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ATTIVISTE DI FEMEN HANNO CAGATO

E SPARSO SANGUE MESTRUALE


SULLA BANDIERA DELLO STATO
ISLAMICO
Di Chris Köver ago 27 2014

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Foto parziale dall'account Twitter di Inna Shevchenko. Questo post è tratto da VICE News.

Sabato l'attivista egiziana e blogger 23enne Aliaa Magda Elmahdi ha pubblicato sul suo
profilo Facebook una foto in cui lei e un'altra donna, nude, defecano e fanno colare sangue
mestruale su una bandiera dello Stato Islamico. Elmahdi è rivolta verso l'obiettivo in
posizione accovacciata, con il pube insanguinato a pochi centimetri dalla bandiera. La donna
al suo fianco è di spallle, ha capo e schiena coperti e mostra il dito medio. Dietro di loro, a
terra, ci sono due mitra.

A poche ore dalla pubblicazione l'immagine è stata retwittata da Inna Shevchenko,


fondatrice del controverso gruppo FEMEN ormai noto per le proteste in topless contro
l'oppressione e il patriarcato. Sulla schiena della donna di spalle compare il logo FEMEN—
due cerchi separati da una linea verticale, a simboleggiare il seno scoperto—disegnato poco
sopra la sigla IS, Stato Islamico. Ieri, su Paris Match, Shevchenko ha confermato che si
tratta di una protesta sotto l'insegna delle FEMEN.
Shevchenko, che è ucraina e risiede a Parigi, ha dichiarato a Paris Match che a suo giudizio
ritenere l'immagine violenta è ipocrita, se paragonata alle violenze commesse dallo Stato
Islamico. "Non ci preoccupano le critiche alla nostra risposta," ha spiegato. "Noi non
minacciamo di ucciderli o di commettere azioni violente. Volevamo solo far passare questo
messaggio: ecco come trattiamo le vostre idee."

Elmahdi vive in Svezia da marzo del 2012, e nel 2011 si era fatta conoscere per aver
pubblicato una sua foto di nudo volta a denunciare e criticare l'ondata di misoginia e
sessismo nell'Egitto post-Mubarak. La foto, che la mostrava in ballerine, calze e un fiocco
rosso, aveva innescato una vera e propria bufera mediatica.

Nelle settimane successive il caso di Elmahdi era finito sui giornali di tutto il mondo, e la
ragazza aveva ricevuto diverse minacce e critiche, tanto da esponenti religiosi quanto dalle
forze liberali e laiche egiziane, preoccupate che quell'azione avrebbe indebolito la loro
campagna nelle elezioni post-Mubarak.

Elmahdi si è unita alle FEMEN nel 2012, e da allora ha partecipato ad altre proteste—come
quella organizzata all'ambasciata egiziana di Stoccolma insieme a Shevchenko e altre
attiviste, quando era apparsa con una bandiera egiziana alle spalle e la scritta "La Sharia
non è una costituzione" sul corpo. Anche per questo motivo, è lecito pensare che la sua
ultima provocazione non passerà inosservata.

Dato che Elmahdi rifiuta di rilasciare dichiarazioni alla stampa abbiamo


contattato Shevchenko per farle qualche domanda sulla foto.

VICE: Perché avete scelto di pubblicare la foto online, invece di organizzare una
protesta per strada, come è successo per la maggior parte delle azioni FEMEN?
Shevchenko: Abbiamo optato per questo formato in risposta all'ultimo videomessaggio dello
Stato Islamico in cui veniva mostrata l'esecuzione del giornalista [James Foley]. Con la
nostra foto vogliamo proporre la nostra "esecuzione" delle idee dello Stato Islamico. Infatti la
didascalia della foto dice: "Animali, ecco com'è la nostra esecuzione delle vostre idee!
Guardatela bene! Non chiediamo riscatti, né vi minacciamo di nuove uccisioni, vi caghiamo
addosso, ISIS!"

Cosa volevate ottenere pubblicando questa immagine?


