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Il pestifero e contagioso morbo

Introduzione
Dopo la grande pandemia del 1348 la peste divenne endemica in Europa e per
oltre tre secoli divamparono epidemie in molte regioni, ebbero effetti sulla vita
europea a livello demografico ed economico, sociale e politico, artistico e
religioso. I veri cattivi sono i microbi, che oggi conosciamo sotto nome di
Yersinia pestis, i ratti che ospitavano i microbi, le pulci, la povertà e la sporcizia,
il libro non è dedicato al personaggio del cattivo, ma alla battaglia disperata che
un manipolo di uomini combatterono. Il sistema era basato su speciali
magistrature che combinavano poteri legislativi, giudiziari ed esecutivi in tutte le
faccende che riguardavano la sanità pubblica. L’obiettivo principale rimase
prevenire e controllare le epidemie, alla metà del cinquecento tutte le città
principali dell’Italia settentrionale avevano magistrature della sanità pubblica, a
Napoli esisteva una struttura relativamente poco sviluppata, che si
caratterizzava tipicamente per la corruzione e l’inefficienza, come dimostra
l’episodio riportato nel secondo capitolo, l’area d’organizzazione sanitaria era
compresa fra Venezia, Milano, Genova, e Firenze veniva così a essere di gran
lunga la più sviluppata in Europa. I magistrati facevano del loro meglio per
combattere la peste, ma cosa fosse la peste non lo sapevano, le loro misure
preventive non erano altro che ipotesi azzardate. Isolamento di famiglie,
separamento dei congiunti nei lazzaretti, chiusura di mercati e commerci,
l’aumento della disoccupazione, i roghi di mobili e beni, ecce cc, gli ufficiali della
sanità combattevano una battaglia invisibile, il paradosso era che le loro azioni li
rendevano impopolari nei confronti della gente che volevano proteggere
Capitolo Primo

Speculazioni, Osservazioni e provvidenze


Nel 1557-1558 una grave epidemia colpì la Sicilia, il dottor Giovanni Filippo Ingrassia
ammoni le autorità a non chiedere ai medici informazioni specifiche sulle terapie, la
terapia doveva essere affare soltanto del medico verso il paziente. Gli uffici della sanità
dovevano provvedere all’universale. I dottori si occupavano non soltanto della terapia
ma anche della prevenzione, erano tenuti a fornire consulenza tecnica agli uffici della
sanità, Giovan Agostino Contardo rimarcava che in medicina “La parte preservativa è
più nobile assai, e più necessaria che la curativa”. La loro applicazione risultava mal
indirizzata e approssimativa, la convinzione predominante era che il morbo avesse
origine da atomi velenosi da individui infetti (persone, animali e oggetti), aria
miasmatica, aria corrotta a costituire la condizione di base indispensabile perché
scoppi un’epidemia di peste, se inalati avvelenano il corpo e portano alla morte, ne
conseguiva logicamente che il solo modo per evitare la diffusione della malattia era
interrompere ogni contatto, non dovremmo ridere dei dottori del tempo, ancora oggi
trecento anni dopo i dottori credono che se i propri modelli sono logici e coerenti
devono essere anche esatti, il vero test di esattezza è l’osservazione, egli non è in grado
di comprendere fatti senza fare riferimento a un certo numero di concetti esistenti,
nemmeno il ricercatore più incline all’induzione parte mai da una tabula rasa, è
possibile che il ricercatore non si accorga nemmeno di quel che gli passa sotto gli occhi.
All’inzio del secolo decimosettimo in Francia i medici indossarono una palandrana di
toile-cirèe, una sottile tela di lino rivestita di una pasta fatta di cera mescolata a
sostanze aromatiche, l’epidemia del 1630-1631 venne spesso impiegato non solo in città
come Bologna, Lucca e Firenze, ma anche in piccoli paesi. L’idea era che gli atomi si
attaccassero su superfici ruvidi e non su quelle lisce e scivolose , i medici trovarono in
ciò una conferma alla loro teorie visto che apparentemente sembrava funzionare.
