Sei sulla pagina 1di 1

Tommaso Le Pera

15 m ·
LO SCHEMA PONZI VA IN PENSIONE
Lo ”Schema Ponzi” è la madre delle truffe, inventata da un furbo romagnolo ed esportata in
America nel secolo scorso. Consiste nel promettere interessi ciclopici su un investimento
finanziario fittizio, onorare i primi mesi la promessa con i soldi affluiti dai nuovi clienti, attirare
verticalmente nuovi investitori per via del successo dell’iniziativa e poi… E poi scappar via col
malloppo.
Adesso, magari mi sfugge qualcosa, ma si è diffusa la credenza che il sistema pensionistico italiano
sia una sorta di schema Ponzi:
- “La denatalità ci priverà dei fondi per corrispondere le pensioni”
- “Solo i migranti possono colmare il calo dei contributi pensionistici”
- “Sono d’accordo a stabilizzare gli insegnanti precari. É chiaro però che se facciamo questo i soldi
delle pensioni non ci sono!” (Calenda al congresso CGIL).
Sì, mi deve essere sfuggito qualcosa. Fino al 1995 era in vigore il regime “retributivo” delle
pensioni. Quello sì che era uno schema Ponzi. Si rinunciava al 33% del salario, attraverso i
contributi, per avere la pensione di vecchiaia. Col piccolo problema che il 33% di contributi fanno
un anno di salario su tre: anche se li ho versati per 40 anni, mi posso permettere al massimo 13 anni
di pensione. Anzi, meno, perché la pensione veniva regolata in base al salario di fine carriera, più
alto della media.
Come se ne usciva allora? In parte prelevando dai contributi degli occupati (Schema Ponzi), in parte
con i soldi delle tasse. Ma i miracoli non li fa nessuno e il sistema scoppiò. Nel 1994 il governo
Berlusconi si sciolse per il ritiro della fiducia da parte della Lega proprio sulla Finanziaria e nel
1995 subentrò il governo Dini. Un governo tecnico, come sempre succede quando è ora di togliere
le castagne dal fuoco.
La Riforma Dini è razionale e spietata. Ognuno di noi continua a versare il 33% dei contributi, ma
stavolta lo fa come se andasse in banca e aprisse un conto corrente:
- Più lavora, più versa, più il conto sale.
- Ritira quello che ha versato (al netto del rendimento) e non una lira di più.
- Più si allunga la vita media degli italiani (nel frattempo si è allungata di quasi 5 anni) più è bassa
la liquidazione annuale del conto (la pensione), a meno di ritardare parallelamente l’entrata in
pensione.
- Lo Stato non deve più prelevare dalle tasse per rabboccare il fondo (ma si è guardato bene da
abbassare le aliquote fiscali).
- Le pensioni si sono abbassate drasticamente (e nessuno se ne preoccupò nel 1995 perché la data di
messa in pensione sembrava lontana).
Insomma, una manovra di pulizia forse doverosa, sebbene tutta sulle spalle dei lavoratori e dei
pensionati. Ma almeno, giù le mani dai miei depositi! Che c’azzecca la natalità, i migranti e gli
insegnanti?
Forse che qualcuno vuol fuggire col malloppo?

Potrebbero piacerti anche