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Se vogliamo un esempio dell'ideologia del regime sanitocratico, un nuovo tipo di ordine politico
che si sta imponendo, non solo in Italia, sulla scorta della pandemia, dobbiamo leggere il discorso di
Assisi del presidente del consiglio.
Qui Conte ha ripetuto due concetti chiave, entrambi estremamente pericolosi. Il primo, che
dobbiamo sacrificare «certe nostre libertà» per «preservare la salute». Il secondo, come ha notato
giustamente il parlamentare di Forza Italia Antonio Palmieri, che il governo si propone «una
rigenerazione interiore sul piano culturale». Non serve spiegare ai lettori perché si tratta di due
affermazioni gravide di pericolo. La prima è semplicemente uno schiaffo a secoli di tradizione
liberale, per la quale non si può contrapporre libertà e salute. Se è vero che senza la salute non può
esserci libertà, è altrettanto vero che senza libertà non può esserci salute. Come scrive il filosofo
(non liberale) Giorgio Agamben, l'individuo rinchiuso in casa per preservare la salute non è più né
un individuo libero né un individuo tout court: è semplicemente nuda vita, mera sopravvivenza.
Ancora più grave la seconda affermazione. In Occidente, o almeno nell'occidente liberale, non è
compito del governo «rigenerare» e neppure indicare quale sia il «dovere morale», come ha detto
Conte qualche giorno prima invitando a scaricare la app Immuni. Se il governo fornisce indicazioni
etiche, siamo al di fuori dell'ordinamento liberale: siamo nel fascismo o nel comunismo.
Agghiacciante, poi, per chi abbia una conoscenza della storia del Novecento, l'uso del verbo
«rigenerare», che era la missione dei movimenti totalitari: creare l'uomo nuovo, a colpi oggi pare di
capire di Dpcm e di servizi del Tg1. Quindi Conte è erede del fascismo e/o del comunismo? Per
nulla, Conte è totalmente a-ideologico: anticapitalista con gli anticapitalisti, liberista con i liberisti,
è davvero il prototipo del «né di destra né di sinistra» dei 5 stelle, di cui è il frutto più compiuto. Per
questo il discorso di Assisi, nella sua apparente asetticità, fa accapponare la pelle ma è la perfetta
rappresentazione del regime sanitocratico. Quello che pone al centro di tutto la sicurezza assoluta,
sotto forma di salute, e gli altri valori devono essere subordinati, a cominciare da quello della
libertà.
Il regime sanitocratico non è di destra né di sinistra - Boris Johnson fa più o meno le stesse cose di
Conte e di Sánchez - e attiva i suoi dispositivi indipendentemente dalla situazione concreta; a oggi il
numero di morti giornalieri si aggira sulla ventina, la maggior parte dei positivi (cosa diversa da
malati) non si trova in ospedale, dove le situazioni sono per ora gestibili. Ma non per il governo; che
vuole un controllo ancora più totale. In nome della sicurezza - e contro la libertà.
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DATI GONFIATI SUI MORTI DA CORONAVIRUS
Casi sospetti vengono classificati come Covid ed inoltre il Ministero
della Sanità obbliga a conteggiare anche chi dopo la malattia, dalla
quale era guarito, è poi deceduto per altra causa (VIDEO: tutta la
verità sul Coronavirus)
di Paolo Gulisano
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MANIFESTAZIONI IN TUTTA EUROPA CONTRO LA
DITTATURA SANITARIA (GIORNALI E TV ASSENTI)
Centinaia di migliaia di persone, ma tv e giornali nascondono i veri numeri... e a Berlino la polizia
arresta trecento manifestanti perché senza mascherina (VIDEO: il discorso del nipote di
J.F.Kennedy a Berlino)
di Alessandra Nucci
Nota di BastaBugie: come ricordava l'articolo di Alessandra Nucci, a Berlino uno degli oratori è
stato Robert Kennedy, nipote di John Fitzgerald Kennedy. Qui sotto trovate il video (durata: 6
minuti) con il suo discorso sottotitolato in italiano.
