule adipose si accumulano in grande numero, diventando il tipo cellulare preponderante, esse
costituiscono una varietà di tessuto connettivo denominata tessuto adiposo. Il tessuto adiposo svolgere
un ruolo fondamentale nell'assicurare una morto costante di materiale energetico all'organismo.
Esistono due tipi di tessuto adiposo, che differiscono per colore e caratteri:
 tessuto adiposo bianco, o secondario = le cellule sono molto grosse e il grasso si accumula sotto
forma di gocce che si fondono in unica grossa goccia, detta liposoma, che occupa la maggior
parte del citoplasma. Il tessuto adiposo è un importante riserva energetica. Funge da isolante
termico, costituisce un rivestimento sottocutaneo ,che evita la dispersione del calore interno,
serve come ammortizzatore meccanico e ha funzione di sostegno. I depositi di grasso che si
riscontrano nel tessuto connettivo sottocutaneo, detti pannicoli adiposi, sono uniformemente
distribuiti nell'infanzia, ma acquisiscono una distribuzione sesso-specifica dopo la pubertà. La
cellula adiposa è rivestita da un involucro glicoproteico, contenente una delicata rete di fibre
reticolari. Nel digiuno prolungato l’adipocito si svuota. È importante ricordare che non tutte le
regioni corporee di deposito di grasso perdono lipidi durante il digiuno. Ad esempio, il tessuto
adiposo dell'orbita dell'occhio, quello delle articolazioni maggiori e quello della pianta del piede
e del palmo della mano si impoveriscono molto lentamente. Può accumularsi durante l'arco della
vita ed è responsabile dell'obesità.
 Tessuto adiposo bruno, o primario = le cellule sono molto più piccole e il lipidi sono
immagazzinati in tante goccioline. Il nucleo è in posizione eccentrica o alla periferia della
cellula, ma mai schiacciato. All'interno della cellula troviamo moltissimi mitocondri, ricchi di
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citocromi, responsabili del colore bruno. Si trova nei neonati, nei editori e negli animali
ibernanti, dove ha un ruolo importante nella termoregolazione. È difatti in grado di produrre
calore attraverso la degradazione lipidica realizzata da particolari mitocondri. Nell'individuo
adulto si trova nella regione perirenale, circostante le ghiandole surrenali ed intorno ai grossi
vasi. Dopo la vita natale non si formano ulteriori depositi. La bassa scolarizzazione di questo
tessuto è più ricca di quella del tessuto adiposo bianco. Si sviluppa soltanto durante la vita
embrionale e fetale.
L’istogenesi del tessuto adiposo è specifica
le cellule adipose derivano direttamente dalla cellula mesenchimale, secondo una linea differenziativa
autonoma. Lo stadio iniziale di tale processo corrisponde al lipoblasto o preadipocito, che rappresentano
l'elemento precursore delle cellule adipose. Durante la formazione del tessuto adiposo bianco, piccole e
numerose gocce lipidiche compaiono nel citoplasma dei lipoblasti. O progressivamente le gocce
confluiscono in un'unica grande goccia, che riempie tutto volume della cellula. Le cellule adipose mature
sono incapaci di dividersi, anche se possono produrre fattori capaci di stimolare la proliferazione
differenziamento di lipoblasti. Anche le cellule adipose brune derivano da cellule mesenchimali, ma con
una linea differenziativa distinta da quelle adipose bianche.

CAP 12: TESSUTO CARTILAGINEO

La cartilagine costituisce un primitivo abbozzo dello scheletro fetale, poi sostituita dall'osso.
Nell'adulto ha una distribuzione ridotta:
 superfici articolari delle ossa;
 dischi intervertebrali;
 menischi;
 naso;
 orecchio;
 organi cavi come trachea, faringe, bronchi.

È un tessuto connettivo di sostegno costituito da condrociti circondati da abbondante sostanza


intercellulare formata da fibre e matrice amorfa, semi gelificata.
Caratteristiche: solidità, capacità di mantenere la forma, flessibilità, deformabilità limitata, infatti
resiste alla compressione e alla deformazione.
Nei mammiferi la maggior parte dello scheletro si abbozza come cartilagine sostituita poi da osso.
Neoformazione della cartilagine si verifica in processi di riparazione di fratture. È rivestita di tessuto
connettivo fibroso detto pericondrio, tranne nelle zone articolari. È sprovvista di vasi e nervi e viene
nutrita per diffusione attraverso la matrice.
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Funzioni: scheletriche, di movimento, di promuovere l’accrescimento delle ossa e la loro formazione.


Accrescimento e metabolismo sotto il controllo di ormoni e fattori come le vitamine A,C,D e l’ormone
della crescita. Lo si trova nell’orecchi esterno, nel naso e in alcuni organi cavi, come la trachea, la
laringe e i bronchi. Tra le vertebre e come collegamento delle coste allo sterno.
Si distinguono 3 tipi di cartilagine, in base all’abbondanza della matrice e delle fibre:
 ialina;
 elastica;
 fibrosa.

Cartilagine Ialina.
 Caratteristiche: elastica, resistente alla compressione, di colore binaco, opalescente,
traslucida;
 Dove: nel feto lo scheletro si abbozza come cartilagine ialina, dopodichè ossifica e forma le
ossa. Nello stato post natale permane tra epifisi e diafisi delle ossa lunghe (cartilagine di
coniugazione, o disco epifisario) per un ulteriore allungamento, dopodichè scompare e la si
trova nelle superfici articolari e come scheletro di sostegno di alcune parti come naso e
orecchio.
 Origine e sviluppo: nell’embrione compare nel mesenchima, si formano poi densi aggregati di
cellule mesenchimali detti tessuti, o blastemi protocondriali; le cellule iniziano a secernere una
matrice metacromatica ialina e collagene e qui si differenziano in condroblasti (scomparsa
prolungamenti cellulari, il citoplasma diventa più basofilo, si sviluppano RER e Golgi). Durante il
differenziamento dalla produzione di collagene di tipo IIA si possa al IIB insieme al
proteoglicano aggrecano; la sostanza intercellulare aumenta e le cellule si allontanano e
rimangono incluse nelle lacune cartilaginee; quando l’attività del condroblasto diminuisce esso
prende il nome di condrocita; il mesenchima che circonda l’abbozzo cartilagineo si condensa e
forma il pericondrio, che separa la cartilagine dal mesenchima. L’accrescimento avviene in 2
modi:
 interstiziale = se avviene una divisione di cellule già differenziate che vanno a
formare i gruppi isogeni;
 per apposizione = se avviene la differenziazione di cellule mesenchimali in
condroblasti. Il differenziamento avviene grazie a fattori chiamati BMP.
 Cellule: condroblasti, contengono molti mitocondri, RER e ribosomi liberi ed esteso complesso di
Golgi. Contengono glicogeno e i vacuoli contengono proteoglicani in attesa della secrezione.I
condroblasti e i condrociti sono accolti in cavità, dette lacune, le quali possono contenere più
condrociti, originati tutti da una stesa cellula, a formare i GRUPPI ISOGENI. Queste cellule
secernono le sostanze responsabili della struttura della matrice cartilaginea. Qu4sto ruolo nel
tessuto connettivo è scvolto dai fibroblasti.
 Matrice extracellulare: è allo stato di gel compatto costituito da 2 componenti:
 fibre collagene = le fibre non sono raccolte in fasci. Le fibrille più piccole si trovano
nella zona tangenziale, quelle più grandi nella zona interna. Il tipo di collagene
sintetizzato è prevalentemente di tipo II a cui sono legate covalente mente fibre di
collagene di tipo IX e XI. La concentrazione di fibre collagene aumenta
allontanandosi dalle cellule, mentre vicino alle cellule è scarsa.
 sostanza fondamentale = ricca di proteoglicani che favoriscono l’idratazione del
tessuto. I proteoglicani sono presenti soprattutto vicino ai gruppi isogeni dove ci
sono poche fibre collagene. Questa regione è denominata matrice territoriale. Qui i
GAG sono più concentrati attorno alle lacune, formando un intensamente basofilo e
vengono definite capsule. Le regioni tra i gruppi isogeni contengono meno
proteoglicani, più collagene e sono meno basofili. Costituiscono la matrice
interstiziale. È consistente e resistente alla pressione. Presenta molti granuli
elettrondensi associati o meno alle fibre collagene che costituiscono aggregati di
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proteoglicani. I proteoglicani vengono sintetizzati dai condrociti e poi secreti. La


loro distribuzione non è uniforme, ma è più concentrata nelle zone interne
 Costituzione: i condrociti sono presenti come gruppi isogeni nelle lacune cartilaginee venutesi a
creare a causa della secrezione della matrice da parte delle stesse cellule.
1. Zona radiata = zona interna in cui le cellule sferiche sono presenti in gruppi isogeni e
circondate da molta matrice.
Zona intermedia = cellule tonde ma non si presentano in gruppi.
Zona tangenziale = zona superficiale maggiormente esposta ad attriti. Cellule
appiattite e abbondanti e lacune vicine tra loro

Elastica
- Dove: orecchio, epiglottide…
- Caratteristiche: colore giallastro e opaco, flessibile e elastica
- Costituzione: matrice poco omogenea, ricca di fibre elastiche, povera di proteoglicani. Cellule
arrotondate circondate da matrice addensata. Le fibre costituiscono una rete molto fitta che
diventa più lassa vicino al pericondrio e contengono la fibrillino che orienta le molecole di elastina
in accrescimento. La sostanza amorfa è meno abbondante della cartilagine ialina.
- Origine e sviluppo: si sviluppa da un blastema ialino. Le fibre elastiche si formano alla periferia delle
cellule x la polimerizzazione di tropoelastina secreta dalle cellule. L’accrescimento avviene sia per
divisione che per apposizione.

Fibrosa
- Dove: nei dischi intervertebrali, tra osso e tendini, tra prima costa e sterno, nei menischi
articolari…
- Costituzione: grossi fasci fibrosi di collagene di tipo I immersi in una scarsa matrice contenente
quantità variabili di proteoglicani. Abbondanza componente fibrosa rispetto a proteoglicani rende
il tessuto acidofilo. Le cellule sono isolate o allineate in fila tra i fasci di fibre collagene. È priva
di pericondrio.
- Origine: simile a quella del tessuto connettivo. È una forma di transizione tra tessuto connettivo e
cartilagine ialina.

Regressione e rigenerazione
Fenomeni di degradazione riguardano il periodo di sviluppo e embrionale e post natale: vi è un rilascio di
proteasi e una degradazione dell’aggrecano.
Fenomeni regressivi si verificano nell’età senile: la cartilagine diventa opaca perché i proteoglicani
idratano in modo peggiore il tessuto e le fibre non sono più di collagene ma fibre grossolane che
possono dissolversi portando al rammollimento del tessuto e alla formazione di cavità.
Calcificazione: processo di formazione dell’osso della cartilagine ialina, mentre è più dannoso x le altre
cartilagini.
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CAP 14: SANGUE E LINFA


Il sangue è una varietà di tessuto connettivo costituito da una componente corpuscolata, di
elementi figurati, sospesa e in una componente liquida, e della plasma. Questa composizione permette al
sangue di circolare, anche grazie all'energia fornita dalla contrazione del cuore, un organo muscolare
cavo, in un sistema di vasi chiuso, detto apparato circolatorio.
- Il sangue, grazie al continuo circolo all'interno del corpo, mantiene l'omeostasi generale
dell'organismo, cioè un equilibrio interno sempre costante. Le funzioni del sangue sono svariate:
1. funzione respiratoria = trasporto di O2 e CO2 dai polmoni e ai tessuti e viceversa;
2. funzione nutritizia = trasporto delle sostanze nutritive dall'intestino, al fegato, alle cellule;
3. funzione escretrice = trasporto dei cataboliti ai reni, per l'eliminazione;
4. funzione termoregolatrice;
5. funzione di mantenimento del tasso idrico e dell'equilibrio acido-base;
6. funzione di coordinamento e di regolazione = trasporto degli ho ormoni dalle sedi di produzione
agli organi bersaglio;
7. funzione di difesa = aspecifica e specifica;
8. funzione di regolazione dell’emostasi = regola all'arresto delle emorragie;
9. funzione di mantenimento della pressione osmotica e oncotica.
Tutte queste funzioni dipendono strettamente dal circolo interrotto del sangue. Per questo motivo lo si
può definire un sistema di trasporto.
I componenti del sangue
Il sangue è costituito da una componente liquida, il plasma, e da una componente corpuscolata,
gli elementi figurati.
- Il sangue circolante costituisce circa 7% del peso corporeo di un individuo. A una viscosità 4-5 volte
superiore a quella dell'acqua e un pH 7.2 - 7.4. Ha d'un colore rosso acceso, se si tratta di sangue
arterioso, mentre ha un colorito rosso violaceo, se si tratta di sangue venoso. La sua temperatura
intorno ai 38°C. Se si centrifuga il sangue si divide in due parti:
- elementi figurati, o elementi corpuscolati, 45%, situati in basso;
- plasma, 55%, situato in alto.
La linea di separazione tra elementi figurati e plasma è composta dai Leucociti, che formano un sottile
strato noto col nome di buffy coat.
Il volume occupato dagli elementi figurati sedimentati è noto col nome di ematocrito.
Tra gli elementi figurati troviamo i globuli rossi, o eritrociti, i globuli bianchi, o leucociti, e le piastrine.
I globuli rossi, enucleati, appaiono colorati in rosso-arancione, i leucociti mostrano il nucleo colorato in
violetto, mentre le piastrine, anch’esse enucleate, hanno la zona centrale granulosa colorata in rosso-
violetto.
Produzione del sangue
La produzione dei costituenti del sangue avviene in diverse sedi, ad opera di organi specifici.
- I costituenti del sangue hanno vita brave, e necessitano di una continua sostituzione. La produzione di
questi elementi, detta emopoiesi, avviene in organi emopoietici, tra i quali, in particolar modo, nel
midollo osseo rosso.
IL PLASMA
Il plasma è la componente liquida del sangue, di che contiene disciolti costituenti necessari per
il metabolismo cellulare.
- Il plasma costituisce circa il 55% del sangue circolante. Ha un pH circa 7.2 – 7.3, ci colore
leggermente giallo citrino. La componente principale è l’acqua, presente per il 90%.
Le proteine presenti nel plasma sono principalmente sintetizzate nel fegato, e dalla loro presenza e
concentrazione dipenderà pressione osmotica a e la viscosità. Le proteine ben suddivise in:
- albumina = è la proteina più abbondante, 60%, ed era responsabile del mantenimento della
pressione osmotica e oncotica;
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- globuline = 35%, sono suddivisi in alcune frazioni, α1, α2, β, γ. La frazione γ è formata dagli
anticorpi secreti dai linfociti dalle plasmacellule. Le globuline β partecipar trasporto di ormoni,
ioni metallici e lipidi.
Altre proteine sono rappresentate da fibrinogeno, 5%, da protrombina, dai fattori plasmatici della
coagulazione, dalle pretese del sistema del complemento.
Il fibrinogeno è una proteina solubile, che, usata nella coagulazione, viene trasformata in fibrina. La
componente lipidica del plasma è rappresentata da trigliceridi, fosfolipidi, colesterolo e acidi grassi.
Troviamo inoltre una certa quantità di glucosio e composti di azoto non proteico, quali l’urea, l’acido
urico, la creatinina, l’ammoniaca, alcuni ormoni, fattori della crescita, enzimi e ioni.
Il sistema del complemento
Il sistema del complemento è costituito da proteine plasmatiche prodotte nel fegato, e
circolanti nel sangue e nel fluido extracellulare, e da recettori di membrana. Svolge un ruolo essenziale
della difesa contro le infezioni.
- Il sistema del complemento comprende proteine plasmatiche e proteine di membrana con funzione
recettoriale. L'attivazione del sistema si attua attraverso le azioni a cascata. Esistono due modalità di
attivazione:
- via classica;
- via alternativa.
Entrambe queste vie portano l'attivazione della componente centrale,la C3.
La via classica è innescata dal legame diretto o tra antigene e anticorpo.
La via alternativa è attivata da molteplici sostanze, come ad esempio le endotossine, o i
componenti polisaccaridi di alcune capsule batteriche.
I recettori di membrana riconoscono frammenti di antigene dando luogo l'attivazione cellulare. I
meccanismi difensive sono vari, ad esempio, lisi cellulare, fagocitosi, aumento della permeabilità
vascolare, produzione di mediatori per la chemiotassi. Esistono però anche meccanismi di disattivazione
del sistema.
GLI ELEMENTI FIGURATI
Gli elementi figurati costituiscono la componente corpuscolata del sangue e comprendano
strutture prive di nucleo, globuli rossi e piastrine, e strutture nucleate, globuli bianchi.
I globuli rossi
Il globulo rosso è specializzato nel trasporto dei gas respiratori, O 2 e CO2.
- I globuli rossi, o eritrociti, o emazie, sono costituiti da un involucro, la membrana eritrocitaria, al cui
interno è contenuta una cromoproteine, l'emoglobina, Hb, contenente ferro, e in grado di legarsi
reversibilmente all’O2. Prima rovina era responsabile del colore del sangue.
Il globulo rosso ha un diametro di 7.5 – 8 μm, è privo di nucleo e il suo citoplasma è senza granuli. Alla
forma di disco biconcavo, con la regione centrale più sottile. Nell'uomo sono circa 5 milioni, mentre
nella donna sono circa 4.5. La loro vita media e di 120 giorni, e che non ad assumere una forma sferica,
sferociti, se invecchiano. Gli eritrociti vecchi, o danneggiati, vengono trasportati nella milza, o nel
fegato, dove vengono farlo citati dai macrofagi. Gli eritrociti immaturi, appena messi in circolo, sono
detti reticolociti, e conservano per ventiquattro ore mRNA e ribosomi. I reticolociti producono Hb
Grazie a questi visivi, prodotti nella fase nucleata, eritroblasti. La percentuale di reticolociti circolanti
nel sangue e indica la funzionalità del midollo osseo rosso.
La membrana eritrocitaria
La membrana eritrocitaria rappresenta la barriera di separazione fra interno del globo lo rosso
e il plasma, e regola la concentrazione di ioni e metaboliti cellulari, interviene nel mantenere la forma
biconcava e l'integrità strutturale.
- La membrana eritrocitaria è caratterizzata da un doppio strato lipidico, e presenta all'interno non
citoscheletro di membrana responsabile della flessibilità del globulo. I libri e sono rappresentati del
95% da fosfolipidi e colesterolo, ma troviamo anche numerose proteine, alcune confinate in uno dei
foglietti, altre transmembrana. Di queste le principali sono le glicoforine, A, B, C, e le proteine della
banda 3. Lo scheletro della membrana è organizzato sotto forma di una rete bidimensionale, appena
100

sotto lo strato lipidico, e costa di due componenti principali: la spettrina, α e β, e l’actina, entrambe
proteine filamentose. Le proteine dello scheletro sono connesse a quelle dello strato lipidico da due
proteine: anchirina e proteina 4.1. L’anchirina si lega alla subunità β della spectrina e alla banda 4.2,
mentre la proteina 4.1 interagisce con la glicoforina e la banda 3. Le proteine integrali di membrana e
alcuni lipidi sono legati a residui glucidici che costituiscono gli antigeni dei gruppi sanguigni.
L'emoglobina
L'emoglobina è una proteina tetramerica capace di ridare ossigeno e cederla ai tessuti con un
meccanismo dipendente dalla tensione di ossigeno stesso.
- L'emoglobina è una cromoproteina formata da una componente proteica, la globina, e da un gruppo
prostetico, l’eme. L'emoglobina ha una struttura X2Y2, e la globina è costituita da due coppie di catene
polipeptidiche, α e β. Queste catene possono essere diverse a seconda dell'età dell'uomo:
1. adulto = 2α e 2β; α = 141 a.a. β = 146 a.a.
2α e 2δ; δ = 147 a.a. γ = 147 a.a.
2. feto = 2α e 2c; ε = 147 a.a.
3. embrione = 2α e 2ε.
Per questo motivo abbiamo quattro tipi diversi di emoglobina: HbA, HbA2; HbF; HbE.
Le catene β includono le catene di HbA, HbA2, HbF. La struttura secondaria di queste catene
polipeptidica è costituita da una struttura α-elica.
Il gruppo eme è rappresentata dalla ferroprotoporfina IX costituita da quattro anelli pirrolici
contenente al centro Fe++. Lei me è essenziale per le funzioni delle cellule aerobiche. Il gruppo eme è
situato in una fessura dell'α-elica, e la gabbia idrofobica intorno a questo gruppo fornisce la forza di
stabilizzazione per i legami dell’eme alle catene globiniche. Questa caratteristica facilita il legame con
ossigeno senza che avvenga l'ossidazione del ferro. I principali fattori che regolano l'affinità
dell'emoglobina per l'ossigeno sono il pH, la temperatura e la concentrazione dei globuli rossi di 2,3-
difosfatidilglicerolo, DPG. La metaemoglobina è un’emoglobina in cui ferro stato sfidato, perciò non è
più possibile legare a questa proteina l'ossigeno. La carbossiemoglobina è il risultato del legame della
CO2 al ferro. Degli alberi premolari l'emoglobina lega reversibilmente l'ossigeno agli atomi di ferro
diventando ossiemoglobina. Nei capillari arteriosa l'ossigeno si stacca dall'emoglobina e diffonde in
tutte le cellule. L'anidride carbonica può essere trasportata dalla periferia verso i polmoni in tre modi:
1. legata l'emoglobina, 20%;
2. disciolta il plasma, 10%;
3. sotto forma di bicarbonati, disciolta il plasma con i globuli rossi, 70%.
Le funzioni dei globuli rossi devono garantire:
- il mantenimento del ferro non ha ossidato;
- l'elevata concentrazione di potassio e i bassi livelli di calcio e sodio;
- lo stato ridotto attivo dei gruppi sulfidrilici degli enzimi eritrocitari e dell'emoglobina;
- forma biconcava della cellula.
Di glucosio era principale fonte di energia per il globulo rosso. Questa sostanza viene metabolizzato
lungo due le principali:la via glicolitica e lo shunt degli esoso-monofosfati. (Lo shunt è un raccordo
anomalo, naturale o chirurgico, fatto per deviare un flusso.)
I gruppi sanguigni
I gruppi sanguigni sono determinati dalla presenza di antigeni sulla membrana dei globuli rossi
costituiti da radicali glucidici, di natura diversa, legate le proteine ai lipidi. Fu di
- L’importanza veri antigeni è legata alle trasfusioni, al rigetto del midollo e di altri tessuti trapiantati
e alla malattia emofiliaca del neonato. Il sistema ABO è costituita dalla presenza differente antigeni,
A, B, O, sulla membrana dei globuli rossi. Queste antigeni, glicolipidi e glicoproteine, possiedono diversi
residui glucidici legati allo scheletro proteico e lipidico, grazia a delle glicosiltransferasi. I geni per
questi enzimi si trova sul braccio lungo del cromosoma 9, e si ereditano per via mendeliana. Il
meccanismo dell'incompatibilità trascorrerà né dovuto alla presenza del sangue di anticorpi. Qualora si
verifichi un’emoagglutinazione si avrà un rigetto dell'organismo dovuto ad una trasfusioni di sangue non
compatibile.
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Il globulo bianco o leucocito


I leucociti o globuli bianchi sono elementi corpuscolata nel sangue forniti di nucleo.
- Nell’ematocrito i globuli bianchi si dispongono in un sottile strato, detto buffy coat, interposto tra gli
eritrociti e il plasma, costituendo circa l'1% del volume ematico. In uno striscio di sangue i leucociti
sono riconoscibili grazie alla presenza di nucleo. I globuli bianchi si dividono in:
1. granulociti, o leucociti polimorfonucleati, divisi in: - neutrofili;
- basofili;
- eosinofili;
2. agranulociti, divisi in: - monociti;
- linfociti.