Padre Antero non aveva alcuna fiducia in queste precauzioni, scherzando disse che nel
lazzaretto la sua unica funzione sarebbe stata quella di non far attaccare le pulci,
l’osservazione era corretta, era giunto incredibilmente vicino a una scoperta assurda
ma non lo fece, nel sistema di pensiero le pulci erano animali fastidiosi ma innocui, il
sistema di conoscenze era universale e autorevole. L’osservazione sulle pulci era quasi
una battuta. I medici ossevarano che gli individui piu colpiti erano coloro che
maneggiavano merci come lana e simili. Si resero conto che la pese prevaleva in genere
nei mesi estivi. Mancarono di collegare il fenomeno col ciclo di vita di ratti e pulci, e
durante i mesi piu caldi si avvertirono gli odori piu immondi, la lezione della storia è
che fin troppo spesso le persone trovano piu facile manipolare i fatti per adeguarli alle
proprie teorie che adattare le proprie teorie ai fatti osservati. La prima cosa da fare
per impedire che insorgesse o si diffondesse un’epidemia era sanificare l’ambiente, due
secoli quando il colerà flagello l’Europa la salute pubblica si mosse allo stesso modo.
La Magistratura temeva che nelle case di basso ceto la gente dormisse magari su
pagliericci vecchi e sporchi, i gentiluomini della compagnia scoprirono infatti un grado
di diffusione della povertà assolutamente inimmaginabile, avevano trovato solo pochi
malati che forse non passano il numero di dodici, ma avevano scoperto molte case dove
non vi erano letti, la magistratura fu in grado di contare i nuovi pagliericci necessari
per ciascuno dei sei sestieri di Bologna:
Sesto di San Giovanni 638
Sesto di Santa Maria novella 148
Sesto di Sant’Ambrogio 84
Sesto di Santa Croce 109
Sesto di Santo Spirito 225
Sesto di San Giorgio 143
Bruciare i materassi era una misura cui si faceva normalmente ricorso in tempo in
tempo di epidemie, l’epidemia del 1630 fu unica poiche furono bruciati pagliericci di
persone sane, si trattò di un provvedimento preventivo, i pagliericci vecchi e sudici
erano il piu probabile ricettacolo delle pulci.
Quando scoppiavano epidemie vietavano commerci e contatti, le autorita decretavano
una quarantena generale, nel 1630 a firenze maschi e femmine dai tredici anni in giu
dovevano stare in quarantena, vi furono diversi costi pag 29.
Oggi come nel cinquecento e nel seicento, quando la gente brancola nel buio i costi
sono sproporzionati ai benefici, nella loro Battaglia impossibile erano guidati da
alcune osservazioni corrette, ma erano anche mal indirizzati da teorie errate.
Capitolo Secondo

Sanità pubblica e relazioni internazionali


Il 14 giugno 1652 la magistratura della Sanità inizio a bandire la citta di alghero
e a sospendere l’intera Sardegna, com’era abitudine al messaggio veniva allegato
a stampa del bando e sospensione, bando e sospensione erano termini tecnici
usati comunemente per indicare l’interruzione del commercio e della
comunicazione regolari. Coloro che violano il bando o sospensione venivano
considerati banditi e soggetti alla pena capitale. La differenza era la gravità, la
regione veniva bandita quando la presenza della peste era stata positivamente
accertata. La sospensione veniva adottata come misura di precauzione quando la
presenza della peste non era stata accertata ma vi era il sospetto legittimo che
l’area potesse divenire infetta, la sospensione era decretata per beneplacito vale
a dire che poteva essere revocata con la stessa facilità e rapidità con cui era stata
deliberata, nel corso del secolo decimosesto e decimosettimo le Magistrature
della sanita delle citta capitali delle repubbliche e dei principati dell’Italia
settentrionale avevano la consuetudine di scambiarsi informazioni circa le
condizioni sanitarie. Quel che di eccezionale v’era nel messaggio di Genova del
14 giugno era la gravità dell’informazione, per mesi le autorità erano state ad
osservare l’avanzata della peste, il morbo aveva devastato spagna, francia,
Genova riferiva che aveva fatto la sua comparsa in sardegna, la maggior parte
della gente ricordava la strage del 1630 e ciò creava solo maggiore tensione. Il 19
giugno Genova fece circolare un altro messaggio allarmante, un vascello
genovese salpato da alghero 10 giorni prima era arrivato a Genvoa e il capitano
aveva riferito che lo scrivano di bordo era morto nella citta sardà , forse di peste.
