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Il virus della tirannia finanziaria

di Elia

Articolo pubblicato il 14 marzo 2020 sul sito dell'Autore

L'immagine e i neretti sono nostri

Non potestis Deo servire et mammonae (Mt 6, 24).


La prova che il nostro Paese sta attraversando ha fatto venire a galla non solo la qualità
del clero, ma pure le condizioni spirituali del popolo. L’impressione che si sta
imponendo è quella del vuoto pneumatico: il massimo della reazione è appendere una
bandiera arcobaleno al balcone o far chiasso alla finestra ad un orario prestabilito, come
carcerati in rivolta…
A parte queste patetiche rivalse e le velleitarie dichiarazioni di buon esito, ce ne stiamo
tutti rigorosamente chiusi in casa, fino a quando, oltre ai posti in terapia intensiva,
scarseggeranno pure quelli in psichiatria.
Anche là dove le chiese sono aperte, non si vede anima viva. Una società che ha perso la
fede, anziché cercare protezione in Dio, riversa sulla scienza o sullo Stato impossibili
attese di liberazione dalla malattia e dalla morte (che, dopo il peccato originale, sono
però inevitabili perché inerenti alla condizione umana); essa, di conseguenza, obbedisce
ciecamente a qualsiasi diktat, per quanto lesivo dei più elementari diritti della persona e
quindi contrario tanto alla legge divina che a quella umana.
Le istituzioni pubbliche, in realtà, stanno operando a danno della popolazione, piuttosto
che a sua tutela, cioè secondo il fine che ne giustifica l’esistenza.

La raffica di decreti governativi che di fatto sospendono fondamentali articoli della


Costituzione (cui normalmente ci si appella come a un testo sacro) è di colpo succeduta
ad una condotta politica di stupefacente superficialità.
I mezzi di comunicazione, contemporaneamente, si sono lanciati in una martellante
campagna basata su dati approssimativi o parziali e mirante a provocare una vera e
propria psicosi collettiva; il disagio più acuto causato dall’emergenza sanitaria è dovuto
proprio all’impossibilità di ottenere informazioni corrette su di essa.
E’ come minimo imprudente prestare una fiducia senza riserve ai dati scientifici forniti
da un’agenzia delle Nazioni Unite i cui consulenti lavorano anche per le multinazionali
farmaceutiche, che in tempi recenti, a più riprese, hanno realizzato enormi profitti
con i vaccini creati per curare pandemie fasulle e acquistati dai governi a milioni di
dosi, rimaste poi inutilizzate. Troppe volte, negli ultimi due decenni, l’O.M.S. si è
“sbagliata” nelle sue previsioni; il nostro Istituto Superiore di Sanità, dal canto suo, è
legato a una casta politica che, con la sua gestione dell’epidemia, sta spingendo il Paese
verso il baratro.

Tale grado di apparente inettitudine in ambiti così diversi, da quello politico a quello
scientifico e a quello mediatico, non è spiegabile solo con l'ignoranza crassa o la scarsa
professionalità (che in molti casi sono tuttavia reali), ma fa pensare a una strategia
coordinata i cui scopi vanno decifrati.
Non possiamo, ovviamente, andare al di là delle ipotesi, ma ci sono indizi che ci
consentono di intuire pur qualcosa. La prima impressione è che, con il pretesto della
“pandemia”, si stiano svolgendo le prove generali di una dittatura globale di inusitata
durezza, dati i mezzi tecnologici di cui dispone.
Benché i regimi comunisti non ne avessero ancora di così invasivi, il principio rimane
immutato: la realtà è sostituita dalla propaganda, che consiste nella sistematica
diffusione di un’informazione pilotata e distorta. Le fonti che finanziarono quelli, del
resto, sono le stesse su cui si regge il sistema attuale, così come i teorici della
mistificazione erano già allora di scuola anglosassone.
Probabilmente è un test del livello di sottomissione e manipolabilità di popolazioni
ipnotizzate dai mass media e ormai prive di qualsiasi riferimento morale e spirituale,
visto il grado di analfabetismo raggiunto in quegli ambiti e il tradimento delle guide
religiose, complici o latitanti.

Il primo elemento da accertare è la natura e la reale entità della minaccia. Trattandosi –


sia pure all’interno di una famiglia di virus ben noti – di una variante inedita (ammesso
che sia una sola) che ha una notevole capacità di trasmissione e contro la quale non
abbiamo ancora sviluppato gli anticorpi, questo è potenzialmente pericoloso, benché il
suo tasso di letalità non sia particolarmente elevato, se si considera che il numero di
contagiati è largamente sottostimato e che i decessi riguardano per lo più persone già
affette da altre patologie.
Proprio il fatto che gli anziani siano più esposti del solito e, se affetti, vengano spesso
trascurati può far pensare che la gestione inadeguata dell’epidemia miri a una sorta di
selezione della popolazione con l’eliminazione dei soggetti più costosi dal punto di vista
sanitario. Un’eventualità così mostruosa non sorprende affatto chi sia un minimo
informato sugli orientamenti del nuovo ordine mondiale. Con insistenza ossessiva,
del resto, ci viene inculcato che siamo troppi e che l’uomo è il cancro del pianeta, la cui
salvaguardia richiederebbe una drastica riduzione dei suoi abitanti.

Per le nuove generazioni è un vero e proprio lavaggio del cervello che le prepara ad
essere le esecutrici del piano, come già risulta evidente dal notevole abbassamento
dell’età media della classe politica, sempre più composta di ragazzotti senz’arte né parte.
Anche nei reparti di terapia intensiva colpisce la massiccia presenza di operatori molto
giovani: è più facile che persone la cui coscienza non si sia adeguatamente sviluppata
ottemperino supinamente a qualsiasi direttiva; come sarebbe potuta maturare, del resto,
in soggetti che non hanno ricevuto la benché minima formazione morale, ma hanno
respirato relativismo fin dall’infanzia?
Il brodo di coltura nichilista della nostra gioventù ha generato automi teleguidati
col cellulare, incapaci di fare un ragionamento logico o di seguire
un’argomentazione, completamente determinati da meccanismi di stimolo-risposta,
cinicamente insensibili alla sofferenza altrui, ignari dei doveri più elementari di persone
civili, regrediti nella barbarie e condannati all’infelicità perpetua… Quelli che non sono
destinati a diventare carne da macello, saranno i soldatini del sistema, illusoriamente
felici di essere momentaneamente utili al mostro senza volto che li usa per i suoi scopi
inconfessabili.

*****

Una lettura teologica della storia, come abbiamo visto in precedenza, autorizza
ampiamente a leggere cataclismi e catastrofi come castighi divini; essi si realizzano
però mediante le cause seconde, ossia i fenomeni naturali e la libertà delle creature
ragionevoli. Nel caso presente, voci autorevoli sostengono che si tratta di un virus
modificato in laboratorio mediante l’inserzione di una sequenza dell’H.I.V. e sparso
intenzionalmente secondo una progressione prestabilita.
La dinamica della sua diffusione e altri indizi hanno indotto alcuni osservatori a
sospettare che sia un’arma biologica usata per provocare una crisi economica
globale che dia modo ai grandi speculatori di realizzare stratosferici profitti. La
società di investimenti Bridgewaters, nel novembre dell’anno scorso, ha scommesso
la modica cifra di un miliardo e mezzo di dollari su un crollo mondiale delle borse
previsto entro la fine di marzo. Il pretesto addotto di una normale operazione di
copertura del portafoglio, congiunto a un’insistente difesa dall’accusa, non è certo
rassicurante, visto oltretutto che vi sono coinvolte due fra le maggiori banche
ebraiche, la Goldman Sachs e la Morgan Stanley.

A questo punto occorre menzionare la dichiarazione delle forze russe di difesa


chimica, biologica, radiologica e nucleare giunte in Lombardia per aiutarci (e – non
a caso – aspramente criticate dalla stampa di regime): l’epidemia di Covid-19 non
sarebbe altro che un diversivo mirante a coprire un attacco biologico ben più serio;
il virus verrebbe usato come schermo di camuffamento per celare l’utilizzo di un
altro vettore sconosciuto, molto più aggressivo.
Questo spiegherebbe l’incongruenza tra la pericolosità oggettiva (non altissima,
secondo virologi non prezzolati) del Coronavirus di cui si parla e gli effetti
devastanti della malattia registrati in alcune regioni. Sugli scopi di tale guerra
asimmetrica si possono tentare varie ipotesi. Una ne attribuisce la responsabilità
agli Stati Uniti, che intenderebbero affondare l’economia cinese e quella dei Paesi
europei ad essa legati, approfittando altresì della crisi finanziaria per immettere nei
mercati enormi quantità di moneta (stampata senza sufficienti riserve di copertura
in altri valori) onde mantenere l’egemonia mondiale del dollaro.

E’ pur vero che le esportazioni dalla Cina hanno subìto una momentanea
contrazione di un quarto, ma il successivo arresto delle attività produttive nel resto
del mondo impone un’altra considerazione. Globalizzazione e delocalizzazione
avevano già fortemente indebolito l’industria occidentale, che in larga misura,
oltretutto, dipendeva dall’Estremo Oriente per i pezzi finiti. Se già prima, specie in
ambito tecnologico, importavamo moltissimo dalla Cina, ora, con le fabbriche
chiuse, avremo ben presto bisogno di tutto.
Dopo il brusco calo iniziale, è quindi probabile che l’economia cinese, che cresce a
un tasso annuale del 6%, riparta a gonfie vele. Negli ultimi decenni, poi, sul nostro
territorio sono dilagate attività commerciali e manufatturiere – più o meno illegali
– gestite da immigrati cinesi, sostenute da un continuo flusso di capitali provenienti
dalla madre patria e, come se non bastasse, da ingiustificabili facilitazioni fiscali da
parte dei nostri governi; una volta cessata l’emergenza, è probabile che riprendano
più fiorenti di prima (ammesso che quelle sommerse si siano fermate). Molti
esercizi, peraltro, fanno da copertura ad attività di spionaggio, cosa di cui pare non
curarsi affatto una classe politica in buona parte venduta a Pechino e asservita ai
suoi interessi, come si è visto a proposito dei recenti accordi sulla nuova via della
seta.

Questo inarrestabile strapotere si spiega alla luce di quel trasferimento della


supremazia mondiale dagli Stati Uniti alla Cina che ipotizzavo qualche mese fa. La
tesi della creazione del virus in un laboratorio militare del Maryland e della sua
diffusione per mezzo di soldati americani in occasione dei giochi militari svoltisi a
Wuhan sembra sia stata confezionata dai servizi segreti della Repubblica Popolare
e diffusa dai loro agenti operanti nei mezzi di comunicazione.
Proprio a Wuhan, scelta come sede di un progetto-pilota per la creazione della rete
5G, sono state installate trentamila antenne le cui forti radiazioni elettromagnetiche
abbattono le difese immunitarie. Per quanto ciò, di primo acchito, possa sembrare
illogico, il virus è con buona probabilità di origine cinese. Per un regime totalitario
che domina quasi un miliardo e mezzo di persone, non conta nulla la perdita di
qualche migliaio di individui (stando ai dati ufficiali, difficilmente rispondenti al
vero); fossero pure, nella realtà, decine di migliaia o anche più, non sarebbe
comunque un dramma per chi ha interesse a ringiovanire una popolazione in
rapido invecchiamento. Anche sul piano economico, a medio e lungo termine, i
benefici possono ampiamente superare il danno iniziale, fino a determinare, anzi,
l’instaurazione di una nuova egemonia economica e politica.

Non dimentichiamo che i regimi marxisti funzionano per programmi quinquennali


concatenati e che la cultura cinese gestisce il tempo sul lungo periodo.
Nel pensiero di Marx (figlio di un rabbino cabalista, satanista adolescente, poi
membro degli Illuminati di Baviera), il capitalismo stesso è funzionale allo sviluppo
del sistema comunista, in cui tutto è pianificato dall’alto e nessuno è realmente
proprietario di nulla.
Questa visione collima, d’altronde, con il progetto massonico del nuovo ordine
mondiale, governato da una ristretta oligarchia di banchieri che considera i popoli
una moltitudine di schiavi da ridurre numericamente entro i limiti imposti dalle
necessità del sistema. Se un conflitto esiste, è quello tra il sionismo nazionalista (che
fa capo a Israele e si serve di Trump) e quello globalista (che usa le sinistre,
capeggiate dai vari Clinton, Obama e compagnia e parimenti finanziate da capitali
ebraici); ma finanche questo confronto potrebbe essere coordinato da un’istanza
suprema, quella rappresentata dalla famiglia dello Scudo Rosso, che lo sfrutta per
trarne il massimo profitto possibile e impedire al contempo il prevalere di una
parte sull’altra.
Dato che si tratta incontestabilmente di adoratori di Lucifero che controllano ormai
perfino la gerarchia cattolica, la liberazione dal virus e dalla tirannia connessa
richiede urgentemente un grande esorcismo.

https://www.vivereinmodonaturale.com/2020/03/speciale-
coronavirus-il-coronavirus-il-coronavirus-svela-le-fake-news-di-
autorita-e-mass-media.html?utm_source=feedburner&utm_
medium=email&utm_campaign=Feed%3A+
VivereInModoNaturale+%28Vivere+in+modo+naturale%29

https://reseauinternational.net/alerte-les-equipes-cbrn-
russes-en-italie-confirment-
une-attaque-biologique-en-cours-qui-nest-pas-due-au-coronavirus/

https://oasisana.com/2020/02/19/coronavirus-
e-5g-ce-correlazione-lo-studio-il-video/

http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/
2020/04/card-bo-il-partito-comunista-cinese-e.html

lunedì 30 marzo 2020


SPECIALE CORONAVIRUS: Il coronavirus svela le Fake News di
autorità e mass media

È ormai da diversi mesi (dal dicembre 2019) che i mass media parlano quasi
esclusivamente del coronavirus SARS-CoV-2 e della Covid-19. La
comunicazione riguardo quest’argomento si è fatta ancor più insistente da
quando, ormai alla fine di gennaio 2020, erano stati confermati ufficialmente i
primi casi d’infezione in Italia.

Stefano Nasetti 18.03.2020 15:30

Nelle successive quattro settimane (l’intero mese di Febbraio) abbiamo


assistito a ore e ore di trasmissioni dedicate all’argomento da radio e Tv e
centinaia di articoli su tutte le testate giornalistiche (solo su Ansa si contano
quasi 1000 articoli sull’argomento in appena 30 giorni con una media di oltre
34 al giorno, più di uno ogni ora), ad annunci e disposizioni sanitarie disposte
da Governi, Regioni e Comuni, con chiusure di scuole, isolamento d’intere città
e quarantene per migliaia di persone.

In tutto questo, non si sono fatte attendere le interviste a virologi e medici,


che hanno cercato di fare un minimo di chiarezza nell’approssimativa
comunicazione fatta nelle settimane precedenti dagli impreparati, disinformati
e mediocri giornalisti che popolano il panorama italiano, del settore chiamato
impropriamente “dell’informazione”. Al contempo, in questo caos generalizzato,
abbiamo potuto osservare le reazioni della popolazione a tutto ciò che stava e
sta accadendo.

Gli accadimenti, in special modo quelli degli ultimi due mesi (febbraio e marzo
2020), ci consentono di fare alcune importanti riflessioni riguardo l’attività
svolta dai mass media italiani, le reazioni e le affermazioni odierne e passate
delle autorità in tema di focolai epidemici, e il rapporto tra popolazione e la
comunicazione proveniente da questi due soggetti (mass media e autorità).

