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Lezione 9 Chemioterapia e tossicologia 28/10/2022

Chemioterapia: Farmaci antiinfluenzali


I virus sono microrganismi endocellulari obbligati, difficili da debellare in quanto sono soggetti a
mutazioni spontanee nel corso del loro ciclo replicativo, per cui le sequenze dei peptidi che li
caratterizzano variano sempre, e rendono difficile la terapia. Terapia che quindi deve essere
affiancata da un buon sistema immunitario. Di fatti, con i vaccini predisponiamo le difese
immunitarie contro determinati virus, i quali però mutando impediscono l’efficacia del vaccino
stesso. Tali mutazioni frequenti sono incentivate anche dall’uso dei farmaci, che inducono lo
sviluppo di ceppi resistenti. Lo stesso Fleming al suo discorso per il Nobel affermò come nel
momento in cui si produce un nuovo farmaco, si è responsabili dello sviluppo di mutazioni nuove,
definendo perciò farmaco resistenza. Noi andremo sempre più incontro perciò a patologie virali,
anche perché abbiamo poca cura del nostro sistema immunitario, che sappiamo essere indebolito
durante l’età adulta. Terminato questo excursus, ritorniamo ai virus che definiscono patologia a
carico del sistema respiratorio. Partendo dall’influenza suina, si è visto come si è ottenuto un salto
di specie: dall’infezione suina, a seguito di mutazioni, si sviluppano ceppi infettanti l’uomo. Il
meccanismo di trasmissione di tale patologia è tramite la via aerea, con le cosiddette goccioline di
flugge, disperse nell’ambiente. Il tempo di incubazione era di 7gg, e i sintomi si differenziano tra
adulto e bambino. Nell’adulto abbiamo gli stessi di una tipica influenza stagionale, come febbre,
tosse, mal di gola, naso chiuso, dolori muscolari, debolezza, mal di testa; nel bambino di 1 mese
invece abbiamo irritabilità e pianto, segno e sintomo tipico di un’alterazione; nel lattante (1-6 mesi),
abbiamo per lo più sintomi gastrointestinali. Di qui si comprende come l’organo che risente di più di
un’immunodeficienza sia l’intestino, è importante quindi avere una equilibrata flora intestinale al
fine di avere un sistema immunitario sano. Nel bambino di 1-5 anni la sintomatologia è simile a
quella dell’adulto. Contro i virus, e in particolare contro il virus dell’influenza A- H1N1, la
prevenzione sta molto nel lavaggio delle mani. L’arma migliore di prevenzione però è sicuramente
la vaccinazione, disponibile quella del 2022/23, in funzione delle varianti presenti quest’anno; in
ogni caso anche durante il periodo di diffusione dell’influenza A si è riusciti a sintetizzare un vaccino
vs questa variante.
Farmaci antiinfluenzali: Non sono farmaci di prima scelta che possono essere utilizzati in tutti i
pazienti, ma solo per una stretta categoria di persone, come quelle che non posso fare il vaccino
antinfluenzale o con problematiche particolari.

AMANTADINA E RIMANTADINA
(La prof non si è focalizzata molto su questi due, ma lascio comunque le info vecchie in quanto
potrebbero essere motivo di domande all’esame visto che lei vuole che studiamo dal libro)
Sono i farmaci più vecchi.
Il preciso meccanismo (o i meccanismi) antivirale dell’amantadina e della rimantadina è ancora poco
chiaro. Si ritiene che l’azione antivirale sia attribuibile al blocco della proteina della matrice di
membrana virale, M2, che funziona da canale ionico (indispensabile nella fase cruciale di infezione).
Questo canale è necessario per la fusione della membrana virale con la membrana cellulare che
porta alla formazione dell’endosoma, creato quando il virus viene internalizzato per endocitosi.
Pertanto, se si blocca la proteina M2 si ritarda o si blocca l’infezione respiratoria. Lo spettro terapeutico
antivirale dell'amantadina e della rimantadina è limitato al virus dell'influenza A.
La loro efficacia è direttamente correlata con la somministrazione in relazione all'infezione.
Sono efficaci al 70-90% nel prevenire l'infezione se il trattamento viene cominciato al momento
dell'esposizione al virus; ciò è molto difficile da individuare, a meno che non si tratti di un soggetto
a rischio che è venuto in contatto con un infetto da virus A.
Nessuno dei due ostacola la risposta immunitaria al vaccino dell'influenza A ed entrambi possono
essere somministrati in aggiunta al vaccino.
Entrambi i farmaci sono ben assorbiti dopo somministrazione orale.
L’amantadina si distribuisce in tutto l'organismo e penetra rapidamente nel sistema nervosocentrale
(SNC).
La rimantadina non attraversa la BEE nella stessa misura.
L'amantadina (più attiva) non viene estesamente metabolizzata. Viene escreta nelle urine e si può
accumulare fino a concentrazioni tossiche nei pazienti con insufficienza renale.

