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LA PESTE IN EUROPA- W. NAPHY, A.

SPICER

La percezione della peste nel passato, in particolare durante le sue prime manifestazioni, era molto legata
alla religiosità. I musulmani arrivavano persino a credere che coloro che si ammalavano fossero benedetti e
scelti da Dio, e quindi destinati al Paradiso, questo sicuramente non li ha aiutati nel contenimento del
contagio. Altre credenze erano quella Cristiana Orientale la vedeva come un ammonimento in campo
religioso, ovvero come un incentivo ad inasprire ancora di più le lotte contro l’eterodossia, l’eresia e l’islam,
e quella dei Cristiani d’Oriente, che la percepivano come un castigo divino, una punizione che colpiva i
peccatori. Questi diversi punti di vista hanno sicuramente influenzato, almeno parzialmente, il modo di
interfacciarsi con il morbo e percepirne la gravità. D’altronde le piaghe sono ben descritte fin dall’antichità,
persino nei testi biblici, accompagnano da sempre la storia dell’uomo.

Ma in che condizioni si trovava l’europa nel momento in cui venne colpita dalla pestilenza? Alcuni pensano
che fosse in piena “trappola Malthusiana”, ovvero che si trovasse in una situazione di sovrappopolazione
tale da esigere un tempestivo freno naturale. In realtà non è proprio così, l’Europa era sì sovrappopolata,
ma la peste fu solo la goccia che fece traboccare il vaso, andando ad infierire su un continente già molto in
difficoltà e che avrebbe dovuto fronteggiare momenti difficili in ogni caso. La peste accelerò solamente
questo processo.

CAPITOLO SETTIMO- NON SOLO DI PESTE

La peste non è certamente l’unica malattia che ha colpito l’umanità, basti pensare a vaiolo e morbillo, che
hanno mietuto moltissime vittime, lebbra, tubercolosi, sifilide e ancora colera, febbre gialla, febbre tifoidea,
tifo. Allora perché la peste gode di questo “mito” particolare? Ci sono vari fattori

1. La sua prima comparsa nel XIV secolo traumatizzò gli europei occidentali
2. Colpiva non solo le fasce deboli della popolazione, ma anche persone perfettamente sane
3. Colpiva anche le classi abbienti
4. Non era permanente, si ripresentava ogni tot anni, al contrario ad esempio del vaiolo, aveva
un’esplosività che si lasciava dietro molti morti in relativamente poco tempo

Quindi in sostanza per la sua imprevedibilità, ferocia e per il fatto che non solo sconvolgeva la demografia,
ma la comunità in tutti i suoi aspetti, economici, politici e sociali.

Prima della comparsa della peste un ruolo simile era svolto dalla lebbra, vista come manifestazione della
collera divina, e per la quale vennero eretti i lazzaretti. C’è un modo quindi di trattare la peste che si rifà in
gran parte a come la lebbra era percepita.

LEBBRA

In realtà non si hanno informazioni certe su quando sia comparsa, e c’è inoltre un’ambiguità legata al suo
nome nel designare un certo gruppo di persone. Infatti, se in oriente la lebbra è attestata come
deturpazione fisica già dal 600 a.C., in occidente questa accezione inizia a confondersi con quella
peccaminosa a partire dall’ VII secolo il lebbroso aveva comportamenti moralmente scorretti dio lo
puniva con la lebbra. Ma l’ambiguità si rifà ad una traduzione del termine nel passaggio tra bibbia ebraica in
greco e in latino. Nella bibbia ebraica, infatti, il termine denotava una generale condizione di purezza
piuttosto che una malattia ben specifica, stessa cosa nella traduzione greca. Quando venne tradotta in
latino e a causa della traduzione di alcuni testi medici che invece indicavano la condizione specifica del
lebbroso con lo stesso termine LEPRA, la parola divenne indice di due cose: sia l’impurità generale che la
malattia, che andarono a mescolarsi, se si aveva una probabilmente si aveva anche l’altra.
Quindi sorge il dubbio che la malattia in Oriente fosse l’hanseniasi e che il termine “lebbroso” fosse
indicativo di “degradato” anche socialmente. Certo c’è sempre la possibilità che fosse una vera e propria
malattia, ma anche le evidenze mediche non sono moltissime.

IL VAIOLO

Non si conosce bene la sua origine, la prima testimonianza è nel 910, ma si tratta di una malattia che
colpisce soprattutto i bambini, uccidendo il 5-10% e lasciando chi sopravvive con un’immunità per la vita. La
sua letalità è quindi legata a quelle zone “vergini” che non sono mai entrate in contatto con la variante che
colpiva i bambini, cosa che succede nel 1720 nell’isola di Foula, e nella tragica invasione coloniale in
America, dove la malattia fa strage e dà una grande mano ai conquistadores nel sottomettere le popolazioni
native. Per contrastare il vaiolo si inizia a praticare l’inoculazione, ovvero lo strofinare del pus di un infetto
su un piccolo taglio del sano, per avere una moderata reazione del sistema immunitario. La pratica veniva
dall’Africa e si diffonde prima nel Nuovo Mondo e poi pian piano anche nel vecchio. Questo dà una grande
mano nella debellazione del morbo.