Ma andiamo con ordine e iniziamo innanzitutto dalle basi scientifiche e dati


concreti, poiché ritengo debbano essere sempre i dati oggettivi a incidere nella
formulazione delle nostre idee e considerazioni e non viceversa. Cercherò
quindi di fare innanzitutto una corretta e completa informazione, per poi
passare a esporre le mie considerazioni personali.

Cos’è il coronavirus di cui parlano in continuazione i mass media?

Quello di cui si parla genericamente oggi con l’appellativo di “Coronavirus”, in


realtà si chiama SARS-CoV-2 (in precedenza 2019-nCoV). A scegliere il nome è
stato l'International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV) che si occupa
della designazione e della denominazione dei virus (ovvero specie, genere,
famiglia, ecc.). A indicare il nome è stato un gruppo di esperti appositamente
incaricati di studiare il nuovo ceppo di coronavirus. Secondo questo pool di
scienziati il nuovo coronavirus è fratello di quello che ha provocato la Sars
(SARS-CoVs), da qui il nome scelto di SARS-CoV-2.

La malattia provocata dal nuovo Coronavirus ha un nome: “COVID-19” (dove


"CO" sta per corona, "VI" per virus, "D" per disease e "19" indica l'anno in cui
si è manifestata). Il nome è stato scelto dall’OMS (Organizzazione mondiale
della Sanità). Si tratta di un virus della famiglia Coronavirus, noti per causare
malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la
Sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la Sindrome respiratoria acuta
grave (SARS). Tuttavia, pur facendo parte della stessa tipologia, il SARS-CoV-2
non è il virus dalla SARS, ma un virus diverso, la cui origine certa non è ancora
nota.

Quanto è pericoloso il nuovo virus?

Su questo punto c’è stata molta disinformazione, fatta soprattutto (se non
esclusivamente) dai mass media mainstream.
Fin dall’inizio dell’epidemia in Cina tutti i mass media si sono limitati soltanto
ad aggiornare il numero dei casi conclamati e il numero dei morti, omettendo
colpevolmente di spiegare all’opinione pubblica quali fossero le condizioni
igienico sanitarie in cui si è sviluppato e diffuso il focolaio in Cina, quale fosse il
contesto sociale in cui il virus si stava diffondendo, quali fossero le modalità e
le possibilità di accesso alla sanità cinese e quindi alle cure, quali fasce di età
della popolazione fossero più colpite, quali fossero le condizioni di salute
preesistenti nei soggetti colpiti e poi deceduti e, infine, omettendo sempre il
numero delle persone guarite.

Tutte queste omissioni, colpevoli o colpose, hanno trasformato quella che


doveva essere “informazione” in disinformazione, generando confusione,
prima, allarmismo e panico poi, una volta che il virus è arrivato in Italia. Sui
motivi che hanno indotto tutti i mass media a tale superficiale comportamento,
tornerò più avanti, poiché qualcuno potrebbe considerare le spiegazioni a
riguardo solo delle opinioni. Proseguiamo allora, prima con i fatti.

Secondo quanto riporta il sito del Governo italiano www.salute.gov.it, se si


prende il virus SARS-CoV-2 (che da qui in avanti per semplicità chiamerò
anch’io “coronavirus” al fine di facilitare la comprensione del lettore), “Alcune
persone si infettano ma non sviluppano alcun sintomo. Generalmente i sintomi
sono lievi, soprattutto nei bambini e nei giovani adulti, e a inizio lento. Circa 1
su 5 persone con COVID-19 si ammala gravemente e presenta difficoltà
respiratorie, richiedendo il ricovero in ambiente ospedaliero”.

Secondo ISS (Istituto Superiore di Sanità) quindi, il virus porta complicazione


in circa il 20% dei malati. Ma è davvero così? Cosa dicono i virologi?

Esporrò alcuni eminenti pareri, mettendo ovviamente da parte l’opinione di


quei medici che di virologi hanno soltanto il titolo e che, al soldo di taluni partiti
politici, sono saliti alla ribalta negli ultimi anni lucrando costantemente sulla
salute della popolazione facendo propaganda politica e non informazione
scientifica, mediante un’esposizione mediatica continua e la pubblicazione
immediata di libri (a solo 30 giorni dall’arrivo del nuovo coronavirus in Italia, il
virologo a cui mi riferisco e di cui non farò il nome per non fargli pubblicità, ha
già pubblicato un libro sull’argomento) su ciascun argomento che possa
rientrare nella loro sfera di competenza.
Qui di seguito invece, riporto un estratto degli interventi di due prestigiosi
virologi italiani, intervenuti in due distinte trasmissioni di Radio Rai, Speciale
GR1 sul coronavirus, nei giorni 24 e 25 febbraio 2020. È molto importante
porre particolare attenzione alle affermazioni che ho sottolineato. Torneranno
utili per le considerazioni finali. Nella trasmissione del 24 febbraio, è
intervenuto il virologo Giovanni Maga, direttore dell’istituto Molecolare del CNR
(Centro Nazionale delle Ricerche). Ecco cosa ha detto.

Giornalista Radi orai: “Vorrei con Lei ridimensionare quella che è la pericolosità
di questo virus, che è altamente contagioso ma, lo abbiamo detto più volte,
essere positivi al test del coronavirus, quindi avere il contagio, non significa
essere in pericolo di vita.” (Si può morire per coronavirus, ma le persone che
sono a oggi decedute erano persone fragili - dal punto di vista immunitario
NDR.)

Giovanni Maga: “Assolutamente. L’infezione da questo nuovo coronavirus ha


un decorso benigno nell’assoluta maggioranza delle persone. Insomma, guarire
è la regola! Almeno l’80%, ma come dicevo, in base anche all’età, quindi in età
giovane può essere anche il 90%, le persone hanno una sintomatologia
moderata o lieve, cioè non richiedono ospedalizzazione, e guariscono senza
particolari conseguenze. C’è una percentuale significativa, tra 10 e 15%,
sempre a seconda della propria costituzione e del proprio stato fisico, che può
sviluppare una polmonite virale. Questa incidenza è superiore a quella causate
dal normale virus influenzale in percentuale, ma anche in questo caso,
nell’assoluta maggioranza dei casi il decorso è benigno.”

Giornalista Radio Rai: “Quindi a questo punto l’importante è contenere i


contagi. Si è sviluppata una sorta di caccia al paziente zero, ma potremmo già
essere alla terza o quarta generazione del virus. Perché è importante risalire al
fantomatico paziente zero”.

Giovanni Maga: “Il paziente zero, in qualsiasi focolaio epidemico, è importante


per due motivi. Perché definisce il contesto in cui il virus è entrato, cioè ci fa
capire com’è arrivato, e inoltre ci consente di tracciare i primi contatti, quindi
risalire ai primi che sono stati potenzialmente infettati e da cui potrebbe essere
partito il focolaio. Questo ovviamente, se viene fatto subito, consente di
circoscrivere immediatamente l’area. La nostra situazione attuale è che,
purtroppo, non è stato possibile identificare il paziente zero all’inizio, e quindi
ci siamo un po’ allontanati dalla radice di quest’albero d’infezione che si sta
diffondendo. Però questo vuol dire che abbiamo messo in campo un’area di
delimitazione molto ampia proprio per renderci conto della dinamica
dell’infezione, per limitarne la diffusione, intanto che gli studi epidemiologici
cercano di tracciare all’indietro i contatti. Però a oggi per la limitazione
dell’infezione la misura migliore è quella di circoscrivere le zone potenzialmente
interessate.”
Giornalista Radio Rai: “C’è la speranza che con la buona stagione questo virus
cominci a decrescere nei contagi, così come sta accadendo anche per la
normale influenza?”

Giovanni Maga: “È una ragionevole ipotesi. AL momento non sappiamo come


questo virus si comporti da un punto di vista stagionale. È molto simile alla
SARS come tipologia ma non certamente come gravità dei sintomi, la SARS era
molto più aggressiva e molto più letale, è 10-50-100 volte più letale, a seconda
delle classi di rischio, ma così come la sars era scomparsa con l’arrivo della
bella stagione, se anche questo virus seguirà l’andamento di tutti i virus
respiratori, come quello dell’influenza, si può ragionevolmente sperare che, con
l’aumento delle temperature, perda di potenza. Io vorrei anche sottolineare
che anche nell’epicentro della malattia, in Cina, si sta iniziando a vedere una
diminuzione dei casi, l’aumento sempre maggiore delle persone guarite, tant’è
che la Cina ha deciso di allentare un pochino i cordoni di contenimento, proprio
perché sembra che l’epidemia stia rallentando e si spera nei prossimi mesi
scenderà … Quindi nel frattempo, l’importante è evitare che nuovi focolai si
accendano e si espandano in altre zone.”

Giornalista Radio Rai: “Sembrerebbe anche dai dati che sono stati registrati in
Cina e in tutti i paesi colpiti dal virus, che questo virus colpisca meno i più
piccoli, i più giovani. C’è qualche spiegazione o è solamente un fatto statistico
ancora non emerso?”

Giovanni Maga: “In questa fase è difficile a dirsi, perché non è chiaro di quanto
sia stata l’esposizione della popolazione infantile al virus, almeno in Cina.
Certamente il dato statistico è chiaro. Ci sono poche infezioni in età pediatrica.
Una possibilità sta nelle differenze del sistema immunitario dei bambini rispetto
all’adulto, perché una delle cause delle complicazioni di questo virus è
un’eccessiva risposta di tipo infiammatorio mediata da un sistema immunitario
adulto, che nei bambini è meno soggetta a dare questo tipo di complicazioni
quindi, in qualche modo, li rende meno suscettibili e gli fa passare questa
infezione in maniera molto blanda. Per diminuire possibilità di contagio è buona
norma (ma questo vale sempre anche nei periodi di normale influenza) lavarsi
bene (anche con un semplice sapone) sempre le mani prima di portarle alla
bocca, agli occhi o al naso. Gli antibiotici non servono a nulla perché gli
antibiotici distruggono i batteri. Questo è un virus.”

Il giorno seguente, nella trasmissione del 24 febbraio, è intervenuta Ilaria


Capua, pluripremiata virologa italiana, che oggi dirige un dipartimento
dell'Emerging Pathogens Institute dell'Università della Florida.
Giornalista Radio Rai: “Vorrei parlare di anticorpi: man mano che il virus
colpisce gli italiani, chi viene colpito sviluppa gli anticorpi. Questo potrebbe
essere una chiave di lettura interessante: più popolazione viene colpita più
anticorpi si sviluppano.”

Ilaria Capua: “Beh..., questa è la storia delle malattie infettive … tranne in


pochissimi esempi di virus che sono molto particolari, la stragrande
maggioranza dei virus provoca, come risposta dell’organismo che infetta,
provoca la produzione di anticorpi che sono delle forme difensive nei confronti
del virus. Infatti, quando si sentono le notizie dalla Cina che il numero di casi
sembra essere in rallentamento, è probabilmente perché si è raggiunto il picco
epidemico. Il picco epidemico si raggiunge quando il virus ha raggiunto la sua
capacità massima di infettare. Perché raggiunge la sua capacità massima?
Perché comincia a trovare gli anticorpi. Faccio un esempio. Facciamo finta che
parliamo di morbillo, così facciamo un po’ d’informazione sanitaria aggiuntiva.
Da un bambino affetto da morbillo, se ne possono infettare altri 5, perché R0
(di cui avrete sentito parlare) è 5 (in medicina è “R” è l’indice d’infettività e il
numero che segue rappresenta il numero di persone solitamente contagiate da
ciascun paziente affetto se queste non hanno quegli anticorpi NDR). Se però
questi cinque hanno gli anticorpi, quel bambino con il morbillo non ne infetta
neanche uno … Torniamo al coronavirus, se effettivamente il coronavirus
provoca solo una sindrome simil-influenzale, almeno a oggi, se effettivamente
il coronavirus sta circolando in Italia da un mese e mezzo o (come sembra)
anche da un po’ di più, ci dovrebbero già essere anticorpi in circolazione.
Quindi possiamo aspettarci una diffusione minore (rispetto alle previsioni
iniziali NDR), questo però ancora non lo sappiamo.”

Giornalista Radio Rai: “Sì, appunto, perché in Cina delle persone guarite poi si
sono riammalate, questo ha un significato dal punto di vista scientifico, anche.”

Ilaria Capua: “MMMMHHH… Io non capisco perché le cose che succedono


normalmente per le altre malattie, con questa malattia dovrebbero essere
diverse. Scusate, ma voi avete mai avuto una ricaduta da influenza? … Ci sono
alcune malattie che si prendono una volta sola e poi si è immuni per tutta la
vita - (come tutte le malattie infettive NDR) – e poi ci sono altre malattie per le
quali, non solo non si è immuni per tutta la vita, vedi l’influenza che ogni anno
bisogna aggiornare il vaccino, e il coronavirus potrebbe essere una di queste,
in cui le ricadute o le reinfezioni in caso di condizioni particolari, altra
concentrazione virale, piuttosto che altri fattori di rischio, è possibile che le
persone si riammalino. Io però credo che la stragrande maggioranza delle
persone che a oggi ha contratto il coronavirus, l’ha contratto in maniera
asintomatica o con sintomi non degni di essere oggetto di attenzione medica,
ed è quindi possibile che in Italia ci siano molti più guariti di quanto non si
creda …”

Giornalista Radio Rai: “Si sta lavorando negli USA alla creazione di un vaccino.”

Ilaria Capua: “Sì ho letto anch’io la notizia ma questo non significa che avremo
un vaccino prima di un anno. I vaccini devono superare i Trial clinici per testare
che siano effettivamente innocui per l’organismo e, al contempo, efficaci contro
la malattia, cioè che siano in grado di far sviluppare anticorpi. Per i dati che
abbiamo oggi, credo che questa emergenza sanitaria, perché è indubbiamente
un’emergenza sanitaria, non abbia assolutamente i tratti di situazione
apocalittica a cui ci si riferisce nel nostro immaginario quando si parla di
pandemia. Perché si pensa alla pandemia del 1918, siamo nel 2020.”

A due mesi e mezzo dal rilevamento dei primi casi in Cina e dopo un mese dai
primi casi in Italia, due importanti virologi, intervistati dall’emittente di Stato
nei suoi canali radiofonici, hanno affermato a chiare lettere e senza mezzi
termini che il virus SARS CoV-19 e la malattia che causa, la Covid-19, NON
sono letali, contrarre il virus non significa mettere a rischio la propria vita,
guarire è la norma e che i numeri non descrivono assolutamente una
situazione apocalittica o pandemica, smentendo di fatto ogni allarmismo
provocato dai mass media.

Questo è ciò che si era detto circa 15 giorni fa, e qualcuno potrà ora dire che la
situazione è notevolmente peggiorata, sia in Italia sia nel resto del mondo.
Così almeno è ciò che si evince dal bollettino quotidiano diramato dalle autorità
attraverso tutti i mass media mainstream. Ma è davvero così?

Che cosa dicono i numeri ufficiali fino a oggi (16 marzo 2020) registrati?