Effetti tossici dell’amantadina

Gli effetti avversi dell’amantadina riguardano principalmente il SNC (insonnia, vertigini, atassia,
allucinazioni e convulsioni).
Il farmaco dovrebbe essere usato con cautela nei pazienti con problemi psichiatrici, aterosclerosicerebrale,
alterata funzione renale o epilessia.

L'amantadina e la rimantadina devono essere usate con cautela nelle donne gravide e in quelle cheallattano,
perché è stato riscontrato che il farmaco è embriotossico e teratogeno nei ratti.

INIBITORI DELLA NEURAMIDASI


Farmaci antinfluenzali più nuovi, Zanamivir e Oseltamivir.

Gli ortomixovirus possiedono l’enzima neuraminidasi essenziale per il loro ciclo vitale.
Questo enzima viene inibito da derivati dell’acido sialico. Lo Zanamivir e l’Oseltamivir sono farmaci in
grado di inibire la liberazione di nuovi virioni e la loro diffusione da una cellula ad un’altra. Quindi limitano
la progressione dell’infezione.

La neuraminidasi virale favorisce il rilascio di nuove particelle virali neosintetizzate delle cellule infettate
e può facilitare l'accesso del virus attraverso il muco verso la superficie delle cellule epiteliali, per
permettere l'infezione virale di altre cellule.
Il muco è un indice di infiammazione, in realtà facilita le infezioni sia virali che batteriche, questo è uno
dei motivi per cui anche per una banale infezione è consigliato un fluidificante.

Lo ZANAMIVIR è un inibitore selettivo della neuroaminidasi, è stato il primo inibitore delle neuraminidasi
approvato per il trattamento dell’influenza.
Da somministrare per via intranasale o inalatoria con un turboinalatore, tranne in paziento affetti da
BPCO o asma reattiva grave (in questi casi si può assumere oseltamivir). Proprio per questa via di
somministrazione, definisce tosso e broncospasmo. Zanamivir è indicato dal 12° anno e non a scopo
profilattico.
Effetti indesiderati: Sono stati riportati rari casi di pazienti con pre-esistenti malattie respiratorie (asma,
broncopneumopatia cronica ostruttiva ) e casi molto rari di pazienti senza una pre-esistente malattia
respiratoria in cui si è manifestato broncospasmo acuto e/o grave peggioramento della funzione
respiratoria. E’ possibile si sviluppino reazioni avverse da sovradosaggio accidentale per il metodo di
somministrazione inalatoria.

L’OSELTAMIVIR è un farmaco attivo per via orale, è disponibile in capsule e in sciroppo ed è ben assorbito nel
tratto gastrointestinale. Viene somministrato in base al peso, quando scelto per i bambini. Il profarmaco è
convertito nel metabolita attivo, oseltamivir fosfato, ad opera delle esterasi epatiche. Oseltamivir è
autorizzato all’uso a partire dal 1° anno di vita sia per il trattamento sia per la prevenzione.
effetti indesiderati: nausea e vomito,
soprattutto nei bambini. In caso di
sovradosaggio, interrompere la terapia.

Per entrambi i farmaci non è necessaria


alcuna modifica del dosaggio per i pazienti
con disfunzione epatica sia per il trattamento
che per la prevenzione. Non sono stati
ancora effettuati studi in pazienti pediatrici
con alterazioni della funzionalità epatica.
Inoltre, nel caso dello Zanamivir si può non
modificare la dose in caso di insufficenza
epatica, invece per l’oseltamivir in caso di
questa insufficienza si raccomanda una
modifica della dose. Di fatti quando la
clearance della creatinina è inferiore a 10
ml/min non è assolutamente consigliabile il suo uso. Non sono disponibili sufficienti dati clinici in bambini
con insufficienza renale per poter fornire raccomandazioni relative al dosaggio.