09 ottobre 2020
Enrico Montesano è scettico sugli scenari apocalittici dipinti dagli esperti sul Covid. E non si fida
dei medici "scelti dalla tv". Il comico romano, che ha fatto discutere con le sue opinion ritenute da
alcuni "negazioniste", ha rilasciato un'intervista a La Stampa. "Io credo nel Coronavirus, credo che
bisogna mantenere una giusta distanza dal nostro vicino perché alitare addosso alle persone è
scorretto sotto tutti i punti di vista - dice Montesano - Credo che le mascherine vadano portate nei
luoghi chiusi, ma all'aperto non credo che ci proteggano dalle polveri sottili, dalle polveri d'amianto
e dunque anche dal virus. Attraverso i tessuti passa tutto. Le mascherine sicure al 100% non ci
farebbero neppure respirare".
Anzi, per Montesano le mascherine "ci fanno respirare la nostra anidride carbonica. In aggiunta
alle polveri dell'aria inquinata. Ma perché se vado da solo in riva al mare, o in un parco, mi devo
mettere la mascherina? È inutile e dannosa per i miei polmoni".
Il comico rigetta però l'etichetta di negazionista, ("credo nell'Olocausto e nei milioni di morti che il
nazismo ha prodotto e per rispetto a questi morti e a una tragedia enorme non userei mai un termine
del genere") ma rivendica il diritto di criticare "affermazioni apocalittiche". E tra i virologi si fida
del "professor Tarro, i professori Citro, Montanari, il dottor Tirelli e ne cito solo alcuni". Esperti
molto criticati "perché non rispettavano il pensiero corrente. Sarò libero di non fidarmi dei medici
scelti dalla tv? Quelli che ho citato mi convincono di più", dice Montesano.
Ma parteciperà alla manifestazione contro l'obbligo delle mascherine di domani a Roma? "Aderisco
ma non partecipo", spiega Montesano. " Condivido molti dei dieci punti della marcia per la
liberazione e pure concordo con quanto dice Marco Rizzo per non cadere nella vecchia logica di
destra e di sinistra contrapposte". Ma non andrà: "Perché a una manifestazione può intervenire
chiunque e se non so chi potrò incontrare non partecipo, anche se aderisco". Affermazioni che sui
social provocano qualche critica al comico: ma come dice che il virus non è così grave e poi ha
paura di contagiarsi? In realtà Montesano dice altro, di temere la violenza. "La gente è terrorizzata
e per questo è diventata violenta. La paura è pericolosa, la paura ce l'hai nella testa come diceva
Camus, intanto il danno economico determinato dal terrore è incalcolabile".
Nonostante la contrarietà di insigni giuristi come Sabino Cassese, solo per citarne uno, il Governo
si accinge a chiedere al Parlamento di approvare la proroga fino al 31 gennaio dello stato di
emergenza. In altri Paesi in cui l'epidemia è anche più diffusa non si ricorre a nulla di simile.
L'abitudine a poteri straordinari conferiti al governo è una minaccia concreta alla democrazia
Nonostante la contrarietà di insigni giuristi come Sabino Cassese, solo per citarne uno, il Governo si
accinge a chiedere al Parlamento di approvare la proroga fino al 31 gennaio dello stato di
emergenza. In altri Paesi i contagi sono più numerosi e la situazione appare peggiore che nel nostro,
il governo si vanta di aver gestito meglio di tutti gli altri la fase critica della pandemia, ma è anche
l’unico governo ad avere dichiarato lo stato di emergenza e a volerlo prorogare ulteriormente di altri
tre mesi e mezzo.
Le cifre non giustificano affatto una decisione del genere. L’emergenza indubbiamente c’era
quando gli ospedali erano stracolmi di malati di Covid e quando il Covid veniva affrontato con armi
sbagliate e con grande incertezza, anche per il suo carattere del tutto misterioso. Oggi si stanno
sperimentando cure che danno risultati ragguardevoli e i protocolli predisposti dagli ospedali in
caso di sintomi legati al Coronavirus si dimostrano rassicuranti per le sorti dei malati. Senza contare
che la stragrande maggioranza (oltre il 95%) dei casi di Covid riguarda soggetti asintomatici.