Le notizie provenienti da Genova suscitarono reazioni immediate e allarmanti, il
22 e 25 giugno vennero proclamati pubblicamente Bando di Alghero e
sospensione della Sardegna. Livorno e Pisa avevano prese misure urgenti nei
confronti dei vascelli provenienti dalla sardegna e dalla corsica, nessuno aveva
menzionata la corsica data la prossimita delle due isole, la comunicazione fra le
due era frequente e intensa.
Ma non essendo stato denunciato nessun caso di infezione, impedire approdo di
imbarcazioni della corsica era poco prematuro e discutibile. La corsica era un
dominio genovese, I magistrati della sanità di firenze di norma avrebbero
dovuto chiedere informazioni a genova, ma di fretta e sottopressione(usata come
giustidicazione) smisero di smerciare con loro, dovettero sentirsi in imbarazzo
poiche nel 1648 epidemia di tifo, roma aveva bandito la toscana senza consultare
firenze e gli diedero contro ma ora essi si comportarono allo stesso modo,
l’ordinanza fu promulgata il 28 giugno, la magistratura fiorentina si affretto a
inviare le copie a lucca. Le autorita genovesi dimostrarono la loro onesta
informando subito le altre magistrature su un caso di peste da un vascello
arrivato dalla sardegna, vi furono vari problemi con le lettere e i genovesi
risposero prontamente anche se divisi in due fazioni ma a prevalere fu quella piu
furibonda che sospese il porto toscano di piombino, isola d’elba e pianosa.
Le relazioni tra il granducato e la repubblica erano messe sotto tensioni da
rivalita economiche, da un lato genova scorgeva nella rapida ascesa del porto di
livorno una minaccia ai propri interessi commerciali, dall’altro i toscani
diffidavano dai genovesi. Il 10 luglio il magistrato di firenze sospese il
commercio con la citta di genova e suo dominio, i genovesi reagirono senza
frapporre indugi, ma appresero due vascelli provenienti dalla sardegna a
livorno, il 13 luglio Genova sospese livorno. Firenze affermo che il
provvedimento di Genova era stato preso ad vindictam, come appreso nella
storia era stato molto facile aprire il conflitto che portarlo a una conclusione,
l’orgoglio impediva ai fiorentini di riconoscere che probabilmente avevano
commesso un errore, all’inizio di giugno un’imbarcazione di Livorno chiamata
“La madonna della speranza” era partita da alessandria d’egitto, fece scalo nel
porto di rosetta dove era scoppiata un’epidemia di peste, il comandante aveva
contratto l’infezione. Quando cercarono di approdare a livorno le fu negato
l’ingresso, il vascello allora trasmise la notizia che a livorno erano arrivati
passeggeri genovesi, nonostante la sospensione erano autorizzati a sbarcare e
andare liberamente in giro dopo 3 giorni di quarantena. I magistrati che
avevano atteso con ansia la risposta della repubblica ligure, erano piu che
disposti ad accomodare la disputa e in risposta oltre le critiche gli fu consigliato
di revocare la sospensione di genova, dal momento che nella lettera del 25 i
genovesi avevano dichiarato che la citta godeva di buona salute, “ di che
potranno le SS.VV. sodisfarcene”, la corte di firenze pensava che si potesse usare
quella frase come un invito a inviare a Genova una missione d’indagine, la
missione consisteva tipicamente di una sola persona che poteva essere un medico
o un chirurgo, in questo caso il granduca mandò un dottore e un gentiluomo, essi
riconobbero che se le misure preventive potevano aspirare a qualche chance di
successo dovevano essere concordate con gli stati confinanti attraverso azione
comune, il granduca con i consiglieri avevano sviluppato l’idea di una
capitolazione da convenirsi tra firenze genova e santa sede, l’accordo avrebbe
vincolato le tre potenze ad adottare pratiche di sanita pubblica comuni, lo
schema è passato del tutto inosservato sia dagli storici generalisti sia dagli storici
della medicina.