Il reale obiettivo della terapia con questi farmaci antiinfluenzali è curare ridurre l’intensità dei sintomi di pz
di cui siamo sicuri essere infetti. L’effetto terapeutico è più marcato quanto più precoce è la
somministrazione del farmaco alla comparsa dei primi sintomi di malattia (sono efficaci, infatti, se assunti
entro 36-48 ore). Questa però è proprio la difficoltà, cioè precocemente comprendere che il pz abbia
contratto il virus. Questi farmaci agiscono esclusivamente nella sindrome influenzale e non su altre forme
respiratorie acute stagionali. Il trattamento antivirale andrebbe comunque raccomandato prioritariamente
ad alcune categorie di ammalati a rischio di complicanze, che sono coloro che dovrebbero essere sottoposti
preventivamente alla vaccinazione antinfluenzale.

Le categorie cui si consiglia l’uso a scopo profilattico sono:


– Persone ad alto rischio che siano state vaccinate dopo l’inizio della diffusione epidemica dell’influenza (lo
sviluppo degli anticorpi dopo l’immunizzazione avviene in circa 2 settimane e tali individui risultano
suscettibili all’infezione)
– Coloro che assistono individui a elevato rischio (personale ospedaliero, addetti alle residenze anziani)

– Soggetti con deficit immunitari che potrebbero aver avuto un’insoddisfacente risposta anticorpale al
vaccino
– Persone ad alto rischio che non possano effettuare la vaccinazione (soggetti allergici)
Ovviamente, anche nel caso dell’influenzavirus si è sviluppata resistenza al trattamento farmacologico,
soprattutto dovuta al non rispetto dei tempi di somministrazione dei farmaci stessi. Gli schemi terapeutici
devono essere seguiti, altrimenti si ripristina la crescita del patogeno infettante e favorisce lo sviluppo di
ceppi mutanti, quando andiamo al di sotto della MIC, minima concentrazione inibente.

Tossicologia: Interazioni farmacodinamiche

Le interazioni Farmacodinamiche possono dar luogo a delle sindromi tossiche, come la sindrome
serotoninergica. Sono interazioni che avvengono a livello di uno o più recettori. Possono essere di
tipo competitivo se avvengono sullo stesso recettore; oppure di tipo non competitivo se avvengono
su recettori diversi correlati tra di loro fisiologicamente.
L’effetto finale della interazione può essere un Sinergismo, cioè quando si ha la somministrazione di
due o più farmaci che provocano un aumento, nel caso del sinergismo di somma o di potenziamento,
o una diminuzione, nel caso del sinergismo di degradazione, dell’attività farmacologica, piuttosto che
un Antagonismo, esso si basa sull’interazione che coinvolge il meccanismo d’azione dei farmaci
poiché vado ad incidere su quello che è il recettore target di un farmaco. Per questo motivo possiamo
dire che l’antagonismo sia un’interferenza farmacologica in grado di determinare l’annullamento o la
riduzione dell’effetto di un farmaco da parte di un altro farmaco. Un esempio di Antagonismo è
rappresentato dal Naloxone, farmaco funzionale per combattere la depressione respiratoria indotta
dall’overdose di eroina. Somministrazione endovenosa necessaria per tutto il tempo finché l’eroina
non sarà del tutto allontanata, perché l’emivita tra naloxone ed eroina è differente (emivita del
naloxone di 4h). Sfruttiamo perciò questo antagonismo recettoriale, al fine di limitare l’attività
dell’eroina sul centro del respiro. Questo è perciò un esempio di interazione farmacodinamica
utilizzata al fine di salvare il soggetto.
Un altro esempio di interazione farmacodinamica può essere l’effetto collaterale dato dalla
somministrazione contemporanea di due tipi di farmaci in un soggetto anziano in cui alcuni effetti
collaterali possono essere particolarmente accentuati. Gli anti-H1; antidepressivi o anti Parkinson
hanno degli effetti collaterali comuni i quali possono portare ad ulteriori effetti negativi su funzioni
cognitive; ritenzione urinaria (già problematica nell’anziano); aggravamento del glaucoma. Questa
interazione farmacodinamica può essere funzionale nel momento in cui, somministrando questi
farmaci insieme, se ne può ridurre la dose.
La Morfina, oltre all’effetto centrale di tipo antidolorifico per la presenza dei recettori µ a vari
livelli del nostro organismo provoca:
-stipsi da oppiacei, non curabile.
- Libera istamina
- Costringe i bronchi
- Riduce la diuresi
Visti questi effetti, tutti quei farmaci che abbiano azioni analoghe o antagoniste interferiranno con tali
effetti della morfina.
Interazioni a livello dei recettori: Quando si somministra un curarico come miorilassante, bisogna
somministrare un farmaco che inibisca le acetilcolinesterasi (es tubocurarina) quando si vuole
ristabilire le condizioni anestetiche, il quale porta ad un aumento dell’acetilcolina stessa che spiazzerà
il curarico dal suo legame con il recettore nicotinico.
Interazioni farmacodinamiche degli IMAO: la sindrome serotoninergica