Il numero di globuli bianchi è più alto la nascita e aumenta o Neutrofili 50-70%


diminuisce in caso di malattie. I globuli bianchi usano il circolo Linfociti 20-30%
sanguigno come mezzo di trasporto per raggiungere più velocemente Monociti 3-8%
il sito di infezione. Leucociti invecchiate vengono eliminati prima Eosinofili 2-3%
crosta generalizza e nel fegato, ma anche nel tessuto connettivo ad
Basofili 0.5-1%
opera degli istociti.
La difesa immunitaria
I leucociti sono coinvolti nella feto dell'organismo contro le decisioni di agenti esterni, come
batteri, virus, tossine.
- La risposta immunitaria è basata su due specifiche immunità:
- immunità aspecifica, o naturale, o innata;
- immunità specifica, o acquisita.
L'immunità naturale coinvolge i granulociti, i macrofagi e le proteine del complemento. Un ruolo
importante è svolto dalle superfici mucose che costituiscono una barriera. L'immunità naturale è
presente in tutti gli individui. L'immunità specifica si instaura in seguito al contratto antigene-
anticorpo. Gli antigeni si legano in modo specifico ai recettori portati dai linfociti, stimolando una
risposta difensiva. Gli antigeni possono essere riconosciuti in due modi:
- nella loro conformazione naturale, cioè senza legami con gli anticorpi, dai linfociti B, midollo-
dipendenti. La risposta finale è la produzione di anticorpi. Immunità umorale;
- legati a recitare di membrana, dai linfociti T, timo-dipendenti. La risposta finale fra la
distruzione della cellula bersaglio. Immunità cellulo-mediata.
Migrazione dei leucociti
I processi della dice immunitaria si svolgono nei tessuti dove si realizzano ruolo dei globuli
bianchi.
- Per i leucociti il sistema circolatorio costituisce solo un mezzo di trasporto dagli organi emopoietici,
dove si compie la loro maturazione, alle di zone di infezione, dove sono richiamati con scontri di difesa.
I globuli bianchi sono infatti elementi mobili, dotati di attività ameboide, capaci di attraversare la
parete dei vasi sanguigni, diapedesi. Il passaggio da sangue che sul tipo avviene nel rivestimento
endoteliale delle venule postcapillari. Il processo si realizzano attraverso molecole di adesione.
Sostanza prodotta dalla fedeli infiammazioni stimolano le cellule endoteliali ad esporre sulla superficie
una molecola di adesione che si lega ai leucociti. I momento sia un'adesione debole, successivamente
generalizza una più forte, grazie anche alle integrine. Questa interazione favorisce la migrazione dei
globuli bianchi verso la parete vasale.
Sistema HLA
Il sistema HLA, antigeni associati ai leucociti umani, rappresenta nell'uomo il sistema maggiore
di istocompatibilità, (Grado di compatibilità tra tessuti di un donatore e quelli di una ricevente.), MHC.
È costituito da glicoproteine di membrana coinvolte nei processi della difesa immunitaria cellulo-
mediata.
102

- Il complesso genico HLA è situato sul braccio corto del cromosoma 6 e codificate glicoproteine di
membrana. Il ruolo del sistema HLA è connesso con l'attività dei linfociti T della difesa immunitaria
specifica. Si distinguono due classi di proteine MHC:
- MHC classe I;
- MHC classe II.
Le proteine di classe I sono costituite dalla catena polipeptidica transmembrana, ripiegata nella
porzione N-terminale, extracellulare, in tre domini, α1, α2, α3. La catena α è unito in modo non covalente
ad una catena β2-microglobulina. Lo spazio compreso tre domini α 1 e α2 accoglie gli antigeni, che poi
verranno connessi ai linfociti T citotossici. Quando un linfocita T citotossico riconosce l’antigene
estraneo uccide cellula. In riconoscimento coinvolge un complesso multimolecolare costituito dal
recettore delle cellule T, dal recettore CD8 e dalle molecole della classe I. La molecola CD8 è un
eterodimero costituito da una catena α e una β.
Le proteine di classe II sono costituite da un eterodimero transmembrana caratterizzato da due
domini di tipo Ig, vicino alla membrana, e da due domini amminoterminali polimorfici che legano
l’antigene. Le molecole di questa classe si trovano nei linfociti B, nelle cellule dendritiche, nelle cellule
di Langerhans e nei macrofagi. Il complesso classeII-antigeni estranei è riconosciuto dalle cellule T-
helper.
Cellule dendritiche
Le cellule dendritiche costituiscono un’importante categoria di cellule che presentano l’antigene.
- Le cellule dendritiche sono cellule prive di attività fagocitaria, ma hanno dei prolungamenti che
permettono di mantenere una più duratura adesione dei linfociti con gli antigeni che queste cellule
espongono. Si riconoscono diversi tipi di cellule dendritiche:
- cellule follicolari dendritiche = a livello del centro germinativo e del mantello del follicolo
linfatico;
- cellule interdigitate = nel timo e nelle zone timo-dipendenti;
- cellule di Langerhans = negli spazi soprabasali dell’epidermide.
I GRANULOCITI
I granulociti sono caratterizzati dal nucleo lobato con granulazioni citoplasmatiche.
- I granulociti sono cellule globulose, con un diametro di 10-12 μm, con un nucleo multilobato, 2-5 lobi
uniti da sottili filamenti di cromatina. Sono cellule incapaci di dividersi perché altamente differenziate.
Il citoplasma è abbondante e contiene numerose granulazioni. È possibile dividere i granulociti in tre
classi:
- granulociti eosinofili;
- granulociti basofili;
- granulociti neutrofili.
La popolazione totale di granulociti è divisa in tre compartimenti:
- compartimento midollare = troviamo granulociti maturi, la riserva riversata in circolo in caso di
infezione;
- compartimento ematico = troviamo granulociti circolanti e granulociti adesi alla parete delle
venule postcapillari;
- compartimento tissutale = troviamo granulociti che lasciano il circolo sanguigno e migrano nei
tessuti o nelle cavità interne del corpo.
I granulociti vengono richiamati nel luogo dell’infezione da diversi segnali, come il rilascio di mediatori
nella zona infiammata; l’azione sulla parete endoteliale dei capillari; il passaggio dei granulociti
attraverso la parete vasale.
Granulocito neutrofilo
È granulociti neutrofili sono cellule ad attività fagocitaria, con funzione distruttiva verso i
microrganismi patogeni.
- I granulociti neutrofili sono il gruppo di globuli bianchi più consistente. Hanno attività ameboide e
capacità fagocitaria, fondamentale per il loro ruolo. Passano attraverso la parete endoteliale, con un
103

moto chiamato diapedesi, ed attraverso le tessuti connettivi con movimenti ameboidi. Sono il fango citi
più attivi nonché i primi a giungere sull'uomo dell'infezione. L'attacco è batteri è duplice:
 mediante la generazione di radicali liberi, come H 2O2, o l’acido ipocloroso;
 mediante proteine.
Dopo la fagocitosi i granulociti degenerano, generando pus.
Hanno vita breve, 12-14 ore e vengono continuamente rimpiazzati. Le tessuti con i libri vivono da 1 a
quattro giorni. Presentano una forma globosa, con il nucleo polilobato, da due a 5 lobi. Questo numero
accresce con l'invecchiamento della cellula. Il 3% dei granulociti neutrofili nelle femmine possiede
un'appendice di cromatina collegata addosso tre filamento ad uno dei nobili, denominata drumstick,
bacchetta di tamburo. Questa appendice corrisponde ad uno dei due cromosomi in testa, che nella
femmina si inattivano. I granuli possono essere di tre tipi:
 granuli primari o azzurrofili = grandi, densi, omogenei, sono assimilabili a lisosomi primari.
Contengono proteine ad azione antimicrobica. Sono colorati con il blu di Metilene;
 grano di secondario specifici = dimensioni minori, meno e le condensine, altamente concentrati.
Il loro contenuto è secreto nello spazio è extracellulare. Sono colorati con cosina;
 granuli terziari = piccoli, contengono gelatinasi, capaci di degradare il collagene denaturato.
Il citoplasma contiene scarsi mitocondri un piccolo apparato di Golgi. È presente una quantità notevole
di glicogeno. Hanno un citoscheletro ben sviluppato.
Ruolo difensivo dei neutrofili
I granulociti neutrofili svolgono ruolo difensivo contro l'invito di batteriche. La loro funzione
integrata quella di macrofagi e dei linfociti.
- I neutrofili proteggono l'organismo da agenti estranei, in particolar modo effettivi. Per svolgere la
loro fu un fiore devono raggiungere luogo di infezione, in genere d'agente esterno e digerirlo. Per
questo motivo è neutrofili si sposta emettendo pseudopodi, sia anteriori che posteriori. Sono richiamati
nelle fedi di infezione da fattori chemiotattici generati dall'interazione anticorpo-antigene. I neutrofili
fagocitano le particelle strane perché questi sono rivestite da particolari sostanze, le opsonine, le quali
possiedono specifici ligandi sulla loro superficie. La fagocitosi è attirata da recitare di membrana che
riconoscono il dominio Fc delle immunoglobuline, i fattori del complemento legate degenti strane e che i
polisaccaridi dei batteri. A contatto con particelle estranee, i neutrofili e mettono pseudopodi che
aderiscono all'invasore iniziando la fagocitosi. Questa fase è caratterizzata da un incremento della
glicolisi, associata al moto della cellula. La particella viene inglobata in un fagosoma, che si fonde con i
lisosomi, formando un fagolisosoma. I granuli riversano il contenuto nel vacuolo, fase di degranulazione,
rilasciando una NADPH-ossidasi la cui attività metaboliche a porta la formazione di perossidi. Questi
permettono di gestione del batterio fango citato. I sistemi antimicrobici dei neutrofili si dividono in:
- ossigeno-dipendenti = comprendano i superossidi, l’H2O2 e la mieloperossidasi. L'azione tra
superossidi e H2O2 può portare la formazione di O2 e radicali liberi, tossici per le cellule;
- ossigeno-indipendenti = sono responsabili di attività di uccisioni di batteri in condizioni
anaerobiche. Tali sistemi sono rappresentati da:
1. proteine contenute nei granuli azzurrofili, che impediscono ai batteri di replicarsi;
2. lattoferrina, contenuta nei granuli specifici, si lega al ferro, così inutilizzabile dai
batteri;
3. lisozima, che danneggia la parete dei batteri.
Granulocito eosinofilo
I granulociti eosinofili sono dotati di attività selettiva nei confronti delle infezioni batteriche.
- I granulociti eosinofili, o acidofili, rappresentano il 2-4% dei leucociti. Il nucleo è bilobato e
contengono granuli specifici, acidofili. All'interno delle cellule troviamo a apparato di Golgi, mitocondri,
ribosomi, eretico endoplasmatico liscio e rugoso. Nei granuli troviamo un corpo o a struttura cristallina,
contenente la "proteina basica maggiore" ricca di zinco, lisina e arginina. I granulociti eosinofili restano
in circolo 3-8 ore. Hanno recettori per la porzione Fc delle IgM, IgG e IgE.
La maggior parte degli usi i nostri li si trova nel midollo osseo e le tessuti, dove resistono 8-12 giorni.
Sono cellule mobili dotati di attività fagocitaria. Rilasciano insigni che riducono l'infiammazione e il
104

fagocitano i complessi e antigene-anticorpo che si formano durante le lettere allergiche. Producono


enzimi e radicali dell'ossigeno in grado di uccidere parassiti. Solitamente aumentano di numero durante
di allergia o durante le infezioni. Vengono attratti nelle regioni di infezione grazia rilascio di un fattore
chemiotattico contenuto nei granuli. All'interno dei granuli troviamo perossidasi, fosfolipasi D,
istaminasi e lipofosfolipasi. L’istamina riduce gli effetti delle lettere allergiche.
Granulocito basofilo
I granulociti basofili sono responsabili dell'ipersensibilità immediata, quali riniti allergiche,
orticaria, asma, anafilassi.
- I granulociti basofili si sono scarsamente presente e sangue. Il nucleo è reniforme, o bilobato, ma
spesso invisibile a causa dei grossi grani scuri, presente e il citoplasma. Questi grani contengono
glicosamminoglicani solforati, principalmente eparina e istamina, rispettivamente un anticoagulante e un
vasodilatatore. Sulla membrana sono presenti recettori per la porzione Fc delle IgE. Il legame di
questo primo pulire con l'antigene determina l'esocitosi del contenuto dei grani. I basofili rilasciano
vari prodotti coinvolti nelle reazioni di ipersensibilità sia di tipo immediato che di tipo ritardato. Tra gli
enzimi ossidativi contenuti nei basofili ricordiamo il NADH e il NADPH ossidasi.
GLI AGRANULOCITI
Gli agranulociti sono capaci di dividersi e possiedono un numero ridotto di granuli azzurrofili. Si
dividono in monociti e linfociti.
Il monocito
I monociti sono gli elementi del sangue appartenenti al sistema monocito-macrofagico. Il
monocito rappresenta il precursore dei macrofagi.
- Il sistema monocito-macrofagico svolge fondamentale nella difesa dell'organismo, in quanto interviene
contro di batteri, modulo alla risposta infiammatoria e regola l’immunità cellulo-mediata.
I monaci e sono tondeggiante, piuttosto voluminosi, rappresentano il 3-8% della popolazione. Sono le
cellule più grande del sangue. Hanno un non nucleo eccentrico e reniforme. Il citoplasma è abbondante e
si colora di blu-grigio pallido. C'ero ben visibili in varie core granuli, mitocondri, ribosomi, articolo del
pragmatico, apparato di Golgi, lisosomi. Troviamo granuli primari e secondari. Sulla superficie del
monocito troviamo filopodi e undulopodi, estroflessioni della membrana plasmatica.
La vita media è di 2-3 giorni. Il monocito risponde agli stimoli infiammatoria e chemiotattici,
spostandosi attraverso le pareti dei vasi, fino a raggiungere la sede dell'infiammazione, dove matura in
macrofago, con una maggior capacità fagocitaria. I macrofagi tissutali esistono sotto diverse forme:
1. la cellula epatica di Kupfer;
2. il macrofago alveolare del polmone;
3. la cellula gigante dei granulomi;
4. la cellula dermica di Langerhans;
5. la cellula della microglia del tessuto cerebrale;
6. il macrofago pleurico e peritoneale;
7. l’osteoclasto.
La funzione dei fagociti comprende:
 fagocitosi di gestione di batteri;
 secrezione di mediatori chimici, regolatori della risposta infiammatoria e fattori di crescita;
 interazione con antigeni e linfociti, per la risposta immunitaria;
 uccisione di cellule tumorali.
I monociti sono essenziali per lo sviluppo dell'immunocompetenza di tipo cellulare ed umorale. In
particolare:
 il riconoscimento delle antigeni ad opera del linfocito T è preceduta dalla fagocitosi
dell'antigene ad opera del macrofago;
 il segnale è che attiva la stimola tre di linfociti di, con produzione di anticorpi, proviene
dall’interazioni tra linfocito T e macrofagi.
I fagociti intervengono modulando il sistema del complemento, secernendone componenti, legando il
complemento attivato con recettori sulla superficie e degradando il complemento.
105

Il linfocito
I linfociti costituiscono la componente cellulare fondamentale del sistema immunitario,
immunità acquisita, provvedendo riconoscimento delle antigeni esterni.
- I linfociti rappresentano il 20-30% dei globuli bianchi. Si trovano anche nella linfa, dove
rappresentano la componente cellulare e da dove deriva loro nome, negli organi linfoidi e in alcune
tessuti collettivi. Possono ricircolare, cioè passare dal circolo sanguigno al circolo linfatico o al tessuto
connettivo, e poi rientrare nel circolo sanguigno. Non hanno attività fagocitaria ma sono dotati di
movimento ameboide, riuscendo a passare attraverso il vasi sanguigni. Sono distinti in piccoli linfociti,
predominano nel sangue, e in grandi e linfociti, quelli attivi sono circa il 3%. I piccoli linfociti sono la
componente prevalente, con un nucleo reniforme e scarso citoplasma. I grandi linfociti hanno un
citoplasma più colorato, ma sempre scarso. E linfociti derivano dalla cellula staminale emopoietica
pluripotente. Originano nel midollo osseo russo, ma si differenziano e maturano negli organi linfoidi, nel
timo nel midollo osseo. E linfociti sono caratterizzate dalla presenza di antigeni sulla membrana. In
linfociti sono suddivisi dal punto di vista funzionale in:
1. linfociti B, midollo-derivati. Rappresentano il 5-15% dei linfociti. Maturano nel midollo osseo.
Sono noti anche come linfociti borsali, perché scoperti negli uccelli, nelle borse di Fabrizia,
chiamate così in onore dell'omonimo scopritore;
2. linfociti T, timo-derivati. Rappresentano il 60-80% dei linfociti. Maturano nel timo e sono
suddivisi in:
 T-citotossici;
 T-helper;
 NK, natural killer. Rappresentano il 10-20% dei linfociti. Maturano nel midollo osseo.
Linfociti NK
Rappresentano un'importante categoria di cellule effettrici della risposta difensiva innata.
Svolgono attività aspecifica.
- I linfociti NK sono cellule piuttosto grandi, con numerosi granuli azzurrofili. Sono adibiti all’uccisione
di cellule batteriche, o virali, che non contengono antigeni di istocompatibilità self.
Immunità acquisita
I linfociti B e T sono coinvolti nei due principali meccanismi di difese immunitaria,
rispettivamente umorale, mediata da anticorpi, e cellulare, o cellulo-mediata.
- La differenza principale tra linfociti B e T è basata sulla forma dell'antigene che riconoscono. I
linfociti B riconoscono l'antigene nella sua conferma c'era naturale, mentre i linfociti T riconoscono
l'antigene si è legato all'anticorpo. La principale funzione dei linfociti B era produttore di anticorpi che
mediano l'immunità umorale, neutralizzando agenti patogeni. I linfociti T sono in grado di uccidere
cellule infettate da virus, grazie alla loro attività citotossica. Inoltre stimolano i linfociti di nella
produzione di anticorpi.
Immunità umorale
L’immunità umorale è dovuta alla presenza di anticorpi circolanti, le immunoglobuline. Queste
sono glicoproteine presenti come recettori di membrana sui linfociti B e secrete dagli stessi linfociti e
dalle plasmacellule.
- Le immunoglobuline sono glicoproteine prodotte da linfociti B e plasmacellule. La loro funzione
principale è quella di legare l'antigene. Il legame antigene-anticorpo determina l'attivazione del
complemento con la conseguente eliminazione della sostanza patogena. Quando sono attivati dallo
specifico antigene, i linfociti B subiscono molteplici divisioni cellulari e la maggior parte di loro si
differiscono in plasmacellule. Alcuni diventano cellule B memoria, che ricordano la precedente invasione
e inducono una risposta immunitaria più veloce. Questo tipo di risposta immunitaria umorale può essere
trasferita da un organismo all'altro mediante vaccinazione.
La struttura fondamentale delle immunoglobuline è rappresentata da un monomero formato da quattro
catene polipeptidiche, due leggere, L, due pesanti, H. Questi quattro polipeptidi sono assemblati in una
struttura a forma di Y e legati in modo covalente da ponti di solfuro, i quali determinano un
ripiegamento dei polipeptidi in regioni compatte, i domini. Le catene leggere hanno due domini, quelle
106

pesanti 4-5. Le catene pesanti interagiscono a formare una regione definita cerniera. Le
immunoglobuline possono essere distinte in diversi frammenti:
1. i bracci laterali, costituiti dalle catene leggere e dalla parte ammino-terminale delle catene
pesanti = Fab;
2. la coda, costituita dalla parte carbossilica delle catene pesanti = Fc. Questo dominio è
responsabile della funzione effettrice delle Ig.
Fab e Fc rappresentano i domini funzionali delle immunoglobuline. La diversità e la specificità di legame
delle immunoglobuline dipende dal fatto che sono costituite da diverse porzioni:
1. una composta dai domini ammino-terminali, denominata variabile, V, e divisa in VL e VH;
2. una composta da una struttura costante, C, e divisa in CL e CH;
3. una regione ipervariabile.
Gli amminoacidi delle regioni variabili e ipervariabili delle catene L e H, interagiscono formando il sito di
legame con l'antigene. Ogni immunoglobulina è dotata di due siti di legame con l’antigene, posti al
termine dei due domini Fab.
Catene leggere
Ci sono due tipi di catene: κ e λ. Il loro lo rapporto quantitativo è di 2:1.
Catene pesanti
Ci sono diversi isotopi e i principali sono: γ, α, μ, δ, ε. Pertanto che sono cinque classi di immunoglobuline:
IgG, IgA, IgM, IgD, IgE. Ogni molecola presenta una delle due catene leggere.
IgG
Rappresentano il 75% delle immunoglobuline e costituiscono il principale anticorpo durante la risposta
immunitaria secondaria. Possono penetrare gli spazi extra-vascolari, attraversando la barriera
placentare e fornendo al neonato l’immunizzazione passiva. Si divide in quattro sottoclassi: IgG1, IgG2,
IgG3, IgG4. le prime due attimo del complemento attraverso la via classica. Gli immuno-complessi si
legano a recettori per il frammento Fc, presenti sui neutrofili e suoi macrofagi. I complessi vengono
fagocitati e degradati. La vita media delle IgG è 21 giorni.
IgA
Rappresentano il 15% delle immunoglobuline e sono sintetizzate durante la risposta immunitaria
secondaria. Sono presenti nelle secrezioni delle lacrime, della salita, delle mucose respiratorie ed
intestinali. Formano dimeri legati tra loro da un polipeptide, catena J, e da un frammento secretorio. Le
IgA attivano il complemento attraverso la via alternativa. Hanno vita media di 6 giorni e la funzione
principale è quella di prevenire l'adesione di antigeni estranei sulle superfici mucose.
IgM
Rappresentano il 10% delle immunoglobuline e sono denominate macroglobuline. Sono costituite da
cinque unità immunoglobuliniche con dieci siti di legame dell'antigene. Sono di anticorpi più antichi,
nonché la prima classe di immunoglobuline e introdotta nel corso della maturazione dei linfocito B. Sono
segrete nel sangue nel corso la risposta immunitaria primaria. Il legame antigene-Fab fa sì che la coda
leghi e attivi la prima componente del complemento. Anch'esse hanno vita media di 6 giorni.
IgD
Rappresentano l'1% delle immunoglobuline e sono espresse insieme alle IgM sulla superficie dei linfociti
di mature ma non atti fatti. La loro funzione è quella di legare l'antigene e attivare proliferazione e
differenziazione dei linfociti B.

