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Ciancimino: "Forza Italia è nata grazie alla trattativa mafia-Stato"

di Salvo Palazzolo 8-2-10


Massimo Ciancimino torna in aula, al processo che vede imputato il generale Mario Mori di aver favorito
la latitanza di Bernardo Provenzano, e accusa: "La trattativa Stato mafia proseguì anche dopo il 1992".
Un pizzino di Provenzano diretto a Dell'Utri e Berlusconi.

Massimo Ciancimino
"Nel 1994, l'ingegner Lo Verde, alias Bernardo Provenzano, mi fece avere tramite il suo entourage una lettera
destinata a Dell'Utri e Berlusconi. Io la portai subito a mio padre, che all'epoca era in carcere: lui mi disse che
con quella lettera si voleva richiamare Berlusconi e Dell'Utri, perché ritornassero nei ranghi. Mio padre mi diceva
che il partito di Forza Italia era nato grazie alla trattativa e che Berlusconi era il frutto di tutti questi accordi".

Massimo Ciancimino torna nell'aula bunker di Palermo, al processo che vede imputato l'ex generale del Ros ed
ex capo dei servizi segreti Mario Mori di aver protetto la latitanza del capomafia Bernardo Provenzano.
Rispondendo alle domande del pubblico ministero Antonio Ingroia, il figlio dell'ex sindaco ha ripercorso il
contenuto di un pizzino che ha consegnato nei mesi scorsi ai magistrati di Palermo.

"E' rimasta solo una parte di quella lettera - dice Ciancimino - eppure, fino a pochi giorni prima della perquisizione
fatta dai carabinieri nel 2005 a casa mia, nell'ambito di un'altra indagine, il documento era intero. Ne sono sicuro.
Non so cosa sia successo dopo".

In ciò che è rimasto nella lettera si legge: “... posizione politica intendo portare il mio contributo (che non sarà di
poco) perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi. Sono convinto che questo evento onorevole
Berlusconi vorrà mettere a disposizione le sue reti televisive”. Il “triste evento” sarebbe stato un atto intimidatorio
nei confronti del figlio di Silvio Berlusconi. Massimo Ciancimino spiega: "Provenzano voleva una sorta di
consulenza da parte di mio padre: questo concetto di mettere a disposizione le reti televisive l'aveva suggerito
proprio lui a Provenzano, qualche tempo prima. Mio padre si ricordava di quando Berlusconi aveva rilasciato
un'intervista al quotidiano Repubblica. Diceva che se un suo amico fosse sceso in politica lui non avrebbe avuto
problemi a mettere a disposizione una delle sue reti”.

Insorge in aula l'avvocato Piero Milio, uno dei legali del generale Mori: "Cosa c'entrano questi argomenti con il
processo, che si occupa della presunta mancata cattura di Provenzano nel 1995 a Mezzojuso, provincia di
Palermo?". Il presidente della quarta sezione del tribunale, Mario Fontana, respinge l'opposizione e invita il
pubblico ministero Ingroia a proseguire nelle domande: «E' comunque importante accertare cosa sia avvenuto
eventualmente prima o dopo», dice.

Secondo la ricostruzione di Massimo Ciancimino, fatta propria dalla Procura, la trattativa fra mafia e Stato
condotta durante le stragi del 1992 avrebbe avuto una “terza fase”: “A Vito Ciancimino, nel rapporto con Cosa
nostra, si sarebbe sostituito Marcello Dell'Utri”, è l'accusa del figlio dell'ex sindaco. Che aggiunge: “Mio padre mi
disse che fra il 2001 e il 2002 Provenzano aveva riparlato con Dell’Utri”.

L’audizione di Massimo Ciancimino è proseguita con altre domande, poste dal pubblico ministero Nino Di Matteo.
Oggetto dell’interrogatorio torna il misterioso “signor Franco”, l’agente dei servizi segreti che secondo Ciancimino
junior sarebbe stato in contatto con il padre e con Provenzano. “Dopo un’intervista con Panorama, in cui
emergeva in qualche modo un mio ruolo nell’arresto di Riina, il signor Franco mi invitò caldamente a tacere e a
non parlare più di certe vicende perché tanto non sarei mai stato coinvolto e non sarei mai stato chiamato a
deporre. Cosa che effettivamente avvenne – accusa Ciancimino junior - visto che fino al 2008, quando decisi di
collaborare con i magistrati, nessuno mi interrogò mai”. Anche durante gli arresti domiciliari Massimo Ciancimino
avrebbe ricevuto una strana visita: “Un capitano dei carabinieri – dice il testimone – mi invitò caldamente a non
parlare della trattativa e dei rapporti con Berlusconi”.

