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IL VAIOLO
Tra le due tipologie di virus, il Variola maior determina la comparsa dei segni clinici
(Fig.2) in modo più evidente ed ha una mortalità del 30-35%. Le complicanze per chi
riesce a sopravvivere includono, nel 65-85% dei casi, cicatrici permanenti, mentre
nel 2-5% dei casi possono manifestarsi cecità e deformazione agli arti.
fig. 2
Le origini, come l’epoca, di questa malattia non si conoscono ancora, anche se gli
studiosi ipotizzano che possa essersi evoluto da un virus dei roditori. Esistono, però,
prove della sua prima comparsa tra gli uomini che, circa 3000 anni fa, prosperavano
nella Valle del Nilo dell’Antico Egitto. Gli esami effettuati su alcune mummie egizie
mostrerebbero lesioni simili e compatibili con quelle causate dalla malattia virale.
Quello che gli studiosi ipotizzano è che i commercianti egiziani abbiano importato il
vaiolo in India nel I millennio a.C., dove è rimasto endemico per 2000 anni; il vaiolo
sembrerebbe poi essere stato introdotto in Cina nel I secolo a.C e da qui in Giappone
nel IV secolo, dove si stima abbia decimato 1/3 della popolazione. Non è molto
chiaro come questa malattia sia sopraggiunta in Europa e in quale periodo storico
preciso, ma sembra che i primi focolai abbiano avuto origine nel Medioevo con
successive disastrose epidemie, rendendo il vaiolo la principale malattia endemica
nel mondo nel XVIII secolo, prima causa di morte in Europa con 400.000 decessi
l’anno. Fortunatamente oggi il vaiolo non esiste più e viene certificata come malattia
sradicata dalla popolazione mondiale dal 1980 (Organizzazione Mondiale della
Sanità).
Nessun caso di vaiolo si è verificato al mondo dal 1977, per via della vaccinazione
su scala mondiale. Nel 1980, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha
raccomandato la sospensione della pratica routinaria della vaccinazione anti-
vaiolosa.
Fisiopatologia del vaiolo
Esistono almeno 2 ceppi di virus del vaiolo umano:
Il tasso di attacco raggiunge l'85% negli individui non vaccinati e l'infezione può
portare fino a 4-10 casi secondari per ciascun caso indice. Tuttavia, l'infezione
tende a diffondersi lentamente e, soprattutto, tra persone a stretto contatto tra
loro.
Variola major
La variante major ha un periodo di incubazione di 10-12 giorni (variabile da 7 a 17
giorni), seguito da un periodo prodromico di 2-3 giorni caratterizzato da febbre,
cefalea, lombalgia ed estremo malessere. Talvolta possono presentarsi dolore
addominale e vomito. Dopo questa fase, compaiono lesioni maculo-papulari sulla
mucosa orofaringea, sul volto e sulle braccia, diffondendosi rapidamente al tronco
e alle gambe. Le lesioni orofaringee si ulcerano rapidamente. Dopo 1-2 giorni, le
lesioni cutanee diventano vescicolari e poi pustolose. Le papule sono più numerose
sul viso e sugli arti che sul tronco e possono interessare il palmo delle mani. Le
pustole sono tondeggianti e tese e appaiono collocate in profondità. Le lesioni
cutanee del vaiolo, a differenza di quelle della varicella, si trovano tutte al
medesimo stadio di evoluzione in una determinata parte del corpo. Dopo 8 o 9
giorni le pustole diventano croste. Importanti cicatrici residue sono tipiche.
Il tasso di mortalità è di circa il 30%. La mortalità è dovuta alla massiva risposta
infiammatoria che causa shock e insufficienza multiorgano e avviene solitamente
durante la seconda settimana di malattia.
Circa il 5-10% dei soggetti con variola major sviluppa una variante emorragica o
una maligna (vaiolo piatto).
Variola minor
La variola minor determina sintomi simili ma molto meno gravi, con un esantema
meno esteso.
Dopo una singola vaccinazione la risposta immune inizia ad attenuarsi dopo 5 anni
ed è probabilmente trascurabile dopo 20 anni. Negli individui rivaccinati con
successo una o più volte, una certa immunità residua può persistere per ≥ 30 anni.