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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA

DIPARTIMENTO DI MEDICINA SPERIMENTALE


Corso di Laurea in Infermieristica

TESI DI LAUREA

Il COVID-19 nell’emergenza sanitaria 2020-


2021:
ANALISI RETROSPETTIVA DELLA
MORTALITA‘ nei pazienti affetti da polmonite
SARS-COV2 trattati con ventilazione meccanica
invasiva e non invasiva in terapia intensiva.

Relatore Laureando

Prof. Antonio Galzerano Giulia Pera

Anno Accademico 2020/2021


A te, Mamma.

Sommari

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o

INTRODUZIONE:.......................................................................................................................4
CAPITOLO I: IL NEMICO INVISIBILE: COVID-19................................................................5
1.1 SINTOMI.....................................................................................................................7
1.2 EPIDEMIOLOGIA.......................................................................................................9
1.3 MODALITÁ DI TRASMISSIONE E PREVENZIONE..................................................13
1.4 DPI...................................................................................................................................15
CAPITOLO II: FISIOLOGIA DELLA RESPIRAZIONE.........................................................18
2.1 VENTILATORE:.............................................................................................................20
2.1.2 OSSERVAZIONE CLINICA E MONITORAGGIO.................................................26
2.2 VENTILAZIONE NON INVASIVA: INTERFACCE.....................................................29
2.2.1 MONITORAGGIO IN CORSO DI VENTILAZIONE MECCANICA NON
INVASIVA........................................................................................................................34
2.3 VENTILAZIONE INVASIVA: INDICAZIONE ALL'INTUBAZIONE.........................36
2.3.1 MONITORAGGIO E PROCEDURE IN CORSO DI VENTILAZIONE
MECCANICA INVASIVA................................................................................................40
2.3.2 COMPLICAZIONI ALL'INTUBAZIONE................................................................42
2.4 OSSIGENOTERAPIA AD ALTO FLUSSO....................................................................44
2.5 ARDS E ECMO...............................................................................................................46
CAPITOLO III: ASSISTENZA AL PAZIENTE COVID-19 IN TERAPIA INTENSIVA........50
3.1 POSIZIONAMENTO SUPINOPRONO IN ERA COVID-19..............................................52
CAPITOLO IV: INDAGINE CONOSCITIVA..........................................................................55
4.1 MATERIALI E METODI................................................................................................55
4.2 RISULTATI DELL'INDAGINE......................................................................................57
4.3 ANALISI DEI RISULTATI.............................................................................................62
4.4 CONCLUSIONI...............................................................................................................66
Bibliografia.................................................................................................................................68

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INTRODUZIONE:

Ormai è da quasi due anni che se ne sente parlare, il Covid-19 rientra tra uno degli
eventi drammatici più rilevanti nella storia degli ultimi decenni, ricoprendo un ruolo
fondamentale come oggetto di studio.

In prima linea si sono visti medici e infermieri combattere ogni giorno con un nemico
invisibile, cercando di integrare conoscenze e pratiche note, con delle nuove.

Durante questa pandemia, è stata rivalutata la figura dell’infermiere ed è sempre più


importante che esso sia consapevole delle sue responsabilità e dell’importanza del
lavoro d’equipe.

E‘ dalla stretta collaborazione tra infermiere di terapia intensiva e medico, che è


possibile elaborare dei validi e attendibili score di valutazione che permettono talvolta
di prevenire esiti infausti.

Ma quanto possono essere attendibili le scale utilizzate nella pratica medica e


infermieristica in tempi di pandemia?

Il nostro studio nasce da questo quesito che ci siamo posti dall’inizio dell’emergenza
sanitaria COVID-19 di fronte al decesso di tantissime persone nell’arco di poco tempo.

In particolare, abbiamo preso come oggetto di studio il Sofa Score, poichè è un indice di
valutazione utilizzato quotidianamente nelle terapie intensive grazie alla collaborazione
dell’infermiere che monitora alcuni degli items fondamentali per determinare tale
indice.

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CAPITOLO I: IL NEMICO INVISIBILE: COVID-19

I coronavirus sono un’ampia famiglia di virus respiratori che possono causare malattie
da lievi a moderate, dal comune raffreddore a sindromi respiratorie come la MERS,
anche definita come sindrome respiratoria mediorientale e la SARS.

Sono virus RNA a filamento positivo, con aspetto simile a una corona al microscopio
elettronico, da qui il loro nome.

I coronavirus sono stati identificati a metà degli anni '60 e sono noti per infettare l'uomo
e alcuni animali inclusi uccelli e mammiferi.

Le cellule bersaglio primarie sono quelle epiteliali del tratto respiratorio e


gastrointestinale.

Ad oggi, sette coronavirus hanno dimostrato di essere in grado di infettare l'uomo.

Quattro dei 7 coronavirus, quali 229E, OC43, NL63 e HKU1, negli esseri umani in
genere si manifestano con i sintomi del raffreddore comune e raramente, possono
verificarsi gravi infezioni delle basse vie respiratorie, bronchiolite e polmonite
soprattutto nei lattanti, negli anziani e nelle persone immunocompromesse.

Tre dei 7 coronavirus causano infezioni respiratorie molto più gravi e talvolta fatali
nell'uomo rispetto ad altri coronavirus e hanno causato gravi focolai di polmonite
mortale nel XXI secolo. Questi sono:

 Il SARS-CoV-2 il quale è un nuovo coronavirus identificato come la causa della


malattia da coronavirus nel 2019 che ha iniziato a Wuhan, in Cina, alla fine del
2019 e si è diffuso in tutto il mondo.
 Il coronavirus MERS-CoV, che è stato identificato nel 2012 come la causa della
sindrome respiratoria del Medio Oriente.
 Il SARS-CoV identificato nel 2003 come la causa di un focolaio di sindrome
respiratoria acuta grave che è iniziato in Cina verso la fine del 2002.

Questi coronavirus, che causano gravi infezioni respiratorie, sono patogeni zoonotici
che usano animali infetti come serbatoio e vengono poi trasmessi alle persone.

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Tra questi, Il SARS-CoV-2 ha una capacità di trasmissione significativa da persona a
persona.

Il virus responsabile dell’epidemia attuale è un nuovo ceppo di coronavirus mai


identificato in precedenza nell’uomo. (Meoni, 2021)

La comparsa di nuovi virus patogeni per l’uomo, precedentemente circolanti solo nel
mondo animale, è un fenomeno ampiamente conosciuto, anche chiamato spill over o
salto di specie, e si pensa che possa essere alla base anche dell’origine del nuovo
coronavirus.

Le evidenze attualmente disponibili suggeriscono che SARS-CoV-2 abbia un’origine


animale e che non sia un virus costruito e molto probabilmente il reservoir ecologico di
SARS-CoV-2 risiede nei pipistrelli.

Il 12 febbraio 2020 l'Organizzazione mondiale della sanità ha identificato il nome


definitivo della malattia in COVID-19, abbreviazione per coronavirus disease 2019.
(MINISTERO DELLA SALUTE, 2021).

Nello stesso giorno la Commissione internazionale per la tassonomia dei virus,


International Committee on Taxonomy of Viruses - ICTV ha assegnato il nome
definitivo al virus che causa la malattia: SARS-CoV2, sottolineando che si tratta di un
virus simile a quello della SARS che si classifica geneticamente all'interno del
sottogenere Betacoronavirus Sarbecovirus. (EMERGENZA COVID-19, 2021)

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1.1 SINTOMI

I sintomi di COVID-19 variano sulla base della gravità della malattia, dall'assenza di
sintomi al presentarsi di febbre, tosse, mal di gola, debolezza, affaticamento e dolore
muscolare.

I casi più gravi possono presentare polmonite, sindrome da distress respiratorio acuto e
altre complicazioni, tutte potenzialmente mortali.

Perdita improvvisa dell’olfatto, anosmia, o diminuzione dell'olfatto, iposmia, perdita del


gusto, ageusia, o alterazione del gusto, disgeusia, sono stati riconosciuti come sintomi di
COVID-19. (Regione Lombardia, s.d.)

Altri sintomi meno specifici possono includere cefalea, brividi, mialgia, astenia, vomito
e/o diarrea, irritabilità, confusione, coscienza ridotta a volte associata a convulsioni,
ansia, depressione, disturbi del sonno, complicazioni neurologiche più gravi e rare come
ictus, infiammazione cerebrale, delirio e danni ai nervi. (fig1)

Le persone anziane di età superiore ai 60 anni e quelle con patologie preesistenti, come
ipertensione arteriosa, problemi cardiaci, diabete, malattie respiratorie croniche, cancro
e i pazienti immunodepressi per patologia congenita o acquisita, trapiantati o in
trattamento con farmaci immunosoppressori hanno maggiori probabilità di sviluppare
forme gravi di malattia.

Figura 1: Covid-19: il raffreddore e


l’influenza, le differenze della
sintomatologia.

Fonte:
https://www.ambimed-group.com/it/covid-
19-raffreddore-e-influenza-scopriamo-le-
differenze

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Per quanto riguarda le complicanze che possono insorgere in un paziente affetto da
COVID-19 abbiamo malattie respiratorie che progrediscono in ARDS e morte.

L'ARDS insorge nel 15-30% dei casi e si manifesta generalmente dopo 9 giorni dalla
presenza della malattia, seguita dall’immediato ricovero in terapia intensiva per il
supporto ventilatorio; essa si verifica in caso di comorbilità come ipertensione arteriosa
e diabete mellito.

Le altre complicanze possono riguardare disturbi cardiaci, disturbi della coagulazione,


polineuropatia infiammatoria acuta, sepsi, shock, insufficienza multiorgano anche
definita MOF, coma, morte.

Al momento del ricovero in ospedale, i segni vitali appaiono generalmente stabili,


mentre gli esami del sangue mostrano comunemente un basso numero di globuli
bianchi, con conseguente leucopenia e linfopenia.

I bambini invece sembrano reagire alla malattia meglio degli adulti poiché i sintomi
sono generalmente più lievi, ma mancano ancora prove sufficienti per poterlo affermare
con certezza.

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1.2 EPIDEMIOLOGIA

Il 31 dicembre 2019 le autorità sanitarie cinesi hanno riferito che nella città di Wuhan in
provincia di Hubei, Cina centro-orientale, si era sviluppato un focolaio epidemico di
casi di polmonite atipica a eziologia non nota.

Molti dei casi iniziali riferivano la frequentazione del mercato all’ingrosso del pesce di
Wuhan, dove sono in vendita anche animali selvatici di specie disparate, utilizzati a
scopo alimentare. (Qun Li, 2020)

Il 9 gennaio 2020 il Center for Disease Control cinese ha comunicato di aver


identificato l’agente causale: un nuovo coronavirus, dapprima denominato in via
provvisoria 2019-nCoV e ufficialmente chiamato SARSCoV-2 dall’International
Committee del Taxonomy of Viruses l’11 febbraio 2020, che è stato rapidamente
sequenziato e messo a disposizione della comunità scientifica e successivamente ha
confermato la possibilità di trasmissione interumana del virus. (Luca Francetti, 2020)

Uno studio italiano ha analizzato, utilizzando modelli matematici, le variazioni dei


genomi disponibili del virus SARS-CoV-2 per ricostruirne la dinamica evolutiva e ha
ipotizzato su basi filogenetiche che l’epidemia abbia avuto origine fra ottobre e
novembre 2019. (Carù, 2021)

Ad oggi, a livello globale, ci sono stati circa 137.541.598 casi confermati di COVID-19,
inclusi 2.960.777 decessi, segnalati all'OMS.

Fino al 14 aprile 2021, sono state somministrate un totale di 733.287.398 dosi di


vaccino.

Di questi, 103.185 casi confermati di COVID-19 In Cina con 4.856 decessi, segnalati
all'OMS.

Al 5 aprile 2021, sono state somministrate in totale 142.800.000 dosi di vaccino.

I continenti con il più alto numero di casi, a parte la Cina, sono l'Europa con 48.148.670
e le Americhe con 58.816.275 (Organization, 2021)

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I primi due casi di coronavirus in Italia sono stati una coppia di turisti cinesi partiti da
Wuhan prima del blocco dei voli.

Il terzo caso di coronavirus riguardava uno dei 56 italiani rientrati da Wuhan che ha
manifestato sintomi durante la quarantena nella Città militare della Cecchignola.
(Severgnini, 2020)

Venerdì 21 febbraio 2020 è una data centrale per la vicenda italiana legata al nuovo
coronavirus.

In questa data sono emersi diversi casi di coronavirus nel lodigiano, in Lombardia: si
tratta di persone non provenienti dalla Cina e alcuni dei paesi più colpiti come Codogno,
Castiglione d’Adda e Casalpusterlengo sono stati di fatto chiusi.

Fuori dalla Cina, il numero di contagiati è rimasto alto per molto tempo in Italia, Iran e
Corea del Sud, anche se per l’OMS quella del Covid-19 è stata definita dopo mesi una
vera e propria pandemia.

Tuttavia, fra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo 2020, dopo l’Italia, anche in
altri stati europei e non solo sono stati rilevati un numero crescente di casi e considerata
un’epidemia. (Rita, 2020)

La percentuale di casi con conferma di laboratorio classificata come gravi è del 17% e
la letalità, ovvero il rapporto tra numero di decessi causati dalla condizione e numero di
casi accertati, varia dal 4% al 14%. (Civetta, 2020).