Questa sindrome si potrebbe verificare in un trattamento di pz con depressione, motivo per il quale c’è
poca compliance degli stessi a sostenere tali terapie. In passato infatti, c’erano pochi farmaci, e quelli più
usati erano gli inibitori delle monoammino ossidasi, iMAO
Gravi crisi ipertensive possono essere provocate da una contemporanea assunzione di IMAO con altri
Farmaci utilizzati per la preparazione di spray nasali decongestionanti, come l'Efedrina, la Norefedrina e la
Fenilefrina. L'interazione con barbiturici e antistaminici, anestetici e alcool può causare agitazione,
convulsioni e coma. Effetti che possono essere causati dall’ assunzione contemporanea di più farmaci tutti
tendenti ad aumentare le concentrazioni di serotonina nel vallo sinaptico.
La grande quantità di farmaci antidepressivi presenti oggi sul mercato è correlata alla diversa risposta ad
essi che ciascun pz ha. Si parte sempre da quelli più sicuri, con effetti più rapidi, anche perché sappiamo che
per ottenere un miglioramento della patologia sono necessarie settimane di trattamento. Se non otteniamo
risposta, bisogna passare ad altre classi di farmaci, magari anche meno sicure, come inibitori delle MAO, o
antidepressivi triciclici.

Questi farmaci, soprattutto gli inibitori delle MAO, possono causare quindi queste gravi crisi
ipertensive con emorragia cerebrale anche fatale, preceduta da forti mal di testa, vomito, dolore
toracico, la cosiddetta sindrome serotoninergica. Tale sindrome può essere determinata anche dalla
sola assunzione di ecstasy, droga con bassissimo indice terapeutico, proprietà per cui è
particolarmente tossica. Tale tossicità è spiccata in soggetti per i quali c’è una predisposizione
genetica. L’ecstasy agisce con più meccanismi di azione, determinando un enorme aumento della
concentrazione di serotonina e quindi la morte per sindrome serotoninergica. Aumenta la liberazione
di serotonina nel vallo sinaptico, e ne inibisce la ricaptazione; aumenta la sintesi della serotonina e ne
inibisce il metabolismo. Assumendo l’ecstasy, è come assumere un cocktail di antidepressivi. Agendo
soltanto sui neuroni serotoninergici, l’ecstasy provoca degli effetti molto potenti.

Ritornando alla sindrome serotoninergica indotta da iMAO, ad alto rischio di tossicità è l'interazione
tra questi farmaci e alimenti o bevande con elevate quantità di tiramina. Tali alimenti ad alto
contenuto di tiramina porterebbero ad una non metabolizzazione della stessa che diventerebbe
pericolosa poiché l’effetto ipertensivo diventerebbe preponderante e porterebbe ad effetti nocivi. Gli
alimenti ad alto contenuto di tiramina sono: formaggi stagionati, pesci salati, carni in scatola, vino, fagioli,
cioccolato, birra, fave, banane, fichi, salumi. Di qui capiamo anche un altro motivo per cui gli inibitori delle
MAO sono stati surclassati da altri farmaci, perché è vero che sono molto potenti, ma la terapia
prolungata necessaria complicava ulteriormente la vita del soggetto, che doveva privarsi anche di questi
cibi.