Il bollettino diramato oggi dal Governo Italiano, dalla Protezione Civile e


dall’ISS riferisce di un numero di contagiati, dall’inizio dell’epidemia a fine
gennaio, di 31.506 di cui già guariti 2.941 e deceduti 2.503. Analizzati così
però, i numeri sono fuorvianti, perché incompleti, perché il numero
complessivo dei contagiati è senza dubbio maggiore di quello indicato, così
come quello dei guariti.
Ciò è dovuto a un cambio di strategia nel modo di rilevare i contagi e nel
conteggiare i guariti.

All’inizio dell’epidemia infatti, e quasi per tutto il mese di febbraio (2020) il


Governo italiano aveva dato istruzioni di eseguire i tamponi “a tappeto”, in
modo sistematico a chiunque mettesse piede in Italia e a chiunque abitasse, o
avesse frequentato, le prime “zone rosse” in Lombardia, dove si erano
registrati i primi focolai. Questa strategia ha portato a rilevare un numero casi
positivi molto elevato e, verosimilmente, molto vicino a quello reale. Tuttavia,
man mano che il numero di casi positivi riscontrati si faceva più grande, l’eco
di quella che fino alla prima settimana di Marzo 2020 (circa 35-40 giorni dopo i
primi casi in Italia) era stata definita dalle autorità italiane (Governo,
Protezione civile e ISS) una “emergenza sanitaria”, ha cominciato a portare un
ritorno d’immagine negativa per il nostro Paese, con notevoli danni economici.
Molti paesi europei hanno cominciato a chiudere le frontiere con l’Italia, hanno
sospeso voli da e per il nostro Paese e hanno perfino iniziato a bloccare il
traffico delle merci per i prodotti italiani o hanno bloccato l’esportazione in
Italia di prodotti necessari all’emergenza sanitaria (mascherine, prodotti
disinfettanti, respiratori, ecc.).

L’effetto del ”racconto distorto” dei media che avevano calcato la mano sulla
reale pericolosità del virus, inizialmente circoscritto, con tutte le conseguenze
economiche del caso, alla sola Cina si è improvvisamente ritorto sul nostro
Paese.

Non è soltanto una mia opinione ma un’evidenza oggettiva. Molti esperti di


comunicazione hanno espresso il medesimo parere.

In un articolo apparso sull’agenzia di stampa Agi in data 27 febbraio 2020,


sono stati interpellati alcuni addetti ai lavori, come l’esperto di comunicazione
di crisi e docente di Strategie di Comunicazione e tecniche pubblicitarie alla
Luiss e fondatore della società di consulenza Comin&Partners, Gianluca Comin
che ha detto senza dubbi: “L’emergenza è stata sovraccaricata con una
comunicazione eccessiva, ripetitiva e con toni preoccupanti; anche il solo fatto
di rappresentare la crisi dalla Protezione Civile fa passare il messaggio di una
calamità nazionale e tutto questo ha creato ansia e timore nella gente”.

Un punto su cui concorda Federico Unnia, anch’esso consulente in


comunicazione di crisi. “Nel momento in cui si è correttamente centralizzata la
regia sulla Protezione civile, sarebbe stato più utile far comunicare
prevalentemente loro. Credo poi che nell'immaginario collettivo abbia
spaventato di più il blocco di 11 paesi di quanto il pericolo reale del
coronavirus. Non sono state considerate abbastanza le ripercussioni all’estero
di una comunicazione così emergenziale, soprattutto l’impatto che avrebbe
avuto sul turismo, sulle imprese e sul commercio. Gestire un evento di questa
portata ha delle complessità uniche. Le informazioni sono frammentarie, in
veloce e inaspettata evoluzione, condizionate da fattori spesso non controllabili
come l’informazione dall’estero”. “Se ci si pensa” ha aggiunto Unnia, “18
pagine di un quotidiano su questo evento, indipendentemente dalla sua
gravità, trasferiscono ansia e preoccupazione. L'informazione, stampa, tv,
social si è inseguita e ha finito per alimentare un flusso continuo. Il commento
ha superato spesso i fatti reali. E questo, pensando al rigore scientifico, non è
positivo”.

Nonostante alcuni pallidi tentativi di riportare alla realtà dei fatti la popolazione
italiana, facendo intervenire, come abbiamo visto, virologi indipendenti e più
obiettivi di quelli di mainstream e politicizzati che abbiamo, nostro malgrado,
dovuto ascoltare negli scorsi anni, è stato pressoché impossibile per i mass
media, rimangiarsi quanto di allarmistico detto in precedenza. Il danno ormai
era fatto.

Sulla stregua di quanto fatto dagli altri Paesi europei e per alleggerire il carico
di lavoro di screening del sistema sanitario nazionale, anche il Governo italiano
ha deciso di cambiare strategia. Dal 26 febbraio scorso – in linea con una
circolare del Ministero della Salute del giorno prima – si è stabilito che i test
andassero fatti solo ai soggetti sintomatici (per esempio con febbre e problemi
respiratori), mentre prima erano testati anche gli asintomatici. Era infatti
impossibile, in un’ottica di allargamento dei contagi, pensare di sottoporre
l’intera popolazione italiana (circo 60 milioni di persone) al tampone per il
rilevamento del virus.

La conseguenza è che se prima le persone positive ma asintomatiche, erano


comunque rilevate e conteggiate, poiché comunque gli era stato fatto il
tampone, dall’inizio di marzo in avanti, questa tipologia di persone non hanno
fatto più parte dello screening. Non rientrando più tra le persone controllate, è
quindi probabile che ci siano molte persone positive asintomatiche. È dunque
molto probabile che i positivi siano oggi molto più di quelle ufficialmente
indicate dalle autorità.

Inoltre, tra i “guariti” non sono conteggiate le persone asintomatiche rilevate in


precedenza e/o quelle che, non manifestando sintomi degni di particolare
attenzione sanitaria, quelle che hanno fatto il loro decorso semplicemente nelle
mura domestiche. Insomma, i guariti di cui si ha quotidiana notizia, sono quasi
esclusivamente quelli in precedenza ricoverati negli ospedali e poi guariti. Ciò
significa che i guariti sono molti di più di quelli comunicati dalle autorità.
Tutto questo ha un impatto notevole sulla percezione reale della situazione,
sulle considerazioni e sulle percentuali di guarigione e mortalità.

Tutto ciò è confermato anche da quanto a ha chiarito il 5 marzo a Il


Messaggero l’epidemiologo dell’Università di Pisa, Pier Luigi Lopalco, “Il
rapporto tra contagiati e morti cambia in base a quante persone vengono
sottoposte al tampone e se sono sintomatiche o senza sintomi”.

In parole semplici, se si sottopongono ai test sia i soggetti sintomatici sia quelli


asintomatici, è più probabile che il tasso di letalità risulti più basso rispetto a
uno scenario in cui sono testate solo le persone con sintomi. Questo avviene
perché nel calcolo si contano anche persone, gli asintomatici, che magari non
svilupperanno mai sintomi e quindi non subiranno gravi conseguenze, come la
morte. Se infatti, il numero dei positivi è sottostimato per i motivi sopra detti,
si determina apparentemente un aumento del tasso di mortalità. Per chiarire,
faccio un esempio.

Se ho riscontrato 3 decessi su 100 persone risultate positive, il tasso di


mortalità sarà pari al 3%. Se però controllo solo chi manifesta sintomi di una
certa entità, certamente avrò un numero di positivi inferiore, poniamo (solo
per esempio) pari a 50, poiché non ho riconosciuto come positivi, perché non li
ho testati, gli asintomatici e coloro che hanno manifestato sintomi lievi.
Rapportando il nuovo dato dei positivi e fermo restando quello dei deceduti, il
mio tasso di mortalità risulterà così raddoppiato, passando dal 3% al 6%.
Questo è ciò che è avvenuto in Italia, dove nel primo mese il tasso di mortalità
riscontrato si attestava attorno allo 0,5% contro il 2,5% della Cina. Oggi il
tasso di mortalità in Italia, considerato il cambio metodologia di screening
appena spiegato, è addirittura schizzato al 7,9%. È verosimile che il tasso di
mortalità sia effettivamente aumentato, ma solo in ragione del diffondersi della
malattia e in rapporto all’età della popolazione, ma certamente non nei termini
che appaiono dai dati ufficiali. Quello ad oggi (18/3/2020) accertato su base
mondiale è pari a 3,99%, ma sul calcolo incide pesantemente il dato Italiano
(secondo paese al mondo per numero di positivi) poiché, come detto, il dato
dato dei positivi è ampiamente sottostimato.

C’è infatti, un altro dato da tenere in considerazione nell’analisi dei numeri


quotidianamente distribuiti dalle Autorità, il fattore demografico, quello cioè
che riguarda le fasce di età e le condizioni di salute pregressa dei deceduti. È
vero che il tasso di letalità è al momento più basso in Cina rispetto all’Italia,
ma una delle possibili spiegazioni è il “peso” del numero nel nostro Paese dei
pazienti più anziani.
Secondo i dati Istat e dell’OMS, l’Italia ha un’età media molto più alta rispetto
ad esempio alla Cina (44,3 anni contro 37,4) e questo mette ancora più
pressione sulle strutture e gli operatori nelle zone colpite dall’epidemia.

In tal senso ci aiuta uno studio pubblicato sul sito dell’ISS, lo scorso 5 marzo
(2020), in cui è presente un report dettagliato sui casi positivi italiani
riscontrati fino al 4 marzo. Dallo studio emerge che l’età media dei pazienti
deceduti e positivi a COVID-2019 è 81 anni, sono in maggioranza uomini e in
più di due terzi dei casi hanno tre o più patologie preesistenti. Nello studio si
sottolinea come ci siano 20 anni di differenza tra l’età media dei deceduti e
quella dei pazienti positivi al virus. La maggioranza sono uomini (73.3%)
mentre le donne sole 26,7%.

La maggior parte dei decessi 42.2% si è avuta nella fascia di età tra 80 e 89
anni, mentre 32.4% erano tra 70 e 79, 8.4% tra 60 e 69, 2.8% tra 50 e 59 e
14.1% sopra i 90 anni. Le donne decedute dopo aver contratto infezione da
COVID-2019 hanno un’età più alta rispetto agli uomini (età mediana donne
83.4 – età mediana uomini 79.9). Il numero medio di patologie pregresse (cioè
le malattie presenti e preesistenti al contagio di coronavirus) osservate tra
questi primi 105 deceduti è di 3.4. Complessivamente, il 15.5% dei morti
aveva tra 0 o 1 patologie, il 18.3% presentavano 2 patologie e 67.2%
presentavano 3 o più patologie. Quindi il 100% dei deceduti fino al 5 marzo
scorso aveva condizioni di salute precedentemente compromesse.

Da questo primo studio quindi, sebbene sia chiaro che il virus infetta
indistintamente ogni fascia di età, dai neonati agli anziani, è altresì chiaro e
inconfutabile che, salvo rarissime eccezioni tutte ancora da studiare, il CoVid-
19 fa vittime quasi esclusivamente tra gli anziani ultrasettantacinquenni con
patologie pregresse o con codizioni di salute precedentemente compromesse.

Nonostante l’apparente aumento del tasso di mortalità registrato nei dati


ufficiali (e per i motivi sopra spiegati) i risultati del primo studio che indica
l’incidenza della mortalità nel 99% dei casi soltanto nella fascia di età over 75
e/o (in casi di decessi nella fascia minore di questa) in pazienti con presenza di
patologie pregresse è stata sempre confermata!

I mass media hanno continuato a sostenere che il virus fosse pericoloso e che
dalla Cina non fossero arrivati dati specifici sull’epidemia, sul numero reale di
contagiati, di guariti e morti, oltre che delle fasce di età più vulnerabili. Anche
in questo caso si tratta di un’informazione approssimativa se non addirittura
del tutto infondata!

La Cina ha fornito, a partire dal 31 dicembre 2019, all’OMS i dati dettagliati


dell’epidemia.

Paradossalmente, nonostante ci troviamo in un’epoca in cui continuamente


Governi, big dell’informatica e molti altri soggetti violano la nostra privacy,
raccolgono, rubano e vendono qualunque dato che ci riguardi, dai più
elementari a quelli più personali, per ragioni di tutela della privacy, l’Oms e
l’Iss (e le altre istituzioni sanitarie internazionali) hanno deciso di non riportare
i dati relativi a età, sesso e condizioni patologiche preesistenti dei contagiati
dal coronavirus che poi sono morti (non è sempre chiaro con che rapporto di
causa/effetto) comunicati dalla Cina.

La giustificazione dei media di fronte all’accusa di aver diffuso per mesi dei dati
incompleti dell’epidemia in Cina, dicendo che i dati non erano stati forniti da
Pechino è errata.

Tuttavia esistono due autorevoli studi, entrambi del mese di febbraio 2020,
uno della missione dell’Oms in Cina e l’altro del Centro cinese di controllo e
prevenzione delle malattie (Ccdc), che hanno analizzato decine di migliaia di
casi verificatisi in Cina e ne hanno estrapolato alcune rilevanti informazioni.
Solo l’agenzia AGI (ma in data 5 marzo) ha tirato fuori questi studi.

Al netto delle discrepanze tra i due report, quello che emerge è che il tasso di
letalità è superiore tra gli uomini rispetto alle donne, che il rischio aumenta – e
di molto – con l’aumentare dell’età della persona contagiata e che i pazienti
che non hanno altre malattie, a parte il coronavirus, hanno tassi di letalità più
bassi della media. Tra chi ha altre malattie, oltre al coronavirus, i tassi di
letalità sono sempre più alti della media e in particolare risultano più esposti di
tutti i soggetti che soffrono di malattie cardiovascolari. Sostanzialmente gli
studi sui casi cinesi confermano i dati rilevati dall’ISS nel nostro Paese.

Per quanto riguarda le morti, i dati comunicati finora dalle autorità, non ci
dicono se sono decessi di persone morte “per” il virus o “con” il virus. Secondo
alcuni virologi, questa sarebbe una differenza di poco conto (e da non risaltare
sul piano comunicativo), ma sulla questione si registrano opinioni contrastanti
anche tra gli esperti.
Secondo Walter Ricciardi, membro del comitato esecutivo dell’Organizzazione
mondiale della sanità (Oms) e consigliere del ministro della Salute per il
coordinamento con le istituzioni sanitarie internazionali, l’Italia sta registrando i
morti con coronavirus “senza quella maniacale attenzione alla definizione dei
casi di morte che hanno per esempio i francesi e i tedeschi, i quali prima di
attribuire una morte al coronavirus eseguono una serie di accertamenti e di
valutazioni che addirittura in certi casi ha portato a depennare dei morti
dall’elenco. Di fatto capita che accertino che alcune persone siano morte per
altre cause pur essendo infette da coronavirus”.

Questa pratica, sempre secondo l’ex presidente dell’Iss, spiegherebbe un’altra


questione: il fatto che, a oggi, il tasso di letalità del Sars-CoV-2 in Italia
sembra essere più elevato che altrove.

In data 1 marzo 2020, la virologa affermato Maria Rita Gismondo, direttrice del
laboratorio dell'ospedale Sacco di Milano, ospite di 'SkyTg24' ha affermato: "A
livello mondiale conosciamo i casi della Cina che ci hanno molto spaventato. A
oggi in Italia abbiamo 1049 casi, in Lombardia sono 615 i positivi, 256
ricoverati e 80 in terapia intensiva. Ma se facciamo un paragone con l'influenza
vediamo che ci sono già stati 5 milioni di casi, il 9% popolazione, con 300
decessi collegati all'influenza. Non voglio sminuire il coronavirus ma la sua
problematica rimane appena superiore all'influenza stagionale. È
l'organizzazione sanitaria, ovvero in poco tempo tanti casi, a preoccupare. Non
è una pandemia ma occorre rispondere in un periodo molto breve a tanti
ricoveri in terapia intensiva”.