Un emissario del signor Franco gli avrebbe pure preannunciato un’imminente inchiesta nei suoi confronti e
persino gli arresti domiciliari: “Per questo, ero stato invitato ad andare via da Palermo” . Ciancimino riferisce
ancora le parole che gli avrebbe riferito il capitano del Ros Giuseppe De Donno, collaboratore di Mori:”Mi
rassicurò che nessuno mi avrebbe mai sentito sulla vicenda relativa all’arresto di Riina. Su questa vicenda – mi
disse - sarebbe stato persino apposto il segreto di Stato”.

Secondo la Procura, l’ultimo mistero legato al caso Ciancimino sarebbe quello della perquisizione del 2005:
“Nessuno dei carabinieri presenti – accusa il testimone - chiese di aprire la cassaforte, che era ben visibile nella
stanza di mio figlio”. Si commuove Massimo Ciancimino quando vede le fotografie di quella casa, fatte di recente
dalla Dia su ordine della Procura. “In quella villa di Mondello ho tanti ricordi – spiega – lì ha vissuto mio figlio
dopo la nascita”. Dopo una breve sospensione dell’udienza, Ciancimino torna ad accusare: “I carabinieri e
qualcun altro sapevano che in quella cassaforte c’erano il papello e altri documenti”.

Ciancimino jr: "Gli 007 sapevano che avevo il 'papello'


conservato"
Ma il l'avvocato difensore del generale Mori non ci sta: "Come mainella villa di Riina misero la
cassaforte fu indicata nel verbale e nel caso della villa di Ciancimino non è stato scritto nulla al
riguardo. È possibile che fossero tutti d’accordo, investigatori di vari corpi e magistrati?"

Palermo, 8 febbraio 2010 - L’udienza del processo Mori a Palermo è stata sospesa per 10 minuti su
richiesta di Massimo Ciancimino, che durante la sua deposizione si è commosso quando gli sono state
mostrate le fotografie della sua villa dell’Addaura, e della cassaforte dov’era custodito il ‘papello'.
Ciancimino ha sostenuto che quel documento in cui Totò Riina aveva condensato le sue richieste allo
Stato per cessare la stagione delle stragi non venne ritrovato durante le perquisizioni nella villa perchè
le idagini sarebbero state condizionate da Franco, il mai identificato agente dei servizi segreti che
avrebbe tenuto fino dagli anni ‘70 rapporti con Vito Ciancimino.

Il difensore del generale Mario Mori, l’avvocato Pietro Milio, ha manifestato forti perplessità su
queste circostanze: "Come mai -ha detto il legale- nella villa di Riina misero la cassaforte fu indicata nel
verbale e nel caso della villa di Ciancimino non è stato scritto nulla al riguardo. È possibile che fossero
tutti d’accordo, investigatori di vari corpi e magistrati?".

In una pausa del processo il legale di Mori ha detto: “Me lo presentò il giudice Falcone, alla vigilia del
maxi processo. Il generale Mario Mori è un uomo dalla schiena dritta, che quando il nostro Paese era in
ginocchio, in ‘brache di tela’, è andato da Ciancimino, che aveva arrestato due volte, per poter prendere
dei latitanti di mafia. Lui è un uomo con la schiena dritta che ha sempre servito lo Stato e lavorato per lo
Stato”.

Ciancimino, nuove rivelazioni E la polemica s'infiamma


AVVENIRE 8-2-10
Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco di Palermo Vito, ha detto oggi, deponendo come testimone
al processo per favoreggiamento a carico dell'ex comandante dei Ros Mario Mori, che suo padre gli
disse che Forza Italia era frutto di una trattativa con Cosa Nostra. "Mio padre mi disse che Forza Italia
era nata in seguito alla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia", ha detto Ciancimino nell'aula bunker,
rispondendo ad una domanda su un pizzino, depositato agli atti del processo, e che a suo dire sarebbe
stato scritto dal boss Bernardo Provenzano a Vito Ciancimino e indirizzato a Silvio Berlusconi e al
senatore del Pdl Marcello Dell'Utri.

Le dichiarazioni di Ciancimino sono, secondo l'avvocato del premier, Nicolò Ghedini, "destituite di ogni
fondamento" , "totalmente inverosimili e prive di ogni dignità logica".
"Spiace che qualcuno possa dare anche un minimo credito a prospettazioni che la storia di Forza Italia
e del Presidente Berlusconi hanno dimostrato concretamente e con atti di governo essere
completamente inesistenti", si legge in una nota.