A fine dell’anno 2020 non è stato possibile definire se ci fossero gruppi di popolazione
particolarmente a rischio, anche se la probabilità di sviluppare un quadro più grave si è
notata di come fosse maggiore negli anziani e in soggetti con patologie preesistenti,
respiratorie, cardiache o metaboliche. (Andrioli, 2020)

Sembra esserci una leggera prevalenza di casi e mortalità negli uomini, ma ciò potrebbe
essere dovuto a una maggiore mobilità e probabilità di contatti con la fonte animale
primaria, anche se alcuni ricercatori hanno ipotizzato che, sempre analogamente ad altre
infezioni virali, possano esserci differenze di genere dovute fra l’altro ai diversi assetti
ormonali e immunologici, per favorire in termini evoluzionistici la sopravvivenza
femminile. (Monaghan, 2021)

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In analogia con l’epidemia SARS, causata da un altro coronavirus, è probabile che il
decorso nei giovani sia più favorevole: la SARS aveva infatti una letalità che aumentava
all’aumentare dell’età, con meno dell’1% nelle persone sotto i 24 anni, il 6% nella
fascia 25-44 anni, il 15% dai 45-64 anni e più del 55% negli ultrasessantacinquenni.
(Nicoletta Scarpa, Scribd, 2020)

Dall’analisi dell’ISS sugli 8.342 casi risultati positivi in Italia al 9 marzo 2020 emerge
che l’1,4% ha meno di 19 anni, il 22% è nella fascia di età tra i 19 e i 50 anni, il 37,4%
tra i 51 e i 70 anni, e il 39,2% ha più di 70 anni, per un’età mediana di 65 anni. Il 62,1%
sono maschi.

Dall’analisi dell’ISS sugli 8.342 casi risultati positivi in Italia al 9 marzo 2020 emerge
che l’1,4% ha meno di 19 anni, il 22% è nella fascia di età tra i 19 e i 50 anni, il 37,4%
tra i 51 e i 70 anni, e il 39,2% ha più di 70 anni, per un’età mediana di 65 anni. Il 62,1%
sono maschi.

Il tempo mediano trascorso tra la data di insorgenza dei sintomi e la diagnosi è di 3-4
giorni.

Il 10% dei casi è asintomatico, il 5% con pochi sintomi, il 30% con sintomi lievi, il 31%
è sintomatico, il 6% ha sintomi gravi e il 19% critici.

Il 24% dei casi esaminati è ospedalizzato.

L’analisi conferma che il 56,6% delle persone decedute ha più di 80 anni, e due terzi di
queste ha tre o più patologie croniche preesistenti. (Nicoletta Scarpa, Scribd, 2020)

Circa la mortalità, gli ultimi dati pubblicati dall’ISS sul focolaio italiano di 155 casi
mostrano che in tutte le fasce di età la letalità nella popolazione italiana è più bassa
rispetto a quella osservata in Cina.

La letalità complessiva in Italia risulta invece del 2,9% contro il 2,3% della Cina. Il
dato generale è più alto nella popolazione italiana perché l’età media della popolazione
italiana è maggiore rispetto a quella cinese e in Italia c’è un maggior numero di malati
con età superiore agli 80 anni.

Un aspetto da valutare é l'R0 ,ovvero il numero di riproduzione di base, il quale è un

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parametro importante in un’epidemia che rappresenta il numero medio di infezioni
secondarie determinate da ciascun individuo infetto in una popolazione completamente
suscettibile a un nuovo patogeno e misura la trasmissibilità potenziale di una malattia
infettiva.

Quanto maggiore è il valore di R0, tanto più elevato è il rischio di diffusione


dell’epidemia. Per esempio, un R0 pari a 2 significa che in media un singolo malato
infetterà due persone; un R0 inferiore a 1 significa che l’epidemia può essere contenuta.
R0 dipende dalla probabilità di trasmissione per singolo contatto tra una persona infetta
e una suscettibile, dal numero dei contatti della persona infetta e della durata
dell’infettività.

Delle tre variabili su cui si può agire per ridurre R0, la probabilità di trasmissione e la
durata dell’infettività non sono modificabili senza un vaccino o una terapia, mentre la
diagnosi tempestiva del caso può contenere il numero di contatti.

L’OMS e numerosi enti di ricerca di tutto il mondo hanno diffuso stime di R0 per
l’infezione da SARS-CoV-2 comprese tra 1,4 e 3,8. (Nicoletta Scarpa, RadioVostok,
2020)

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1.3 MODALITÁ DI TRASMISSIONE E PREVENZIONE

Molti coronavirus possono essere trasmessi da persona a persona, di solito dopo un


contatto stretto con un paziente infetto, ad esempio tra familiari o in ambiente sanitario.
Anche il nuovo coronavirus responsabile della malattia respiratoria COVID-19 può
essere trasmesso da persona a persona tramite un contatto stretto con un caso probabile
o confermato.

Il periodo di incubazione per COVID-19 è attualmente stimato tra uno e 14 giorni.


(Meoni, 2021).

Il periodo infettivo può iniziare uno o due giorni prima della comparsa dei sintomi, ma è
probabile che le persone siano più contagiose durante il periodo sintomatico, anche se i
sintomi sono lievi e molto aspecifici. Si stima che il periodo infettivo duri da 8 a 10
giorni nei casi moderati e in media fino a due settimane nei casi gravi.

Visto che le persone infette possono trasmettere il virus sia quando presentano sintomi
che quando sono asintomatiche, è importante che tutte le persone positive siano
identificate mediante test, isolate e, a seconda della gravità della loro malattia, ricevano
cure mediche. Anche le persone confermate ma asintomatiche devono essere isolate per
limitare contatti con gli altri.

Tutto questo per interrompere la catena di trasmissione del virus. (MINISTERO


DELLA SALUTE, 2021)

SARS-CoV2 viene trasmesso principalmente tramite droplet e aerosol da una persona


infetta quando starnutisce, tossisce, parla o respira e si trova in prossimità di altre
persone.

Il virus è stato anche isolato dalle feci di casi infetti, indicando che anche la
trasmissione fecale-orale potrebbe essere una via di infezione.

La via primaria di trasmissione sono i droplets delle persone infette che si diffondono ad
esempio tramite saliva, tossendo e starnutendo o anche attraverso le mani, ad esempio
toccando con le mani contaminate bocca, naso o occhi. (Meoni, 2021)

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Le goccioline possono essere inalate o possono poggiarsi su superfici, con cui altri
vengono a contatto e vengono, quindi, infettate toccandosi il naso, la bocca o gli occhi.
Il virus può sopravvivere su superfici per poche ore fino a un certo numero di giorni a
seconda del materiale in cui si trova.

Tuttavia, la quantità di virus vitale diminuisce nel tempo e potrebbe non essere sempre
presente in quantità sufficiente da causare l'infezione. (MINISTERO DELLA SALUTE,
2021)

Per evitare il contatto con queste goccioline, è importante stare ad almeno 1 metro di
distanza dagli altri, lavare frequentemente le mani e coprire la bocca e naso con un
fazzoletto o con un gomito piegato, quando si starnutisce o si tossisce.

Quando il distanziamento fisico non è possibile, una misura importante per proteggere
gli altri è quella di indossare una mascherina ed è fondamentale lavarsi frequentemente
le mani in maniera corretta.

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1.4 DPI

Durante l’assistenza infermieristica, la corretta gestione degli spazi di lavoro e l’utilizzo


appropriato dei dispositivi di protezione individuale,DPI, sono di fondamentale
importanza per la protezione dell’operatore e per evitare le infezioni crociate.

L’igiene delle mani è la prima precauzione da adottare.

Deve essere eseguita rispettando i tempi e assicurandosi che tutte le zone della mano
siano igienizzate, compresi gli spazi interdigitali, l’incavo del pollice e il palmo delle
mani.

È importante ricordare che prima dell’igiene delle mani devono essere rimossi tutti i
monili e l’orologio, altrimenti i prodotti utilizzati non potranno venire a contatto con
l’intera superficie corporea da igienizzare.

Infine l’igiene delle mani deve essere eseguita: prima del contatto con il paziente, prima
di una manovra asettica, dopo un'esposizione a rischio ad un liquido corporeo e dopo il
contatto con il contatto con il paziente, dopo il contatto con ció che sta attorno al
paziente.

Figura 2: Come frizionare le mani?

Fonte:
https://www.dimensioneinfermiere.it/lav
aggio-delle-mani/

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Inoltre un importante procedura da eseguire é quella della vestizione. Prima che
l’operatore effettui la vestizione, deve verificare che siano disponibili tutti gli accessori
necessari alla procedura e che siano idonei all’utilizzo controllandone la taglia, data di
scadenza, integrità della busta che li contiene.

Occorre quindi prima di tutto lavarsi attentamente le mani con acqua e sapone o
soluzione idroalcolica avendo cura di igienizzarle seguendo la corretta sequenza, si
indossa quindi il primo paio di guanti monouso e si può procedere a indossare la tuta o
il camice e i calzari se richiesto.

È importante che ci sia una perfetta sovrapposizione delle parti e che la cerniera sia
completamente chiusa.

Viene indossato il facciale filtrante nel rispetto delle indicazioni del produttore, avendo
cura di posizionarlo con lo stringinaso rivolto verso l’alto e sagomato sulla propria
persona e di fissare la maschera con gli elastici in modo che risulti ben ferma. (DPI
antinfortunistica, 2020)

Si procede indossando il secondo paio di guanti avendo cura di sovrapporli al polsino


della tuta/camice, successivamente gli occhiali o visiera protettiva allacciandoli con
cura, ed infine si verifica la corretta vestizione di tutti gli accessori, la sovrapposizione
delle varie parti e la stabilità simulando alcuni movimenti. (Clementi, 2020)

Per quanto riguarda la svestizione, diversi studi hanno mostrato che nella rimozione di
indumenti per la protezione del corpo o di guanti può essere alto il rischio di
contaminazione della persona e maggiori rispetto alla fase di vestizione, se esse
vengono eseguite in condizioni di stress (Seong Mi Lim, 2015)

Le regole generali indicano di rimuovere prima i DPI più contaminati, di avere cura di
non toccare mai il volto e maneggiare gli indumenti toccandoli preferibilmente nella
parte posteriore o interna. (Tomas, 2015)

La svestizione deve essere eseguita subito all’uscita dal locale occupato dal paziente.

I dispositivi utilizzati sono da considerare sempre contaminati, pertanto occorre


attenersi all’ordine ed alla modalità di esecuzione delle azioni finalizzate alla protezione
dell’operatore dalla contaminazione.

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In questa situazione emergenziale non sono solo i professionisti sanitari ad indossare i
DPI, ma chiunque si trovi ad affrontare una situazione ritenuta potenzialmente a rischio
sia per se stesso che per gli altri.

Le mascherine rappresentano una misura complementare per il contenimento della


trasmissione del virus e non possono in alcun modo sostituire il distanziamento fisico,
l'igiene delle mani e l’attenzione scrupolosa nel non toccare il viso, il naso, gli occhi e la
bocca. (Istituto Superiore di Sanità, 2020)

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CAPITOLO II: FISIOLOGIA DELLA RESPIRAZIONE

Il polmone è un organo “dinamico” per definizione.

Le funzioni respiratorie sono strettamente legate alla motilità del polmone e ogni sua
limitazione, intrinseca o estrinseca, ne compromette la piena realizzazione.

L’anatomia funzionale del polmone è quindi strettamente legata al concetto di


movimento del parenchima e dei fluidi che ne percorrono le complesse strutture e
numerose patologie in cui la funzionalità è limitata sono collegate a livelli e tipologie
differenti di interferenza con esso.

I polmoni costituiscono un mantice finalizzato a garantire il ciclico affluire dell’aria


all’interno dei sacchi alveolari dove possa realizzarsi lo scambio di ossigeno e CO2 con
il letto capillare.

La corretta funzionalità del mantice polmonare si realizza grazie alla coordinata e


complessa interazione tra vari sistemi quali: il sistema nervoso, il sistema muscolare, il
sistema scheletrico, il sistema vascolare, le vie aeree, il parenchima polmonare e lo
stroma elastico per realizzare una corretta ventilazione e perfusione.

Nel momento in cui avviene un’alterazioni di uno o più di queste componenti si ha una
perdita o un’alterata funzionalità polmonare.

La dilatazione della gabbia toracica prodotta dalla concorrente e complessa azione


muscolare e diaframmatica, trova resistenze sia di tipo elastico, prevalentemente a
livello del parenchima e sia di tipo non elastico, dovuto alle resistenze al flusso nelle vie
aeree.

A livello alveolare le fibre elastiche si associano a fibre collagene, scarsamente


estendibili, che garantiscono un limite all’eccessiva espansione del parenchima.

Inoltre, sono fondamentali per la funzionalità polmonare le corrette proporzioni


quantitative e un giusto orientamento delle fibre elastiche e collagene. (CM, 2006)

La perdita di resilienza del parenchima, con espansione enfisematosa degli alveoli, può

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essere provocata da perdita di elastina per degradazione o per difetti di omeostasi per
senescenza dei precursori mesenchimali o difetti metabolici.

Contribuisce significativamente alla elasticità polmonare anche la tensione superficiale


generata nel sacco alveolare dall’interfaccia aria-liquido.

La corretta funzionalità dell’organo è determinata dalla complessa interazione di diverse


componenti anatomiche e tissutali come le vie aeree, il parenchima polmonare, le
componenti vascolari e nervose, nonché dalla capacità di mantenere integre le diverse
componenti con un continuo rimodellamento fisiologico, che si realizza tramite la
funzionalità di differenti comparti “staminali” organizzati in nicchie microambientali,
sia nel mantenimento dell’omeostasi tissutale che nella riparazione dopo danni di
differente natura ed intensità.

Quando il rimodellamento tissutale si sviluppa in modo anomalo, come conseguenza di


processi morbosi che interferiscono con il corretto rinnovo delle diverse componenti
tissutali, la funzionalità polmonare ne è in vario modo compromessa. (Isa Cerveri,
2015)

Le vie aeree non partecipano allo scambio dei gas ma rappresentano la parte resistiva
attraverso la quale il ventilatore spinge un sistema di conduzione aereo per arrivare agli
alveoli.

La circolazione polmonare è la più estesa e si distribuisce per circa 80% degli alveoli,
dove ogni sacco alveolare riceve un singolo ramo capillare, gli scambi gassosi
avvengono per diffusione attraverso la membrana respiratoria alveolo- capillare il cui
spessore ridotto, 0.15 – 5 μm, facilita gli scambi e il ricambio di aria alveolare è un
processo intermittente legato al ciclo respiratorio con una frequenza di 12/min.

In condizioni normali, ad ogni inspirazione entrano 500 ml di aria, che rappresenta il


volume corrente e si diluiscono in un volume di 2-3 litri già contenuto nel polmone e il
ricambio completo necessita di 12-16 atti respiratori.