D’accordo con la corte i magistrati designarono il dottor monti e il signor
silvestri perché portassero a termine la misisone, l’intera faccenda cominciò a
muoversi lungo due direttrici parallele: sul piano tecnico dalla magistratura
della sanità ci si attendeva che mantenesse il contatto con propria controparte a
genova si auspicava che raggiungesse l’accordo desiderato. Sul piano della
diplomazia la corte allertò il proprio rappresentante diplomatico a Roma,
istruendo di infromare la santa sede in merito all’iniziativa toscana. Il signor
silvestri e il dottor monti partirono in nave il 2 agosto e arrivarano a genova il 3
agosto. Gli inviati toscani furono portati in una stanza adiacente a quella in cui
si trovava la Magistratura della Sanità e li vennero lasciati mentre il sindaco
comunicava ai magistrati lo scopo della missione toscana. L’uomo fu condotto
nella camera principale, illustrò nel dettaglio lo scopo della missione e le
proposte della magistratura fiorentina, parlò il cancelliere ed annunciò che la
richiesta di ispezionare genova era ragionevole, fu organizzato appuntamento
per giorno 5 agosto al quale i genovesi non si presentarono, giustificarono la
propria assenza appellandosi a un’incombenza urgente e inattesa, Silvestri
sospettava che essi stessero invece accertando che tutto fosse in ordine nei luoghi
in procinto di essere controllate. Il dottor Monti fu cosi in grado di stendere un
rapporto, nel lazzaretto vi erano 293 pazienti, di 55 individui era sottoposto a
quarantena brutta, il nome deriva dal fatto che erano descritti come brutti
perche avevano contratto l’infezione o erano stati a stretto contratto con infetti,
in un’altra parte del lazzaretto trovarono altri 238 ricoverati. Il dottore visitò
anche diversi marinai dei vascelli fermi al porto, 553 marinai e infine lo spedale
Maggiore e lo Spedale degli incurabili. Nello spedale maggiore i pazienti erano
classificati in due gruppi principali: quelli con febbri e i pazienti per il cerusico.
La parola febbre copriva tutti i tipi di condizione patologiche sintomatiche e cio
rifletteva l’ignoranza di fondo, in tutti e due gli ospedali il numero delle donne
superava quello degli uomini tranne in alcune. Nel 1652 Genova contava una
popolazione di circa 80mila persone, i 1114 pazienti dei due ospedali
rappresentavano l’1.4 per cento della popolazione. L’8 agosto il signor silvestri e
il dottor monti erano pronti a dare il verdetto, l’ispezione aveva dissipato ogni
possibile dubbio sulla questione sanitaria, occorreva una revoca formale delle
sospensioni e ciascuno stato doveva aprire le frontiere, i magistrati si
accingevano quindi a preparare una risposta scritta per la magistratura di
firenze, silvestri non era affatto contento, disorientato andò di gran carriera dal
signore Giovanni Spinola un gentiluomo genovese con ottimi rapporti con
firenze, poteva considerarsi abolita la sospensione? Alla fine risolverono le
questiono con non poca insistenza di Silvestri, dopo vari dubbi sulla possibile
risposta Genova confermò la capitolazione e lo sblocco del mercato e dei paesi.