Anche l’associazione di più farmaciantidepressivi con diverso meccanismo d’azione potrebbe


determinare la sindrome serotoninergica la quale può sfociare nell’insufficienza renale, crisi
convulsive, agitazione ed ipertermia.
L’associazione di farmaci anti-ipertensivi è un altro esempio di interazione farmacodinamica di
tipo sinergica con miglioramento dell’effetto terapeutico, come Ca antagonisti + beta bloccanti, o
ACE inibitori + diuretici.
Un altro tipo di interazione a cui bisogna stare attenti è quella tra Fans ed Anticoagulanti orali.
Bisogna fare attenzione perché si potrebbe avere un eccessivo effetto antiaggregante piastrinico
che potrebbe portare ad emorragie gastriche frequenti.
Interazioni a livello dello stesso sito d’azione o dello stesso sistema fisiologico:
La somministrazione contemporanea di due Farmaci che agiscano sullo stesso sito o che influenzino
lo stesso sistema può comportare una riduzione o un incremento della risposta. Se pensiamo ad
esempio all’interazione tra oppioidi e benzodiazepine nell’anestesia. Essi agiscono su recettori
diversi, i quali però si trovano sullo stesso neurone o su neuroni adiacenti portando ad un
potenziamento dell’effetto.

Interazioni legate a modificazioni dell’equilibrio idro-elettrolitico: Tutti i farmaci che agiscono su


questi sistemi (miocardio; rene; trasmissione neuromuscolare), possono modificare l’equilibrio idro-
elettrolitico. Un esempio sono i diuretici ed i digitalici. Quando si assume un digitale ed un diuretico
contemporaneamente bisogna fare attenzione a non utilizzare un diuretico tiazidico il quale
riducendo molto il potassio, faciliterebbe la tossicità del digitalico.

I diuretici risparmiatori di K+ non vanno associati a prodotti contenenti sali di K+ o ad ACE inibitori,
perché quest’ultimi incrementano la potassemia, definendo un’iperpotassemia che potrebbe essere
fatale in soggetti con insufficienza renale.

L’interazione tra FANS ed ACE inibitori con prodotti con K+ definiscono una riduzione dell’effetto
anti-ipertensivo, causata dall’iperpotassemia, molto pericolosa in soggetti diabetici e con ridotta
funzionalità renale.
IPERICO. L’Iperico, o erba di San Giovanni, è una specie fitoterapica venduta anche senza prescrizione
medica. Questa specie vegetale contiene due principi attivi fondamentali: ipericina e iperforina, che fungono
da inibitori della ricaptazione della Serotonina e da inibitori dell’attività delle monoamino ossidasi,
aumentando così i livelli di serotonina. Possiamo immaginare le possibili interazioni farmacodinamiche,
nel momento in cui sinergizza con SSRIs (inibitori della ricaptazione della Serotonina sintetici),
antidepressivi triciclici e inibitori MAO.
Questo è ancora più importante nel momento in cui si considera che non è venduto solo su
prescrizione medica. Spesso i soggetti che soffrono di depressione non sono consapevoli che la terapia
farmacologica inizia ad avere effetti dopo alcune settimane (c’è bisogno di un turn-over dei recettori),
motivo per il quale potrebbero usare Iperico nell’impazienza di stare meglio, mentre stanno assumendo
anche SSRIs. Noi da farmacisti dobbiamo stare attenti anche quando vendiamo prodotti senza ricetta.
Anche perché inizialmente il medico prescrive dosi moderate e richiede incontri frequenti con il pz per
verificare l’andamento della terapia, onde evitare eventi infausti come il suicidio, indotto dall’assunzione
eccessiva di compresse ed iperico per accelerare il miglioramento della situazione. Le preparazioni di
Iperico possono anche avere interazioni farmacodinamiche con i triptani usati per trattare la cefalea e
queste interazioni possono sviluppare gravi reazioni avverse.
Sembra che l’uso di Iperico possa inibire la secrezione endogena di prolattina, causando problemi alla
lattazione. Si consideri che le neo-madri (nel periodo dell’allattamento) possano incorrere in forme
depressive dovute a motivi fisiologici e psicologici (“maternity blues”). C’è quindi il rischio che la persona
possa ipotizzare l’uso di Iperico, riscontrando poi questo effetto collaterale sull’allattamento.
Qualora ciò si dovesse verificare, sarà sufficiente ridurre la dose o interrompere il trattamento con l'iperico.
Interazione recettoriali: Importanti interazioni farmacodinamiche sono quelle date da sostanze
antagoniste ai nostri recettori (competizione per il sito catalitico). Un esempio è l’atropina che
antagonizza fortemente l’acetilcolina endogena, facendo competizione per il recettore nicotinico,
neuronale o muscolare che sia (non a caso si usa per ridurre la stimolazione vagale al fine di ridurre
la secrezione acida gastrica o lo stimolo dell’emesi, oppure per agire sulla placca neuromotrice per
indurre il rilassamento muscolare etc.).
Pericolosa è anche l’associazione di un Beta bloccante ed adrenalina, poiché si verifica
vasocostrizione periferica con rischio di ischemia agli arti.
Altro esempio riguarda la Perexilina (agente vasodilatante usato come anti-anginoso) in associazione agli
ACE-Inibitori. La loro combinazione porta a uno stato ipoglicemico, che può ovviamente aggravarsi se il
soggetto assume anche farmaci ipoglicemizzanti orali. Questo è dovuto al fatto che gli ACE-Inibitori
aumentano la concentrazione di chinine plasmatiche (che causano anche tosse secca), che aumentano
l’uptake di glucosio, favorendo l’ipoglicemia.

