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Lunedì, giornata di
emissione dei Btp valore, il Tesoro ha raccolto più di sei miliardi. Perché i titoli
italiani vanno a ruba soprattutto tra i piccoli risparmiatori?
Il fatto che una quota crescente di debito pubblico italiano sia in mano alla sua
popolazione è una notizia positiva?
Secondo la politica sì. Molti politici sono convinti che se il debito pubblico finisce
nelle mani dei piccoli risparmiatori e questi lo tengono fino a scadenza senza
farsi spaventare da nulla, allora vivranno tutti felici e contenti. E così lo spread
risulterebbe più protetto. Questa è pura fallacia. Perché, innanzitutto, anche se
noi riuscissimo a ricomprarci tutto il debito non è affatto detto che rimarrebbe
stabile se succedesse qualcosa. La transumanza seguita all’inerzia potrebbe
prendere la direzione opposta a quella attuale. E tutti vendono. Secondo, segnalo
un ipotetico pericolo: se il debito pubblico è interamente nelle mani del retail
come vorrebbe la politica – ragionamento per assurdo perché questo non accadrà
– in caso di emergenza per i conti pubblici qualcuno al governo potrebbe
decidere, con il favore delle tenebre, di rinviare il rimborso del capitale, del
pagamento delle cedole. Non lo diranno mai apertis verbis perché non sono
stupidi fino a questo punto. Però è questo il sottinteso. E poi c’è il terzo punto, per
tornare alla realtà: qui si sta creando un fenomeno preoccupante di spiazzamento
dei capitali privati per mano del debito pubblico.
In che senso?
Se la gente continua a comprare debito pubblico allettata dal fatto che non cade in
successione, ha un’aliquota fiscale agevolata al 12,5%, si può usare l’Isee per
avere più trattamenti di welfare, alla fine la gente è incentivata a vendere quelle
eventuali obbligazioni societarie private che ha in portafoglio puntando sui titoli
di Stato. A quel punto però non lamentiamoci se il costo del debito per i privati
aumenta. Perché se i flussi si dirigono verso il debito pubblico, resterà meno
denaro disponibile per finanziare iniziative private: mi riferisco alle obbligazioni
finanziarie private, tassate al 26%, ma anche a quel tentativo di spingere i
risparmiatori verso la Borsa, dove c’è il capitale di rischio.
Meno risorse verso il privato, meno crescita e dunque maggiore debito pubblico
in prospettiva? E siamo sempre lì...
C’è questo rischio. Segnalo un altro aspetto: dall’inizio di quest’anno una quota
alta e crescente dei titoli collocati dal Tesoro viene comprata da non italiani. Per
cui mi pare un miraggio che qualcuno pensi di aumentare in maniera importante
la quota che resta in Italia. Non accade, perché in questo momento i conti pubblici
appaiono stabili e siamo davanti a una prospettiva di riduzione dei tassi da parte
della Bce. Il calo dei tassi favorisce i grandi debitori, quindi noi. E il nostro livello
di rendimenti è talmente appetibile, dato questo scenario, che aumenta
l’interesse dall’estero. E quindi è più facile collocare il nostro debito. Però queste
cose la politica non le dice, perché si preoccupa sempre e soltanto di dire:
“Evitiamo che il debito italiano finisca in mano straniera”. Poi fanno la ruota
come i pavoni dicendo “è un successo: un sacco di stranieri si sono presentati
all’ultimo collocamento dei Btp”. C’è un’incoerenza frutto di ignoranza. D’altro
canto la situazione è piuttosto delicata, nel senso che noi dobbiamo continuare a
piazzare Btp in quantità crescenti, perché chi si ferma è perduto. Se non
riuscissimo avremmo un’esplosione dello spread.
Lo spot andato in onda per incentivare l’acquisto dei Btp con questi signori
verosimilmente pensionati che possono finalmente permettersi la crociera
tanto sognata grazie alle cedole del Btp, che cosa ci dice sui risparmiatori
italiani?
Uno spot molto stereotipato. Molto italiano. Il fatto che siano stati rappresentati
dei pensionati che, tutte le statistiche ce lo confermano, stanno molto meglio
delle nuove generazioni, mi pare la rappresentazione plastica di tutte le
distorsioni, anche regressive, del welfare italiano. Non stiamo parlando di un
welfare che aiuta chi ha più bisogno: è regressivo, nel senso che il più delle volte
non fa che consolidare una classe media che si è formata, ad esempio attraverso
le pensioni retributive, lasciando al freddo molti altri. Capisco che è una
pubblicità. Però questa è una pubblicità che crea un suggerimento di consumo
voluttuario. Tra l’altro faccio notare che non è nemmeno un suggerimento
veritiero: provate a vedere quante cedole servono per fare una crociera.
Pensi se un gestore privato avesse fatto una campagna pubblicitaria con i criteri
usati dal Mef. Sarebbe stato mitragliato. Si sarebbe gridato alla comunicazione
non veritiera. Mentre in quella del Tesoro non c’è nulla che metta dei caveat
generali. Ad esempio: “In caso di vendita prima della scadenza potreste subire
una perdita se i tassi di mercato, nel frattempo, sono saliti”. Non c’è nulla. Si
parla solo di premio fedeltà, cedole crescenti dopo tre anni e via dicendo. A questo
punto è inutile che perdiamo tempo a dire: “Dobbiamo puntare sull’educazione
finanziaria” quando poi si fa una comunicazione così nazionalpopolare – non a
caso poi con il cartello che passa durante il Festival di Sanremo, l’apoteosi di tutti
i luoghi comuni di questo paese.
Tra l’altro nello spot, c’è un altro interlocutore che, rivolgendosi ai due che
annunciano la partenza per la crociera, gli chiede: “Avete vinto alla lotteria?”.
A cosa si riferisce?