Peraltro anche il ministro dell’istruzione, Lucia Azzolina, ha confermato che la situazione è
assolutamente sotto controllo: "Nelle prime 2 settimane di scuola, dal 14 settembre, il personale
docente che risulta contagiato è lo 0,047% del totale; il personale Ata è lo 0,059%; per gli studenti il
numero è ancora piu' basso con lo 0,021%". Nonostante non ci siano criticità dal punto di vista dei
ricoveri e delle scorte di materiali negli ospedali, è tornata a riunirsi la task force della Protezione
civile presieduta da Angelo Borrelli (la famosa cabina di regia). Ma a che pro?
E quale sarebbe l’emergenza? Se lo chiede, non senza risposta, Sabino Cassese, che ieri,
intervenendo a una trasmissione su La7, ha detto: "Prorogano l’emergenza o l’incapacità?".
Altrettanto esplicita la Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, sul Corriere della
Sera, in un’intervista pubblicata in prima pagina ieri: "Abbiamo bisogno di verità, non si può
oscillare tra incertezze e paure. Sulla proroga, prima di tutto occorre avere informazioni corrette,
senza nascondere i risultati del Comitato tecnico. Se non abbiamo accesso alle informazioni, non
possiamo dire nulla. Abbiamo bisogno di verità. Gli italiani sono stanchi di oscillare tra incertezze e
paure, in una confusione continua di dati che impedisce tra l’altro di programmare il lavoro". Se
perfino la seconda carica dello Stato denuncia un deficit di trasparenza, un’opacità nelle decisioni e
una mancanza di strategia nelle azioni di contrasto al Covid, vuol dire che la situazione è sfuggita di
mano al premier e ai suoi.
I leader dell’opposizione si dicono contrari anch’essi alla proroga dello stato d’emergenza. Ieri
Matteo Salvini, intervenendo a Genova, ha rilanciato il tema, avendo dalla sua tutti i governatori del
nord di centrodestra, che paventano nuove chiusure e nuovi blocchi delle attività produttive. Ieri
sera il consiglio dei ministri si è riunito per discutere i contenuti del testo del nuovo Dpcm in via di
emanazione, che contiene nuove restrizioni delle libertà personali. In particolare dovrebbe essere
reintrodotto su base nazionale l’obbligo delle mascherine anche all’aperto, nonostante gli stessi
virologi, anche quelli più disfattisti e catastrofisti, continuino a ripetere che proteggere bocca e naso
mentre si passeggia tranquillamente da soli è assolutamente inutile e che la mascherina serve
semmai quando ci si avvicina ad altre persone e si parla in modo prolungato con loro.
Peraltro gli esercizi commerciali sono sul piede di guerra perché paventano nuove chiusure.
Palazzo Chigi si è affrettato a smentire sia l’eventualità di nuovi lockdown, anche solo su base
locale, sia quella di limitazioni negli orari di chiusura di bar e ristoranti. Fatto sta che la Campania,
regione al primo posto da alcuni giorni nella classifica del numero di contagi, ha disposto
autonomamente che alle 23 debbano abbassarsi le saracinesche dei locali.
Si profila, quindi, una nuova guerra tra regioni e tra regioni e governo centrale, visto che nella
Babele delle misure di contenimento nessuno riesce più a percepire l’utilità di provvedimenti
limitativi delle libertà personali. Perfino dentro la maggioranza ci sono posizioni contrarie a quella
di Palazzo Chigi. Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, è arrivato ad auspicare che non ci siano
nuovi divieti per esercizi commerciali, bar e ristoranti, perché questo rischierebbe di compromettere
la già problematica ripresa socio-economica del Paese.
Se l’emergenza diventa permanente e se uno stato eccezionale come quello che stiamo vivendo
diventa la norma, salta la democrazia e quei pieni poteri tanto vituperati quando li chiedeva Matteo
Salvini ora stanno diventando l’essenza della vita dello Stato perché ad esercitarli è direttamente il
premier. In una Repubblica parlamentare questo è indice di patologia ed occorre tornare nell’alveo
della Costituzione. Prima che sia troppo tardi.
Il presidente della Federazione Medica Venezuelana spiega alla Nuova BQ l’operazione dei medici
cubani inviati in Italia: «non hanno la laurea ma solo diplomi da operatori sanitari e da noi hanno
creato un sacco di problemi sanitari. E intanto fanno propaganda comunista». E considerando che
secondo Cuban Prisoners Defenders costano fino a 6000 dollari al mese, che finiscono nelle casse
del regime de L’Avana, l’Italia ha controllato?