La Magistratura fiorentina si riunì il 18 agosto, si trovò di buon grado d’accordo
con il granduca e si affrettò a comunicare a Genova che stava per essere
emanato l’ordine di riaprire i confini e di ripristinare i commerci, l’ordinanza fu
pubblicata il 19 agosto in tutte le città e quello stesso giorno furono inviati a
Milano, Venezia, Ferrara, Mantova, Parma, Modena, Ancona e Bologna.
Genova rispose il 23 agosto e fu così che le situazioni tra le due potenze si
normalizzò, ma ai fiorentini non bastava volevano uniformare altri stati italiani
nel loro sistema sanitario, essi giudicavano necessario che le altre potenze
andassero di concerto nell’adottare e nel rafforzare le misure riguardanti i
vascelli provenienti da aree colpite dalla peste, proposero la cosa a genova che
approvò di buon grado, aggiungevano però che una volta concordato ciò non vi
era più bisogno di tenere i porti sotto sorveglianza altrui. Genova garanti di
procedere con concerto, Firenze provò a contattare Roma e Napoli. Gli
ambasciatori fiorentini a Roma e Napoli avevano una doppia missione: il
concerto non era solo l’adozione dello stesso sistema di regole ma anche
l’impegno a tenere corrispondenza regolare e continua, in virtù della quale tutte
le parti coinvolte potessero condividere le informazioni e in caso bandire o
sospendere, nella santa sede ebbe approvazione, a Napoli i risultati furono
scarsi, il reggente non nutriva fiducia nel comitato sanitario locale che era
composto solo di due persone, un gentiluomo e un uomo comune che in realta
compravano la loro carica, avendo fallito chi incaricato della missione tornò con
una copia del capitolato stipulato da Firenze e Genova, l’impresa era ben
lontana dal successo dell’impresa, il concerto durò solo alcuni anni nel 1656-
1657 una disastrosa epidemia di peste a Genova costrinse Firenze a bandire
l’alleato e porre fine all’alleanza, dovettero passare due secoli per un evento
simile a Parigi, la prima conferenza sanitaria internazionale, dal punto di vista
pratico la conferenza del 1851 fu un fiasco totale, la sua importanza risiede nel
fatto che essa “stabilì il principio che la tutela sanitaria era materia appropriata
per la consultazione internazionale” quel principio era stato riconosciuto già
secoli prima dagli stati rinascimentali italiani.
Capitolo Terzo

Bilancio di un’epidemia di peste:


Il caso di Pistoia nel 1630-1631
Proveniente dal nord la peste arrivò nel granducato di toscana nell’estate del
1630, nel mese di luglio morirono di peste alcune persone a trespiano, un piccolo
villagio vicino firenze. La peste si spostò in diverse città, tra cui pisa. Pistoia non
aveva un ufficio permanente per la sanità, il consiglio generale nominò sei
cittadini alla carica di deputati della sanità, era compito di tutte le città del
granducato di tenere le proprie strade pulite. I deputati di Pistoia non
trascurarono nessuna misura, i medici propibirono di coltivare bachi da seta
(miasmi ruvide). A Pistoia molta gente produceva seta e vietarlo ebbe un peso
per l’economia, il 28 luglio furono espulsi tutti i forestieri e il 16 agosto chiusero
la città a stranieri. Verso inizio di settembre la peste arrivò a firenze e
montelupo e poco dopo furono proibiti i commerci, man mano che i giorni
passavano sempre piu città venivano colpite. Infine il cerchio si chiuse, l’8
ottobre la peste fu accertata a pistoia. I deputati della sanità avevano i poteri
necessari sul cittadino medio ma non su i membri del clero, essi non erano
perseguibili. Con una procedura non molto ortodossa chiesero al vescoso la
licenza di serrare le case dei religiosi. L’epidemia si sviluppò rapidamente
durante i mesi di ottobre, novembre e dicembre, con l’inizio dell’anno nuovo si
ebbe una fase di regressione, il 15 gennaio i deputati annotavano essere in parte
cessato il male, nell’aprile l’epidemia tornò a divampare per arrestarsi durante
l’estate, il lazzaretto fuori porta furono ricoverati persone non solo dalla città, si
nota che se in città la prima ondata fu assai più grave della seconda nel contado
accadde l’inverso, il numero medio di pazienti della citta ammessi mensilmente
fu (15,2), la seconda(8,6) . Nel contado nella prima ondata la media fu(81) e nella
seconda (121,4). Il 23 ottobre i deputati dovettero riconoscere che il numero dei
malati era troppo per lo spedale, se ad ottobre erano 31 a novembre salì a 141.
