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La violenza di genere contro le donne è un fenomeno strutturale e

sistemica

…?
Attraversa tutti gli ambiti delle nostre vite
e si fonda su comportamenti radicati e
stereotipi
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato le
violenze maschili contro le donne come un problema di salute
pubblica, a causa delle conseguenze a breve e a lungo termine
che essa produce, ivi inclusi gli omicidi. Due rapporti dell’OMS
attestano la rilevanza assegnata al problema:
- il “Rapporto su violenza e salute nel mondo” del 2002 (Krug et
al., 2002)
- l’indagine condotta direttamente dall’Organizzazione in 10 paesi
a livello mondiale (Bangladesh, Brasile, Ethiopia, Giappone,
Peru, Namibia, Samoa, Serbia e Montenegro, Thailandia,
Tanzania) il “Multi-country Study on Women’s Health and
Domestic Violence against Women” (Garcia-Moreno et al.,
2005).
Il Rapporto dell’OMS propone una definizione generale di violenza, in
base alla quale violenza è:
“L’utilizzo intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o reale,
contro se stessi, un’altra persona, o contro un gruppo o una comunità,
che determini o che abbia un elevato grado di probabilità di
determinare lesioni, morte, danno psicologico, cattivo sviluppo o
privazione”.
(Krug et al., 2002, p. 21)
“La violenza da parte del partner si verifica in tutti i paesi, a prescindere
dal gruppo sociale, economico, religioso o culturale. Sebbene le donne
possano essere violente nelle relazioni con gli uomini, e la violenza si
ritrovi talvolta nelle relazioni con partner dello stesso sesso,
l’insopportabile carico della violenza all’interno della coppia sostenuto
dalle donne per mano degli uomini”.
Femminicidio
Il termine (femicide) è stato diffuso per la prima volta da Diana
Russell che, nel 1992, nel libro Femicide: The Politics of woman killing,
attraverso l’utilizzo di questa nuova categoria criminologica “nomina” la
causa principale degli omicidi nei confronti delle donne: una violenza
estrema da parte dell’uomo contro la donna «perché donna».

“Il concetto di femmicidio si estende al di là della definizione giuridica di


assassinio ed include quelle situazioni in cui la morte della donna
rappresenta l'esito/la conseguenza di atteggiamenti o pratiche sociali
misogine.”
Donne uccise “in quanto donne”.
La loro “colpa” è stata quella di aver trasgredito al ruolo ideale di donna
imposto dalla tradizione (la donna obbediente, brava madre e moglie, la
“Madonna”, o la donna sessualmente disponibile, “Eva” la tentatrice), di
essersi prese la libertà di decidere cosa fare delle proprie vite, di essersi
sottratte al potere e al controllo del proprio padre, partner, compagno,
amante…
Punite con la morte per la loro trasgressione.
Chi ha deciso la loro condanna a morte? Certo il singolo uomo che si è
incaricato di punirle o controllarle e possederle nel solo modo che gli era
possibile, uccidendole, ma anche la società non è esente da colpe. Diana
Russell sostiene che “tutte le società patriarcali hanno usato –e
continuano a usare- il femminicidio come forma di punizione e controllo
sociale sulle donne”.
Femminicidio (feminicidio) è per Marcela Lagarde:
«La forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto della
violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso
varie condotte misogine -maltrattamenti, violenza fisica, psicologica,
sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare,
comunitaria, istituzionale- che comportano l’impunità delle condotte poste
in essere tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna
in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il
tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta
di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze fisiche e psichiche
comunque evitabili, dovute all’insicurezza, al disinteresse delle Istituzioni e
alla esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia».
“La cultura in mille modi rafforza la concezione per cui la violenza maschile
sulle donne è un qualcosa di naturale, attraverso una proiezione
permanente di immagini, dossier, spiegazioni che legittimano la violenza,
siamo davanti a una violenza illegale ma legittima, questo è uno dei punti
chiave del femminicidio”.

