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Rif.3 - La strana morte del dr.Narducci p.

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Ticchioni non può dire che l’uomo visto sulla barca fosse Narducci,
perché di persona non lo ha mai conosciuto. Però, curiosamente,
ne ha sentito parlare proprio il giorno prima da Emanuele
Petri, il poliziotto che nel 2003 verrà ucciso dalle Brigate rosse
sul treno Roma-Firenze, che vive a Tuoro, un paesino sulle rive
del Trasimeno.
Petri, come capitava spesso, era passato a casa di Ticchioni per
acquistare del pesce fresco. Parlando del più e del meno gli aveva
accennato a un inseguimento fatto al dottor Francesco Narducci,
avvenuto dalle parti di Cortona. Purtroppo infruttuoso ma commentato
con parole eloquenti:
«Guarda che tanto lo chiappiamo».
Di quella confidenza Ticchioni cambierà versione nel tempo. Al
magistrato Giuliano Mignini, all’inizio delle indagini, racconta:
«Petri mi disse che stavano pedinando da tempo il medico,
perché avevano trovato dei resti umani femminili dentro il frigorifero
della sua abitazione di Firenze».
In sede di incidente probatorio però Ticchioni afferma di non
ricordarsi più di quelle dichiarazioni, rese solo un anno prima.
Nell’aula di tribunale è molto meno loquace, si giustifica con le
precarie condizioni di salute, con il tumore che l'ha colpito e che
l’ha costretto a subire ben sette operazioni.
cc
Gli vengono mosse delle contestazioni precise su questo cambio
di scenario e di particolari. Come ad esempio il mezzo utilizzato
da Narducci per sfuggire ai poliziotti: mentre in un primo
tempo aveva parlato di una moto, in aula parla di una macchina,
molto potente.

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