Secondo anche questo virologo quindi, il nuovo coronavirus non è


particolarmente pericoloso se non in misura appena superiore all’influenza
stagionale. Tuttavia le opinioni vanno prese come tali e, anche in questo caso,
facciamo parlare i dati ufficiali sull’influenza stagionale per poi poter fare un
paragone con quelli del coronavirus.

Iniziamo con i dati riguardanti gli infettati.

Ogni anno si ammalano d’influenza diversi milioni d’italiani, e per alcune


centinaia la malattia si rivela letale. Ogni stagione invernale, InfluNet (il
sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza,
coordinato dal Ministero della Salute con la collaborazione dell’Iss) pubblica
settimanalmente sul suo sito i risultati del monitoraggio a partire dalla
settimana n. 42 di un anno (metà ottobre) alla settimana n. 17 dell’anno
seguente (fine aprile). Questo periodo di cinque mesi è l’unico considerato
nella rilevazione statistica dei casi d’influenza stagionale. È chiaro dunque, che
i numeri seguenti, benché considerati come “annuali” in realtà sono concentrati
in soli 5 mesi.

In base ai dati più aggiornati, dal 14 ottobre 2019 al 9 febbraio 2020 – dunque
a quasi i due terzi del periodo monitorato – il numero di casi simil-influenzali è
stato di 5.018.000. Al termine della precedente stagione influenzale (2018-
2019), i casi erano stati 8.104.000, tra il 2017 e il 2018 erano 8.677.000 e tra
il 2016 e il 2017 sono stati 5.441.000.

Questi numeri ci danno un’idea della portata del fenomeno, ma non riguardano
tutti i reali casi di contagio. Il Ministero della Salute nelle sue raccomandazioni.
Scrive sul portale: "Si sottolinea che l’incidenza dell'influenza è spesso
sottostimata poiché la malattia può essere confusa con altre malattie virali e
molte persone con sindrome simil-influenzale non cercano assistenza medica".

Secondo i dati dell’Iss, è possibile affermare senza timore di smentite, che ogni
anno le sindromi simil-influenzali coinvolgono circa il 9% dell’intera
popolazione italiana, "con un minimo del 4 per cento (ossia circa 2,4 milioni di
persone l’anno), osservato nella stagione 2005-06, e un massimo del 15%
(ossia quasi 9 milioni di persone) registrato nella stagione 2017-18". Le fasce
più colpite della popolazione sono quelle in età pediatrica (0-4 anni e 5-14
anni) e con 65 anni e oltre. Secondo il Ministero della Salute, che riporta i dati
del Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), ogni anno in Europa si
stimano circa 50 milioni di casi sintomatici d’influenza, e fino a un miliardo nel
mondo, secondo dati dell’Oms.

Quanti sono i morti d’influenza stagionale negli ultimi 11 anni?

Secondo il database di Istat sulle cause iniziali di morte (ossia su quelle


malattie che hanno condotto al decesso), nel 2017 i morti diretti per influenza
sono stati 663, il doppio dei 316 registrati nell’anno precedente. Nel 2015 i
decessi sono stati 675 e 272 nel 2014. Tra il 2007 e il 2013 i morti per
influenza sono stati rispettivamente: 411, 456, 615, 267, 510, 458 e 417. Tra
il 2007 e il 2017 l’influenza è stata la causa iniziale di morte per un totale di
5.060 decessi, una media di 460 l’anno. È utile ribadire che si tratta quindi di
morti dirette.

“A seconda delle stime dei diversi studi, vanno poi aggiunti tra le 4 mila e le 10
mila morti indirette (cioè come tutte quelle a oggi attribuite al coronavirus, o
meglio i “decessi con coronavirus” – NDR), dovute a complicanze polmonari o
cardiovascolari, legate all’influenza”, ha spiegato a Pagella Politica Fabrizio
Pregliasco, virologo e ricercatore all’Università degli Studi di Milano.

Come sottolinea anche l’Iss, qui però stiamo parlando di stime su più anni, a
differenza dei dati Istat sulle cause di morte. L’ISS in merito spiega che
“Diversi studi pubblicati utilizzano differenti metodi statistici per la stima della
mortalità per influenza e per le sue complicanze. È grazie a queste metodologie
che si arriva ad attribuire mediamente 8 mila decessi per influenza e le sue
complicanze ogni anno in Italia”.

Ricapitolando: per quanto riguarda la comune influenza stagionale, e facendo


riferimento esclusivamente ai soli dati ufficiali, se contiamo i morti “diretti” per
influenza, tra il 2007 e il 2017 sono stati in totale poco più di 5.000; se si
consideriamo però anche i decessi “indiretti” il numero sale di molto e potrebbe
potenzialmente a superare le 100.000.000 morti in totale, con una media di
quasi 10.000 morti l’anno (o per meglio dire nei 5 mesi dell’influenza, con una
media di 2.000 morti al mese), solo in Italia!

In generale, afferma l’Iss, si stima che il tasso di letalità dell’influenza


stagionale (ossia il rapporto tra morti totali e contagiati) sia inferiore all’uno
per mille (0,1 per cento).

Questi numeri, già ampiamente disponibili a fine febbraio 2020, ottenuti solo
ed esclusivamente, è bene ricordarlo, dai dati ufficiali ci dicono che la
contagiosità del Covid-19 è di gran lunga inferiore a quella dell’influenza
stagionale. A oggi (18/3/2020) il totale dei casi in tutto il mondo sono
“appena” 201.634 e circa 8.007 decessi. Se consideriamo il tempo trascorso
dal primo caso (metà dicembre 2019) sono passati 3 mesi. Se i morti sono
stati in tutto il mondo 8.007, sono morte 2.669 persone, una mortalità di poco
superiore a quella che l’influenza stagionale fa ogni anno solo in Italia!

In sintesi, stando ai numeri ufficiali, la diffusione del virus nel mondo, è di gran
lunga inferiore alla diffusione dell’influenza stagionale che si registra
annualmente solo in Italia. Il tasso di mortalità del coronavirus SARS Cov2 (e
della malattia conseguente Covid-19) è appena superiore a quello dell’influenza
stagionale!!!! Non stiamo certamente parlando di un’epidemia di Ebola, Malaria
o Dengue.

È solo ora, una volta che abbiamo esposto tutti i dati ufficiali e valutato
realmente e oggettivamente la situazione, che possiamo effettuare alcune
considerazioni.
Perché è in questo contesto e con questi dati disponibili (che erano addirittura
migliori 2 settimane fa) che il Governo italiano (in data 5 marzo) ha preso le
prime decisioni valide su tutto il territorio nazionale, disponendo la chiusura
delle scuole e delle università, il divieto di assemblea e manifestazione, il rinvio
del referendum del taglio dei parlamentari.

A questo punto, una qualunque persona di buon senso dovrebbe porsi delle
legittime domande:

1. Stando ai dati sopra esposti (tutti presi da fonti ufficiali), perché tutto
quest’allarmismo?

2. I provvedimenti liberticidi adottati dal Governo italiano e che stanno


lentamente prendendo piede anche tutti gli altri Paesi del mondo, sono
legittimati da cosa?

3. Come e perché siamo arrivati a questo punto?

Comincio con il proporre una riflessione che riguarda l’operato dei mass media,
in particolar modo quelli mainstream.

Ho già fatto presente quanto l’informazione sul nuovo coronavirus sia stata
superficiale e deficitaria oltre che enfatizzata, ma perché? La motivazione è
presto spiegata e non è necessario pensare a fantasiose teorie del complotto,
poiché la stessa scadente qualità d’informazione, o per meglio dire di
disinformazione, è riscontrabile continuamente quasi in ogni notizia appare
nelle testate giornalistiche tradizionali. L’opinione pubblica sovrastima le reali
capacità e la reale attendibilità dei mass media.

Nel mondo di oggi ogni persona, e i giornalisti non fanno certo eccezione,
antepone i propri interessi personali a qualunque altro aspetto. Inoltre oggi,
nella società dell’immagine, i risultati del lavoro di ogni persona sono spesso
valutati più per l’aspetto quantitativo che qualitativo, questo è un dato di fatto.

I giornalisti dunque, cercano di eseguire il loro mandato innanzitutto


rispettando i vincoli a loro assegnati, come ad esempio redigere un articolo di
un certo numero di battute o un servizio televisivo di un certo numero di
minuti. Ciò va fatto quotidianamente, spesso di fretta e trattando argomenti su
cui non si hanno adeguate competenze.
Va da sé che come viene riempito lo spazio assegnato dell’articolo e del
servizio, passa in secondo piano. Sovente possiamo leggere e ascoltare servizi
con pochissime informazioni o assolutamente privi delle stesse, ma pieni zeppi
d’ipotesi, commenti, interpretazioni, illazioni e previsioni del tutto opinabili.

L’obiettivo principale, oltre che riempire lo spazio assegnato, è quello di fare


audience, ascolti, vendere copie, avere il numero massimo di visualizzazioni,
click, like e cose del genere. Questo perché dalle copie vendute e dagli ascolti
dipende la raccolta pubblicitaria di cui gli editori di tutte le testate vivono.

Se gli ascolti o non sono adeguati, chiunque dal direttore al semplice


giornalista, rischia il posto. È dunque necessario massimizzare l’attenzione del
pubblico. Per fare questo diventa inevitabile e quasi naturale enfatizzare o
spettacolarizzare le notizie, spesso a discapito della corretta informazione. C’è
poi da aggiungere infine, il fattore ideologico e politico proprio del giornalista o,
più in generale, della testata per cui lavora. Non possiamo far finta
ipocritamente, che ci siano categorie esenti da queste logiche.

C’è poi un altro aspetto su cui vale la pena riflettere. Dobbiamo smettere di
pensare che i giornalisti abbiano una cultura superiore alla media. Nella
maggioranza dei casi non è così.

La maggior parte dei giornalisti poi, ha compiuto studi di carattere umanistico


e viene inoltre continuamente spostata di competenza. Una volta confezionano
servizi e articoli di cronaca, poi di scienza, poi di finanza, poi di politica, poi di
sport. Sono pochi i giornalisti veramente specializzati in una specifica materia e
incaricati poi si raccontare ciò che accade in quell’ambito.

Dobbiamo riflettere sul fatto che, come diceva il compianto astronomo Carl
Segan, ” abbiamo costruito un mondo basato su scienza e tecnologia, in cui
nessuno capisce niente di scienza e tecnologia”. È grottesco e paradossale
pensare che incarichiamo persone che hanno fatto studi prevalentemente
umanistici, di raccontarci la realtà di un mondo prevalentemente scientifico.
Come possiamo pensare che possano riuscire a raccontarci tutto
correttamente, seppure volessero e facessero prevalere le loro coscienze a
discapito degli altri interessi sopra citati, e fossero pienamente consapevoli e
responsabili del ruolo sociale e delle conseguenze di una pessima
informazione?

Anche la comunicazione fatta sul coronavirus ha risentito, come ho già


accennato in precedenza, di questi fattori, portando, forse involontariamente o
inconsapevolmente, a un’isteria e psicosi di massa presso l’opinione pubblica,
sull’onda emotiva della quale la politica, sempre in cerca di consenso, si è
mossa con provvedimenti che, dati ufficiali alla mano riguardo diffusione e
letalità, appaiono a oggi, ancor più di quindici giorni fa (5 marzo 2020) quando
sono stati adottati, alquanto fuori luogo.

È a causa della disinformazione dei mass media mainstream (che ovviamente


rifuggono da ogni responsabilità a riguardo) che il Governo ha preso
provvedimenti che hanno causato danni incalcolabili all’economia di un intero
Paese. La principale responsabilità del crollo dell’economia va ascritta senza
dubbio a chi ha fatto cattiva informazione, ancor prima che alla politica!

Veniamo dunque ad analizzare i provvedimenti del Governo adottati in questi


giorni, con particolari riferimento a quelli che hanno di fatto sospeso molti
diritti costituzionali. Con il decreto del 5 marzo infatti, il Governo ha in un sol
colpo, in modo pretestuoso poiché oggettivamente senza motivi reali giacché i
numeri ufficiali (emanati dalle stesse autorità) sul coronavirus sono
decisamente decine, se non centinaia di volte, inferiori a quelli dell’influenza
stagionale e dunque non sussistono reali pericoli diretti per la salute pubblica:

1. Sospeso la liberta di spostamento sul territorio e più in generale il diritto di


libertà personale (art. 12 e 16 della Costituzione Italiana.)

2. Sospeso il diritto di pubblica assemblea e manifestazione e sciopero (art. 17


e 40).

3. Sospeso il diritto al lavoro impedendo alcune attività commerciali (art. 4


della Costituzione Italiana).

4. Sospeso o ostacolato il diritto di accesso all’istruzione chiudendo scuole e


università (art.34 della costituzione italiana).

5. Sospeso il diritto di difendersi in giudizio (art.24 della costituzione) con la


sospensione di tutti i processi.

6. Sospeso il diritto di voto con il rinvio del referendum e delle elezioni


amministrative (art. 48 e 75 della Costituzione italiana).
È bene ricordare che nel momento in cui il Governo ha adottato questi
provvedimenti che hanno di fatto sospeso la democrazia e la Costituzione
italiana, per la prima dalla costituzione della Repubblica nel 1946, tutte le
autorità politiche e sanitarie consideravano il nuovo coronavirus (e cito
testualmente) una “emergenza sanitaria”, dunque una minaccia assai meno
pericolosa di un’epidemia o (come poi annunciato dall’OMS solo una settimana
più tardi, l’11 marzo 2020) di una pandemia!

A tal proposito, e prima di tornare al coronavirus, vorrei porre l’attenzione su


un aspetto che coinvolge sia la politica sia la comunicazione, soprattutto per un
fatto di coerenza e logicità tra ciò che si dice e ciò che si fa.

Nel 2017, l’allora Governo Gentiloni, per mezzo del suo Ministro della salute,
Beatrice Lorenzin, emanava il famigerato decreto, poi convertito in legge,
sull’obbligo vaccinale, introducendo l’obbligatorietà per ben 11 vaccinazioni.

La motivazione per la quale veniva introdotto quest’obbligo, palesemente


incostituzionale e lesivo dei diritti d’inviolabilità del corpo previsti non solo dai
diritti fondamentali dell’uomo a cui tutti i Paesi democratici dicono di ispirarsi,
ma anche dell’art. 32 della costituzione che prevede una deroga soltanto per
un tempo limitato e per reali minacce alla salute pubblica.

L’allora Ministro della Salute con l’appoggio non disinteressato di alcuni


virologi, fino ad allora sconosciuti, e di tutti i mass media mainstream, aveva
adottato una campagna di comunicazione con metodologie molto affini a quelle
di una vera e propria propaganda.

Le sue interviste e dichiarazioni venivano continuamente e giornalmente


riportate dai mass media compiacenti (per i motivi già esposti), mentre
raccontava di fantomatiche epidemie di morbillo e di altre numerose malattie,
in corso in Italia e in Europa.

L’intento era chiaramente quello di spaventare la popolazione e far accettare il


provvedimento. Come ormai tutti sapranno, il ministro è stato già ampiamente
“sbugiardato” su queste presunte epidemie che non solo non erano in atto
all’epoca, ma non si sono avute neanche nei mesi successivi, così come non se
ne ricordano almeno negli ultimi cinquant'anni.