IgE
Note come reagine, si legano con la porzione Fc ai recettori dei granulociti basofili e dei mastociti.
Stimolano la secrezione di sostanze vasoattive, come l’istamina e la serotonina.
Variabilità anticorporale
Nel corso della maturazione dei linfociti B si differenziano un numero enorme di cloni, ciascuno
caratterizzato dalla presenza di specifici recettori di membrana. La variabilità anticorporale è dovuto a
processo di riarrangiamento genico sito-specifico.
107

- I geni che codificano per la sintesi delle immunoglobuline formano tre gruppi situati su tra cromosomi
diversi. I geni che codificano per le catene pesanti, γ, α, μ, δ, ε, si trovano sul braccio lungo del
cromosoma 14; quelli per le catene leggere κ sul braccio corto del cromosoma 2; quelli per le catene
leggere λ sul braccio corto del cromosoma 22.
Il gene che codifica per la parte variabile della catena pesante comprende diversi segmenti: V, D, J. Il
gene che codifica per la parte costante delle catene pesanti è costituito da un tratto polinucleotidico
per i 5 isotopi. Il complesso genico per le catene leggere è costituito da due segmenti della regione
variabile, V e J, e da un esone per la regione costante.
Nel corso della maturazione delle cellule B si ha un riarrangiamento del DNA. Questo processo si
realizza attraverso la fusione di segmenti genici V/D/J, catene pesanti, e V/J, catene leggere, grazie
ad un enzima che elimina gli introni. Avviene prima il riarrangiamento delle catene pesanti, poi il coro
delle catene leggere.
Diversità delle porzioni variabili delle Ig
Diversi meccanismi contribuiscono a generare le diversità fra le porzioni variabili delle Ig.
- I meccanismi della variabilità del sito di legame tra l'antigene delle Ig sono rappresentate da:
- presenza nella linea germinale di molte forme alleliche di V, D, J;
- associazione casuale di tali segmenti;
- comparsa di mutazioni somatiche;
- assemblaggio delle date leggere e pesanti.
Esclusione allelica = un linfociti B o una plasmacellula è in grado di esprimere o di riarrangiare un
singolo allele per la catena pesante e uno per la catena leggera.
Un particolare tipo di riarrangiamento somatico è costituito dal cambiamento di classe
anticorpale.
- Il linfocito B può sintetizzare catene pesanti che presentano la stessa regione variabile, ma diverso
regione costante. Si osserva cioè lo switch da IgM a IgG, IgA, o IgE. Questo switch comporta un
cambiamento della funzione effettrice dell’immunoglobulina.
Produzione di cloni di linfociti B
Durante la maturazione si formano dei linfociti B in grado di reagire con gli antigene
dell'organismo. Tra linfociti devono essere neutralizzati.
- La funzione principale dei linfociti B è la formazione di popolazioni di cloni, per neutralizzare agenti
patogeni. Quando si crea il legame antigene estraneo-anticorpo, il linfocito B prolifera e si differenzia
in plasmacellule eccellenti anticorpi. Gli anticorpi legano gli antigeni e aiutano la cellula a digerire il
batterio. Il processo di riarrangiamento comporta la produzione di cloni di linfociti B in grado di
riconoscere antigeni dell'organismo, self, determinando una reazione auto-immune. Per evitare questa
reazione sono presenti meccanismi che governano la tolleranza immunologica, quali:
1. la non attivazione delle cellule self-reagenti;
2. l’anergia dei linfociti B;
3. la distruzione di cloni self-reagenti da parte dei macrofagi.
Immunità cellulo-mediata
L'immunità cellulo-mediata risulta da una interazione tra i linfociti T e le cellule self che
espongono antigeni estranei e sulla loro superficie. Questa immunità ha il compito di eliminare cellule a
appartenenti allo stesso organismo che sono alternate e di provvedere a stimolare l'espansione clonale
dei linfociti B.
- L’immunità cellulo-mediata implica una diretta interazione tra linfociti chi e antigene. Questa
immunità non può essere trasferita mediante siero, ma solo tramite il trasferimento di cellule
immunizzate da un organismo all'altro. Il legame tra linfocito T e antigene era specifico. A seconda
delle modalità con cui avviene il riconoscimento dell'antigene i linfociti T si dividono in tre classi:
1. linfociti T citotossici, o linfociti Tc, o CD8+ = rappresentano il 25-35% della popolazione
linfocitaria. Riconoscono gli antigeni legati a molecole MHC, classe I. Il legame con l'antigene
determina dall'attivazione delle linfocito T, con la conseguente proliferazione dei cloni e la
comparsa delle cellule memoria. La cellula infetta viene distrutta per apoptosi, o lisi;
108

2. linfociti T soppressori, o Ts = svolgono una funzione di soppressione sulle altre cellule del
sistema immunitario;
3. linfociti NK, o natural killer = svolgono azioni difensive aspecifiche;
4. linfociti T helper, o CD4+ o Th = costituiscono il 65-75% dei linfociti circolanti. Riconoscono gli
antigeni legati a proteine MHC, classe II, ed esposti su particolari cellule, dette cellule che
presentano l'antigene. La risposta effettrice è l'espansione clonale, con l’attivazione di altre
cellule mediante secrezione di mediatori locali, con effetto paracrino. Questi linfociti possono
essere divisi in due gruppi: Th1 e Th2.
I linfociti Th1
Questi linfociti di riconoscono gli antigeni derivanti da microrganismi o da prodotte fagocitano che il
punto producono interleuchina-2 e interferone γ. Hanno attività paracrino e attivano i macrofagi
affinché distruggano i microrganismi che hanno ingerito e le cellule T citotossiche.
I linfociti Th2
Attivano i linfociti B e gli eosinofili. Stimolano le cellule della memoria e il cambiamento di classe
anticorpale nella secrezione gli anticorpi. Il recettore per il legame è CD4, che funziona come
accettore per il virus HIV. Questo virus infetta le cellule T helper con conseguente caduta della
risposta monetaria.
Recettori dei linfociti T o TCR
L’immunità cellulo-mediata si attiva dopo il legame antigene-anticorpo.
Il recettore dei linfociti T, TCR, è un eterodimero costituito da due catene polipeptidiche, α e β, legati
in modo covalente da ponti disolfuro. La struttura del TCR a svariate somiglianze con la struttura delle
Ig. Ciascuna catena contiene una regione N-terminale variabile e una regione C-terminale costante. Per
trasmettere l'attivazione cellulare il recettore associato ad un complesso multimerico, con passo dal 5
di spinte proteine. Il TCR a una distribuzione clonale, ed ogni linfocito T può esprimere una sola catena
α e una sola catena β. I geni per la regione costante della catena β sono situati sul braccio lungo del
cromosoma 7; quelli per la regione variabile sul braccio lungo del cromosoma 14.
Le piastrine o trombociti
Le piastrine sono piccoli elementi derivati dalla frammentazione del citoplasma dei
megacariociti. Questi elementi partecipano al processo della coagulazione.
- Le piastrine sono prive di nucleo e hanno una vita media di 5-9 giorni. Contengono una regione centrale
colorata, cromomero, o granulomero, ed una zona periferica, ialomero. La membra la pragmatica è
rivestita da proteoglicani e glicoproteine, essenziali per la funzione recettoriale svolta dalle piastrine.
Troviamo anche un citoscheletro, piuttosto sviluppato, formato da microtubuli e microfilamenti. La
membrana presenta numerose introflessioni, che costituiscono canali interni, con la funzione di
accumulare e rilasciare io di calcio. Troviamo diversi tipi di granuli:
1. granuli α = rotondi avvolti da membrana, costituiscono il 10% del volume delle piastrine.
Contengono proteine specifiche, fattori della coagulazione e della fibrinoformazione, proteine
adesive e fattori di crescita;
2. granuli densi = pochi, contengono nucleotidi, ammine piogene, come la serotonina, l’adrenalina e
l’istamina, ioni Ca++ e PO43-;
3. granuli lisosomiali = contengono fosfatasi acida e altri composti. Sono presenti mitocondri e
granuli di glicogeno.
Il fattore di crescita delle piastrine, PDGF, induce la proliferazione delle cellule muscolari lisce e dei
fibroblasti, e stimola quest'ultimi a produrre matrice extra cellulare. Agisce come segnale che mio
tattico per fibroblasti e macrofagi.
L'attivazione delle piastrine avviene quando un danno della parete vasale espone le componenti sub-
endoteliali. Le piastrine aderiscono all’area danneggiata coesivandosi tra loro a formare un tappo, il
coagulo bianco, e attivando la coagulazione, che parte alla formato ed il coagulo rosso. In questo tipo di
coagulo interviene il fibrinogeno, che si trasforma in fibrina.
Emostasi
109

L’emostasi meccanismo diretto chiudere l'adesione formata della parete dei vasi sanguigni. Un
ruolo importante svolta dalle piastrine, in quattro fasi: adesione, aggregazione, secrezione ed
elaborazione di attività procoaulante.
- L’emostasi si sviluppa in quattro fasi ed il risultato finale è il tamponamento della ferita.
1. Adesione piastrinica = le piastrine aderiscono alla superficie estranea. È il primo momento per
la formazione del trombo emostatico piastrinico. Le piastrine aderiscono alle strutture sotto-
endoteliali mediante le integrine di membrana e si appiattiscono allargandosi, in modo da
riparare il danno;
2. Aggregazione piastrinica = dovuta ad un legame delle piastrine fra loro per stimoli esogeni o
endogeni. Gli stimoli possono essere ADP, rilasciato dalla piastrina stessa, trombina e fibre
collagene. Le piastrine perdono la loro forma a disco, per assumere quella sferica, emettendo
pseudopodi, la contrazione delle piastrine dovuta alla liberazione di ioni Ca ++, con conseguente
stimolazione dell'apparato contrattile ATPasi-dipendente. A seconda dell'intensità dello stimolo
si può avere una gridacele primaria, reversibile, oppure una secondaria, irreversibile. Le
aggregazioni tra piastrine formano il trombo emostatico piastrinico;
3. Coagulazione = l'agglomerato di piastrine si combatte in coagulo, in seguito la trasformazione
del fibrinogeno in fibrina. Il liquido che si separa dal coagulo è detto fiero. La conversione del
fibrinogeno in fibrina si realizza grazie alla trombina, che si forma per trasformazione dalla
protrombina. Tale reazione ricerca ioni Ca++. La trasformazione in trombina avviene grazie a
fattori ematici, piastrinici e tissutali. Il meccanismo sia attua attraverso una serie di lettera
cascata, in cui la tappa finale è costituito dall'attivazione del fattore X. Questo fattore può
essere attivato lungo due vie:
- via intrinseca uguale richiede l'intervento di fattori presenti nel sangue, liberati
dalle piastrine. Un danno a livello dei vasi sanguigni fa sì che le piastrine rilascino
fosfolipidi e il fattore XIIa. Quest'ultimo attiva il fattore XI, che insieme al di ioni
Ca++ a prima il fattore IX. Questo a sua volta, unito al fattore VIII, agli ioni Ca ++ e
ai fosfolipidi attiva il fattore X, che promuove la trasformazione di prototrombina,
in trombina;
- via estrinseca = implica l'intervento della tromboplastina tissutale. Un danno livello
dei vasi sanguigni fa sì che venga rilasciata tromboplastina. Questa insieme al
fattore VII e agli ioni Ca++ attiva il fattore X, il quale unito al fattore V, agli ioni
Ca++ e ai lipidi, promuove la trasformazione di prototrombina, in trombina. Questa è
la via che porta rapidamente alla formazione del coagulo.
4. Retrazione del coagulo = le piastrine di inducono alla riduzione del coagulo attraverso la
contrazione del citoscheletro.
LA LINFA
- Il sistema linfatico è un sistema di drenaggio dei tessuti con un inizio, i capillari linfatici, e una fine, i
due dotti linfatici, che riversano la linfa nel sistema venoso. I capillari linfatici iniziano a fondo cieco
nei tessuti, dove drenano il liquido in eccesso, la linfa. La linfa attraversa gli organi linfoidi periferici, i
linfonodi, con funzione depurativa nei confronti di eventuali batteri. Qui la linfa si arricchisce di
linfociti e anticorpi. Durante la digestione i vasi linfatici dell'intestino si caricano di globuli di
grasso,chilomicroni. Per questo la linfa assume un colore bianco, ed è nota come chilo. La linfa coagula
formando una rete di fibrina nella quale rimangono intrappolate le cellule. Per questo il coagulo è bianco
anziché rosso. Di elementi cellulari sono i linfociti, che ricircolano continuamente tra sangue e linfa.
Questi elementi sono specialmente i linfociti T. I linfociti originano da cellule staminale pluripotenti che
si trovano nei tessuti emopoietici. I linfociti T si sviluppano nel timo, quelli B e le NK si sviluppano nei
tessuti emopoietici stessi. I linfociti crescono negli organi linfoidi primari, o centrali, che nei
mammiferi sono il midollo osseo rosso, nell'adulto, il fegato fetale per le cellule B ed il timo per le
cellule T. La maggior parte dei linfociti muore subito dopo essersi sviluppata all'interno dell'organo
linfoidi primario. Altri, invece, maturano e migrano attraverso il torrente linfatico in organi linfoidi
secondari, o periferici. I linfonodi, posti lungo il percorso dei vasi linfatici come filtri della linfa,
110

riconoscono l'antigene delle cellule B e producono plasmacellule, che secernono anticorpi. Il linfonodo
ha una capsula esterna di tessuto connettivo fibroso di tipo capsulare; lo stroma è costituito da tessuto
collettivo reticolare, ricco di cellule reticolari e macrofagico-simili. I linfonodi sono avvolti da una
capsula connettivale e sono costituiti da:
1. zona corticale = esterna, formata da linfociti B, grandi e piccoli, plasmacellule e macrofagi;
2. zona paracorticale = formata da linfociti T;
3. zona midollare = formata da linfociti B attivati e plasmacellule.
Nella zona corticale i piccoli linfociti B formano addensamenti detti follicoli linfoidi primari, o immaturi.
La caratteristica di questi follicoli è una colorazione omogenea. A volte la parte centrale appare più
chiara della parte periferica, corona o mantello, ed è detta centro germinativo, o centro di reazione. Se
questi follicoli assumono due colorazioni diverse sono detti follicoli secondari o maturi.

CAP 15: EMOPOIESI


Gli elementi figurati del sangue hanno una vita media che varia da pochi giorni ad alcune
settimane. Il loro numero deve essere mantenuto costante. Ciò comporta un continuo rinnovamento. Il
processo di formazione di quasi elementi prende il nome di emopoiesi.
- L’emopoiesi consiste nella produzione di elementi maturi presenti nel sangue a partire da cellule
totipotenti, le cellule staminale emopoietiche. Cellule staminale, progenitori e precursori costituiscono il
sistema emopoietico. Si distinguono due tipi di tessuto emopoietico:
1. tessuto mieloide, caratteristico del midollo osseo;
2. tessuto linfoide, caratteristico delle organi linfoidi.
L’emopoiesi ha luogo in diverse sedi, a seconda dell’età, embrio-fetale o post-natale.
IL SISTEMA EMOPOIETICO
Lo studio sperimentale dell’emopoiesi ha consentito di chiarire le tappe che portano alla
formazione degli elementi maturi del sangue. Il sistema emopoietico è costituito da cellule che
presentano una progressiva incapacità di differenziarsi, la perdita della capacità di moltiplicarsi e
l'acquisizione di proprietà specifiche.
- Attuando degli esteri venti sui topi, ai quali erano state uccise le cellule emopoietico, ed erano stati
iniettati delle nuove, si è notato come si fossero sviluppate delle cellule con potenzialità diverse. Il
sistema emopoietico è costituito da popolazione cellulari riconducibili a diversi compartimenti:
1. compartimento delle cellule staminale;
2. compartimento dei progenitori;
3. compartimento dei precursori.
Le cellule staminali emopoietiche sono caratterizzate dalla capacità di autorinnovamento, sono
quiescenti e sono totipotenti, cioè sono in grado di differenziarsi in tutte le direzioni. La cellula
staminale totipotenti origina dal mesoderma extra-embrionale del sacco vitellino e dalla regione aorta-
gonado-mesonefrica, ed è responsabile della colonizzazione delle organi emopoietici attivi nel periodo
embrio-fetale e nella vita post-natale. Alla quinta settimana le cellule staminale colonizzano il fegato,
all'ottava migrano nel midollo osseo e nel timo, e alla dodicesima nella milza. Nella vita fetale il
principale organo emopoietico è il fegato. La produzione dei linfociti T nel timo inizia alla decima
settimana. Dopo la nascita il midollo osseo diventa il principale organo emopoietico.
111

Il passaggio da cellule staminale a progenitori dipende dall'interazione tra fattori di crescita e


recettori sugli elementi cellulari. Questa determinazione viene indicata con il termine di commitment.
Secondo un'ipotesi la transizione da cellule staminali a progenitori è un evento probabilistico, dipende
cioè dalla casuale espressione dei recettori appropriati, modello stocastico. Secondo altri il
commitment è determinato dal microambiente che elabora gli appropriati segnali locali, modello
induttivo. Il risultato del commitment è una restrizione delle potenzialità di differenziamento e delle
capacità proliferative.
Il progenitori sono rappresentati da cellule indirizzate verso specifiche linee differenziative, con una
ridotta capacità di autorinnovarsi e dotati di recettori per fattori di crescita. Questo cellule per la
loro sopravvivenza, proliferazione e maturazione dipendono proprio da questi fattori. La cappa iniziale è
rappresentata dal differenziamento dell'elemento mieloide o linfoide.
La cellula staminale mieloide, CFU-GEMM, origina:
o globuli rossi;
o granulociti;
o monociti;
o megacariociti, da cui derivano le piastrine.
La cellula staminale linfoide origina:
o linfociti B;
o linfociti T.
Le cellule staminale mieloide danno origine alle seguenti classi di progenitori: BFU-E, CFU-GM, CFU-
Meg. Per gli eritrociti sono stati identificati due classi di progenitori, la BFU-E e la CFU-E.
- BFU-E = alto potenziale proliferare attivo, che richiede alti livelli di eritropoietina;
- CFU-E = più differenziato, prossimo al proeritroblasto, con una più intensa attività proliferare
chi, ma che necessita di quantità modeste di eritropoietina.
Di progenitori cellulari dei granulociti-macrofagi, CFU-GM, al bisogno di tre tipi di fattori di crescita:
- GM-CSF;
- G-CSF;
- CSF-I.
I progenitori cellulari dei megacariociti sono costituiti da BFU-meg e da CFU-meg. I precursori
costituiscono le tappe terminali per la formazione degli elementi maturi. Sono tipici di ciascuna linea
differenziativa e presentano solo attività mitotica. La tappa finale dell'emopoiesi riguarda il controllo
del rilascio in circolo degli elementi che hanno completato la maturazione.
IL MICROAMBIENTE
Il complesso, costituita dalle cellule, dalla sostanza fondamentale e dalle sostanze diffusibili,
costituisce il microambiente.
- Il microambiente rappresenta la componente essenziale per la regolazione il controllo della
maturazione e del rilascio in circolo degli elementi amatici. La progressione degli elementi lungo le tappe
differenziativa che dipende dalla presenza di segnali locali prodotti e l'ambiente. Il microambiente
fornisce alle cellule emopoietico e la struttura di supporto durante la proliferazione e il
differenziamento. Le e non emopoietico è presente il microambiente sono rappresentate da diversi tipi
cellulari stromali, fibroblasti, adipociti, cellule endoteliali, osteoblasti, cellule dendritiche.
Le cellule reticolari avventizie paste sulle cellule endoteliali delle venule formano un intreccio che
avvolge sia delle cellule emopoietico a formazione. Gli adipociti rappresentano una riserva di grasso
necessaria per il metabolismo cellulare durante la proliferazione. Le cellule stremali producono i
componenti della matrice extracellulare e fattori di crescita.
I componenti della matrice extracellulare suono collagene, glicosamminoglicani, proteoglicani, lamina,
fibronectina e trombospondina. Dell'orlo che svolgono è basato sui meccanismi di interazione a decisiva:
concorrono a localizzare le cellule staminale e i progenitori, ne regolano la proliferazione e il
differenziamento, e favoriscono concentrazione e distribuzione delle citochine, fattori di crescita.
I fattori di crescita determinano la progressione delle tappe di maturazione. Svolgono in controllo
numerico e regolano la proliferazione dei genitori. L'azione dei fattori di crescita dipende:
112

1. dal legame con i recettori presenti su progenitori = azione diretta;