LA SIFILIDE

Si tratta di una malattia “nuova”, concetto inviso agli europei, che tendevano a ricondurre tutto agli antichi
e pensavano di conoscere ormai il mondo. Quindi si cercò di giustificarla con congiunzioni astrali, altri la
classificarono come un nuovo tipo di lebbra. Fin da subito però fu chiara la natura legata ai rapporti
sessuali, a causa di sintomi facilmente riconducibili a questi, proprio questo aspetto ha contribuito a
rendere i casi difficilmente rintracciabili; infatti nel contrarla era implicita una condotta morale riprovevole,
un’impurità secondo i “valori” del tempo. Altro fattore che non la rende facilmente tracciabile è la
lunghezza che impiega ad uccidere certe persone, anche 30 anni, quindi era più frequente che morissero di
altre cause prima.

Forse deriva da un salto di specie, non si sa, però quando compare per la prima volta, gli europei sono
concordi nel pensare che la propagazione iniziale sia stata fatta dalle truppe di Carlo VIII nel 1494 in Italia e
da lì in Francia. Inizialmente uccise con rapidità e frequenza altissime e si pensa che inizialmente si
sviluppasse da forme non veneree, già esistenti in America e quindi portate agli europei dagli indigeni,
sebbene le forme non veneree siano attestate nel nuovo mondo non si ha invece alcuna prova che la sifilide
sia nata lì.

Si cercava di curarla con il mercurio, cosa che ovviamente accelerava la morte dei pazienti

LA MALARIA E LA FEBBRE GIALLA

Importate entrambe dall’Africa durante la tratta degli schiavi, queste malattie non attecchirono in Europa
se non in forma moderata, forse a causa del clima, ma fecero strage degli europei in America. Gli schiavi
africani erano infatti immunizzati, ma portarono i morbi in territori vergini, morbi tra l’altro molto
aggressivi, con tassi di mortalità anche del 25%.

Ancora oggi costituiscono una piaga nei paesi meno civilizzati

STRASCICHI DELLA PESTE

La peste di Marsiglia del 1720 è dagli storici considerata l’ultimo grande episodio della malattia su suolo
europeo, nonché la fine della seconda ondata pandemica. In realtà questa divisione non è accurata; infatti
nel 700 e nell’800 alcuni stati europei sono ancora colpiti, già nel 1743 Messina venne nuovamente colpita,
e poi dal 1738 al 1744 da Ucraina a Ungheria, Austria e Polonia e ancora a inizio 800, nonostante
precauzioni prese dalla monarchia austriaca, la peste si insediò nella penisola balcanica, per poi raggiungere
il sud e l’oriente (Costantinopoli, Russia, Egitto nonostante i tentativi di contrastarla con Mahmet Ali’
Pascià). Per poi continuare nella terza pandemia a partire dal 1894, che però colpì l’Europa solo in minima
parte, diffondendosi soprattutto in India, in estremo oriente (Cina, Giappone), facendo vittime in diverse
città australiane, e solo qualche puntatina in portogallo e a Vienna.

Ad oggi ogni anno si presentano dei casi isolati nelle zone in cui la peste è rimasta endemica nelle colonie di
topi (India, Mongolia, Cina), ma studi medici specializzati hanno trovato un siero in grado di contrastarla.

CAPITOLO OTTAVO: L’ERDITA’ DELLA PESTE IN OCCIDENTE

La catastrofe della peste ha lasciato conseguenze rilevanti nella società di oggi:

da una parte una certa sfiducia nei medici, che in passato uccidevano i pazienti con i loro rimedi e che oggi
invece si affidano a rimedi unicamente chimici, e nelle istituzioni, sempre pronte a mettere al primo posto
l’ordine sociale e il mantenimento del loro status rispetto alla salute e alle esigenze dei cittadini. Poi un
certo sentimento di superiorità nei confronti dei morbi che adesso sono curabili, nonostante non sia
sempre così, per esempio l’aids e la BSE, malattie “nuove” e derivate dagli animali (che tra l’altro hanno in
comune con noi moltissime potenziali malattie) possono solo, la prima, essere limitata, e per la seconda
non si conosce rimedio. Inoltre, è rimasta una certa idea di accostamento tra purezza morale e sanità, come
se la venuta di un morbo sia da collegare a una sporcizia sia interiore che esteriore. Anche gli atteggiamenti
di reazione sono gli stessi: quarantena e isolamento, prima di tutto, talvolta anche in quei casi in cui non è
necessario (aids). Nonostante ciò, è chiaro da mutamenti ed evoluzioni inaspettate di alcuni morbi, come la
sparizione della peste e la facilità con cui certe malattie sono passate dagli animali all’uomo, che noi non
possiamo poi molto di fronte alla natura. Sad.

Il trauma collettivo che la peste ha lasciato nella società è particolarmente evidente nell’episodio della
scoperta di alcuni casi di peste a Mumbai negli anni Novanta, occasione in cui l’India intera venne isolata
dall’occidente, furono vietati voli e tutto quanto nonostante il Pakistan, che non venne isolato, fosse più
vicino a Mumbai che non Calcutta, senza quindi alcun rigor logico, in preda a un panico confuso e senza
ascoltare le opinioni dei medici, forse complice la reputazione sanitaria debole dell’India.

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