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LE PANDEMIE DEL XXI SECOLO

“Questa è l’era delle epidemie. Afta epizootica, febbre catarrale, influenza aviaria, SARS, vie
di trasmissione, zone soggette a restrizioni, aree di sorveglianza, vaccinazioni di massa: siamo
ormai avvezzi alla terminologia del contagio” diceva Sam Youd nel suo libro “La morte dell’erba”
pubblicato nel 1956. Ebbene sì, questo autore non aveva visto nella prima pandemia di inizio
secolo, un’eccezione storica bensì la prima di un numero indefinito, che il cuor nostro, oggigiorno
soprattutto, si spera rimanga invariato o basso. Indubbiamente oggi, viviamo una situazione
anormale causata dal virus Covid-19 ma è importante ricordare che non è la prima pandemia del
nostro secolo.
Nel 1918, il mondo è stato invaso da un’ondata epidemiologica che prese, comunemente, il nome
di influenza “spagnola” o direttamente “Spagnola”. Questo virus, prese forma per la prima volta in
un soldato americano in un campo del Kansas e si manifestò come una forte febbre e difficoltà
respiratoria. La carenza di ossigeno provocava un colore bluastro in volto accompagnato da
sanguinamenti sia dal naso che dalla bocca dovuti al riempimento di sangue nei polmoni. Di li a
poco il soffocamento dell’individuo nei suoi stessi fluidi, lo portava alla morte. La “Spagnola”
venne impropriamente chiamata così, non perché gli spagnoli furono i primi ad avere sintomi
riconducibili a questa malattia, ma perché la stampa spagnola era l’unica priva di censure e quindi,
in grado di rendere conoscibile l’accaduto del soldato americano. Oggi sappiamo che il nome più
scientifico della influenza “spagnola” è H1N1 appartenente alla famiglia dei virus di tipo A legato
alle epidemie letali.
Il periodo storico nel quale questa pandemia si è diffusa ha una importanza notevole. Innanzitutto
all’epoca non si avevano gli strumenti necessari per studiare e comprendere il virus: la sua origine
rimane incerta, anche agli epidemiologici di oggi, come la sua cura, infatti, inizialmente, i casi
furono classificati come polmoniti. In secondo luogo, lo scenario storico della prima guerra
mondiale, aveva amplificato il contagio tra le persone: il trasporto dei rifornimenti da un capo
all’altro del mondo, il contatto e la vicinanza tra le persone soprattutto fra soldati che vivevano le
loro giornate nelle trincee, le condizioni igieniche a dir poco discutibili, avevano reso il mondo
l’ambiente perfetto per la diffusione incontrollata del virus H1N1 il quale provocò, quanto meno
questa è la stima, tra i 20 e le 100 milioni di vittime. La storia ci insegna che il virus ha affrontato
tre fasi. La prima ebbe inizio con il contagio del paziente 0, cioè il primo, nel marzo del 1918 che
durò all’incirca fino alla fine dell’estate dove il virus sembrava essersi attenuato ma qualche
settimana dopo, con l’arrivo di settembre, la situazione s’aggravò e il mondo visse le 13 settimane
più intense e con il maggior tributo di vite. Con l’arrivo dell’anno successivo, il mondo aveva
iniziato la terza fase di vita della pandemia spagnola nonché una fase meno violenta della
precedente ma più lunga e, soprattutto, che raggiunse anche i luoghi più lontani come l’Australia. I
decessi per il virus H1N1 durarono fino al 1920 tuttavia la naturale mutazione genetica del virus
portò alla sua dissipazione nell’estate del 1919.
Sfortunatamente, oggi viviamo una situazione molto simile. Simile perché noi, popolazione
mondiale del momento, siamo le vittime di una pandemia provocata dal virus Covid-19
appartenete alla famiglia del coronavirus, che ebbe inizio con il primo caso verificatosi a Wuhan in
Cina nel novembre 2019; tuttavia, fortunatamente, il nostro contesto storico ci aiuta sicuramente
di più rispetto a quello nel quale ha avuto luogo la pandemia di “Spagnola”. Il progresso scientifico,
il generale benessere mondiale (l’assenza di guerre ben inteso) e l’evoluzione sociale, ci ha