2. dal legame con i recettori sulle cellule di supporto = azione indiretta.
E fattori di crescita vengono prodotti da: monociti, macrofagi, linfociti attivati, cellule endoteliali,
muscolatura liscia vascolare, fibroblasti dello stroma.
L’eritropoietina è una glicoproteine prodotta dal rene in risposta all’ipossia, cioè alla mancata o
diminuita utilizzazione dell'ossigeno da parte dei tessuti. L’interleuchina-3, prodotta dai linfociti T,
stimola la formazione di granulociti, macrofagi, eosinofili e mastociti. Inoltre agisce unitamente
all’eritropoietina stimolando la formazione di colonie BFU-E.
LE LINEE DIFFERENZIATIVE
La produzione degli elementi maturi del sangue avviene attraverso distinte linee
differenziative. Si riconoscono le seguenti linee:
1. eritropoietica per i globuli rossi;
2. granulocitopoietica per i granulociti;
3. monocitopoietica per i monociti;
4. linfocitopoietica per i linfociti;
5. trombocitopoietica per le piastrine, o trombociti.
In tutte le linee sono presenti alcuni aspetti comuni: una successione definita di stadi cellulari, il ruolo
regolativo del microambiente, e compartimenti dove si compie il ciclo cellulare. Ciascuna linea però
presenta caratteristiche proprie: tipo di progenitori e precursori, natura dei fattori che ne regolano
comparse progressione, durata del ciclo maturativo, modalità del rilascio in circolo.
- Il controllo numerico delle elementi maturi risulta da un equilibrio fra rilascio in circolo e distruzione.
Eritropoiesi o eritrocitopoiesi
Pro-eritroblasto, eritroblasto basofilo, policromatofilo e ortocromatico rappresentano i
precursori delle eritrocito. Le principali modificazioni consistono nella progressiva condensazione della
cromatina fino all'espulsione del nucleo, un rilevante aumento di ribosomi liberi, sintesi di emoglobina e
accumulo.
- Il compartimento degli elementi precursori della serie rossa prende il nome di eritrone. Il processo di
maturazione dura 4-5 giorni. Tutte le tappe maturativo rappresentano attività mitotica.
1. PROERITROBLASTO = è il primo precursore e il più voluminoso. Presenta un nucleo largo, color
abile, con un citoplasma basofilo. Presenta apparato di Golgi e mitocondri. Va incontro a
numerose divisioni mitotiche;
2. ERITROBLASTO BASOFILO = cellula piuttosto voluminosa con la cromatina condensate in
grosse zone. Sono presenti uno o più nucleoli. Di citoplasma presenta un elevato numero di
poliribosomi liberi, una complesso di Golgi e molti mitocondri. L’attività mitotica è intensa;
3. ERITROBLASTO POLICROMATOFILO = scompare il nucleolo e si ha una colorazione
citoplasmatica mista, sia eosinofila, colore roseo, che basofila, colore blu. Questa colorazione
mista dipende dal progressivo accumulo di emoglobina. Il nucleo diventano più piccolo e denso;
4. ERITROBLASTO ORTOCROMATICO, O ACIDOFILO, O NORMOBLASTO = il nucleo è piccolo
con la cromatina molto addensata. Cessa l’attività mitotica e il nucleo, picnotico, viene espulso.
La cellula diventa un eritrocito maturo. Il nucleo è fagocitato dai macrofagi;
5. ERITROCITO MATURO = passa nel circolo sanguigno, dove conserva per circa 24 ore un piccolo
oro di ribosomi. Questo cellule sono dette RETICOLOCITI, e conservano la capacità di
sintetizzare emoglobina. Il numero di reticolociti nel sangue è un indice della funzionalità del
midollo.
Durata di vita degli eritrociti e loro distruzione.
La vita degli e eritrociti era di circa 120 giorni. I globuli anziani attraversano la parete delle venule
postcapillari che sono citate dai macrofagi del midollo osseo, nella milza e nel fegato. L'emoglobina
viene degradata. La sua componente proteica è idrolizzata in amminoacidi, mentre il ferro si stacca
dall’eme, il quale si trasforma nel pigmento biliare, passa nel plasma e si lega ad una albumina. Questa
proteina è captata dal fegato e secreta con la bile nel duodeno. Il ferro depositato nei macrofagi si
libera ed è trasportato al midollo osseo dopo i teneri utilizzato per produzione di nuova e emoglobina.
113

Controllo dell’eritropoiesi.
L’eritropoiesi è sottoposta all'azione dell'ormone eritropoietina e di altri meccanismo umorali. Si pensa
che l’eritropoietina agisca in due modi:
1. DEREPRESSORE = induce la differenziazione della cellula staminale e la produzione di mRNA;
2. AGENTE MITOGENO = Imola la proliferazione cellulare.
La popolazione staminale comprende elementi in continua proliferazione e cellule arrestate nella fase
G0. L’effetto mitogeno potrebbe attuarsi in due meccanismi:
 accorciando la durata del ciclo cellulare;
 stimolando le cellule in G0 a dividersi.
Granulocitopoiesi
Mieloblasto, promielocito, mielocito, metamielocito, sono tutti precursore del granulocito.
- Nel corso della granulocitopoiesi, si osservano modificazioni della forma del nucleo da rotondo a
lobato, condensazione della cromatina e perdita dei nucleoli. L'attività mitotica continua fino allo stadio
di mielocito, poi si ferma. L'attività ameboide compare solo nel granulocito maturo.
MIELOBLASTO = nucleo voluminoso e rotondo, con 1-5 nucleoli, privo di granuli;
PROMIELOCITO = dimensioni maggiori, con il nucleo di forma variabile. Compaiono grani azzurrofili;
MIELOCITO = nucleo tondeggiante con la cromatina granulare. Numerosi granuli specifici ricoprono il
nucleo. Si distinguono i mielocito neutrofili, basofili e eosinofili. Il mielocito è l’ultima cellula in grado di
dividersi;
METAMIELOCITO = nucleo reniforme. Gli organelli interni si inattivano;
GRANULOCITO MATURO = il nucleo diventa lobato e acquisisce attività ameboide.
La maturazione degli eosinofili e degli basofili segue le stesse tappe fino alla comparsa delle
granulazioni specifiche, cioè fino al mielocito. L’eosinofilo presenta un nucleo bilobato ed un citoplasma
corna numerosi granuli rosso-arancione. Il basofilo ha un nucleo meno segmentato e un citoplasma con
granuli rosso-violetto intenso. I granuli spesso nascondono il nucleo e il citoplasma.
La granulocitopoiesi include:
 un compartimento che comprende di progenitori e i precursori del granulocito;
 un compartimento di maturazione costituito dal metamielocito e dal granulocito midollare
maturo.
L'intero processo di maturazione dura dodici giorni, 5 per la fase mitotica, dal mieloblasto al mielocito,
e 6.5 per la fase post-mitotica, dal metamielocito al granulocito maturo. Di elementi maturi rilasciati
nel circolo sanguigno rimangono per un periodo limitato, 6-10 ore, per poi emigrare nei tessuti collettivi
dove sopravvivono per 24-48 ore prima di degenerare ed essere fagocitati. Nel midollo è presente una
riserva di granulociti maturi.
Monocitopoiesi
I granulociti e i monociti derivano da un progenitore comune bipotente, la CFU-GM.
- Il sistema monocito-macrofagico costituisce un insieme di cellule specializzate nell'attività
fagocitaria. Nel midollo troviamo i precursori, promonociti e monociti. Le mitosi si osservano fino allo
stadio di promonocito, sebbene le cellule passano dividersi anche allo stadio di macro fagotti in maturo.
Il macrofago elabora i fattori stimolanti, rilascia citochine, interleuchina 1 e fattori di crescita
trasformanti, che stimolano le cellule endoteliali e mesenchimali a produrre proteine.
PROMONOCITO = dimensioni grandi, abbondante citoplasma povero di lisosomi, grosso apparato di
Golgi. Intensa attività mitotica, ma scarsa capacità fagocitaria e pochi recettori per la porzione Fc
delle IgG.
MONOCITI MATURI = in circolo rimangono per tempi brevissimi e poi emigrano nel tessuto connettivo,
dove completano il loro ciclo vitale. I monociti del sangue sono cellule in transito dal midollo al tessuto
connettivo. I monociti si trasformano spesso e in macrofagi. Tale trasformazione è caratterizzata dalla
comparsa di una attività fagocitaria, dall'aumento del numero dei lisosomi, dei microtubuli e dei
microfilamenti, e dallo sviluppo di un voluminoso complesso di Golgi.
114

MACROFAGI = cellule voluminosi, molto grandi. La membrana ha estroflessioni lamellipodi. In macrofagi


tissutali esistono in diverse forme, come ad esempio della cellula epatica del Kupffer, la cellula gigante
del granuloma, le cellule epidermiche del Langerhans o le cellule della microglia del tessuto cerebrale.
Linfocitopoiesi
La produzione dei linfociti, cellule delle risposte unitaria, avviene a partire dall'elemento
staminale pluripotente orientato in senso linfoide. La maturazione dei linfociti B, effettori della
risposta immunitaria umorale, avviene nel midollo osseo; quella dei linfociti T, effettori della risposta
immunitaria cellulo-mediata, avviene nel timo.
- Il ciclo cellulare dei linfociti B e T presenta una comune successione di fasi: maturazione antigene-
indipendente, migrazione negli organi linfoidi periferici, contatto con l'antigene e innesto della risposta
effettrice. Gli organi linfoidi sono:
1. organi linfoidi primari o centrali = midollo osseo e il timo, qui maturano i linfociti;
2. organi linfoidi secondari o periferici = milza, linfonodi, tessuto lì infuori del diffuso, qui si
localizzano i linfociti immaturi.
MATURAZIONE ANTIGENE-INDIPENDENTE NEGLI ORGANI LINFOIDI PRIMARI = in questa fase
avviene la diversificazione dei linfociti immaturi in cloni, ognuno con uno specifico recettori di
membrana, Ig o TCR. L'assenza del contatto con antigeni estranei, non self, consente che si formerà
tutte le possibili combinazioni, impedendo una selezione dei linfociti. Vengono eliminati cloni che hanno
formato recettori capaci di reagire con le componenti dello stesso organismo, self, delezione clonale,
garantendo una certa tolleranza immunologica.
MIGRAZIONE NEGLI ORGANI LINFOIDI PERIFERICI = i linfociti B e T e di rilasciati in mia circolo
sanguigno e giungono agli organi linfoidi periferici.
CONTATTO CON L’ANTIGENE. PROLIFERAZIONE E INNESCO DELLA RISPOSTA EFFETTRICE =
quando i linfociti B e T vengono a contatto con l'antigene si instaura la risposta effettrice.
ONTOGENESI DEL LINFOCITO B = il linfocito B matura attraverso una serie di precursori: pro-B,
pre-B, linfociti B immaturi. Si assiste prima alla comparsa delle IgM nel citoplasma e poi alla loro
esposizione sulla superficie. Successivamente vengono prodotte ed esposte le IgD. Ogni linfocito B
esprime Ig di superficie con siti di legame per un unico antigene. I linfociti B maturi lasciano il midollo
osseo per raggiungere gli organi linfoidi periferici. Sei linfociti non vengono a contatto con l'antigene
molle non è il giro di pochi giorni... qualora incontrino l'antigene appropriata si instaura una sequenza di
20 che comportano alla loro trasformazione Isa plasmacellule, specializzate per la secrezione di
anticorpi, o la trasformazione in cellule della memoria a lunga vita. Gli stimoli antigenici che modulano la
risposta sono T-indipendenti e dipendenti. In quest'ultimo caso i linfociti B endocitano il complesso Ig-
antigene, lo digeriscono ed espongono di antigene sulla superficie in associazione con il complesso MHC
classe II. L'insieme è riconosciuto dai linfociti Th che inducono la proliferazione dei linfociti B.
ONTOGENESI DEL LINFOCITO T = si realizza il riarrangiamento dei segmenti genici, di modo che i
linfociti T riconoscano come estranei antigeni esterni, non self, ma no interni, self. In progenitori sono
rappresentati da pro-T e pre-T. I linfociti T, di completata la maturazione, lasciano il timo e fanno a
colonizzare gli organi linfoidi periferici, timo-dipendenti. Quando vengono a contatto con l'antigene, i
linfociti T sono stimolati alla risposta effettrice, che fare a seconda del tipo di linfocita: citolitica per
i Tc, stimolante per i Th.
Trombocitipoiesi
Le piastrine sono frammenti citoplasmatici, anucleati, originate dai megacariociti. Il processo di
maturazione è caratterizzata da una poliploidizzazione dei precursori. Una serie di divisioni nucleari,
non associate divisioni del citoplasma, conducono al megacariocito 64N.
- CFU-Mega è il precursore dei megacariociti. Il progenitori sono:
PROMEGACARIOBLASTO = nucleo non segmentato, con scarso citoplasma.
MEGACARIOBLASTO = cellula piuttosto grande, con nucleo bilobato e tetraploide, 4N. Si osservano un
reticolo endoplasmatico, dei stormi liberi, è l'apparato di Golgi.
PROMEGACARIOCITO = nucleo plurilobato con un contenuto cromosomico pari a 8N. Successivamente
cresce fino a raggiungere i 16N.
115

MEGACARIOCITO MATURO = cellula gigante provvista di molti pseudopodi. Il suo contenuto


cromosomico è pari a 64N. Il reticolo endoplasmatico occupa tutto il citoplasma, che risulta diviso in
piccole unità, espulse come piastrine.
L'intervallo di tempo per la maturazione è di circa dieci giorni. La produzione delle piastrine consiste
nella frammentazione del citoplasma in piccole unità delimitata da membrane. Le piastrine neo formate
vengono immerse nel lume vascolare, attraverso le aperture dei sinusoidi, deve si trovano i
megacariociti. La vita media delle piastrine di circa dieci giorni, dopo di che vengono distrutte dai
fagociti della milza e del polmone. La formazione delle piastrine è regolata dalla trombopoietina.
ARCHITETTURA DEGLI ORGANI EMOPOIETICI E LINFOIDI. TESSUTO MIELOIDE E
LINFOIDE
Il midollo osseo e il principale organo emopoietico, la cui attività inizia verso il V-sesto mese
della vita fetale e si continua nella vita porta-la pari. Viene anche designato con interni tessuto mieloide
e provvede alla produzione di eritrociti, granulociti, monociti, piastrine, linfociti B e T. Il midollo osseo
è contenuta nelle cavità delle ossa e, per il colorito rosso, dovuto alla presenza dei globuli rossi, è
denominato midollo rosso.
- Nel feto l'attività emopoietica più interessa la maggior parte delle ossa. Dopo i primi anni di vita si
assiste ad una progressiva trasformazione del midollo rosso in me midollo giallo, a causa dell'accumulo
di grasso. Ne consegue la perdita della funzione emopoietica. Nell'adulto e il midollo rosso è situato
nell'esterno, nelle ossa del cranio, nelle vertebre, nelle costole, nelle pelvi e nell’epifisi dell'omero e del
femore.
Il midollo è caratterizzato da una rete di fibre reticolari a maglie strette, e da una complessa rete di
vasi sanguigni. Le cellule sono: fibroblasti, cellule adipose, macrofagi e cellule endoteliali. Si possono
pertanto riconoscere un compartimento vascolare, uno di sostegno e uno emopoietico.
Il compartimento vascolare.
Il midollo rosso è riccamente vascolarizzato da una rete molto ramificata di vasi. Dall’arteria nutritizia
dell'osso originano i capillari che continuano in una serie di vene collegate a rete, sinusoidi o seni venosi.
L'emopoiesi si compie negli spazi extravascolari fra i sinusoidi. La parete dei seni venosi del midollo
osseo è formata da tre strati:
1. endotelio;
2. membrana basale;
3. strato avventiziale incompleto.
Le cellule endoteliali limitano e il lume vascolare formando un rivestimento completo. Sono larghe e
piatte convinzioni sovrapposte in grado di permettere una notevole espansione di volume. Il citoplasma
può presentarsi spiccatamente sottile. Queste aree costituiscono un sito di pasta al giorno per le
cellule che migrano nel circolo sanguigno. L’endotelio è capace di endocitosi. L’endotelio poggia su una
membrana basale discontinua, ricca di proteoglicani e fibre reticolari. Lo strato esterno, discontinuo, è
costituito da cellule avventiziali, o periciti. Queste cellule possieda attività fagocitaria e impediscono
che le cellule danneggiate passino in circolo. I seni venosi rappresentano una fede degli scambi fra
midollo circolo sanguigno.
Il compartimento di sostegno.
La superficie periluminale dei sinusoidi è costituito da cellule reticolari. Queste sintetizzano le fibre
reticolari che insieme a i processi citoplasmatici si inoltra fino al compartimento emopoietico formando
una rete di sostegno per le cellule emopoietica. I corpi cellulari e le fibre costituiscono la trama
reticolare del midollo.
Lo stroma cellulare è rinforzato da collagene, da proteine di adesione e da proteoglicani. Le fibre
reticolari, costituite da collagene III, costituiscono l'impalcatura strutturale dei compartimenti in cui
sono situate le cellule emopoietiche. La laminino e la fibronectina sono proteine che legano le cellule
emopoietica e al collagene ed ai fattori di crescita.
Il compartimento emopoietico.
Le cellule emopoietico sono aggregati in cordoni o cunei tra i seni venosi. Gli eritroblasto si trovano in
prossimità della superficie esterna dei sinusoidi, in strutture distinte, gli isolotti eritroblastici. Gli
116

isolotti sono formati da una macrofago centrale circondato da uno o più strati di eritroblasti, con gli
elementi immaturi all'interno. Il macrofago fagocita gli eritroblasto difettosi e i nuclei espulsi. I
granulociti maturano in profondità, lontano dai seni venosi.
Le cellule staminale in mieloide e le cellule progenitrici si concentrano nelle regioni sottocorticali dei
cordoni emopoietici. Linfociti e macrofagi si concentrano intorno alle arterie. Il midollo svolge un ruolo
emopoietico, ma ha anche il compito di distruggere il cellule ematiche invecchiate o danneggiate. Serve
come difesa immunologica e provvede alla produzione di monociti, macrofagi e linfociti B.

Il timo
- Il timo è un organo deputato alla maturazione dei linfociti T, responsabili dell'immunità cellulo-
mediata. Costituisce un organo linfoide primario o centrale. Il timo si sviluppa nell'ottava settimana,
derivando dalla terza e quarta tasca branchiale. A struttura a epiteliali, ma presto viene popolata da
elementi provenienti dal fegato e dal midollo osseo. Dopo la pubertà va incontro ad un processo di
atrofizzazione. Il timo è costituito da due lobi vicini, ciascuno avvolto da una capsula connettivale
fibrosa da cui si staccano setti che dividono l'organo in lobuli. Ogni lobulo è costituito da una zona
periferica e intensamente colorata, corticale, e da una porzione più chiara, midollare. La corticale è
formata da timociti di piccole e medie dimensioni, cellule epiteliali e macrofagi. La midollare forma la
parte centrale dell'organo e contiene timociti, cellule epiteliali e corpuscoli di Hassal. I macrofagi sono
collocati in prossimità della giunzione cortico-midollare. Le arterie che irrorano il timo si risolvono in un
ricco complesso di capillari a livello della giunzione cortico-midollare. I rami verso la corticale sono
rivestiti da un endotelio continuo e accompagnati da una manicotto di cellule epiteliali, una barriera
impermeabile agli agenti immunogeni, barriera emato-timica. I capillari della midollare sono rivestiti da
uno strato epiteliale fenestrato. La diffusione di antigeni alla corticale è impedita grazie alla presenza
dei macrofagi nella zona di confine. Nella corticale timica avviene la maturazione dei linfociti T in
cellule immunocompetenti. I linfociti acquisiscono i marcatori di superficie propri dei Th e Tc. La
maggior parte dei linfociti prodotti bene distrutta, perché reattiva contro di antigeni dell'organismo.
Una quota lascia la midollare ed entra nel circolo sanguigno. I linfociti T possono ricircolare tra sangue
e linfa, attraversando gli organi linfoidi secondari dove soggiornano. Lo sviluppo della milza, dei
linfonodi e delle zone il timo-dipendenti si deve al timo che continuamente li rifornisce di linfociti T.
La milza
- La milza è uno organo linfoide che svolge funzioni immunologiche e di filtro lungo la circolazione
sanguigna. È il risultato di due tessuti differenti: una tessuto linfoide, che le volte a formare la polpa
bianca, e una tessuto e emopoietico diffuso, che nell'uomo perde la sua funzione emopoietica ed è forte
nella polpa rossa. La milza è avvolta da una spessa capsula libro-muscolare dalla cui superficie interna si
originano introflessioni che penetrano nell'organo ramificandosi e suddividendolo in compartimenti
intercomunicanti. Gli spazi tra la capsula e le introflessioni sono occupati dal tessuto splenico o polpa
splenica, che è costituisce la porta rossa e la polpa bianca. Entrambi sono formate da due componenti:
tessuto collettivo reticolare, simile a quello degli organi e emopoiesi ci, e il cellule libere. Le zone che
separano la polpa rossa da quella bianca sono denominate zone marginali. Alle arterie, le vene, i vasi
linfatici ed i rami nervosi sono disposti lungo il sistema di introflessioni. Le ramificazioni delle arterie
trabecolari penetrano nella polpa bianca, dove sono circondate da un manicotto di trama reticolare
addensata di piccoli linfociti. In diversi tratti troviamo fuori con o accumuli di linfociti, detti corpuscoli
del Malpighi. All'uscita dal manicotto alle arterie si entrano nella polpa rossa. Alcuni dei capillari si
connettono a i seni venosi, altri perdano la parete e ripresentano intorno a punto terminale un guscio di
cellule macrofagiche, capillari col guscio. I seni venosi sono canali relativamente ampi comporti da un
endotelio e da una lamina basale. Questi canali confluiscono nelle vene della polpa. L’endotelio è formato
da lunghe cellule fusi informi, con nell'asse maggiore orientato parallelamente al latte longitudinale del
vaso, cellule a bacchetta. Questi elementi appaiono separati tra loro da ampie fessure, attraverso le
quali passano le cellule del sangue.
117