“Se qualcuno soffre è un dovere aiutarlo”. È il titolo del servizio che Rainews24 ha dedicato
all’ambasciatore cubano in Italia José Carlos Rodríguez Ruiz, lo scorso 30 marzo (guarda servizio
qui). Un’intervista di poco più di quattro minuti che ha ripetuto il copione ormai noto della
propaganda castro-comunista che abbiamo visto su quasi tutti i media italiani dall’arrivo della
cosiddetta Brigada Henry Reeve in Lombardia. “Hanno compiuto diverse missioni in diversi Paesi –
ha proseguito l’ambasciatore senza nessun tipo di contrasto giornalistico-. È una brigata di 10mila
medici dei quali più di 7mila hanno compiuto missioni in altri paesi del mondo”, perché “Cuba ha
fatto un grosso investimento in questo settore. Oggi il 10% del nostro PIB lo investiamo nella
salute”.
Infatti, la dittatura cubana ha investito molto nella diplomazia medica fin dagli anni Sessanta,
ma non per “solidarietà internazionale” come viene venduto dal copione. Secondo informazioni
dell’organizzazione spagnola Cuban Prisoners Defenders, attraverso le missioni mediche
internazionali l’isola guadagna 8.000 milioni di dollari all’anno: il regime si fa pagare tra i 4.000 e
6.000 dollari mensili per l’affitto di ogni medico. Quindi, oltre che di solidarietà, si tratta di un vero
business che porta ossigeno finanziario a L’Avana.
E non solo, è un vero e proprio sistema di schiavitù moderna che porta anche soldi all’OMS,
attraverso l’Organizzazione Panamericana della Salute (OPS – PAHO). Tutto questo è confermato
dalle denunce fatte l’anno scorso dagli stessi medici cubani che hanno disertato la missione inviata
in Brasile e che hanno fatto querela a Cuba presso i tribunali della Florida (USA): in America
Latina l’OPS fa da broker e poi, dal pagamento effettuato dal governo ospitante, la stessa OPS
prende il 5%, la dittatura l’ 85% e il medico riceve soltanto il 10%, ma solo se ritorna sull’isola.
Ecco perché la stessa OMS sponsorizza questi presunti aiuti, così come ha confermato
l’ambasciatore cubano. “L’OMS ha riconosciuto che Cuba ha più medici nel mondo che l’OMS”,
ha detto nell’intervista, ma questo punto merita un articolo dedicato che faremo successivamente. In
questo momento i cubani sono all’opera nell’ospedale da campo di Crema e risulta doveroso
informare sulla scarsa qualità della medicina che offrono questi medici fasulli.
Per conoscere bene la missione medica cubana, si deve guardare con attenzione il caso
Venezuela. Non solo perché grazie all’accordo firmato tra Hugo Chavez e Fidel Castro, Cuba ha
ricevuto circa 100mila barili di petrolio al giorno dal Venezuela in cambio dell’invio di medici e
infermieri (favorendo un’invasione di circa 40mila cubani nel territorio venezuelano), ma anche
perché in Venezuela si è rivelata la scarsa qualità della medicina cubana che oggi fa finta di salvare
l’Italia dal Coronavirus. A raccontarlo è il Dott. Douglas Leon Matera, presidente della Federazione
Medica del Venezuela (FMV), che ha parlato in esclusiva con la Nuova Bussola Quotidiana.
“In Venezuela abbiamo dimostrato che non sono medici. Sono arrivati con la scusa dell’aiuto
umanitario dopo la frana che abbiamo sofferto in Vargas nell’anno 1999, dove abbiamo avuto
tantissimi morti e scomparsi, e ora vedo che in Italia sono arrivati 53 presunti medici. Non ho dubbi
sul fatto che questi abbiano le stesse caratteristiche di quelli che sono venuti qui in Venezuela: una
buona percentuale di quei cubani non sono veri medici. Pertanto, i cubani che sono in Italia, proprio
come quelli che sono arrivati qui in Venezuela, sappiamo solo che sono cubani, non si può
affermare che siano medici”, ha sottolineato.