Ad ogni modo, ciò che mi preme sottolineare, è che nonostante autorità


politiche, sanitarie e tutti i mass media mainstram parlassero senza mezzi
termini di “epidemia” (quindi una situazione sanitaria in teoria di gran lunga
più preoccupante di “un’emergenza sanitaria”, com’era stata definita quella
relativa al coronavirus al momento dell’emanazione dei decreti del 5 marzo
2020 e seguenti) nessun provvedimento di portata simile a quelli a cui stiamo
assistendo questi giorni era stato preso.

Qualunque persona ancora in grado di formulare un proprio libero pensiero,


dovrebbe chiedersi perché. Erano inventate le epidemie denunciate dall’allora
Ministro della Salute Beatrice Lorenzin? Il governo di allora ha messo a
repentaglio la salute pubblica non prendendo provvedimenti adeguati? Oppure
le epidemie erano uno stratagemma mediatico per seminare il terrore e far
accettare un provvedimento coercitivo e palesemente incostituzionale, che a
tutto mirava tranne che tutelare la salute pubblica? Se come accertato già
all’epoca, non esisteva alcuna epidemia, perché la magistratura non ha
provveduto ad aprire un fascicolo a carico dell’allora Ministro della Salute e di
tutti i mezzi d’informazione per il reato di procurato allarme? L’attuale Governo
ha esagerato con questi provvedimenti poiché la situazione di “emergenza
sanitaria” è inferiore a quella di una “epidemia” o pandemia?

È chiaro che l’intento principale della legge Lorenzin non era, a mio modesto
parere, quello di perorare la causa delle lobby farmaceutiche, né tantomeno
quello di tutelare la salute pubblica, ma quello di andare a costituire un
pericolosissimo precedente, in deroga al principio dell’inviolabilità del corpo,
introducendo la possibilità che uno stato possa stabilire, senza una reale
motivazione, cosa fare del corpo dei cittadini!

Un altro aspetto su cui vorrei porre l’attenzione, riguarda alcune affermazioni


fatte oggi dai virologi in merito alle malattie infettive e alle risposte
immunitarie, rapportandole alle affermazioni fatte all’epoca della Legge
Lorenzin dalle autorità scientifiche e appoggiate da tutti i mass media.

All’epoca è stata fatta una vera e propria campagna di terrore sui rischi per i
bambini di contrarre il morbillo (ad esempio). Si rimarcavano continuamente i
rischi di mortalità attribuendo, così come oggi è stato fatto anche per i morti
con risultati positivi al Covid-19, al morbillo decessi di cui il morbillo era solo
concausa e non causa principale. Si sosteneva dunque la necessità di vaccinare
i bimbi per evitare che contraessero il virus in età pediatrica.

Nell’esporre i rischi del nuovo coronavirus, abbiamo visto che virologi


indipendenti (che all’epoca non erano stati mai interpellati in merito al dibattito
vaccini sì, vaccini no) ci hanno chiaramente detto che contrarre un virus da
bambini è meglio, poiché statisticamente comporta meno rischi, che farlo da
adulti.

Questo sia perché la risposta infiammatoria in età pediatrica è solitamente


inferiore a quella del sistema immunitario di un adulto (sono meno probabili
complicazioni e decessi diretti), sia perché con l’avanzare dell’età è più
probabile contrarre problematiche di altro tipo o vedere il proprio sistema
immunitario più deficitario o addirittura compromesso, sul quale il virus del
morbillo (ad esempio) potrebbe avrebbe vita più facile, rendendosi più
pericoloso.

Ricordiamo che il vaccino dl morbillo (sempre per proseguire l’esempio) ha


un’efficacia solo al 97% e non del 100%, ed ha una copertura stimata di circa
5 anni (in cui spesso i primi mesi, così come gli ultimi, non risultano totalmente
efficace). Non contrarre il virus da piccoli significa esporsi a un rischio
maggiore da adulti a meno di non ricorrere periodicamente e per il resto della
vita al vaccino, nella speranza che sia efficace.

Senza entrare nel merito dell’utilità o meno di fare un vaccino o della “pulizia”
o della dannosità degli stessi (ritengo che essendo un farmaco, ognuno debba
poter liberamente decidere della propria salute, senza coercizione alcuna), le
persone dovrebbero oggi chiedersi: perché autorità politiche, virologi
compiacenti e mass media, affermavano il contrario di ciò che oggi ci dicono i
virologi parlando del coronavirus? Appare abbastanza evidente che, anche in
questo caso, non c’è coerenza ma c’è certamente del dolo nella comunicazione
di autorità e mass media.

Torniamo ora ai provvedimenti presi in questi giorni dal Governo.

Abbiamo appurato che i dati ufficiali non giustificano in alcun modo la portata
di questi provvedimenti; provvedimenti liberticidi che si aggiungono tra l’altro,
a quelli presi negli anni precedenti da Governi appoggiati da partiti che
sostengono anche questo governo. Il riferimento è alle leggi che hanno, di
fatto, introdotto (in violazione degli articoli costituzionali 21, e 15 oltre agli altri
già citati) il reato di opinione (legge sul negazionismo), abolito la segretezza
della corrispondenza (legge sui Trojan di Stato e accesso ai conti correnti da
parte della guardia di Finanza) e come detto l’inviolabilità del corpo (legge
Lorenzin). Tutti hanno un filo rosso (è proprio il caso di dirlo) che li unisce,
sono stati varati da Governi appoggiati dalla stessa parte politica (progressista
ed europeista) che oggi appoggia il Governo che ha de facto sospeso la
Costituzione Italiana.

Se, com’è chiaro, non ci sono reali motivi in tema di salute pubblica per
adottare provvedimenti così totalitaristi, perché il Governo li ha adottati?

È stato lo stesso Governo Italiano, per mezzo del suo Presidente del Consiglio,
a comunicarlo in sede di presentazione de decreto legge del 5 marzo 2020.
Conte ha correttamente sottolineato come la maggior parte dei contagiati
riporti sintomi lievi o guarisca, ma ha anche spiegato che i motivi di
preoccupazione sono dettati dal fatto che “una certa percentuale di persone
contagiate necessita di un’assistenza continuata in terapia intensiva”. Il
Governo ha annunciato di voler potenziare il numero di posti letto in terapia
intensiva in tutta Italia. C’è il rischio concreto e reale (questo sì) che a uccidere
le persone non sia il Covid-19, ma la mancanza di cure adeguate.

La motivazione reale quindi, riguarda la pericolosità del virus in sé, ma è quella


di evitare che il sistema sanitario giunga al collasso, e quindi nell’incapacità di
prestare cure adeguate (come da obblighi costituzionali) ai cittadini. Ma com’è
possibile che il sistema sanitario nazionale sia in tale grave situazione?

Quanti sono i posti letto negli ospedali italiani, in particolare per chi necessita
di cure urgenti ed è in gravi condizioni di salute? Come siamo messi rispetto al
resto d’Europa? Prima di vedere che cosa dicono i numeri, analizziamo
brevemente una questione collegata, di cui si è molto parlato negli ultimi
giorni: i tagli alla sanità.

Nel 2018 l’Italia ha destinato risorse pubbliche alla sanità per un valore pari al
6,5 per cento del Pil, una percentuale vicina alla media Ocse (6,6 per cento)
ma più bassa di quella di altri grandi Paesi europei come Germania (9,5 per
cento), Francia (9,3 per cento) e Regno Unito (7,5 per cento). Questo dato
oltretutto è in calo rispetto al 2010, quando si era attestato intorno al 7 per
cento.

Questo significa che sono state tagliate risorse al servizio sanitario nazionale
(Ssn), oppure no?
Se si guarda alle cifre in valore assoluto, si vede che tra il 2001 e il 2019 (fatta
eccezione per il 2012 e il 2015) il finanziamento del Ssn a carico dello Stato è
sempre cresciuto, passando da 71,3 miliardi di euro a 114,5 miliardi di euro
(con una crescita media inferiore a quella dell’inflazione). Da questo punto di
vista quindi non si può parlare di tagli. Tuttavia è vero però che negli ultimi 10
anni gli aumenti alla sanità pubblica sono stati ogni anno minori rispetto a
quelli programmati negli anni precedenti dalle manovre dei vari governi.

A settembre 2019 il Ministero della Salute ha pubblicato l’“Annuario statistico


del servizio sanitario nazionale”, che contiene i dati più aggiornati sull’assetto
organizzativo e sulle attività della sanità in Italia. Nel 2017 – quando le
strutture di ricovero pubbliche erano 518 e quelle private accreditate 482 – in
Italia c’erano 151.646 posti letto per degenza ordinaria in ospedali pubblici
(2,5 ogni 1.000 abitanti) e 40.458 in quelli privati (0,7 ogni 1.000 abitanti),
per un totale di oltre 192 mila posti letto (3,2 ogni 1.000 abitanti).

In base ai dati Eurostat e Ocse, tra il 2000 e il 2017 (ultimo anno disponibile)
nel nostro Paese il numero dei posti letto pro capite negli ospedali è calato di
circa il 30 per cento, arrivando appunto a 3,2 ogni 1.000 abitanti, mentre la
media dell’Unione europea è vicina a 5 ogni 1.000 abitanti. L’Italia quindi è al
sest’ultimo posto nell’Ue. Al primo posto c’erano Germania (8/1.000), Bulgaria
(7,5/1.000) e Austria (7,4/1.000). Agli ultimi Svezia (2,2/1.000), Regno Unito
(2,5/1.000) e Danimarca (2,6/1.000).

Come ormai è ampiamente dimostrato sono proprio ventilatori, macchine per


la respirazione artificiale e sistemi di isolamento biologico la linea di difesa più
efficace contro il virus. In media, stando ai dati della Protezione civile, un
italiano ogni dieci italiani infettati dal virus SARS CoV-19, finisce poi con lo
sviluppare infezioni gravi dell'apparato respiratorio tale da metterne a rischio la
sopravvivenza. Per questo è necessario ricorrere a questo particolare tipo di
terapia, a cui, occorre sottoporsi per periodi anche molto lunghi di tempo. I
tempi di ricovero dei pazienti con coronavirus nei reparti di terapia intensiva
sono molto più lunghi della media: 30 giorni circa (ma è un dato parziale),
contro 14 per altre patologie.

Per quanto riguarda i numeri relativi ai posti in terapia intensiva, in valori


assoluti, oggi ci sono in tutta Italia, secondo il Prontuario statistico Nazionale,
5.090 posti tra strutture pubbliche e private, con un rapporto di 12 a 1 a
favore del Servizio pubblico. Ogni anno i 5.090 posti letto di rianimazione sono
occupati con un tasso del 48,4 per cento. Questo significa che, sperando che
tutti i posti siano sempre in perfetta efficienza e immediatamente utilizzabili,
oltre al fabbisogno ordinario si possono avere circa 2.500 posti letto per la
terapia dei pazienti affetti da coronavirus, ai quali si aggiungerebbero i nuovi
posti che sono in via di realizzazione in questi giorni ad opera di Governo e
Regioni, che si stanno impegnando per aumentarli del 50%. Quindi l’obiettivo
dichiarato è arrivare a circa 4.000 posti complessivi in tutti Italia, dedicati ai
malati di Covid 19.

Se oggi quindi i posti in terapia intensiva sono 5.090 e sappiamo che dal 2000
ne sono stati persi circa il 30%, facendo un rapido calcolo significa che
vent’anni fa avevamo complessivamente 7.270 posti in rianimazione. Se anche
fossero stati occupati per un numero complessivo di 2.463 unità (pari a 48,4%
dei 5.090 posti presenti oggi), se non ci fossero stati tagli alla sanità, oggi
avremmo disponibili per la rianimazione dei malati di Covid-19,
complessivamente 4.806 posti letto, circa 800 in più di quelli che il Governo ha
ad oggi stimato possano essere sufficienti per far fronte all’emergenza.

Negli ultimi 20 anni, a causa dei vincoli di bilancio imposti dall’Unione Europea
e sotto il Governo sostenuto sempre da maggioranze filo europeiste, le stesse
che hanno varato tutti i provvedimenti antidemocratici finora descritti, l’Italia è
stata costretta a contenere le spese, anche in ambito sanitario, non riuscendo
neanche a mantenere i livelli presenti al momento dell’ingresso nell’Unione a
fronte, tra l’altro, anche di una crescita demografica di circa 1 milione e mezzo
di unità. È questo il reale motivo che ha spinto il governo a varare queste
misure, ma ammetterlo palesemente significherebbe rinnegare vent’anni di
politica filo europeista.

Come ne uscirebbero, agli occhi dell’opinione pubblica, i partiti di


maggioranza?

È chiaro che il Governo qualcosa doveva fare poiché la tutela della salute
pubblica, anche se circoscritta da una specifica fascia della popolazione (gli
anziani e i malati), è uno dei suoi doveri, così come quello di avere cure
adeguate è un diritto del cittadino, sancito anche dalla costituzione all’art.32.

Le disposizioni coercitive e totalitariste adottate però, sarebbero dovute essere


evitate, limitandosi a fare delle raccomandazioni alla popolazione e facendo
appello al senso civico, attenzione al sociale e rispetto per i più deboli. Ma nel
mondo e nella società che è stato costruito negli ultimi 25-30 anni, non esiste
più nulla di tutto ciò. La società moderna è imperniata sull’individualismo e
sull’egocentrismo (basta vedere i programmi TV o osservare che uso è fatto
solitamente dei social network), tutto frutto di quel relativismo proprio
dell’ideologia progressista che l’ha generata.
Questa ideologia ha formato una società d’individui apparentemente tutti
uguali, sovente incapaci di formulare propri autonomi pensieri, che hanno
continua necessità di sentirsi parte di un gruppo ma che, al contempo, in quel
gruppo vuole distinguersi e farsi ammirare per ciò che fa o che ha. Una società
d’individui in cui il pensiero unico è la regola, l’ipocrisia, l’incoerenza e il
qualunquismo e il quotidiano.

Persone che fanno finta di avere uno spirito sociale solo quando fa comodo,
quando lo fanno tutti. Si affacciano ai balconi sventolando bandiere e facendo
rumore non per solidarietà sociale, ma perché è stato scritto sui social e
sentono il bisogno di rimanere omologati.

La solidarietà e la coscienza sociale si dimostrano nella normalità e nella


quotidianità e non nell’eccezionalità. Sono come quelle persone che non amano
il calcio, salvo poi ritrovarsi in strada se la nazionale di calcio arriva in finale ai
Mondiali. Non possiamo dire certo che sono appassionati di calcio. L’ideologia
che ha creato questa società è la stessa ideologia che poi, per porre rimedio a
situazioni di emergenza, prende la facile strada della privazione delle libertà.

La popolazione dal canto suo, priva di qualunque valore sociale, comprende


solo la strada dell’imposizione

Personalmente rimango a casa solo per rispetto di chi potrebbe avere necessità
di cure ospedaliere e potrebbe non vedersele erogate dallo Stato, e non per
un’ingiusta imposizione normativa.

Oggi paghiamo un prezzo altissimo in termini di libertà e democrazia non a


causa di un’emergenza sanitaria dettata dalla pericolosità di un virus, ma
paghiamo questo tributo all’Europa, la stessa che ci ha voltato per l’ennesima
volta le spalle quando ne avevamo bisogno, negandoci aiuti sanitari quando li
abbiamo richiesti (ormai oltre 3 settimane fa), chiudendo confini e boicottando
il nostro export.