Il sangue che perviene alla milza viene incanalato in due vie di circolazione, chiusa o aperta. La
circolazione chiusa segue il percorso dei capillari e dei seni venosi, circa il 90% della circolazione; la
circolazione aperta interessa i capillari col guscio, circa il 10%. Il sangue si spande nei cordoni della
polpa rossa e rientra nel circolo attraversando la parete dei seni venosi.
La milza svolge diversi compiti:
- immunologici = polpa bianca = il passaggio attraverso la milza di di grandi quantità di sangue
rende l'organo sito primario nella sorveglianza degli antichi e trasportati dal sangue. L'organo
cattura di antigeni e li concentra nella polpa bianca dove l'interazione tra i linfociti T e B
produce anticorpi;
- circolatori = polpa rossa = la rete vascolare costituisce un esteso filtro selettivo nella
circolazione sistemica. Provvede a selezionare, alterare e distruggere i globuli rossi; trattiene e
modifica i reticolociti; conserva un pool di piastrine.
Grazie alla capacità di immagazzinare sangue, la milza rappresenta un meccanismo di regolazione del
volume ematico.
Polpa bianca.
La polpa bianca rappresenta la principale componente immunologica dell'organo ed è formata da tessuto
linfoide, disposto lungo le guaine e nei follicoli. Le cellule T sono concentrate nelle guaine linfatiche
periarteriose. I follicoli sono costituiti da linfociti B. La milza contiene il 25% dei linfociti T e il 15%
dei linfociti B. In seguito ad attivazione immunologica compaiono nella zona centrale dei follicoli, centri
germinativi che reclutano linfociti dalla zona periferica, detta zona del mantello. Queste cellule
proliferano e si differenziano. I linfociti B attraversano la guaina linfatica rimanendo a contatto con i
linfociti T, e creando una certa cooperazione.
Polpa rossa.
La polpa rossa è costituita da due componenti: i seni o sinusoidi venosi e i cordoni splenici, o lienali, o
cordoni di Billroth, la cui funzione è riempire gli spazi tra i seni. I cordoni compongono una rete 3D
simile ad una spugna. L'intreccio di fibre reticolari e di cellule reticolari forma l'impalcatura della polpa
rossa, continuandosi con quello della polpa bianca in corrispondenza della zona marginale. I cordoni
contengono sangue e cellule libere del tessuto connettivo, tra le quali macrofagi liberi e molte
plasmacellule. I cordoni costituiscono ampi spazi nei quali scorre il sangue.
I linfonodi
- I linfonodi sono formazioni costituite da ammassi di linfociti, plasmacellule e macrofagi, intercalate
nel circolo linfatico e distribuite in regioni corporee, quali ascelle, collo, addome, inguine. Ciascun
linfonodo è avvolto da una capsula connettivale, divisa da setti in spazi di forma irregolari, le logge
corticali, nella parte periferica, e i canali midollari, nella parte centrale.
Il reticolo, formato da fibre reticolari e cellule reticolari, forma una rete a maglie strette, all'interno
della quale sono contenuti linfociti, plasmacellule e macrofagi. Gli ammassi di linfociti formano i cordoni
midollari, nella parte centrale, e i follicoli linfatici primari, nella parte esterna della corticale. Nelle
porzioni al confine con la midollare è presente tessuto linfatico diffuso formato da linfociti T. La
capsula è attraversata da vasi linfatici che drenano la linfa dai tessuti regionali. Il linfonodo si svuota in
un vaso linfatico efferente, che emerge dall’ilo del linfonodo. I vasi afferenti ed efferenti sono in
comunicazione tra loro grazie a capillari dilatati e intercomunicanti, detti seni linfatici.
Le zone paracorticali sono aree T-dipendenti; i follicoli della corticale e i cordoni della midollare sono
aree B-dipendenti. Un gran numero di linfociti T circola tra il sangue e i linfonodi. Per questo i linfonodi
costituiscono un dispositivo di infiltrazione che impedisce la diffusione di infezioni e agenti infettivi.
118

CAP 16: IL TESSUTO NERVOSO E NEVROGLIA (1)


Tessuto nervoso
Costituito da: cellule dette neuroni, tessuto connettivo di sostegno, cellule di nevroglia
Dove: in tutto il corpo
Caratteristiche: irritabilità (capacità di reagire a stimoli esterni e interni trasformandoli in impulsi
nervosi) e conducibilità (capacità di trasmettere gli impulsi nervosi nelle varie parti del corpo
Suddivisibile in:
 Sistema nervoso cerebro-spinale: centrale o nevrasse: encefalo e midollo spinale
Periferico: nervi cranici e spinali e loro prolungamenti
 Sistema nervoso autonomo: simpatico
parasimpatico
Aree:
-sostanza grigia: occupa la parte periferica degli emisferi cerebrali e la parte interna del midollo
spinale. Contiene i pirenofori, i dendriti e il cono di emergenza degli assoni. I corpi cellulari sono
raggruppati in nuclei.
-sostanza bianca: occupa la parte interna degli emisferi cerebrali e la parte periferica del midollo
spinale. Contiene gli assoni ricoperti da guaina mielinica chiamati fibre nervose le quali tendono a
raccogliersi in fasci detti tratti.
Nel sistema nervoso periferico e autonomo i corpi cellulari tendono a raggrupparsi formando i gangli

Il neurone
-costituito da:
 Pirenoforo= corpo cellulare di varia grandezza e forma; può essere stellato, poligonale,
piramidale, piriforme o sferico e la sua grandezza dipende da quanto l’assone è lungo. Contiene il
nucleo e tutti gli organuli citoplasmatici presenti anche nei vari prolungamenti; i mitocondri sono
numerosi e sono presenti in tutta la cellula; il complesso di golgi è attorno al nucleo; i centrioli
sono solo il centro di organizzazione del microtubuli perché la cellula non si divide; zolle di Nissl
sono fortemente colorabili e sono costituiti da cisterne del reticolo endoplasmatico granulare; i
ribosomi sono numerosissimi e sono diffusi in tutta la cellula tranne che negli assoni; ricco di
neurofibrille e neurofilamenti.
 Dendriti= prolungamenti in genere multipli del corpo cellulare confinati nella regione del
pirenoforo; possono ramificarsi e spesso sono presenti sulla loro superficie delle spine
dendritiche le quali sono sede di contatti sinaptici di tipo eccitatorio. Le spine hanno un
citoscheletro molto elastico e hanno la capacità di modellarsi. La funzione dei dendriti è quella
di ricevere impulsi nervosi eccitatori o inibitori dalle terminazioni assoniche e trasmetterli
all’assone del neurone di cui fanno parte.
 Assone= prolungamento di varia lunghezza, di solito unico che origina da una protusione del
pirenoforo detta cono di emergenza. È privo di ribosomi, del reticolo endoplasmatico,
dell’apparato del Golgi, mentre contiene molti mitocondri. È avvolto in una membrana unitaria
detta assolemma che avvolge anche il pirenoforo. È più lungo dei dendriti, emette rami
collaterali che si staccano ad angolo retto a livello dei nodi di Ranvier e si ramifica poco prima
della sua terminazione. Le terminazioni su altri neuroni o su cellule effettrici presentano
rigonfiamenti detti bottoni terminali, mentre la zona in cui un assone viene in contatto con un
neurone o con una cellula effettrice attraverso cui viene trasmesso l’impulso nervoso è detta
sinapsi. Solitamente è la parte del neurone che trasmette l’impulso, ma ha anche la capacità di
riceverlo quando ad esempio alla cellula mancano i dendriti.
-classi:
 Neuroni del I tipo di Golgi = lungo assone che origina nella sostanza grigia e decorre nella
sostanza bianca e vanno a costituire i fasci del nevrasse.
119

 Neuroni del II tipo di Golgi = assone più breve che non entra nella sostanza bianca e non
partecipa alla formazione di un nervo ma si ramifica nella sostanza grigia.
-forma: possono essere classificati in base al numero di prolungamenti. I neuroni sono per la maggior
parte multipolari, ossia presentano molti dendriti e un solo assone; ci sono però anche gli unipolari che
presentano solo l’assone il quale è in grado di ricevere e trasmettere l’impulso nervoso, i bipolari che
hanno solo 1 assone e 1 dendrite e gli pseudopolari in cui assone e dendriti si uniscono prima di entrare
nel pirenoforo
-rivestimento: il pirenoforo e i dendriti sono circondati dalle cellule di nevroglia, che hanno funzioni
trofiche e di sostegno, da cellule satelliti che formano intorno ai corpi cellulari una capsula detta
gliale e da tessuto connettivo. L’assone del I tipo di Golgi è privo di rivestimento nella parte iniziale e
finale, mentre è circondato lungo il suo corso da cellule di Schwann (nevroglia) nel sistema nervoso
periferico, da cellule di oligodendroglia nel sistema nervoso centrale.

Trasporto assonico
L’assone è sostenuto in tutta la sua lunghezza da un citoscheletro ben sviluppato. I microtubuli assonici
sono tutti orientati con l’estremità + verso la terminazione nervosa e l’estremità – verso il pirenoforo; i
neurofilamenti sono dei filamenti intermedi legati ai microtubuli tramite delle sporgenze laterali; i
microfilamenti sono abbondantissimi sulla superficie interna della membrana.
Poiché l’assone dipende metabolicamente dal pirenoforo vi è un continuo movimento di sostanze dal
corpo cellulare alla terminazione assonica che avviene grazie all’impalcatura di sostegno appena
descritta. Lo spostamento delle molecole avviene con 2 velocità diverse: il trasporto di componenti
solubili è molto più lento rispetto al trasporto bidirezionale degli organelli citoplasmatici. Il trasporto
lento è responsabile del ricambio delle molecole del citoplasma e del citoscheletro dell’assone; il
trasporto veloce riguarda la vescicole derivate dal reticolo endoplasmatico e dall’apparato del Golgi ed
è correlato con i meccanismi di trasmissione sinaptica e di neurosecrezione. Il trasporto veloce avviene
come in tutti i tipi cellulari attraverso i microtubuli grazie a delle proteine motrici ( cinesina e dineina)
e ad un impiego di ATP.

Fibra nervosa
L’insieme dell’assone e dei suoi involucri costituisce la fibra nervosa. Gli assoni dei nervi cerebrospinali
e del sistema nervoso autonomo sono avvolti da cellule di Schwann, tipi di nevroglia. La maggior parte
degli assoni di maggior diametro sono ricoperti da un altro involucro interposto tra le cellule di
Schwann e l’assone detto guaina mielinica. Le fibre provviste di questo involucro sono dette mieliniche,
quelle che ne sono prive sono dette amieliniche. Nel sistema nervoso centrale le cellule di Schwann sono
sostituite da oligodendroglia. La guaina mielinica è formata da avvolgimenti concentrici della membrana
plasmatica delle cellule di Schwann o oligodendroglia attorno all’assone. Gli avvolgimenti appaiono chiari
e scuri, si ripetono in modo regolare e il colore dipende dall’accollamento delle facce esterne o interne
della membrana plasmatica. Man mano che la membrana plasmatica delle cellule si avvolge attorno
all’assone il citoplasma delle cellule di Schwann diventa sempre meno anche se un sottile strato rimane
formando lo strato adassonale di Schwann. La guaina mielinica appare interrotta ad intervalli irregolari
in certi punti detti nodi di Ranvier, mentre il tratto di fibra ricoperto dalla guaina è detto segmento
internodale. Il segmento internodale è rivestito da un’unica cellula di Schwann e la sua lunghezza
dipende dalla lunghezza dell’assone. A livello dei nodi di Ranvier l’assone non è completamente nudo ma
ricoperto da espansioni delle cellule adiacenti e dalla membrana basale. Altri punti di discontinuità sono
le incisure oblique di Schmidt-Lanterman in cui le lamelle della guaina si separano senza interrompersi.
Intorno alla guaina mielinica nelle fibre nervose periferiche vi è un rivestimento composto da 2 strati:
membrana basale (più interno costituito da glicoproteine), guaina reticolare di Key e Retzius. La guaina
reticolare è spessa nelle fibre sensitive e assente nel sistema nervoso centrale.
Nelle fibre del sistema nervoso centrale sono le cellule di oligodendroglia a rivestire gli assoni e un
singolo oligodendrocita può avvolgere più assoni. I nodi di Ranvier qui sono punti di assone
completamente nudo.
120

La guaina mielinica e le cellule di Schwann hanno la funzione di isolare l’assone dall’ambiente esterno e
di aumentare la velocità di conduzione dell’impulso tramite una conduzione saltatoria: più lungo è il
segmento internodale più veloce è la trasmissione. Le cellule di Schwann sono importanti anche per la
rigenerazione delle fibre del sistema nervoso periferico.
La mielinizzazione comincia durante la vita fetale e termina nella pubertà

I nervi
Le fibre nervose che fuoriescono dal nevrasse si associano parallelamente tra loro e con tessuto
connettivo per formare i nervi. La guaina di tessuto connettivo che avvolge il nervo è detta epinevrio, i
fascetti che costituiscono il nervo sono circondati da perinevrio e tra le singole fibre nervose troviamo
l’endonevrio. In questo tessuto connettivo troviamo capillari e piccoli vasi sanguigni che irrorano il
tessuto nervoso. Possiamo suddividerli in nervi bianchi e nervi grigi a seconda dell’abbondanza o della
scarsità di mielina presente in quel tipo di nervo. I nervi bianchi sono costituiti da fibre nervose di
grosso calibro e sono quindi costituiti da molta mielina ( es: nervi di moto); i nervi grigi sono costituiti
da fibre di piccolo calibro e la mielina è scarsa o quasi inesistente (es: nervi di sensibilità dolorifica e
gustativa). Vi sono fibre che possono anche essere costituite dai soli assoni in cui quindi la guaina
mielinica non c’è (es: nervi olfattivi).
Le fibre nervose e i tratti costituiti dai nervi del sistema nervoso centrale sono privi di perinevrio e
endonevrio e quindi le funzioni trofica e di sostegno sono effettuate dalle cellule di nevroglia.

Terminazioni nervose periferiche


Le fibre nervose che costituiscono i nervi del sistema nervoso cerebro-spinale e autonomo terminano
negli organi da esse innervati. Possono essere di 2 tipi: afferenti somatiche (dall’esterno ai centri
nervosi), afferenti viscerali (dai visceri ai centri nervosi); efferenti somatiche ( innervano muscoli
scheletrici), efferenti viscerali (innervano muscolatura liscia, cardiaca e ghiandole). Le fibre nervose
possono terminare liberamente tra le cellule del tessuto innervato o legarsi a recettori. Nelle fibre del
sistema nervoso autonomo la trasmissione dell’impulso dal neurone all’elemento innervato è mediata
dalla liberazione di acetilcolina o di noradrenalina, la cui liberazione può determinare reazioni opposte
nelle varie parti del corpo( contrazione dell’intestino, rilassamento del cuore). A seconda del tipo di
tessuto innervato si distinguono 3 categorie di terminazioni:
-terminazioni nervose nel muscolo =
 Muscoli scheletrici: terminazioni motrici, sensitive (terminano ramificando nel tessuto
connettivo del muscolo o del tendine e possono essere libere o legate a recettori) o miste (il
fuso neuromuscolare riceve sia fibre motrici che sensitive le cui terminazioni si rapportano a
segmenti diversi del fuso; le sensitive terminano nella parte centrale del fuso, le motrici sulle
estremità delle fibre intrafusali con placche motrici).
 Muscoli lisci e cardiaci = efferenti viscerali (fibre amieliniche del sistema nervoso autonomo
che si ramificano ripetutamente) afferenti viscerali (si ramificano nel tessuto connettivo
compreso tra le fibre muscolari)
-terminazioni nervose negli epiteli =
 Afferenti somatiche: portano al nevrasse stimoli di senso; si ramificano, perforano la membrana
basale e terminano liberamente nelle cellule
 Efferenti viscerali: in rapporto con cellule ghiandolari.
-terminazioni nervose nel tessuto connettivo = sono terminazioni afferenti somatiche e possono
terminare liberamente in tutto il tessuto connettivo oppure possono essere avvolte da speciali
differenziazioni connettivali con cui formano i corpuscoli terminali sensitivi. Queste ultime si trovano
nel connettivo lasso e la fibra nervosa perde la guaina mielinica prima di essere avvolta dalla guaina
connettivale, mentre quella reticolare rimane e si continua con quella connettiva. I recettori tattili sono
di 4 tipi suddivisi in base alla grandezza del campo recettivo: raffini, pacini, meissner e merkel.
121

Il sistema nervoso autonomo


Regola l’attività dei visceri, controllando la contrazione della muscolatura liscia viscerale e di quella
cardiaca e la secrezione ghiandolare. La sua attività è affidata a 2 neuroni posti in serie: neurone
pregangliare e neurone postgangliare. I due neuroni entrano in contatto sinaptico nei gangli del sistema
nervoso autonomo e l’assone del neurone postgangliare trasmette impulsi ai muscoli lisci o alle ghiandole.
Il sistema nervoso autonomo è formato da una componente simpatica (toraco-lombare) e da una
parasimpatica (cranio-sacrale).
 Sistema autonomo simpatico = i pirenofori dei pregangliari sono nella sostanza grigia del
midollo spinale e gli assoni entrano nei nervi spinali fino a raggiungere i neuroni postgangliari. I
pirenofori dei postgangliari sono nei gangli vertebrali che formano il tronco del simpatico. Le
fibre simpatiche sono accompagnate da fibre afferenti viscerali le quali danno informazioni
riguardo i visceri.
 Sistema autonomo parasimpatico = i neuroni pregangliari sono in uno dei 4 nuclei del tronco
dell’encefalo e nella sostanza grigia del midollo spinale sacrale e i loro assoni raggiungono i
postgangliari tramite nervi cranici e spinali. I postgangliari sono vicini o inseriti nella parete
degli organi innervati.
Gli organi ricevono innervazione da tutti e due i sistemi.
Le sinapsi tra i neuroni postgangliari e le cellule della muscolatura liscia e ghiandolari sono definite en
passant. Le fibre pre gangliari e postgangliari parasimpatiche sono colinergiche (producono acetilcolina
come neurotrasmettitore), quelle postgangliari simpatiche sono adrenergiche ( producono
norepinefrina) . Queste contengono vescicole diverse per le terminazioni simpatiche e parasimpatiche.
Le vescicole non sono stipate in una zona attiva ma sono sparse in tutto io citoplasma, la densità
sinaptica non c’è e la distanza tra i due neuroni è più ampia.

La sinapsi
La sinapsi è la zona di contatto tra 2 neuroni attraverso la quale viene trasferito l’impulso nervoso. Non
tutti i punti di contatto tra 2 neuroni sono sinapsi.
Le sinapsi possono essere classificate a seconda della parte della cellula con cui un neurone è in
contatto:
- sinapsi asso-somatica = tra assone e pirenoforo
- sinapsi asso-dendritica = tra assone e dendriti
- sinapsi asso-assonica = tra 2 assoni
- sinapsi dendro-dendritica = tra 2 dendriti
La sinapsi permette la trasmissione dell’impulso nervoso solo in una sola direzione poiché polarizzata:
dall’assone al corpo cellulare o ai dendriti. In base alla trasmissione e alla ricezione dell’impulso si
distinguono neuroni pre-sinaptici e neuroni post-sinaptici.
A livello delle sinapsi non c’è continuità citoplasmatica tra i 2 neuroni ma c’è una fessura sinaptica
costituita da materiale glicoproteico di aspetto filamentoso. L’assone in prossimità della sinapsi
presenta un rigonfiamento detto bottone sinaptico il quale contiene le vescicole sinaptiche e molti
mitocondri, mentre è privo di microtubuli; nella porzione post sinaptica invece le vescicole sono assenti
e sono presenti molti microtubuli e microfilamenti per il riconoscimento del bottone.
Sul versante citoplasmatico dei 2 neuroni sono presenti ispessimenti detti densità pre e post
sinaptica. La densità pre-sinaptica presenta filamenti di spectrina che organizzano le vescicole e altri
filamenti che servono ad aderire all’altro neurone. La densità post-sinaptica può essere di 2 tipi:
eccitatoria o inibitoria; è costituita da proteine legate ai recettori in grado di modulare l’intensità della
risposta all’impulso nervoso.
Le vescicole sinaptiche contengono sostanze chimiche dette neurotrasmettitori, la cui liberazione
determina la trasmissione dell’impulso nervoso. I neurotrasmettitori sono per la maggior parte
amminoacidi. Neurotrasmettitori più comuni: acetilcolina, noradrenalina.
122

Esistono altre molecole di segnalazione dette neuropeptidi che sono racchiuse in vescicole diverse dalle
altre e rilasciate insieme a quelle dei neurotrasmettitori al di fuori della zona sinaptica. Hanno effetti
di lunga durata e sono presenti anche nell’epitelio intestinale. L’ipotalamo poi elabora il neurosecreto
costituito da 2 ormoni: vasopressina e ossitocina.

