Sei sulla pagina 1di 2

Sarà bene raccontare la storia dall’inizio e per farlo ci serviremo di un racconto illuminante scritto

sull'argomento da Louis Even, il propugnatore del Credito Sociale:


Cinque naufraghi riuscirono a raggiungere un'isola deserta. Si trattava di un muratore, un contadino,
un allevatore, un esperto in agraria e un ingegnere minerario. Secondo le rispettive competenze, i
cinque si dettero da fare per realizzare una comunità funzionale e soddisfacente. Il muratore si mise
a costruire capanne; l'allevatore cominciò a catturare e porre in recinti gli animali utili per ottenere
latte, uova e carne; l'agronomo e il contadino si dedicarono ai frutti della terra; l’ingegnere procurò i
metalli per forgiare utensili, pentolame, chiodi e quant’altro era necessario.
La vita procedeva serena; un solo inconveniente creava qualche problema di convivenza: lo
scambio dei beni, frutto delle rispettive attività, non poteva avvenire in uno stesso momento e la
mancanza di appropriati strumenti economici imponeva una serie di riunioni con discussioni
piuttosto complesse.
Successivamente arrivò sull’isola il sopravvissuto di un altro naufragio. Sbarcò da una scialuppa
malridotta con la quale aveva portato poche cose frettolosamente salvate, tra cui una pressa, una
cassa piena di carta e un barile sigillato. Il nuovo arrivato fu ben accolto dai cinque, contenti di
veder la propria comunità crescere, e la loro gioia aumentò quando seppero che si trattava di un
banchiere. Proprio quello che mancava: una persona capace di organizzare l’economia dell’isola.
Il banchiere, preso atto delle attività dei cinque, disse: «Per far funzionare bene le cose vi manca
solo il denaro. È con il denaro che il contadino può comprare oggi ciò di cui ha bisogno senza
dover aspettare la stagione del raccolto, e così gli altri il momento in cui avranno finito di costruire
una capanna o di fabbricare un utensile. Io posso facilmente risolvere i vostri problemi. Con la
carta e la pressa posso stampare 1000 dollari. Il barile che ho con me è pieno d’oro; lo sotterrerò
in un posto segreto e lo lascerò in garanzia della copertura del denaro coniato. Vi presterò
duecento dollari a testa a un interesse bassissimo: il 2% annuo. Io sarò garantito dai frutti delle
vostre attività, dalle vostre capanne e dai vostri attrezzi». Tutti si sentirono soddisfatti perché,
risolta la questione della liquidità commerciale, ognuno poté tornare alle proprie attività senza avere
più problemi. Ma la serenità durò fino a quando, passato un certo tempo, cominciarono a fare dei
conti e scoprirono una situazione assai spiacevole. L’ammontare del loro debito – capitale più gli
interessi maturati – era superiore all’intero importo del circolante. Arrivò quindi il momento in cui
fu indispensabile, per pagare gli interessi, mantenendo inalterata la liquidità necessaria all’economia
dell’isola, chiedere altri prestiti, che il banchiere fu ben contento di concedere.
In quell’isola era così nato il debito pubblico. Un debito destinato ad aumentare anno dopo anno.
Inevitabilmente il banchiere, a forza di conteggiare interessi, e gli interessi sugli interessi, stava
diventando il padrone di tutti i beni presenti sull’isola e manifestava il proprio potere imponendo ai
cinque quello che a parer suo dovevano o non dovevano fare. I cinque allora compresero quale
errore fosse stato accettare quei 1000 dollari e che, se il denaro se lo fossero stampato loro, senza
l’intromissione di quel banchiere venuto dal mare, non avrebbero avuto i problemi che ora li
affliggevano.
Il denaro rappresentava il valore dei beni presenti sull’isola e quindi, essendo loro i proprietari dei
beni, avrebbero dovuto essere anche i proprietari del denaro sul quale nessuno avrebbe potuto
pretendere il pagamento di interessi. I cinque allora, compresa la truffa, si ribellarono, rimisero il
banchiere sulla barca con la quale era arrivato, e lo ricacciarono violentemente in mare. A
completare la vicenda, Even racconta che, quando i cinque andarono a dissotterrare il barile che
doveva rappresentare la copertura aurea della moneta stampata, scoprirono che era pieno di sassi.
Nella realtà storica le cose sono andate pressappoco nello stesso modo, a parte la risolutiva
conclusione della vicenda, la ricacciata in mare del banchiere e della sua barca.
In definitiva, ogni volta che la Banca stampa moneta e la « emette », prestandola allo Stato, alle
aziende o a privati, commette un doppio furto. Il primo furto è legato alla natura della moneta
odierna in quanto la Banca può creare dal nulla moneta di nessun costo, senza limiti, visto che non
acquista più l'oro per coprirla. Quando poi ce la presta, ci deruba del nostro denaro, per un valore
che rappresenta un vero e proprio «plusvalore monetario ». Infatti chi dà valore alla carta-moneta
non è chi la stampa, ma chi, come noi, l'accetta come mezzo di pagamento,1 cioè la collettività dei
cittadini; chi si appropria invece di questo valore non sono i cittadini ma il sistema bancario. E
siccome la Banca emette moneta, con l'indebitamento di chi l'accetta, si appropria del denaro che
crea dal nulla, perché prestare denaro è una prerogativa del proprietario. Quindi la banca, da vera
parassita, si arricchisce, senza contropartita, esattamente del denaro di cui indebita il mercato.

1
Esattamente come facciamo per una cambiale , che ci viene rilasciata per un credito che potremo esigere.

Potrebbero piacerti anche