Nelle vie aeree di conduzione, l’aria viene preriscaldata, umidificata per contatto con il

secreto che bagna la mucosa e depurata attraverso il meccanismo di scala mobile muco-
ciliare. (Pettorossi)

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2.1 VENTILATORE:

La ventilazione meccanica è una terapia che, con l'impiego di un opportuna


strumentazione, ha lo scopo di supportare o sostenere completamente la ventilazione in
modo da allontanare la CO2 prodotta nel metabolismo e fornire all'organismo una
quantità di O2 sufficiente al fabbisogno dello stesso organismo.

La ventilazione inizia quando il paziente si trova in una fase critica e una volta
superata questa fase, l'obiettivo è quello dello svezzamento o anche definito weaning del
paziente dalla ventilazione meccanica, ovvero il passaggio dallo stadio in cui il
ventilatore sostituisce completamente il paziente allo stadio in cui il paziente riacquista
gradualmente l'autonomia.
Perchè si possa avere un flusso di gas è necessario che tra la bocca e i polmoni esista un
gradiente pressorio.

Il gradiente può essere prodotto da una pressione positiva a livello della bocca o
realizzando una pressione negativa a livello pleurico. (Giacomo Grasselli, 2020 )

Le tecniche di ventilazione si riconducono essenzialmente a due: a pressione positiva e


a pressione negativa.

Nel primo caso, viene generata all’interno delle vie aeree una pressione positiva che
aiuta l’espansione del torace e riduce il lavoro meccanico respiratorio.

Nel secondo caso, viene utilizzato un macchinario definito polmone d'acciaio che
presenta una cisterna che blocca il paziente fino al collo, dove una guaina di gomma
lascia fuoriuscire la testa che si estende, così ponendo le vie aeree a diretto contatto con
l'aria dell’ambiente.

Si verifica una depressione all’interno del polmone d’acciaio, la gabbia toracica si

espande e si verifica una depressione nelle vie aeree del paziente e successivamente, a
causa della differenza di pressione, l'aria circostante entra attraverso le vie aeree nei
polmoni.

Anche se ai tempi d’oggi questo macchinario è stato sostituito dai ventilatori a


pressione positiva, in alcuni casi rappresenta una valida soluzione per i pazienti con

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determinate patologie respiratorie. (Gussoni, 2019)

Il ventilatore è un macchinario che simula ed assiste l’inspirazione fisiologica,


introducendo una miscela di gas a pressione positiva nelle vie aeree del paziente.
L’espirazione invece è concessa dal ritorno della pressione del ventilatore al range
della pressione atmosferica, favorendo il ritorno elastico polmonare.
La ventilazione meccanica può essere di due tipi: non invasiva e invasiva.

Nel primo caso vengono coinvolte vari tipi di presidi non invasivi, nel secondo caso é
prevista l'intubazione endotracheale. (Pate, 2020)

La ventilazione meccanica è un presidio terapeutico fondamentale in molti pazienti con


severi quadri di insufficienza respiratoria e trova indicazione nei casi di difetto di
scambio e difetto di pompa.

Quando parliamo di difetti di scambio, intendiamo ad esempio edema polmonare o


ARDS.

In questi casi il supporto ventilatorio ha lo scopo, con l'impiego solitamente di una


pressione positiva espiratoria, di riaprire le zone non ventilate aumentando così
l'ossigenazione, la capacità funzionale residua e la compliance polmonare.

Un incremento del lavoro respiratorio si ha anche in presenza di una pressione positiva


di fine espirazione intrinseca, la cosidetta PEEP.

Si tratta di una pressione alveolare positiva alla fine della espirazione, situazione che si
verifica in tutti i casi in cui il tempo espiratorio non è sufficiente a consentire il ritorno
elastico del polmone. (Giacomo Grasselli, 2020 )

Ogni ventilatore dipende da un sistema di comando nel quale è possibile regolare le


caratteristiche di ogni ciclo respiratorio, scegliere le modalità di ventilazione e

impostare i valori degli allarmi per i vari parametri.

I moderni ventilatori permettono di monitorare molti parametri quali: il volume corrente


inspirato ed espirato, il volume minuto, la frequenza respiratoria, la curva di flusso e
pressione delle vie aeree, calcolo della PEEP e altri.

21
Un atto ventilatorio meccanico di base comprende una fase ispiratoria, il passaggio dalla
fase inspiratoria a quella espiratoria e la fase espiratoria. (Natalini, 2011)

Sulla ventilazione meccanica é chiaro che si applicano delle pressioni o dei volumi che
il paziente non riesce ad effettuare autonomamente e puó essere erogata tramite tubo
naso/orotracheale, cannula tracheostomica, maschera nasale/oronasale/facciale o
scafandro.

Ogni qualvolta che un paziente viene attaccato a un ventilatore, bisogna attenzionare


alcuni parametri quali: i criteri di ciclaggio, le richieste specifiche del ventilatore e i
trigger.

Per criteri di ciclaggio intendiamo la funzionalitá del ventilatore e determinano il


passaggio dalla fase inspiratoria alla fase espiratoria e viceversa.

Nelle richieste specifiche del ventilatore vengono definiti i fattori dell'equazione di


moto e possono essere totalmente controllati dal ventilatore e totalmente/parzialmente
controllati dal paziente.

I trigger sono stimoli che il ventilatore riconosce dal paziente, per i quali innesca
pressioni o volumi in modo tale che il paziente si puó inserire nella ventilazione
meccanica controllata con i suoi atti respiratori.

I trigger possono essere a flusso e a pressione ed é importante regolarne la sensibilitá.

Sono presenti due modalitá di ventilazione a pressione positiva, quali la modalitá a


controllo di volume e la modalitá a controllo di pressione.

Nella ventilazione a controllo volumetrico si decide il volume da raggiungere ad ogni


atto respiratorio, indipendentemente dalle resistenze polmonari, mentre nella
ventilazione a controllo pressorio si imposta un determinato livello di pressione
positiva costante, a prescindere dal volume corrente che verrà poi sviluppato dal
paziente.
Nella ventilazione volumetrica si imposta il ventilatore in modo che il paziente

mantenga un volume corrente costante stabilito dall’operatore, a prescindere dalle


pressioni erogate dal ventilatore necessarie per ottenerlo.

Dunque si imposta il volume corrente, che rappresenta la variabile indipendente, mentre


22
la variabile dipendente è rappresentata dalla pressione delle vie aeree.

La modalità di ventilazione comunemente utilizzata per la NIV è quella pressometrica,


dove si imposta il ventilatore in modo da erogare sempre le stesse pressioni positive
scelte dall’operatore a prescidere dal volume corrente che sarà poi sviluppato dal
paziente.

In questo caso, si imposta la pressione delle vie aeree, che rappresenta la variabile
indipendente e si leggono i volumi correnti, rappresentata dalla variabile indipendente.
(Roberto Cosentini, 2010)

Un'importante differenza tra pressione controllata e volume controllato è la diversa


distribuzione del flusso.
Nella pressione controllata il flusso è elevato all’inizio dell’inspirazione, mentre nel
volume controllato è uniforme per tutta l’inspirazione.
Un elevato flusso inspiratorio iniziale favorisce la sincronia tra paziente e ventilatore se
il paziente triggera gli atti respiratori.
Quindi la pressione controllata ci può semplificare la sincronia paziente-ventilatore e la
riduzione del lavoro respiratorio del paziente. (Natalini, 2011)
Il tipo di ventilazione viene selezionato in base al grado di autonomia del paziente
dal punto di vista ventilatorio, al grado di sedazione ed in considerazione al grado in cui
il ventilatore si deve sostituire al paziente.
La scelta della modalità di ventilazione dipende dalle condizioni del paziente e dal
grado di sedazione dello stesso e può essere di tre tipi:
 Controllata: quando il ventilatore non è dipendente dall’attività respiratoria del
paziente, ovvero si sostituisce completamente, raggiungendo gli atti respiratori
secondo una frequenza respiratoria prestabilita.
È una modalità utilizzata ad esempio in pazienti con lesioni cerebrali o nel caso di
paralisi dei muscoli respiratori.
 Assistita: quando il ventilatore si sincronizza alla ventilazione autonoma del
paziente.

 Sincronizzata, consiste in una prima fase in cui il paziente viene ventilato


inviando nei polmoni un determinato volume di aria entro un prefissato intervallo di
tempo, in modalità controllata a flusso costante; segue poi un periodo di respirazione

23
spontanea se il paziente ha recuperato la funzionalità del proprio sistema
respiratorio, oppure in un periodo di ventilazione assistita in caso di persistente
difficoltà.

Sul monitor del ventilatore polmonare meccanico, si possono visualizzare e gestire i


diversi parametri respiratori.

Inoltre, sulla base della successiva analisi dei suddetti parametri, con l’intervento
medico, si possono apportare modifiche dei valori ma anche delle modalità inizialmente
registrate, avendo come obiettivo il ritorno graduale del paziente alla ventilazione
autonoma.
I parametri respiratori di rilievo da esaminare e gestire nel ventilatore meccanico sono:
 Volume corrente, ovvero il volume inspirato ed espirato in condizioni
normali
 Volume corrente espirato, ovvero il volume corrente misurato al collegamento
con il paziente, è aggiornato alla fine di ogni espirazione.
 Volume di riserva inspiratoria, volume massimo che può essere inspirato
oltre un’inspirazione normale.
 Volume di riserva espiratoria, volume massimo che può essere espirato
oltre un’espirazione normale.
 Volume residuo, volume che rimane nel polmone alla fine di
un’espirazione massima.
 Capacità funzionale residua, volume presente nei polmoni alla fine di
un’espirazione normale.
 Capacità inspiratoria, volume massimo che può essere inspirato a partire dalla
fine di un’espirazione normale.
 Capacità polmonare totale, volume presente nei polmoni alla fine di
un’inspirazione massima.
 Capacità vitale, volume massimo che può essere inspirato ed espiratoo.
 Pressione picco inspiratoria, rispecchia la pressione più alta misurata durante la
fase di inspirazione.
 Pressione espiratoria positiva fine espirazione, pressione nel circuito delle vie
aeree alla fine dell’espirazione, è aggiornata alla fine di ogni espirazione.
 Volume ventilatorio al minuto, volume corrente espirato negli ultimi 60 secondi,

24
calcolato in base agli ultimi 8 respiri.

 Frequenza respiratoria, atti respiratori al minuto.

É fondamentale anche fornire una PEEP, dove l'obiettivo é quello di reclutare il numero
maggiore di alveoli che siano parzialmente imbibiti o atelettasici per compressione.

Si parla di CPAP quando la pressione positiva applicata rimane costante durante tutto il
ciclo respiratorio.

L’applicazione di una PEEP prevede una maggiore capacitá funzionale residua, una
maggior compliance polmonare e una minor quota di shunt.

Alla fine di una espirazione passiva la pressione all’interno delle vie aeree del paziente
viene mantenuta al di sopra della pressione atmosferica grazie a una resistenza esterna
che si oppone al completo svuotamento passivo del polmone.

La pressione all’interno delle vie aeree, quindi, non è zero come nell’aria ambiente ma
risulta essere costantemente positiva.

É importante scegliere il giusto valore di PEEP in quanto se si usassero valori troppo


bassi può non essere sufficiente al completo reclutamento alveolare, se invece si
usassero valori di PEEP troppo alti aumenterebbe lo spazio morto alveolare e si
ridurebbe la compliance, andando a incrementare il lavoro respiratorio.

É fondamentale dunque, oltre a scegliere i valori di PEEP, assicurarsi che il paziente


riceva i più alti livelli di flusso possibile sia per mantenere un buon livello di pressione
nel circuito in modo da evitare eccessive escursioni pressorie durante
l’inspirazione/espirazione del paziente ma anche per permettere un buon wash out della
CO2 esalata dal paziente. (Gangliardi, 2007)

25
2.1.2 OSSERVAZIONE CLINICA E MONITORAGGIO

Il paziente sottoposto a ventilazione meccanica è a tutti gli effetti un paziente da trattare


come critico, anche nella fase post critica della patologia.
L’infermiere di terapia intensiva ha l’indispensabile ruolo del monitoraggio dei
parametri tramite l’osservazione clinica, mediante il quale si indaga l’insorgenza di
segni e sintomi riconducibili alla comparsa di eventuali complicanze.
E‘ inoltre importante la valutazione di tutti quei parametri utili ai fini del determinare lo
score del Sofa.
Il SOFA è un sistema a punteggio utile a determinare l’entità della funzione d’organo di
un paziente e si basa sulla valutazione di sei diverse categorie cliniche quali:

GCS, rapporto PaO2/FiO2, bilirubina, piastrine, creatinina, MAP.

Un altro strumento utilizzabile è il q-SOFA, una versione rivista del SOFA score e che
va a indagare tre semplici parametri vitali, ovvero pressione arteriosa, frequenza
respiratoria e stato mentale.

In caso di almeno due riscontri patologici come una tachipnea, ipotensione o GCS < 15
il paziente ha un alta probabilità di sepsi e va ricoverato in ambiente idoneo.

Il Sofa Score va da 0 a 24 punti e punteggi più alti indicano una disfunzione d'organo.
Viene calcolato utilizzando i valori osservati entro 48 ore prima dell'intubazione.

L’approccio al paziente con supporto ventilatorio invasivo segue il modello di


valutazione-azione-rivalutazione t r a m i t e auscultazione a livello epigastrico per
riscontro di assenza di suoni e bilaterale degli apici polmonari per simmetria dei
suoni.

Inoltre si rispetta lo schema ABCDE, seguendo poi lo schema di valutazione clinica


tramite esame obiettivo.
Nella valutazione del corretto posizionamento del tubo orotracheale giocano un ruolo
fondamentale il fissaggio del tubo orotracheale stesso, il controllo della pressione di

26
cuffiaggio e la valutazione della distanza del tubo a livello della rima dentaria.
Dopo il corretto posizionamento, è importante il mantenimento e la funzione
respiratoria.