La conduzione dell’impulso nervoso


In base alle vie di trasmissione del segnale possiamo suddividere le fibre nervose in 2 classi: sensitive o
afferenti (dalla periferia al nevrasse); motrici o efferenti ( dal nevrasse alla periferia).
La membrana plasmatica del neurone è polarizzata: ha l’interno caricato negativamente rispetto al lato
esterno. Nel neurone non stimolato la differenza di potenziale è definita potenziale a riposo. Il
potenziale è generato dalla presenza di anioni proteici non diffusibili all’interno della cellula e da un
meccanismo di trasporto attivo (pompe ioniche) che mantiene una maggiore concentrazione di ioni
potassio e una minore concentrazione di ioni sodio e cloro all’interno della cellula. Quando un neurone
viene eccitato la membrana si depolarizza nel punto in cui viene stimolato. I canali voltaggio dipendenti
per il sodio si aprono e il sodio passa all’interno della cellula fino a che vi è un’inversione di potenziale.
Dopodichè la membrana ritorna a essere impermeabile al sodio ma diviene permeabile al potassio che
fuoriesce dalla cellula polarizzando la fibra nervosa. Vi è quindi una depolarizzazione seguita da una
rapida polarizzazione (potenziale d’azione). In dettaglio:
nella zona di stimolazione la polarizzazione della membrana viene invertita; ciò provoca una
depolarizzazione delle zone vicine fino a che questa non arriva ad un certo valore soglia in cui vengono
aperti i canali per il sodio che depolarizza ulteriormente la membrana. Il potenziale d’azione si sposta e
si forma un’onda di depolarizzazione. Intanto i tratti di assone a monte dell’onda ritornano alle
condizioni iniziali a causa delle pompe ioniche sodio/potassio. Il trasporto attivo di questi ioni avviene
grazie all’idrolisi di ATP. Ogni stimolo sufficientemente intenso da raggiungere la soglia di stimolazione
suscita la massima risposta di cui la fibra è capace. La velocità di conduzione dipende dal calibro della
fibra e dalla presenza o meno della guaina mielinica. Nelle fibre mieliniche la velocità è maggiore e il
potenziale d’azione salta da un nodo di Ranvier all’altro perché i canali voltaggio dipendenti per il sodio
sono esclusivamente concentrati ai nodi. Così la richiesta di energia per rigenerare il potenziale di
riposo mediante pompe ioniche è molto ridotta.
Una volta che il potenziale di azione raggiunge la terminazione assonica vi è la fusione di un certo
numero di vescicole sinaptiche con la membrana presinaptica e la conseguente esocitosi del
neurotrasmettitore nella fessura sinaptica. Le vescicole presenti nel bottone sinaptico possono essere
agganciate alla membrana pronte per essere esocitate oppure possono essere di riserva stipate nella
zona attiva. Tutte queste vescicole sono tenute assieme dalla sinapsina. L’esocitosi avviene grazie ai
canali calcio-dipendenti: la depolarizzazione della membrana apre i canali per il calcio che secondo
gradiente entrano nel bottone sinaptico. Gli ioni calcio inducono la fosforilazione della sinapsina
consentendo alle vescicole di sganciarsi e si legano alla membrana vescicolare inducendo l’esocitosi. Il
neurotrasmettitore si lega a recettori specifici situati sulla membrana postsinaptica e provoca
l’apertura dei canali e un cambiamento di potenziale della membrana postsinaptica. L’eccitamento della
membrana postsinaptica è provocato dalla simultanea stimolazione da parte di molti bottoni in modo
tale che il valore-soglia possa essere raggiunto. I recettori sono di 2 tipi:
- sono canali ionici: danno una risposta molto veloce. Il neurotrasmettitore una volta legato provoca
un immediato cambiamento conformazionale che provoca l’apertura del canale al flusso ionico e
quindi il potenziale della membrana cambia.
- Sono accoppiati a proteine G: danno una risposta più lenta. L’interazione del recettore con il
neurotrasmettitore provoca un cambiamento conformazionale della proteina G che, o si lega
direttamente a canali ionici o a secondi messaggeri
Uno stesso neurotrasmettitore può provocare risposte diverse a seconda del recettore a cui si lega.
Una volta che il neurotrasmettitore viene esocitato viene eliminato grazie a 3 meccanismi: può
123

diffondere nello spazio circostante, può venire ripreso dal neurone ed essere riutilizzato, può venire
idrolizzato.
Il neurotrasmettitore può indurre non solo un eccitamento ma anche un’inibizione. Il
neurotrasmettitore delle sinapsi inibitorie si lega al recettore provocando l’apertura di canali ionici che
favoriscono il flusso di ioni cloro dall’esterno all’interno o di ioni potassio dall’interno all’esterno.
Questo fenomeno determina una iperpolarizzazione che contrasta la depolarizzazione delle sinapsi
eccitatorie.
In alcune regioni del sistema nervoso centrale sono state trovate sinapsi elettriche: l’onda di
depolarizzazione è continua tra neurone pre e post sinaptico e non c’è bisogno di un trasmettitore
chimico.

Nevroglia
Cellule non nervose più numerose dei neuroni.
Nel sistema nervoso centrale formano una fitta rete di sostegno e hanno funzioni trofica, di
riparazione del sistema nervoso e isolano i neuroni. Sono inoltre responsabili della formazione della
guaina mielinica nelle fibre nervose periferiche e centrali. 6 tipi di nevroglia di cui 5 di origine
ectodermica: ependimociti, astrociti, oligodendrocita, cellule satelliti, cellule di Schwann e microglia
che ha origine mesodermica. Le cellule di nevroglia e quelle nervose hanno la stessa origine ma poi
prendono strade diverse.
- Ependimociti = l’ependima riveste le cavità del cervello e del midollo spinale e sono probabilmente
le cellule staminali del tessuto nervoso dell’adulto.
- Astrociti = nel sistema nervoso centrale. Sono i più numerosi. Si dividono in: fibrosi (corpo
cellulare piccolo, numerosi prolungamenti, presenza di strutture fibrillari. Si trovano
prevalentemente nella sostanza bianca); protoplasmatici (corpo cellulare più grande e citoplasma
granuloso. Si trovano prevalentemente nella sostanza grigia). Gli astrociti sono collegati tra loro
da giunzioni gap. Intervengono nella trasmissione dell’impulso nervoso regolando la concentrazione
del potassio e rimuovono neurotrasmettitori. Hanno funzioni trofiche verso i neuroni.
Probabilmente formano una barriera emato-cefalica che favorisce la penetrazione nel neurone di
alcune sostanze e ne blocca altre. Svolgono una funzione importante nello sviluppo e nella
organizzazione del sistema nervoso centrale e nella sinaptogenesi.
- Oligodendrociti = piccole cellule ricche di microtubuli. Si trovano nel sistema nervoso centrale
attorno ai neuroni e più specificatamente intorno agli assoni. Infatti si ritiene che la guaina
mielinica dei neuroni del sistema nervoso centrale sia dovuta non alle cellule di Schwann ma a
queste cellule ognuna delle quali può ricoprire più assoni.
- Microglia = derivano dal mesoderma e compaiono nel SNC verso la fine della vita fetale.
Possiedono pochi prolungamenti e sono ricoperti di numerose spine. Aumentano il loro numero
durante lesioni, emorragie, tumori poiché fagocitano rapidamente frammenti cellulari delle aree
lese.

Degenerazione e rigenerazione dei neuroni


I neuroni una volta formati perdono la capacità di dividersi. Se infatti viene lesionato il pirenoforo di un
neurone la riparazione non può avvenire. Può avvenire invece la riparazione di assoni i quali possono
essere rigenerati grazie al trasporto assonico lento e l’assone leso viene rimosso dai macrofagi. Dopo la
lesione rimangono solo le cellule di Schwann le quali hanno una funzione fondamentale nel guidare il
nuovo tratto di assone. La lesione però può intaccare anche il pirenoforo il quale degenera e muore.
124

CAP 16: TESSUTO NERVOSO E NEUROGLIA (2)


GENERALITÀ.
Il tessuto nervoso è costituito da:
 cellule = neuroni;
 tessuto connettivo;
 vasi;
 cellule di nevroglia, o nevroglia o glia.

E' un tessuto diffuso in tutto l'organismo, che collega le diverse parti dell'organismo tra loro e con la
periferia.

Il sistema nervoso può essere diviso in:


 SNCe-Sp = sistema nervoso cerebro-spinale = è diviso in:
 SNC = sistema nervoso centrale, o nevrasse = composto da:
 encefalo;
 midollo spinale;
 SNP = sistema nervoso periferico = composto da:
 nervi cranici e ramificazioni. I nervi cranici originano con una singola
radice da zone dell'encefalo e possono essere di tre tipi:
 sensitivi;
 motori;
 misti;
 nervi spinali e ramificazioni. I nervi spinali, ad eccezione del primo, che
manca della radice posteriore, sono connessi al midollo da due radici =
 posteriore o dorsale = formata da fibre sensitive, che
conducono gli impulsi nervosi dalla periferia al nevrasse =
fibre afferenti;
 anteriore o ventrale = costituita fa fibre motrici, che
trasmettono gli impulsi di moto dal nevrasse alla periferia.
Subito dopo essere emerse dal canale vertebrale le due radici si fondono
per formare il tronco del nervo spinale. Ecco perchè i nervi spinali sono
nervi misti. La radice dorsale presenta una formazione, il ganglio spinale,
che contiene i corpi cellulari dei neuroni di senso. I pirenofori dei nervi
motori sono situati nelle colonne grigie anteriori del midollo.
 SNA = sistema nervoso autonomo = controlla la contrazione dei visceri ed è diviso in:
 SNS = sistema nervoso simpatico o ortosimpatico;
 SNPa = sistema nervoso parasimpatico.

Vie afferenti = sono vie sensitive e portano le informazioni dalla periferia agli organi assiali e
sovrassiali;
Vie efferenti = sono vie motorie e portano le informazioni dagli organi assiali e sovrassiali alla
periferia.
I pirenofori e gli assoni si aggregano in zone diverse del SNC formando aree diverse:
 sostanza grigia = occupa la parte periferica degli emisferi cerebrali e quella centrale del
midollo spinale, forma ad H. Contiene i pirenofori, i dendriti e il cono d'emergenza degli assoni.
I corpi cellulari, nel SNC, sono raggruppati in nuclei, immersi nella sostanza bianca = nuclei
encefalici;
 sostanza bianca = occupa la parte interna degli emisferi cerebrali e la parte esterna del
midollo spinale. Contiene gli assoni ricoperti da guaina mielinica, fibre nervose, che si raccolgono
in fasci detti tratti. La guaina mielinica è composta da due tipi cellulari a seconda che ci si trovi
nel:
125

 SNP = cellule di Schwann;


 SNC = oligodendrociti.
Nel SNP e nel SNA i corpi cellulari si raggruppano formando gangli.

NEURONE: caratteristiche generali.


I neuroni sono colorabili con quattro tipi di metodi:
 colorazione di Nissl = con coloranti basici; evidenzia la disposizione dei pirenofori nell'encefalo
e nel M.S.;
 metodo di Golgi = impregnazione con nitrato d'argento;
 metodo di Weigert = colora le guaine mieliniche;
 metodo di Cajal = impregnazione con nitrato d'argento.

I neuroni presentano due caratteristiche particolari:


 irritabilità = capacità di reagire agli stimoli esterni ed interni trasformandoli in impulsi nervosi;
 conducibilità = capacità di trasmettere gli impulsi nervosi alle varie parti del corpo;
 polarizzazione funzionale.
L’impulso nervoso è un fenomeno bioelettrico di membrana che si realizza tramite una variazione di
potenziale tra l’ambiente extra-intramembrana, da –72 mV a +30 mV (eccitabilità). Tale variazione si
determina e seguito allo spostamento di elettroliti, principalmente Na+ e K+, dall'ambiente
intracellulare a quello extracellulare e viceversa. L'impulso nervoso si propaga ad alta velocità, da 0.5 a
130 m al secondo e si propaga in direzioni e preferenziali (conducibilità e polarizzazione).

La caratteristica che differenzia il neurone dalle altre cellule eccitabili è la soglia di eccitabilità
estremamente bassa.

Le cellule nervose sono indipendenti l'una dall'altra, ma connesse tra loro mediante zone di contatto
dette sinapsi. Esistono contatti anche tra neuroni e cellule non nervose = giunzioni citoneurali.
È importante ricordare che i rapporti tra i neuroni sono rapporti di contiguità e non di continuità, in
quanto tra queste cellule c'è una stretta contiguità, ma non una continuità citoplasmatica.

Il neurone è l'unità morfo-funzionale del tessuto nervoso. Può assumere forme diverse ma risulta
sempre costituito da:
 corpo centrale o pirenoforo o soma = contiene il citoplasma, pericarion, e il nucleo;
 prolungamenti:
 dendriti = ricevono e trasformano in impulsi nervosi gli stimoli provenienti dall'ambiente
esterno o interno, altri neuroni. Sono molti più dell'assone e molto più corti. Contengono
tutte le strutture e gli organelli dell'assone, eccetto l'app. di Golgi. Possono essere
considerati come una estensione della somma. Costituiscono il collo ricettivo del corpo
neuronale;
 assone o neurite o cilindrasse = conduce gli impulsi distalmente al corpo cellulare. Il
citoplasma contenuto dell'assone è detto assoplasma. Si origina da un punto preciso del
corpo del neurone, detto cono di emergenza, ma può anche originarsi da un dendrite.

Mediante questi prolungamenti i neuroni sono collegati tra loro.

I neuroni hanno dimensioni molto variabili, da un diametro di 4 μm, i granuli del cervelletto, ad uno di
135 μm, i grassi neuroni motori delle corna anteriori del midollo spinale. I neuroni perdono
precocemente la capacità di dividersi, ma aumentano il loro volume in modo proporzionale alla grandezza
del corpo che devono innervare.
126

Il neurone è l'unità morfo-funzionale del tessuto nervoso ed è costituito da:


 pirenoforo = corpo cellulare di varia grandezza e forma, stellato, poligonale, piramidale,
piriforme o sferico. La sua grandezza dipende da quanto è lungo l'assone. Contiene il nucleo e
tutti gli organuli citoplasmatici. In più troviamo in particolari formazioni: la sostanza cromofila,
o zone di Nissl, o sostanza tiroide e le neurofibrille. Nel soma si distinguono:
 membrana cellulare = aspetto trilaminare con uno spessore di 7-8 nm;
 nucleo = forma sferica e notevoli dimensioni. Solitamente presenta un solo nucleolo in
posizione centrale. Alcune cellule, come i neuroni del Purkinje, possono essere
tetraploidi. La cromatina è dispersa in aree precise, dette zone di Nissl, più
abbondanti nei neuroni voluminosi, come i motoneuroni, che in quelli più piccoli. La
sostanza cromofila è costituita dal RER, costituito da file di cisterne appiattite
parallele, sulla cui superficie troviamo ribosomi;
 REL = abbondante, si estende nei dendriti e nell’assone;
 mitocondri = numerosi e sparsi in tutta la cellula. Hanno dimensioni minori rispetto a
quelli presenti nelle cellule non nervose (0.1-1 μm). Le creste possono avere
orientamento longitudinale;
 app. di golgi = attorno al nucleo. È molto sviluppato ed è costituito da api e le dice
severo appiattite;
 lisosomi;
 centrioli = centro di organizzazione dei microtubuli, ma non coinvolti in altro, perchè la
cellula non si divide;
 ribosomi = molto diffusi e numerosi;
In tutto il pirenoforo troviamo numerosi filamenti, le neurofibrille, aggregati di neurofilamenti,
del diametro di 10 nm. Inoltre troviamo anche microtubuli, che presentano una estremità +,
diretta verso la periferia, e una -, diretta verso il pirenoforo. una terza categoria è
rappresentata dai microfilamenti,che formano una rete sotto la membrana plasmatica.

Le cellule nervose contengono anche inclusioni citoplasmatiche, come i granuli di pigmento, o le


gocce lipidiche. Nell’adulto troviamo quantità apprezzabili di glicogeno. Negli individui anziani si
possono osservare granuli di lipofuscina, residui della normale attività lisosomiale, alle volte
incompleta per alcuni organuli. Troviamo anche melanina.

 prolungamenti =
1. dendriti = prolungamenti del corpo cellulare, piuttosto numerosi. Caratteristiche:
 hanno un calibro maggiore appena staccati dal pirenoforo, che poi va
diminuendo;
 si dividono in rami con un angolo inferiore ai 90°;
 sono relativamente corti e numerosi;
 la loro lunghezza non raggiunge i 700 μm;
 non hanno particolari rivestimenti;
 hanno una superficie con spine, sollevamenti ovoidali del plasmalemma. Tali
espansioni, della lunghezza tra 1-5 μm, rappresentano zone di contatto sinaptico
con altre cellule nervose = apparato della spina;
 presentano zone di Nissl;
 presentano numerosi bottoni sinaptici, con i quali fanno sinapsi con altre cellule,
nervose e non;
2. assone o neurite = conduce gli impulsi ad una distanza variabile dal corpo neuronale.
Presenta alcune caratteristiche:
 lungo, 20 μm-1m (nervo ischiatico), ed unico;
 ha un diametro circa costante, compreso tra 0.1-20 μm;
 sono spesso ramificati e presentano due rivestimenti, il neurilemma e la guaina mielinica;
127

 termina con dei bottoni sinaptici;


 si ramifica ad angolo retto;
 ha una superficie omogenea;
 non presenta zone di Nissl.
Solitamente origina dal pirenoforo, ma se ne possono trovare che originano dal dendrite.
Gli impulsi nervosi vengono trasmessi in direzione cellulifuga e, a livello delle
terminazioni, sono trasmessi ad altri neuroni, o cellule.
L’assone presenta una membrana, assolemma, e un citoplasma, assoplasma.
Nell’assoplasma sono presenti molti filamenti. Il rapporto neurofilamenti/microtubuli
varia con la lunghezza, per cui i microtubuli sono prediletti, con l’età, prevalgono i
neurofilamenti. Troviamo anche microfilamenti di actina. È assente il RER, ma troviamo
REL, e rari ribosomi liberi nel tratto iniziale dell’assone. I mitocondri, invece, aumentano
in prossimità della zona presinaptica, perché qui aumenta l’attività energetica.
L’assone origina da un cono di emergenza, dove non troviamo una zone cromofile. Il primo
tratto dell’assone, compreso tra il pirenoforo e l’inizio del rivestimento mielinico è
definito segmento iniziale e presenta una zona di eccitabilità ancora più bassa del
normale.

FLUSSO ASSONICO.
L’assone, a causa della sua sottile struttura, necessita di un citoscheletro. Questo è costituito da:
 neurofilamenti = compito meccanico o di sostegno;
 microtubuli = funzione di trasporto.
Le sostanze trasportate sono quelle che vengono utilizzate alla terminazione, ma anche scarti e virus,
che però non si dirigono in periferia, ma verso il pirenoforo. Questo traffico bidirezionale rende
necessaria una precisa organizzazione. Lungo tutto l’assone si assiste ad un traffico vescicolare, il
flusso assonico, diviso in due linee:
 flusso assonico lento = si attua secondo due velocità, a seconda del materiale trasportato:
1. componente più lenta = si muove di 1 mm al giorno e riguarda le subunità di
microtubuli e neurofilamenti, proteine, ecc…;
2. componente più rapida = si muove di 5 mm al giorno e riguarda enzimi e componenti
citosolici;
 flusso assonico rapido = il materiale trasportato viaggia circa 50-400 mm al giorno. Trasporta
granuli citoplasmatiche vescicole contenenti trasmettitori chimici. Queste sostanze sono
trasportate mediante due flussi:
1. flusso anterogrado = verso la terminazione nervosa;
2. flusso retrogrado = verso il pirenoforo. Mediante questo flusso si trasportano
vescicole rivestite, coatomeri, e organuli da riciclare.

Le proteine sulle quali vengono trasportate le vescicole sono la dineina e la chinesina. La chinesina si
muove verso l’estremità + del microtubulo. Presenta due catene pesanti, avvolte a elica, e due di minori
dimensioni. Le catene pesanti presentano una testa ATP-asica e una coda, alla quale si attaccano i
materiali da trasportare. La dineina, invece, si muove verso l’estremità – del microtubulo. Presenta due
catene pesanti, che presentano due teste ATP-asiche e all’altra estremità domini per il materiale.

CLASSIFICAZIONE DEI NEURONI.


I neuroni si classificano in base a diverse caratteristiche:
 numero di prolungamenti =
1. neuroni unipolari = sono provvisti di un solo prolungamento. Nell’adulto si trovano solo
nella mucosa olfattiva e nella retina, coni e bastoncelli;
2. neuroni pseudounipolari = si trovano nei gangli spinali ed encefalici. i due prolungamenti
si uniscono durante lo sviluppo fino a costituire un unico prolungamento, che ad una
128

certa distanza del pirenoforo si divide a T o V, in due rami, uno diretto alla periferia,
funzionalmente associabili a dendriti, uno al nevrasse. Entrambi i prolungamenti
presentano guaina mielinica;
3. neuroni bipolari = presentano un assone e un dendrite, che fuoriescono dai poli opposti
del neurone;
4. neuroni multipolari = pirenoforo con forma variabile, molte dendriti e un solo assone.
Un neurone particolare sono le cellule del Purkinje, che presentano pochi dendriti,
molto ramificati, che formano una specie di spalliera. Il corpo presenta forma a
fiaschetta;
 lunghezza dell’assone =
1. I° tipo di Golgi = assone molto lungo che esce dalla sostanza grigia e penetra in quella
bianca. Vi troviamo i neuroni delle corna anteriori del midollo spinale, i nuclei motori
del tronco encefalico, le cellule del gangli spinali, le cellule piramidali della corteccia
telencefalica e le cellule di Purkinje;
2. II° tipo di golgi = assone corte che non esce dalla sostanza grigia. Si trovano nella
corteccia encefalica telencefalica, nella corteccia cerebellare, nella retina e nel M.S.;
 funzioni dei neuroni =
1. neuroni sensitivi = portano lo stimolo dalla periferia al nevrasse;
2. neuroni motori = conducono gli stimoli dal nevrasse alla periferia;
3. neuroni misti = intercalati tra i neuroni precedenti.

FIBRE NERVOSE.
L’insieme dell’assone e delle guaine che lo avvolgono è detto fibra nervosa. Le guaine degli assoni sono
composte da due tipi particolari di cellule gliali, che variano a seconda che rivestano fibre del SNC o del
SNP. nel SNC troviamo gli oligodendrociti, mentre nel SNP le cellule di Schwann. Queste cellule si
avvolgono più volte attorno all’assone, a costituire la guaina mielinica. A seconda della presenza o
dell’assenza sui neuroni di queste guaine avremo:
 fibre mieliniche = hanno una guaina mielinica di spessore variabile;
 fibre amieliniche = non hanno la guaina mielinica.

NEURILEMMA.
Nel SNP le cellule di Schwann costituiscono, insieme alla loro lamina basale, la guaina di Schwann o
neurilemma, situata esternamente alle fibre mieliniche. Le cellule si Schwann sono le principali cellule
non eccitabili del tessuto nervoso periferico. Queste si dispongono attorno all’assone, allineate le une
alle altre, in modo discontinuo. I segmenti rivestiti sono detti internodi o segmenti internodali, mentre
i tratti di assone non mielinizzato sono detti nodi di Ranvier.
Le fibre mieliniche sono avvolte in più giri da una sola cellula di Schwann, mentre nelle fibre amieliniche
più assoni sono avvolti da una sola cellula, in modo non così stretto.

GUAINA MIELINICA.
La mielina è un buon isolante elettrico, che accelera la velocità di conduzione degli impulsi. Le fibre
nervoso non sono totalmente rivestite di mielina. In alcuni punti, nodi di Ranvier, la guaina non è
presente. Questi nodi hanno la funzione di accelerare la condizione nervosa. Ad ogni segmenti
internodale, lungo tra i 200-1000 μm, corrisponde una singola cellule di Schwann.
Nel SNP la guaina mielinica presenta delle fessure denominate incisure di Schimdt-Lantermann.
Queste non sono altro che delle aree della guaina mielinica in cui il citoplasma di interpone tra le
lamelle. Queste ncisre permettono al citoplasma della guaina di comunicare.
La guaina è composta da lamelle lipo-proteinche, nelle quali la concentrazione di lipidi raggiunge il 70%.
Questo permette di avere una ottima funzione isolante. La minor presenza di proteine e il fatto che non
ve ne siano che permettono il passaggio di ioni la rende ancora più impermeabile.
129

Nella guaina troviamo due tipi di proteine:


 proteina basica = solubile in soluzioni acide. È localizzata nelle linee scure;
 proteina proteolipidica = solubile in solventi organici. È localizzata nelle linee chiare.

