Sei sulla pagina 1di 4

GdN sabato 1 settembre 2007

PRIMO PIANO

I3

IL RETROSCENA. «DECIDEMMO DI ATTACCARE SECONDIGLIANO MA NEL PRIMO AGGUATO DEL


FEBBRAIO DEL '98 AMMAZZAMMO LE PERSONE SBAGLIATE»

«Volevamo uccidere Botta e Annunziata, i ras dell'Alleanza»


Il primo incontro con il boss Giuseppe Lo Russo, il neopentio Giuseppe Misso Jr lo
ha avuto nel febbraio del 1998. Questo perché fu scambiato per il killer che aveva
ammazzato due persone legate all'Alleanza di Secondigliano, che in realtà non
dovevano essere ammazzate. Ecco una parte del suo racconto: «Ho avuto rapporti
diretti con il clan Lo Russo sin dal 1998, quando incontrai Giuseppe. Successe,
infatti, che ci fu un attentato contro l'Alleanza di Secondigliano in quanto ci fu
un agguato nella zona di Sangiovanniello e precisamente nei pressi di via
Briganti, zona del clan Contini, facente capo ad eduardo. Poiché in zona era stata
vista una persona grossa, quelli di Secondigliano pensarono immediatamente che io
avessi avuto un ruolo in quell'agguato. Si doveva ammazzare Salvatore Botta ed
Egidio Annunziata ma furono ammazzate altre due persone ( Emanuele Grasso e Ciro
Varriale, ndr) - racconta Peppe Misso jr - Io dell'agguato però non sapevo nulla
anche perché il giorno prima c'era stata una riunione a casa di Vincenzo
Mazzarella, che era molto legato a me e mi considerava come un figlio. Si
discuteva se attaccare o no Secondigliano e io dissi che ero contrario perché sia
noi che loro non eravamo in grado di sostenere una guerra con l'Alleanza di
Secondigliano. A quell'incontro c'era Vincenzo Mazzarella, io, Giulio Pirozzi,
Antonio Mazza, Salvatore Savarese e Paolo Ottaviano, nipote di Mazzarella. Ho
saputo poi che quell'attentato fu compiuto da Ciro Spirito, Paolo Ottaviano e
Carlo Fiorentino (da considerarsi innocenti, ndr). L'ho saputo da Fiorentino che
venne a casa mia alle 23 della sera stessa. Quando io stavo per ritornare a casa
mi esplosero dei colpi di pistola contro, perché credevano che fossi quella
persona grossa che aveva sparato contro i due nel Rione Amicizia. Poi mi chiarii
con Giuseppe Lo Russo, che voleva spiegazioni. Voleva sapere se c'entravamo
qualcosa in quell'agguato», ha concluso "'o chiatto".

[FAPOS]

LA GUERRA ALLA SANITÀ. PARLA IL PENTITO PEPPE "'O CHIATTO": «AVEVO CAPITO CHE
TOTORE `O CAPITONE STAVA APPOGGIANDO I TORINO E INIZIÒ LA GUERRA»

Misso Jr: «Fui io a far scoppiare la faida»