L’Europa che non c’è. La dis-Unione Europea in cui, anche nel caso del
coronavirus, si è dimostrata inesistente. L’Europa in cui ogni Paese pensa
soltanto ai propri interessi nazionali, in cui ogni paese prende i propri specifici
provvedimenti anche in tema di tutela della salute pubblica. Quella dis-Unione
Europea che non ha alcun piano di coordinamento o contenimento per
fronteggiare emergenze di questo tipo. L’Europa che è da sempre
sostanzialmente divisa, in cui i cittadini degli stati membri non si sentono
cittadini di un unico stato europeo, ma al contrario rivendicano la propria
identità nazionale (tranne in Italia poiché se si parla di certi temi, ci si sente
immediatamente dare del fascista) e pensano solamente al proprio tornaconto.
L’Europa culturalmente colonizzata e di fatto militarmente “occupata” dagli
Stati Uniti, l’unico stato sovrano (di quelli sedicenti democratici) di cui alla
popolazione è consentito parlare ed esaltare la propria identità nazionale.

Dopo vent’anni sarebbe opportuno, alla luce di tutto questo, e anche per gli
europeisti più convinti, fare un serio bilancio, scevro da condizionamenti
preconcetti intrisi di europeismo, per capire che, come ho avuto modo di
scrivere più volte anche nei miei libri, l’unione di un popolo (il concetto vale
anche quando si parla impropriamente di globalizzazione) non si fa sulla carta,
sottoscrivendo patti e accordi politici. Non si fa con il commercio, né con un
sistema di comunicazione globale. Non si fa imponendo una moneta comune,
togliendo autonomia monetaria ai singoli stati. L’unione di nazioni si può fare
esclusivamente con un palese e consapevole atto di volontà dei popoli che di
quelle nazioni fanno parte e, nel caso dell’Unione Europea non è stato così. Si è
trattata di un’unione imposta ai popoli, e oggi, a distanza di vent’anni, ne
prendiamo definitivamente coscienza nel modo più doloroso, perdendo la
democrazia, perdendo la libertà.

Per concludere propongo un’ultima riflessione, un’ultima e amara costatazione,


che questa volta riguarda la popolazione. È per me triste ma non sorprendente
purtroppo, costatare quanto la popolazione sia facilmente e in continuazione
manipolata dalle fake news dei mass media e delle autorità. Quasi nessuno si
pone più domande, quasi nessuno pretende comportamenti coerenti e
trasparenti nel tempo da questi due interlocutori. Si fanno convincere a
rinunciare alla propria libertà senza reali motivazioni, spaventati da pericoli
circoscritti o totalmente inventati. È sempre con la tecnica della paura che in
questi ultimi venti anni hanno accettato limitazioni a quei diritti fondamentali e
democratici, che una volta ci insegnavano a chiamare inviolabili e inderogabili.
Prima il terrorismo, poi il ritorno del fascismo, poi la lotta alla criminalità, poi
contro il morbillo e le malattie infettive comuni, oggi con questa nuova
fantomatica minaccia chiamata Covid-19.

Ci sono concrete possibilità che, anche in questo caso, il Covid-19 sia stato
soltanto un pretesto per introdurre un pericoloso precedente. Una sorta di test
generale in vista di uno stato totalitario. Oggi chi comanda sa definitivamente
che, inventando fantomatiche epidemie può far accettare alla popolazione
restrizioni inimmaginabili. Mi chiedo cosa succederà con l’arrivo della prossima
influenza stagionale che, come abbiamo visto dai dati ufficiali, ogni anno miete
più vittime in Italia che il coronavirus in tutto il mondo? Saranno ripresentate
le medesime restrizioni? Con l’arrivo dell’estate e la comparsa delle zanzare, ci
diranno che il virus può essere trasmesso anche da questi insetti?

A chi si illude che il prossimo 5 aprile tutto ritornerà come prima, ricordo che
molti scienziati e molti politici hanno già cominciato a sostenere che il picco di
contagi non si avrà prima della metà di aprile 2020. Altri sostengono che la
situazione di emergenza arriverà fino a estate inoltrata. Altri ancora che
l’emergenza globale durerà addirittura due anni, per poi riproporsi
ciclicamente. Siete pronti ad abbandonare definitivamente le vostre libertà?

Speriamo ovviamente che non sia così!

Finisco dicendo a tutte le persone che accettano tutto questo senza batter
ciglio, che possono stare tranquille o, come amano dire oggi, #andratuttobene,
il Covid-19 non li ucciderà. Non si può uccidere chi è già morto, non
fisicamente ma intellettualmente, nello spirito, nella coscienza, nei valori!

Stefano Nasetti

© Tutti i diritti riservati. E' vietata la riproduzione, anche solo parziale dei
contenuti di questo articolo, senza il consenso scritto dell'autore

Fonti:

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· https://www.who.int/dg/speeches/detail/who-director-general-s-remarks-at-
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· https://www.iss.it/?p=5068

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7337214

· ·https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2020/03/08/
coronavirus-i-bambini-sono-suscettibili-quanto-gli-adulti-_b316cc88-6b2a-
4f1e-a9b8-61450f77181d.html

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https://www.salute.gov.it/portale/temi/documenti/epidemiologica/Influnet_20
19_17.pdf

·
https://www.salute.gov.it/portale/temi/documenti/epidemiologica/Influnet_20
18_17.pdf

· ·https://www.agi.it/fact-checking/news/2020-03-12/coronavirus-bilancio-
morti-contagi-guariti-dati-7447972
· ·https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2020/02/25/
coronavirus-cosi-lepidemia-in-italia-diventa-visibile_b31ed928-cf5b-4316-
974a-8124770d967a.html

· ·https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2020/03/02/coronavirus-in-cina-in-
calo-per-il-terzo-giorno-il-numero-dei-contagi_fdc38552-eb4d-487f-a3eb-
ddbfb251883b.html

· ·https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/02/26/coronavirus-il-decreto-
in-corso-di-esame-in-aula-alla-camera_b5f5d562-f319-4715-9f07-
0d6c074e357b.html

· ·https://www.publicpolicy.it/stop-processi-stretta-visite-carcere-le-norme-
coronavirus-88070.html

· ·https://www.agi.it/fact-checking/news/2020-03-06/coronavirus-posti-letto-
ospedali-7343251

· ·https://www.agi.it/cronaca/news/2020-03-14/coronavirus-posti-terapia-
intensiva-7530891/

· ·https://www.agi.it/politica/news/2020-03-07/elezioni-regionali-comunali-
rinvio-7369787

· ·https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2020/03/09/
coronavirus-il-contenimento-sara-prolungato-_22779ad7-71cd-4d53-8ebf-
9259c8895cc3.html

FONTE: https://illatooscurodellaluna.webnode.it/news/speciale-coronavirus-il-
coronavirus-svela-le-fake-news-di-autorita-e-mass-media/
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19 febbraio 2020 oasisana

Coronavirus e 5G: c’è correlazione? LO STUDIO, IL VIDEO

Un dato è certo, anzi due: il Nuovo Coronavirus (ceppo mai identificato prima nell’uomo) parte
della Cina centrale e precisamente dalla città di Wuhan. E fin qui ci siamo. Così come è certo
che proprio nel capoluogo della provincia di Hubei, nelle settimane precedenti l’epidemia che
terrorizza l’Italia e il resto del mondo, è stato avviato il 5G attraverso l’installazione di 30.000
nuove antenne wireless di quinta generazione (3.000 nuove Stazioni Radio Base e ben 27.000
nuove mini-antenne a microonde millimetriche), cioé la più massiccia concentrazione al mondo
pensata per pontificare nel futuro digitale e nell’Intelligenza Artificiale i VII Giochi Mondiali
Militari tenuti proprio a Wuhan nell’Ottobre 2019. E anche fin qui, ci siamo.

CLICCA QUI – LEGGI PRIMA PARTE INCHIESTA 5G-CORONAVIRUS

CLICCA QUI – LEGGI SECONDA PARTE INCHIESTA 5G-CORONAVIRUS

Ora il Prof. Ing. Giancarlo Spadanuda, ingegnere elettronico specialista in Campi Elettro
Magnetici e consulente tecnico d’ufficio della magistratura in più distretti giudiziari (in questi
mesi impegnato nella rivendicazione del principio di precauzione tra gli attivisti Stop 5G di
Catanzaro) ci scrive sollevando un quesito tutta’altro che peregrino e dietrologico, almeno nel
dubbio: può esistere una correlazione tra il 5G il Coronavirus? E si si, quale?

Rifacendosi ad uno studio del noto scienziato Olle Johansson (lo scorso anno intervenuto a
Roma nel convegno per la moratoria organizzato nella Camera dei Deputati dall’Alleanza
Italiana Stop 5G), secondo Spadanuda la domanda è quanto meno legittimo porsela. In attesa di
risposte, questa la sua versione (il VIDEO 5G-CORONAVIRUS invece si riferisce all’inchiesta a
cura di Greg Reese uscita a fine Gennaio 2020 su Infowars, sito americano di
controinformazione da 10 milioni di visitatori al mese, bandito per le posizioni scomode dai più
utilizzati social media)

M.M.

“Chiariamo subito che il 4G e il 5G sono sistemi di trasmissione di invisibili radiazioni


elettromagnetiche per video, voce e dati: la loro zona di propagazione viene detta Campo
Elettromagnetico (CEM). Il 5G ha una caratteristica fisica (onde millimetriche) che lo distingue
dagli altri metodi di trasmissione: ha bisogno di molti piccoli “passi” per poter avanzare nello
spazio, ma è pur sempre una radiazione elettromagnetica. Pertanto gli studi sanitari e biologici che
si stanno facendo in tutto il mondo sugli effetti negativi sulla salute VALGONO
ESATTAMENTE sia per il 4G che per il 5G, è pretestuoso ed in malafede (ignoranza
crassa della materia scientifica?) dire: dobbiamo ancora studiare gli effetti del 5G quando
migliaia di studi hanno già studiato il 4G!

Notizie di stampa ora riferiscono che nella città cinese di WUHAN (da dove ha origine la
propagazione del virus) sono state installate per la sperimentazione 30.000 (trentamila) antenne
5G ,è la più alta concentrazione al mondo. Le antenne sperimentali sono state installate in quasi
tutti i luoghi pubblici: stazioni, strade, aeroporti, porti, giardini, e parchi, persino nei due nuovi
ospedali realizzati a tempo di record: 10 giorni per ricoverarvi gli ammalati di virus e/o presunti tali:
Volcan Mountain Hospital e Thunder Mountain Hospital.
Per i cinesi c’è una vera e propria mania nell’installare ovunque il 5G: per loro è una
questione di primato mondiale:ci stanno riuscendo ma, a che prezzo?

CLICCA QUI – 1° CORSO PER ATTIVISTI #STOP5G

Il Prof .Olle Johansson (è il massimo esperto planetario di CEM con all’attivo centinaia di
studi scientifici sull’argomento) è intervenuto da Stoccolma– via skype-recentemente alla
conferenza da me tenuta a Catanzaro sul 5G. Il suo splendido lavoro realizzato insieme
allo scienziato USA Paul Doyon, si intitola:”I CEM POSSONO AGIRE ATTRAVERSO
L’INIBIZIONE DELLA CALCINEURINA PER SOPPRIMERE L’IMMUNITA’,
AUMENTANDO
COSI’ IL RISCHIO DI INFEZIONE OPPORTUNISTICA. MECCANISMI D’AZIONE
PLAUSIBILI” (Medical Hypotheses 2017;106;71-87) . La calcineurina è una proteina che attiva
le cellule del sistema immunitario. Concludendo: l’elevata concentrazione di antenne 5G
sperimentali in Wuhan (ed in altre città cinesi) è correlata con la presenza del Coronavirus?“

Prof. Ing. Giancarlo Spadanuda

ECCO L’ESTRATTO DELLO STUDIO JOHANSSON-DOYON PUBBLICATO NEL 2017

Mentre un buon numero di studi ha dimostrato che i moderni campi elettromagnetici ambientali
creati dall’uomo possono avere sia effetti stimolatori che inibitori sulla funzione del sistema
immunitario, i meccanismi precisi devono ancora essere completamente chiariti. Si ipotizza qui
che, a seconda dei parametri, uno dei mezzi con cui l’esposizione a lungo termine del campo
elettromagnetico abbia il potenziale per condurre alla fine all’immunosoppressione è attraverso
l’inibizione a valle dell’enzima calcineurina – una fosfatasi proteica , che attiva le cellule T del
sistema immunitario e può essere bloccato da agenti farmaceutici.

La calcineurina è il bersaglio di una classe di farmaci chiamati inibitori della calcineurina (ad
es. Ciclosporina , pimecrolimus e tacrolimus). Quando i destinatari del trapianto di organi assumono
tali prodotti farmaceutici per prevenire o sopprimere il rigetto del trapianto di organi, uno dei
principali effetti collaterali è l’immunosoppressione che porta ad un aumentato rischio di infezione
opportunistica : p. Es., Fungina, virale (virus di Epstein-Barr, citomegalovirus), batterica atipica
(Nocardia, Infezioni da listeria , micobatteri, micoplasma) e parassiti (ad es. Toxoplasmosi).

Frequenti rapporti aneddotici, nonché una serie di studi scientifici, hanno dimostrato che le
esposizioni al campo elettromagnetico possono effettivamente produrre lo stesso effetto: un
sistema immunitario indebolito che porta ad un aumento delle stesse o opportune infezioni
opportunistiche: cioè fungine, virali, batteriche atipiche e infezioni parassitarie .

Inoltre, numerosi studi di ricerca hanno dimostrato che i campi elettromagnetici artificiali hanno il
potenziale per aprire canali di calcio dipendenti dalla tensione , che a loro volta possono produrre
un aumento patologico del calcio intracellulare , portando a valle alla produzione patologica di una
serie di specie reattive dell’ossigeno . Infine, ci sono una serie di studi di ricerca che dimostrano
l’inibizione della calcineurina da parte di una produzione patologica di specie reattive
dell’ossigeno.

Pertanto, si ipotizza qui che le esposizioni ai campi elettromagnetici abbiano il potenziale di inibire
la risposta del sistema immunitario mediante un eventuale aumento patologico nell’afflusso di
calcio nel citoplasma della cellula, che induce una produzione patologica di specie reattive
dell’ossigeno, che in il turno può avere un effetto inibitorio sulla calcineurina. L’inibizione della
calcineurina porta all’immunosoppressione, che a sua volta porta a un sistema immunitario
indebolito e ad un aumento dell’infezione opportunistica.