La guaina presenta bande chiare e scure, secondo un modello che si ripete ogni 12-18 nm, che
costituisce il periodo. La linea scura è chiamata linea densa maggiore delimita ogni periodo e presenta
uno spessore di circa 3 nm. Tra due linee dense si trova una linea chiara dello spessore di circa 10 nm.
Quest’ultima è divisa in due da una linea intermedia di spessore inferiore, detta linea intraperiodo.

Formazione della guaina.


Inizialmente la cellula di Schwann si avvolge all’assone e le sue estremità vengono a contatto, formando
il mesassone esterno. Questo si allunga e dà luogo ad una spirale, le cui estremità prossime all’assone
formano il mesassone interno. Dove le superfici citoplasmatiche entrano in contatto si forma la linea
densa maggiore. La linea intraperiodo si forma per apposizione delle superfici esterne delle cellule di
Schwann.

Nodi di Ranvier.
Sono restringimenti periodici delle fibre mieliniche. Qui la guaina si interrompe. A ciascun lato del nodo
la membrana si rigonfia in due bulbi paranodali. Nella zona del bulbo guaina e bulbo presentano creste e
depressioni. In queste zone la guaina mielinica non è più parallela all’assone, ma forma una cupola. Qui le
linee dense si aprono, dividendosi in due membrane che delimitano un rigonfiamento all’interno del quale
troviamo il citoplasma delle cellule di Schwann. In corrispondenza dei nodi il citoplasma delle cellule di
Schwann forma un collare circolare ricco di mitocondri. I nodi non sono totalmente nudi, ma sono
rivestiti da delle interdigitazioni delle cellule di Schwann.

CLASSIFICAZIONE DELLE FIBRE.


Un assone che non presenta guaina è definito assone nudo.
Le fibre possono essere:
 fibre nervose mieliniche =
1. fibre del SNP = nervi encefalici e spinali. La mielina è formata da cellule di Schwann;
2. fibre del SNC = sostanza bianca e radice dei nervi periferici. La guaina è formata dagli
oligodendrociti. Queste cellule avvolgono più di un assone, 40-50. Nel SNC non troviamo
del connettivo ad avvolgere i fasci, ma cellule della neuroglia;
 fibre nervose amieliniche =
1. fibre nel SNP = sono circondate solo dal citoplasma della cellula di Schwann, che può
avvolgere anche diversi assoni. I nodi non sono presenti e le cellule di Schwann formano
un rivestimento continuo lungo tutto l’assone. Sono fibre pallido e grigie, perché non
essendo rivestite di mielina, non ne assumono il tipico colore traslucido. Compongono i
nervi olfattivi e i rami nervosi del sistema simpatico, le cui fibre sono denominate fibre
di Remak. Sul loro percorso presentano numerosi rigonfiamenti. Decorrono in fasci
paralleli, alle cui terminazioni si scompongono in fibre sottili, perdono il neurilemma e
formano i plessi;
2. fibre nel SNC = sono fibre che mancano della guaina di Schwann, sono perciò nudi.

Le fibre si possono classificare anche in base al diametro. Esiste una relazione diretta tra:
 diametro della fibra e velocità di propagazione dell’impulso;
 diametro della fibra e numero di guaine mieliniche.

Le fibre del SNP si possono divedere in tre gruppi:


1. fibre di tipo A = sono le più voluminose ed hanno un diametro di circa 22 μ. Sono le fibre
somatiche dei nervi motori e sensitivi;
130

2. fibre di tipo B = sono piuttosto piccole, diametro di circa 3 μm. Sono le fibre dei nervi simpatici;
3. fibre tipo C = sono le più piccole diametro di circa 0.3-1.5 μm. Nel sistema simpatico sono le
fibre efferenti post-gangliari e quelle somatiche per la sensibilità termica e dolorifica.

NERVI PERIFERICI.
Le fibre che vanno dal corpo alle loro terminazioni sono dette fibre periferiche, e formano i fasci di
nervi periferici. Avremo nervi cranici, se le fibre sono connesse con l’encefalo, e nervi spinali, se
connesse con il midollo spinale.
Il nervo spinale si stacca dal M.S. con due radici, una anteriore, o ventrale, ed una posteriore, o
dorsale., che presenta un ganglio spinale, nel quale si trovano i corpi cellulari dei neuroni sensitivi.
Questi neuroni sono pseudounipolari. Sono nervi misti.
I nervi encefalici possono essere sensitivi, motori o misti.

In tutti i nervi periferici le fibre, mieliniche e non , sono avvolte da connettivo = ENDONEVRO. A loro
volta i fasci di fibre sono avvolte da altro connettivo = PERINEVRO. In fine tutto il nervo è avvolto da
latro connettivo = EPINEVRO. L’endonevro forma attorno alla guaina di Schwann una rete che si
continua con la membrana basale delle cellule stesse.
Nell’endonevro troviamo vasi sanguigni.

GANGLI.
Raggruppamenti di cellule nervose disposte lungo il percorso dei nervi. I gangli sensitivi sono associati
ai nervi spinali e cranici, alcuni. Ogni ganglio comprende:
 cellule nervose;
 cellule gliali;
 tessuto connettivo;
 fibre nervose;
 vasi sanguigni.

Il ganglio è circondato da una capsula di connettivo che si continua con epi/perinevro. All’interno setti
di connettivo formano una rete sulla quale sono appoggiate le cellule gangliari. Troviamo inoltre cellule
più piccole, le cellule satelliti, che altro non sono che cellule della glia. Le cellule gangliari sono neuroni
pseudounipolari, con un corpo il cui diametro varia tra 15-100 μm.
I gangli del SNA sono posti sul perscorso dei nervi o in organi, gangli intramurali. In questo caso le
cellule gangliari sono multipolari.

TRASMISSIONE DELL’IMPULSO.
A livello della membrana plasmatica, tra ambiente extra/intracitosolico è riscontrabile una differenza
di potenziale, dovuta alla diversa concentrazione di cariche positive e negative, ( Na+ e K+), circa -72
mV.
Tra fattori:
1. l’impulso è un fenomeno bioelettrico di membrana;
2. gli agenti responsabili dell’impulso nervoso sono di natura chimica;
3. il plasmalemma delle cellule eccitabili resene canali ionici che rimangono impermeabili = canali di
sbarramento. Questi sono divisibili in due gruppi:
 canali a controllo di ligando = sensibili a fattori chimici. Sono poco selettivi;
 canali a controllo di potenziale = sensibili a variazioni del potenziale elettrico. Sono
specifici per uno dei due ioni.

Quando i canali a controllo di ligando vengono aperti entrambi gli ioni, Na+ e K+, attraversano la
membrana depolarizzandola. Si innesca una reazione a cascata che portala membrana ad avere un
potenziale da negativo a positivo, +30 mV = potenziale di azione.
131

I canali a controllo di potenziale che inducono il potenziale sono quelli per il sodio. Sorto il potenziale di
azione i canali per il sodio si chiudono e si aprono quelli per il potassio, che portano la membrana ad uno
stato di riposo. Nel tratto di membrana successivo si aprono i canali di sbarramento per il sodio, e il
meccanismo continua. Si crea una forte depolarizzazione della membrana. Alle spalle del fronte, le
pompe sodio-potassio riprendono la loro attività, favorendo il ripristino del potenziale di riposo. Ciò
evita che la propagazione torni indietro. Questo tipo di conduzione riguarda le fibre amieliniche, nelle
quali la velocità di conduzione è piuttosto bassa, 0.6-2.3 m/s.
Nelle fibre mieliniche le cellule che formano la quali la costituiscono un ottimo isolante elettrico, che
permette una conduzione più veloce. Solo a livello dei nodi non troviamo la guaina. Questo fa sì che
questi punti possono essere fede di attività elettrica. A livello dei nodi e esiste una elevata
concentrazione di canali di sbarramento per il sodio. Quando compare un potenziale d'azione in
corrispondenza di un modo, questo e polarizzata e aree vicine, che saranno solamente nodi, non potendo
avvolgere le aree con la guaina, per la scarsità o a se sarei canali ionici e per il completo isolamento
dell'assone. I questo tipo di conduzione è detta conduzione è saltato aria, perché il potenziale d'azione
fatta da un nodo all'altro. La conduzione risulta 20-25 volte maggiore, raggiungendo fino i 120 m/s.

SINAPSI.
I neuroni stabiliscono tra loro rapporti di contiguità che permettono la trasmissione gli impulsi da un
neurone all'altro. I questi tipi di giunzioni vengono definite sinapsi o giunzioni sinaptica. La sinapsi è
unidirezionale.

Nella sinapsi, la zona di giunzione tra neurone e terminazione nervosa è chiamata elemento presinaptico
o zona presinaptica. La porzione cellulare con la quale si stabilisce il collegamento è la zona
postsinaptica, mentre lo spazio che intercorre tra le due aree è la fessura sinaptica. Le due aree
post/presinaptica comprendono le membrane e il citoplasma sottomembranoso. Qui la fibra nervosa
perde la sua guaina mielinica e si espande nel bottone terminale. Esistono poi bottoni localizzati sul
percorso dell’assone detti “boutons en passant”. A livello di questi e anche a livello dei normali bottoni si
osserva la presenza di vescicole e materiale elettrondenso a livello delle due membrane
pre/postsinaptica.
Esistono due tipi di sinapsi:
 sinapsi di tipo I o asimmetrica = se il materiale elettrondenso è maggiore nell’elemento
postsinaptico. Sono sinapsi di tipo eccitatorio;
 sinapsi di tipo II o simmetrica = se la quantità di materiale è simile. Sono sinapsi di tipo
inibitorio.
La fessura sinaptica ha uno spessore di circa 25-30 nm e contiene materiale filamentoso.
Esistono diversi tipi di relazioni sinaptiche:
1. ASSONICHE =
 asso-assoniche;
 asso-somatiche = tra l’assone e il pirenoforo;
 asso-dendritiche;
 asso-spinose = tra le spine e le sinapsi;
2. DENDRITICHE =
 dendro-dentritiche;
 dendro-somatiche;
3. SOMATICHE =
 somato-somatiche;
 somato-assoniche;
 somato-dendritiche;
 glomerulari.
132

Zona presinaptica.
La zona presinaptica contiene numerose vescicole, mitocondri ed elementi del REL. Le vescicole
contengono i mediatori chimici o neurotrasmettitori, liberati durante la trasmissione dell’impulso nella
fessura sinaptica. Uno dei neurotrasmettitori è il GABA. Ma ricordiamo anche il glutammato, la
noradrenalina, la dopamina e la serotonina. Hanno un diametro tra i 30-70 μm.
La membrana presinaptica presenta un materiale opaco agli elettroni che assume conformazione
regolare e viene definito griglia presinaptica. Troviamo inoltre delle proiezioni alte circa 60 nm,
disposte secondo un disegno esagonale e collegate da sottili filamenti di actina. Queste estroflessioni
guidano le vescicole verso le zone attive della membrana, dove possono essere esocitate.

Fessura sinaptica.
È uno spazio di 25-30 nm di spessore.

Zona postsinaptica.
La membrana postsinaptica presenta numerose glicoproteine integrali che funzionano come recettori
per i mediatori chimici. Al disotto troviamo materiale elettrondenso e si approfondì nel citoplasma per
circa 150 nm.
MATERIALE FILAMENTOSO + PLACCA ELETTRONDENSA = APPARATO SOTTOSINAPTICO.
In alcune sinapsi asso-spinose è stato individuato un apparato della spina.

Funzionamento.
Il segnale elettrico che giunge alla terminazione nervosa viene convertito in segnale chimico, attraversa
la fessura sinaptica e poi torna ad essere segnale elettrico. Il collegamento tra i due neuroni avviene
grazie ai mediatori chimici, che legandosi ai recettori sulla membrana postsinaptica creano una
depolarizzazione nel neurone contiguo, che trasporta il segnale. Quando l’impulso nervoso arriva alla
membrana presinaptica si aprono i canali specifici per gli ioni Ca++, che permette la fusione delle
vescicole con la membrana e il relativo rilascio del mediatore chimico. La quantità di mediatore chimico
rilasciato è proporzionale alla quantità di calcio rilasciata.
Le vescicole contenenti il neurotrasmettitore giungono al bottone sinaptico e si riuniscono in gruppi,
cluster, connessi tra loro dalla sinapsina I.

In specifico:
 gli ioni Ca++ si legano alla calmodulina;
 questo complesso attiva la calmodulina-chinasi II, che fosforila la sinapsina II;
 le vescicole, liberate dall’actina, si possono fondere con la membrana plasmatica rilasciando il
loro contenuto;
 il mediatore si lega ai recettori della membrana postsinaptica, innescando una modificazione del
potenziale di membrana.

Le risposte del neurone postsinaptico possono essere diverse a seconda che si abbiano sinapsi
eccitatorie o inibitorie.
1. SINAPSI ECCITATORIE = si aprono i canali ionici positivi. (acetilcolina). La membrana si
depolarizza;
2. SINAPSI INIBITORIE = si aprono i canali ionici negativi (GABA). Il grado di polarizzazione si
mantiene o si accentua.

I mediatori hanno vita brave perché vengono degradati a livello dello spazio sinaptico.

TERMINAZIONI NERVOSE SENSITIVE.


Le terminazioni sensitive ricevono stimoli che conducono ai centri nervosi. Questo avviene grazie alla
presenza di recettori particolari:
133

 esterocettori = ricevono gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno;


 enterocettori = ricevono gli stimoli provenienti dall’interno dell’organismo;
 propriocettori = ricevono gli stimoli dei muscoli e dei tendini sulla postura.

I recettori si possono dividere anche in base agli stimoli che recepiscono:


 meccanocettori;
 chemiocettori;
 termocettori;
 fotocettori.

Le fibre recettrici possono terminare libere nei tessuti, terminazioni sensitive libere, o essere avvolte
da connettivo, fibre sensitive capsulare.

Terminazioni libere.
Si trovano in tutto l’organismo, specie nei connettivi e negli epiteli. La guaina mielinica non avvolge più le
terminazioni nervose, che terminano in ramificazioni bottoniformi. Nella cute formano un plesso sub-
epiteliale.
Tra derma ed epidermide si trovano i corpuscoli di Merkel, costituite da una cellula epitelioidi e dalla
sua terminazione nervosa.

Terminazioni capsulare o corpuscoli sensitivi.


Tra questi troviamo:
 corpuscoli di Pacini = sono i più voluminosi e sono costituiti da una terminazione nervosa,
circondata da una capsula lamellare. Le lamelle, circa 15-30, sono disposte in modo concentrico.
Presentano una forma ovalare, tondeggiante e sono sensibili a spostamenti meccanici;
 corpuscoli di Golgi-Mazzoni = forma tondeggiante. Si trovano nel connettivo. Sono simili ai
corpuscoli di Pacini, ma con dimensioni ridotte;
 corpuscoli di Meissner = l’assone si dispone a spirale tra le cellule tattili, cellule di Schwann
modificate. Sono meccanocettori;
 corpuscoli di Ruffini = meccanocettori. In queste strutture l’assone si divide dando luogo ad un
arabesco;
 corpuscoli di Krause = hanno analogie con i corpuscoli di Pacini.

Una fibra che dà luogo ad espansioni di tipo diverso si definisce fibra pecilomorfa.

Terminazioni sensitive nei muscoli.


I fusi neuromuscolari sono recettori fusiformi, di lunghezza variabile, 0.75-7 mm, orientati
parallelamente alle fibre muscolari striate. Si trovano nel connettivo interstiziale del muscolo, tra le
fibre. Sono costituite da quattro parti:
 capsula;
 fascetto muscolare;
 espansioni nervose sensitive;
 espansioni nervose motrici.

Ogni fuso è avvolto da una capsula aperta ai due poli e circondata da fibre muscolari, dette fibre
intrafusali. La capsula si continua con l’endomisio e con la guaina di Schwann. Le fibre intrafusali sono
separate dalla capsula da uno spazio periassiale.
Le fibre muscolari sono di due tipi:
1. I tipo = costituite da una zona centrale con numerosi nuclei, che costituiscono il sacco nucleare.
Alla sua periferia troviamo miofibrille, in una zona detta zona equatoriale. Questa è compresa
tra due zone simmetriche dove le miofibrille sono abbondanti, dette zone extraequatoriali;
134

2. II tipo = nella zona equatoriale troviamo una sola fila di nuclei, che formano la catena nucleare.
Le miofibrille si addensano alle estremità, in zone apicali.

Ai fusi pervengono sia terminazioni sensitive, divise in fibre con terminazioni anulospinali e fibre con
terminazioni a fiorami, che motorie, anche queste di due tipi, a seconda del diametro.

Gli organi muscolo-tendinei di Golgi sono recettori che si trovano in corrispondenza delle
giunzioni muscolo-tendine. Hanno un asse maggiore parallelo a quello longitudinale del muscolo. Sono
interosti tra la fibra muscolare e il tendine. Questi organi sono costituiti da fibre collagene. Questi
organi sono disposti in serie rispetto alle fibre muscolari.

NEVROGLIA o NEUROGLIA.
Composto da cellule non eccitabili, che si interpongono tra i neuroni, per evitarne il contatto reciproco.
Forniscono anche il rivestimento ai neuroni.
SNP = cellule di Schwann e cellule satelliti dei gangli;
SNC = popolazione cellulare eterogenea nota col nome di neuroglia.

Queste cellule gliali sono dotate di capacità riproduttiva, anche nell’uomo. hanno derivazione
ectodermica, dalle creste neurali.

 astrociti = cellule stellate con prolungamenti ramificati sottili. hanno un nucleo ovalare con
cromatina poco colorabile. Il citoplasmi presentano numerosi filamenti gliali, costituiti da
actina. Le membrane sono unite da gap junction. Partecipano alla costituzione della barriera
emato-encefalica. Gli astrociti possono essere di due tipi:
1. protoplasmatici = nella sostanza grigia;
2. fibrosi = nella sostanza bianca;
 oligodendrociti = sono il 75% della popolazione gliale. Sono più piccole degli astrociti, con
prolungamenti meno numerosi, ma più sottili. Hanno un nucleo tondeggiante, con RER, ribosomi e
mitocondri. Golgi ben Sviluppato. Servono per la mielinizzazione delle fibre del SNC;
 microglia = i microgliociti hanno origine mesenchimale. Sono piccoli e si trovano si anella
sostanza bianca che in quella grigia. Hanno molti lisosomi, sia nel corpo che nei prolungamenti;
 cellule ependimali = derivano del neuroectoderma del tubo neurale primitivo. Il loro corpo può
presentare ciglia e microvilli;
 cellule dei plessi corioidei = sono composti da cellule ependimali modificate, con un polo apicale
ricco di microvilli e una forma cubica. Hanno le caratteristiche di cellule che trasportano ioni e
intervengono nel processo di produzione del liquor.

Cellule gliali del SNP.


Comprendono le cellule di Schwann e le cellule satelliti. Quest’ultime sono più piccole dei neuroni
gangliari, con un nucleo intensamente basofilo.
Le cellule di Schwann hanno una forte attività proliferativa e possono riparare l’assone, in seguito a
lesioni che non ne abbiano interrotto la continuità.

BARRIERA EMATO-ENCEFALICA.
Barriera alla diffusione dei capillari sanguigni verso i neuroni. È costituita dall’endotelio capillare e dalla
membrana basale relativa. Inoltre troviamo anche gli astrociti, che espandono i loro piedi terminali sui
capillari.
135

CAP 17: TESSUTO MUSCOLARE


 Striato scheletrico
 Striato cardiaco
 Liscio

TESSUTO MUSCOLARE STRIATO SCHELETRICO


Costituito da elementi di forma cilindrica e allungata denominate fibre muscolari. La fibra muscolare è
un sincizio e si origina dalla fusione di cellule mononucleate dette mioblasti. La fibra è dunque
polinucleata i cui nuclei si trovano alla periferia della fibra al di sotto della membrana plasmatica. Le
fibre muscolari si associano tra loro formando dei fasci i quali a loro volta si associano formando il
muscolo. Le fibre muscolari sono legate tra loro da tessuto connettivo reticolare detto endomisio il
quale si continua con il connettivo che racchiude i vari fasci muscolari, detto perimisio; questo si
continua con una lamina connettivale che avvolge il muscolo, l’epimisio, che si continua con il tendine. Le
fibre sono all’incirca lunghe quanto il muscolo, ma le estremità del muscolo non coincidono con le
estremità delle fibre le quali terminano nel tessuto connettivale tendineo. A livello della giunzione
miotendinea le estremità delle fibre muscolari si assottigliano e presentano delle frange aumentando la
superficie di contatto col tendine. Ciascuna fibra possiede una membrana plasmatica, il sarcolemma, e
da un citoplasma, il sarcoplasma, contenente numerosi apparati del golgi vicino ai nuclei, gocce lipidiche,
mitocondri, un reticolo sarcoplasmatico liscio e della mioglobina che immagazzina ossigeno e lo cede
durante la contrazione muscolare.
I nuclei presenti nella fibra sono incapaci di replicare. La riparazione delle cellule muscolari avviene
grazie a delle cellule staminali, cellule satelliti, presenti sulla superficie della fibra. Sono mononucleate
e attivano la duplicazione in seguito a delle lesioni. Non sono mioblasti ma hanno la capacità di
proliferare e formare fibre muscolari nella vita postatale.
Le fibre muscolari sono dotate di due tipi di striature: trasversali e longitudinale. La striatura
longitudinale è dovuta alla presenza di miofibrille parallele tra loro, ognuna delle quali presenta
striature trasversali che coincidono con quelle della fibra. Possiamo distinguere diverse bande a
seconda del colore delle striature:
- banda A = più scura. Presenta una zona centrale più chiara detta banda H la quale a sua volta
presenta una banda più scura in posizione centrale detta banda M
- banda I = più chiara. Presenta una zona centrale più scura detta banda Z

Z H Z

banda A

banda I banda I

Ogni segmento di miofibrilla che si estende tra due linee Z successive è definito sarcomero. I filamenti
che costituiscono le miofibrille sono suddivisibili in:
- miofilamenti spessi = composti da miosina. Determinano la lunghezza della banda A. Sono
paralleli tra loro e sono più grossi nella parte centrale dove sono muniti di ponti trasversali i
quali tengono uniti i miofilamenti spessi formando la banda M. Ciascun filamento spesso è
circondato da 6 filamenti sottili.
- miofilamenti sottili = composti da actina. Determinano la lunghezza della banda I e penetrano
per un tratto nella banda A. Ogni filamento sottile è collegato a 4 miofilamenti sottili del
sarcomero adiacente mediante i filamenti Z.
136

La disposizione di questi filamenti determina la stratura trasversale.