Per quanto riguarda la valutazione e la gestione del respiro del paziente, l’infermiere
interviene prima di tutto posizionando il soggetto con la testa sollevata più di 30° e poi
procede alla valutazione della funzione respiratoria tramite esame obiettivo, avvalendosi
dell’acronimo OPACS.
 Osserva:
Si osserva il carattere del respiro che può essere normale, dispnoico o agonico.
Queste considerazioni si fanno osservando l’uso dei muscoli accessori della
respirazione. Si osservano eventuali segni di cianosi e se l’espansione del torace è
simmetrica.
 Palpa:
Si palpa il torace per confermare la simmetria o asimmetria espansiva dei due
emitoraci ricercando possibili lesioni evidenti e crepitii sottocutanei.
 Conta.
Si conta la frequenza respiratoria al minuto ponendo una mano a palmo aperto sul
torace, rilevando quante volte la vittima respira in 15 secondi e poi moltiplicando
per 4 questo valore, ottenendo così gli atti al minuto.
Il paziente non si definirà ancora critico se la frequenza è tra 10 e 29 atti/minuto.
 Saturimetria:
Con l’ausilio di un pulsossimetro si misura la percentuale di ossigenazione del
sangue.
Essendo il saturimetro uno strumento è soggetto a degli errori di misura che possono
essere amplificati da ulteriori fattori, quali: sangue sulle dita, smalto, shock emorragico,
deficit di perfusione periferica ecc.
Per queste problematiche citate, il pulsossimetro potrebbe anche non dare lettura.
I trattamenti che possono essere eseguiti, per le condizioni di anormalità rilevate in
questa fase, sono una corretta somministrazione di ossigeno, una respirazione assistita
se ritenuta necessaria e una corretta interpretazione del risultato. (Conti, 2019)
Di fondamentale importanza é l'esecuzione e valutazione dell’emogasanalisi, che

27
consiste nel prelievo di sangue arterioso tramite il quale si ha la possibilità di
esaminare la ventilazione, il metabolismo ed altri parametri quali Hb, glicemia,
concentrazione di elettroliti.

Un parametro da controllare sempre nell’EGA è il rapporto PaO2/FiO2 ovvero l’indice

di respirazione alveolare, che ci permette di valutare la gravità dell’insufficienza


respiratoria ed il rapporto di ventilazione-perfusione, così da poter correggere
eventuali deficit.
Inoltre, si valuta il colorito e aspetto globale della cute, la funzionalità dei drenaggi
toracici e si monitorano i parametri in base alle modalità impostate.

28
2.2 VENTILAZIONE NON INVASIVA: INTERFACCE

La scelta dell’interfaccia più appropriata è senza dubbio uno dei cardini del successo
della NIV, non solo nel paziente in fase di insufficienza respiratoria acuta, ma anche nel
paziente ventilato a lungo termine, dove il comfort del presidio assume maggiore
importanza.

La scelta scoretta dell’interfaccia può portare all’insorgenza di effetti collaterali quali


perdite d’aria, claustrofobia, eritema facciale, rash acneiforme, lesioni da decubito e
irritazione congiuntivale.

Le interfacce possono essere classificate come: orali, nasali, oro-nasali, maschere


facciali, maschere facciali totali, casco e maschera Boussignac.

Possono essere di costruzione industriale pronte all’uso e distribuite da differenti


compagnie medicali in varie misure per bambini e adulti, oppure fabbricate su misura
per il paziente tramite impronta presa direttamente sul viso o tramite calco.

Le maschere industriali pronte all’uso sono in genere modulari e composte di due o più
parti: un cuscinetto a diretto contatto con la cute in materiale morbido come PVC,
polipropilene, silicone o idro-gel e un guscio in materiale rigido in genere trasparente.

Queste parti possono essere staccate e vengono montate con meccanismo a incastro
oppure possono essere saldate tra loro, offrendo il vantaggio di poter sostituire solo il
cuscinetto quando usurato con riduzione dei costi di manutenzione.

Sulla maschera vi è un certo numero di punti di ancoraggio variabile da due a otto dove
viene agganciato il sistema di fissaggio della maschera stessa che utilizza ganci o strisce
di velcro.

Quanto più numerosi sono i punti di ancoraggio, tanto maggiore sarà la possibilità di
29
ottenere un fissaggio ottimale e di poter variare i punti di massima pressione.

In genere gli agganci disposti perifericamente sulla maschera determinano una


distribuzione più uniforme della pressione sul viso.

Le maschere possono essere dotate di fori che fungono da sistemi anti-rebreathing; nel

caso si adoperino queste maschere non bisogna utilizzare un circuito del respiratore a
doppia via o inserire sul circuito monovia un altro dispositivo per l’eliminazione
dell’anidride carbonica.

Fori supplementari eventualmente presenti sulle maschere possono servire per la


somministrazione di ossigeno, per la misurazione della pressione all’apertura delle vie
aeree o della capnometria.

La sella nasale è in genere il punto più delicato e più a rischio di arrossamenti o lesioni
da pressione, anche in virtù di una possibile individuale intolleranza cutanea al
materiale della maschera o alla eccessiva sudorazione.

Comunque il fissaggio non troppo stretto della maschera rimane il punto fondamentale
per la prevenzione delle lesioni da decubito: in genere si consiglia di fissare la cuffia in
modo che tra questa e il capo possano passare due dita, in questo modo tollerando un
minimo grado di fughe aeree, se queste non interferiscono con l’interazione tra paziente
e ventilatore.

Una strategia aggiuntiva per la prevenzione dei decubiti è quella di utilizzare differenti
tipi di maschere, nel caso in cui il paziente debba mantenere la NIV per molte ore
consecutive, in modo da alternare la distribuzione della pressione sulla cute variando i
punti di attrito massimo, specialmente sul dorso nasale. (Nava Stefano, 2010)

Tutti questi sistemi di ventilazione non invasiva, esclusa la ventilazione con sistema
Boussignac, hanno bisogno di un generatore di flusso.

Le diverse interfacce presentano differenti quantità di ossigeno erogabili al minuto.

La maschera nasale é impiegata nell’insufficienza respiratoria cronica e nelle apnee


notturne e sono le più tollerate dai pazienti.

É la piú utilizzata in quanto ha una miglior tollerabilità, presenta ridotti rischi di vomito

30
ed é utilizzata nei casi di pazienti che soffrono di claustofobia.

Presenta peró dei svantaggi, come lesioni da pressione, lesioni congiuntivali e corneali.

La maschera naso-bocca viene utilizzata nell’insufficienza respiratoria acuta, nei

pazienti che respirano attraverso la bocca, in quanto si hanno minor perdite aeree
durante il sonno.

Non viene applicata in pazienti che presentano claustrofobia, ridotta tolleranza e


aumentano la possibilitá di sviluppare lesioni da pressione.

La maschera total face viene utilizzata nei pazienti che respirano attraverso la bocca e
ha minor necessità di collaborazione e minor perdite durante il sonno.

Il casco o scafandro ha miglior tollerabilità, presenta la possibilità di parlare ed


espettorare ed evita lesioni corneali.

Si tratta di un involucro cilindrico e trasparente in PVC, separato tramite un anello


metallico dal collare in PVC o in silicone che aderisce al collo consentendo una
connessione sigillata ed una tenuta ottimale, disponibile in diverse taglie.

Vi sono due ingressi che fungono da vie inspiratoria ed espiratoria, una valvola anti-
soffocamento e dei perni in metallo, sulle superfici anteriore e posteriore dell’anello che
consentono l’ancoraggio alle ascelle del paziente per mezzo di due cinghie imbottite.

È stato impiegato per il trattamento dell’insufficienza respiratoria ipossiemica e


ipercapnica e ha il vantaggio di evitare il contatto diretto dell’interfaccia con la cute del
paziente e di poter essere applicato in maniera continuativa per lunghi periodi di tempo.
Tuttavia, l’elevato spazio morto può facilitare il rebreathing e ridurre l’eliminazione
dell’anidride carbonica, mentre la distensibilità della parete e l’elevato volume interno
di gas possono interferire con il meccanismo del trigger inspiratorio ed espiratorio,
peggiorando l’interazione tra paziente e macchina. (Ceruti, 2017)

La CPAP di Boussignac è un dispositivo per pazienti con insufficienza respiratoria


composto da una maschera facciale e un generatore di pressione.

Il dispositivo sfrutta il principio di Bernoulli per trasformare in pressione la velocità dei


31
gas in ingresso come avviene nelle turbine dei jet.

Quando l’aria o l'ossigeno immessi passano attraverso i piccoli canali del dispositivo
per CPAP, creano una turbolenza.

Questa, pur mantendendo la pervietà del dispositivo, crea un “diaframma virtuale”


paragonabile ad una valvola PEEP, il cui valore può essere regolato aumentando o
diminuendo la quantità di ossigeno o aria fornita al paziente.

Il dispositivo CPAP di Boussignac é poco ingombrante e poco costoso, permette la


PEEP creandola con l’elevato flusso di ossigeno, può anche essere raccordata a
qualsiasi bombola di ossigeno con erogatore tradizionale.

Tra gli svantaggi ricordiamo la difficoltà a raggiungere PEEP elevate e precise, elevato
consumo di ossigeno, da 15 a 25 litri/minuto per raggiungere PEEP di 5/10 cmH2O e
necessità di elevate scorte di ossigeno. (La ventilazione non invasiva NIV
nell'emergenza sanitaria, 2016)

L’ossigeno e/o l’aria sono forzati a passare in una serie di microcanali che ne accelerano
la velocità molecolare.

Questo flusso accelerato incontra un deflettore che indirizza le molecole di gas verso la
parte centrale del dispositivo.

Il valore della PEEP possiamo monitorarlo grazie all’uso del manometro, strumento
facile da utilizzare, ha minor consumo di ossigeno, minor rebreathing di CO2 e presenta
pochi svantaggi. (Marotta, 2020)

A causa del tipo di interfaccia utilizzata, le perdite d'aria sono quasi una caratteristica
costante della NPPV e possono interferire con il comfort del paziente, la sincronia
paziente-ventilatore ed eventualmente ridurre la probabilità di successo ventilatorio sia
nei pazienti acuti che nei pazienti cronici.

Possono verificarsi perdite non intenzionali attraverso la bocca durante la ventilazione


nasale o tra l'interfaccia e la pelle con maschere nasali ed oronasali.

Dall'altro lato, il tentativo di stringere con cautela sulle cinghie del copricapo per ridurre

32
le perdite d'aria dovrebbe essere evitato, in quanto ciò può ridurre la tolleranza del
paziente e predisporre i danni alla cute facciale. (Ceruti, 2017)

L’indicazione alla NIV deriva dall’integrazione di dati clinici e soprattutto


emogasanalitici.

Dal punto di vista clinico andremo a considerare la presenza di segni di fatica


respiratoria come dispnea, uso dei muscoli respiratori accessori, espiro paradosso,
aumentata frequenza respiratoria con 25 atti/min.

Nell’emogasanalisi andremo ad analizzare il valore del pH e della pCO2.

Nei pazienti con BPCO elevati valori di pCO2 con pH normale > 7,35 non
rappresentano mai di per sé indicazione alla NIV in acuto, essendo di solito espressione
di una condizione cronica compensata.

In linea generale durante la prima giornata di trattamento la NIV va mantenuta più a


lungo possibile, compatibilmente con la tolleranza del paziente ed il rischio di
ulcerazioni da decubito sul viso dovute alla pressione della maschera.

Nei giorni successivi è buona norma prevedere cicli di diverse ore di ventilazione al
mattino, al pomeriggio e la notte, intervallati da opportuni periodi di sospensione,
durante i quali si assicura comunque al paziente l’ossigenoterapia controllata con
maschera di Venturi.

I criteri per la sospensione del trattamento vanno adattati al singolo caso, ma in generale
si può ritenere raggiunta la stabilizzazione clinica delle condizioni respiratorie quando si
ottengono una frequenza respiratoria < 24/min, una frequenza cardiaca < 110/min, un
valore del pH > 7.35 e una SpO2 > 90%.

A questo punto si può iniziare a ridurre il supporto pressorio a steps di 2-4 cmH2O per
volta e a prolungare ulteriormente gli intervalli di sospensione.

Non esiste un tempo prestabilito di giorni di durata della NIV in quanto il quadro clinico
e l’EGA del singolo paziente sono gli unici indicatori per sospendere in sicurezza il
trattamento ventilatorio. (Grandi, 2018)

33
2.2.1 MONITORAGGIO IN CORSO DI VENTILAZIONE MECCANICA NON
INVASIVA

La gestione infermieristica della NIV in taluni casi risulta molto complessa in quanto si
assiste frequentemente ad una marcata riduzione del grado di collaborazione del
paziente conseguente proprio allo squilibrio dei gas nel sangue.

Al fine di garantire l'efficacia del trattamento è importante che l'infermiere deve stare a
stretto contatto con il paziente.

L'infermiere dedicato alla gestione della NIV deve controllare lo stato di coscienza e di
agitazione del paziente avvalendosi anche di scale di valutazione, deve informare il
paziente spiegando la procedura, assicurarsi la collaborazione del paziente contribuendo
a far accettare al meglio il presidio con la spiegazione dei vantaggi e sulle alternative
più invasive e valutare la necessità di inserire un SNG per evitare la distensione gastrica
ed eventuali episodi di vomito.

Dopo aver preparato il materiale occorrente, assemblato il circuito, acceso il ventilatore


e impostato i parametri in collaborazione con il medico, l’infermiere poggia
inizialmente la maschera al viso del paziente della giusta misura per permettere al
paziente stesso di adattarsi.

È responsabilità infermieristica ricordarsi di utilizzare protezioni come idrocolloidi sui


punti di maggior pressione per prevenire lesioni causate dalla camera pneumatica e,
dove possibile, variare i tipi di maschera alternando i presidi.

La corretta adesione della maschera al viso è condizione indispensabile per evitare


dispersioni di ossigeno e di conseguenza per il buon risultato del trattamento.

Per fare questo, l’infermiere fissa la maschera con apposite cinghie adattando il tutto
alla morfologia del viso di ogni singolo assistito, con l'aiuto di spessori morbidi nei

34
punti di maggior attrito.