GLICOPROTEINA P. La Glicoproteina P, proteina transmembranaria molto espressa in fenotipi tumorali


resistenti ai chemioterapici, e codificata dal gene Mdr1, serve come protezione in tessuti pancreatici e
renali. In che modo proteggono queste cellule? Eliminando o impedendo l’assorbimento di sostanze
eliminabili dalla cellula. Alcune cellule neoplastiche, però, over- esprimono la Glicoproteina P portando a
una farmaco-resistenza ai farmaci anti-tumorali.
Quando si instaura una farmaco-resistenza, in questo caso indica che la cellula ha attivato la
trascrizione di enzimi e proteine (come la Glicoproteina P), che estrudono il farmaco chemioterapico.
Questo non permette al farmaco anti-tumorale di concentrarsi e avere effettosulle singole cellule e,
quindi, sul tessuto.
Si consideri che, come per la terapia anti-virale, anche nel caso della terapia anti-tumorale si parla di un
cocktail di farmaci. Se si manifesta una farmaco-resistenza ad un farmaco, non basta cambiarne uno ma
l’intero cocktail per poter avere un’efficacia terapeutica.

FARMACOGENOMICA. Si consideri che da soggetto a soggetto può variare l’espressione (quantitativa e


qualitativa) di alcuni enzimi o proteine in genere. Un esempio è il favismo, dovuto a una cattiva espressione
della Glucosio-6-Fosfato Deidrogenasi. Un altro esempio è il fatto che alcune persone possano avere enzimi
di metabolizzazione fortemente attivi (es. acetilatori veloci) e altri che sono meno attivi (es. acetilatori
lenti). Se prescrivo un farmaco a un pz che ha un polimorfismo genetico sull’enzima responsabile del
metabolismo, potrò indicare una dose minore, poiché in mancanza dell’enzima di metabolizzazione,
persisterà più a lungo nell’organismo.
Quando queste differenze genetiche si trovano all’interno di una popolazione di persone (almeno nell’1-2%
dei soggetti che compongono la popolazione in esame), si parla di polimorfismo genico. Questi polimorfismi
genici interessano maggiormente delle mutazioni riguardanti i sistemi enzimatici. Si sappia anche che queste
mutazioni non solo possono essere di natura spontanea, ma possono essere dovute anche dal nostro
comportamento e dall’ambiente. Ad esempio, si immagini di consumare continuamente alimenti mutageni
e cancerogeni (carni, nitrosouree etc.), tali che indurranno delle mutazioni che si sommeranno a quelle
spontanee, favorendo la nascita di nuovi polimorfismi.
Un esempio di polimorfismo genetico è rappresentato dall’uso degli antidepressivi triciclici, la cui
concentrazione plasmatica varia anche di 20/30 volte, poiché sono metabolizzati attraverso reazioni di
idrossilazione epatica, e la velocità di idrossilazione è diversa da individuo ad individuo in base alle
caratteristiche genetiche. Quindi varia molto l’attività farmacologica di un farmaco in base a quanto viene
metabolizzato!
Sulla base che i geni siano omozigoti o eterozigoti, si distinguono due tipi di fenotipi dei sistemi enzimatici: i
metabolizzatori veloci e i metabolizzatori lenti.
 I metabolizzatori veloci degraderanno ed elimineranno velocemente un determinato
farmaco, motivo per il quale si richiede una dose più alta rispetto allo standard (altrimenti
non si ha effetto terapeutico, per via di un ipo-concentrazione plasmatica).
 I metabolizzatori lenti degraderanno ed elimineranno lentamente un determinato farmaco,
motivo per il quale si richiede una dose più bassi rispetto allo standard (altrimenti si hanno
effetti tossici, per via di un iper-concentrazione plasmatica).