I miofilamenti spessi
La miosina è una proteina filamentosa formata da una coda e da 2 estremità globulari. La molecola
completa è un esamero costituito da 2 catene pesanti identiche appaiate e da 4 subunità leggere
che formano le 2 teste. Ciascuna testa contiene 2 subunità diverse ma le stesse in tutte e 2 le
molecole. Le parti leggere sono prive di attività ATPasica, mentre quelle pesanti presentano
attività ATPasica e capacità di legare actina. Nei miofilamenti le molecole sono disposte
parallelamente fra loro in modo sfasato e sono disposte con la coda verso il centro del filamento e
le teste ne costituiscono le estremità e collegano i miofilamenti spessi a quelli sottili. Le 2 metà
del filamento presentano polarità opposta dovuta alla disposizione della miosina. La banda M
contiene strie trasversali di connessione tra i miofilamenti spessi. Legate alle molecole di miosina
troviamo altre proteine come la proteina C, importante per il legame con il calcio durante la
contrazione.
I filamenti sottili
L’actina insieme alla tropomiosina e alla troponina forma i miofilamenti sottili. Ogni filamento sottile è
formato da 2 filamenti di F-actina avvolti a elica destrosa. Ogni F-actina è formata da monomeri di G-
actina.
Anche i filamenti di actina appartenenti alle 2 metà del sarcomero hanno polarità opposta. La
tropomiosina è una proteina fibrosa composta di 2 subunità alfa e beta presenti in maggior quantità
rispettivamente nei muscoli ricchi di fibre veloci e nei muscoli ricchi di fibre lente. La troponina è una
proteina globulare composta da 3 subunità; la si trova tra i filamenti di actina e tropomiosina.
A livello della linea Z ogni filamento sottile si lega a 4 filamenti sottili del sarcomero adiacente
grazie alla alfa-actina la quale forma ponti trasversali. I filamenti sottili di 2 sarcomeri adiacenti
hanno direzione tra loro opposta e ciò consente di trasmettere l’energia liberata dalla contrazione.
L’alfa-actina è legata alla tinina la quale si estende dalla linea Z alla banda M ed ha la proprietà di
mantenere in giusta posizione i filamenti durante la contrazione. È presente anche la nebulina che
ha la funzione di allineare la F-actina e orientare il filamento sottile.
A livello della linea Z troviamo la desmina, proteina propria dei filamenti intermedi, che avvolge la
miofibrilla e si connette ad essa mediante la pectina. Queste proteine connettono le miofibrille
adiacenti collegandosi da un alto con il sarcolemma e dall’altro con il nucleo e i mitocondri, formando un
reticolato molecolare. La filamina polimerizza l’actina e la distrofina forma una struttura a ponte che
permette l’unione di molecole della matrice extracellulare con l’actina citoscheletrica, formando il
costamero. I costameli sono zone di legame tra apparato contrattile e sarcolemma e sedi di recettori
integrinici.
La contrazione
Quando il sarcomero si contrae i filamenti sottili scorrono lungo i filamenti spessi verso il centro della
banda A facendo diminuire l’ampiezza delle 2 semibande I e della banda H senza modificare quella della
banda A; le 2 linee Z si avvicina no tra loro. La forza traente per lo scorrimento si genera nei ponti
trasversali dei filamenti spessi costituiti dalla testa della molecola di miosina. I ponti si avvicinano ai
filamenti sottili, si agganciano all’actina e si flettono in direzione opposta su ogni filamento spesso
tirando quindi i filamenti sottili verso il centro del sarcomero. Il fenomeno è reso possibile dalla
polarità opposta di actina e miosina.
L’energia per la contrazione è fornita dall’idrolisi di ATP ad opera della ATPasi situata sulla testa della
miosina. Una molecola di ATP si lega ad un sito particolare della testa della miosina formando il
complesso miosina-ATP che viene idrolizzato ad ADP. L’energia liberata dall’ATP viene inizialmente
immagazzinata sotto forma di tensione nella testa della miosina. Quando alla fibra giunge un impulso
nervoso gli ioni calcio liberati dal recettore rianodinico si legano con la troponina C e ciò determina
l’interazione tra complesso miosina-ADP e una molecola di G-actina. Una volta avvenuto il legame
l’energia immagazzinata viene rilasciata e la testa si flette trascinando il filamento di actina verso il
centro del sarcomero. Il distacco dei 2 filamenti avviene quando una nuova molecola di ATP si lega alla
miosina. Terminato l’impulso nervoso il calcio viene riassorbito nelle vescicole di deposito dalle pompe
137

del calcio. Ciò che non permette l’interazione tra actina e miosina anche in fase di riposo è la
tropomiosina la cui posizione impedisce il loro legame. Quando arriva un impulso nervoso gli ioni calcio si
legano alla troponina la quale modificando la sua conformazione fa scivolare la tropomiosina liberando i
siti attivi per il legame actina-miosina.
Il reticolo sarcoplasmatico
Il calcio è contenuto nel reticolo sarcoplasmatico. Il reticolo sarcoplasmatico (liscio) è formato da
cisterne dette sarcotubuli che compongono una rete attorno a ciascuna miofibrilla. I tubuli longitudinali
sono tubuli paralleli tra loro che confluiscono in una cisterna centrale della banda H e in 2 cisterne
terminali parallele alla linea Z. Fra le 2 cisterne terminali all’altezza della linea Z vi è un elemento
tubulare trasversale, detto tubulo T. Esso rappresenta una introflessione del plasmalemma e forma con
le 2 cisterne terminali la triade del reticolo. Il suo lume non si continua con le cisterne terminali, è un
elemento distinto dal reticolo. Il tubulo T rende possibile una rapida diffusione dell’impulso nervoso
all’interno della fibra. I recettori rianodinici sono proteine intrinseche del reticolo e si trovano
parallelamente al tubulo T. questi recettori vengono attivati da proteine adiacenti che formano il
recettore diidropropiridinico, voltaggio dipendente. Proteina estrinseca del reticolo è ad esempio la
calsequestrina che ha il ruolo di trattenere nelle cavità del reticolo il calcio prelevato dal sarcoplasma
dalle pompe.
La placca motrice
La zona di contatto (sinapsi) tra la fibra nevosa e la fibra muscolare è detta placca motrice. Le fibre
nervose di un nervo di moto si ramificano ripetutamente in seno al perimisio e endomisio. La placca
motrice è costituita di 2 parti: una appartiene alla fibra muscolare, l’atra a quella nervosa. Quando un
ramo nervoso terminale si avvicina alla fibra muscolare perde la guaina mielinica ma conserva l’involucro
formato dalla cellula di Schwann che si fonde con la lamina basale che ricopre la superficie esterna del
sarcolemma. La fibra muscolare in prossimità della sinapsi presenta una zona di citoplasma addensato
detta suola terminale. Qui si accumulano molti nuclei, mitocondri, reticolo endoplasmatico granulare e
ribosomi liberi. Le ramificazioni nervose sono accolte in fessure sinaptiche primarie.
Trasmissione impulso nervoso
La trasmissione dell’impulso nervoso richiede la liberazione dell’acetilcolina a livello della placca
motrice, la presenza dei recettori acetilcolinici sulla membrana postsinaptica muscolare, l’intervento
del sistema dei tubuli T mediante recettori diidropropiridinici e del reticolo endoplasmatico mediante i
recettori rianodinici.
Il recettore acetilcolinico è costituito da 5 subunità delimitanti il canale ionico per il sodio. Il canale si
apre in seguito al legame con l’acetilcolina, causando l’ingresso del sodio e la depolarizzazione della
membrana. Tutte e 5 le subunità vengono fosforilate grazie a 3 proteinchinasi (cAMP-dipendente,
proteinchinasi C, tiroxina-chinasi) la cui fosforilazione causa per un breve periodo la perdita della
capacità di rispondere a ulteriori stimoli. L’accoppiamento eccitazione-contrazione avviene in questo
modo: l’onda di depolarizzazione provocata dall’acetilcolina si propaga lungo la membrana fino ai tubuli T
dove vengono attivati i recettori diidropropiridinici; questi recettori attivano i recettori rianodinici
determinando l’apertura delle cisterne e il rilascio del calcio; il calcio diffonde nel citoplasma e attiva il
sistema contrattile che porta allo scorrimento dei filamenti di actina su quelli miosinici. Finito l’impulso
il calcio viene catturato nel reticolo e alla contrazione segue il rilasciamento della fibra.
Tipi di fibre muscolari
 fibre lente o rosse = contrazione prolungata e poco intensa, poco suscettibili ad
affaticamento. Metabolismo ossidativo (ATP prodotta mediante fosforilazione ossidativi). Il
colore rosso evidenzia un’alta concentrazione di mioglobina adibita al trasporto di ossigeno. I
mitocondri sono numerosissimi e si accumulano sotto la membrana, tra le miofibrille e lungo la
linea Z; reticolo endoplasmatico ben sviluppato e linea Z più spessa, poco glicogeno. Attività
ATPasica più lenta poiché sono presenti isoforme diverse di miosina nei 2 tipi di fibre. Alta
attività enzimi ossidativi. Stimolazione nervosa prolungata e sostenuta, ciò determina un’alta
concentrazione di calcio
138

 fibre veloci o bianche = contrazione massima ma di breve durata, soggette ad affaticamento.


Metabolismo gli colitico (ATP prodotta mediante glicolisi anaerobica. Il colore bianco evidenzia
una mancanza o una bassa concentrazione di mioglobina. I mitocondri sotto la membrana sono
scarsi; il reticolo è poco sviluppato e la linea Z è meno ampia; molti depositi di glicogeno.
Attività ATPasica molto più elevata. Bassa attività enzimi ossidativi. Stimolazione nervosa
intermittente e intensa, ciò fa si che concentrazione di calcio sia più bassa.
Gli elementi che possono determinare la trascrizione di certi tipi di proteine costitutive dei diversi tipi
di fibre sono: il tipo di motoneurone che innerva la fibra, gli ormoni, attività meccanica e la
concentrazione di calcio che può influire sull’attivazione e la disattivazione di complessi trascrizionali
responsabili del fenotipo lento o veloce.
Ciò significa che un certo tipo di fibra sarà innervata da un determinato tipo di nervo e svolgerà una
attività motoria precisa.

TESSUTO MUSCOLARE STRIATO CARDIACO ( MIOCARDIO)


è costituito da cardiomiociti, cellule mononucleate grandi e allungate, con nucleo centrale, ramificate
alle estremità e connesse tra loro mediante i dischi intercalari. La cellula è striata trasversalmente con
organizzazione sarcoplasmatico simile a quella della fibra scheletrica con abbondanti molecole di
glicogeno e gocce lipidiche. Nel miocardio i fasci di miofibrille non formano unità distinte ,ma una massa
unica interrotta da reticolo endoplasmatico e grossi mitocondri. Sono presenti anche i filamenti
intermedi di desmina associati ai desmosomi nei dischi intercalari. Il miocardio ha una contrazione
spontanea ed è innervato dal sistema nervoso autonomo il quale modifica la sequenza del battito ma non
lo fa partire. Il battito sorge in cellule speciali che costituiscono il nodo seno-atriale e continua a
propagarsi nel sistema di conduzione a tutte le cellule. Le cellule del miocardio non hanno bisogno di
placche motrici per legarsi al sistema nervoso e si legano alle cellule adiacenti tramite giunzioni gap. Il
reticolo sarcoplasmatico non forma una guaina continua ma forma setti incompleti, è meno sviluppato e
elaborato di quello delle fibre scheletriche e non presenta cisterne trasversali in corrispondenza della
banda H; i tubuli T sono più voluminosi e sono situati a livello delle linee Z e formano insieme a piccole
espansioni dei tubuli longitudinali le diadi (tubulo T+cisterna). La lamina basale glicoproteico che avvolge
la membrana plasmatica si continua nel tubulo T rivestendo la sua superficie interna.
I dischi intercalari
Zone di contatto e adesione tra le estremità dei cardiomiociti contigui. A livello del segmento
trasversale le membrane plasmatiche affrontate seguono un decorso ondulato. Si possono distinguere
zone come desmosomi e zone occludenti, qui sotto la membrana si formano ispessimenti a cui sono legati
i miofilamenti della banda I. lungo il disco sono presenti anche giunzioni gap le quali sono siti di bassa
resistenza elettrica che permettono la rapida diffusione dell’impulso da una cellula all’altra.
Il tessuto di conduzione
Insieme di cellule muscolari modificate in cui nasce spontaneamente l’impulso ritmico e ne permettono
la diffusione. L’impulso si propaga dal nodo seno-atriale al nodo atrio-ventricolare fino alle branche del
fascio ventricolare. Le cellule muscolari di questo tessuto sono diverse rispetto ai cardiomiociti comuni.
Le cellule dei nodi seno-atriale e atrio-ventricolare sono più piccole( questo perché compiono meno
lavoro), sono accolte in tessuto connettivo compatto e hanno molte giunzioni gap; quelle delle branche
sono più grandi e assumono l’aspetto di cellule del Purkinje. In queste cellule il nucleo è unico o duplice,
il sarcoplasma è ricco di mitocondri e glicogeno e non presentano tubuli trasversali e tubuli T.
Funzioni endocrine
Nelle cellule mioendocrine sono presenti dei granuli sferici legati all’apparato del Golgi che contengono
il fattore natriouretico striale. Questo fattore svolge un ruolo importante per il mantenimento
dell’equilibrio idrosalino e quindi per il regolamento della pressione arteriosa. Ciò che fa rilasciare
questo fattore è la distensione degli atri che avviene quando aumenta il volume del sangue circolante.
L’ormone agisce sul rene provocando vasodilatazione, aumento della eliminazione del sodio e della
diuresi.
139

TESSUTO MUSCOLARE LISCIO


Il tessuto muscolare liscio forma la tonaca muscolare della parete del tubo digerente, dell’intestino,
delle vie respiratorie, genitali e urinarie; è presente nella parete delle vene e delle arterie e nei
condotti escretori delle ghiandole. Nell’intestino è distribuito in 2 strati: longitudinale e trasversale
che contraendosi determinano le onde peristaltiche.
È di origine mesenchimale e mesodermica e quello dell’iride è di origine ectodermica. Le cellule
muscolari dei dotti escretori sono dette mioidi.
Il tessuto muscolare liscio è circondato da tessuto connettivo lasso simile alla membrana basale degli
epiteli.
Le fibre muscolari lisce sono lunghe e fusiformi, mononucleate e non presentano striatura trasversale.
Si dispongono in fasci, sfasate tra loro. La membrana plasmatica presenta invaginazioni denominate
caveole, le quali possono essere paragonate ai tubuli T, ma al contrario di questi sono in contatto con i
tubuli del reticolo endoplasmatico. Forse le caveole hanno la funzione di trasmettere alle cisterne del
reticolo, contenenti calcio, le variazioni del potenziale di membrana. Le cellule adiacenti entrano in
accoppiamento ionico mediante giunzioni gap. I corpuscoli citoplasmatici sono concentrati attorno al
nucleo e nel citoplasma sono presenti miofibrille longitudinali che non presentano bande trasversali. Le
miofibrille attraversano dei corpi densi che probabilmente hanno funzione simile alle linee Z della
muscolatura striata. Sono presenti inoltre proteine contrattili come la miosina e l’actina, che formano
rispettivamente filamenti spessi e filamenti sottili. L’assenza della striatura trasversale potrebbe
essere dovuta al fatto che i filamenti non sono disposti in registro come nella muscolatura striata;
infatti la miosina e l’actina del tessuto muscolare liscio sono isoforme diverse.
Il citoscheletro oltre ad essere costituito da actina e miosina presenta anche filamenti intermedi
formati dalla desmina. Questi filamenti svolgono un ruolo di sostegno per i filamenti contrattili; nella
muscolatura liscia di tipo vascolare il costituente principale dei filamenti intermedi è la vimentina.
La contrazione del muscolo liscio
La contrazione del muscolo liscio avviene con il meccanismo dello scorrimento .
In seguito all’arrivo dell’impulso nervoso aumenta nel citoplasma la concentrazione di calcio il quale si
combina con la calmodulina (tipo troponina C del muscolo striato).
Il complesso calcio-calmodulina si combina con una protein chinasi della catena leggera della miosina
attivandola. La catena leggera modula la formazione dell’actomiosina (troponina nel muscolo striato) e la
fosforilazione di questa catena consente l’interazione tra actina e miosina e lo scorrimento dei due
filamenti.

I muscoli lisci hanno proprietà fisiologiche diverse nei vari organi in base al tipo di contrazione e alle
modalità delle diffusione dell’impulso. La muscolatura liscia è capace di mantenersi in contrazione per
periodi molto lunghi ed è dotata di duplice innervazione motrice : ortosimpatica (contrazione) e
parasimpatica (rilasciamento). La contrazione può essere spontanea oppure indotta da uno stimolo
ormonale senza l’intervento del sistema nervoso. Le modalità di diffusione dell’impulso distinguono la
muscolatura liscia in :
- multiunitaria =ogni fibra muscolare riceve una terminazione motrice in m odo tale che si
contraggano contemporaneamente; non hanno ruolo importate le giunzioni GAP.
Esempio:muscolatura vascolare
- unitaria = poche cellule ricevono terminazioni nervose con cui si stabiliscono rapporti sinaptici e
lo stimolo si propaga attraverso le giunzioni GAP. Esempio: muscolatura viscerale

ISTOGENESI E RIGENERAZIONE
 Tessuto muscolare striato scheletrico = i precursori cellulari miocenici originano nel
dermomiotomo che si sviluppa nella regione dorsale del somite. Le cellule della regione mediale
si differenziano in miociti che vanno a costituire il dorso, quelli della regione laterale vanno a
costituire gli arti. Le cellule mesodermiche destinate a diventare fibre muscolari si chiamano
mioblasti. Hanno forma fusiforme e sono dotati di intensa attività mitotica. La determinazione
140

e il differenziamento dei mioblasti richiede l’espressione dei fattori regolatori miocenici. I


mioblasti una volta che la loro attività proliferativi si arresta si avvicinano tra loro e le
membrane plasmatiche adiacenti vengono endocitate cosicché si assiste ad una fusione per dar
luogo alla fibra muscolare. Per quanto riguarda le proteine durante lo sviluppo si succedono tre
isoforme della catena pesante della miosina, mentre le isoforme della catena leggera rimangono
quelle. Durante lo sviluppo vi è poi il passaggio da innervazione multipla a singola. La sintesi delle
proteine contrattili è accompagnata dalla formazione delle prime strutture sarcomeriche, come
il sistema di tubuli T e il reticolo sarcoplasmatico. Compaiono anche i recettori acetilcolinici i
quali si distribuiscono prima uniformemente e successivamente all’innervazione si raggruppano
vicino alle terminazioni nervose. L’accrescimento postnanatale avviene per aumento de
sarcoplasma e organizzazione di nuovo materiale contrattile. La rigenerazione è propria delle
cellule satelliti capaci di diventare mioblasti e di unirsi per formare fibre muscolari.
 Tessuto muscolare striato cardiaco = Il miocardio si sviluppa dal mesoderma che circonda il
tubo endoteliale cardiaco. I mioblasti si dividono per mitosi e successivamente nel citoplasma si
differenziano i miofilamenti e compare la striatura trasversale.
 Tessuto muscolare liscio = quello viscerale deriva dal mesenchima che avvolge l’intestino,
quello vascolare dal mesoderma laterale ed ectodermico. Durante lo sviluppo si allunga il corpo
cellulare e si accumulano i miofilamenti. Le fibre reticolari e gli altri componenti della lamina
basale sono probabilmente prodotte dalle stesse cellule muscolari. Le perdite di questo tipo di
tessuto sono rimpiazzate da tessuto connettivo.

CAP 18: LA MEIOSI


Particolare tipo di divisione cellulare che interessa esclusivamente le cellule germinali maschili e
femminili. Consiste di una fase di duplicazione di DNA seguita da 2 divisioni cellulari. Dalla meiosi
derivano 4 cellule aploidi detti gameti, contenenti la metà dei cromosomi presenti nelle altre cellule
dell’organismo.
Prima divisione
-profase = può durare molto a lungo. Si divide in:
 Leptotene = i cromosomi diventano sottili filamenti. Sono stati duplicati nella fase S
premeiotica e le estremità dei cromosomi sono unite alla membrana nucleare.
 Zigotene = i cromosomi omologhi si appaiano e tra di essi per un corretto appaiamento troviamo
il complesso sinaptinemale formato da 2 elementi densi paralleli uniti tra loro da un corpuscolo
denso.
 Pachitene = appaiamento completo. Ogni coppia di omologhi viene detta tetrade o bivalente.
Avviene breve sintesi di DNA e istoni. Lungo il complesso sinaptinemale si formano dei noduli di
ricombinazione dove avviene il crossing over, il quale avviene grazie a simili enzimi della
duplicazione del DNA. Alla fine della ricombinazione i punti in cui essa è avvenuta vengono
definiti chiasmi e la composizione genica degli omologhi risulta modificata.
 Diplotene = gli omologhi cominciano a separarsi e si evidenziano i 2 cromatidi. Il complesso
sinaptinemale si dissolve tranne sui chiasmi. Questa fase può durare anche anni.
 Diacinesi = i cromosomi si condensano e i chiasmi si spostano verso le estremità dei cromosomi.
Scompare il nucleolo, nel citoplasma si forma il fuso e scompare la membrana nucleare.
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-metafase 1 = le tetrodi si muovono verso l’equatore del fuso e i centromero si attaccano al fuso in
modo casuale.
-anafase 1 = si separano i 2 omologhi detti diadi perché formati da 2 cromatidi.
-telofase 1 = non c’è decondensazione della cromatina, né duplicazione del DNA ma le 2 cellule figlie
riorganizzano i fusi.
Seconda divisione
-metafase 2 = i cromosomi si attaccano alle fibre del fuso con i centromero
-anafase 2 = i cromatidi si separano e migrano ai poli opposti e le 2 figlie ricevono un numero apolide di
cromatidi
-telofase 2 = i cromosomi si decondensano e si ricostituisce l’involucro nucleare.

Solo nella gametogenesi maschile le 4 cellule figlie si differenziano in spermatozoi; in quella femminile
invece una sola delle 4 diventa ovocita, le altre 3 chiamate globuli polari vengono espulsi. Questo perché
il citoplasma dell’ovocita è fondamentale per la crescita dello zigote.

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