CIANCIMINO SCRISSE A DELL'UTRI E BERLUSCONI


Nel "pizzino" Provenzano avrebbe fatto riferimento a una intimidazione nei confronti del figlio di
Berlusconi: "Intendo portare il mio contributo -- è scritto nel pizzino -- che non sarà di poco conto
perché questo triste evento non si verifichi. Sono convinto che Berlusconi potrà mettere a disposizione
le sue reti televisive".
"Mio padre -- ha detto Massimo -- mi raccontò che questo biglietto, assieme all'immunità di cui aveva
goduto Provenzano e alla mancata perquisizione del covo di Riina dopo il suo arresto, erano il frutto di
un'unica trattativa con lo Stato che andava avanti da anni. Con questo messaggio -- ha continuato --
Provenzano voleva richiamare il partito di Forza Italia, nato grazie alla trattativa, a tornare sui suoi
passi e a non scordarsi che lo stesso Berlusconi era frutto dell'accordo".
Durante l'udienza, Ciancimino ha consegnato una lettera manoscritta che suo padre Vito scrisse a
Dell'Utri e "a Berlusconi per conoscenza".

I pm hanno chiesto di acquisirla e il Tribunale ha accolto la richiesta. La difesa di Mori non si è


opposta. Il contenuto della lettera non è stato reso noto.
La settimana scorsa, nella sua deposizione Ciancimino ha detto che Provenzano, capo indiscusso di
Cosa Nostra dal 1993 -- anno dell'arresto di Totò Riina, l'ideatore della strategia stragista mafiosa --
fino all'11 aprile 2006, giorno del suo arresto dopo 43 anni di latitanza, godeva di una sorta di
"immunità" che gli consentiva di muoversi liberamente.
Il figlio dell'ex sindaco di Palermo condannato per mafia e morto nel 2002 fece clamore lo scorso anno
consegnando ai magistrati della procura di Palermo un documento, il cosiddetto "papello", contenente
le presunte richieste di Cosa Nostra allo Stato nell'ambito di una presunta trattativa per mettere fine
alle stragi.

Ciancimino sta deponendo al processo davanti al tribunale penale di Palermo, dove l'ex comandante
dei Ros Mario Mori e il colonnello dei carabinieri Mauro Obinu, sono imputati per favoreggiamento per
la mancata cattura di Provenzano nel 1995.
Nelle precedenti udienze il teste ha citato diversi esponenti politici, incluso Dell'Utri, sostenendo che
suo padre gli aveva parlato di loro rapporti con Provenzano.

Arlacchi: Non credo a Ciancimino. "Non credo a una parola di quanto detto da Ciancimino. E
queste storie le abbiamo già viste e sentite. Sono parole che non giovano altri che a Berlusconi, si
vuole sollevare un gran polverone e screditare così la figura dei pentiti in generale". Così
l'eurodeputato dell'Italia dei Valori Pino Arlacchi, tra i creatori della Direzione Investigativa Antimafia e
amico di Falcone, commenta a CNRmedia la deposizione di oggi di Massimo Ciancimino. "Ciancimino
- continua Arlacchi - ha una posizione giudiziaria interessata ed ha una scarsa attendibilità, a tanti anni
di distanza. Lavorando insieme a Falcone so che questo tipo di dichiarazioni vanno prese con grande
cautela e non vanno sbandierate. Non sono d'accordo nemmeno con Di Pietro che parla di governo
paramafioso. Proprio Di Pietro che ha avuto a che fare con casi molto delicati sa che queste
dichiarazioni vanno prese con grande prudenza. Infine, trovo paranoide il discorso di Forza Italia che
nasce da una trattativa Stato-mafia. Forza Italia è stata una operazione di marketing politico molto
lucida, sofisticata e di successo ed è con questo che dobbiamo fare i conti dal '94. La presunta
trattativa tra Stato e mafia - conclude - non c'entra nulla".

Gasparri: Ciancimino, una farsa per salvare il proprio patrimonio. "Dopo le ultime deliranti
dichiarazioni è chiaro che Ciancimino figlio apre bocca solo per difendere i propri interessi economici".
Ad affermarlo è il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. "Pur di salvare quel
patrimonio accumulato per anni illegalmente - aggiunge Gasparri - è disposto a dire cose impensabili.
Comprese le fandonie che contrastano in maniera clamorosa con ciò che democraticamente il popolo
italiano ha decretato con scelte elettorali chiare e nette. È ora di dire basta con la vergogna di questi
pseudo pentiti alla ribalta".