I più noti polimorfismi riguardano:


 Citocromo P450 e le sue isoforme (importante per l’alcol),
 Glutatione-S-Transferasi (importante per smaltire i metalli pesanti)
 Acetiltransferasi
 Debrisochina-sparteina idrossilasi
 Mefenitoina idrossilasi
 Glutatione S-transferasi
 Sulfotransferasi
 Metiltransferasi

Un polimorfismo genico riguardante i sistemi enzimatici, è quello dei sistemi di acetilazione dei
farmaci. L’N-acetilazione epatica è una reazione molto importante nella metabolizzazione
dell’Isionazide (farmaco usata come componente della terapia anti-tubercolare).
Troveremo persone che presentano un fenotipo AR (Acetilatori rapidi, sono omozigoti a carattere
dominante, oppure eterozigoti con allele dominante) e persone che presentano un fenotipo AL
(Acetilatori Lenti, sono omozigoti con entrambi gli alleli recessivi).

 Nei soggetti Acetilatori Rapidi avremo bisogno di più Isionazide (al dosaggio standard si ha attività
ridotta o nulla, perché il farmaco viene metabolizzato più velocemente).
 Nei soggetti Acetilatori Lenti avremo bisogno di meno Isionazide. Al dosaggio standard, infatti, si
riscontrano effetti collaterali che non dovrei avere a quella dose. Questo dipende dal fatto che gli
Acetilatori Lenti metabolizzano più lentamente l’Isionazide, tale che la concentrazione plasmatica del
farmaco resta alta per un tempo più lungo rispetto al normale. Questo problema può determinare lo
sviluppo di condizioni come le neuropatie periferiche ed epatopatia.
La proporzione dei due fenotipi varia nelle diverse etnie: Europa e nord America presentano il 40-70% di AL; Asia
il 10-30% di AL; Eschimesi circa il 100% di AR.

Altro esempio riguarda il polimorfismo delll’enzima debrisochina-sparteina-idrossilasi:


Nel 1977, al St Mary’s Hospital di Londra fu osservata un’aumentata risposta ipotensiva alla debrisochina per
ridotto metabolismo. Successivamente nel 1977 furono osservati a Bonn degli effetti collaterali legati e
ridotto metabolismo ossidativo della sparteina, anti-aritmico.
Anche per tale reazione metabolica vi sono:

• Metabolizzatori lenti, Poor Metabolizer, omozigote x gene recessivo


• Metabolizzatori rapidi, Early Metabolizer, omozigoti o eterozigoti x gene dominante
• 5-10 % di bianchi sono PM
• 1-2 % asiatici sono PM
• La maggior parte sono EM

EM (Early Metabolizer) > Metabolizzatori veloci, omozigoti dominanti o eterozigoti (↓


efficacia terapeutica) Il fenotipo EM è caratterizzato dalla duplicazione o amplificazione di un
gene CYP2D6.

PM (Poor Metabolizer) > Metabolizzatori lenti, omozigoti recessivi (𝗍 effetti


collaterali).Il fenotipo PM è caratterizzato dalla perdita di funzione di alcuni alleli del
gene CYP2D6.
Questo polimorfismo comporta una maggiore propensione a sviluppare reazioni avverse a
Farmaci ai dosaggi convenzionali o a una ridotta efficacia degli stessi.
Questi polimorfismi sul metabolismo sono correlati anche alla possibilità che il farmaco post
metabolismo sia attivato e quindi a reazioni avverse associate all’aumentata concentrazione
dello stesso, quando il soggetto è metabolizzatore veloce.
Un altro esempio, è dato dal polimorfismo ossidativo associato al meccanismo di idrossilazione
della mefenitoina: dopo somministrazione di questo anticonvulsivante, c’è un maggiore rischio
di ADRs quando il paziente manifesta un deficit nell’idrossilazione. In particolar modo, tale
polimorfismo è presente nel 2-6% di soggetti di razza bianca, 18-23% di soggetti giapponesi, 15-
17% di soggetti cinesi.
Di seguito riportato il
meccanismo di identificazione del
polimorfismo genico.

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