E‘ importante un costante monitoraggio dell’EGA che dovrebbe essere eseguito dopo 1-


2 ore di NIV e dopo 4-6 ore se la prima mostra solo lievi miglioramenti.

Qualora non si verificassero dei miglioramenti significativi entro questo range


temporale, si procederebbe a valutare la possibilità di una ventilazione invasiva.
(Gianfrancesco, 2016)

A differenza di quanto avviene nella ventilazione invasiva, dove le vie aeree superiori
sono escluse dalla presenza del tubo naso/oro tracheale o della cannula tracheostomica,
nella ventilazione non invasiva la capacità di umificazione naturale del gas ispirato è
conservata.

La ventilazione non invasiva sottopone il paziente all'ispirazione di gas medicale che


per definizione ha caratteristiche differenti dall'aria naturale.

I gas medicali, hanno una temperatura tendenzialmente compresa tra i 10° C e i 20° C
ma soprattutto vengono veicolati negli impianti ospedalieri o nelle bombole di ossigeno
con una umidità relativa inferiore al 3%.

L'impostazione ideale per la gestione dell'umidificazione in CPAP deve mirare


all'umidificazione del gas con 100% di umidità relativa alla temperatura presente
naturalmente dentro lo scafandro, quindi di 29°-30° C.

L'umidificatore può essere impostato, se dotato di programmi per la gestione della


ventilazione non invasiva, a 28° C in uscita dalla camera con 100% di umidità relativa.

La temperatura crescente della linea inspiratoria in prossimità dell'elmetto può essere


impostata a 30° C, in questo modo il gas in uscita dall'umidificatore avrà un contenuto
d'acqua proporzionato alla temperatura all'interno dello scafandro.

La temperatura crescente nella linea inspiratoria impedirà la formazione di condensa


prima dell'ingresso dell'elmetto e nel caso si stia utilizzando anche un filtro HME per la
riduzione del rumore, andrà posizionato tra la fonte del gas e l'ingresso del gas
nell'umidificatore.

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I pazienti che utilizzano un venturimetro come fonte del gas con una FiO2 inferiore al
50% non necessitano di umidificazione in quanto parte del flusso del gas è veicolato
dall'ambiente esterno con la relativa quota di umidità.

2.3 VENTILAZIONE INVASIVA: INDICAZIONE ALL'INTUBAZIONE

La ventilazione meccanica invasiva è indicata principalmente in sede di anestesia nella


fase perioperatoria, nella quale si necessita il continuo monitoraggio dello stato
ventilatorio del paziente durante la sedazione per evitare eventuali depressioni
respiratorie secondarie ai farmaci sedativi.

In UTI la ventilazione invasiva è indicata in situazioni critiche e post critiche, ad


esempio successivamente ad un arresto cardiaco, per poter garantire un’adeguata
ossigenazione polmonare, o nei casi di gravi insufficienze respiratorie, tali da poter
compromettere il quadro clinico globale e vitale del paziente ed in tutti quei casi in cui
vi siano lesioni cerebrali che potrebbero compromettere il ruolo dei centri respiratori.

La maggior parte dei pazienti che necessitano di vie aeree artificiali possono essere
gestiti con l'intubazione tracheale, che può essere orotracheale o nasotracheale.
L'intubazione orotracheale è preferibile all'intubazione nasotracheale nella maggior
parte dei casi e viene effettuata tramite laringoscopia diretta o videolaringoscopia e
viene utilizzata nei pazienti in apnea e in condizioni critiche perché di solito può essere
eseguita più rapidamente dell'intubazione nasotracheale, la quale viene invece riservata
ai pazienti vigili, che respirano spontaneamente oppure per situazioni in cui la via orale
deve esser evitata.

Una volta che la decisione di intubare è stata presa, seguono le varie misure
preparatorie.

Il primo punto da seguire è il corretto posizionamento del paziente che verrà ventilato al
100% con ossigeno, a seguire si effettua la preparazione delle attrezzature necessarie e
l’utilizzo di farmaci se necessario.

La ventilazione con ossigeno al 100% rimuove l'azoto in pazienti sani e prolunga in


36
modo significativo il tempo di apnea in sicurezza, ma l‘effetto è minore nei pazienti con
gravi disturbi cardiopolmonari.

I farmaci per facilitare l'intubazione, tra cui sedativi, miorilassanti e talvolta vagolitici,
sono in genere somministrati a pazienti coscienti o semicoscienti prima della
laringoscopia esplorativa.

Per una corretta intubazione orotracheale è utilizzato un mandrino al fine di rendere la


forma del tubo retta fino all'inizio della cuffia distale; da questo punto, il tubo viene
piegato verso l'alto di circa 35° assumendo la forma di un bastone da hockey.

Questa particolare morfologia facilita il posizionamento del tubo ed evita di coprire la


visuale delle corde vocali all‘operatore durante il passaggio del tubo.

Il riempimento routinario della cuffia distale del tubo endotracheale con aria per il
controllo del pallone non è necessario; se si utilizza questa tecnica, è necessario prestare
attenzione a rimuovere tutta l'aria prima dell'inserimento del tubo.

La riuscita dell'intubazione al primo tentativo è importante in quanto la laringoscopia


ripetuta è associata a tassi molto più alti di ipossiemia significativa, aspirazione e arresto
cardiaco.

Il laringoscopio deve essere tenuto con la mano sinistra inserendo la lama nella bocca e
utilizzata come una leva per spostare la mandibola e la lingua in alto e lontano
dall‘operatore, visualizzando la faringe posteriore.

È importante evitare il contatto con gli incisivi e non imprimere una pressione elevata
sulle strutture laringee.

L'epiglottide può stare contro la parete posteriore della faringe, dove è collegata ad altre
mucose rosee o rimane immersa nelle secrezioni che inesorabilmente riempiono le vie
aeree del paziente in arresto cardiaco.

Una volta trovata l'epiglottide, l'operatore può utilizzare una delle 2 tecniche per
sollevarlo: un approccio con lama diritta e un approccio con lama curva.

Nel primo caso l‘operatore preleva l'epiglottide con la punta della lama del
laringoscopio, nel secondo caso viene sollevata indirettamente l'epiglottide e spostata
fuori dalla linea del sito facendo avanzare la lama nella vallecola premendo contro il
37
legamento ipoepiglottico.

Il successo con la lama curva dipende dal corretto posizionamento della punta della
lama nella vallecola e dalla direzione della forza di sollevamento.

Il sollevamento dell'epiglottide mediante ciascuna tecnica mostra le strutture posteriori

laringee quali cartilagini aritenoidi, incisura interaritenoidea, la glottide, e le corde


vocali.

Se la punta della lama viene inserita troppo in profondità, i punti di riferimento della
laringe possono esser completamente assenti ed il buio e circolare foro esofageo può
essere erroneamente scambiato per l'apertura della glottide.

Se l'identificazione delle strutture è difficile, la manipolazione della laringe con la mano


destra posta sulla parte anteriore del collo può ottimizzare la visione della laringe.
Un'altra tecnica prevede il sollevamento in alto della testa, che sposta la mandibola e
migliora la linea di visuale.

L'elevazione della testa è sconsigliata nei pazienti con potenziale lesione del rachide
cervicale ed è difficile nel paziente gravemente obeso, il quale deve essere
anticipatamente posizionato in una posizione di rampa o testa sollevata.

È fondamentale quindi posizionare il paziente in posizione supina sulla barella e porre


asciugamani piegati o altri materiali sotto la testa, il collo e le spalle, flettendo il collo in
modo da sollevare la testa fino a quando il meato uditivo esterno si trova sullo stesso
piano orizzontale dell'incisura giugulare dello sterno.

A questo punto, si fa inclinare la testa del paziente in modo che la faccia si allinei su un
piano orizzontale parallelo.

Nei pazienti obesi, possono essere necessari molti asciugamani piegati o un dispositivo
commerciale con rampa per sollevare sufficientemente le spalle e il collo.

Sono sempre indicate manovre al fine di creare pervietà delle vie aeree, di ventilare e
pre-ossigenare il paziente prima di procedere all'intubazione tracheale. Una volta che la
decisione di intubare è stata presa, si esegue la procedura seguendo passo per passo.

Si preparano le attrezzature necessarie, comprese le apparecchiature ausiliarie come i

38
dispositivi di aspirazione. (Chappell, 2020)

Gli operatori devono identificare chiaramente i punti di repere della laringe per evitare
l'intubazione esofagea, potenzialmente fatale e assicurarsi che il tubo stia passando in
trachea, altrimenti non si può procedere con la manovra.

Una volta che una visione ottimale è stata raggiunta, la mano destra inserisce il tubo
attraverso la laringe nella trachea.

Prima di rimuovere il laringoscopio, l'operatore deve verificare che il tubo passi tra le
corde vocali.

La profondità appropriata del tubo è solitamente tra i 21 e i 23 cm negli adulti e tre volte
la dimensione del tubo endotracheale nei bambini.

Negli adulti, il tubo, se inavvertitamente avanzato, migra in genere nel bronco


principale di destra.

Viene applicata una pressione sul collo in direzione opposta a quella di sollevamento
del laringoscopio.

Dopo l'inserimento il mandrino viene rimosso e la cuffia viene gonfiata con aria
utilizzando una siringa da 10 mL, poi viene usato un manometro per verificare che la
pressione della cuffia sia < 30 cm-H2O.

Dopo il gonfiaggio della cuffia si verifica il posizionamento del tubo attraverso


l’ispezione, l‘auscultazione, la rilevazione del diossido di carbonio, dispositivi di
rilevamento di intubazione esofage mentre a volte risulta necessario un RX torace.

Quando il tubo è posizionato correttamente, la ventilazione manuale deve produrre


un'espansione toracica simmetrica, un buon murmure vescicolare su entrambi i polmoni
senza creare gorgoglio sull'addome superiore.

Dopo che il corretto posizionamento è confermato, il tubo deve essere fissato


adeguatamante.

Degli adattatori collegano il tubo endotracheale con un pallone da ventilazione, con il


tubo a T che fornisce l'umidificazione e l'ossigeno, o con un ventilatore meccanico.
39
I tubi endotracheali possono spostarsi, in particolare in situazioni caotiche di
rianimazione, per cui la posizione del tubo deve essere riverificata frequentemente.

Se i rumori respiratori sono assenti a sinistra, l'intubazione del bronco principale di


destra è molto più verosimile di uno pneumotorace iperteso, ma entrambi devono essere
considerati. (Mall, 2020)

2.3.1 MONITORAGGIO E PROCEDURE IN CORSO DI VENTILAZIONE


MECCANICA INVASIVA

L'approccio alla gestione del paziente sottoposto a supporto ventilatorio invasivo e al


monitoraggio in area critica segue lo schema ABCDE. (Giusti, 2015)

Viene valuto in un primo momento lo stato della


coscienza e della pervietà delle vie aeree;

Si esamina poi la funzione respiratoria e il circolo;

Si determinano le funzioni neurologiche, il livello di


sedazione e il dolore;

Si stabilisce la temperatura, lo stato cutaneo e


dell'integrità muscolo-scheletrica.

Segue poi la valutazione secondaria, che consiste in un rigoroso schema testa-piedi


accanto alla presa in carico dei referti delle indagini di laboratorio e strumentali, ad una
rigorosa raccolta dati anamnestica clinica e psico-sociale, ed al rilievo delle necessità
informative/educative e psicologiche dell’assistito e die familiari.

A monte dell'intero processo è imprescindibile l'implementazione di una fase di


anticipazione caratterizzata dalla predisposizione e controllo di operatività secondo
check list su: equipaggiamento, presidi sanitari e farmaci standard nel box/unità di vita
paziente, presidi di prevenzione delle lesioni da pressione, apparecchiature di
monitoraggio e di supporto delle funzioni d'organo specifiche per la tipologia di
assistito in arrivo, equipaggiamento per il trasporto protetto intraospedaliere e
disponibilità dei presidi di autoprotezione.
40
Nei pazienti intubati, la presenza del tubo endotracheale e la sedazione farmacologica
alterano i meccanismi di difesa del sistema respiratorio, in quanto deprimono il riflesso
della tosse e rendono inefficace la clearance mucociliare.

L’aspirazione delle secrezioni tracheobronchiali rappresenta quindi una tecnica

fondamentale nei soggetti intubati che necessitano di ventilazione meccanica perché


garantisce la pervietà delle vie aeree, promuove gli scambi gassosi e riduce la stasi delle
secrezioni, prevenendo lo sviluppo di infezioni polmonari.

La tecnica di tracheoaspirazione può essere a circuito aperto e a circuito chiuso: il


sistema a circuito aperto prevede la disconnessione del paziente dal ventilatore e
l’utilizzo del sondino sterile monouso; al contrario, nel sistema a circuito chiuso, non
c’è la deconessione del paziente dal circuito ventilatorio, poichè il sondino è racchiuso
in una guaina e collegato al tubo endotracheale con un raccordo a Y, consentendo di
mantenere una pressione positiva di fine espirazione, evitando il dereclutamento degli
alveoli e prevenendo così l’ipossemia.

I sistemi closed hanno però un costo maggiore rispetto alla tecnica in open: ad oggi non
c'è consenso unanime per un uso generalizzato di questi dispositivi. (Patarchi, 2020)

41
2.3.2 COMPLICAZIONI ALL'INTUBAZIONE

La lesione laringea da intubazione è comune in ambito di terapia intensiva.

Le alterazioni più frequenti sono: edema, ulcere, lacerazioni, traumi cartilaginei,


disfonia, paralisi delle corde vocali, polipi, granulomi e stenosi laringea.

I sintomi clinici più frequentemente riportati dopo l'estubazione sono la disfonia, che si
verifica per un 76% dei casi, seguito dal dolore con la medesima percentuale, per andare
a finire con la disfagia che, seppure in percentuale minore, colpisce il 49% dei pazienti
intubati.

L'età avanzata, l'alterazione della qualità vocale e il grado di compromissione della voce
risultano essere correlati ad un aumento del rischio di disfagia e aspirazione, come un
periodo più lungo di intubazione.

La disfagia è definita come la difficoltà o l'incapacità di trasferire in modo sicuro ed


efficace cibo e fluidi dalla cavità orale allo stomaco.