IL RETROSCENA / La difesa del Cavaliere: "Solo frottole"


Nel Pdl torna la tentazione di rivedere la normativa sui pentiti
Ciancimino, Berlusconi accusa "Un ciarlatano, giustizia a
orologeria"
di FRANCESCO BEI
Silvio Berlusconi

ROMA - "Bene, avanti così. Queste frottole di Ciancimino sono talmente fuori dal mondo che saranno
un boomerang". Raccontano che ieri Silvio Berlusconi fosse di buon umore, eccitato per il disvelamento
al pubblico del suo "gioiello" - villa Gernetto - e al massimo "infastidito" per le rivelazioni del figlio di
Don Vito sulla nascita "oscura" di Forza Italia: "È la solita storia, guarda caso queste cose vengono
fuori sempre prima delle elezioni". Com'è sua abitudine avrebbe voluto contrattaccare subito, ma il
portavoce Paolo Bonaiuti lo ha scongiurato di non mettere in imbarazzo il primo ministro croato,
Jadranka Kossor, con una nuova sparata anti-giudici di fronte ai giornalisti. "Bonaiuti - ha ammesso
infatti il Cavaliere durante la conferenza stampa congiunta - con il suo solito sistema dittatoriale ha
imposto che non ci fossero domande. Ma oggi avrei voluto dare molte risposte". E di sicuro "il
boomerang", la tesi del "complotto a orologeria", sarà una delle armi che il premier userà in campagna
elettorale.

Basterà aspettare domani, quando il Consiglio dei ministri approverà il decreto annunciato dal
Guardasigilli Alfano per evitare le scarcerazioni dei boss. "Quale occasione migliore - filtra dal suo
entourage - per ristabilire la verità e dimostrare che "l'antimafia dei fatti" è più forte di qualsiasi
calunnia?". Ma che Berlusconi ne approfitti o meno per dare addosso al "ciarlatano" Ciancimino, a
questo punto è secondario. La linea è già stata tracciata e la riassume proprio Paolo Bonaiuti: "La legge
sui pentiti non cambia, non c'è nessun ripensamento in atto rispetto a quanto già dichiarato dai ministri
Maroni e Alfano". Il tam-tam che per tutto il giorno è salito dal corpo profondo del Pdl è stato infatti
proprio questo: dopo le parole di Ciancimino è più che mai urgente una stretta sui pentiti. "È ora di
rivedere la normativa", ha tuonato Maurizio Paniz, della consulta giustizia del Pdl. E Alfonso Papa,
membro Pdl dell'antimafia, proclamava "l'assoluta necessità" di intervenire sulle leggi che tutelano i
pentiti.

Eppure nulla di tutto ciò al momento rientra nei piani del Cavaliere. Il disegno di legge di Giuseppe
Valentino resterà per il momento nel frigo della commissione giustizia del Senato. Intanto perché
Ciancimino jr non è un pentito ma un teste. Inoltre perché ormai, come spiega un berlusconiano del
cerchio stretto, "quello che doveva dire l'ha detto e sarebbe inutile intervenire sul piano legislativo". La
strategia punta quindi tutta sul piano mediatico, facendo apparire le dichiarazioni di Ciancimino come
"la seconda puntata" di una stessa operazione iniziata con Gaspare Spatuzza, il pentito che due mesi fa
collegò Berlusconi e Dell'Utri alle stragi del '92-'93. "Era già tutto previsto", si lascia sfuggire Gaetano
Quagliariello con l'aria di chi la sa lunga. Mentre Maurizio Gasparri si chiede "come mai Ciancimino
sia stato lasciato parlare senza prevedere immediatamente un controinterrogatorio da parte della difesa.
Il presidente del Tribunale ha invece rinviato tutto al due marzo perché, poverino, Ciancimino ha detto
di essere stanco".

Berlusconi comunque non resterà in silenzio a lungo. Anche perché i suoi esperti hanno già "testato"
l'impatto "insignificante" di queste rivelazioni sull'elettorato di centrodestra. Stavolta non ci sarà
neppure bisogno di commissionare sondaggi, come fece dopo la deposizione di Spatuzza, per registrare
quanto l'opinione pubblica fosse rimasta colpita dalla presunta "Forza Italia connection". "Ho il 68 per
cento di apprezzamento", ha tenuto a ribadire ieri a Villa Gernetto. Scherzando quindi sulla sua
esperienza di imputato-legislatore: "Sono un esperto di riforme della giustizia, nel senso che non ne
abbiamo fatta nessuna". E mostrandosi in forma, tanto che "persino i cronisti di Repubblica dovranno
ammettere che sono dimagrito".