Perché afferma con tanta sicurezza che i cubani delle missioni mediche non sono medici?
Questi stranieri di origine cubana non hanno mai rispettato la legge, non hanno mai presentato le
loro credenziali in Venezuela e quando siamo riusciti a controllare almeno 100 cartelle che
sembravano credenziali, abbiamo scoperto che non avevano la laurea in medicina. Il massimo
livello di formazione è quello di tecnico sanitario, con studi di massimo 3 anni (in Venezuela la
laurea in medicina ha una durata di 6 anni, N.d.A.), e la maggioranza erano falegnami, tassisti e
coltivatori di canna da zucchero, che avevano seguito corsi veloci di due o tre mesi in medicina
semplificata e dopo erano stati inviati in Venezuela.
Anche in Italia, i medici cubani sono arrivati con la scusa della solidarietà in un momento
molto tragico causato dal coronavirus. Ci racconta come questa missione è passata dall’essere
un intervento di emergenza a un programma permanente in Venezuela?
Passata l’emergenza, nel 2002 ci fu un accordo con l’isola avallato dal sindaco del comune di
Libertador (Caracas), Freddy Bernal e dal presidente dell’Ordine dei Medici di Caracas dell’epoca,
il dott. Fernando Bianco. Poi il presidente Hugo Chávez ha dato caratteristiche nazionali a questo
accordo regionale. Di conseguenza, la Federazione Medica Venezuelana ha presentato un appello
per la protezione della salute e per l'esercizio della professione in Venezuela riguardo a questi
presunti medici cubani. E la Corte le ha dato ragione, stabilendo che gli stranieri devono rispettare
la legge nazionale per poter esercitare la professione medica nel nostro Paese.
Ma raccontato così sembra un grande sforzo per portare salute alla popolazione più povera,
invece cosa non ha funzionato?
Sono stati scoperti parecchi casi, molto gravi, di negligenza e ben l'80% di questi moduli è
attualmente chiuso, oggi non funziona più e coloro che forse erano medici hanno lasciato il
Venezuela. Sono fuggiti attraverso il confine colombiano fino a Miami e si trovano lì come tecnici
sanitari, ma qui in Venezuela non hanno mai dimostrato di essere medici. È un programma che
hanno rilanciato più di 50 volte perché in realtà non funziona, ma politicamente funziona per loro,
perché sono sicuramente operatori politici che si occupano di catechizzare, di diffondere il pensiero
socialista tra le persone. Quindi in realtà non sono medici e ci hanno creato un grave problema di
salute pubblica. Così il governo ha abbandonato gli ospedali, ha abbandonato anche la parte
preventiva, e si è limitato a fare propaganda politica di partito promovendo a questi cubani, che
invece maltrattavano il popolo e hanno causato tanti morti.
L’ambasciatore cubano in Italia ha affermato che i medici cubani si trovano in più di 59 Paesi
del mondo, anche con il sostegno dell’OMS…
Si, ma quello che è accaduto in Venezuela è successo anche in altri Paesi. Così è stato in Brasile
con il programma Mais Médicos, in cui hanno usato l'OMS latino-americana, la OPS (PAHO,
N.d.A.), per far lavorare questi cubani senza dimostrare la loro qualifica di medici, ma poi sono stati
scoperti da Bolsonaro e cacciati via. La Bolivia ha finito per confermare le nostre denunce: l'attuale
governo boliviano, grazie all’intervento del nuovo ministro della Salute Aníbal Cruz, ha scoperto
che di 756 cubani che esercitavano come medici, solo 200 lo erano, quindi il 70% non lo era.
Purtroppo, i medici cubani fasulli sono soltanto mercanti di salute e di dolore umano.
Alla luce della testimonianza del presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici
del Venezuela, il Dott. Douglas Leon Natera (già pediatra, urologo e Magister Scientiarum in
Urologia), è lecito chiedersi le verifiche che ha fatto l’Italia prima di mettere la salute degli italiani -
in un momento così difficile- nelle mani di persone impreparate. Forse non è abbastanza affidabile
l’avallo di un regime dittatoriale e comunista. Forse sarebbe il caso che la Federazione Nazionale
degli Ordini dei Medici possa fare le dovute verifiche… siamo ancora in tempo di evitare danni.