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Introduzione

Nell’Europa in crisi, una delle misure standard che viene adottata nei vari stati in difficoltà è quella
relativa all’incentivazione o all’imposizione dei farmaci generici. Inizialmente credevo si trattasse
di una scelta positiva, in grado di liberare cittadini e finanze dello stato dall’esoso strapotere delle
multinazionali del farmaco, ma le notizie raccolte prima in Grecia 1, poi verificate nei siti ufficiali in
rete e successivamente comprovate dalle testimonianze dirette raccolte in altri paesi, mi hanno fatto
capire che era l’ennesima trappola.

Nasce così una ricerca che va dal Fondo Monetario Internazionale al governo degli Stati Uniti,
passando per l’Europarlamento e per alcune organizzazioni che si occupano della durata della nostra
vita e della nostra salute, con risultati realmente scioccanti.

La mia esperienza mi induce a non stupirmi più di nulla, eppure devo ammettere che in questo caso,
le decisioni e le scelte di chi governa possono risultare assurde e sconvolgenti.

Questo libro infatti analizza, attraverso le posizioni di fonti ufficiali, i vari programmi applicati
apparentemente per migliorare la salute globale e che hanno invece lo scopo - nemmeno troppo
nascosto - di giungere a una diminuzione della popolazione mondiale.

Un drastico calo che dovrebbe riguardare non solo i paesi cosiddetti in via di sviluppo e in piena
esplosione demografica, ma anche quelli nei quali è già in atto una contrazione delle nascite; il tutto
attraverso contraccezione, vaccini, controllo agro-alimentare e non solo…

Siamo troppi e in questo pianeta non ci sono abbastanza risorse per tutti, quindi la popolazione deve
diminuire. Quante volte ce lo siamo sentiti dire in maniera più o meno esplicita? Ma nessun
sostenitore di quello che io non esito a definire neo-malthusianesimo 2 pone mai l’accento sul tipo di
consumo attuale, sull’abuso delle risorse globali e delle materie prime di cui la Terra dispone. Anzi,
gli stessi attori istituzionali europei che propongono misure drastiche su pensioni e salute, insistono
su due parole chiave: sviluppo e crescita, che nell’immaginario collettivo creato dai media
coincidono con un significato positivo, di benessere. In realtà invece, è giusto sapere che si tratta di
un aumento dei consumi: di beni e oggetti programmati per rompersi in fretta o durare poco
(obsolescenza programmata), di terreni e risorse, di ricchezze naturali e della nostra stessa vita,
trascorsa in troppi casi a sopravvivere, anziché a vivere dignitosamente.

Risorse limitate e troppa gente sulla Terra. Una minaccia rispetto alla quale prendere provvedimenti,
come ad esempio gli USA, che a partire da alcuni decenni or sono identificarono nell’aumento della
popolazione una minaccia alla sicurezza nazionale.

Un rischio economico, sociale e politico che oggi viene contrastato con misure forti, rese accettabili
da una parvenza di filantropia, di amore per il benessere dell’uomo (o per meglio dire, per quello
della ricchezza di pochi individui). È passato un po’ di tempo da quando nel 1956 Alan Gregg,
vicepresidente della Rockefeller Foundation scriveva che “esiste un parallelismo allarmante tra la
crescita del cancro in un organismo e la crescita della popolazione all’interno dell’economia
ecologica del Pianeta.3”. È passato il tempo, ma il principio alla base di una simile affermazione è
ancora fondamentale per chi governa.

In un discorso ‘off the records 4’, tenuto alla Chattam House di Londra il 17 novembre 2008,
intervento dedicato alle maggiori sfide di politica estera per la futura presidenza degli Stati Uniti,
Zbigniew Brzezinski ammette senza difficoltà che “Forse un tempo era più facile controllare un
milione di persone, anziché ucciderle fisicamente. Oggi è infinitamente più facile uccidere un
milione di persone piuttosto che controllarle.” Per l’allora consigliere per la politica estera del neo
eletto presidente Obama “È più facile uccidere che controllare5”.

Risalendo all’indietro nel tempo sino alla fine del 1974, un altro protagonista della politica
statunitense e internazionale, Henry Kissinger sottoscrisse, insieme all’allora presidente Nixon, un
piano adottato meno di un anno dopo da Gerald Ford. Si tratta del National Security Study
‘Memorandum 200’: Implications of Worldwide Population Growth for U.S. Security and Overseas
Interests, ovvero ‘Implicazioni derivanti dalla crescita della popolazione per la sicurezza e per gli
interessi oltremare statunitensi’, un documento classificato (e quindi nascosto al pubblico) e
desecretato solamente all’inizio degli anni novanta. Il testo presentava nero su bianco la necessità di
eliminare 3 miliardi di persone dalla faccia della terra.