«Non diedi i soldi ai Lo Russo per la droga e ordinai la morte di Colucci»
LUIGI SANNINO
«Non diedi a Salvatore Lo Russo i soldi relativi a un'operazione di due chili di
cocaina, circa 70mila euro. Ragionai così: loro si erano tenuti i soldi della
quota di Maurizio Brandi e io mi tengo questi. Ordinai allora l'omicidio di
Antonio Colucci, affiliato ai Torino, e partì la faida. Una volta scoppiata, nel
tempo avemmo conferma della scelta di campo di Lo Russo, che a un certo punto uscì
praticamente allo scoperto. Infatti agli omicidi commessi dal clan di Salvatore
Torino ai nostri danni iniziarono a partecipare direttamente appartenenti al
gruppo di fuoco dei Lo Russo, come Perfetto». A ricostruire l'inizio della faida
della Sanità, chiaramente dal suo punto di vista, è stato il 24 maggio scorso il
pentito Giuseppe Misso "'o chiatto". E lo ha fatto indicando un inedito
retroscena: la querelle per una somma da versare al capoclan del Vomero, Brandi,
per una tangente ricevuta da un pizzaiolo della Sanità che gestiva un locale nella
zona collinare. Naturalmente va sottolineato, come sempre in casi del genere, che
le persone tirate in ballo dai collaboratori di giustizia devono essere ritenute
estranee fino a prova contraria ai fatti narrati, sui quali devono essere svolte
accurate verifiche investigative. «Avevamo incassato i soldi - ha sostenuto
Giuseppe Misso junior - di un'estorsione commessa al Vomero ai danni di una
persona della Sanità e allora avevo incaricato Salvatore Torino di consegnare la
quota a Maurizio Brandi. Quota che però non consegnò mai. La vittima
dell'estorsione si chiama "Don Mario 'o pizzaiolo", costretto a pagare perché
stava ristrutturando il locale. Brandi, che controlla il Vomero, non avendo
percepito la quota e non sapendo che la vittima aveva già pagato, gli chiese altri
soldi, ottenendoli. Il titolare della pizzeria si lamentò dell'accaduto e così
venimmo a sapere quanto aveva fatto Salvatore Torino». «Torino- ha continuato
"Peppe 'o chiatto" nel corso dello stesso interrogatorio- andò a Miano da Lo Russo
a dire che io non avevo inviato a Brandi la quota sull'estorsione. Allora chiesi
un incontro chiarificatore a "Totore capitone", sempre tramite Giovanni Pennello,
e la riunione si svolse a casa di Lo Russo: un'abitazione che si trova in un
parco. Eravamo io, Salvatore Lo Russo, Pennello, Nicola Di Febbraio 'o telefono,
Michelangelo Mazza e Salvatore Torino». Il summit si concluse con un nulla di
fatto secondo il collaboratore di giustizia del rione Sanità. «Chiesi conto di
quanto accaduto e dissi a Salvatore Lo Russo che Torino aveva violato i patti. Nel
corso della riunione Torino ammise che aveva tenuto per sé la quota di Brandi,
adducendo mille giustificazioni per il suo comportamento. Lo Russo, anziché
prendere posizione contro Torino, iniziò a essere ambiguo: non faceva che dire
"voi vi dovete guardare la Sanità" e non propose nulla per sanare il contrasto. Mi
allontanai sempre più convinto che appoggiava Torino e perciò non gli diedi i
soldi per l'operazione dei due chili di cocaina».

VIA SALVATORE ROSA. L'OMICIDIO DI ANTONIO COLUCCI DIEDE IL VIA ALLA GUERRA TRA IL
CLAN TORINO E I MISSO (NEL RIQUADRO MISSO JR) ___

IL FATTO. "`O CHIATTO": SI SENTIRONO CON MIO ZIO

LE INTERCETTAZIONI. ESTORSIONI A MIANO: «DEVONO PAGARCI ANCHE SE COMMETTONO


RAPINE»

«I capitoni ci chiamarono e ci proposero la tregua»


Nella primavera del '99, secondo quanto ha dichiarato il collaboratore di
giustizia, ci fu un incontro tra Giuseppe Misso junior e Salvatore Lo Russo.
«L'incontro - ha detto il nipote del boss Giuseppe Misso "'o nasone" - nacque
dall'esigenza avvertita dalle famiglie di Secondigliano di proporre a noi Misso
una sorta di tregua. Siamo infatti negli anni della guerra MazzarellaAlleanza di
Secondigliano prima e Misso-Alleanza di Secondigliano poi. Era tornato in libertà
Giuseppe Misso quando ci fu proposto quest'incontro attraverso Michele Armento».
«Mio zio Giuseppe Misso - ha continuato il pentito- però non voleva incontrarsi
con Salvatore Lo Russo perché non si fidava assolutamente e quindi incaricò me.
Vennero nella Sanità a largo Donnaregina Salvatore Lo Russo e Raffaele Perfetto
detto "musso 'e scigna". Venivamo in nome non solo del clan Lo Russo ma di tutta
l'"Alleanza di Secondigliano". Dico questo perché "Totore capitone" mi riferì che
prima d'incontrarsi con noi, avevano discusso della cosa anche con le altre
famiglie dell'"Alleanza". Tuttavia, quando Lo Russo vide che all'incontro mi
presentai io, non volle parlare di nulla in quanto voleva incontrarsi direttamente
con Peppe Misso. Ovviamente lui voleva impegnare direttamente il capoclan nella
tregua che andava a proporre. In fondo, proprio per questo voleva mio zio voleva
evitarlo, in quanto non aveva alcuna intenzione di porre fine all'odio che lo
animava nei confronti del clan Licciardi in particolare». Il pentito ha riferito
alla procura