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LA PAURA DA CORONAVIRUS SARA' USATA PER LA SVOLTA TOTALITARIA


Conte punta al Quirinale, mentre con Draghi l'Italia sarà commissariata con il
pretesto dell'emergenza (sanitaria ed economica) e intanto il popolo accetta
impotente la limitazione della libertà personale e dei legami sociali
Autore: Antonio Socci

Il problema è l'uso politico della paura. Perché oggi, padrona incontrastata della scena
pubblica e dei sentimenti privati, è la paura della pandemia, del contagio, di questo
nemico invisibile e feroce che si può nascondere dovunque e d'improvviso può assalirti e
condannarti in poche ore a una morte atroce, solo come un cane.
Una paura di tutto un popolo (e di quasi tutto il mondo) come mai si era vista serpeggiare
fra la gente. Ma, attenzione, c'è un'operazione politica in corso in Italia che fa leva
proprio su questa ansia collettiva.
La tentazione del potere di usare la paura c'è sempre stata, come spiegava anni fa
Zygmunt Bauman: "Di sicuro la costante sensazione di allerta incide sull'idea di
cittadinanza nonché sui compiti ad essa legati che finiscono per essere liquidati o
rimodellati. La paura è una risorsa molto invitante per sostituire la demagogia
all'argomentazione e la politica autoritaria alla democrazia. E i richiami sempre più
insistiti alla necessità di uno stato di eccezione vanno in questa direzione".
Queste parole di Bauman fanno pensare all'Italia oggi alle prese con l'epidemia da
coronavirus.

ADDIO POPOLO SOVRANO


Ieri un insigne giurista, Claudio Zucchelli (fino a pochi mesi fa Presidente della Sezione
Normativa del Consiglio di Stato), in un suo intervento, giudicava "molto dubbia" la
"costituzionalità" dei Dpcm e del le ordinanze emanate a causa del Covid19, "avendo
essi limitato diritti fondamentali costituzionali".
Infatti si può incidere su quei diritti "in caso di emergenza... purché le limitazioni
scaturiscano dal rispetto delle forme cioè della sovranità popolare" che si esprime nel
Parlamento.
È vero che - dopo molte critiche in questo senso - "il governo ha presentato al
Parlamento un decreto legge (n. 19 del 2020) con il quale ha creduto di aggiustare la
situazione. In realtà" spiega Zucchelli "nulla è cambiato, perché il Dl enumera e descrive
tutte le misure restrittive già contenute nei precedenti Dpcm, ma non le adotta,
delegandole al Presidente. È questi che decide sulla esistenza o no dello stato di
eccezione, non il Parlamento. Ma chi ha il potere di decidere lo stato di eccezione e
sospendere il diritto, possiede la sovranità, e dunque la sovranità si sposta dal popolo al
Presidente".
Zucchelli spiega: "Questa è la violazione avvenuta in questa contingenza perché sono
stati accentrati nelle mani del governo il potere normativo e quello esecutivo. Situazione
dalla quale metteva in guardia Montesquieu. Il drammatico dubbio è quindi che con il
pretesto della emergenza, si tenti di cambiare il volto stesso della democrazia
occidentale, andando verso una democrazia autoritaria, ossimoro che cela una nuova
forma di Stato autoritario".
Proprio per la paura dilagante in queste settimane tutto un popolo ha accettato senza la
minima obiezione qualcosa che sarebbe stato impensabile fino a pochi giorni fa: la forte
limitazione della nostra libertà personale, la rinuncia ai nostri legami sociali e addirittura
la prospettiva prossima del baratro economico.
Il paese vive questa generale condizione di paralisi come ipnotizzato. Senza ancora
rendersi conto precisamente di cosa sta accadendo.

LA TATTICA DI CONTE
Ma perché Conte ha deciso quella forzatura? La via naturale sarebbe stato un serio
dibattito parlamentare con il coinvolgimento di tutte le forze politiche nel governo per
avere l'unità del Paese e renderlo più forte in questa battaglia terribile.
Ma questo avrebbe significato rimettere in gioco il centrodestra (che è maggioranza nel
paese) e Salvini (che Conte detesta) e probabilmente avrebbe portato pure
all'accantonamento di Conte.
Perciò l'attuale premier - che sta a Palazzo Chigi senza legittimazione popolare - con i
suoi strateghi ha scelto la via opposta, intravedendo in questa emergenza nazionale la
grande occasione per darsi un'immagine da leader.
Ha dunque varato una sorprendente operazione politica. Si è preso un ruolo esorbitante
invadendo tv e altri media e diventando l'unico attore sulla scena, non avendo voluto
neanche nominare un Bertolaso per l'emergenza (pure il consiglio dei ministri è
evaporato). È diventato un uomo solo al comando e si è proposto come il Grande
Rassicuratore della gente impaurita dall'epidemia.
Gli errori fatti da lui e dal suo governo da fine gennaio, quando è scattato l'allarme, nella
gestione dell'emergenza, sono davvero grandi (da quelli sulla Lombardia, alle preziose
settimane di febbraio perse senza far nulla, dalla mancanza di attrezzature di protezione,
perfino negli ospedali, fino alla carenza di cure a domicilio per i positivi).
Ma paradossalmente e inspiegabilmente tutto questo non sembra suscitare (ancora)
indignazione. Perché fra la gente la ragione critica è oggi totalmente soffocata dalla
paura. Infatti - nonostante questi errori - nei sondaggi pare che il consenso attorno a
Conte e questo governo - al momento - sia cresciuto.
Perché? E perché l'opposizione - che ha cercato di dare il suo contributo critico
evidenziando gli errori del governo, viene - a quanto - pare penalizzata?
Lo ha spiegato bene Marco Gervasoni nel suo pamphlet, "Coronavirus: fine della
globalizzazione" (con Corrado Ocone): "Quando c'è la paura - e l'epidemia è uno dei
fattori che più la scatena - l'essere umano è pronto a rinunciare a tutto, pur di salvare la
vita. Quando l'uomo ha paura ha bisogno sì di un capo. Ma di un capo che lo rassicuri,
non che crei ulteriore paura o ansia... quando l'uomo ha paura di morire si affida a chi
può dargli maggiore certezze. Per questo inevitabilmente, sul breve periodo (che però
non sappiamo quanto potrà essere lungo) la crisi mondiale favorirà chi al potere già ci
sta".
Il bisogno collettivo di rassicurazione si vede bene nel successo del più sciocco slogan
del secolo: "andrà tutto bene". Si contano i morti a migliaia ogni giorno, ma la gente ha
bisogno di qualcuno che - come ai bambini - ripeta: non preoccuparti, andrà tutto bene.
Contro ogni evidenza, perché questo non è il momento della razionalità.
Conte si è inserito in questa ondata di paura, per rispondere a tale bisogno di
rassicurazione, come unica autorità in campo [...] e lo ha fatto ostentando appunto
paterna protezione. Così è cresciuto in popolarità.
Il suo progetto politico punta al Quirinale.

DIRETTORIO
Ma è difficile che un governicchio così debole e minoritario possa superare l'enorme
scoglio rappresentato dal crollo della nostra economia(a fine aprile arriveranno i primi
dati e saranno terrificanti).
Di fronte a quella situazione drammatica s'imporrebbe la necessità di un governo di unità
nazionale, che fosse largamente maggioritario in parlamento e nel Paese, ma
sicuramente si accamperanno le solite scuse: "non si può fare una crisi di governo in
questa situazione di emergenza e tanto meno si possono fare le elezioni".
Allora potrebbe saltar fuori dal cilindro l'idea di un direttorio di illuminati che
affiancherebbero il premier per "salvare" il Paese dal tracollo totale.
Nei giorni scorsi una falsa notizia attribuita all'Ansa (che ha subito fatto denuncia),
parlava di colloqui fra le alte istituzioni su una "task force per la ricostruzione" e si
facevano i soliti nomi di Draghi, di Cassese e di Amato.
"Notizia falsa, ma in fondo verosimile", ha commentato Lettera43. Chi l'ha fabbricata
potrebbe aver orecchiato idee che circolano nell'aria. Qualcuno sospetta che alcuni di
quei nomi siano stati fatti per essere "bruciati".
Se si percorresse quella via sarebbe una sorta di commissariamento della Repubblica
che forse passerebbe in modo indolore fra la gente attanagliata dalla paura e - anche -
dal dramma economico. La paura e l'emergenza permettono tante cose.
In fondo le prove generali sono appena state fatte in questi giorni. Il rischio, come scrive
Zucchelli, è che "con il pretesto della emergenza, si tenti di cambiare il volto stesso della
democrazia occidentale, andando verso una democrazia autoritaria".

CORONAVIRUS E MODELLO CINESE: LA TECNOLOGIA PERMETTE IL CONTROLLO


TOTALE DI OGNI SINGOLO CITTADINO
Con la scusa dell'epidemia e grazie a smartphone e app, il governo potrà impedire
a chiunque di uscire di casa, prendere la metro, fare la spesa, andare in banca
(VIDEO: Benvenuti a Gattaca)
Autore: Leone Grotti

Un'occasione così il regime cinese non poteva lasciarsela scappare e infatti l'ha colta al
volo. Grazie all'epidemia di coronavirus, con la scusa di combattere un'ondata di ritorno
dei contagi, il governo ha imposto un nuovo e ulteriore strumento per la sorveglianza di
massa della popolazione. Grazie alla tecnologia, agli smartphone e alle app ora in Cina
la repressione potrà diventare addirittura preventiva.

IL CODICE SANITARIO TRAMITE WECHAT E ALIPAY


Il "sistema Qr code sanitario" è stato sperimentato a partire dall'11 febbraio nella città di
Hangzhou, esteso inizialmente a tre province (Zhejiang, Sichuan e Hainan più la
municipalità da 180 milioni di abitanti di Chongqing) e ora a tutto il paese. Il sistema è
molto semplice e funziona attraverso le due app più popolari di tutta la Cina: WeChat e
Alipay. La prima è l'equivalente di Whatsapp creata del gigante Tencent, ma molto più
avanzata e con decine di funzionalità; la seconda è stata sviluppata da Alibaba, la
compagnia di e-commerce più grande al mondo, e permette di pagare qualsiasi cosa in
Cina.
Entrambe le app forniscono un codice sanitario: verde, giallo o rosso. Il primo stabilisce
che sei sano, il secondo che potresti essere stato a contatto con un malato di
coronavirus e che dovresti dunque restare in autoisolamento per sicurezza, mentre il
terzo sancisce che sei malato e che devi restare in quarantena. Nessuno sa con quale
criterio vengano assegnati i codici ogni giorno, ma il sistema chiede di inserire il numero
della carta di identità, notizie sui sintomi come febbre o tosse, sulla propria cartella clinica
(comprese le malattie passate), dettagli sugli spostamenti delle ultime due settimane e
delle persone con cui si è venuto in contatto.

SENZA CODICE VERDE NON SI PUÒ FARE NULLA


A Wuhan, epicentro dell'epidemia, come anche a Pechino, Tianjin, Shanghai, Chongqing
e tutte le città cinesi più importanti, un codice verde è indispensabile per salire sulla
metro, prendere il treno o l'aereo, entrare in banca, al supermercato, nei bar, nei
ristoranti, in ufficio, a scuola o addirittura per entrare in alcuni quartieri delle città. Chi ha
un codice verde è libero, chi non ce l'ha, anche se non ritiene di essere malato o un
pericolo per la salute altrui, non può fare letteralmente nulla.
Ancora non è chiaro a quali sanzioni va incontro chi viola il regolamento (uscendo ad
esempio di casa con un codice rosso o giallo, oppure inserendo informazioni errate sul
proprio stato di salute) ma le autorità hanno già annunciato che chiunque non rispetterà
l'ordine delle app «sarà punito severamente». In particolare, il governo della provincia
dell'Heilongjiang, nel nord-est del paese, ha dichiarato che chiunque violi le regole o
fornisca informazioni sbagliate sarà «penalizzato in modo tale da subire un pesante
impatto nella vita personale e lavorativa futura».

900 MILIONI DI CINESI CONTROLLATI DAL CODICE


Uno dei metodi per punire le persone potrebbe essere quello di abbassare il punteggio
personale attraverso il "sistema di informazione sulla reputazione personale", il più
colossale tentativo mai messo in atto da un governo per controllare, valutare e
sanzionare di conseguenza il comportamento dei cittadini e delle imprese. Attraverso le
telecamere e il riconoscimento facciale, infatti, ogni comportamento illecito (dal
passaggio con il rosso a un ritardo nel pagamento del mutuo), viene segnato e
conteggiato. Chi ha un punteggio basso non può più comprare biglietti del treno e
dell'aereo, accendere mutui, aprire un conto in banca o accedere a lavori statali. Nel
2018 a 17,46 milioni di cinesi giudicati «inaffidabili» è stato impedito di acquistare biglietti
aerei, mentre a 5,47 milioni di prendere il treno ad alta velocità. Inoltre, 3,59 milioni di
imprese non hanno potuto candidarsi per appalti o chiedere credito alle banche.
Secondo i dati rilasciati da Tencent, già 900 milioni di cinesi hanno attivato la funzione
del codice sanitario su WeChat, Alibaba invece non ha ancora diffuso i dati. Nelle ultime
settimane, l'utilizzo dell'app è stato integrato rispetto all'inizio: a Wuhan, ad esempio,
prima di salire sulla metro bisogna scannerizzare il codice del vagone. In questo modo,
se mai uno di quelli che è salito avrà un codice rosso, anche tutte le persone che alla
stessa ora hanno scannerizzato lo stesso codice si ritroveranno perlomeno un codice
giallo e non potranno uscire di casa. Senza neanche sapere perché.

LA REPRESSIONE DIVENTA PREVENTIVA


Su internet negli ultimi giorni si sono moltiplicate le lamentele di persone che sostengono
di aver ricevuto un codice giallo o rosso senza motivo, per errore. Purtroppo non ci sono
numeri verdi da chiamare e con i quali lamentarsi: che siano veramente sani o malati,
fino a quando non avranno un codice verde non potranno mettere piede fuori di casa.
Il governo ha spiegato che la tecnologia è indispensabile per arginare il ritorno
dell'epidemia, ma è evidente che il codice sanitario è un'arma potentissima nelle mani di
un regime che è già in grado di sorvegliare le città e sanzionare i comportamenti delle
persone con la censura e attraverso telecamere onnipresenti a ogni angolo di strada. Per
la prima volta il governo potrà, attraverso le app, impedire a chiunque perfino di
comprare da mangiare o di muoversi con i mezzi pubblici. Per farlo non avrà bisogno di
assoldare qualcuno per controllare la persone, basterà far apparire sui loro telefoni un
codice rosso. Così la repressione diventa addirittura preventiva: un livello mai raggiunto
prima da nessun regime al mondo.