Essa può ritardare il ritorno all'alimentazione orale, aumentare il rischio di malattie


polmonari e ritardare le dimissioni ospedaliere.

Può innescare, inoltre, problemi come la malnutrizione, disidratazione e la polmonite da


aspirazione, peggiorando significativamente lo stato clinico del paziente ricoverato.

L'identificazione precoce della disfagia è necessaria per fornire sicurezza al paziente


durante l'ingestione orale e, quindi, minimizzare i rischi di future complicanze associate
alla broncoaspirazione.
42
Si sottolinea che il team di terapia intensiva dovrebbe essere attento alle complicazioni
legate alla procedura post-estubazione, in special modo alla disfonia, poiché
l'alterazione vocale rende i pazienti sensibili al rischio di disfagia. (Vita, 2018)

Normalmente, la risoluzione della disfonia si verifica tra 24 e 48 h; tuttavia, se il


sintomo persiste per più di 72 ore, si devono sospettare lesioni delle corde vocali.

Pertanto, è importante che questi pazienti siano valutati precocemente, preferibilmente

da un Foniatra, un Otorinolaringoiatra, un Logopedista, al fine di ridurre al minimo le


conseguenze e le complicanze che possono derivare dall'intubazione endotracheale.

A fronte di tali possibili manifestazioni cliniche, la gestione del paziente sottoposto a


IOT prolungata dovrebbe prevedere un inquadramento diagnostico precoce e
l’impostazione di un corretto percorso terapeutico e riabilitativo, che può prevedere
l’impiego di farmaci, terapie riabilitative, interventi chirurgici e terapie riabilitative
complementari volte a riparare le funzioni compromesse del paziente, migliorandone la
qualità di vita.

Ad oggi non esistono linee guida validate per la valutazione endoscopica e la gestione
del paziente con lesione laringea dopo intubazione prolungata.

Tuttavia, a fronte delle evidenze di letteratura a nostra disposizione, la valutazione


anatomo-funzionale della laringe andrebbe eseguita sistematicamente e precocemente a
seguito di procedure di intubazione prolungata, possibilmente da parte dello specialista
otorinolaringoiatra/foniatra e del logopedista.

Questo permetterebbe di identificare precocemente i pazienti portatori di condizioni


problematiche come lesioni laringee e/o disturbi funzionali, stratificarne il rischio
clinico ed impostarne il corretto management riabilitativo. (Fantini, 2020)

43
2.4 OSSIGENOTERAPIA AD ALTO FLUSSO

La terapia ad alti flussi è una forma di ossigenoterapia applicata tramite una speciale
cannula binasale, chiamata cannula nasale ad alti flussi e un circuito inspiratorio
riscaldato.

Si usa per erogare una miscela riscaldata e umidificata di aria e ossigeno a velocità di
flusso elevata a pazienti che respirano autonomamente.

Solitamente la velocità del flusso è impostata tra 30 L/min e 50 L/min.

Tale flusso elevato è in grado di offrire concentrazioni inspiratorie di ossigeno più


costanti rispetto alla terapia con O2 convenzionale e può anche generare un certo grado
di pressione positiva di fine espirazione.

Essa non solo è efficace per mantenere aperti gli alveoli polmonari anche durante la fine
dell’espirio, ma consentirà un wash out dello spazio morto anatomico con conseguente
riduzione dello sforzo respiratorio. (Mancino, 2020)

Tale effetto è reso possibile dall’utilizzo di nasocannule non occludenti le narici, che
permettono la fuoriuscita dei gas che vengono “lavati”.

Inoltre sarà possibile erogare una precisa quantità di FiO2 ,garantire una giusta
fluidificazione delle secrezioni e un miglioramento della clearance ciliare, grazie alla

44
somministrazione di ossigeno adeguatamente riscaldato ed umidificato.

A differenza della CPAP, costituita da un circuito chiuso che consente l’impostazione e


il controllo delle pressioni somministrate, l’ossigenoterapia ad alti flussi non consente di
monitorare con precisione l’entità delle pressioni somministrate.

Intuitivamente a flussi crescenti le pressioni generate saranno più elevate, ma gli studi
eseguiti in tale campo mostrano un’ampia variabilità di comportamento tra paziente e
paziente, pur riconoscendo una relazione di incremento lineare tra i due parametri.

Il vantaggio dell'ossigenoterapia ad alto flusso rispetto alla CPAP si riferisce


essenzialmente ad un maggior comfort del paziente e una riduzione delle lesioni nasali.

Infine, l'ossigenoterapia ad alto flusso è adatta per l'ipossiemia con distress respiratorio
e lieve ipercapnia.

Nei pazienti COVID in particolar modo l’utilizzo degli alti


fig.3: Relazione tra flusso fornito e
flussi risponde alle problematiche comunemente presenti nei picco di flusso inspiratorio del
pazienti affetti da bronchiolite. paziente

Sono presenti però criteri di inappropriatezza per il trattamento Fonte:https://docs.google.com/


quali: ritenzione di CO2, acidosi, apnee ricorrenti/persistenti, viewer?url=https%3A%2F
necessità di FiO2 > 60% per mantenere adeguate spO2. %2Fwww.simeup.com%2Fdoc
%2FOssigenoterapia_ad_alti_fluss
È suggerito iniziare con flussi più bassi per alcuni minuti per permettere al paziente di
adattarsi agli alti flussi e dunque inizialmente viene impostata una FiO2 in grado di

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mantenere livelli di saturazione compresi tra 92-95% e viene mantenuta una
temperatura a 37°C, o comunque la temperatura più vicina alla temperatura corporea del
paziente.

É importante utilizzare cannule nasali occludenti non più del 50% delle narici.

Sarà possibile effettuare una progressiva riduzione della FiO2 fino ad arrivare al 30%.
man mano che il paziente prosegue il trattamento.

Quando il paziente è stabile da 24 ore con flusso di 2-3 l/min è possibile sospendere il
trattamento e proseguire la somministrazione di ossigeno a bassi flussi con i comuni
presidi a disposizione. (Claudia Bondone, 2017)

2.5 ARDS E ECMO

I pazienti con COVID-19 possono sviluppare la sindrome da distress respiratorio acuto


che è associata ad un'elevata mortalità. (Grasselli G, 2020)

La sindrome del distress respiratorio acuto è una malattia acuta grave del polmone, che
può essere causata da numerosi fattori scatenanti, compresi la polmonite e il trauma.

É caratterizzata da un danno diffuso della membrana alveolo-capillare, che determina


un‘edema polmonare non cardiogenico ricco di proteine e insufficienza respiratoria
acuta.

L’ARDS dunque necessita di ventilazione assistita in quanto provoca una grave


ipossiemia, che è refrattaria all’ossigeno-terapia.

Anche se il percorso fisiopatologico è comune, puó essere innescata da varie condizioni


distinte tra di loro.

Gli eventi scatenanti possono essere raggruppati in due classi: condizioni dirette,
“polmonari”, e indirette, “extrapolmonari”.

Nel primo caso sono comprese numerose condizioni che provocano danni al parenchima
polmonare come la polmonite, la contusione polmonare da trauma, l’aspirazione e
l’inalazione o l’ingestione di agenti tossici.

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Nel secondo caso, il danno più frequente è costituito dalla sepsi, che rientra tra una
causa comune e altamente letale di ARDS, ma questo gruppo comprende anche la
pancreatite acuta, l’overdose di certe sostanze, la coagulazione intravascolare
disseminata e molteplici trasfusioni di derivati del sangue.

Nonostante la varietà dei fattori scatenanti, l’ARDS mostra nei suoi stadi più tradivi un
aspetto clinico e anatomopatologico uniforme, anche se modi di esplicarsi e meccanismi
possono essere variabili, in base alle caratteristiche degli eventi nocivi per i polmoni.

La fase acuta dell’ARDS è caratterizzata dal danno della barriera alveolo-capillare, la


cui distruzione aumenta la permeabilità, o anche definita “fessurazione“.

I leucociti si accumulano nei capillari polmonari e invadono gli spazi aerei.

Le conseguenze comprendono la vasocostrizione infiammatoria riduzione della


distensibilità polmonare, con conseguente maggiore rigidità e atelettasia, con collasso
degli alveoli che li rende privi di aria, a causa della perdita dello strato di surfattante che
in condizioni di normalità riduce la tensione superficiale dei fluidi che rivestono gli
alveoli, e in questo modo li stabilizza.

L’insufficienza respiratoria che ne consegue è peggiorata da gravi alterazioni del


rapporto ventilazione/perfusione, che comprendono sia zone polmonari dove gli alveoli
sono perfusi ma non ventilati, sia zone ove gli alveoli sono ventilati, ma non perfusi.

Tra le varie opzioni di trattamento ricordiamo la ventilazione meccanica, la gestione dei


fluidi, il trattamento farmacologico e le strategie extracorporee di supporto del polmone.

La ventilazione meccanica è una componente maggiore del trattamento dell’ARDS,


dato che mantiene in vita il paziente e gli assicura lo scambio dei gas, nonostante i
polmoni siano compromessi per il danno ricevuto.

Globalmente, la mortalità dei pazienti affetti da ARDS rimane elevata in modo


inaccettabile, nonostante la conoscenza della fisiopatologia del danno polmonare sia
estesa e le informazioni sulla terapia che si possono ricavare dai numerosi studi
multicentrici eseguiti fino ad ogg.i

Finora nessun trattamento farmacologico ha avuto successo nel migliorare la


sopravvivenza dei pazienti con ARDS.

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Data l‘inaccettabilmente alta mortalità e la prevalenza dell’ARDS nei pazienti critici, vi
è un bisogno urgente di una strategia di trattamento farmacologico efficace.

Il polmone offre una possibilità unica di trattamento attraverso sia il letto vascolare che
le vie aeree.

L’inalazione di acido nitrico gassoso, che è stata vista in grado di reindirizzare il flusso
ematico dalle aree danneggiate a quelle meglio ventilate del polmone, si è dimostrato
inefficace nelle casistiche generali di pazienti con ARDS e rimane un’opzione da ultima
spiaggia.

La supplementazione di surfattante che, nei polmoni sani, mantiene l’apertura degli

alveoli e che viene distrutto dal danno polmonare, è efficace nell’ARDS, ma non ha
migliorato la sopravvivenza negli adulti. (Minelli, 2020)

In casi particolarmente gravi di ARDS deve essere considerata l’ossigenazione


extracorporea.

L’ECMO è tra le più semplici tecniche di assistenza circolatoria meccanica.

Viene impiantata tramite accessi vascolari periferici o centrali e questa tecnica di


assistenza utilizza il concetto di circolazione extracorporea di sangue ossigenato e
decarbossilato.

Il circuito dell’ECMO differisce da quello di una normale per l’assenza di serbatoio di


cardiotomia.

Questo circuito comprende una pompa, una membrana che assicura la funzione di
ematosi insieme a delle vie d’accesso, rappresentate da delle cannule e linee di
drenaggio.

Gli accessi vascolari dell’ECMO sono venovenosi, venoarteriosi o arterovenosi.

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Figura 4: Che cosa è l'ossigenazione extracorporea della membrana?

Fonte: https://www.news-medical.net/health/What-is-Extracorporeal-Membrane-Oxygenation-
(ECMO)-(Italian).aspx

Il monitoraggio del paziente in questo caso é di vitale importanza così come l’analisi
tramite ecografia transtoracica o transesofagea, della la funzione cardiaca e dello
svuotamento delle cavità destra.

È essenziale nell’approccio diagnostico in corso di complicazioni così come per lo


svezzamento dall’ECMO.

Nel monitoraggio del paziente inoltre è di fondamentale importanza il posizionamento


di un catetere per ottenere una pressione arteriosa cruente, sia per il monitoraggio
continuo della pressione di perfusione che per i prelievi di sangue.

Si valutano inoltre i parametri gasometrici, che devono tener conto del tipo di assistenza
e della posizione delle cannule.

In un supporto VA, si deve tener conto del sito di impianto delle cannule.

Se sono posizionate al triangolo femorale, è preferibile una gasometria radiale destra per
valutare il rapporto tra il sangue proveniente dal cuore e quello proveniente dal
supporto.

Inoltre, l’ossimetria giugulare o cerebrale fornisce preziose informazioni sul livello di


ossigenazione cerebrale.
49
Qualunque sia il tipo di assistenza, è essenziale la valutazione frequente
dell’ossigenatore e delle performance.

Il ricircolo può essere oggettivato sul gas del sangue, confrontando la saturazione
venosa di O2 del paziente con la SvO2 del sangue della cannula di drenaggio. (J. Rebb,
2016)

CAPITOLO III: ASSISTENZA AL PAZIENTE COVID-19 IN


TERAPIA INTENSIVA

Il monitoraggio dei parametri vitali del paziente affetto da Covid-19 é di fondamentale


importanza: l'Infermiere é il professionista sanitario che esegue le fasi del monitoraggio
e si occupa del paziente visionandolo sotto tutti gli aspetti.

Gli infermieri sono professionisti sanitari che svolgono la fase di monitoraggio e si


prendono cura dei pazienti osservandoli sotto tutti gli aspetti.

I pazienti in terapia intensiva sono per lo più allettati e quindi hanno una maggiore
probabilità di sviluppare lesioni da pressione; ciò rende necessario l'utilizzo di
dispositivi antidecubito.

Inoltre l’infermiere provvederà a disporre dei dispositivi per la prevenzione della


trombosi venosa profonda in accordo con le disposizioni mediche.

La mobilizzazione del paziente è un punto chiave e deve essere eseguita ogni 2-4 ore,
concordata alle condizioni respiratorie, alla stabilità emodinamica e alle
condizioni/lesioni neurologiche. (Stefano bambi, 2020)

Il paziente ha bisogno di essere monitorizzato in maniera continua specialmente nei


50
primi giorni in cui viene sottoposto a ventilazione meccanica, motivo per il quale
l’infermiere provvede ad eseguire regolarmente l’emogasanalisi per verificare
tempestivamente repentini cali dei valori elettrolitici e respiratori.