Vogliamo criticare le uccisioni, gli stupri e le esecuzioni pubbliche portate a termine dai
fascisti islamici che sono su tutte le prime pagine... È proprio questo che vuole lo Stato
Islamico. Vogliono che il mondo obbedisca alle loro idee. Diffondendo i loro videomessaggi e
i loro discorsi gli facciamo soltanto un favore, facciamo gli interessi dello Stato Islamico.
Dovremmo essere noi a far arrivare a loro il nostro messaggio. Basta con la tolleranza. Non
bisogna avere paura di essere offensivi. Facciamogli vedere cosa pensiamo di loro, invece
di dargli ancora più spazio. Il mondo ha paura, proprio come lo Stato Islamico vuole che sia.
Noi diciamo che non bisogna avere paura, ma opporre resistenza.

Qual è la relazione tra Aliaa Elmahdi e FEMEN?


Aliaa è coinvolta nelle attività di FEMEN dal 2012. Organizziamo proteste per far passare il
nostro messaggio su varie questioni che riguardano il mondo arabo, e in particolare l'Islam,
dato che è un tema che la impegna molto. Stavolta abbiamo deciso di reagire insieme.

Intende dire che è stata Aliaa a suggerire quest'ultima azione?


Era da un po' che noi di FEMEN riflettevamo su una possibile risposta allo Stato Islamico.
Era ovvio che lo avremmo fatto insieme ad Aliaa, dato che anche lei voleva fare qualcosa.
L'abbiamo deciso subito dopo aver visto il video dell'esecuzione di James Foley. Aliaa e
un'altra dei nostri membri si sono subito incontrate, hanno contattato qualcuno perché
scattasse la foto e il risultato è questo.
Perché insieme alle feci c'è anche del sangue mestruale?
È stata un'idea di Aliaa. A noi interessava far vedere che non abbiamo paura di offendere lo
Stato Islamico. Chi uccide merita di essere offeso, e le ideologie basate sulla violenza vanno
criticate.

Nel mondo arabo diverse testate hanno deciso di non pubblicare la foto perché sulla
bandiera c'è la scritta "non c'è altro dio all'infuori di Dio." La vostra foto è intesa come
un'offesa all'Islam in generale?
È assurdo quanta ipocrisia ci sia, soprattutto quando si parla di religione. Lo Stato Islamico,
come molti altri gruppi terroristici, uccide gli "infedeli", ovvero chi crede in un altro dio.
Minacciano il mondo intero con quest'idea di vendetta religiosa. Ci sono musulmani che
dicono che lo Stato Islamico non ha nulla a che fare con l'Islam, ma è ridicolo. Il Jihad viene
spiegato per filo e per segno nel Corano, ed è chiaro che è ciò che sta all'origine della loro
"missione". A noi non interessa se qualcuno pensa che non rispettiamo l'Islam o qualunque
altra religione caratterizzata da una simile oppressione, soprattutto nei confronti delle donne,
una religione che nega i loro diritti umani e che è fonte di gruppi terroristici come lo Stato
Islamico. Non ci interessa, perché non la rispettiamo.

Dopo l'iniziativa dell'"International Topless Jihad Day" nella primavera del 2013,
musulmane di tutto il mondo avevano criticato la vostra strategia definendola
paternalistica e islamofoba. Secondo chi la pensa così, voi fate di tutta l'erba un
fascio e condannate la cultura islamica in quanto misogina e oppressiva. Dicono di
non avere bisogno di essere "liberate" dalle femministe bianche occidentali. Cosa
rispondete?
Tutte le nostre campagne in paesi musulmani vengono avviate da donne arabe come Aliaa.
I vari gruppi FEMEN aderiscono semplicemente alle loro iniziative. E in tutta sincerità, non
credo che essere una donna bianca significhi che ho meno diritto di parlare di diritti delle
donne e di idee religiose di stampo patriarcale. Non mi sembra che cerchiamo di salvare
nessuno. Innanzitutto, vogliamo salvare noi stesse dalle religioni violente che si stanno
prendendo tutto questo spazio e ci stanno privando di molti dei nostri diritti.

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