Mancavano materassi, lenzuola, pannalini e simili che furono ordinati in grande
quantità rivolgendosi alla carità pubblica, poi bruciarono gli effetti personali dei
malati, non era ortodosso ma a mali estremi, furono assunti altri becchini e
ampliati i cimiteri. I deputati non avevano molta scelta e libertà, decretarono
che nessun ammalato fosse ricoverato in lazzaretto senza esser stato visitato dal
medico incaricato, il dottor Arrighi era il piu giovane di 5 medici che vivevano a
pistoia, era un uomo molto dedito al suo incarico, nel suo rapporto il medico
mostrava notevoli dosi di buon senso comune, egli raccomandava di ingerire
buoni cibi et simili. Secondo i dati forniti dal signor Vettori, furono ricoverati
1198 pazienti di cui 607 morirono, il tasso di mortalità fu del 51%, all’occhio
moderno sembra tragico ma in realtà non era alto, le altre citta avevano un tasso
di letalità tra il 60 e 80%, ma vi è una motivazione di un tasso del 51% nel
lazzaretto. La peste uccide in fretta, nei pazienti non trattati muoiono nel giro di
3-6 giorni, coloro che superano il 7 o 8 giorno hanno buone probabilità di
guarigione. Se si distinguono cittadini e contadini, i primi raggiungevano il 60%
la seconda del 50%, come ovvio l’ospedalizzazione era piu rapida per i pazienti
che vivevano in citta i quali morivano in ospedale maggiormente. Quando
scoppiava un’epidemia i deputati della Sanità dovevano affannarsi a reperire
altri fondi, dall’ottobre 1630 all’agosto 1631 i deputati riuscirono a raccogliere
fondi per 10mila scudi, le principali fonti furono l’erario pubblico, i contribuiti
caritativi e i prestiti.
Scudi
Erario Pubblico 250
Carità 4585
Prestiti 5275
Totale 10110
Nel seicento la carità era fortemente istituzionalizzata, molte istituzioni
pubbliche o semipubbliche, come enti di beneficenza, congregazioni, religiose di
laici ecce cc.
A pistoia le piu importanti tra le numerose erano Opera di San Jacopo, L’Opera
di San Giovanni e la Sapienza, gli enti di carità furono quindi di gran lunga i
donatori piu generosi. Alla fine di agosto del 1631 i deputati della sanità avevano
speso 2 mila scud per salari, per la voce viveri i deputati spesero 2 mila scudi e
distribuirono 2 mila staia di grano per un valore di 2 mila 600 scudi.