permesso di agire repentinamente al blocco del contagio del Covid-19 e ci sta dando la possibilità
di studiarlo per arrivare ad eliminarlo definitivamente. Ciò detto, troviamo delle somiglianze tra i
due virus, in primis la velocità di contagio. Quando nel 1918 s’ebbe il primo caso, di lì a poco il
numero di contagiati crebbe a vista d’occhio come è successo con questa pandemia: dal primo
contagio nel novembre 2019 in Cina, oggi, nel maggio del 2020, il virus ha preso posto in tutto il
mondo. Altro punto comune sta nella difficoltà a gestire la situazione epidemiologica per i servizi
sanitarti pubblici. È curioso come la differenza di evoluzione sanitaria e sociale nel tempo, sembra
vanificarsi davanti ad una pandemia. A rigor di logica penseremo che miglioramento ed evoluzione
portino inevitabilmente a rendere una situazione di questo genere meno pesante e più facilmente
gestibile e invece non è così; ne potremmo dedurre quindi che, almeno sulla base dei fatti odierni,
le pandemie creano disordini e gravi difficoltà anche nei sistemi sanitari pubblici più progrediti
(basti pensare ai fatti di cronaca italiani riguardanti il sovraffollamento delle terapie intensive, la
mancanza di strumenti, fondi economici, di personale ospedaliero e via dicendo).Inoltre i due virus
sono estremamente democratici. In realtà questa peculiarità è più forte nel virus H1N1 ma
nemmeno il Covid-19 è escluso da questa definizione. Democratico nel senso che non fa
distinzione. Nel 1918 i contagiati non erano solamente persone molto giovani o molto anziane o
con patologie bensì colpiva anche uomini e donne in salute e appartenenti ad una fascia d’età tra i
20 e i 40 anni. Anche il virus che attacca noi oggi, colpisce indistintamente i soggetti anche se,
sensatamente, i più a rischio sono proprio coloro che hanno un sistema immunitario debole. La
“Spagnola” e il Covid-19 si somigliano anche per gli innumerevoli contagi, per le vittime che crea,
per le misure di sicurezza che vengono adottate quali l’uso di strumenti di protezione come
mascherine o guanti, quarantena e distanziamento tra persone.
La pandemia in corso ha senza dubbio modificato le nostre abitudini e stili di vita. Abituati ad
avere pieno accesso alle nostre libertà, ora siamo costretti a rinunciarvi, giustamente, per un bene
superiore: il benessere e la sanità mondiale. Questo momento di quarantena in realtà è un ottimo
punto di partenza per riflettere del momento che stiamo vivendo. Sicuramente le pandemie ci
aiutano ad avvalorare le piccole cose in particolar modo quelle riguardanti i rapporti sociali nei
quali, senza nemmeno farci caso, siamo immersi da mattina a sera; ci insegnano a vivere pensando
al prossimo togliendoci, così, il nostro lato più egoista (l’inadempienza delle misure di sicurezza di
uno solo può provocare danni a tutti); ci insegna e ci invita maggiormente a rispettare le regole,
indipendentemente che il rispetto avvenga per nobili motivazioni (il peso della responsabilità di
uno per tutti) o per evitarsi una sanzione pecuniaria e/o penale. Se da un lato una situazione così
grave ha aspetti estremamente negativi, dall’altro, oggi, ci aiuta ad essere più coscienziosi di ciò
che abbiamo, di ciò che facciamo e delle nostre fortune. Fortune, perché per noi il Covid-19 è
solamente una disgrazia che ci impedisce temporaneamente di esercitare a pieno le nostre libertà
costringendoci a restare a casa e a variare il nostro stile di vita, stando, però, nella consapevolezza
che i ricercatori troveranno un vaccino in grado di sconfiggerlo, un privilegio a cui nel 1918 non
potevano di certo ambire. Fortune, perché se per noi oggi la pandemia, e quindi la sanità, è la
preoccupazione maggiore, durante il periodo della “Spagnola”, la popolazione mondiale doveva
non solo far i conti la crisi sanitaria ma prima di tutto fare i conti con il primo conflitto mondiale.

FONTE: https://www.storicang.it/a/spagnola-grande-pandemia-1918_14762

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