Tuttavia, al di là dell'immagine di serenità che prova a riflettere all'esterno, nel privato il premier è
tornato nuovamente a sfogarsi contro i pm e la stampa. Lo ha fatto venerdì scorso, al termine di una
settimana segnata dal deposito degli atti nel processo Mediatrade, dove è imputato per evasione fiscale.
"Vogliono farmi passare per uno che non paga le tasse, quando sono il primo contribuente italiano. Le
mie aziende, da quando sono entrato in politica, hanno pagato 7 miliardi di tasse". Uno sfogo contro i
giudici che - ha ripetuto al suo interlocutore al telefono - "vogliono aggredire anche il mio patrimonio
personale".

© Riproduzione riservata (09 febbraio 2010)

Ciancimino: "Mai detto che il premier è mafioso"


Il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo: "Ho sempre escluso, avendolo appreso
direttamente da mio padre, ogni coinvolgimento diretto con ambienti mafiosi".
Bonaiuti: "Si ha l’impressione netta di un meccanismo a orologeria, dell’azione politicizzata di
una certa parte della magistratura"

Palermo - "Mi consenta, gradirà sicuramente l'utilizzo del termine, le confermo che io non
c'ero, quello che lei riferisce nel suo blog corrisponde sicuramente al vero, non c'ero e non ero
presente. Sono però altrettanto sicuro che lei durante le mie dichiarazioni rese in aula innanzi alla
IV sezione del tribunale di Palermo, non c'era, non era presente". Così Massimo Ciancimino sul sito
livesicilia.it risponde alle parole di Gianfranco Micchichè, che ieri aveva detto che quelle di
Ciancimino sono "solo fandonie".

"Escludo coinvolgimento diretto premier" Ciancimino poi parla del premier, Silvio Berlusconi:
"È per la stima che ho sempre avuto per lei, e per la serenità e scevro da secondi fini,
come ultimamente ipotizzati da illustri suoi compagni di Partito, e con il quale ho sempre
reso dichiarazioni innanzi alla Procura di Palermo e Caltanissetta, stessa serenità con la
quale ho sempre anche escluso, avendo lo stesso appreso da direttamente da mio padre,
ogni coinvolgimento diretto del presidente del Consiglio Berlusconi con ambienti
mafiosi". "Vorrei solamente permettermi di invitare lei onorevole e tanti altri personaggi -
prosegue Ciancimino - appartenenti alla stessa sua coalizione politica, a saper aspettare di
conoscere tutte le mie dichiarazioni nella loro interezza rese e ancora da rendere nelle aule di
giustizia, prima di poter arrivare a rilasciare dichiarazioni alquanto banali da me oggi lette nei
principali quotidiani, ben lontane dalla reale mia versione dei fatti. Lasciamo ad altri, in ogni caso,
il compito di stabilirne la veridicità".
L'attacco di Micciché Ieri, il sottosegretario Gianfranco Micciché aveva scritto, tra l'altro, sul suo
blog Sud: "Quelle di Ciancimino jr sono tutte fandonie. La verità è un valore talmente assoluto ed
univoco che non può essere affidata ai 'mi pare', a 'ho sentito dire da mio padre', oppure a 'se non
ricordo male'. La verità è una sola e non conosce nè ammette osservazioni. Io, invece, ho molto da
controreplicare al signor Ciancimino, e le mie non sono controrepliche de relato, io non parlo per
sentito dire, io c’ero a quei tempi, quando fu fondata Forza Italia. Io c’ero, perchè in Sicilia io ho
fondato Forza Italia". "Io c’ero quando Sicilia Libera, il partito nato nel ’93 direttamente collegato a
Cosa Nostra, si schierò contro di noi nel maggioritario. Io c’ero quando chiudemmo alcuni club di
Forza Italia per presunte infiltrazioni mafiose: mi riferisco in particolare al club San Paolo e a
quello di Monreale". "Io c’ero, anzi, la mia famiglia c’era, era lì, terrorizzata, quando - ricorda
Miccichè - ricevetti le minacce di morte da parte di Mandalari. Io c’ero e continuo ad esserci dentro
i governi Berlusconi che da sempre conducono una lotta senza quartiere contro la mafia attraverso
atti concreti".
Bonaiuti: alcuni pm politicizzati "Massimo Ciancimino racconta cose che gli sarebbero state
riferite dal padre, si parla di avvenimenti accaduti più di venti anni fa, ma a cosa serve tutto
questo? Si ha l’impressione netta di un meccanismo a orologeria, dell’azione politicizzata di una
certa parte della magistratura". Paolo Bonaiuti, portavoce del premier e sottosegretario alla
presidenza del Consiglio, intervenendo su Rai-News24 liquida così le accuse di Massimo Ciancimino
sui legami tra la mafia e Forza Italia.

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