Da allora a oggi sono passati quasi 40 anni, ma l’obiettivo è rimasto immutato, al punto che un
esperto consigliere delle Nazioni Unite nel 2012 ha rivolto un appello ai governi del mondo per
ridurre la crescita della popolazione mondiale e per lavorare congiuntamente per modificare il clima
con la motivazione ufficiale di intervenire rispetto a un’immensa catastrofe umana. L’avvertimento
è diretto perché, come si legge nella notizia ufficiale pubblicata sul sito web dell’ONU 6, “stiamo
percorrendo una strada che è assolutamente insostenibile e profondamente pericolosa.

Per questo ogni misura diventa lecita per abbattere il numero di abitanti sul globo terrestre: vaccini
per la sterilizzazione, politiche economiche globali tese a concedere finanziamenti solo a quegli
stati in varie parti del mondo che si adoperano per la limitazione delle nascite, misure anti crisi
applicate nei paesi europei che vanno a colpire i gangli vitali del sistema sanitario e di quello
sociale, manipolazione del clima piuttosto che alterazione genetica degli alimenti di cui ci cibiamo
(OGM). Un silenzioso sterminio è in atto nel nostro pianeta; uno sterminio condotto dalle élites al
potere che si arrogano qualunque diritto, anche quello di vita e di morte.

Ritengo doveroso quindi informare su questo argomento, perché quando leggeremo o avremo
notizia di qualche provvedimento per il controllo della popolazione sul Pianeta, saremo attrezzati
per comprendere che non è certo stato deciso per il nostro benessere, bensì per l’arricchimento e il
predominio globale di poche spietate persone.

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1 Vd. Monia Benini, La guerra dell’Europa, ed. Nexus, 2012

2 Il Malthusianesimo è una dottrina economica che trae ispirazione dall’economista inglese Thomas Robert Malthus e
sostiene che la pressione demografica è causa della povertà e della fame nel mondo.

3 Articolo citato in J.L.Simon, The ultimate resource II: People, Materials and Environment, capitolo 24: Do humans
breed like flies?, Princeton University Press, 1996, pp. 343-344.

4 Off the record significa ufficioso. Infatti la a regola della Chattam House è ferrea per tutti i discorsi ufficiali: i
partecipanti sono liberi di utilizzare le informazioni ricevute, ma non possono indicare il nome di chi le ha fornite o la
sua ‘affiliazione’ o appartenenza.

5 http://www.youtube.com/watch?v=X4Qv7lbVw9s

6 http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=32074&Cr=climate+change&Cr1#.UdRNtfnvibI
L’Europa in crisi: una sanità non più garantita

Quanto vale la vita di una persona? Domanda assurda per i più, poiché la vita ha un valore incommensurabile.

Tuttavia, vi sono indicatori oggettivi che dimostrano come questa sia spesso trattata come una zavorra, come un peso
per la società. Accade così che per la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario
Internazionale, la cosiddetta troika che governa le situazioni di crisi nei paesi in difficoltà dell’Unione monetaria, vivere
a lungo e vivere dignitosamente hanno costi talvolta insostenibili.

Insopportabili anche per chi amministra il settore in Italia, nonostante l’articolo 32 della Costituzione preveda che “la
Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure
gratuite agli indigenti.” Ma i costi di questa garanzia sono eccessivi per un sistema politico, economico e finanziario
gravemente malato come quello italiano.

Infatti, secondo le parole proferite dall’ex primo ministro, Mario Monti, a fine 2012, “La sostenibilità futura dei sistemi
sanitari nazionali, compreso il nostro di cui andiamo fieri potrebbe non essere garantita se non si individueranno nuove
modalità di finanziamento per servizi e prestazioni”. Sono sue testuali parole: “La sostenibilità futura del Servizio
sanitario nazionale potrebbe non essere garantita”. E a poco è valso il comunicato ufficiale di Palazzo Chigi, per
smussare gli angoli: “Contrariamente a quanto riportato dai media, il Presidente ha voluto attirare l’attenzione sulle
sfide cui devono far fronte i sistemi sanitari per contrastare l’impatto della crisi.” o ancora: “Il Presidente non ha messo
in questione il finanziamento pubblico del sistema sanitario nazionale, bensì, riferendosi alla sostenibilità futura, ha
posto l’interrogativo sull’opportunità di affiancare al finanziamento a carico della fiscalità generale forme di
finanziamento integrativo.” Nuove forme di finanziamento integrativo, cosa significa? Nuove tasse? Sanità a
pagamento? Assicurazione per poter accedere alle cure mediche? Passaggio di mano ai privati per le cure più
“redditizie”? Non è dato sapere.