È fondamentale controllare frequentemente il corretto posizionamento del tubo


orotracheale, poiché dislocandosi può non assicurare una ventilazione adeguata al
paziente.

Tra i vari compiti dell’infermiere rientra quello di valutare l'efficenza della ventilazione
osservando se il paziente si presenta agitato, sudato, o tachipnoico; se presenta tosse, se
si modificano in maniera importante i parametri vitali come la PA, la FC, la SpO2.

Anche l’ingombro di secrezioni nell’albero bronchiale comporta disagio al paziente, che


si può presentare agitato e con un’alterazione dei parametri ventilatori con conseguente
allarme del ventilatore.

Per liberare le vie aeree, l'infermiere puó effettuare la bronscoaspirazione. (Vannini,


2018)

Per aspirazione tracheo-bronchiale si intende la rimozione dal tratto nasofaringeo o


dalla trachea, fino alla carena bronchiale, delle secrezioni polmonari e dei liquidi che
non vengono rimossi con la tosse spontanea.

L‘obiettivo di tale manovra è assicurare una adeguata ossigenazione promuovendo e


migliorando gli scambi respiratori. (Azienda Ospedaliera Universitaria "Ospedali
Riuniti" di Foggia)

Bisogna essere consapevoli che la procedura di broncoaspirazione é ad alto indice di


rischio in quanto comporta una fase di ipossia, un'alterazione dei parametri vitali e, se il
paziente è cosciente, provoca anche fastidio e/o dolore.

Oltre al monitoraggio di tutti i valori respiratori, emodinamici, si valuta lo stato


neurologico tramite la Glasgow coma scale.

Altra importante prerogativa dell’infermiere è un’ottima conoscenza della farmacologia;


la maggior parte dei farmaci, ha dei dosaggi di somministrazione molto precisi, presenta
molti effetti collaterali e alcune interazioni tra loro ne causano la precipitazione.

L’infermiere in Terapia Intensiva si occupa di monitorare i parametri vitali


51
costantemente, senza mai interrompere il monitoraggio in nessuna fase dell’assistenza
o dello spostamento/trasferimento del paziente, per evitare una possibile ed
emergenziale conseguenza come l’estubazione e per avere piena coscienza e conoscenza
di tutte le possibili complicanze che possono insorgere anche con il tubo oro-tracheale
in sede.

Le principali complicanze correlate alla ventilazione meccanica controllata sono:


barotraumi, alterazioni emodinamiche come diminuzione della gittata cardiaca per
aumento delle resistenze vascolari polmonari, effetto cronotropo, diminuzione della
diuresi secondaria a diminuzione della perfusione renale.

3.1 POSIZIONAMENTO SUPINOPRONO IN ERA COVID-19

La tecnica della pronazione dalla metà degli anni '70 è stata utilizzata in pazienti con
grave insufficienza respiratoria, ma a fronte di evidenti evidenze fisiopatologiche, i
risultati non hanno mostrato una riduzione della mortalità.

Due sono i vantaggi fisiopatologici che sono indiscutibilmente in gioco passando dalla
ventilazione meccanica classica supina alla posizione prona.

Il primo è un miglioramento dell’ossigenazione del sangue arterioso ed il secondo è una


diminuzione dello stress da stiramento sulle strutture parenchimali con lesione delle
medesime, indissolubilmente legato alla ventilazione a pressione positiva che è
antifisiologica.

Questo stress è tanto più elevato quanto maggiore è la pressione che siamo costretti ad
utilizzare per ventilare un paziente.

Il miglioramento dell’ossigenazione si ottiene attraverso diversi e complessi


meccanismi.

Rispetto alla posizione supina, il posizionamento dei pazienti in posizione prona


determina una distribuzione del volume corrente più uniforme: ciò si ottiene da un lato

52
invertendo il gradiente di pressione pleurica verticale, che diventa più negativo nelle
regioni dorsali, dall’altro migliorando anche il volume polmonare a riposo nelle regioni
dorsocaudali, con la riduzione della pressione sovrapposta sia del cuore che
dell’addome.

Al contrario, la perfusione polmonare rimane distribuita preferenzialmente alle regioni


polmonari dorsali, migliorando così le relazioni ventilazione/perfusione alveolari
complessive.

Dunque, la posizione prona migliora il rapporto Ventilazione/Perfusione perché


vengono perfusi alveoli che erano chiusi in posizione supina e quindi riduce lo shunt.

Un importante quesito che si pone è quello di definire per quanto tempo deve essere
mantenuto il paziente in posizione prona.

Prima della pandemia COVID-19 tutti gli intensivisti si attenevano ai dati della
letteratura che consigliavano di mantenere prono il paziente per un massimo di 16-18
ore e di ritornare alla posizione supina per le restanti ore della giornata.

Durante la pandemia i posti letto di UTI che ospitavano pazienti COVID-19 in ARDS
sono aumentati in maniera drammatica e quindi si è provato a prolungare il tempo di
mantenimento del paziente in posizione prona.

Si è arrivati a tenere il paziente pronato anche per 36 ore ed oltre e, sorprendentemente,


si è visto in questi pazienti un miglioramento del risultato senza aumento delle
complicanze.

L’unica vera controindicazione assoluta della PP è la frattura cervicale o il paziente


polifratturato, ma esistono anche controindicazioni relative, fra cui la più importante è
l’instabilità emodinamica grave.

Per i pazienti, la posizione prona presenta alcuni rischi quali: la necessità di aumentare
la dose di sedativi e bloccanti muscolari, aumento del rischio di estubazione accidentale
e smarrimento o blocco dell'intubazione; il ristagno dello stomaco è aggravato e la
nutrizione enterale deve essere ridotta e il pericolo di lesioni alla colonna vertebrale
cervicale.

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Il volto è inevitabilmente compresso dalla posizione prona e inoltre edematoso per
l’ostacolo al ritorno venoso della regione della testa.

La più frequente complicanza della posizione prona è perciò la comparsa di piaghe ed


ulcere da decubito localizzate soprattutto al volto.

Il numero di operatori coinvolti alla manovra varia a seconda dei protocolli da un


numero minimo di 5, compreso da 4 infermieri, 2 ad ogni lato del paziente e un
rianimatore al quale è affidato il compito della rotazione della testa e di assicurare la
sicurezza dei dispositivi medici ad altri protocolli che in ospedali con maggiori risorse
riportano la manovra eseguita anche da 7 operatori.

Nella fase preparatoria, l’equipe valuta la necessità di un aumento della sedazione e di


una eventuale curarizzazione, svuotare lo stomaco, preparare i supporti da posizionare
sotto il bacino, la testa ed il torace, staccare i monitoraggi e le infusioni.

Nella manovra della pronazione, mentre un operatore è impegnato a sollevare la testa


del paziente e a controllare il tubo o cannula tracheostomica, il paziente viene spostato
al bordo del letto controlateralmente al senso di rotazione, mantenendo le braccia lungo
il corpo.

Poi viene ruotato sul fianco verso il centro del letto, viene sollevato il tronco ed il
bacino per consentire il passaggio del braccio, viene completata la rotazione e infine
vengono posizionati gli arti superiori verso l’alto facendo attenzione alla rotazione della
spalla per evitare lussazione o stiramento dei plessi.

A manovra avvenuta il bacino ed il torace vengono sollevati posizionando cuscini o


presidi idonei, viene posizionata la testa su di un lato ricordandosi di invertire il lato
dopo 3-4 ore, si verifica che gli occhi siano ben protetti, altrettanto per i genitali dei
maschi ed infine si riconnettono i monitoraggi e le infusioni.

Il numero di pazienti che necessitavano di pronazione è esponenzialmente cresciuto ed


in concomitanza si sono aperti letti di terapia intensiva utilizzando infermieri non
specificatamente preparati ed esperti per l’assistenza a pazienti intensivi.

Non va dimenticato che poiché l’obesità si è dimostrata essere uno fra i maggiori fattori
di rischio per le complicanze del COVID, ci si è trovati ad eseguire la pronazione su un
numero molto elevato di pazienti obesi con aumento delle difficoltà per gli operatori.
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Alla complessità della manovra ed al carico di lavoro infermieristico durante l’epidemia
di COVID-19 si è aggiunto il rischio di trasmissione del contagio.

Durante la manovra di pronazione, infatti, dal cavo orale del paziente fuoriescono
abbondati secrezioni che possono essere ad alta carica virale.

È anche vero che, a parte nelle prime fasi della pandemia, tutti gli operatori sono stati
protetti con adeguato dispositivi di protezione individuale quali tute, scafandri,
maschere FFP3, doppi guanti.

Tuttavia il carico di lavoro e lo stress hanno certamente favorito errori nella loro corretta
utilizzazione e possiamo affermare che nell’assistenza al paziente con SARS-CoV-2
intubato la manovra di pronazione è sicuramente la procedura più pericolosa per il
rischio di trasmissione del contagio. (Balicco, 2021)

CAPITOLO IV: INDAGINE CONOSCITIVA

4.1 MATERIALI E METODI

Lo studio dell’analisi retrospettiva è stato condotto attraverso l’osservazione dei dati


clinici dei pazienti ricoverati nella Terapia Intensiva dell’Azienda Ospedaliera S. Maria
della Misericordia di Perugia.

I risultati dell’indagine conoscitiva sono stati elaborati in forma anonima


esclusivamente a fini della ricerca.

In totale sono state esaminate mediante campionamento casuale 34 cartelle cliniche dei
pazienti deceduti in un arco di tempo che va dal 01/01/2020 al 31/12/2020.

Come prima analisi, abbiamo diviso il campione in due gruppi in base al sesso.

In ogni campione, abbiamo analizzato l’età, il BMI e la diagnosi principale di ingresso


con le relative comorbilità associate per ciascun paziente.

A questo punto, per ogni gruppo sono state identificate 6 principali diagnosi di ingresso:
COVID-19, polmonite da SARS-COV2, ipertensione essenziale benigna, shock settico,
ARDS e insufficienza respiratoria.

55
Successivamente per ogni principale diagnosi di ingresso, sono state individuate le varie
comorbilità che presentano i pazienti al momento dell’accettazione in UTI.

Infine, abbiamo calcolato il valore del Sofa Score andando ad analizzare le condizioni
cliniche del paziente nelle prime 24 ore di osservazione.

Il SOFA è un sistema a punteggio per determinare l’entità della funzione d’organo di un


paziente e si basa sulla valutazione di sei diverse categorie cliniche quali: GCS, rapporto
PaO2/FiO2, bilirubina, creatinina, MAP e le piastrine.

Un altro strumento utilizzabile è il q-SOFA, una versione rivista del SOFA score e che
va a indagare tre semplici parametri vitali, ovvero pressione arteriosa, frequenza
respiratoria e stato mentale. In caso di almeno due riscontri patologici, ad esempio
tachipnea, ipotensione o GCS < 15, il paziente ha un’alta probabilità di sepsi e va
ricoverato in ambiente idoneo.

Abbiamo inserito, all’interno del nostro studio, un grafico relativo al Sofa calcolato su
64 pazienti presenti nel software PROSAFE-Margherita del Centro IT100 nell’anno
2020 per andare a comparare i dati del centro IT100 con quelli ottenuti dal nostro
studio.

Ai fini del nostro studio, abbiamo inoltre preso in considerazione il grafico VLAD del
2019 dal quale si evince che la mortalità predetta delle persone ricoverate in terapia
intensiva durante l’anno 2019 non affetti da patologia SARS-COV2 è verosimilmente
equivalente a quella osservata.

I principali parametri di differenza statistica del campione costituito da 34 pazienti sono


stati elaborati con il foglio di calcolo Excel.

56
4.2 RISULTATI DELL'INDAGINE

Dal primo grafico (fig.1), si evince che i pazienti presi in considerazione nello studio
sono per il 74% di sesso maschile e per un 24% di sesso femminile.

(fig.1)

Dopo aver determinato il sesso, un fattore influente è sicuramente l’età.

57
UOMINI DONNE
MEDIA 72±8 72±7
MIN 58 61
MAX 82 80
CV 11 10

(fig.2) Tabella - Principali parametri di inferenza statistica dell'età

Abbiamo successivamente calcolato l’indice di massa corporea di ogni paziente,


ottenendo tre sottogruppi: obeso, sovrappeso e normopeso.

UOMINI DONNE
N % N %
NORMOPESO 13 50 0 0
SOVRAPPESO 12 46 5 62
OBESO 1 4 3 38
TOTALE 26 100 8 100

(Fig.3) Tabella - Frequenza assoluta e % del BMI nei due sessi

Abbiamo diviso entrambi i gruppi in base alla diagnosi principale di ingresso.

UOMINI DONNE
N % N %
COVID-19 7 27 1 12
INSUFFICIENZA RESPIRATORIA 10 38 6 75
ARDS 7 27 1 12
IPERTENSIONE ESSENZIALE BENIGNA 1 4 0 0
SHOCK SETTICO 1 4 0 0
TOTALE 26 100 8 100

(Fig.4) Tabella - Frequenza assoluta e % della diagnosi principale nei due sessi

58
In base alle diagnosi principali che hanno maggiormente colpito i pazienti quali
COVID-19, polmonite in SARS-COV2 e insufficienza respiratoria, abbiamo riportato le
comorbilità associate al singolo paziente.

UOMINI N.7(%) DONNE N.1(%)

ARDS 42,80% 100%


POLMONITE DA SARS COV2 100% 100%
IPERTENSIONE ESSENZIALE BENIGNA 57,14% 0
OBESITA' GRAVE 57,40% 0
TROMBOSI VENOSA PROFONDA 28,50% 0
DIABETE DI TIPO II 71,40% 0
FIBRILLAZIONE ATRIALE 28,50% 100%
INSUFFICIENZA RESPIRATORIA 71,40% 0%
BPCO 14,20% 100%
ALTRE PATOLOGIE 42,90% 100%

(Fig.5) Tabella relativa alla presenza di comorbilità in pazienti con diagnosi principale di COVID-19.