Il femminicidio secondo Marcela Lagarde è un problema strutturale, che va


aldilà degli omicidi delle donne, riguarda tutte le forme di discriminazione
e violenza di genere che sono in grado di annullare la donna nella sua
identità e libertà non soltanto fisicamente, ma anche nella loro
dimensione psicologica, nella socialità, nella partecipazione alla vita
pubblica (donne che subiscono per anni molestie sessuali sul lavoro, o
violenza psicologica dal proprio compagno, difficoltà, una volta trovata la
forza di uscire da quelle situazioni, di ricostruirsi una vita, di riappropriarsi
di sé).
Quando parliamo di femminicidio non stiamo semplicemente indicando
che è morta una donna, ma che quella donna è morta per mano di un
uomo in un contesto sociale che permette e avalla la violenza degli
uomini contro le donne. Parliamo del culmine di una violenza che non
esplode all’improvviso, ma che l’aggressore ha già rivolto contro quella
o altre donne in molte altre forme. Per esempio, è più che verosimile
che un marito che uccide la moglie l’abbia vessata per anni, che a
monte della separazione da un ex che poi “uccide per gelosia” ci sia una
fuga dalla violenza di quest’ultimo, ecc.
La violenza (non) vista dai teenager.

Per un giovane tra i 18 e i 29 anni su quattro, la violenza sulle donne è


dovuta a raptus momentanei, giustificati dal troppo amore e va
affrontata dentro le mura di casa. Una percentuale preoccupante di
teenager di entrambi i sessi tollerano i comportamenti violenti e
possessivi nell'ambito di una relazione, mentre i maschi in particolare
condividono una visione ancora fortemente sessista e stereotipata delle
differenze di genere. E la violenza in rete? Per il 21% delle ragazze e
ragazzi, il cyberstalking rientra nella normalità.
Rimane forte a tutt’oggi l’invisibilità maschile,
ovvero la tendenza a nominare il problema.
Una delle domande importanti che oggi si
impongono infatti che cosa sia necessario fare
perché, a livello sociale e istituzionale,
dell’esercizio della violenza si chieda conto agli
uomini che la agiscono e perché coloro che, senza
agirla, trovano la violenza nel loro bagaglio storico
culturale legato al genere, giungano ad
assumersene responsabilità, prendendo di fronte
ad essa posizione…
Legge n. 66/1996
Norme contro la violenza sessuale

Questo intervento legislativo, con il quale il Parlamento italiano ha


cercato di voltare le spalle a un passato in cui la violenza sessuale era
considerata un reato contro la morale e non contro la persona, arriva a
conclusione di un lunghissimo cammino fatto di accese discussioni e
dibattiti che dalla fine degli anni Settanta alla metà dei Novanta
coinvolsero tanto la società civile quanto il suo Parlamento.
Processo per stupro è un film del 1979 diretto da Loredana Dordi. Fu il
primo documentario su un processo per stupro mandato in onda dalla RAI.
Ebbe una vastissima eco nell'opinione pubblica relativamente al dibattito
sulla legge contro la violenza sessuale.
L'idea di documentare un processo per stupro nacque in seguito ad un
Convegno Internazionale sulla «Violenza contro le donne», organizzato dal
movimento femminista nell'aprile del 1978 nella Casa delle donne in via del
Governo vecchio, a Roma.
In quel convegno emerse che ovunque nel mondo, quando aveva luogo un
processo per stupro, la vittima si trasformava in imputata.
Il documentario fu filmato al Tribunale di Latina e mandato in onda per la
prima volta alle 22:00 il 26 aprile 1979. Fu seguito da circa tre milioni di
telespettatori; a seguito di richieste di replica, fu ritrasmesso in prima serata
nell'ottobre dello stesso anno e fu seguito da nove milioni di telespettatori
La parte lesa nel processo filmato era una giovane di 18 anni, Fiorella (il
cognome non è reso noto), che denunciò per violenza carnale di gruppo
quattro uomini sulla quarantina, fra cui un conoscente. Fiorella, lavoratrice in
nero, dichiarò di essere stata invitata da Vallone in una villa di Nettuno per
discutere una proposta di lavoro stabile come segretaria, e di essere stata
sequestrata e violentata per un pomeriggio. Gli imputati ammettono
spontaneamente i fatti al momento dell'arresto; interrogati successivamente,
negano tutto; in istruttoria, dichiarano che il rapporto era avvenuto dopo aver
concordato con la ragazza un compenso di 200.000 lire. Dei quattro imputati,
uno si rese latitante. Il processo fu reso difficile dal fatto che la vittima
conosceva l'imputato principale e non presentava segni di percosse o
maltrattamenti.
• https://www.youtube.com/watch?v=Nd4hKM62vwY
• https://www.youtube.com/watch?v=8w22JHWbw1g
• http://www.raistoria.rai.it/articoli/la-violenza-sulle-donne/34785/def
ault.aspx

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