Il pizzo imposto anche sul pane


Racket sulla vendita di pane a Marianella e sulle fabbriche di pellami a Miano, in
qualche caso addirittura il "pizzo" sulle rapine in banca compiute nella zona.
Nelle conversazioni intercettate a bordo dello yacht in uso a Salvatore Lo Russo
c'è di tutto e da questo gli inquirenti traggono la conclusione, ribadita anche in
occasione degli arresti di "Totore capitone" e Raffaele Perfetto, che il clan non
disdegna alcuna attività illecita. Ecco alcuni brandi conversazione registrati e
agli atti dell'inchiesta contro gli indagati. Perfetto: «Ma poi quello scemo del
Milano che gira sempre per Marianella non sa......». Pecorelli: (indagato a piede
libero): «Milano gira per Marianella? Quello là vende il pane per Marianella».
Perfetto: «Ah, gli ho detto a Milano che il pane non deve essere privatizzato del
suo, eh! Per il pane deve cacciare mezzo al sistema, Pecorelli: «Dell'erba?».
Perfetto: «Eh?.....E metti a due.....». Pecorelli: «Metti quattro o cinque...». Lo
Russo: «No, non penso...». Perfetto: «Ma forse non hai capito, io sono il figlio
dello zio». Pecorelli: «Eh, il cazzo....poi vieni a rompere il cazzo a me». Un
altro brano interessante registrato riguarda presunte tangenti a fabbriche,
secondo gli investigatori individuabili in piccole aziende di pellame tra
Marianella e Miano. Perfetto: «Ho mandato a chiudere un paio di fabbriche...quello
viene e dice..». Pecorelli: «'O Le', quelle sono già chiuse perché è agosto....».
E ride. Perfetto: «Devo cercare...devo vedere di pigliare qualcuno con 30mila
euro, devo cercare, devo vedere come....che sfaccimma vuoi da qua, ma chi sei? In
tutto sei un cacasotto....».

GIUSEPPE MISSO. IL CAPOCLAN DELLA COSCA ______

antimafia anche alcuni dettagli sull'incontro nel rione Sanità. «Con me c'era
Michelangelo Mazza. Ricordo che Salvatore Lo Russo, quando ci vide, si allarmò:
credo che temesse che fossimo andati all'appuntamento per ucciderlo».

[LUISA]

Zio, non il nostro, i compagni che stanno carcerati a Marianella...i compagni a


Marianella». Pecorelli: «'O Le', vediamo un poco la pratica di...». Perfetto: «Ma
quale pratica?». Pecorelli: 'O Le', tu gli devi dare i soldi!». Perfetto: «Oscar,
mio deve morire

mio figlio....io devo vedere chi me li da...e quello mi fa esaurire, zio, devo
vedere chi li da a me..». Pecorelli: «E allora facciamo qualcosa in modo che...».
Perfetto: «E apri una piazza!». Pecorelli: «Dove?». Perfetto: «Dove cazzo vuoi tu,
che ne so io».

[LUISAN]

L'EX RAMPOLLO DELLA SANITÀ ACCUSA: PUNTAVANO ALL'ASSOLUZIONE DEL BOSS

Ergastolo a Lo Russo: «Il clan può risolvere tutto»


Nessuno dei due arrestati è imputato per l'accusa di omicidio ma le indagini sono
in corso, così come i riscontri alle accuse di Giuseppe Misso, allegate alle
pagine dell'ordinanza di custodia cautelare che ha raggiunto Salvatore Lo Russo e
suo nipote Raffaele Perfetto. Il primo omicidio ricostruito e quello costato la
vita a Salvatore Manzo e a Giuseppe D'Amico. "'O chiatto" riferisce che uno degli
esecutori materiali del delitto è stato Raffaele Perfetto, che allo stato però non
è neanche indagato per tale delitto. «Il commando era a bordo di tre moto e vi
furono due cadute. Una prima moto nella galleria della Tangenziale, la seconda
mentre scendeva la via detta del "presepe" che porta alla Sanità. Per il fatto che
i killer si erano rifugiati alla Sanità gli Stabile mi chiesero spiegazioni e
precisamente a Michelangelo Mazza. Lui li convinse affermando che non avevamo
alcun ruolo perché alla Sanità abitava un fratello di Perfetto e quindi avevano
avuto via libera in quella zona». Infine fa riferimento alle vicende processuali e
racconta che i Lo Russo avrebbero pagato il silenzio di Razzano e per puntare
all'assoluzione di Antonio Lo Russo avrebbero impedito a Luigi Pompeo di
patteggiare la pena in appello. «Loro possono risolvere tutto. A guidare una moto
era Luigi Pompeo, su un'altra c'era Tipaldi e a sparare sono stati Lo Russo e
Perfetto, persone che io conosco per i rapporti che c'erano tra i Misso e
"capitoni".

L'OMICIDIO DELL'AMBULANZA. AGGUATO IN TANGENZIALE________

Potrebbero piacerti anche