Una posizione certa però esiste e venne esplicitata già nel 2009 dall’attuale Presidente del Consiglio, Enrico Letta,
quando ricopriva l’incarico di responsabile del Welfare per il Partito Democratico. “La sanità, come le pensioni, è
finanziata a ripartizione. Sono, cioè, gli attivi a pagare per tutti. E come per le pensioni dobbiamo scrivere un quadro di
regole per la formazione di un pilastro privato complementare, tanto per la fiscalità quanto per il funzionamento degli
strumenti7”.

Al di là delle scaramucce politiche, oggi diluite nella compartecipazione al governo nazionale, anche i progetti
dell’esecutivo Berlusconi tendevano nella medesima direzione. Nel 2008, secondo il sottosegretario, poi ministro della
sanità, Ferruccio Fazio “Gli ospedali saranno in parte pubblici, in parte privati. Magari con un reparto affidato al privato
e un altro reparto al pubblico.

Con una parte degli investimenti governativi che andranno a finanziare il privato e l’altra parte il pubblico. Una specie
di memento, per la povera sanità pubblica. Non si tratterà di una contrapposizione pubblico-privato ma di una realtà
virtuosa contro una non virtuosa.”

Quindi, il servizio sanitario è una delle maggiori imprese sociali del paese: dovrebbe assistere, 7 giorni su 7, milioni di
cittadini italiani, senza alcuna distinzione di reddito. Dovrebbe, poiché sempre più spesso l’accesso alle cure è
immediato per chi paga di tasca propria la prestazione o la cura, mentre è rinviato di numerosi mesi per chi si affida a
quanto previsto dalla Carta fondamentale della Repubblica italiana. Dovrebbe, dal momento che anche questo settore è
duramente colpito dalle metastasi della corruzione, del clientelismo e dell’assalto al denaro pubblico, che lo hanno reso
un pozzo di San Patrizio per politici e affaristi. Dovrebbe, ma le politiche dei vari governi che si susseguono non fanno
altro che rendere operative misure e raccomandazioni ‘suggerite’ dalle istituzioni europee, piuttosto che dal Fondo
Monetario Internazionale.

A proposito dei provvedimenti della cosiddetta troika, la situazione greca in ambito sanitario è un chiaro esempio dei
risultati che si ottengono con le politiche di austerity applicate al settore sanitario. In base a quanto stabilito dal
Memorandum d’Intesa del marzo 2012 e successive integrazioni, per le analisi e le visite per patologie anche rilevanti,
la popolazione deve pagare il 25% del costo della prestazione o del servizio, mentre alcuni accertamenti addirittura sono
integralmente a carico del paziente. Il pacchetto di misure imposte dalla troika prevede inoltre che i cittadini paghino di
più di tasca propria per ospedalizzazione, farmaci e persino prescrizioni. Un decreto legge approvato in Parlamento
introduce un ticket di 25 euro a carico del paziente per l’ammissione in un ospedale statale a partire dal 2014 ed il
pagamento del diritto fisso di un euro per ogni prescrizione rilasciata dal sistema sanitario nazionale. Oggi dunque ci
sono oltre un milione e duecentomila greci (su un totale di circa 11 milioni di abitanti) che non possono più permettersi
di pagare le cure e che, per poter essere in qualche modo assistiti, si accodano negli ingressi delle strutture delle
Organizzazioni Non Governative o dei poliambulatori attivi grazie al volontariato dei professionisti.
In Grecia si è giunti anche a una forma di sciopero atipico delle farmacie: le strutture sono aperte ed erogano
regolarmente le medicine. Chi ne ha bisogno, però, si trova a dover pagare l’intero costo, dal momento che lo sciopero
si realizza con il rifiuto da parte delle farmacie di vendere i medicinali dietro presentazione della prescrizione. Facile
comprenderne gli effetti, tenuto conto che una larga fascia della popolazione greca vive al di sotto della soglia di
povertà e che in troppi stentano ad avere anche i soldi necessari per procurarsi il cibo sufficiente per un pasto al giorno.
Scioperi di questo tipo, nel solo 2012 si sono verificati per una durata complessiva di ben oltre 4 mesi. Un fatto
gravissimo che ha consentito al Ministro della Salute di farsi vanto con i rappresentanti di BCE e Fondo Monetario
Internazionale della virtuosità della Grecia, capace di una riduzione drastica della spesa pubblica sui farmaci!

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