This
type of cures is called placebos. They are very effective for people who have also problems related
to their brain. The type of treatment they receive has consequences on the efficiency. Large
coloured pills and injections are seemed to be more helpful. Experts say that producing beneficial
hormones by cheering and supporting a patient has advantages, since in the whole process the
creativity has a fundamental importance.
La pandemia che ha colpito l’intero pianeta agli inizi del 2020 è stata sicuramente un’emergenza
globale. Essa infatti ha rappresentato e continua a rappresentare un rischio per la salute pubblica
degli Stati e richiede una risposta coordinata a livello internazionale. Con questa definizione si è
voluto sottolineare anche il carattere improvviso e inatteso dell’epidemia.
La dichiarazione di emergenza globale è stata inoltre un invito alla trasparenza, l'OMS ha chiesto
infatti di isolare prontamente le persone infette in qualunque parte del mondo e di riportare tutte le
informazioni necessarie all'organizzazione. Questo invito però non è stato raccolto da alcuni Paesi
che hanno continuato a mantenere uno stretto riserbo rispetto alle infezioni da coronavirus
all’interno dei loro confini rifiutandosi di contribuire alla risoluzione del problema.
Tale aspetto è risultato particolarmente critico a causa dell’altissimo grado di integrazione e
interdipendenza del mondo contemporaneo. Come ricorda Luigi Ferrajoli infatti il contagio, pur in
paesi lontanissimi tra loro, non può lasciare indifferenti vista l’altissima capacità del virus di
diffondersi rapidamente in tutto il globo.
Tale emergenza ha messo in ginocchio l’economia alterando la vita di tutti i popoli della terra e ha
mostrato l’interazione tra emergenza sanitaria ed emergenza ecologica. La prima si è rivelata un
effetto collaterale delle deforestazioni, dell'inquinamento, del riscaldamento climatico, delle
coltivazioni e degli allevamenti intensivi ed ha quindi svelato i nessi che legano la salute delle
persone alla salute del pianeta.
Spesso nei primi periodi della pandemia si è sentito dire che la speranza era quella di tornare presto
alla normalità, ma una riflessione più accurata porterebbe a capire che proprio in quella normalità
risiedeva il problema. Non c’è infatti alcuna normalità alla quale ritornare quando quello che
abbiamo reso normale ieri ci ha condotto a quel che abbiamo oggi.
In molti hanno sorriso nel leggere dell’aquila reale che solcava il cielo di Milano o nel guardare le
immagini del golfo di Napoli che mostravano un’acqua pulitissima e anche per questo si dovrebbe
abbandonare l’interpretazione dell’economia come scienza basata sulla crescita continua, sull’uso
smodato delle risorse naturali, sul consumismo, sullo spreco fatto sistema per massimizzare i
profitti di pochi. I modelli alternativi esistono e andrebbero adottati se non vogliamo che quelle
immagini capaci di suscitare la nostra tenerezza e la nostra simpatia non restino soltanto un ricordo
che si allontana inesorabilmente.
Il problema da affrontare non è solo il capitalismo in sé, ma anche il capitalismo in noi stessi. Nel
corso della pandemia, le autorità politiche e scientifiche hanno più volte affermato che sono le
persone gli agenti più decisivi per arginare il contagio e proprio le persone sono i soggetti più
importanti questa situazione.
Non si può permettere che, per mezzo del pressante linguaggio della crisi, venga imposta la
restaurazione della struttura stessa della catastrofe. Benché il confinamento ci abbia isolato gli uni
dagli altri, tutto quello che abbiamo vissuto lo abbiamo vissuto insieme. In questo il virus appare
paradossale perché ci pone in una condizione di relativa eguaglianza e riscatta il concetto di genere
umano. La pandemia ha colpito tutto il genere umano senza distinzioni di nazionalità e di ricchezze
e proprio questo dovrebbe spingerci a considerare maggiormente la nozione di bene comune, forse
la più efficace per iniziare a tessere un modo di vita diverso e un’altra sensibilità che non si limiti
all’osservazione di qualche foto su uno schermo.