UOMINI N.10 (%) DONNE N.6 (%)

ARDS 40% 33%


BPCO 0 0
DIABETE DI TIPO II 60% 33%
FIBRILLAZIONE ATRIALE 50% 0
INSUFFICIENZA RESPIRATORIA 100% 100%
IPERTENSIONE ESSENZIALE BENIGNA 60% 67%
IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA 20% 0
OBESITA' GRAVE 40% 67%
PNEUMOTORACE 10% 0
POLMONITE DA SARS COV2 60% 17%
TROMBOSI VENOSA PROFONDA 10% 50%
ALTRE PATOLOGIE 30% 33%
(Fig.6) Tabella relativa alla diagnosi principale di Insufficienza Respiratoria con relative percentuali.

59
UOMINI N.5 (%) DONNE N.1 (%)
ARDS 60% 0
POLMONITE DA SARS COV2 100% 100%
IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA 20% 0
IPERTENSIONE ESSENZIALE BENIGNA 50% 100%
OBESITA' GRAVE 50% 100%
PNEUMOTORACE 0% 0%
TROMBOSI VENOSA PROFONDA 20% 0%
DIABETE DI TIPO II 40% 0%
FIBRILLAZIONE ATRIALE 40% 0%
INSUFFICIENZA RESPIRATORIA 100% 100%
BPCO 20% 0%
ALTRE PATOLOGIE 80% 0%

(Fig.7) Tabella relativa alla diagnosi principale polmonite in Covid-19 con relative percentuali:

Per ogni paziente preso in analisi nel nostro studio, abbiamo calcolato in percentuale i
parametri utili per determinare il Sofa Score.

Abbiamo diviso i risultati tra uomini e donne.

Tot. Pazienti: 34 UOMINI DONNE

PaO2/fiO2 100% 100%


Glasgow Coma Scale 76,40% 87,50%
Creatinina 69,23% 87,50%
Bilirubina 19,23% 0
Piastrine 23,07% 37,50%
Pressione Arteriosa Media 46,15% 50%

FREQUENZA: 26 8

(Fig.8) tabella relativa alle percentuali degli items del Sofa Score suddivisi nel sesso maschile e
femminile.

60
Infine, abbiamo calcolato il Sofa Score di tutti i 34 pazienti dello studio.

PUNTEGGI SOFA SCORE:

(fig.9)

In comparazione con il nostro grafico (fig.9), abbiamo riportato il SofaScore calcolato


su 64 pazienti presenti all’interno del software PROSAFE. (fig.10)

(fig.10) grafico relativo al calcolo del Sofa Score dei pazienti deceduti nell’anno 2020 in terapia intensiva.

61
Infine, abbiamo riportato Il grafico VLAD (Variable Life-Adjusted Display) che
permette di visualizzare l’andamento della mortalità osservata rispetto a quanto predetto
(modello di previsione: GiViTI 2019). Sull’asse delle ordinate è riportata la differenza
cumulativa tra il numero assoluto di decessi previsti ed osservati. Sull’asse delle ascisse
sono riportati i pazienti consecutivamente ammessi in TI nell’arco dei mesi considerati.
Nel periodo analizzato, questa TI osserva complessivamente 7.8 decessi in più rispetto a
quanto predetto dal modello.

(Fig.11) (PROSAFE CORE, gruppo italiano per la valutazione degli interventi in terapia intensiva)

4.3 ANALISI DEI RISULTATI

I pazienti analizzati nello studio sono stati selezionati casualmente dagli archivi
dell’Unità di Terapia Intensiva di Perugia.

I risultati dell’indagine conoscitiva sono stati elaborati in forma anonima


esclusivamente a fini della ricerca. In totale sono state esaminate mediante
campionamento casuale 34 cartelle cliniche dei pazienti deceduti in un arco di tempo
che va dal 01/01/2020 al 31/12/2020.

I pazienti selezionati hanno un’età compresa da 58 a 82 anni.

Il 24% di loro erano di sesso femminile, mentre il restante 76% di sesso maschile.

Durante la pandemia da Covid-19 è emerso che il sesso ed il genere hanno determinato


importanti influenze sia sulle condizioni di vita che sulla risposta biologica al virus.

62
Una recente analisi di tutti gli studi epidemiologici disponibili, che raccolgono dati da
59.254 pazienti di 11 diversi paesi, ha mostrato che gli uomini muoiono di Covid-19 più
delle donne, in Italia i dati aggiornati al 23/4/2020 evidenziavano che, come nella
maggior parte degli altri Paesi, gli uomini muoiono due volte di più delle donne e in
alcuni Paesi come la Tailandia e Repubblica Domenicana addirittura 3-4 volte di più.

Al contrario in India e Pakistan sono le donne ad essere decedute poco di più degli
uomini. (ISTITUTO AUXOLOGICO ITALIANO, 2020)

Analizzando il BMI del totale dei pazienti si è osservato che la maggioranza di loro è in
sovrappeso, le persone affette da obesità anche lieve sono maggiormente a rischio di
sviluppare forme gravi di Covid-19 che possono portare fino al decesso.

A un anno dallo scoppio della pandemia, diversi studi hanno confermato che quanto più
l’eccesso di peso è marcato, tanto più elevato è il rischio che corre chi risulta positivo
all’infezione da Sars-CoV-2.

A dimostrarlo sono anche i resoconti di chi vive quotidianamente le terapie intensive.

Tra i pazienti affetti da Covid-19, un indice di massa corporea (BMI) superiore a 30 è


risultato associato a un rischio maggiore di sviluppare insufficienza respiratoria, di
richiedere il ricovero in terapia intensiva e di mortalità. Indipendentemente dalla
presenza di altri fattori di rischio. (Todaro, 2020)

Si è evinto che per entrambi i campioni l’età media è di 72 anni, questo conferma il fatto
che le persone anziane sono maggiormente a rischio di ammalarsi gravemente e morire
a causa del COVID-19.

A metà 2020, a livello mondiale l’età media dei casi confermati di COVID-19 era 51
anni, ma i tassi di mortalità per gli over80 era cinque volte maggiore.

Più del 95% dei decessi causati dalla pandemia in Europa ha riguardato adulti over60.

In Italia, il II Rapporto congiunto dell’Istituto Nazionale di Statistica e dell’Istituto


Superiore di Sanità sulla mortalità della popolazione residente a causa del COVID-19,
rileva che ”l’eccesso di mortalità dei mesi di marzo e aprile 2020 è più consistente per
gli uomini di 70-79 anni e di 80-89 anni per i quali i decessi cumulati dal primo gennaio
al 30 aprile 2020 aumentano di oltre 52 punti percentuali rispetto allo stesso periodo
della media 2015-2019; segue la classe di età 90 e più con un incremento del 48%.
63
Le persone anziane sono anche più vulnerabili rispetto alle conseguenze della solitudine
e dell’esclusione sociale che la pandemia sta comportando. (MonteBelli, 2020)

Abbiamo poi suddiviso lo studio in due gruppi, al fine di osservare l’incidenza di


determinate patologie a seconda del sesso.

Si è evinto che l’insufficienza respiratoria è stata la diagnosi di principale incidenza per


entrambi i sessi; Il virus SARS-CoV2 entra nell’organismo legandosi all’enzima di
conversione dell’angiotensina 2, un enzima coinvolto nella regolazione della pressione
sanguigna e che si trova sulle cellule dell’epitelio polmonare dove difende i polmoni dai
danni causati da infezioni e infiammazioni.

Il virus, legandosi ad ACE2, entra nella cellula e impedisce all’enzima di compiere il


proprio ruolo protettivo.

Una volta nelle cellule, SARS-CoV2 inizia a replicarsi e a livello clinico questa fase si
caratterizza, in genere, per malessere, febbre e tosse secca.

Se il sistema immunitario del soggetto colpito dall’infezione riesce a bloccarla, come


avviene nella maggior parte dei casi, il decorso della malattia è benigno.

In alcuni casi, il COVID-19 può evolvere in una seconda fase che si caratterizza per
alterazioni a livello polmonare con polmonite interstiziale, molto spesso bilaterale e
dunque con il coinvolgimento di entrambi i polmoni, associata a sintomi respiratori che
possono essere inizialmente limitati ma che possono condurre a una progressiva
instabilità clinica con insufficienza respiratoria.

Dall’analisi retrospettiva è emerso che solo un paziente all’ingresso presentava come


diagnosi principale ARDS, anche definita la cosiddetta “tempesta citochinica”.

Si verifica un’azione continua e incontrollata delle citochine, proteine deputate di norma


ad avvisare le cellule del sistema immunitario ad attivarsi in difesa dell’organismo,
portando a uno stato di eccessiva infiammazione, con conseguenze locali e a livello
sistemico con il rischio di lesioni polmonari gravi e talvolta permanenti. (Covid-19: le
tre fasi dell'infezione, 2020)

Successivamente, per una completezza di informazioni, siamo andati a individuare


quelle che sono le comorbilità per ciascuna classe di diagnosi principale.

64
Dall’analisi è emerso che la maggioranza dei pazienti di sesso maschile risulta essere
colpito da malattie prevalentemente cardiocircolatorie, mentre le donne presentavano
per la maggior parte dei casi alterazioni del metabolismo quali obesità e diabete mellito
di tipo II.

Prima di calcolare il Sofa, abbiamo analizzato i 6 parametri utili a determinarlo in una


tabella divisa a seconda del sesso, riportando il risultato in valore percentuale. E’
emerso che sia nel sesso maschile che femmine la totalità dei pazienti aveva un deficit
del rapporto PaO2/FiO2, dunque necessitavano di ventilazione meccanica invasiva.

Un aspetto importante emerso dallo studio è la Glasgow Coma Scale, uomini 76,40% e
donne 87,50%, che risulta un parametro presente in elevata percentuale in entrambi i
sessi.

A seguire, anche la creatinina, sebbene in minor percentuale, uomini: 69,23% e


donne:87,50%, risulta un indice predittivo di mortalità valido.

Per quanto riguarda però la bilirubina, le piastrine e la MAP, le percentuali calcolate


non sono significatamente alterate, rappresentando così un limite di predittività della
mortalità.

Tramite i valori sopracitati, abbiamo poi calcolato il Sofa Score relativo ad ogni
paziente nelle prime 24 ore di degenza.

Si è evinto che la maggior parte dei pazienti ha ottenuto un punteggio tra valori di 6 e
11.

Ciò significa che la percentuale predittiva di mortalità nelle 24 ore secondo il Sofa
Score è inferiore del 50% e in alcuni casi, anche inferiore del 20%.

A questo punto, abbiamo preso in considerazione i punteggi Sofa calcolati nell’anno


2020 di tutti i pazienti ricoverati in UTI dell’Ospedale di Santa Maria della Misericordia
di Perugia (fig. 10) per andare a verificare la veridicità dei dati ottenuti nel nostro studio
retrospettivo.

Infatti, emerge dal grafico che la media del punteggio è di 10,3, con una percentuale
predittiva di mortalità del 50%. Questo convalida quanto ottenuto mediante il calcolo
dello score dei 34 pazienti selezionati per il nostro studio.

65
Ci siamo chiesti se tale discrepanza di mortalità effettiva e predetta si era verificata
nell’anno precedente dell’insorgenza del COVID-19.

A tale proposito, dopo attente ricerche, abbiamo riportato il grafico VLAD che permette
di visualizzare l’andamento della mortalità osservata rispetto a quanto predetto.

Nel grafico viene riportata la differenza cumulativa tra il numero assoluto di decessi
previsti ed osservati nel 2019 (fig.11)

Osserviamo che i dati calcolati si discostavano di 7.8 decessi in più rispetto a quanto
predetto dal modello, quindi si può affermare che per quanto riguarda l’anno pre-Covid-
19, il calcolo della mortalità predetta è stato attendibile e dunque la scala utilizzata
risulta un adeguato strumento di valutazione della predittività.

4.4 CONCLUSIONI

Il Covid-19 ha sorpreso il mondo scientifico e culturale della terapia intensiva che


storicamente utilizzava score predittivi per la mortalità attesa, Sofa score. In questo
studio viene invece evidenziata la mortalità osservata che è sempre risultata maggiore di
quella predetta dagli score di gravità, a dimostrazione ex post che il Covid-19 ha
imposto nuove regole e ha lasciato pochissime chance di sopravvivenza ai pazienti.

Durante la stesura dell’elaborato, è stato interessante notare la differenza dei risultati


ottenuti del Sofa score calcolati in 34 pazienti deceduti presi mediante campionamento
casuale in terapia intensiva con i dati relativi all’anno 2019 effettuati dai medici di
terapia intensiva dell’Ospedale di Perugia.

Per i pazienti affetti da Covid-19, sia nel nostro studio che in quello calcolato sul totale
dei pazienti ricoverati in UTI dell’Ospedale di Perugia nell’2020, il calcolo del Sofa
Score ha portato il più delle volte risultati disattesi in relazione alla previsione della
mortalità attesa.
66
Visto che il Covid-19 si è rilevato un virus che causa principalmente problemi
respiratori, sarebbe dunque utile definire una scala più precisa che possa dare valori più
attendibili, considerando nuovi parametri ed escludendone altri, in quanto il più delle
volte si è notato che pazienti con una mortalità inferiore al 20% calcolata nelle 24 ore, è
deceduto poco dopo.

Da qui nasce l’importanza di capire il perchè alcuni items come la bilirubina e la


piastrinopenia, seppure non alterati, hanno indotto i curanti a giudicare meno gravi i
pazienti invece destinati inesorabilmente a morte.

Il Sofa Score difatti, nasce come criterio di valutazione per i pazienti in sepsi e shock
settico ed è fondamentale per determinare l'impatto delle cure intensive, dando priorità
ai pazienti che hanno una maggiore probabilità di trarre vantaggio nell'affrontare la
condizione critica.

L’uragano covid ha lasciato un segno quindi indelebile nella cura infermieristica che ha
visto approfonditi aspetti come il trattamento dell’Insufficienza respiratoria attraverso
monitoraggi multiparametrici e ventilatori specifici nel paziente critico Covid-19.

Ricordiamo sempre che una corretta valutazione clinica del paziente nasce
dall'integrazione e dalla stretta collaborazione medico-infermiere, nonché
dall’osservazione del paziente stesso unitamente alla rilevazione dei parametri.

67
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