Nota di BastaBugie: ben 22 anni fa il film distopico dal titolo "Gattaca" prevedeva un
futuro prossimo in cui grazie ai controlli della genetica lo Stato poteva decidere chi
promuovere socialmente e chi svantaggiare. Oggi in Cina quel film è diventato realtà: con
la scusa della salute del cittadino, lo Stato lo controlla e decide cosa può fare e cosa no.
Per informazioni e varie clip del film Gattaca clicca qui, mentre qui sotto trovi il trailer
dell'imperdibile film. Da vedere, rivedere e consigliare ai figli e agli amici.
NIENTE SARA' PIU' COME PRIMA DEL CORONAVIRUS
L'arcivescovo di Trieste spiega in 7 punti cosa ci ha insegnato questa
epidemia e da dove ripartire sia dal punto di vista personale che
sociale
di Mons. Giampaolo Crepaldi

L'epidemia connessa con la diffusione del "COVID-19" ha un forte


impatto su molti aspetti della convivenza tra gli uomini e per questo
richiede anche un'analisi dal punto di vista della Dottrina sociale
della Chiesa. Il contagio è prima di tutto un evento di tipo sanitario e
già questo lo collega direttamente con il fine del bene comune. La
salute ne fa certamente parte.
Nel contempo pone il problema del rapporto tra l'uomo e la natura e ci invita a superare il
naturalismo oggi molto diffuso e dimentico che, senza il governo dell'uomo, la natura produce
anche disastri e che una natura solo buona e originariamente incontaminata non esiste. Poi pone il
problema della partecipazione al bene comune e della solidarietà, invitando ad affrontare in base al
principio di sussidiarietà i diversi apporti che i soggetti politici e sociali possono dare alla soluzione
di questo grave problema e alla ricostruzione della normalità quando fosse passato. È emerso con
evidenza che tali apporti devono essere articolati, convergenti e coordinati. Il finanziamento della
sanità, problema che il coronavirus fa emergere con grande evidenza, è un problema morale centrale
nel perseguimento del bene comune.
Urgono riflessioni sia sulle finalità del sistema sanitario, sia sulla sua gestione e sull'utilizzo delle
risorse, dato che un confronto con il recente passato fa registrare una notevole riduzione del
finanziamento per le strutture sanitarie. Connessi con il problema sanitario ci sono poi le questioni
dell'economia e della pace sociale, dato che l'epidemia mette in pericolo la funzionalità delle filiere
produttive ed economiche e il loro blocco, se continuato nel tempo, produrrà fallimenti,
disoccupazione, povertà, disagio e conflitto sociale.
Il mondo del lavoro sarà soggetto a forti rivolgimenti, saranno necessarie nuove forme di sostegno e
solidarietà e occorrerà fare delle scelte drastiche. La questione economica rimanda a quella del
credito e a quella monetaria e, quindi, ai rapporti dell'Italia con l'Unione Europea da cui dipendono
nel nostro Paese le decisioni ultime in questi due settori. Ciò, a sua volta, ripropone la questione
della sovranità nazionale e della globalizzazione, facendo emergere la necessità di rivedere la
globalizzazione intesa come una macchina sistemica globalista, la quale può anche essere molto
vulnerabile proprio a motivo della sua rigida e artificiale interrelazione interna per cui, colpito un
punto nevralgico, si producono danni sistemici complessivi e difficilmente recuperabili. Destituiti di
sovranità i livelli sociali inferiori, tutti ne saranno travolti. D'altro canto, il coronavirus ha anche
messo in evidenza le "chiusure" degli Stati, incapaci di collaborare veramente anche se membri di
istituzioni sovranazionali di appartenenza. Infine, l'epidemia ha posto il problema del rapporto del
bene comune con la religione cattolica e quello del rapporto tra Stato e Chiesa. La sospensione delle
messe e la chiusura delle chiese sono solo alcuni aspetti di questo problema.
Così ci sembra essere il quadro complesso dei problemi investiti dall'epidemia da coronavirus. Si
tratta di argomenti che interpellano la Dottrina sociale della Chiesa per cui il nostro Osservatorio si
sente chiamato ad offrire qualche riflessione, sollecitando altri contributi in questa direzione.
L'enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, scritta nel 2009 al tempo di un'altra crisi,
affermava che "La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare
nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi
diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità" (n. 21).

1) LA FINE DEL NATURALISMO IDEOLOGICO


Le società erano e sono attraversate da varie forme ideologiche di naturalismo che l'esperienza di
questa epidemia potrebbe correggere. L'esaltazione di una natura pura e originariamente
incontaminata di cui l'uomo sarebbe l'inquinatore non teneva e, a maggior ragione, non tiene ora.
L'idea di una Madre Terra dotata originariamente di un suo equilibrio armonico con il cui spirito
l'uomo dovrebbe connettersi per ritrovare il giusto rapporto con le cose e con se stesso è una
sciocchezza che questa esperienza potrebbe dissolvere. La natura deve essere governata dall'uomo e
le nuove ideologie panteiste (e non solo) postmoderne sono ideologie disumane. La natura, nel
senso naturalistico del termine, produce anche disequilibri e malattie e per questo deve essere
umanizzata. Non è l'uomo a doversi naturalizzare, ma la natura a dover essere umanizzata.
La rivelazione ci insegna che il creato è affidato alla cura e al governo dell'uomo in vista del fine
ultimo che è Dio. L'uomo ha il diritto, perché ha il dovere, di gestire la creazione materiale,
governandola e traendo da essa quanto necessario e utile per il bene comune. Il creato è affidato da
Dio all'uomo, al suo intervento secondo ragione e alla sua capacità di dominio sapiente. È l'uomo il
regolatore del creato, non viceversa.

2) I DUE SIGNIFICATI DEL TERMINE "SALUS"


Il termine "Salus" significa salute, nel senso sanitario del termine, e significa anche salvezza, nel
senso etico-spirituale e soprattutto religioso. L'attuale esperienza del coronavirus testimonia ancora
una volta che i due significati sono interconnessi. Le minacce alla salute del corpo inducono
cambiamenti negli atteggiamenti, nel modo di pensare, nei valori da perseguire. Essi mettono alla
prova il sistema morale di riferimento dell'intera società. Esigono comportamenti eticamente validi,
denunciano atteggiamenti egoistici, disinteressati, indifferenti, di sfruttamento. Evidenziano forme
di eroismo nella comune lotta al contagio e, nello stesso tempo, forme di sciacallaggio di chi
approfitta della situazione.
La lotta al contagio richiede un ricompattamento morale della società in ordine a comportamenti
sani, solidali, rispettosi, forse più importante del ricompattamento delle risorse. La sfida alla salute
fisica si pone quindi in rapporto con la sfida alla salute morale. Serve un profondo ripensamento
delle derive immorali della nostra società, a tutti i livelli. Spesso le disgrazie naturali non sono del
tutto naturali, ma hanno alle spalle atteggiamenti moralmente disordinati dell'uomo. Non è ancora
definitivamente chiarita l'origine del "COVID-19" e anche esso potrebbe dimostrarsi non di origine
naturale. Ma anche ammessa la sua origine puramente naturale, il suo impatto sociale chiama in
causa l'etica comunitaria. La risposta non è e non sarà solo scientifico-tecnica, ma dovrà essere
anche morale. Dopo la tecnica, la grave contingenza del coronavirus dovrebbe far rivivere su nuove
solide basi la morale pubblica.

3) LA PARTECIPAZIONE AL BENE COMUNE


Si richiede una partecipazione etica perché in causa c'è il bene comune. L'epidemia da coronavirus
contraddice tutti coloro che hanno sostenuto che il bene comune come fine morale non esiste. Se
così fosse, per cosa si impegnerebbero tutte le persone che, dentro e fuori le istituzioni, si danno da
fare e lottano? A quale impegno sarebbero chiamati i cittadini con le ordinanze restrittive se non ad
un impegno morale per il bene comune? Su quale base si dice che alcuni comportamenti in questo
momento sono "doverosi"? Chi negava l'esistenza del bene comune o chi affidava il suo
conseguimento solo a delle tecniche, ma non all'impegno morale per il bene, oggi è contraddetto dai
fatti. È il bene comune a dirci che quello della salute è un bene che tutti dobbiamo promuovere. È il
bene comune a dirci che la parola Salus ha due significati.
Questa esperienza del coronavirus sarà fatta lievitare al punto da approfondire e allargare questo
concetto del bene comune? Mentre si lotta per salvare la vita di tante persone, gli interventi di
aborto procurato non cessano, né cessano le vendite delle pillole abortive, né cessano le pratiche
eutanasiche, né cessano i sacrifici di embrioni umani e tante altre pratiche contro la vita e la
famiglia. Se si riscopre il bene comune e la necessità di una corale partecipazione in suo favore nel
campo della lotta all'epidemia, si dovrebbe avere il coraggio intellettivo e della volontà di estendere
il concetto fino a là dove naturalmente deve essere esteso.
4) LA SUSSIDIARIETÀ NELLA LOTTA PER LA SALUTE
La mobilitazione in atto contro la diffusione del coronavirus ha visto la partecipazione di molti
livelli talvolta coordinati talvolta meno. Ci sono dei compiti diversi che ognuno ha svolto secondo
la sua responsabilità. Una volta superata la tempesta questo permetterà di rivedere qualcosa che
nella filiera sussidiaria non abbia funzionato a dovere e di riscoprire il principio importante della
sussidiarietà per applicarlo meglio e applicarlo in ogni campo esso possa essere applicato. Una
esperienza in modo particolare deve essere valorizzata: la sussidiarietà deve essere "per" e non
come difesa "da": deve essere per il bene comune e, quindi, deve avere un fondamento etico e non
solo politico o funzionalistico. Un fondamento etico fondato sull'ordine naturale e finalistico della
vita sociale. L'occasione è propizia per abbandonare le visioni convenzionali dei valori e dei fini
sociali.
Un punto importante messo ora in evidenza dall'emergenza coronavirus è il ruolo sussidiario del
credito. Il blocco di ampi settori dell'economia per garantire maggiore sicurezza sanitaria e
diminuire la diffusione del virus mettono in crisi economica, soprattutto di liquidità, le imprese e le
famiglie. Se la crisi dovesse durare a lungo si prospetta una crisi della circolarità di produzione e
consumo, con lo spettro della disoccupazione. Davanti a questi bisogni il ruolo del credito può
essere fondamentale e il sistema finanziario potrebbe riscattarsi da tante e riprovevoli dilapidazioni
interessate del recente passato.

5) SOVRANITÀ E GLOBALIZZAZIONE
L'esperienza in atto del coronavirus impone di riconsiderare anche i due concetti di globalizzazione
e di sovranità nazionale. C'è una globalizzazione che intende l'intero pianeta come un "sistema" di
rigide connessioni e incastri, una costruzione artificiale governata da addetti ai lavori, una serie di
vasi comunicanti apparentemente incrollabili. Una simile concezione si è però rivelata anche debole
perché basta colpire il sistema in un punto e si crea un effetto domino a valanga. L'epidemia può
mettere in crisi il sistema sanitario, le quarantene mettono in crisi il sistema produttivo, questo fa
crollare il sistema economico, povertà e disoccupazione non alimentano più il sistema del credito,
l'indebolimento della popolazione la espone a nuove epidemie e così via in una serie di circoli
viziosi ad estensione planetaria.
La globalizzazione presentava fino a ieri i suoi fasti e le sue glorie di perfetto funzionamento
tecnico-funzionale, di indiscutibile sicumera circa l'obsolescenza di Stati e nazioni, di assoluto
valore della "società aperta": un unico mondo, un'unica religione, un'unica morale universale, un
unico popolo mondialista, un'unica autorità mondiale. Però poi può bastare un virus per far crollare
il sistema, dato che i livelli non globali delle risposte sono stati disabilitati. L'esperienza che stiamo
vivendo ci mette in guardia da una "società aperta" intesa in questo modo, sia perché essa si pone
nelle mani del potere di pochi, sia perché altre poche mani potrebbero farla cadere in fretta come un
castello di carte. Ciò non significa negare l'importanza della collaborazione internazionale che
proprio le pandemie richiedono, ma una simile collaborazione non ha nulla a che fare con strutture
collettive, meccaniche, automatiche e globalmente sistemiche.

6) LA MORTE PER CORONAVIRUS DELL'UNIONE EUROPEA


L'esperienza di questi giorni ha mostrato un'Unione Europea ancora una volta divisa e fantomatica.
Tra gli Stati membri sono emerse dispute egoistiche più che collaborazione. L'Italia è rimasta
isolata e lasciata sola. La Commissione europea è intervenuta tardi e la Banca Centrale Europea è
intervenuta male. Di fronte all'epidemia ogni Stato ha provveduto a chiudersi in se stesso. Le risorse
necessarie all'Italia per fronteggiare la situazione emergenziale, che in altri tempi si sarebbero
trovate in proprio per esempio con la svalutazione della moneta, ora dipendono dalle decisioni
dell'Unione a cui ci si deve prostrare.
Il coronavirus ha definitivamente mostrato l'artificiosità dell'Unione Europea che non riesce a far
collaborare tra loro gli Stati ai quali si è sovrapposta per acquisizione di sovranità. La mancanza del
collante morale non è stata compensata dal collante istituzionale e politico. Bisogna prendere atto di
questa ingloriosa fine per coronavirus dell'Unione Europea e pensare che una collaborazione tra gli
Stati europei nella lotta per la salute è possibile anche fuori di istituzioni politiche sovranazionali.

7) LO STATO E LA CHIESA
La parola Salus significa, come abbiamo visto, anche salvezza e non solo salute. La salute non è la
salvezza, come ci hanno insegnato i martiri, ma in un certo senso la salvezza dà anche la salute. Il
buon funzionamento della vita sociale, con i suoi benefici effetti anche sulla salute, ha anche
bisogno della salvezza promessa dalla religione: "l'uomo non si sviluppa con le sole sue forze"
(Caritas in veritate, 11).
Il bene comune è di natura morale e, come abbiamo detto sopra, questa crisi dovrebbe indurre alla
riscoperta di questa dimensione, ma la morale non vive di vita propria, dato che è incapace di
fondarsi ultimamente. Qui si pone il problema della relazione essenziale che la vita politica ha con
la religione, quella che meglio garantisce anche la verità della vita politica. L'autorità politica
indebolisce la lotta contro il male, come accade anche con l'epidemia in corso, quando equipara le
Sante Messe alle iniziative ludiche, pensando che debbano essere sospese, magari anche prima di
sospendere altre forme aggregative senz'altro meno importanti. Anche la Chiesa può sbagliare
quando non fa valere, per lo stesso autentico e completo bene comune, l'esigenza pubblica delle
Sante Messe e dell'apertura delle chiese. La Chiesa dà il suo contributo alla lotta contro l'epidemia
nelle varie forme di assistenza, aiuto e solidarietà che essa sa realizzare, come ha sempre fatto in
casi simili in passato. È il caso, però, di mantenere alta l'attenzione alla dimensione religiosa del suo
apporto, affinché non sia considerata una semplice espressione della società civile. Per questo
assume un valore particolare quanto affermato da Papa Francesco che ha pregato lo Spirito Santo di
dare "ai pastori la capacità e il discernimento pastorale affinché provvedano misure che non lascino
da solo il santo popolo fedele di Dio. Che il popolo di Dio si senta accompagnato dai pastori e dal
conforto della Parola di Dio, dei sacramenti e della preghiera", naturalmente con il buon senso e la
prudenza che la situazione richiede.
Questa emergenza del coronavirus può essere vissuta da tutti "come se Dio non fosse" e in questo
caso anche la fase successiva, quando l'emergenza terminerà, applicherà per continuità una simile
visione delle cose. In questo modo però si sarà dimenticato il nesso tra salute fisica e salute morale
e religiosa che questa dolorosa emergenza ha fatto emergere. Se, al contrario, si sentirà l'esigenza di
tornare a riconoscere il posto di Dio nel mondo, allora anche i rapporti tra la politica e la religione
cattolica e tra Stato e Chiesa potranno prendere una strada corretta.
L'emergenza dell'epidemia in atto interpella in profondità la Dottrina sociale della Chiesa. Questa è
un patrimonio di fede e di ragione che in questo momento può dare un grande aiuto nella lotta
contro l'infezione, lotta che deve riguardare tutti i gradi ambiti della vita sociale e politica.
Soprattutto può dare un aiuto in vista del dopo-coronavirus. Serve uno sguardo di insieme, che non
lasci fuori nessuna prospettiva veramente importante. La vita sociale richiede coerenza e sintesi,
soprattutto nelle difficoltà, ed è per questo che nelle difficoltà gli uomini che sanno guardare in
profondità e in alto possono trovare le soluzioni e, addirittura, le occasioni per migliorare le cose
rispetto al passato.

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