I salari erano relativamente bassi in confronto al prezzo degli alimenti, i quali
costituiscono la voce più importante. Tra le uscite della voce vivere va inclusa la
spesa per delle capre, tra le pazienti vi erano delle madri che allattavano i
bambini e morivano nel mentre e per nutrirli usavano il latte di capra. I toscani
erano amministratori accorti e quando nel gennaio 1631 l’epidemia si placò e
licenziarono alcuni membri del personale e ridussero le paghe degli altri. Il
medico prestò servizio solo per cinque mesi mentre il chirurgo e assistenti per 11
mesi, il medico costava di piu. Dopo che l’infezione era rimosso i pazienti
ricoverati venivano mandati in una casa di convalescenza, era convinzione che il
convalescente potesse rimanere contagiato per qualche tempo, a pistoia i
deputati istituirono due ospedali per i convalescenti, uomini e donne, gli abiti
venivano bruciati poiche i vecchi abiti potevano essere infetti, era una pratica
costosa, i deputati raccoglievano camicie e indumenti anche attraverso la
pubblica carità, gli abiti nuovi costarono 489 scudi. Le uscite complessive tra
ottobre e agosto ammontava a 9 mila, le entrate pubbliche di pistoia erano
intorno i 28mila. I dati che abbiamo analizzato sin qui si riferiscono all’operato
complessivo dell’ufficio delle sanità, non vi era alcuna idea della consistenza
della popolazione di riferimento poiche comprendeva tanto coloro che abitavano
in città quanto i contadini che vivevano nelle pianure e quant’altro. Una volta
messi in quarantena in un lazzaretto, i ricoverati dovevano essere riforniti di
tutto, anche la gente povera serrata in casa andava rifornita di cibo, nei
lazzaretti veniva internata la maggior quantità possibile degli appestati di ceto
inferiore e di quanti erano in contatto con loro, mentre i benestanti venivano
chiusi in quarantena nelle loro case. Quando in una citta vi erano degli impestati
molte case avevano porte inchiodate o sprangate, durante il giorno chi risiedeva
in queste casa si affacciavano per chiedere carita o consigli al prete o per calare
il paniere e a volte venivano calati i morti. I dati mensili del numero di case
confermano quanto sostenuto sulla base dei ricoveri mensili nei lazzaretti e cioè
che l’epidemia ebbe due ondate e che in città la prima(autunno-inverno) fu assai
più gravi della seconda. Normalmente nelle epidemie le percenutali di morti
negli ospadali erano basse poiché la gente faceva resistenza a farsi ricoverare nei
lazzaretti, cio dimostra che a pistoia il fatto che la percentuale fosse del 66%
dimostrasse che i deputati facevano bene il loro lavoro. Sommando il numero di
persone morte nei lazzaretti e in casa abbiamo 119 decessi, la popolazione di
pistoia ammontava a 8 mila persone, un tasso di mortalità del 1,5%,
normalmente i tassi di mortalità andavano dal 10 al 61%, un tasso di 1,5 per
Pistoia spicca come un caso unico e anomalo. Gli amministratori del lazzaretto
non avevano ragione di registrare meno decessi di quelli effettivi, a medici,
chirurghi e barbieri era richiesto di dare notizia non solo dei casi di peste ma di
tutti i casi di malattia. Il marchese vettori specifica chiaramente che le cifre sui
decessi avvenuti in citta si riferiscono ai cadaveri per sospetto del
contagio(confuso riferirsi pagina 98). Prima della peste il censimento registrò
8.386 abitanti, dopo la peste 7 mila 721 abitanti, per quanto scettici bisogna
congratularsi con Pistoia, ma la curiosità rimane, come potevano essere cosi
basse? Essi non fecero molto di piu di altri colleghi di altre citta, è possibile che
una delle cause sia stata lo sviluppo della peste in periodo autunnale ma nella
vicina prato le perdite furono del 25%. Magari vi era una connessione con
l’epidemia e la carestia del 1628/1629, tifo petecchiale, senza osservazioni
microbiologiche è difficile accurarlo ma la mortalità del tempo fu atipica per
una pestilenza, molto probabilmente i pidocchi erano morti in gran numero
durante l’epidemia di tifo ma il principale vettore del bacillo della peste è la
pulce del ratto, la storia finisce così con un enigma epidemiologico.

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